“IL CAFFÈ FA MALE AL FEGATO”, VERO O FALSO? · a steatosi epatica nota anche come fegato...

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Anno IV Numero 898 Venerdì 10 Giugno 2016, S. Diana, Marcella AVVISO Ordine 1. ORDINE: Guida alla gestione degli stupefacent e alla spedizione delle ricette veterinarie 2. Ordine: Un Farmaco per Tutti Notizie in Rilievo Scienza e Salute 3. “Il caffè fa male al fegato”, vero o falso? 4. DIABETE, trapiantate cellule del pancreas su un 41enne a Milano: "Addio alle iniezioni di insulina" 5. Meldonium: che cos'è e perché è doping Prevenzione e Salute 6. Le patate nella dieta fanno bene (se cucinate nel modo giusto) 7. Quando la cistite non passa... Meteo Napoli Venerdì 10 Giugno Variabile Minima: 22°C Massima: 26°C Umidità: Mattina = 76% Pomeriggio =64 % “IL CAFFÈ FA MALE AL FEGATO”, VERO O FALSO? Molti credono che il caffè faccia male al fegato. Vero o falso? L’abbiamo chiesto al dottor Roberto Ceriani, specialista in Medicina Generale ed Epatologia di Humanitas. FALSO. Il caffè nero, quello tanto amato dagli italiani, non solo non fa male al fegato ma anzi lo protegge dall’aumento delle transaminasi, e di quegli enzimi che negli esami del sangue sono indicati con la sigla GGT che rappresentano un indicatore di sofferenza del fegato associato spesso a steatosi epatica nota anche come fegato grasso. In passato il consumo di caffè veniva sconsigliato a chi aveva problemi di fegato, mentre invece oggi sappiamo che bere due tazze supplementari di caffè al giorno comporta una riduzione del 44% di sviluppare cirrosi epatica, che è infiammazione cronica che altera la struttura del fegato e che è causata da infezioni virali, consumo eccessivo di alcol, disturbi del sistema immunitario, malattia del fegato grasso, legato a obesità e diabete e che può portare a tumore del fegato. Il caffè, è una miscela che contiene centinaia di composti chimi ci, e tutt’oggi non si sa quale di questi sia realmente responsabile della protezione del fegato. Bisogna però ricordare che, se anche il caffè contiene composti che hanno effetti antiossidanti e proprietà anti-infiammatorie, berne alcune tazze al giorno non può riparare il danno sistematico dato dall’obesità, dalla vita sedentaria, dal consumo eccessivo di alcool e da una dieta non adeguata. Concludendo bere due o tre tazzine di caffè al giorno, fa bene al fegato, anche se bisogna sempre tener conto della soglia di tolleranza individuale alla caffeina il cui eccesso, può causare insonnia, tachicardia e nelle persone predisposte anche disturbi gastrici .” (Salute, Humanitas) SITO WEB ISTITUZIONALE : www.ordinefarmacistinapoli.it E-MAIL: [email protected] ; [email protected] SOCIAL Seguici su Facebook Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli iBook Farmaday Proverbio di oggi….…….. Essa leva 'o quadro, e isso scippa 'o chiuovo Una coppia di sposi spendacciona

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Anno IV – Numero 898 Venerdì 10 Giugno 2016, S. Diana, Marcella

AVVISO Ordine

1. ORDINE: Guida alla

gestione degli stupefacent

e alla spedizione delle

ricette veterinarie

2. Ordine: Un Farmaco

per Tutti

Notizie in Rilievo

Scienza e Salute 3. “Il caffè fa male al

fegato”, vero o falso?

4. DIABETE, trapiantate

cellule del pancreas su

un 41enne a Milano:

"Addio alle iniezioni di

insulina"

5. Meldonium: che cos'è e

perché è doping

Prevenzione e Salute

6. Le patate nella dieta

fanno bene

(se cucinate nel modo

giusto)

7. Quando la cistite non

passa...

Meteo Napoli

Venerdì 10 Giugno

Variabile

Minima: 22°C Massima: 26°C Umidità: Mattina = 76%

Pomeriggio =64 %

“IL CAFFÈ FA MALE AL FEGATO”, VERO O FALSO?

Molti credono che il caffè faccia male al fegato. Vero o falso?

L’abbiamo chiesto al dottor Roberto Ceriani, specialista in Medicina Generale ed Epatologia di Humanitas.

“FALSO. Il caffè nero, quello tanto amato dagli

italiani, non solo non fa male al fegato ma anzi lo protegge dall’aumento delle transaminasi, e di quegli enzimi che negli esami del sangue sono indicati con la sigla GGT che rappresentano un indicatore di sofferenza del fegato associato spesso a steatosi epatica nota anche come fegato grasso. In passato il consumo di caffè veniva sconsigliato a chi aveva problemi di fegato, mentre invece oggi sappiamo che bere due tazze supplementari di caffè al giorno comporta una riduzione del 44% di sviluppare cirrosi epatica, che è infiammazione cronica che altera la struttura del fegato e che è causata da infezioni virali, consumo eccessivo di alcol, disturbi del sistema immunitario, malattia del fegato grasso, legato a obesità e diabete e che può portare a tumore del fegato. Il caffè, è una miscela che contiene centinaia di composti chimici, e tutt’oggi non si sa quale di questi sia realmente responsabile della protezione del fegato. Bisogna però ricordare che, se anche il caffè contiene composti che hanno effetti antiossidanti e proprietà anti-infiammatorie, berne alcune tazze al giorno non può riparare il danno sistematico dato dall’obesità, dalla vita sedentaria, dal consumo eccessivo di alcool e da una dieta non adeguata. Concludendo bere due o tre tazzine di caffè al giorno, fa bene al fegato, anche se bisogna sempre tener conto della soglia di tolleranza individuale alla caffeina il cui eccesso, può causare insonnia, tachicardia e nelle persone predisposte anche disturbi gastrici.” (Salute, Humanitas)

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Proverbio di oggi….…….. Essa leva 'o quadro, e isso scippa 'o chiuovo

Una coppia di sposi spendacciona

PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 898

SCIENZA E SALUTE

DIABETE, trapiantate cellule del pancreas su un 41enne a Milano: "Addio alle iniezioni di insulina"

Lʼintervento è stato concluso con successo allʼOspedale Niguarda. Secondo gli esperti si tratta del primo caso in Europa e del quarto a livello globale

Dall'Ospedale Niguarda di Milano arriva un nuovo passo avanti nella lotta al diabete.

Un gruppo di medici ha effettuato con successo su un paziente di 41 anni un nuovo tipo di trapianto di isole pancreatiche, ovvero le cellule che producono insulina.

Si tratta di un intervento, il primo in Europa e il quarto a livello globale, che punta a curare il diabete di tipo I attraverso una "impalcatura" biotech.

Secondo gli esperti, l'uomo:

Un'operazione mini-invasiva - Il paziente sottoposto all'operazione convive con il diabete dall'età di undici anni. Grazie a una procedura chirurgica mini-invasiva, gli sono state trapiantate le cellule deputate alla produzione di insulina che la malattia aveva messo fuori uso.

"La nuova procedura sperimentale - spiegano gli specialisti - è stata messa a punto dal Diabetes Research Institute, un centro di eccellenza diretto da Camillo Ricordi all'Università di Miami, dove sono stati seguiti i primi due casi al mondo".

LA NUOVA TECNICA - "Attualmente le cellule insulari vengono infuse nel fegato - ma molte di esse

non sopravvivono in questo ambiente, a causa di una reazione infiammatoria che ne compromette il funzionamento".

Con la nuova tecnica, che prevede di iniettare le cellule nell'omento (il tessuto che ricopre e protegge gli organi dell'addome) con la chirurgia detta videolaparoscopica, "si è aperta una nuova via".

SOSTANZE NEL SANGUE - L'opinione degli scienziati è che "questa tecnica di ingegneria tissutale sarà fondamentale per permettere la sperimentazione clinica di nuove tecnologie per evitare l'uso di farmaci anti-rigetto, che oggi limitano l'applicabilità del trapianto di isole ai casi più gravi di diabete".

Le isole pancreatiche di un donatore, sono state inglobate in un'impalcatura biologica combinando il plasma del paziente con la trombina.

"Queste componenti, quando unite, creano una sostanza gelatinosa che si attacca all'omento e mantiene le isole in quella posizione. L'organismo assorbe gradualmente il gel lasciando le isole intatte, mentre si formano nuovi vasi sanguigni che forniscono l'ossigenazione e gli altri nutrienti necessari per la sopravvivenza delle cellule".

LA RICERCA CONTINUA - Grazie a questa evoluzione, concludono gli specialisti, "si punta a ottenere

una sopravvivenza più prolungata delle isole pancreatiche rispetto a quanto avviene per l'infusione nel fegato. In futuro sarà possibile anche applicare microcapsule e altri dispositivi per ridurre la necessità della terapia immunosoppressiva". (Salute, Tgcom24)

ORA NON HA PIÙ BISOGNO DI AUTO-SOMMINISTRARSI INSULINA

PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 898

SCIENZA E SALUTE

MELDONIUM: CHE COS'È E PERCHÉ È DOPING

5 cose da sapere sul meldonium, il farmaco che ha "fatto fuori" la tennista russa Maria Sharapova.

Il meldonium è un farmaco per il cuore inserito dal 1 gennaio

2016nella lista delle sostanze dopanti e pertanto proibito dalla

World Anti-Doping Agency (WADA).

È balzato agli onori della cronaca perché la tennista russa Maria

Sharapova, trovata positiva ai test per la sostanza, ha ammesso di

averne fatto uso per 10 anni, sotto prescrizione del suo medico di

famiglia, per trattare una serie di condizioni di salute.

Per questo motivo Sharapova è stata sospesa per due anni dalla Federazione Internazionale.

L'atleta ha parlato di una carenza cronica di magnesio e di una storia familiare di

diabete.

In realtà, il meldonium è stato creato per il trattamento delle ischemie

(temporanee interruzioni dell'afflusso di sangue ai tessuti) legate a gravi problemi cardiocircolatori

come l'angina pectoris e l'arresto cardiaco.

Poiché favorisce la circolazione del sangue, in soggetti sani come gli atleti migliora le capacità di

resistenza allo sforzo fisico, perché porta più ossigeno ai tessuti muscolari.

RECUPERO PIÙ VELOCE: in test animali, il farmaco si è dimostrato efficace nell'incrementare la

mobilità muscolare, prolungare i tempi di resistenza allo sforzo prima che sia avvertita la fatica e

proteggere contro alcuni effetti dello stress.

Secondo una revisione delle sue proprietà pubblicata nel 2015, diminuisce anche i livelli di acido

lattico e urea nel sangue degli atleti, accorciando i tempi di recupero dopo un'intensa attività fisica.

DA DOVE VIENE. Prodotto in Lettonia dall'azienda farmaceutica Grindeks, il meldonium - il cui nome

commerciale è Mildronate - è popolare in Russia e in Lettonia, Ucraina e Polonia.

Negli anni '80 veniva usato dalle truppe russe in Afghanistan per migliorare le prestazioni fisiche e non

sentire la fatica. La FDA, così come le agenzie del farmaco europee, non ne approvano l'utilizzo.

SOTTO OSSERVAZIONE: la WADA lo monitorava da un anno, a causa di alcune evidenze della sua

diffusione tra gli atleti professionisti.

La decisione di includerlo tra le sostanze vietate è arrivata a settembre 2015 (agli atleti è stata spedita

la lista via email) ed è divenuta effettiva dal 1 gennaio di quest'anno.

Il meldonium è ora classificato come sostanza S4, la categoria di ormoni e modulatori metabolici.

TROPPO A LUNGO: gli esperti escludono che possa servire contro il diabete (se non, al limite, in una

fase avanzata della malattia, che può comportare problemi cardiocircolatori:

ma non sembra questo il caso).

Quando è usato per le patologie cardiache, il Meldonium è comunque prescritto di solito per 4-6

settimane al massimo.

(Focus)

PER CHE COSA E’ INDICATO

PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 898

PREVENZIONE E SALUTE

LE PATATE NELLA DIETA FANNO BENE (SE CUCINATE NEL MODO GIUSTO)

Hanno un notevole effetto saziante: con la scelta di un purè in sostituzione di pasta o riso le calorie a tavola si riducono del 40%

Due recenti studi si sono occupati del consumo di patate, suggerendone un potenziale svantaggio e un vantaggio. I° Studio: nel primo, sul British Medical Journal, condotto su più di 187mila persone, seguite per più di 20 anni, i ricercatori hanno osservato che un elevato consumo di patate bollite o sotto forma di purè o

al forno o fritte (a “bastoncini”, non confezionate) era associato a un aumento del rischio di ipertensione.

mentre sostituendo una porzione al giorno di patate (bollite, in purè o al forno) con una di verdure, il rischio si riduceva.

II° Studio: nell’altro studio, su Nutrition & Diabetes, condotto su ragazzi normopeso, si è invece visto che quando abbinavano purè di patate, in quantità libera, a una porzione fissa di carne,

introducevano il 30- 40% di calorie in meno rispetto a quando il purè veniva sostituito con pasta, riso, patate prefritte cotte al forno o patate fritte.

ELEVATA CAPACITÀ SAZIANTE Premesso che nessuna ricerca, da sola, può dirci quale comportamento tenere, cosa possono suggerirci questi studi? «Innanzitutto - risponde Mariangela Rondanelli, professore di Scienze e tecniche dietetiche applicate dell’Università di Pavia - bisognerà approfondire l’associazione fra elevato consumo di patate e ipertensione anche perché, almeno quelle bollite senza aggiunta di sale, hanno un rapporto potassio/sodio fra i più favorevoli (fattore utile contro l’ipertensione). Comunque, le porzioni di cui si parla (4 o più a settimana) sono elevate rispetto ai nostri consumi». «Quanto alla possibilità che le patate - preparate con pochi grassi, sotto forma di purè - mangiate al posto di altri alimenti amidacei possano aiutare a contenere le calorie, non c’è di che stupirsi, perché le patate bollite hanno elevata capacità saziante. E se la porzione è moderata, anche la risposta glicemica è accettabile, ancora più se vengono abbinate a una buona fonte proteica. Poiché le patate, oltre ai carboidrati e al potassio, apportano anche vitamine del gruppo B e la C, fibra, polifenoli, possono senz’altro entrare in una dieta equilibrata, se consumate al posto di altri alimenti amidacei e privilegiando preparazioni con moderate quantità di sale e grassi (ed eventualmente consumandole anche con la buccia). Le linee guida dell’ex INRAN prevedono una porzione da 200 grammi, 1-2 volte alla settimana». (Salute, Corriere)

PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 898

SCIENZA E SALUTE

QUANDO LA CISTITE NON PASSA... Farmaci, lavande, tisane, ma il bruciore e il fastidio persistono. Succede se diagnosi e cure sono sbagliate

Una donna su quattro soffre di cistite almeno una volta l’anno dall’età della pubertà fino alla maturità, con dolori e disagi che pesano sulla qualità della vita e che spesso non vengono affrontati in modo corretto. Si apre così lo spazio per continue, esasperanti recidive. Come prevenire il problema e, in caso di necessità, eliminarlo radicalmente e definitivamente.

Che cosa è: La cistite è un’infiammazione della vescica, l’organo

dedicato alla raccolta dell’urina, con eventuali (e aggravanti) coinvolgimenti dell’uretra, il piccolo condotto che convoglia l’urina dalla vescica verso l’esterno (uretrocistite). Rappresenta circa l’80% delle infezioni delle vie urinarie e colpisce prevalentemente le donne con l’avanzare dell’età.

I sintomi: Nella cistite comune i sintomi sono forti bruciori e necessità di urinare continuamente. Dolori, pesantezze o fastidi vari possono dipendere da altri problemi, ed essere fuorvianti. Due, in particolare, le possibili “finte cistiti”: DONNE PIÙ GIOVANI, irritazioni legate a rapporti sessuali particolarmente prolungati DONNE IN MENOPAUSA la secchezza vaginale dovuta al calo degli estrogeni, che può coinvolgere,

in termini di fragilità e quindi irritabilità, anche una parte della vescica (trigono), con conseguente comparsa di sintomi dolorosi (“disendocrinia”).

È ricorrente?: Le cistiti sono recidive quando la diagnosi è sbagliata o l’infezione non è stata

debellata, per l'effetto “ping pong” con il partner (che non cura l'infezione) o perché non si risolvono i problemi intestinali. In alcuni casi, invece, non è vera cistite: succede in menopausa quando si

somministrano antibiotici invece di una cura ormonale sostitutiva.

: La cistite è un’infezione in genere causata da batteri vari. Alcuni di questi possono

sopraggiungere per via vaginale, tramite rapporto sessuale, e poi risalire verso l’uretra scatenando il dolore. Altri si contraggono per via intestinale. In questo caso, si tratta di batteri (Escherichia coli è il più comune) usualmente presenti nell’intestino, che in particolari condizioni (colite, stipsi severa) possono diventare più “virulenti”, cioè più “cattivi”, e propagarsi, attraverso le vie linfatiche, alla vescica. In altri casi non vi è un’origine batterica, ma altre sono le cause che devono essere individuate.

Diagnosi e cure: Stabilire l'antibiotico giusto: siccome i sintomi sono ingannevoli, accade spesso

che le donne scambino per cistite quel che cistite non è, ricorrendo a cure sbagliate non portano a una completa guarigione. Per risolvere il problema, occorre una precisa diagnosi. Ecco come fare: al primo accenno di dolore, fare urinocultura e tampone vaginale, per accertare l’eventuale presenza di germi.

In attesa dei risultati delle analisi è utile assumere un antinfiammatorio o un antibatterico. Se l’esame è positivo, un antibiogramma potrà indicare l’antibiotico mirato. Attenzione: se l’infezione è di provenienza vaginale, è NECESSARIO COINVOLGERE IL PARTNER NELLA CURA, PROTEGGENDO I RAPPORTI FINO ALLA GUARIGIONE DI ENTRAMBI. Dopo una settimana, ripetere gli esami di urinocoltura e tampone. Se l’infezione permane, si può fare un'ecografia renale o vescicale per verificare la presenza di situazioni che favoriscono la recidiva. Per es. i calcoli renali a volte sono un rifugio per i batteri, che diventano più difficilmente aggredibili; attenzione ai prolassi, o ad altri fattori in grado di favorire ristagni urinari. (Sani-Belli)

LE CAUSE

PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno IV – Numero 898

ORDINE : guida rapida alla CORRETTA GESTIONE DEGLI STUPEFACENTI E DELLE RICETTE VETERINARIE

Ordine dei Farmacisti della Provincia di Napoli

La Bacheca

Nei prossimi giorni saranno consegnate presso le farmacie le brochure realizzate dall’Ordine e Federfarma intese come

“GUIDA RAPIDA” da banco utile al Farmacista per la 1. CORRETTA GESTIONE DEGLI STUPEFACENTI

2. SPEDIZIONE DELLE RICETTE VETERINARIE

PAGINA 7 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO

REALE Anno IV – Numero 898

ORDINE: Progetto “UN FARMACO PER TUTTI” Il progetto ha come finalità l’utilizzo di farmaci, le cui confezioni siano integre, ma anche di prodotti diversi dai farmaci come presidi medico chirurgici o integratori e dispositivi medici non ancora scaduti provenienti da donazione spontanea da parte di cittadini e Aziende farmaceutiche, nonché di privati a seguito di cambio/fine terapia o decesso di un congiunto malato. Inoltre si considerano anche farmaci acquistati in farmacia da un cittadino e immediatamente donati. Il tutto per finalità umanitarie ed assistenza socio-sanitaria. I farmaci raccolti all’interno delle farmacie resesi disponibili, previa catalogazione presso la struttura messa a disposizione dall’Ospedale dell’Annunziata, saranno poi smistati ai vari enti assistenziali che hanno aderito all’iniziativa.

I colleghi volontari che intendono partecipare al progetto condiviso dalla Associazione Cattolici Farmacisti Italiani – sez. Napoli (UCFI) potranno farlo contattando gli Uffici dell’Ordine o inviando una e-mail all’indirizzo: [email protected]

FARMACIE - COME ADERIRE: Clicca sul link sottostante e compila il form in

modo da avere le informazioni utili riguardo il luogo di consegna del contenitore per la raccolta dei farmaci.

http://www.ordinefarmacistinapoli.it/ordineNuovo/news/1097-un-farmaco-per-tutti

Per VISIONARE LA VIDEO INTERVISTA, fatta dalla redazione del giornale “Il Mattino” o il VIDEO della trasmissione “Quinta Colonna” , sul progetto

“Un Farmaco per Tutti”, basta cliccare i seguenti link:

http://video.ilmattino.it/primopiano/i_farmacisti_di_napoli_e_il_s

ociale_ecco_un_farmaco_per_tutti-1703604.html

http://video.mediaset.it/video/quinta_colonna/full/puntata-del-

9-maggio_617406.html

FARMACISTI VOLONTARI: Come Aderire

RACCOLTI FINORA PIÙ DI 11.000 CONFEZIONI DI FARMACI E DISPOSITIVI DONATI AI POVERI ATTRAVERSO I SEGUENTI ENTI ASSISTENZIALI:

La Tenda, La Casa di Tonia, Emergency, UNITALSI Campania, Stelle in Strada, Suore della Carità Madre Teresa di Calcutta, Associazione pro BENIN

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