Una seconda generazion e di boxeurs - UNIFE · • Ho 19 anni appena compiuti, ho iniziato circa un...

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Una seconda generazion e di boxeurs

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Una seconda

generazione di

boxeurs

• Io penso di essere stato un buon dilettante […]. Ma il mio sport era il motociclismo […]. Io con i miei amici volevamo essere come Marlon Brando in “Fronte del Porto”. Però per correre in moto ci vogliono dei soldi […], e tutti i soldi che prendevo dal pugilato sia nel dilettantismo che nel professionismo li mettevo sulla moto. Una volta mi hanno chiamato il venerdì per fare un match il sabato sera ed erano sei mesi che non venivo in palestra perché avevo fatto un incidente con la moto e mi ero rotto un paio di costole, e ho accettato di farlo perché si prendevano dei soldi. Poi finalmente ho smesso sia di correre in moto che di fare pugilato. Perché nel pugilato io ero quello che andava per far vincere gli altri. Non è che dovevo, però è evidente che mi chiamavano sempre con gente che era molto più allenata di me. Uno che mi chiamava il venerdì per fare un match il sabato allora mi doveva dare un sacco di soldi in quelle condizioni […]. In azienda prendevo circa 75 mila lire al mese quando sono diventato qualificato, e per quell‟incontro mi avevano offerto 300 mila lire. L‟ho fatto per soldi, ma poi mi sono stufato di prendere botte. (Dante)

• La palestra…ho iniziato nel „60 che mi sono proprio tesserato, avevo 19 anni. Con la palestra inizia che ti danno una certa disciplina e veniva eliminato il discorso delle botte per la strada, perché non avevo bisogno di sfogarmi lì, mi sfogavo qui…mi sfogavo…mi sfogavano gli altri! Ma non è che io ero un attaccabrighe, era che il 70% dei ragazzi della Bolognina per passare il tempo si picchiavano, però…due botte e poi amici come prima, beh, magari non subito. (Albano)

• Ho 19 anni appena compiuti, ho iniziato circa un anno e mezzo fa. Ho iniziato perché avevo dei problemi in casa e l‟unico posto dove mi trovavo a mio agio era questo. Fuori…dove potevo sfogarmi, dove avevo più respiro era la palestra. (Anuar)

• Kalhed: Per quello ho iniziato ad andare in palestra, il motivo principale sono state sempre le solite discussioni fra mia madre e mio padre…mi davano sui nervi e andavo fuori, e mi dovevo sfogare con qualcosa… fumare mi faceva schifo, bere lo odiavo, stare a ballare fuori sabato e domenica e basta…

• Io sono uno che quando si arrabbia non ci vede più, infatti il pugilato mi serve anche per questa cosa qua, quando mi arrabbio mi sfogo un po‟ qua. È una brutta cosa. In terza media un ragazzo mi ha mandato a fanculo, e io mi sono arrabbiato e gli ho buttato un tavolo addosso, gli ho spaccato la schiena. Non ci ho capito più niente. Questo qua mi diceva sempre “Sei un marocchino, tornate al tuo paese”. Io non gli ho mai fatto niente fino ad allora, poi ho reagito. (Samir)

• A scuola mi piaceva molto andare. A me ha rovinato mio padre perchè diceva che non avevo la testa per andare in una scuola diversa e mi ha mandato alle Fioravanti, all‟istituto professionale della Bolognina, e io davvero la odiavo quella scuola con tutte le mie forze dal profondo del mio cuore, io odiavo la meccanica, odiavo fare l‟idraulico, odiavo l‟elettricista, odiavo fare tutti i lavori merdosi che ti toccano se vai lì […]. Io mi chiedevo perché devi sempre fare o il falegname o l‟elettricista, perché sei destinato a fare il muratore, perché non puoi studiare, che ne so, fare l‟avvocato? (Kalhed)

• Quando sei in palestra con una persona, non puoi sentirti diverso. Se sei in palestra da un giorno, tre mesi, un anno, sai che anche lui vuole arrivare dove vuoi arrivare tu e quindi cerchi di dargli una mano oltre all‟allenatore. Gli dai una mano su come si tirano i colpi, su come si sta sul ring, alla fine in palestra non ci sono le diverse nazionalità, qui la maggior parte sono stranieri e non ci sono mai stati casini, ci siamo sempre aiutati. Poi fuori puoi avere delle sfighe perché puoi trovare gente che non fa niente tutto il giorno e poi gli capita una sfiga esce di casa e quel giorno se la prende con te, e se ti becchi un pugno da un pugile…un pugile deve sapersi controllare, se tiri un pugno puoi fare male, se non lo sai dare lo ammazzi. (Anuar)

Nonostante le opinioni dei “vecchi” conti molto nella carriera di un pugile, la figura più importante rimane quella del maestro, con il quale l’allievo instaura sempre un rapporto intimo.

Il mio maestro è sempre stato Mino […]. All’epoca io lo vedevo un po’ come mio padre, non ti so dire, mi caricava, credeva in me….mi diceva che avevo due mani fortissime, che avevo il pugno del k.o. […]. Mi ricordo il primo match che facemmo in una specie di acqua-park, era estate, faceva un gran caldo […]. C’era Mino all’angolo che mi urlava ma non riuscivo a capire l’incontro, iniziavo bene, poi mi ritrovavo all’angolo a coprirmi perché questo qui mi tirava un sacco di colpi. All’ultima ripresa Mino mi disse: “Adesso vai avanti e attacchi tu, sennò mi incazzo!”. Allora io ho fatto così, ho fatto tre passi e ho tirato a ogni passo un colpo. Al terzo colpo mi ricordo che a un certo punto il mio avversario non l’ho visto più: guardo in basso ed era andato giù. Mi ricordo che allora mi giro e vedo Mino che mi urla di andare all’angolo. Lui aveva un testone enorme ed era stempiato, pelato, però aveva ai lati della testa dei capelli che erano lunghi e stava lì che saltava e diceva “Dai che abbiamo vinto, dai che abbiamo vinto!” e io guardavo questi capelli che volavano e sembravano due enormi orecchie, mi ricordo questa cosa […]. Io al cimitero non ci vado mai, nemmeno per i miei parenti, ma a portare dei fiori a Mino a volte ci sono andato, sembra stupido no? (Ivan)

La dipendenza di un pugile dal suo maestro è

alle volte totale, soprattutto per i ragazzi che

iniziano il pugilato da giovani, e assume

spesso i connotati di un rapporto paterno, con

le sue conflittualità, i momenti di ribellione o

di sottomissione mal digerita. Per molti pugili

novizi della Tranvieri, soprattutto quelli che

hanno meno di venti anni - molti immigrati di

“seconda generazione” con figure paterne

assenti, autoritarie, spesso incapaci di

comprendere figli cresciuti in un’altra cultura

e che parlano fluentemente una lingua diversa

dalla loro - i due maestri della palestra

rappresentano dei punti di riferimento

soprattutto negli anni del passaggio

dall’adolescenza all’età adulta.

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