Una suola per tutti: si può se ’è quel noi”… » che fa emerge dal · piano. Per me è solo...

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Trascrizione della Relazione del Prof. Giuseppe Paoli Convegno «Una Scuola per tutti: si può se c’è quel “noi”… » Massarosa, 14 Maggio 2016 Auditorium Scuola Secondaria di Primo Grado Ringrazio dell’invito per il convegno e spero di potervi appagare di quel piacere che io la prima volta ebbi quando mi avvicinai a Mele. È sempre un’emozione per me parlare di Mele, quindi scusatemi se l’emozione mi chiude un po’ la gola. Oggi non è una giornata qualunque, oggi viene inaugurata una Mostra- Convegno non comune, fuori dagli schemi tradizionali, che fa emerge nel significato del titolo «Una scuola per tutti: si può se c’è quel noi”… » che fa emerge dal profondo una ricchezza di valori ed espressioni vivaci, che nel convivere insieme le proprie esperienze, rinnovano ed elevano a più alte aspirazioni la semplicità naturale del linguaggio di un bambino come Mele e della sua comunicazione attraverso l’Arte.

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Trascrizione della Relazione del Prof. Giuseppe Paoli Convegno «Una Scuola per tutti: si può se c’è quel “noi”… »

Massarosa, 14 Maggio 2016 Auditorium Scuola Secondaria di Primo Grado

Ringrazio dell’invito per il convegno e spero di potervi appagare di quel

piacere che io la prima volta ebbi quando mi avvicinai a Mele. È sempre un’emozione per me parlare di Mele, quindi scusatemi se

l’emozione mi chiude un po’ la gola. Oggi non è una giornata qualunque, oggi viene inaugurata una Mostra-

Convegno non comune, fuori dagli schemi tradizionali, che fa emerge nel significato del titolo «Una scuola per tutti: si può se c’è quel “noi”… » che fa emerge dal profondo una ricchezza di valori ed espressioni vivaci, che nel convivere insieme le proprie esperienze, rinnovano ed elevano a più alte aspirazioni la semplicità naturale del linguaggio di un bambino come Mele e della sua comunicazione attraverso l’Arte.

Non a caso il sottotitolo del libro che ho scritto su “Mele” porta la seguente dicitura:

Quando l'arte di un piccolo genio artista diviene nuova forma espressiva pura Quindi diventa importante chiarire questa sua vena artistica, vediamo come la

possiamo collocare. Qui, ora, subentra l’aspetto della mia condizione professionale di Storico

dell’Arte. Personalmente, la molteplice tecnica presente nella sua espressione artistica,

la vedrei in un ambito “Istintuale”, tra l'Informale Gestuale (o Action Painting) e l’Informale Materico, passando attraverso la Body Art, il Body Painting, lo Spazialismo, la Pittura Segnica, il “Tachisme” (derivato dal francese “tache” «macchia»), l'"Espressionismo", la Pop Art, e l’Art Brut.

Non è stato possibile non sentirsi coinvolti, i suoi grandi e profondi occhi hanno dialogato con me, appassionandomi in un attimo, condiviso nello sguardo di “Emanuele”, vi è stata una condizione spirituale, un presupposto, tale da divenire valore di eternità, riuscendo a suscitare intense sensazioni e accendere il mio spirito di un calore unico, come solo un sincero sentimento prodotto nel cuore verso la persona alla quale si vuole bene.

L’artista bambino è infatti in grado di smaterializzare la realtà e azzerare le immagini senza però distruggerle.

Le sue tele sembrano far emergere le caratteristiche di natura psicologica e/o sensoriale che Kandinskij nelle sue ricerche estetiche ha sapientemente enunciato nei suoi scritti divenendo canone nel mondo dell’Arte pittorica e nell’ambito della percezione umana.

Mentre guarda, negli occhi luccica a volte un barlume, è come un guizzo a metà tra uno sguardo ammiccante ed uno sguardo fiero che si distoglie in brevi scatti, ma sempre pronto a rimettersi in gioco.

Il percorso che compie è anche la strada da percorrere per tutti coloro che capiscono l'importanza dell'Amore come forza trasformatrice, e come guida alla comunione spirituale.

Come dico sempre, usando un ossimoro “Mele è un universo silenzioso

eloquente” e nel libro che scrissi su Emanuele dissi che: “non è più il bambino che impara dall’adulto ma bensì è l’adulto che impara dal bambino”.

Sant’Ambrogio diceva che: “l’umiltà è la garanzia d’ogni azione” è una espressione che può essere vista come arma a doppio taglio, ma di fronte alla condizione di un bambino, e aggiungerei bambino-persona come diceva Sant’Agostino: “persona è essentia e substantia”, cioè “anima e corpo”, quindi queste due condizioni sono imprescindibili, anche perché quale è la differenza che esiste tra noi adulti ed un bambino? La nostra esperienza di vita, l’età anagrafica che incombe, tutte cose che sono poi bagagli: Ezra Pound diceva “Uomo è colui che porta con se tutto il suo bagaglio”, quindi c’è qualcosa che ci aiuta ad affrontare giorno per giorno a entrare in realazione con la vita, la società, con le esperienze. Quindi il problema è vivere questa dimensione, la dimensione sociale nel rapporto con gli altri, nel rapporto culturale, rapporto emotivo, passionale, sentimantale.

Con la Dott.ssa Primetta ci si conosce da vecchia data anche se non abbiamo avuto una frequentazione ma credo, che questa Scuola nel suo modo di operare, nei

confronti di “Mele”, abbia valorizzato questi aspetti. Mettendo inoltre in primo piano proprio la condizione di un bambino, che altrimenti sarebbe verosimilmente scomparso nell’oblio, come tanti altri che purtroppo oggi sono nella società per noncuranza, faciloneria, superficialità e da parte delle famiglie anche con la “vergogna”, parola che spesso incombe, non si rendendosi disponibili a far venir fuori le potenzialità di un bambino con problematiche. Lo vediamo anche nei cosidetti “bambini normodotati”, che vivono la dimensione nell’essere impacciati per non poter dire quello che realmente pensano. “Tu sei un bambino”, limitando e incombendo con questa frase.

Generalmente un bambino, se avete notato guarda sempre dal basso verso l’alto.

Personalmente, ho sempre avuto una discrezione; mi sono sempre accovacciato di fronte a un bambino, mi sono messo alla sua dimensione e come risposta il bambino si è accovacciato anche lui, cercando di mettersi sul mio stesso piano. Per me è solo un gesto, per non sacrificare il bambino a guardarmi dal basso verso l’alto e dominarlo con la mia figura, forse anche dalla mia voce.

La mia voce che sembra piaccia a Emanuele. In una circostanza, la seconda volta che lo incontrai lo disse, sottolineando il fatto che io gli parlavo come ad un adulto. È qualcosa di forte che fa riflettere.

Vorrei cominciare, anche se ho già iniziato, citando l’ultima frase ricordata dal Dott.r Pini, che ognuno di noi è una entità unica. Ognuno di noi ha una sua condizione dell’essere, non voglio entrare in ambito filosofico altrimenti vi annoierei, ma il problema è proprio questo, ognuno ha una sua identità, non solo l’io conscio e l’io incoscio, ma è la condizione in cui si esiste, è la dimensione in cui doniamo noi stessi agli altri.

La Dott.ssa De Filippis parlava prima sul concetto di comunicazione, ma comunicazione se andiamo all’etimo latino “communis”, significa accomunare, mettere in “comunione”, quindi la condizione è relazionarci con gli altri, con il mondo esterno, creare quelle interazioni, quelle sinergie che un bambino normodotato, o noi adulti abbiamo.

Quello che Mele ha fatto è quello di relazionarsi con il mondo esterno, attraverso l’unica potenzialità, capacità che lui aveva, esternaldolo con il suo mezzo espressivo: la pittura.

Facciamo un momento mente locale, visto questo bellissimo parterre, composto da persone che vivono la realtà della Scuola, personalmente coinvolte, professionalmente, emotivamente e quindi, sentono il problema in modo appassionante, allora la condizione è quella di cercare di capire, vedere che tipo di rapporto deve esistere nel momento in cui noi ci relazioniamo con il bambino.

Mele ha fatto degli “scarabocchi” come tanti altri bambini, ma questo scarabocchio ha un significato semantico, quindi ha un valore che va oltre la natura del gesto e quindi del segno.

Pensiamo ai nostri progenitori nelle bellissime “Cappelle Paleolitiche” di Altamira, Lascaux e in altre caverne, dove lì non c’è contaminazione moderna, di linguaggi evoluti. Vi era solo il desiderio più o meno quotidiano, di relazionarsi con il mondo esterno. “Devo catturare quell’animale così lo rifaccio come lo vedo”, una sorta di interazione di linguaggio essenzialmente di natura espressiva. Ed aggiungo una frase fatta, non me ne vogliate: “Poi si dice che un’immagine vale più di mille parole”. È vero; ha l’immediatezza, l’impatto che non ha essenzialmente la parola. La parola è una codifica, è qualcosa di complesso, che naturalmente deve essere decodificato e quindi cognitizzato perché possa essere fruito nel contesto del significato e del significante del termine stesso. Quindi vi sono delle implicazioni, dei meccanismi molto complessi.

Il problema deve essere visto in relazione a quella ricchezza che invece ha Mele.

Fino a questo momento nessuno degli illustri relatori che mi hanno preceduto ha fatto menzione delle problematiche che presenta questo meraviglioso bambino.

Il bambino-persona “Mele”, si presenta con una notevole serie di complicanze affetto fin dalla nascita da una grave malattia metabolica collegata ad una comorbilità e/o coesistenza di varie patologie, a causa delle quali, lui non cammina, non parla, ma percepisce i suoni vocali, e comunica con gestualità corporea e con il movimento oculare.

L’aspetto più sconcertante della sua malattia è che ha uno sviluppo progressivo e purtroppo mortale.

La malattia di Emanuele tecnicamente è una "encefalopatia epilettica farmacoresistente con componente spastico-distonico-discinetica, ipotonia assiale grave, tetraplegia aposturale, deficit del complesso I° della catena respiratoria mitocondriale". “Mele, non parla, ma emette suoni significativi per coloro che lo conoscono. Non ride...Emanuele ride dentro!”.

Infatti a tutt’oggi non vi sono cure specifiche che possano cambiare questa condizione, che, come una spada di Damocle, pende sulla testolina di Emanuele, quella testolina dalla quale, invece, nascono opere d’arte di grande e raffinata composizione pittorica.

Ci sono momenti in cui l’unica cosa che si può fare per qualcuno con cuore sincero è esserci per testimoniare.

Penso di essere stato il primo, a definire Mele: “Un piccolo genio”, lo dico con particolare orgoglio, anche perché Chiara, la mamma di Mele, in un SMS che mi mandò tempo dopo averlo incontrato la seconda volta, con una felicità che io lessi in quelle parole che conservo ancora nel cellulare, mi scrisse: “Sono stata a Milano per il puntatore oculare e i medici, i neurologi che hanno visitato Mele, mi hanno detto che è un piccolo genio e tu sei stato il primo a notare queste particolarità in Mele”

La Dott.ssa De Filippis, vedo che annuisce, quindi credo facesse parte di quella equipe e vedo conferma queste mie parole.

Perché io parlai di genialità in Mele? Perché il concetto del genio è la condizione di una intelligenza normale che però evolve, va oltre determinati schemi, stereotipi, concretizzandosi in particolari punti essenziali nel proprio modo di rapportarsi, di essere, di partecipare.

Mele ha fatto tutto questo, ha trovato semplicemente un canale, un viatico, che permettesse di razzionalizzare quel bellissimo termine della “comunicazione” che altrimenti sarebbe stata impossibile avere con lui.

Giustamente come diceva il Prof. Tozzi e come affermavo anch’io nel mio libro su Mele e come diceva nostro Signore, dobbiamo farci umili di fronte ai bambini, per comprendere meglio il bambino-persona Mele. Ma non solo bambino-persona Mele, tutti i bambini, perché tutti i bambini hanno questa qualità, questa condizione di dare a noi quei messaggi che diventano difficili da comprendere se non ci volgiamo con attenzione a loro.

Se mi permettere vorrei leggervi una delle due poesie che ho scritto per Mele anche se quella che vi leggerò è indirizzata a tutti i bambini.

Dove i gesti e gli sguardi dei bambini non hanno parole nell’adulto vive il silenzio.

I bambini percorrono il cammino dei sogni. Hanno presagito le immense distese della fantasia. La loro anima apprende la salita che li porta a Dio,

puri nei pensieri e nei gesti, ci donano l’essenza dell’Amore,

un puro “Ti voglio bene” silenzioso fatto di sguardi; Angeli in volo.

Designer Prof. Giuseppe Paoli 16 Marzo 2014

Questo è il sentimento che porto dentro di me di Mele, ed è un sentimento

sincero, perché non è dovuto alle sue condizioni; lui mi ha donato molto. Lui non chiede nulla, eppure da tutto, da tutto quell’“universo silenzioso

eloquente” che già ho citato. Quando lo si guarda in quegli occhi neri e così profondi, trovo me stesso. Trovo la mia dimensione, trovo i miei desideri, la mia passionalità e diventa difficile non commuoversi.

Poi giustamente vi sono vari aspetti; l’aspetto scientifico che vede con una particolare razionalità le condizioni di Mele perché possa dare il meglio di sé, poterlo aiutare a convivere con la sua piccola ma intensa e profonda vita.

Certo è che Mele non ha inventato niente, però questo niente che ha inventato è la forma più libera non incontaminata. Lui non ha fatto scuola come ad esempio Jackson Pollock, artista americano legato all’“Action Painting”, che

sgocciolava i colori stando in piedi su grandi tele distese per terra. Mele non sta in piedi. Mele come avete avuto la possibilità di vedere nella

bellissima foto passata precedentemente è completamente sdraiato, ed aggiungo una piccola considerazione affettiva: non ci mettereste una firma sotto quella foto? Perché Mele è già un’opera d’arte nel momentto in cui finisce la sua opera d’arte, coperto di colori dappertutto e va aggiunto che è proprio Mele a scegliere i colori, quando la mamma gli chiede la quantità che vuole e la disposizione sulla tela, e poi con le sue manine, con “mioclonie” o piccoli scatti nei suoi movimenti li amalgama.

C’è in questa bellissima foto in cui il colore che viene amalgamato da Mele,

diviene l’espressione più bella non solo della gestualità, come potete vedere, con cui lui modella il colore.

Un concetto particolarmente contraddittorio applicato al colore; il colore non

è qualcosa di plastico come può essere la plastilina, la creta o la ceroplastica. Lui lo prende nelle sue manine lo plasma per sentirne il tatto, come per farla sua, arrivando ad una interazione più intimistica nel rapporto con la materia, che poi nei suoi quadri diventa “espressione materica della sostanza”, apportando anche altri elementi, quali: rena, piume, pezzi di plastica accartocciata, carta increspata ed incollata. Oppure come in questo altro lavoro, piccole palline colorate e pelose.

Questa ultima opera, da quanto mi diceva Chiara, un giorno, dopo averlo

portato in piscina rimase colpito dalla presenza di palline colorate di plastica, che galleggiavano nell’acqua. Nel ritorno a casa, volle che la mamma gli comprasse delle palline colorate. Chiara, trovò solo palline di peluche, gradevoli anche al tatto, quelle che vedete nella foto, ed arrivato a casa volle realizzare questa sua opera, inserendole. L’opera intitolata “la piscina” è realizzata con variazioni cromate, barbagli, riflessi medio irridescenti che può dare l’acqua nella sua movimentazione. Lui ha cercato di riprodurla, con tutta la qualità e la condizione che gli si confaceva, scegliendo colori appropiati. Addirittura, come potete vedere, mettendo in gioco la sua mano per creare interazione, nell’amalgamare il colore, dando l’effetto che lui voleva ottenere. Questo è il bello della creatività in Mele. Le opere che tra poco vedrete in mostra, sono poche, lui ne ha realizzate più di cent’ottanta di produzione personale e tra l’altro nella sua produzione si è evoluto in modo straordinario. Non di meno una delle ultime opere realizzate da Mele, per cui mi commossi, fu durante la presentazione che feci della mostra collettiva dell’U.C.A.I. (Unione Cattolica Artisti Italiani) di questo anno, presso la Misericordia di Viareggio e appena vidi quel bellissimo quadro, dissi al Presidente dell’U.C.A.I., il Dott.r Alessandro Salvati: “ma questo lo ha fatto Mele!”, aggiungendo che solo lui poteva fare un’opera di quel livello. È il suo autoritratto, che ha voluto donare a un suo compagno di classe e non vorrei sbagliare, è quello rosso, esposto all’ingresso dell’Istituto che apre la mostra. Prestate attenzione a quelle piccole macchie nere su fondo rosso, sono i suoi occhi, il naso e poi la bocca espressa da lui con un segno, facendo divenire la sua opera anche di natura “segnica”. Il suo ditino che muove e l’articola nei due gesti sinistro, destro, fino ad ottenere l’effetto del cuore, pone un simbolo alla condizione della parola che gli manca, esprimendo amore attraverso questo viatico, questo canale legato alla sua pittura.

Delle opere di Mele si potrebbero dire tantissime cose ma il tempo è breve. La scoperta riguarda l'evoluzione di un bambino del tutto eccezionale che

riesce per qualche recondito meccanismo biologico, genetico, percettivo, creativo, ed altro, a dare vita e parola al suo silenzio verbale; al suo “Universo latente” attraverso la sua personale espressività presente nei suoi quadri.

Sembra inverosimile che un bambino che non presenta una preparazione di base di natura tecnico-estetico-artistica possa creare nelle sue opere ed esporre le sue teorie sull'uso del colore, intravedendo un nesso strettissimo tra opera d'arte e dimensione spirituale, altresì è stupefacente come lui riesca a dare un senso tangibile alla sua “immaginazione” divenendo espressione pura dell’Arte.

I legami artistici che ha con le correnti dell’”Arte Ufficiale” ricadono nelle opere di questo “piccolo genio” che per la legge del contrappasso la natura gli ha donato, privandolo però di quelle capacità che accomunano i cosidetti bambini normodotati.

Per realizzare le sue tele, “Mele”, così chiamato dagli amici, utilizza le sue manine articolandole con gesti più o meno ampi e/o “distonici“ cioè a scatto, accompagnando il colore da lui scelto, o magari con un pennello legato alle stesse con del nastro medico, oppure, con tutto il suo corpo riuscendo a trasmetterci il suo mondo interiore, le sue emozioni, grazie ad una espressione “istintuale informale” entrambe in stretta relazione simbiotica con i colori che vengono sparsi sulle tele con estrema competenza tecnica da lui, e poi lavorate, riprese, schizzate, sporcate, amalgamate, fuse.

È da un certo periodo di tempo che sulle sue tele utilizza anche altri materiali quali la rena, palline di peluche, piume, la carta increspata, piegata, sgualgita ed altro, inseriti come atto compositivo in rapporti formali che aprano ad un nuovo ulteriore linguaggio espressivo che ne ricorda le caratteristiche della Pop Art, fino ad ottenere quel risultato che lo appaga come atto finale compositivo.

Infatti, è “Mele” a decidere quando mettere la parola fine al suo lavoro, alla sua personalissima Arte.

La gestualità insita nel tracciare il segno, nello stendere il colore, nell'incidere o graffiare la materia colore, non risponde ad una volontà precostituita dell'artista “Mele” di rappresentare alcunché, ma è l'opera che, ribaltando il vecchio rapporto, vuole essere "altro" dalla realtà che la circonda, vuole essere realtà indipendente essa stessa, testimone del fare e dell'essere dell'artista anche se per lui questo concetto può non apparire come per noi, l’utilizza per comunicarci il fatto che esiste.

Attraverso una tecnica di contatto, utilizzando il proprio corpicino, verso la tela (Body Art), il pittore “Mele”, si pone su una diversa prospettiva, su frammenti di forme, alterando, trasformando e rendendo logico il suo atto esaltando l’informale che permane nelle sue opere.

Durante ogni sua performance in cui opera con tutto il suo corpicino lo stesso “Mele” diviene opera d’Arte in cui l’arto è pennello, tavolozza e tela allo stesso modo (Body Painting), divenendo nell’alchimia dei colori presenti, anch’egli “espressione informale nella forma”, condividendo le sue sensazioni, emozioni e sentimenti della sua Arte. In tal modo rompe il confine tra immagine bidimensionale e immagine plastica, proponendo opere che non sono più classificabili nelle tradizionali categorie di pittura o scultura.

Il concetto suddetto espresso come ”atto pittorico” da lui applicato, assume carattere di risposta nella composizione cromatica che lo caratterizza nella dimensione e nel supporto cromatico che ne definisce tutta la sua superficie corporea.

Nelle sue opere, sembrano convivere senza contaminazioni, in una armonica sinergica creatività in cui fa propria l’idea di una energia interiore che diviene composizione cromatica: materia.

La materia si trova quindi in primo piano: un rilievo, una cavita data dal segno, un colore freddo, contrapposto al colore caldo, una superficie di sabbia colorata,

altro non sono che altrettanti atti artistici. In questo senso l'arte del piccolo genio artista diventa soprattutto scelta e questa nuova visione ne allarga il campo praticamente all'infinito.

Tutto può diventare arte, così come è possibile che nulla effettivamente lo sia, ma nell’opera di “Mele” questo dualismo non può essere messo in discussione.

In lui c'è viva curiosità per il sapere, per l'esperimento, in modo spontaneo, c'è attenzione alla decisione, c'è l'estemporaneo gioco compositivo, il bisogno di collocare i colori più diversi, c'è una particolare cura all’espressività personale.

Per capire l’”Arte di Mele”, la sua “espressività istintuale” e “informale” bisogna entrare in sintonia con il suo mondo interiore, il "segno" è l’atto compiuto con le sue manine, le sue fragili dita si intingono di colori e tracciano con un movimento a volte ampio, a volte più contratto, scribilli, ghirigori di natura volontaria e involontaria. Quindi la sua capacità espressiva è scissa in due parti elemento pitto-grafico determinato e elemento pitto-grafico indeterminato che si attivano da certe aree neurali, distanti dalla sua area motoria.

Mele ha una particolare spiccata fantasia. Qui non vorrei toccare degli ambiti che non mi si confanno anche se ho fatto

degli studi particolari sui bambini e i loro metaligguaggi. Non so se i presenti conoscano Silvio Ceccato. È stato un mio insegnante. Tra l’altro è un fine studioso, un biocerebrale, appartenente al CNR, che ha lavorato, tra l’altro, sulle intelligenze artificiali e quando parlava del cervello diceva: “Giuseppe ricordati che quello che noi conosciamo la punta dell’aisberg quella che esce fuori, quella che galleggia, noi non ne conosciamo neanche la millesima parte”.

Vedo la Dott.ssa De Filippis, che annuisce di nuovo, quindi credo confermi queste mie parole.

È per questo motivo che riporto fedelmente le parole di questo mio compianto insegnante.

Una cosa particolare aggiungeva, “non esistono tecnici, non esiste la persona che sa dare una risposta, noi ci muoviamo con particolare attenzione nella unicità”; ecco perché riproponevo la parola della frase del Dott.r Pini. Perché ognuno è un caso a sé, ognuno è una entità singola.

Giustamente il Dott.r Veggiotti, faceva menzione ai farmaci, ma avete visto quanti farmaci erano presenti nell’elenco che ci ha presentato per una sintomologia, avete visto quante casistiche, probabilità, per poter trovare quel canale giusto affinché quel farmaco possa offrire una soluzione alla patologia? Quindi, anche lì i farmaci, non sono per tutti, ma sono destinati a seconda del caso specifico.

Quindi c’è tutta una situazione, che gioca a trecentosessanta gradi, nel contesto della unicità, anche qui bisogna fermarsi e guardare con attenzione le singole problematiche.

Ancora, le parole del Prof. Tozzi sono lungimiranti, “sapersi fermare”, il nostro tempo non è il tempo dei bambini e aggiungo di Mele o degli altri singoli casi.

Bisogna relazionarci, noi abbiamo fretta, la vita la vediamo scorrere; il sommo poeta nel IV canto del Purgatorio dice: “il tempo passa e l'uom non se n'avvede”, in realtà è così, il bambino non ha la nostra cognizione del tempo, è un po’ come quando voi date un appuntamento ad un africano, non ha l’orologio e vi dice: “quando ci vediamo” e voi: “domani”, lui non ha bisogno dell’ora, vi attende per tutto il giorno. Questo è un fatto e lo stesso è per il bambino. Al bambino, quando gli dite: “è quello, … è questo, … domani”, per lui è un tempo definito, è la condizione in cui lui stabilisce una relazione precisa con voi.

Forse non siamo noi così onesti con i bambini, quando diciamo: “facciamo questo…” e dopo facciamo un’altra cosa.

Oggi in questo bellissimo parterre, composto da uditori e professionisti del mondo medico, psicologico, educativo, dell’assistenza, ed altro ancora, sono emersi molti aspetti importanti, che hanno messo in luce l’importanza “del fare”, diversamente dall’immobilismo, che rende possibile ottenere risultati straordinari.

Credo fermamente che il lavoro svolto attorno a “Mele”, presso questo Istituto Scolastico, coinvolgendo tutte le figure essenziali in sinergie ben strutturare, che hanno permesso di ottenere questi significativi risultati: unici per “Amore”, “impegno” e tanta professionalità permettendo a “Mele” di potersi esprimere e trovare un giovamento facendo emergere le sue capacità ed attitudini latenti. nella condivisione del ruolo “Arte” come mezzo espressivo.

Lui non ha fatto scuola, come ho detto, non ha avuto contaminazioni alcune, unica cosa, la Maestra Paola Saletta che ha saputo valorizzare questo mezzo anche con il primo ausilio essenziale dell’intervento materno, e poi è stato portato avanti fino a trovare una maggiore qualità nel modo di esprimersi del bambino.

Si potrebbe dire molte cose sulle tecniche che sono qui usate, darvi tanti esempi. Qualcosa potrete trovare eventualmente proprio nel libro che ho intitolato “Colori e Segni: Parole nel silenzio - Un bambino di nome Emanuele Campostrini detto "Mele" - Quando l'arte di un piccolo genio “artista” - diviene nuova forma espressiva pura".

Chiudo con alcune considerazioni su Michelangelo e Picasso; due artisti abbastanza radicalizzati nel contesto loro storico.

Con Michelangelo, si dice l’arte finisce. Effettivamente con Michelangelo si chiude il Rinascimento e il punto massimo dell’espressione artistica.

Lui ha già realizzato nelle sue figure tutte le tecniche che troviamo nei vari periodi storici successivi. Impressionismo, espressionismo, pointillisme, astrattismo, futurismo, surrealismo, metafisica, eccetera.

Non a caso il periodo successivo si chiama Manierismo, perché tutti gli artisti di quel periodo comprensi anche gli aiuti, si pensi a Daniele Ricciarelli, meglio noto come Daniele da Volterra o il Braghettone perché fu obbligato dopo il Concilio di Trento a dipingere le “brache” al Giudizio Finale, portarono avanti, come dice il termine “la maniera” del “Maestro” e poi abbiamo ritrovato una interazione con Caravaggio, ad esempio, che è stato un rivoluzionario, Salvator Rosa per altri aspetti, eccetera, Tiziano e via discorrendo, e poi, Picasso. Con Picasso l’Arte muore. Perché muore con Picasso?. Perché è già stato detto tutto sull’arte.

È giusto che Picasso dica “l’Arte è morta”. Ma è lui stesso a farla rinascere attraverso quali canali? Attraverso il canale della purezza che lui ritrova nella maschera africana.

La maschera africana è l’espressione incontaminata di una dimensione mistica, spirituale, evocativa, quindi sprona gli artisti a ritrovare una più coerente dimensione tra se stessi e l’espressività artistica.

“Arte”. Arte, se consultate un dizionario, trovate una definizione “espressione dell’uomo”. Questo è l’aspetto più canonico sulla considerazione che facciamo sul termine Arte. Ma se entriamo nell’ambito semantico della parola Arte, non solo ci facciamo notte, ma ci vorrebbe un simposio che duri qualche anno che tratti di Filosofia, Pedagogia, Psicologia, Storia, Italiano, Storia delle Religini, Teologia, Storia dell’Arte, eccetera. Tutte le discipline sono coinvolte in questo contesto.

È questo l’aspetto più bello, quello di aver trovato in Mele questa interazione, questa condizione, in cui l’Arte è elemento confluente e non divergente per far si che ogni disciplina abbia un suo addentellato, ed è proprio quello che è stato fatto, mettendo in gioco tutte le possibili sinergie tra: medicina, neurologia, fisiatria, psicologia, storia e critica d’arte, ed altro ancora, che ha permesso a “Mele” di legarsi agli altri, in primis, ai suoi compagni di scuola e poi al mondo che lo circonda.

Oggi con lo strumento che Mele usa; il “puntatore oculare” gli permette anche un altro aspetto importante, di definire meglio i suoi pensieri, rendendoli comprensibili a tutti e Il “concetto del pensiero” che altrimenti rimarrebbe

semplicemente stereotipato, di maniera, impersonale, da sguardi, elementi vaghi, che soltanto alcuni di noi può capire e comprendere al volo per esperienza per studio che ha fatto. Quindi questo nuovo apporto permette a Mele di scoprire in sé altri ambiti.

Mele ha due emisferi cerebrali come noi, che ho definiti “l’emisfero ingegnere” e “l’emisfero poeta”, perché sono due momenti di condivisione perfetta ma separati per le specifiche che li caratterizzano.

Cos’è che manca a questo bambino? Solo le condizioni periferiche, poi ha tutto, ecco percé l’ho definito genio nella sua condizione, per le qualità che ci dona, per la condizione di “Amore” che applica nelle cose che realizza. E questo per me è l’aspetto più bello.

Nessuno avrebbe scommesso su Mele qualche anno fa. Solo i suoi meravigliosi genitori.

Anche il babbo di Mozart, quando gridò al miracolo non fu creduto, su di un bambino di cinque anni che scrisse alla tenera età, la numero 1, la numero 4 e la k19a, che sono delle sinfonie ancora leggendarie per chi è amante di musica e conosce il repertorio di Mozart, la k19a ancora oggi un’immortale, bellissima scritta a cinque anni.

Mele è qualcosa di stupefacente. Lo dissi quando presentai il libro, ma anche quando presentai la mostra organizzata a Firenze nel bellissimo Chiostro della Santissima Annunziata. In quello stupendo scenario l’emozione era totale, perché avevamo Rosso Fiorentino, il Pontormo, che guardavano dall’alto questo meraviglioso bambino con le sue opere esposte, nel partecipare di sé.

Mele non si ferma qui e proprio in quella circostanza, gli augurai di andare avanti, di crescere, e ringrazio egoisticamente i genitori, i medici, le fisiatre, le insegnanti, le infermiere e tutte le figure che gli sono state vicino, che hanno saputo cogliere in questo bambino le potenzialità che poi nel ruolo delle insegnanti in generale hanno saputo mettere in pratica con loro professionalità quotidiana.

Designer Prof. Giuseppe Paoli

Storico e Critico d’Arte

Credenziali e curriculum del Prof. Giuseppe Paoli.

Il Designer Professor Giuseppe Paoli, Artista, Storico e Critico d'Arte e

Storico del Carnevale di Viareggio, nato a Viareggio il 5 maggio 1949, per quarantadue anni insegnante di Disegno e Storia dell'Arte, presso il Liceo Scientifico Barsanti e Matteucci di Viareggio e dal Settembre del 2014 in quiescenza. Le competenze del Professor Paoli non sono esclusivamente di tipo cognitivo e non si deducono quindi solo dai duei titoli accademici in ambito architettonico e Storico Artistico: ventitre abilitazioni

all'insegnamento nei vari ordini e gradi scolastici; diverse certificazioni professionali, fra cui quella di Designer, Scenografo, Restauratore; più di trecento premi nazionali e internazionali per concorsi di Scultura, Pittura, Vetrate, Grafica, Industrial Design, che gli hanno valso di essere annoverato tra gli artisti contemporanei e la menzione nel testo di Piero Bargellini L'Arte del Novecento edito da Vallecchi già nel 1971 e di altre attestazioni e riconoscimenti in ambito letterario e poetico. Le peculiarità del Prof.Paoli sono soprattutto umane: una percezione profonda della realtà, che gli permette di essere accreditato presso il Ministero dei Beni Ambientali, Architettonici e Artistici come ricercatore nell’ambito della archeologia, speleologia e mineralogia. Ha partecipato a numerosi scavi archeologici nel territorio versiliese; ha realizzato una mappatura informatica mineralogica e paleontologica, presente in Versilia, in Garfagnana, e in altre località toscane e non, in qualità di speleologo, calandosi nelle numerose grotte delle Apuane, non ultima nell’Antro del Corchia a meno 650 metri; in Sicilia, a Megara Iblea (Augusta) con due gruppi francesi; diversi scavi e prospezioni subacquee con il gruppo “Artiglio” di Viareggio in varie località locali e dal Golfo di Baratti a varie località della Sardegna e dell’Isola d’Elba, fino alle Cinque Terre. Inoltre, anche in ambito pedagogico (Studi sul metalinguaggio dei bambini e ricerche sulla percezione infantile e creatività), così come presso il Centro C.R.A.U.S. (Centro Ricerche delle Attività Umani Superiori) dell’Università di Catania; un'apertura all'universo e all'ignoto che gli consente di sperimentare in ambito astronomico con i suoi telescopi; un amore per la cultura che lo fece diventare “Angelo del fango” durante l'alluvione fiorentina del 1966; una

passione per tutti i tipi di linguaggio (dall'informatico all'elettronico, dal musicale all'artistico) per cui è diventato Presidente e Membro della giuria di

numerosi premi artistici e letterari e coadiutore per bozzetti di carri del carnevale, riconosciuto ed apprezzato per aver ideato e collaborato negli interventi durante le trasmissioni televisive di Rete Versilia delle sfilate dei carri allegorici nel circuito di Viareggio e presso la sede SAT2000 di Roma; la collaborazione con illustri personaggi del panorama culturale italiano, come i compianti, Professor Carmelo Genovese dell'Università di Catania C.R.A.U.S. ed il Professor Silvio Ceccato, filosofo, saggista, linguista e cibernetico del CNR. Di loro è stato allievo, unitamente per la sua formazione artistica, del Professor Uberto Bonetti pittore futurista e creatore della “Maschera del Burlamacco” di Viareggio avendone tra l’altro curato la biografia e l’opera; così come del Professor Alfredo Catarsini anch’esso suo insegnante e illustre pittore viareggino e nel celebrare il suo ricordo, testimonia la sua valenza artistica in qualità di membro effettivo nel “Premio di pittura” omonimo, a lui dedicato. È stato curatore di diverse “Mostre Retrospettive” di artisti affermati e non, ha scritto alcuni libri e articoli in varie riviste d’Arte e di divulgazione, in veste di Storico e Critico d’Arte. Ma le qualità del Prof. Giuseppe Paoli sono senza dubbio l'amore e l'attenzione per ogni vita umana, considerata nella sua sacralità; il rispetto per ogni persona, soprattutto per i più piccoli; la condivisione di valori e idee con tanti adolescenti durante la sua carriera di insegnante; gli studi sul metalinguaggio, sulla percezione infantile e i costanti studi su le tecniche e i linguaggi artistici. Designer Prof. Giuseppe Paoli Via Taranto n° 6 55049 Viareggio (LU) Cell. 3397538593 E-Mail: [email protected]