"Una storia fresca" - Luciano Pagano

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"Una storia fresca" - Luciano Paganoracconto inedito, lettura prevista: 18 Marzo 2013, ore 21.00, Old Crown Pub, Copertino (LE)

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“Una storia fresca”

Luciano Pagano

L u c i a n o P a g a n o - 1 - “ U n a s t o r i a f r e s c a ”

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La mia storia, quella che vi voglio raccontare oggi, è la storia di una ricchezza guadagnata senza alcun preavviso, il luogo della storia è un piazzale deserto nella grande città di Torino, che è la città delle fabbriche e la città della cultura; questa è la storia di un grosso portafoglio smarrito che chissà come e chissà perché viene ritrovato dal sottoscritto. E mi cambia la vita.

La prima domanda, legittima, che potreste farmi è questa: che cazzo ci facevi a Torino in quel mattino d'inverno, nel gennaio del 2010? Quel giorno ci saranno stati almeno dieci gradi sotto lo zero.Niente, non ci facevo nulla di particolare; a dirla tutta ero in attesa di fare l'unica cosa che ero stato capace di fare dopo avere lasciato il call-center.

Questa è una serata dedicata all'austerità, alle storie, e al cibo. Io nel call-center ho trascorso all'incirca mille e cinquecento giorni, tutti di filato, uscendo giusto il tempo in cui tornavo a casa per mangiare e dormire, a eccezione dei festivi comandati e delle domeniche.

A dire il vero c'è stata una volta in cui ho lavorato anche di domenica, era quando vendevamo le partite di calcio, c'era qualche pazzo del marketing che credeva si trattasse di un'idea geniale telefonare di domenica mattina a qualcuno e proporre l'acquisto di tutte le partite del campionato. Il numero di contratti chiuso dagli operatori, quel giorno, fu zero.

Ma torniamo alla mia storia e a questa piazza di Torino. Fa un freddo tremendo, da gelare le ossa e intirizzire i pezzi di carne. Chi come noi non è abituato a questo tipo di temperatura, quando arriva in posti così freddi, crede che basti coprirsi con un piumino d'oca, indossare un paio di scarponi e il gioco è fatto. Poi arrivano i dieci gradi sotto zero, anche quindici, e non sai come fare.

Come arrivai a Torino? Due mesi prima mi venne comunicato che il call-center dove lavoravo sarebbe stato chiuso. Mi veniva offerto un posto di lavoro a Bari oppure a Matera. Avevo una quindicina di giorni per decidere. Dopo quattro anni di contratti a progetto rinnovati mensilmente, 48 contratti in 48 mesi, finalmente mi avevano assunto a tempo determinato, 2 anni di contratto. Nemmeno sei mesi e già mi davano il calcio nel culo. Un calcio molto morbido, che rifiutai. Non mi sarei trasferito.

Ed eccoci a Torino, finalmente. Il primo lavoro che trovai, dopo quello al call-center, è stato un lavoro da agente di commercio nel settore editoria di pregio. Significa che devo visitare una cinquina di persone al giorno e cercare di vendere delle opere di grande valore a prezzi altrettanto esorbitanti. In cambio mi spetta una percentuale che oscilla dal dieci al quindici percento.

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Sono a Torino perché prima di iniziare a lavorare ho seguito un corso di due giorni interamente dedicato ai prodotti che dovremo vendere. La cosa più bella di questo tipo di convention di formazione sono gli alberghi dove vieni alloggiato e il cibo che ti fanno mangiare. I primi sono alberghi storici, mai meno di cinque stelle, dove una stanza può arrivare a costare mille, mille e cinquecento euro al giorno. Il cibo è sempre quello di qualche ristorante o servizio di catering chic, con cui vengono apparecchiate grandi tavolare, una sorta di matrimonio laico e senza sposa, per intenderci.

Anche l'atmosfera è la stessa dei matrimoni terroni, l'unica cosa che cambia è che i gruppi di agenti vengono da ogni parte d'Italia, e tu lì a origliare i discorsi che fanno in dialetto casertano, agrigentino, potentino, cagliaritano, napoletano, milanese, torinese. Quelli che mi stanno più antipatici, ma il mio non è razzismo, sono i milanesi. È una questione di lingua, certe volte non li capisco e quando parlano mi limito a seguire la loro inflessione e a dire di sì.

Siamo al secondo giorno di corso, l'ultimo, che si concluderà con un grande ricevimento presso la Reggia di Venaria, in queste sale nei secoli si sono alternate teste coronate, e fino ai giorni nostri gente come Peter Gabriel o Vinicio Capossela. Si tratta dell'antica dimora della famiglia Agnelli e di Re Vittorio Emanuele, non mi è chiaro in quale ordine. So soltanto che ho cenato al tavolo vicino di quello di Tullio De Mauro, presidente del Premio Strega, il più grande conoscitore della lingua italiana dopo Dante Alighieri.

È finita la cena. Sono su questo piazzale e mi domando che cosa mi ha portato fin qui, se è stato più il bisogno di denaro o il desiderio di scappare via dal call-center a farmi accettare il primo posto che mi è stato offerto. Forse l'ho accettato perché è stato l'unico che ho trovato.

Mentre penso queste cose cammino in avanti e indietro cercando di scaldarmi i piedi, prima che si intirizziscano e io perda completamente la percezione dei miei arti inferiori. Mi accorgo di stare camminando su una lastra di ghiaccio solido. Compatto. C'è una fontana in questa piazza che butta acqua durante l'arco della giornata, quando c'è vento l'acqua arriva fin qui, poi cala la sera, la temperatura scende e si forma una lastra di ghiaccio, “capita due o tre volte all'anno, vuol dire che oggi fa proprio freddo”, «queste parole mi fier conte» dall'abitacolo dell'autobus, c'è l'autista che aspetta l'arrivo del gruppo per portarci in albergo. Io sono uscito per primo. Sposto la neve con un piede, incuriosito dallo spessore della lastra. Accidenti.C'è qualcosa lì sotto. Somiglia a un portafoglio.

Ed eccoci arrivati alla fine della storia. Una storia, la mia, che è ambientata in un luogo freddo, perché è in quel luogo gelido che è avvenuto il rinvenimento dell'oggetto che ha risolto i miei problemi economici.

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Scostai tutta la neve con i piedi, c'era soltanto la lastra di ghiaccio e questo grosso portafogli. Lo vedevo bene, era ricolmo di denaro, le banconote erano tutte viola, pezzi da cinquecento euro, si saranno trattati di trenta, quarantamila euro, forse di più.Mi voltai verso l'autista, che si era addormentato. Il resto del gruppo sarebbe potuto arrivare da un momento all'altro. Non avevo tempo, dovevo sbrigarmi. Mi inginocchiai e iniziai a grattare con le mani sul ghiaccio, ma avevo i guanti, mi ero dimenticato, non riuscii a scalfirlo nemmeno di un millimetro.

Ebbi un'idea.Un'idea che come tutte le idee geniali è frutto dell'intuizione, allo stesso tempo è altamente economica e fa ottenere una massima resa. Mi alzai. Mi sbottonai i pantaloni senza scenderli troppo, altrimenti col freddo non sarei stato capace di far nulla. Avevo bevuto molto quella sera. A un certo punto io e Tullio De Mauro avevamo addirittura brindato. Tirai fuori il mio coso e iniziai a pisciare sulla lastra di ghiaccio, proprio sul portafoglio ricolmo di banconote. Funzionava! Accidenti se funzionava! Il rumore della lastra che crepitava, incrinandosi, ne era la prova. Di lì a poco avrei risolto, se non tutti, almeno parte dei miei problemi economici. Mi ci voleva del denaro liquido grazie al quale l'inizio della mia nuova attività non mi avrebbe impensierito. La stavo facendo alla grande. Nemmeno sapevo da dove venisse tutta quella pipì, mi sentivo come se non fossi andato in bagno da secoli. Tutte le mie viscere cantavano un inno alla gioia. Se mi avessero detto che avrei dovuto fare mille e centosettanta chilometri per arricchirmi un po' non ci avrei creduto, è ovvio.

E invece stanotte, Torino, mi regalava la pace.

D'improvviso sentii un forte colpo dietro la nuca. Mi avevano scoperto. Chi era? Chi cazzo era? Non c'era nessuno. Mi strinsi negli ultimi sgocciolii, avevo aperto un varco nella lastra. Ero ricco, finalmente. Un altro colpo alla nuca. Mi chinai per raccogliere il portafogli e quando lo ebbi tra le dita sentii un ultimo colpo, ancora più forte dei precedenti, alla nuca.

Sveglia!Sveglia!Cazzo Luciano! Svegliati!Ma è possibile che non ti accorgi, cazzo!

La voce la riconobbi subito, era quella di Marina.“Ma come è possibile, quando è che sei arrivata a Torino, non c'eri prima! Il portafogli, il mio portafogli!”

“Torino!?! Ma tu sei matto! Svegliati, ma ti rendi conto di cosa hai fatto? Ho

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cambiato le lenzuola, HO MESSO LE LENZUOLA NUOVE IERI e tu ti sei pisciato addosso! 37 ANNI E QUESTO SI PISCIA NEL LETTO CAZZO!”

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Titoli di coda.

Questa storia che è la mia storia fresca è una storia ispirata a una storia vera e a una storia zen, e racconta il significato del lavoro e l'effimera transitorietà di tutto ciò che chiamano denaro o che chiamiamo Realtà.Essa, questa storia, pertanto, secondo un termine del vocabolario zen giapponese, è un KOAN.

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Scritta il ventidue luglio del duemilaundici, con una macchina Olivetti Lettera 82, acquistata nel 1981.

Luciano Pagano22/07/2011-18/03/2013

per Porca Miseria, Copertino,e per Old Crown Pub, Copertino

@lucianopaganohttp://www.musicaos.it

[email protected]

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