Ul Cugiaa de legn - residenzaamica.com estate 14.pdf · Buongiorno cari lettori e lettrici del ......
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Ul Murum Estate 2014
Sommario
EEddiittoorriiaallee ppaagg.. 11
CC’’eerraa uunnaa vvoollttaa ppaagg.. 33
PPeerrcchhéé ssii ddiiccee?? ppaagg 88
LLaa ppooeessiiaa ppaagg.. 99
PPrroovveerrbbii ee ffiillaassttrroocccchhee ppaagg.. 1133
IIll nnoossttrroo ddiiaalleettttoo ppaagg.. 1155
RRiiccoorrddiiaammoo ii SSaannttii ppiiùù nnoottii ppaagg.. 1177
UUll ccuuggiiaaaa ddee lleeggnn ppaagg.. 2211
AArrrriivveeddeerrccii ppaagg.. 2233
Ul Murum Estate 2014
Editoriale
Tra i vari tirocinanti che si susseguono nella nostra struttura per apprendere
nuove conoscenze abbiamo interpellato un simpatico ragazzo che ci ha descritto
la sua breve esperienza a Residenza Amica.
Buongiorno cari lettori e lettrici del “Ul Murum”,
mi chiamo Guy, ma i nonni della casa mi chiamano: “gi” oppure… ”cioccolatino”.
Vengo dal Togo (un piccolo paese dell’Africa ovest) e sono in Italia da quasi 8
mesi perché, lo scorso settembre mi sono sposato con una ragazza italiana.
A febbraio ho iniziato il tirocinio a Residenza Amica di Giussano a fianco delle
animatrici e degli infermieri. All’inizio mi faceva un po’ strano l’idea di una
struttura di riposo in cui ci sono gli anziani, perché al mio paese queste case non
esistono e quindi gli anziani rimangono a casa con i loro figli e quando possono
aiutano a portare avanti le attività quotidiane. Mi ricordo che quando ero
bambino mia nonna era a casa con noi, ci raccontava le belle storie e ci faceva
giocare mentre i genitori erano al lavoro.
Dopo alcuni giorni passati qui a Residenza Amica però ho capito l’importanza, la
necessità e l’utilità della casa di riposo o meglio, oserei dire, di questa grande
famiglia. Gli ospiti hanno sempre qualcuno che è pronto ad aiutarli quando non
stanno bene, soprattutto quando hanno qualche malattia un po’ particolare
mentre da noi, in Togo, è difficile portarli all’ospedale quando non stanno bene.
La maggior parte del tempo che sono qui lo uso per aiutare le animatrici a
preparare le attività di animazione che facciamo nel pomeriggio come il coro o
l’arte terapia.
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Mi sto trovando molto bene, lo staff lavora sempre con professionalità ma
soprattutto con entusiasmo, cercano ogni giorno di fare il massimo per il
benessere di ciascun nonno, per dare loro qualche momento di svago…però ho
notato subito che la cosa che li rende più felici in assoluto è il momento in cui
qualche familiare, figlio o nipote viene a trovarli per passare un po’ di tempo con
loro…si sentono un po’ “speciali” perché c’è qualcuno che è li per stare proprio
con loro.
Tra pochi mesi terminerò la mia esperienza in questa struttura, ho imparato
molte cose, ma sicuramente le persone che, con semplicità, mi hanno insegnato di
più sono stati proprio gli anziani!
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I mestieri di una volta
In questo nostro nuovo numero la rubrica “C’era una volta” è stata interamente
scritta da un nostro ospite, leggete con molta attenzione…
Ul ciclista ovvero il meccanico delle biciclette
Per fare “ul ciclista” bisogna conoscere bene la bicicletta ci racconta Fernando
Longoni che per tanti anni ha fatto questo mestiere. La bicicletta è fatta da un
telaio al quale sono unite per mezzo del mozzo centrale le ruote allineate una
dietro all’altra ed è dotata di un sistema meccanico che attraverso il “pignone”
trasmette potenza alla ruota motrice e di un sistema frenante, con “i freni a
erre” azionati da bacchette di ferro per le bici da passeggio e da fili per quelle
sportive. “Ul ciclista l’è ul dutur de la bicicletta”, si va da lui per riparare la
gomma forata, per raddrizzare un cerchione storto, per un raggio dissaldato,
per sostituire i freni o i “pattini” usurati, cambiare un parafango, un copertone,
la catena o per raddrizzare una forcella.
L’inconveniente maggiore è sicuramente quello di forare la camera ad aria e per
“ul ciclista” ripararla è una cosa da ragazzi, se ha già avuto altre riparazioni va
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sostituita, ci dice Fernando, altrimenti una volta smontato il copertone si
procede individuando il buco; per rilevare il foro basta gonfiare la camera d’aria
e farla passare vicino al viso oppure immergerla in un catino pieno d’acqua, una
volta localizzato il buco si procede a scartavetrare la parte intorno (per far
meglio aderire il mastice) e si passa uno strato di mastice sia sulla toppa sia
sulla parte levigata, si attende che evapori il solvente e si applica la toppa sul
foro lasciando per qualche tempo, prima di riposizionarla è ovvio che è meglio
prima verificare che tutto sia stato fatto a regola d’arte. Come abbiamo già
detto un buon “ciclista” conosce bene ogni ingranaggio di una bicicletta ed è per
questo che consiglia di portare la “bici” dal “ciclista” ogni tanto per una
lubrificazione alle parti esterne che vanno lubrificate dopo una pulizia
approfondita, e per una revisione che prevede lo smontaggio dei vari
componenti, pulizia, controllo ed eventuali sostituzioni, lubrificazione e
montaggio. L’officina del “ciclista” non è grande e le attrezzature necessarie
non sono ingombranti, bastano dei cacciaviti, leve estrattori, rocchetti, centro
ruote (un arco dove viene posizionata la ruota storta per essere raddrizzata),
pattini di varie misure, fili per i freni, carter e catene, raggi, cerchioni, camere
d’aria, copertoni, pedali, mozzi centrali, dinamo, lampadine, niples, carta da
vetro e mastice e con un po’ di olio di gomito fai un ottimo lavoro… parola di
Fernando!
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A tutti noi parlando della bicicletta è tornata alla mente la bella canzone scritta da Marcello
Marchesi ed interpreta dal Quartetto Cetra, da Silvana Pampanini e dalla grande Mina,:
MA DOVE VAI BELLEZZA IN BICICLETTA
Ma dove vai bellezza in bicicletta,
così di fretta pedalando con ardor.
Le gambe snelle, tornite e belle,
m'hanno già messo la passione dentro al cuor.
Ma dove vai con i capelli al vento,
col cuor contento e col sorriso incantator.
Se tu lo vuoi, o prima o poi,
arriveremo sul traguardo dell'amor.
Se incontriamo una salita,
io ti sospingerò
e stringendoti alla vita,
d'amor ti parlerò.
Ma dove vai bellezza in bicicletta,
non aver fretta, resta un poco sul mio cuor.
Lascia la bici, dammi i tuoi baci,
è tanto bello, tanto bello far l'amor.
Quando a primavera per le strade
passa il "Giro" gridan tutti ai corridor:
Dai, dai, dai, dai, dai, dai!
Dai, dai, dai, dai, dai, dai!
Ma se una maschietta
in bicicletta passerà
vedrai che ognuno, là per là,
la testa girerà e allegro canterà:
Ma dove vai bellezza in bicicletta,
così di fretta pedalando con ardor.
Le gambe snelle, tornite e belle,
m'hanno già messo la passione dentro al cuor.
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Ma dove vai con i capelli al vento,
col cuor contento e col sorriso incantator.
Se tu lo vuoi, o prima o poi,
arriveremo sul traguardo dell'amor.
Se incontriamo una salita,
io ti sospingerò
e stringendoti alla vita,
d'amor ti parlerò.
Ma dove vai bellezza in bicicletta,
non aver fretta, resta un poco sul mio cuor.
Lascia la bici, dammi i tuoi baci,
è tanto bello, tanto bello far l'amor.
Ma dove vai bellezza in bicicletta,
così di fretta pedalando con ardor.
Le gambe snelle, tornite e belle,
m'hanno già messo la passione dentro al cuor.
È tanto bello far l'amor!
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Perché si dice?
PRENDERE UN GRANCHIO Sbagliarsi, credere di aver fatto un affare e invece si è stati beffati;
raggiungere un risultato notevolmente inferiore a quello sperato. Molto
probabilmente, questa espressione, molto vecchia, deriva dalla pesca con la
canna. Quando il pescatore ha calato la lenza in un fondale molto basso, e l’amo
con l’esca posa sul fondo, spesso, anziché il pesce, abbocca un granchio, che
comincia subito a dibattersi, per sganciarsi, dando l’impressione che all’amo si
sia attaccata una grossa preda. Ma quando si tira su l’amo, la delusione è forte.
Con lo stesso significato si usa Prendere lucciole per lanterne, prendere una cantonata (originata dal fatto che una volta i carri, svoltando in stradine troppo
strette, andavano a urtare, con il mozzo della ruota contro la cantonata di
un’abitazione) e Prendere una papera, quest’ultima usata soprattutto per
indicare chi, parlando, commette un errore o non riesce a pronunciare
esattamente una parola.
SALVARE CAPRA E CAVOLO Brigare in modo da ottenere due vantaggi che parevano escludersi, o anche far
sì da accontentare tutti. Deriva da un vecchio rompicapo che si propone ai
ragazzi: un pastore deve attraversare un fiume su una barca, trasportando, uno alla volta, un lupo, una capra e un cavolo. Se comincia col traghettare il lupo, la
capra, restando sola, mangerà il cavolo; se si porta dietro per prima la capra, nel
secondo tragitto dovrà portare o il lupo o il cavolo, e allora o il lupo mangerà la
capra, o la capra mangerà il cavolo. E qualcosa corre sempre il rischio di essere
divorato. Perciò il pastore dovrà trasportare prima la capra, che lascerà
sull’altra riva; poi il cavolo, che sbarcherà, ripigliando la capra e portandola con
sé; e infine il lupo, che potrà lasciare col cavolo senza pericolo, mentre,
finalmente, nell’ultimo tragitto, riporterà la capra.
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LLaa ppooeessiiaa
SEGUENDO LE ORME DEL GIORNALINO PRECEDENTE CONTINUIAMO IL NOSTRO
ESCURSUS IN GIRO PER LA BRIANzA…
LA BRIANZA
Quando prendo la strada per Carate
mi sembra di respirare,
tanto che le bellezze naturali
mi corrono incontro sulla collina.
Appena superato il ponte del Lambro,
lascio indietro tutti i sciocchi
che sono al caffè a vedere chi passa
ma non sanno quanto è bella la Brianza.
E vado in su contento come fosse Pasqua,
mi sento leggero come il corso dell’acqua.
Riesco a dimenticare tutte le preoccupazioni
e li lascio andare per altre spiagge.
Sono tutto preso a vedere questo spettacolo
che sembra un miracolo.
Un miracolo veramente difficile a scoprire
ad ogni angolo di altre strade.
Non vorrei dire una stupidaggine,
non voglio prendere una smentita,
ma quando vado in Brianza sono tanto felice
che quello che ho sempre in mente (il lavoro), lo dimentico.
Ma non è tutta colpa mia,
ma piuttosto della strada panoramica
che non mi da il tempo
di potermi ricordare della gente.
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Volete venire con me?
Mi piacerebbe farvi vedere e sentire
con una passeggiata
tante belle cose in una volata.
Che strada volete prendere?
Per me van tutte bene
è come stare in casa mia,
la giro in lungo in largo in allegria.
Andiamo su per Inverigo, dove il Gigante (viale della statua)
porta nella valle (S. Maria della Noce) due belle file di piante.
Piante che si chiamano cipressi
anche il “Carducci” li ha citati spesso (davanti a S.Guido).
Attraversiamo un bosco, che viene chiamato “orrido” perché pauroso,
ma dentro c’è un’ acqua fresca che fa passare la sete.
Ormai poche sono le persone che vanno a visitarlo,
ma forse non tocca a me giudicare.
Più avanti c’è il lago d’Alserio
che guardandolo sembra molto serio,
non vuole essere disturbato
da qualche pescatore che ci va a pescare.
A un tiro di schioppo c’è subito Erba,
quando eravamo giovani,
almeno una volta siamo stati alla Salute,
che per l’aria sua buona gli hanno dato un nome giusto.
Lì vicino c’è il “Buco del Piombo” che è una caverna,
ma per visitarla fino in fondo ci vuole la lanterna,
ed è lì a dimostrare, per le sue scoperte paleoantropologiche
che fin dai tempi dell’antichità è stato abitato.
E se i primi uomini hanno trovato tante belle cose,
in questa regione, considerata non sismica, fuori dai terremoti,
credetemi a ciò che vi sto dicendo,
non pensate che voglia stancarvi nel ripeterlo.
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Ma lasciamo perdere questa storia,
e prendiamo la strada della Longone,
la quale passa per un lago che sembra un letto,
come un presepio, dove invece dell’acqua si mette uno specchio.
Dico uno specchio, perché corrono lì a lavarsi
le montagne tutte intorno in eterno a rimirarsi,
in quell’acqua chiara e dolce del Segrino
che ci offre uno spettacolo sopraffino.
Torniamo indietro, e portiamoci avanti
voltando le spalle alle montagne dei Corni di Canzo,
andiamo giù per Eupilio in pianura
e troviamo il lago di Pusiano.
Un lago una volta ricco di pesci,
ma che oggi è meglio buttarli nella pattumiera.
Ormai è considerato tutto inquinato
E più nessuno ci va a pescare.
Traversiamo intanto il paese di Bosisio, quello del Parini,
un nostro glorioso poeta del settecento,
e forse è qui che ha scritto “Il giorno” e “La notte”,
una satira contro la dominazione spagnola di quell’epoca.
Ora saliamo a Garbagnate Monastero,
un tempio antico romano e austero,
giriamo attorno al lago di Oggiono e Annone,
mentre ci si presenta lo spettacolo del monte Resegone.
A ottocento metri di altezza a Colle Brianza,
la vista si allarga e ci appaiono in tutta la loro esuberanza,
i cinque laghi che abbiamo visto,
con le montagne dei Corni Grigna Grignone
che fanno da corona al bel scenario che ci impressiona.
Scendiamo a valle scavalcando questo monte
e troviamo Montevecchia davanti a noi.
E’ una ricca e fine collina e dalla sua cima
quando è sereno si può vedere il duomo di Milano e la sua Madonnina.
Fondazione Residenza Amica Onlus pag. 11
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Per il fresco che da lassù si gode, per il suo vino
e per i suoi famosi formaggini,
è presa d’assalto la domenica dalla gente, che sembrano soldati
come una volta quando l’assediavano con la lancia in resta.
Qui finisce la nostra passeggiata e torniamo a casa,
ci corre incontro lo stradone di Casatenovo,
quello di Missaglia, Monticello, Besana e Villa Raverio
fino al ponte del Lambro e siamo tutti in fila.
Infine vediamo spuntare il campanile del nostro Seregno,
ed è quasi sera
ma sereni e contenti come il signor Trelira (così chiamato perché lo
diceva a tutti quando aveva in tasca tre lire ed era felicissimo).
Si accendono tutte le luci e in cielo le stelle,
conserviamo il ricordo delle cose viste più care più belle.
AUTORE SCONOSCIUTO
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Proverbi e
filastrocche
Ugìn BEL Io son l’ape piccolina
qualche volta birichina
quando volo in giardino
scappa scappa bel bambino!
Ma son anche operosa:
cerco la più bella rosa,
so la cera fabbricare
e il mio miele si può mangiare. Maria Z.
TRENTA QUARANTA
Dopo il giorno vien la sera,
dopo l’inverno la primavera,
dalla vite viene il vino,
viene il fumo dal camino,
va la mucca con il bue,
van le ochette a due a due.
E la vita in fondo in fondo È un allegro girotondo!
Ornella
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GIUGNO
“A San Luis e dan fastidi
anca i barbis.” (21
giugno)
A San Luigi danno
fastidio anche i baffi.
LUGLIO
“Sant’Ana le porta
l’aqua in la balzana.”
(26 luglio)
Sant’Anna porta l’acqua nella sottogonna.
AGOSTO
“A la fin de agost, giò ul suu, l’è
fosch.”
Alla fine di agosto, al calore del sole è sera.
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Il nostro dialetto
Fescett… fescett…
I Fescett, monelli, teppistelli in senso bonario.
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POESIA: LA DOMENICA DE FIOEU
Domenega matinna, on quart ai des,
el mè resgioo, settaa dente l so offizzi,
el me dava on cavorin per i mè spes,
o mei, hin so parol, per i mè vizzi.
Scisciabobò a fa el gir di bombonatt:
el vecc Tatèle per i straccadent,
la Dolores per dolz e ciccolatt
e la Pidrella, se g’hoo ben in ment.
Poeu a Messa granda e dopo colezion,
all’Oratori a corr come on dannaa;
giugavi quasi semper al balon,
rivavi a cà che seri stracch mè on fraa.
El mangià de la sera, poeu via in lett:
sott ai covert d’inverno on frecc de biss,
la cioccava la zia: dormii fescett,
se ai noeuv or gh’era on ciar ancamò pizz.
Fondazione Residenza Amica Onlus pag.16
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San Lorenzo
Diacono e martire 10 agosto…
Fin dai primi secoli del cristianesimo, Lorenzo viene
generalmente raffigurato come un giovane diacono rivestito
della dalmatica, con il ricorrente attributo della graticola o, in
tempi più recenti, della borsa del tesoro della Chiesa romana
da lui distribuito, secondo i testi agiografici, ai poveri. Gli
agiografi sono concordi nel riconoscere in Lorenzo il titolare
della necropoli della via Tiburtina a Roma. È certo che
Lorenzo è morto per Cristo probabilmente sotto l'imperatore
Valeriano, ma non è così certo il supplizio della graticola su cui sarebbe stato
steso e bruciato. Il suo corpo è sepolto nella cripta della confessione di san
Lorenzo insieme ai santi Stefano e Giustino. I resti furono rinvenuti nel corso
dei restauri operati da papa Pelagio II. Numerose sono le chiese in Roma a lui
dedicate, tra le tante è da annoverarsi quella di San Lorenzo in Palatio, ovvero
l'oratorio privato del Papa nel Patriarchio lateranense, dove, fra le reliquie
custodite, vi era il capo.
Patronato: Diaconi, Cuochi, Pompieri
Etimologia: Lorenzo = nativo di Laurento, dal latino
Emblema: Graticola, Palma
Martirologio Romano: Festa di San Lorenzo, diacono e martire, che, desideroso,
come riferisce san Leone Magno, di condividere la sorte di papa Sisto anche nel
martirio, avuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno,
prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e sfamato con dei beni
elemosinati. Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del
suo trionfo migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio.
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Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo
nome. Forse da ragazzo ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di
Roma, celebrate nel 237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché
figlio di un notabile della regione siriana. Poco dopo le feste, Filippo viene
detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei cristiani, che muore in
guerra nel 251. L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli
germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche
l’imperatore Valeriano, salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di Shapur
I, morirà in prigionia nel 260. Ma già nel 257 ha ordinato una persecuzione
anticristiana.
Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto
soprattutto per la sua morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo
indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora
al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti,
distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa. Vieta le
adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti
pagani, ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258,
però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti, così il vescovo
Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa
sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del
258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al
supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori
della Chiesa”.
Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto
deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze.
Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai
poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e
gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo:
"Ecco, i tesori della Chiesa sono questi". Allora viene messo a morte. E un’antica
“passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: "Bruciato sopra una graticola":
un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli.
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Ul Murum Estate 2014
Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa
tradizione. Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia
stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi
in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa, Costantino costruirà una basilica, poi
ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e restaurata nel XX secolo,
dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.
Fonte:
Celebre la poesia di Giovanni Pascoli, che interpreta la pioggia di stelle cadenti
come lacrime celesti, intitolata appunto, dal giorno dedicato al santo, X agosto:
“San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla…”
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POESIA SAN LORENZ
(des de agost)
Còsa cerchett stanott
su-la riva del lagh?
Forsi credett anmò
che’l ritòrna…
e con lù, San Lòrenz.
O te specciett ol fressh
in l’Agost che soffega?
Còsa hann vist i toeu oeucc?
(ma l’è on òmbra)
San Lòrenz…
su-la barca che porta tò pà
l’è anmò su-la spònda,
(de-là)
Va…!
quanti srell che se pizza stanott,
San Lòrenz le’dree piang…
l’è per quest che’l ritarda.
Ma, ona stella se stacca dal ciel,
desideri esprimù de scondon…
Ona lus sòra l’onda,
‘na fòlada de vent
San Lòrenz… su-la barca
con on remm bagnà
benedis ol discors
con tò pà. Autore Ignoto
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Ul cugiaa de legn
VITELLO TONNATO Ingredienti:
800 g di fesa di tacchino
- Per la marinatura:
un litro di vino bianco secco
una costa di sedano, una carota, una cipolla
2 foglie di alloro
3 chiodi di garofano
pepe in grani, sale q.b.
- Per la salsa:
150 g di tonno
3 acciughe salate
un tuorlo d’uovo
un cucchiaino di aceto di vino
20 g di capperi
mezzo bicchiere di olio di oliva
il succo di due limoni
Preparazione
Dissalate e sfilettate le acciughe, dissalate e tritate finemente i capperi.
Dopo aver fasciato il pezzo di carne, mettetelo a marinare insieme a tutti gli
ingredienti, compreso il vino e lasciatelo a bagno per un’intera notte. L’indomani,
sdraiate la carne in una casseruola e versatevi sopra la marinata, quindi fatela
cuocere, a fuoco basso, per circa due ore. Sfasciate la carne quando è fredda,
affettatela e disponetela in bell’ordine nel grande piatto da portata.
Fondazione Residenza Amica Onlus pag. 21
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Nel frattempo preparate la salsa, montando assieme il tuorlo, l’olio e il succo dei
limoni (come per la maionese); unitevi il tonno passato al setaccio, diluite con
l’aceto quindi aggiungete il trito di capperi e mescolate fino ad ottenere una
salsina liquida, da cospargere sopra le fette di vitello; ponete in frigorifero e
servite il piatto freddo, dopo alcune ore.
Commento: Questo è certamente un piatto fresco e saporito, ideale per le calde giornate
estive …
Coniglio in umido
Ingredienti:
un coniglio di circa 1,5 kg
60 g di burro
mezzo bicchiere di olio di oliva
un bicchiere di vino bianco secco
200 g di pomodori, privati della pelle, dei semi e dell’acqua di vegetazione
(oppure un bicchiere di passata di pomodoro)
gremolada (condimento composto da trito di prezzemolo, aglio e scorza di limone
grattugiato)
sale e pepe q.b.
Preparazione:
Fatevi pulire dal macellaio (o dal pollivendolo) il coniglio; a casa, tagliatelo a
pezzi, lavatelo ed asciugatelo con un canovaccio. I pezzi, conditeli con sale e
pepe, poi infarinateli. Nella casseruola, soffriggete il burro insieme all’olio,
quindi rosolatevi i pezzi di coniglio, rigirandoli più volte. Versate il vino bianco e
fate evaporare; ora, unite la polpa dei pomodori frantumata con le dita, coprite
e lasciate cuocere, a fuoco leggero; badando che non si attacchi al fondo,
altrimenti potete aggiungere un po’ d’acqua. Dopo circa un’ora e mezzo il coniglio
è ben cotto; disponete i pezzi in un grande piatto da portata, spolverizzateli con
la gremolada e serviteli ben caldi.
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Ul Murum Estate 2014
Commento: M. Silvia tutte le volte che incontra le figlie e le sue tre nipoti, chiede loro di
poter mangiare questo gustoso secondo piatto! …Anche se in estate fa caldo vi
consigliamo di accompagnarlo ad una bella polentina con qualche fungo fresco!
A prestissimo…
La redazione giornalino in attesa della ripresa di tutte le attività, dopo il periodo estivo, coglie l’occasione per augurarvi buone vacanze… e vi consiglia di portare con voi il nostro “Ul Murum” da leggere in pineta o all’ombra delle piante, coccolati dal mormorio delle acque fresche di un ruscello.
LLaa rreeddaazziioonnee ddeell ggiioorrnnaalliinnoo
((AAllbbaa,, AAnnggeelloo,, AAnnttoonniioo,, EEddooaarrddoo,, EElliissaabbeellllaa,, EErrmmiinniiaa,,
IIddaa,, IIvvoo,, MMaarriiaa SS..,, MMaarriiaa ZZ..,, OOrrnneellllaa,, RReennaattoo ee
ccoonnssuulleennttii))
Fondazione Residenza Amica Onlus pag. 23