Una nuova corresponsabilità mondiale per sconfiggere … · 2020. 9. 26. · zione essenziale...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 221 (48.545) Città del Vaticano domenica 27 settembre 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!;!?!_ In un videomessaggio all’Assemblea generale dell’Onu il Papa invoca un cambio di rotta per uscire dalla crisi e rilancia il multilateralismo Una nuova corresponsabilità mondiale per sconfiggere l’individualismo autolesionista Questo è il tempo della scelta L e parole del videomessaggio che il Papa ha inviato ieri all’assem- blea generale dell’Onu sono così chiare e semplici che non necessitano di alcun commento o spiegazione ma solo di essere lette con attenzione e me- ditate attraverso una riflessione che porti all’azione concreta. Testa, cuore e mani, per usare un’immagine cara a Bergoglio, devono essere toccate e coinvolte, tutte insieme, in un circuito virtuoso che spinga gli uomini a quel “cambio di rotta” posto al centro di questo messaggio che a tratti appare un’esortazione, quasi un grido. La si- tuazione mondiale, esaminata con par- tecipata, accorata, meticolosità dal San- to Padre infatti «richiede un cambio di rotta, e per questo abbiamo già le risor- se e abbiamo i mezzi culturali e tecno- logici, e abbiamo la coscienza sociale. Tuttavia, questo cambiamento ha biso- gno di un contesto etico più forte, ca- pace di superare la tanto diffusa e inco- scientemente consolidata cultura dello scarto». Poche righe prima il Papa si era soffermato ai grandi progressi tec- nologici che si sono realizzati negli ulti- mi anni che dovrebbero servire a rende- re più dignitose le condizioni, di vita e di lavoro, delle persone e non contri- buire invece ad un loro maggiore sfrut- tamento. Torna alla memoria il lungo dialogo avvenuto nei primi anni del se- colo tra l’allora cardinale Joseph Rat- zinger e il filosofo Jurgen Habermas, in cui il primo sottolineava come ad un grande sviluppo della tecnologia non aveva corrisposto un’analoga crescita del livello etico dell’umanità come di- mostrava l’esempio dell’energia nuclea- re, una potenza gigantesca che esige un’altrettanta grandiosa forza morale. Per dirla con le parole dello scrittore inglese Tolkien: stiamo costruendo un mondo di mezzi migliori per fini peg- giori. Il messaggio del Papa, nel fare l’elen- co e l’esemplificazione dei problemi che oggi affliggono l’umanità sparsa nei cinque continenti, rimette in ordine le priorità, riflettendo sui fini e, quindi, sui mezzi, ribadendo la centralità della dignità dell’uomo e la difesa di quei di- ritti umani fondamentali ancora così tanto spesso violati. Sono tanti i temi e le questioni affrontate dal messaggio, dall’accesso al vaccino per il covid-19 all’erosione del multilateralismo, dalla sfida della frontiera dell’intelligenza ar- tificiale alle persecuzioni a causa della fede, dalle crisi umanitarie al problema degli sfollati interni, dal condono del debito alla richiesta di chiusura dei ri- fugi fiscali, dall’Amazzonia e la que- stione ambientale alla condizione dei bambini, dalla piaga dell’aborto, alla promozione della famiglia sottoposta a forme di colonializzazione ideologica, dalla condizione delle donne all’urgen- za del disarmo nucleare, ma il cuore del discorso è il tema della decisione. Questo tempo attuale, segnato dalla crisi della pandemia, è per il Papa il tempo della scelta: «Ci troviamo quindi di fronte alla scelta tra uno dei due cammini possibili: uno conduce al raf- forzamento del multilateralismo, espres- sione di una rinnovata corresponsabilità mondiale, di una solidarietà fondata sulla giustizia e sul compimento della pace e l’unità della famiglia umana, progetto di Dio per il mondo; l’altro predilige gli atteggiamenti di autosuffi- cienza, il nazionalismo, il protezioni- smo, l’individualismo e l’isolamento, escludendo i più poveri, i più vulnera- bili, gli abitanti delle periferie esisten- ziali. E certamente recherà danno alla comunità intera, essendo autolesioni- smo per tutti. E questo non deve pre- valere». Parole chiare, semplici, che non necessitano di alcun commento, ma di ascolto. ANDREA MONDA Messaggio del Pontefice al Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa Serve una coraggiosa fantasia della carità PAGINA 7 Papa Francesco e la Giornata del migrante e del rifugiato Azioni da coniugare GUERINO DI TORA A PAGINA 6 Le celebrazioni in onore di Raffaello Sanzio Emblema di caparbietà BARBARA JATTA A PAGINA 5 ALLINTERNO Cinque fermi dopo l’attacco terroristico contro l’ex sede di «Charlie Hebdo» Parigi ripiomba nella paura NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha nominato l’Eminentissimo Cardinale Dominique Mamberti, Pre- fetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Suo Inviato Speciale a presie- dere la celebrazione della Santa Messa che si terrà il 28 novembre 2020, nella Basilica di Koekelberg a Bruxelles, in occasione del 150° anniversa- rio di fondazione dell’Asso- ciazione Pro Petri Sede. Il Santo Padre ha nomina- to Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze il Professor David Charles Baulcombe, Professo- re di Botanica presso l’Uni- versità di Cambridge (Gran Bretagna). Per uscire dalla crisi bisogna vince- re la tentazione di ripiegare su at- teggiamenti autolesionistici — come il nazionalismo e l’individualismo — e intraprendere la strada del multi- lateralismo che porta a «una rinno- vata corresponsabilità mondiale». Lo ha affermato Papa Francesco nel videomessaggio rivolto venerdì 25 settembre ai partecipanti alla 75 a Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso a New York. Partendo dalla constatazione che questa situazione di emergenza «sta cambiando il nostro stile di vita» e «sta mettendo in discussione i no- stri sistemi economici, sanitari e so- ciali», il Pontefice ha invocato per l’umanità una decisa inversione di rotta. La pandemia può trasformar- si, infatti, in «un’opportunità rea- le», a patto che il cambiamento si realizzi nella cornice di «un conte- sto etico più forte, capace di supe- rare la tanto diffusa e incosciente- mente consolidata “cultura dello scarto”». All’origine della quale c’è «una grande mancanza di rispetto per la dignità umana, una promo- zione ideologica con visioni ridu- zioniste della persona, una negazio- ne dell’universalità dei suoi diritti fondamentali, e un desiderio di po- tere e controllo assoluti». Da qui lo sguardo del Papa si è allargato sui drammi del mondo, passando in rassegna le diverse si- tuazioni che, a ogni latitudine del pianeta, sfidano la capacità dei po- poli e delle nazioni di costruire un futuro degno dell’uomo. Un’analisi che ha offerto al Pontefice l’occa- sione per tornare su temi e questio- ni a lui particolarmente a cuore. In particolare, Francesco ha rinnovato l’appello a rendere accessibile a tut- ti i vaccini contro il covid-19 e ha denunciato la situazione dei mi- granti rispediti nei campi di deten- zione o vittime della tratta. Il Papa ha anche rivolto il suo pensiero ai bambini che subiscono violenze e abusi, senza dimenticare il dramma dell’aborto che nega ai piccoli «il diritto alla vita». Infine un nuovo richiamo alla comunità internazio- nale perché abbandoni la logica della “deterrenza nucleare” e intra- prenda la via del disarmo. PAGINA 8 PARIGI, 26. «È un nuovo sangui- noso attacco contro il nostro Paese, contro dei giornalisti». Con queste parole il ministro dell’Interno fran- cese Gerald Darmanin ha commen- tato ieri l’attacco avvenuto davanti all’ex redazione di «Charlie Heb- do». «Si tratta chiaramente di un attentato islamista» ha spiegato Darmanin. Ieri sera altre 5 persone sono state fermate e interrogate in- sieme ad Alì H., l’autore dell’atten- tato, e al presunto complice algeri- no. Uno dei fermati è stato rila- sciato questa mattina. Alì H. è un diciottenne pachista- no, immigrato regolarmente in Francia. Era già noto alle forze dell’ordine per possesso di arma non autorizzata. Ieri mattina è en- trato in azione proprio davanti all’ex redazione del giornale, in boulevard Richard Lenoir, lo stesso luogo in cui avvenne l’attacco nel gennaio 2015. Il ragazzo ha ferito con un’accetta quattro persone per poi darsi alla fuga. Sceso nella me- tropolitana alla fermata Richard Lenoir, è stato arrestato poco do- po, in piazza della Bastiglia. Negli scorsi giorni «Charlie Hebdo» era stato oggetto di nuove gravi mi- nacce, in particolare da parte di Al Qaeda. Il premier francese, Jean Castex, ha ribadito la «ferma volontà di lottare con tutti i mezzi contro il terrorismo». Immediata la reazione dell’Unione europea. «Non c'è po- sto per il terrore nel territorio euro- peo» ha detto il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, commentando l’attacco su Twitter. «Piena solidarietà col popolo fran- cese» di fronte «a questa nuova prova». Solidarietà è stata espressa da tutti i governi dell’Unione Post-umano: la sfida di dire l’umano e il suo valore di PAOLO BENANTI S e la cifra dei dubbi sull’uomo che il cam- bio d’epoca induce nei nostri contempora- nei è contenuta nel post-umano è necessa- rio approfondire il tema. Le difficoltà e le tra- sformazioni che ha conosciuto l’Occidente in- dustrializzato nel primo dopoguerra hanno fat- to emergere una serie di dubbi sulle capacità dell’uomo di saper gestire la complessità tecni- co-sociale che egli stesso andava producendo. Queste riflessioni sono state raccolte ed elaborate dai postu- manisti. Il movimento post-umano par- te dall’assunto che una trasfor- mazione profonda nel vivere dell’uomo è già avvenuta e che il risultato di questa trasforma- zione genera un cambiamento nel suo modo di essere dando inizio all’era post-umana. Da questo punto di vi- sta il movimento post-umano, pur nella sua ete- rogenesi e nella sua diversità, si differenzia dai numerosi altri movimenti, come ad esempio il Cyberpunk : chi si riconosce appartenente alla corrente post-umana non guarda al futuro possi- bile ma alla realtà presente, riconoscendo che un cambiamento radicale nel modo di essere uomini già c’è stato. Il compito che si attribui- scono gli appartenenti al postumanesimo è, allo- ra, quello di descrivere e analizzare la condizione post-umana. Il postumanesimo capisce se stesso e si descri- ve anche in relazione e contrasto con quello che viene definito umanesimo: da una prospettiva generata dalla recente filosofia continentale eu- ropea, l’umanesimo è visto non come un movi- mento progressista ma come una corrente reazionaria, in base al mo- do in cui si appella — positivamen- te, cioè facendovi ricorso come cri- terio fondativo — alla nozione di un nucleo di umanità o a una fun- zione essenziale comune nei termi- ni della quale l’essere umano può essere definito e capito. Oggi l’uo- mo deve fare i conti con quello che, agli occhi di uno studioso di storia della tecnologia come Ferkiss, nel 1969, sembrava un monito lontano: «La sintesi della tecnologia po- stmoderna e dell’uomo industriale produce una nuova civilizzazione, o può significare la fine della razza umana». La condizione post-umana allora è il dover farsi carico di questa malleabilità che i postumanisti riconoscono come costitutiva dell’essere umano e che rappresenta la fine della condizione umana come è stata fin qui capita e conosciuta. L’era post-umana, per usare i termini di Robert Pep- perell, è iniziata da quando l’uomo ha scoperto di star cambiando se stesso tramite la conver- genza tra biologia e tecnologia così da non riu- scire più a distinguere tra le due. La soluzione che propone il post-umano a questa difficoltà è il superamento della definizione di essere uma- no a favore di un nuovo ibrido che prende il nome di cyborg che rappresenta la condizione post-umana. Il movimento post-umano si impos- sessa del cyborg facendone un concetto chiave nella formulazione della sua antropologia. Quindi per poter illustrare i principali tenta- tivi di risposta che i postumanisti hanno dato a queste questioni e poter così avere una soddi- sfacente visione del movimento post-umano dob- biamo confrontarci con una nuova figura, un ibrido macchina uomo: il cyborg. Solo appro- fondendo il concetto di cyborg sapremo com- pletare la visione di questa convergenza tra tec- nologia, filosofia e antropologia che rischia di cambiare per sempre l’identità umana. DA O GGI ONLINE SU WWW.OSSERVATOREROMANO. VA

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 221 (48.545) Città del Vaticano domenica 27 settembre 2020

.

y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!;!?!_

In un videomessaggio all’Assemblea generale dell’Onu il Papa invoca un cambio di rotta per uscire dalla crisi e rilancia il multilateralismo

Una nuova corresponsabilità mondialeper sconfiggere l’individualismo autolesionista

Questoè il tempodella scelta

Le parole del videomessaggio cheil Papa ha inviato ieri all’assem-blea generale dell’Onu sono così

chiare e semplici che non necessitanodi alcun commento o spiegazione masolo di essere lette con attenzione e me-ditate attraverso una riflessione cheporti all’azione concreta. Testa, cuore emani, per usare un’immagine cara aBergoglio, devono essere toccate ecoinvolte, tutte insieme, in un circuitovirtuoso che spinga gli uomini a quel“cambio di rotta” posto al centro diquesto messaggio che a tratti appareun’esortazione, quasi un grido. La si-tuazione mondiale, esaminata con par-tecipata, accorata, meticolosità dal San-to Padre infatti «richiede un cambio dirotta, e per questo abbiamo già le risor-se e abbiamo i mezzi culturali e tecno-logici, e abbiamo la coscienza sociale.Tuttavia, questo cambiamento ha biso-gno di un contesto etico più forte, ca-pace di superare la tanto diffusa e inco-scientemente consolidata cultura delloscarto». Poche righe prima il Papa siera soffermato ai grandi progressi tec-nologici che si sono realizzati negli ulti-mi anni che dovrebbero servire a rende-re più dignitose le condizioni, di vita edi lavoro, delle persone e non contri-buire invece ad un loro maggiore sfrut-tamento. Torna alla memoria il lungodialogo avvenuto nei primi anni del se-colo tra l’allora cardinale Joseph Rat-zinger e il filosofo Jurgen Habermas, incui il primo sottolineava come ad ungrande sviluppo della tecnologia nonaveva corrisposto un’analoga crescitadel livello etico dell’umanità come di-mostrava l’esempio dell’energia nuclea-re, una potenza gigantesca che esigeun’altrettanta grandiosa forza morale.Per dirla con le parole dello scrittoreinglese Tolkien: stiamo costruendo unmondo di mezzi migliori per fini peg-giori.

Il messaggio del Papa, nel fare l’elen-co e l’esemplificazione dei problemi cheoggi affliggono l’umanità sparsa neicinque continenti, rimette in ordine lepriorità, riflettendo sui fini e, quindi,sui mezzi, ribadendo la centralità delladignità dell’uomo e la difesa di quei di-ritti umani fondamentali ancora cosìtanto spesso violati. Sono tanti i temi ele questioni affrontate dal messaggio,dall’accesso al vaccino per il covid-19all’erosione del multilateralismo, dallasfida della frontiera dell’intelligenza ar-tificiale alle persecuzioni a causa dellafede, dalle crisi umanitarie al problemadegli sfollati interni, dal condono deldebito alla richiesta di chiusura dei ri-fugi fiscali, dall’Amazzonia e la que-stione ambientale alla condizione deibambini, dalla piaga dell’aborto, allapromozione della famiglia sottoposta aforme di colonializzazione ideologica,dalla condizione delle donne all’u rg e n -za del disarmo nucleare, ma il cuoredel discorso è il tema della decisione.

Questo tempo attuale, segnato dallacrisi della pandemia, è per il Papa iltempo della scelta: «Ci troviamo quindidi fronte alla scelta tra uno dei duecammini possibili: uno conduce al raf-forzamento del multilateralismo, espres-sione di una rinnovata corresponsabilitàmondiale, di una solidarietà fondatasulla giustizia e sul compimento dellapace e l’unità della famiglia umana,progetto di Dio per il mondo; l’a l t ropredilige gli atteggiamenti di autosuffi-cienza, il nazionalismo, il protezioni-smo, l’individualismo e l’isolamento,escludendo i più poveri, i più vulnera-bili, gli abitanti delle periferie esisten-ziali. E certamente recherà danno allacomunità intera, essendo autolesioni-smo per tutti. E questo non deve pre-valere». Parole chiare, semplici, chenon necessitano di alcun commento,ma di ascolto.

ANDREA MONDA

Messaggio del Ponteficeal Consiglio delle Conferenzeepiscopali d’E u ro p a

Serve una coraggiosafantasia della carità

PAGINA 7

Papa Francesco e la Giornatadel migrante e del rifugiato

Azioni da coniugare

GUERINO DI TORA A PA G I N A 6

Le celebrazioni in onoredi Raffaello Sanzio

Emblemadi caparbietà

BARBARA JAT TA A PA G I N A 5

ALL’INTERNO

Cinque fermi dopo l’attacco terroristico contro l’ex sede di «Charlie Hebdo»

Parigi ripiomba nella paura

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha nominatol’Eminentissimo CardinaleDominique Mamberti, Pre-fetto del Supremo Tribunaledella Segnatura Apostolica,Suo Inviato Speciale a presie-dere la celebrazione dellaSanta Messa che si terrà il 28novembre 2020, nella Basilicadi Koekelberg a Bruxelles, inoccasione del 150° anniversa-rio di fondazione dell’Asso-ciazione Pro Petri Sede.

Il Santo Padre ha nomina-to Membro Ordinario dellaPontificia Accademia delleScienze il Professor DavidCharles Baulcombe, Professo-re di Botanica presso l’Uni-versità di Cambridge (GranB re t a g n a ) .

Per uscire dalla crisi bisogna vince-re la tentazione di ripiegare su at-teggiamenti autolesionistici — comeil nazionalismo e l’individualismo —e intraprendere la strada del multi-lateralismo che porta a «una rinno-vata corresponsabilità mondiale».Lo ha affermato Papa Francesconel videomessaggio rivolto venerdì25 settembre ai partecipanti alla 75a

Assemblea generale delle NazioniUnite in corso a New York.

Partendo dalla constatazione chequesta situazione di emergenza «stacambiando il nostro stile di vita» e«sta mettendo in discussione i no-stri sistemi economici, sanitari e so-ciali», il Pontefice ha invocato perl’umanità una decisa inversione dirotta. La pandemia può trasformar-

si, infatti, in «un’opportunità rea-le», a patto che il cambiamento sirealizzi nella cornice di «un conte-sto etico più forte, capace di supe-rare la tanto diffusa e incosciente-mente consolidata “cultura delloscarto”». All’origine della quale c’è«una grande mancanza di rispettoper la dignità umana, una promo-zione ideologica con visioni ridu-

zioniste della persona, una negazio-ne dell’universalità dei suoi dirittifondamentali, e un desiderio di po-tere e controllo assoluti».

Da qui lo sguardo del Papa si èallargato sui drammi del mondo,passando in rassegna le diverse si-tuazioni che, a ogni latitudine delpianeta, sfidano la capacità dei po-poli e delle nazioni di costruire un

futuro degno dell’uomo. Un’analisiche ha offerto al Pontefice l’o cca-sione per tornare su temi e questio-ni a lui particolarmente a cuore. Inparticolare, Francesco ha rinnovatol’appello a rendere accessibile a tut-ti i vaccini contro il covid-19 e hadenunciato la situazione dei mi-granti rispediti nei campi di deten-zione o vittime della tratta. Il Papaha anche rivolto il suo pensiero aibambini che subiscono violenze eabusi, senza dimenticare il drammadell’aborto che nega ai piccoli «ildiritto alla vita». Infine un nuovorichiamo alla comunità internazio-nale perché abbandoni la logicadella “deterrenza nucleare” e intra-prenda la via del disarmo.

PAGINA 8

PARIGI, 26. «È un nuovo sangui-noso attacco contro il nostro Paese,contro dei giornalisti». Con questeparole il ministro dell’Interno fran-cese Gerald Darmanin ha commen-tato ieri l’attacco avvenuto davantiall’ex redazione di «Charlie Heb-do». «Si tratta chiaramente di unattentato islamista» ha spiegatoDarmanin. Ieri sera altre 5 personesono state fermate e interrogate in-sieme ad Alì H., l’autore dell’atten-

tato, e al presunto complice algeri-no. Uno dei fermati è stato rila-sciato questa mattina.

Alì H. è un diciottenne pachista-no, immigrato regolarmente inFrancia. Era già noto alle forzedell’ordine per possesso di armanon autorizzata. Ieri mattina è en-trato in azione proprio davantiall’ex redazione del giornale, inboulevard Richard Lenoir, lo stessoluogo in cui avvenne l’attacco nel

gennaio 2015. Il ragazzo ha feritocon un’accetta quattro persone perpoi darsi alla fuga. Sceso nella me-tropolitana alla fermata RichardLenoir, è stato arrestato poco do-po, in piazza della Bastiglia. Negliscorsi giorni «Charlie Hebdo» erastato oggetto di nuove gravi mi-nacce, in particolare da parte di AlQaeda.

Il premier francese, Jean Castex,ha ribadito la «ferma volontà di

lottare con tutti i mezzi contro ilterrorismo». Immediata la reazionedell’Unione europea. «Non c'è po-sto per il terrore nel territorio euro-peo» ha detto il presidente delConsiglio Ue, Charles Michel,commentando l’attacco su Twitter.«Piena solidarietà col popolo fran-cese» di fronte «a questa nuovaprova». Solidarietà è stata espressada tutti i governi dell’Unione

Post-umano: la sfida di dire l’umano e il suo valore

di PAOLO BENANTI

Se la cifra dei dubbi sull’uomo che il cam-bio d’epoca induce nei nostri contempora-nei è contenuta nel p ost-umano è necessa-

rio approfondire il tema. Le difficoltà e le tra-sformazioni che ha conosciuto l’Occidente in-dustrializzato nel primo dopoguerra hanno fat-to emergere una serie di dubbi sulle capacitàdell’uomo di saper gestire la complessità tecni-co-sociale che egli stesso andava producendo.Queste riflessioni sono stateraccolte ed elaborate dai postu-manisti.

Il movimento post-umano par-te dall’assunto che una trasfor-mazione profonda nel viveredell’uomo è già avvenuta e cheil risultato di questa trasforma-zione genera un cambiamentonel suo modo di essere dandoinizio all’era post-umana. Da questo punto di vi-sta il movimento post-umano, pur nella sua ete-rogenesi e nella sua diversità, si differenzia dainumerosi altri movimenti, come ad esempio ilC y b e rp u n k : chi si riconosce appartenente allacorrente post-umana non guarda al futuro possi-

bile ma alla realtà presente, riconoscendo cheun cambiamento radicale nel modo di essereuomini già c’è stato. Il compito che si attribui-scono gli appartenenti al postumanesimo è, allo-ra, quello di descrivere e analizzare la condizionepost-umana.

Il postumanesimo capisce se stesso e si descri-ve anche in relazione e contrasto con quello cheviene definito umanesimo: da una prospettivagenerata dalla recente filosofia continentale eu-ropea, l’umanesimo è visto non come un movi-

mento progressista ma come unacorrente reazionaria, in base al mo-do in cui si appella — p ositivamen-te, cioè facendovi ricorso come cri-terio fondativo — alla nozione diun nucleo di umanità o a una fun-zione essenziale comune nei termi-ni della quale l’essere umano puòessere definito e capito. Oggi l’uo-mo deve fare i conti con quello

che, agli occhi di uno studioso di storia dellatecnologia come Ferkiss, nel 1969, sembrava unmonito lontano: «La sintesi della tecnologia po-stmoderna e dell’uomo industriale produce unanuova civilizzazione, o può significare la finedella razza umana».

La condizione post-umana allora è il dover farsicarico di questa malleabilità che i postumanistiriconoscono come costitutiva dell’essere umanoe che rappresenta la fine della condizione umanacome è stata fin qui capita e conosciuta. L’erapost-umana, per usare i termini di Robert Pep-perell, è iniziata da quando l’uomo ha scopertodi star cambiando se stesso tramite la conver-genza tra biologia e tecnologia così da non riu-scire più a distinguere tra le due. La soluzioneche propone il post-umano a questa difficoltà èil superamento della definizione di essere uma-no a favore di un nuovo ibrido che prende ilnome di cyborg che rappresenta la condizionepost-umana. Il movimento post-umano si impos-sessa del cyborg facendone un concetto chiavenella formulazione della sua antropologia.

Quindi per poter illustrare i principali tenta-tivi di risposta che i postumanisti hanno dato aqueste questioni e poter così avere una soddi-sfacente visione del movimento post-umano dob-biamo confrontarci con una nuova figura, unibrido macchina uomo: il cyborg. Solo appro-fondendo il concetto di cyborg sapremo com-pletare la visione di questa convergenza tra tec-nologia, filosofia e antropologia che rischia dicambiare per sempre l’identità umana.

DA O GGI ONLINESU W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 domenica 27 settembre 2020

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Non si arresta nel mondo la corsa del covid-19

L’Oms: si rischianodue milioni di morti

La Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari

Liberare il mondodall’incubo della minaccia atomica

R e f e re n d u min Svizzerasulla libera

circolazione con l’Ue

BERNA, 26. La Svizzera si preparaad andare alle urne domani, dome-nica, per un referendum sulla que-stione immigrazione. La consulta-zione riguarda gli accordi sulla libe-ra circolazione delle persone che èin vigore fra la Svizzera e i paesidell’Unione europea — va detto cheBerna non fa parte dell’Ue. Il que-sito del referendum chiede una mo-difica della Costituzione con l’i n t ro -duzione di una norma che vieta lalibera circolazione delle persone. Sevincesse il Sì — sostenuto dai partitinazionalisti, non dalle forze gover-native — decadrebbe il trattato at-tualmente in vigore che include laSvizzera nello spazio di Schengen epermette la libera circolazione. Incaso di vittoria del Sì entro 12 mesiil governo dovrebbe negoziare unnuovo trattato; se questo non acca-desse, dopo 30 giorni le frontiere sichiuderebbero. Chi sostiene le ra-gioni del sì lamenta l’eccessiva im-migrazione e chiede anche l’i n t ro -duzione di quote per i frontalieri.

Per superare le tensioni nel Mediterraneo orientale

Atene auspicail dialogo con Ankara

Inondazioni in Sud SudanMigliaia in fuga

Il presidente del Sud Africacontro i simboli dell’apartheid

Attaccojihadista

in Nigeria

ABUJA, 26. Quindici membri delleforze di sicurezza nigeriane sonorimasti uccisi in un’imb oscatajihadista contro un convoglio delgovernatore dello stato del Borno.Lo hanno riferito ieri fonti dellasicurezza sottolineando che ottoagenti di polizia, tre soldati equattro membri di una milizia fi-logovernativa sono rimasti uccisinell’attacco avvenuto nei pressidella cittadina di Baga.

GINEVRA, 26. Non si arresta la cor-sa del covid-19 in tutto il mondo.L’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms) ha avvertito che nelmondo si rischiano due milioni dimorti. «Abbiamo perso un milionedi persone in nove mesi e potrebbe-ro volerci altri nove mesi prima diavere il vaccino», ha detto il diret-tore per le Emergenze dell’O ms,Michael Ryan, rispondendo ad unadomanda nel consueto briefing coni giornalisti sul coronavirus. «Siamopronti a fare ciò che è necessarioper evitare quella cifra? Il momentodi agire è adesso», ha ammonito,affermando che «altrimenti guarde-remo a quel numero, e purtroppoad uno molto più alto».

E mentre gli Stati Uniti hannosuperato i 7 milioni di casi da iniziopandemia, nel resto d’Europa (oltre5 milioni di casi in totale) il virusavanza quasi ovunque. A dettadell’Oms, infatti, l’emergenza mag-giore riguarda in questi ultimi gior-ni proprio l’Europa, dove i contagisono in netto aumento.

La maglia nera spetta alla Fran-cia che nonostante misure di conte-nimento e lockdown parziali sem-bra avere perso completamente ilcontrollo della situazione. I nuovicasi di ieri sono quasi 16.000, in li-nea con i drammatici numeri deigiorni scorsi, mentre sale l’allarmesul rischio saturazione delle terapieintensive. «L’epidemia è in faseascendente» ha messo in guardial’agenzia governativa di Sanità pub-blica. E mentre in 11 grandi città,Parigi compresa, sono state dichia-rate zone di allerta rinforzate, conuna chiusura dei bar alle 22.00,centinaia di manifestanti sono scesiin piazza a Marsiglia per protestarecontro la chiusura degli esercizipubblici due settimane.

Paura anche in Spagna, dove icasi sono stati 12.272 nelle ultimeore, con 120 morti. Il totale deicontagi dall’inizio della pandemiasale così a 716.481, mentre i decessisono complessivamente 31.232. Ol-tre un milione di persone, nell’a re adella capitale, Madrid, che conta6,6 milioni di abitanti, è sottopostoa nuove regole restrittive.

Nuovo picco di casi pure nel Re-gno Unito da maggio secondo i da-ti giornalieri diffusi dal governo,che indicano tuttavia un rallenta-mento dell’incremento, con 6.874contagi censiti nelle ultime 24 orecontro i 6.634 di ieri, quando loscarto era stato di circa 500 in più.Fermo a quaranta il numero giorna-liero dei morti (esclusa la Scozia,che ieri non ha fornito statistiche),mentre i test quotidiani s'impenna-

no al record europeo in cifra asso-luta di oltre 245.000.

Ma emergono segnali preoccu-panti anche in quei paesi, come laGermania, dove la situazione sem-brava essere sotto controllo: quasi50.000 ragazzi sono in quarantenadopo la riapertura delle scuole.

Anche in Italia c’è da registrareun aumento dei contagi: 1912. Sitratta del poco invidiabile recorddalla fine del lockdown nazionale.Con la Lombardia e la Campaniain testa per infetti individuati. Levittime sono venti, i tamponi oltre107.000, sempre su livelli record.

L’età mediana degli infetti in Ita-lia resta ferma a 41 anni, mentrel’indice di trasmissione Rt, calcolatoperò sui soli casi sintomatici, è paria 0,95, al di sotto di 1 nel suo valo-re medio per la seconda settimanaconsecutiva (dal 3 al 16 settembre).

Su twitter, l’Oms ha comunqueelogiato l’Italia per la gestionedell’emergenza sanitaria. «L’Italia èstato il primo paese occidentale adessere stato pesantemente colpitodal covid-19 — afferma l’O rganizza-zione mondiale della sanità —. Ilgoverno e la comunità, a tutti i li-velli, hanno reagito con forza ehanno ribaltato la traiettoriadell’epidemia con una serie di mi-sure basate sulla scienza».

di SI LV I A CAMISASCA

«L’umanità ha inventato labomba atomica, manessun topo al mondo

costruirebbe mai una trappola pertopi»: attribuita ad Albert Einstein,la frase ben sintetizza, purtroppo, lacontraddizione di fondo del com-portamento umano sulla questionedegli armamenti. A differenza deitopi, abbiamo esteso questo nonsenso su scala planetaria, fino al

punto da aver sviluppato una terri-bile trappola potenzialmente letaleper tutti noi.

Una trappola costituita da circa13.500 ordigni atomici, tanti sonopresenti sul nostro pianeta, capaci didistruggere la vita sulla Terra, nonuna, ma più volte. Non solo pernon trascurare una situazione tantorischiosa, ma per ricordare l’opp or-tunità di intervenire in quella chedovrebbe essere per popoli e gover-ni una vera priorità, le Nazioni Uni-te — con la risoluzione del 5 dicem-bre del 2013 — hanno istituito laGiornata internazionale per l’elimi-nazione totale delle armi nucleari. Ildisarmo nucleare, del resto, è dasempre un obiettivo fondamentaledell’Agenzia internazionale: un pun-to fermo oggi ribadito con l’esorta-zione alle nazioni ad «adottare conurgenza una Convenzione globalesulle armi nucleari con la finalità diproibire possesso, sviluppo, produ-zione, acquisizione, uso di armi nu-cleari e di provvedere alla totale di-struzione di quelle esistenti».

È qui contenuta una netta presadi posizione, ma anche una puntua-le indicazione delle politiche daadottare dai singoli Stati. A segnarela rotta può e deve contribuire la co-munità scientifica: se la fisica, infat-ti, è stata protagonista dell’invenzio-ne dell’atomica, analogamente ora èchiamata ad un ruolo rilevante perliberare il mondo dall’incubo dellaminaccia e degli ordigni nucleari.«La corsa agli armamenti atomicicomincia con una breve lettera, duepaginette scarse, destinate, però, asegnare i destini del mondo» ricordaPiero Martin, professore ordinario difisica sperimentale all’Università diPadova e coordinatore di importantiprogetti internazionali, riferendosialla missiva indirizzata al presidenteamericano F. D. Roosevelt il 2 ago-sto del 1939 da Albert Einstein, nellaquale, con stile asciutto e privo dienfasi, aggiornava il presidente surecenti risultati di fisica nucleare,opera anche del celebre scienziatoEnrico Fermi, e su come essi facesse-ro presagire l’eventualità di trasfor-mare l’uranio in una sorgente dienergia e, addirittura, in una bom-ba. «Einstein metteva in guardiaRoosevelt sulla possibilità che anchela Germania nazista potesse svilup-pare un simile ordigno e lo esortavaa dare avvio ad un programma di ri-cerca sulla fissione nucleare: cosa

che accadde e che negli anni succes-sivi avrebbe originato il ProgettoManhattan, sfociato poi nel tragicoepilogo delle due esplosioni di Hiro-shima e Nakasaki» spiega Martin,sottolineando che a quel progetto la-vorarono alcune tra le menti piùbrillanti dell’ep o ca.

Un’impresa epocale che comportòun gigantesco sforzo collettivo ecoinvolse 120 mila persone. Anchefinanziariamente la portata dell’op e-razione fu enorme: investimenti percirca due miliardi di dollari, oggi ri-valutabili in oltre venti: «Il ProgettoManhattan fu tra i maggiori scienti-fici e tecnologici dell’era moderna.Ebbe come esito la fine della IIguerra mondiale, ma anche conse-guenze tragiche per la popolazionecivile giapponese e, da lì, drammati-che per l’intera umanità — continualo scienziato padovano — conse-guenze di cui i fisici furono subitoconsapevoli». Già durante la guerra,come noto, si sollevarono molti in-terrogativi etici, e ancor più dopo,quando fu chiaro cosa si era ottenu-to: emblematico come si espresseuno dei maggiori responsabili delsecolo scorso: «I fisici hanno cono-sciuto il peccato, e questo non sipotrà più dimenticare» disse Oppe-nheimer, direttore scientifico delp ro g e t t o .

Lo stesso Einstein, chiuso il con-flitto mondiale, ammise la convin-zione della comunità scientifica chela Germania stesse progettandoun’arma nucleare e che sarebbe riu-scita nel tentativo. Anni più tardiconfessò: «Se avessi saputo che i te-deschi non sarebbero riusciti a rea-lizzare una bomba atomica, nonavrei mosso un dito». Ma, come ri-saputo, a quel punto la storia eragià stata scritta e il corso degli even-ti avrebbe intrapreso, anche graziealla scienza, una piega, in quegli an-ni, imprevedibile.

Certo, la consapevolezza del po-tenziale distruttivo dell’atomica por-tò a forti pronunciamenti per lamessa al bando delle armi nucleari,a cominciare dal presidente Usa Ei-senhower, che — nel famoso discorsoAtomi di pace, tenuto alle NazioniUnite nel 1953 — esortò l’Assembleaaffinché «la meravigliosa inventivadell’umanità (le scoperte di fisicanucleare) fossero consacrate alla suavita e non alla sua morte». E PapaGiovanni XXIII fece esplicito riferi-mento alla bomba atomica nell’Enci-

clica Pacem in Terris, ricordando«giustizia, saggezza ed umanità do-mandano che venga arrestata la cor-sa agli armamenti, si riducano si-multaneamente e reciprocamente gliarmamenti già esistenti e si mettanoal bando le armi nucleari».

Al contrario, non solo la corsaagli armamenti non si arrestò, maaumentò fino all’escalation dellaproliferazione dei test: «Questi con-tinuarono in atmosfera fino al 1962con ricadute drammatiche sull’inqui-namento radioattivo, di cui paghia-mo ancora oggi gli strascichi e che,solo nel 1996, con il trattato sullamessa al bando totale degli esperi-menti nucleari furono completamen-te proibiti» sottolinea Martin, richia-mando il provvedimento adottatodall’Assemblea generale dell’O nu,ma tecnicamente ancora non in vi-gore. Vale la pena un triste riepilogosullo status quo, perché ancora,spesso, si sottovaluta il potenzialedistruttivo: all’inizio del 2020 circa13.400 ordigni nucleari risultano an-cora giacenti negli arsenali, di cuiben 3.700 operativi, ovvero installatisu missili e pronti all’uso. Il 90 percento di queste bombe appartengo-no a Usa e Russia, ma almeno altrisette Paesi dispongono di un arsena-le nucleare, senza dimenticare glienormi rischi connessi alla dispersio-ne di parte degli ordigni dell’exUrss: «Cosa accadrebbe se finisseronelle mani di gruppi terroristici?» sidomanda Martin, concludendo che«come diceva Oppenheimer la co-noscenza sull’atomica, come tuttal’esperienza umana, non può esserecancellata: sappiamo produrre le ar-mi nucleari e il binario della guerranon può essere deragliato, tuttavia,come auspicato nella Giornata inter-nazionale per l’eliminazione totaledelle armi nucleari, siamo in tempoper cambiare rotta, per avviarci, condecisione, uniti sotto la bandiera diun mondo in disarmo, verso un fu-turo di pace». Ed è a questo che lacomunità scientifica è chiamata conresponsabilità: «Innanzitutto comecittadini del mondo dobbiamo farenostre le parole di Papa Francesco,che, in occasione del settantacinque-simo anniversario di Hiroshima riba-dì che l’uso dell’energia atomica perscopi bellici è immorale, così comelo è il possesso di armi nucleari» ri-corda Martin.

Parole che coerentemente devonotradursi in scelte coraggiose, se nonsi vuole alimentare una scienza euna tecnologia finalizzate a ordignie macchine da guerra sempre più so-fisticate, incontrollabili e dagli esitifunesti. Parallelamente la comunitàscientifica è chiamata a mettere ilproprio sapere al servizio di meto-dologie e tecniche sempre più evolu-te mirate al controllo della prolifera-zione nucleare: ispezione e controllopreventivo sono, infatti, fondamen-tali a scongiurare la proliferazione e,in questo, il contributo della fisica èimprescindibile. Abbiamo, ad esem-pio, assistito all’importanza del ruo-lo dell’Agenzia internazionale perl’energia atomica dell’Onu in occa-sione della crisi nucleare iraniana: ilche dimostra che scienza e politicadevono essere intransigenti sui con-trolli. «Dobbiamo, infine, con il no-stro operato farci portavoce di unmessaggio inequivocabile che gridial mondo quanto la scienza può es-sere utile per la pace, per uno svi-luppo sostenibile, per una rete di re-lazioni che lavori nel rispettodell’ambiente e per sconfiggere lapiaga di povertà e disuguaglianza»conclude il fisico. Quante risorsepotrebbero essere, del resto, liberateper questi scopi, interrompendo laspesa in armamenti?

ATENE, 26. Il primo ministro dellaGrecia, Kyriakos Mitsotakis, haesortato la Turchia a trovare unasoluzione diplomatica per ridurrele tensioni territoriali nel Mediter-raneo orientale, dove è in corsouna disputa tra i due Paesi legataalle ricerche di idrocarburi.

Intervenendo alla Assembla ge-nerale delle Nazioni Unite a NewYork, Mitsotakis chiesto al presi-dente della Turchia, Recep TayyipErdoğan, di «dare una possibilità

alla diplomazia». «Incontriamo ci,parliamo e cerchiamo una soluzio-ne reciprocamente accettabile — hadetto Mitsotakis — e se dopo sare-mo ancora in disaccordo, alloradovremmo fidarci della saggezzadella Corte internazionaledell’Aia». Nei giorni scorsi, la pre-sidenza di Ankara ha annunciatoche Atene e Ankara avvieranno abreve «colloqui esplorativi» conl’obiettivo di rallentare la tensionenel Mediterraneo orientale.

PRETORIA, 26. Il presidente suda-fricano, Cyril Ramaphosa, sostienela rimozione delle statue e dei mo-numenti che fanno riferimentoall’apartheid. Ramaphosa ha dettoieri, in un messaggio alla nazione,che «qualsiasi simbolo, monumen-to o attività che esalta il razzismo,che rappresenta il nostro passatopeggiore, non ha posto nel SudAfrica democratico». I monumenti«che rendono gloria al nostro pas-sato divisivo dovrebbero essere ri-posizionati e spostati» ha aggiun-to. Il presidente del Sud Africa ha

spiegato che la rimozione delle sta-tue non è da considerarsi «comeuna cancellazione della Storia»,ma come «un modo per dimostra-re sensibilità alle esperienze vissuteda tutto il popolo di questo Pae-se». «Non ci scusiamo per questo— ha aggiunto — «perché il nostroobiettivo è costruire una nazioneunita». Nel Paese sono cresciute leadesioni alla campagna che preve-de l’eliminazione delle statue deipersonaggi ricollegabili all’apar-theid, principalmente con il soste-gno della popolazione nera.

JUBA, 26. «Vaste aree del Sud Su-dan lungo il fiume Nilo sono orasommerse»: questa la denuncia delcoordinatore umanitario dell’O nuper il Paese africano, Alain Nou-déhou. L’Onu stima che 600 milapersone in Sud Sudan siano statecostrette a lasciare le proprie abita-zioni. Di ritorno da una visita in al-cune delle aree inondate, Nou-déhou ha affermato ieri che il nu-mero di persone bisognose di aiuto«continuerà a crescere nelle prossi-me settimane, e molte donne ebambini in precedenza sfollati per

le violenze, sono ora di nuovo tali».Una delle zone più colpite è lo Sta-to di Jonglei, dove «la situazione ègrave» ha spiegato Mutya Masku,che lavora nell’Organizzazione in-ternazionale per le migrazioni. Leagenzie umanitarie chiedono mag-giore aiuto nell’affrontare l’emer-genza alluvioni che coinvolge ancheil Sudan, in cui le inondazioni han-no colpito altre centinaia di mi-gliaia di persone. Gli esperti sosten-gono che il Nilo non raggiungevaquesti livelli da un secolo.

Il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsotakis (Reuters)

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 27 settembre 2020 pagina 3

Per possibili disordini prima e dopo l’apertura delle urne a novembre

Usa: timori del Pentagonoin vista dell’election day

L’intervento del presidente Jovenel Moïse all’Assemblea generale dell’O nu

Gli aiuti internazionali ad Haitipoco efficaci nella lotta alla povertà

Autob ombanel nord-estdella Siria

DA M A S C O, 26. Non si fermano leviolenze in Siria. Ci sono duebambini tra le quattro vittime diun attentato dinamitardo avvenu-to giovedì nel nord-est del paese.L’autobomba è esplosa a TellHalaf, località nel distretto diRas al Ayn (Serekane), al confinecon la Turchia.

I feriti — secondo fonti dellastampa internazionale — sono al-meno dieci. La zona è un avam-posto turco e delle milizie arabeaffiliate ad Ankara e si trova vici-no alla linea del fronte con le mi-lizie curdo-siriane.

Due giorni fa un ordignoesplosivo era detonato a Tell Ha-laf senza fare vittime.

Intanto, le ong lanciano l’allar-me: una preoccupante crisi delpane e della benzina affligge di-verse regioni governative siriane,dove si registrano file chilometri-che ai distributori di carburante ealle panetterie. Tutto questo inun contesto di perdurante crisieconomica aggravata dalla pan-demia da coronavirus e dalle san-zioni economiche imposte dagliStati Uniti. La situazione è parti-colarmente grave a Damasco,Aleppo, Latakia e Hama. La pe-nuria sta spingendo migliaia difamiglie a ricorrere al mercatonero, dove questi beni essenzialisono però venduti a prezzi mag-giorati.

WASHINGTON, 26. Crescono i timorinegli Stati Uniti in vista del votodel 3 novembre. Come denuncia lastampa, molti esponenti del Penta-gono e non solo temono i possibilidisordini prima e dopo l'aperturadelle urne. E questo soprattutto acausa dei toni particolarmente fortidella campagna elettorale e delletensioni legate alle proteste per leviolenze razziali. A ciò si aggiungo-no inoltre le polemiche sulla gestio-ne dell'emergenza sanitaria. L'elec-tion day rischia di aprire – secondomolti analisti – una pericolosa crisiistituzionale.

Secondo quanto reso noto ieri dal«New York Times», questi timorisono stati sollevati soprattutto dagliufficiali del Pentagono. Molti sichiedono che cosa fare se il presi-dente Trump dovesse invocare l’In-surrection Act, provvedimento cheappunto attribuisce al presidentedegli Stati Uniti il potere, in casieccezionali, di mobilitare l'esercitofederale e la Guardia Nazionale percompiti di polizia. Misura più voltepaventata dallo stesso Trump duran-te l’estate scorsa per mettere sottocontrollo i momenti più intensi del-le proteste del movimento Black Li-ves Matter, scaturite a seguito del-l’uccisione a fine maggio dell’a f ro a -

mericano George Floyd durante unfermo di polizia.

Secondo il quotidiano newyorke-se, diversi ufficiali della difesa Usahanno dichiarato che se Trump in-vocasse l’Insurrection Act, molti deipiù alti generali, a partire da MarkMilley, capo di stato maggiore, da-rebbero immediatamente le dimis-sioni. Milley era entrato nel meritodella questione già il mese scorso ri-spondendo ad alcuni deputati:«Credo profondamente nel princi-pio di un esercito Usa apolitico. Nelcaso di una disputa su alcuni aspettidelle elezioni, per legge spetta ai tri-bunali americani e al CongressoUsa risolvere ogni controversia, nonall’esercito Usa». Milley era statomolto chiaro: «Non prevedo alcunruolo per le forze armate americanein questo processo».

Anche per questo motivo l’inten-zione del presidente Usa di blindarela maggioranza repubblicana allamassima Corte Usa prima del voto.Dovrebbe infatti avvenire oggi po-meriggio alla Casa Bianca, secondole indiscrezioni, la nomina di AmyConey Barrett a nuovo giudice dellaCorte suprema. Prenderà il postovacante lasciato da Ruth Bader Gin-sburg, morta venerdì 18 settembreall’età di 87 anni. Coney Barrett, 48anni, è magistrato della Corte d’ap-

pello di Chicago ed ex assistentedel defunto giudice conservatoredella Corte Suprema Antonin Sca-lia.

La decisione di Trump dovrà pas-sare al vaglio del Senato dove ilpartito repubblicano ha già annun-ciato di disporre dei 51 voti necessa-ri per l’approvazione. Dei nove giu-dici che compongono la Corte conincarico a vita, ben sei saranno diespressione conservatrice.

Intanto, mentre nel paese hannosuperato quota sette milioni i conta-gi complessivi al nuovo coronavirus,per il terzo giorno consecutivo sonoandate in scena a Louisville, nelKentucky, animate proteste per lamancata incriminazione dei poliziot-ti responsabili della mortedell’afroamericana Breonna Taylor. Imanifestanti, che hanno annunciatoil proseguimento a oltranza delleproteste, chiedono la rimozione delprocuratore generale dello stato,Daniel Cameron. La procura gene-rale avrebbe infatti definito «giusti-ficate» le azioni dei tre agenti dipolizia implicati nella sua morte.Breonna Taylor, operatrice medicadi emergenza di 26 anni, è stata uc-cisa a marzo a Louisville da ungruppo di agenti di polizia che han-no fatto irruzione nella sua casa du-rante un’operazione anti-droga.

Con il sostegno delle Nazioni Unite e del Quartetto

Abbas chiede una conferenza di paceper il Medio oriente

Preo ccupazionedell’Alto Commissario

dell’O nuper i diritti umaniper la situazione

in Venezuela

GINEVRA, 26. Più di 2.000 perso-ne — esattamente 2.039 — sonostate uccise nei primi otto mesidell’anno nei quartieri più emar-ginati del Venezuela a seguito dioperazioni di sicurezza condottedalle autorità. La denuncia è arri-vata ieri dall’Alto Commissariodelle Nazioni Unite per i dirittiumani (Ohchr), Michelle Bache-let, alla quarantacinquesima ses-sione del Consiglio per i dirittiumani a Ginevra. Questa istitu-zione dell’Onu «ha registrato 711morti da giugno ad agosto», haaggiunto Bachelet presentando ilrapporto sulla situazione nel pae-se, a poco più di due mesi dalleelezioni per rinnovare l’Assem-blea nazionale.

Proprio sulla poca trasparenzanei preparativi delle elezioni inprogramma il prossimo 6 dicem-bre si è rivolta la preoccupazionedell’ex presidente cileno, dal set-tembre 2018 alla guida del-l’Ohchr. L’appello al governo èquello di lavorare per «realizzarele condizioni per un processoelettorale credibile, libero edequo». In questa ottica le atten-zioni e i timori di Bachelet sonorivolti alle «decisioni della Cortesuprema di giustizia, che ostaco-lano la libertà di selezione di set-te partiti politici, e la nominanon consensuale dei membri delConsiglio elettorale».

L’alto Commissario Onu hapoi denunciato le restrizioni allalibertà di espressione con conti-nui attacchi ai difensori dei dirittiumani e ai giornalisti. Bacheletha infine sottolineato come lapandemia da coronavirus si siaaggiunta ad altre emergenzepreesistenti. Per questo ha nuova-mente chiesto la revoca delle san-zioni economiche internazionali.

Il premier giapponese:Olimpiadi la prossima estate

TO KY O, 26. Il nuovo primo mini-stro nipponico, Yoshihide Suga, in-tervenendo ieri alla settantacinque-sima Assemblea generale delle Na-zioni Unite, in corso di svolgimen-to a New York, si è detto determi-nato a fare svolgere i Giochi Olim-pici nel suo Paese la prossima esta-te, nonostante la pandemia di co-vid-19. «Sarà la prova che l’umanitàha sconfitto il virus», ha affermatoSuga, che ha preso nei giorni scorsiil posto del premier dimissionarioShinzo Abe (per motivi si salute).

Le Olimpiadi si sarebbero dovutetenere la scorsa estate — tra luglio eagosto —, ma sono state rinviate acausa del coronavirus. Nel suo di-scorso all’Onu, Suga ha dichiaratoche «non risparmierà alcuno sforzoper dare il benvenuto a Giochi si-curi e protetti». Gli sponsor nazio-nali hanno pagato la cifra record di3,3 miliardi di dollari, almeno il

doppio delle precedenti Olimpiadi,al comitato organizzatore

La situazione sanitaria nel paesedel Sol Levante è comunque in mi-glioramento. Il Governo ha infattideciso di allentare le restrizioni allefrontiere a partire da ottobre, perconsentire agli stranieri, soprattuttouomini d’affari, di entrare in Giap-pone. Lo ha annunciato lo stessopremier. «Riprenderemo i viaggiper tutti, giapponesi e stranieri, ap-pena possibile, con l’esclusione deituristi, dal prossimo mese», ha pre-cisato Suga nel corso di una riunio-ne di Governo sul coronavirus pri-ma di intervenire all’O nu.

Secondo i media locali, gli arrivisaranno limitati a mille al giorno eil soggiorno minimo sarà di tre me-si. Gli stranieri in arrivo dovrannosottoporsi al tampone e osservareuna quarantena di 14 giorni.

Contro le nuove leggi di riforma del settore agricolo

La protesta dei contadini indiani

Bambina tiene in braccio il suo fratellino a Beit Hanun nel nord della striscia di Gaza (Epa)

La protesta dei contadini indiani a New Delhi

di ANNA LISA ANTONUCCI

Gli aiuti internazionali devonotener conto delle priorità delPaese cui sono destinati o ri-

schiano di non essere efficaci. È ilduro monito arrivato dal presidentehaitiano Jovenel Moïse che interve-

nendo, con un videomessaggio,all’Assemblea generale delle NazioniUnite ha spiegato come negli ultimianni il suo Paese ha ricevuto miliar-di di dollari dalla comunità interna-zionale per eliminare la povertà,obiettivo numero uno del Program-ma di sviluppo per il 2030, ma que-sti soldi, ha detto, «non hanno mi-gliorato le condizioni di vita del po-polo haitiano». E ciò è dovuto alfatto che, ha insistito, «questi finan-ziamenti non hanno tenuto contodelle nostre priorità, dei nostri biso-gni e di quelle che sono le nostrestrategie di lotta alla povertà».L’appello lanciato dal presidenteMoïse ai Paesi donatori è stato dun-que di realizzare un’analisi criticadegli aiuti internazionali ad Haitiper valutare realmente la loro effica-cia, anche in relazione alla pande-mia da covid-19 che si è abbattutasul Paese.

L’impatto socio-economico delcoronavirus, con il rallentamentodell’attività economica e la chiusuradelle frontiere, ha causato un’im-pennata dei prezzi dei prodotti ali-mentari, e quindi della sicurezza ali-mentare ad Haiti. Secondo l’ultimoFood Basket Bulletin, il valore delcestello alimentare è aumentato del29 per cento su base annua. La pan-demia ha avuto un impatto negativoin particolare nelle zone rurali delPaese. La domanda di manodoperaè diminuita in modo significativo acausa della crisi economica.

Dunque il presidente ha fatto ap-pello ai Paesi donatori perché avan-zino «progetti che si adattino allenostre esigenze, soddisfino le nostrepriorità e ci consentano di attuareuno sviluppo economico incentratosull’uomo, sulla produzione nazio-nale, sulla costruzione della capacitàdelle nostre istituzioni». «Vogliamoprogetti che abbiano un impatto po-sitivo sulla povertà e integrino lequestioni sociali e ambientali delpaese», ha aggiunto Moïse che haanche detto di aver accolto con fa-vore il fatto che alcuni donatoristanno «cominciando a capire la ne-cessità di allinearsi con la volontàdel governo della Repubblica diHaiti nella scelta delle sue priorità».

È indubbio, ha ribadito il presi-dente, che ad Haiti la necessità di

far fronte alle emergenze, alla ripre-sa e allo sviluppo a lungo terminerimane immensa e richiede un inve-stimento coerente in diversi settori.Quelli prioritari in cui concentraregli sforzi, secondo Moïse sono le in-frastrutture, come strade, porti e ae-roporti, ma anche l’agricoltura,l’energia elettrica, il digitale, l’i s t ru -zione, la copertura sanitaria, gli al-loggi sociali, la mobilitazione degliinvestimenti diretti esteri, il rimbo-schimento, la protezione ambientale,il rilancio della produzione agricola,l’accesso all’energia per tutti da fon-ti rinnovabili, e l’accesso al creditoin particolare ai giovani e agli agri-coltori. «Sono pienamente consape-vole della mia responsabilità di ga-rantire che siano stabilite le condi-zioni per garantire la sicurezza, lastabilità e lo sviluppo a lungo termi-ne di Haiti — ha concluso Moïse —.La Repubblica di Haiti si riprende-rà, ma con un sostegno duraturo,coerente, efficace e ben coordinatoda parte della comunità internazio-nale».

NEW YORK, 26. Una conferenza in-ternazionale «con piena autorità econ la partecipazione di tutte le par-ti interessate» da svolgere all’iniziodel prossimo anno «per impegnarsiin un autentico processo di pace».Questa la richiesta, avanzata ieri nelvideomessaggio all’assemblea gene-rale dell’Onu, del presidente palesti-nese Mahmoud Abbas. Rivolgendo-si direttamente al segretario generaledelle Nazioni Unite, António Gu-terres, Abbas ha chiesto il coinvolgi-mento nell’iniziativa del Quartettoper il Medio oriente (Onu, Usa,Russia e Ue) e del Consiglio di si-curezza. Il processo di pace — haspiegato Abbas — deve essere «basa-to sul diritto internazionale e sullerisoluzioni Onu» e deve «permette-re ai palestinesi di avere libertà e in-dipendenza all’interno del loro sta-to, con Gerusalemme est come capi-tale, sui confini del 1967, risolvendotutte le questioni relative allo statusfinale». Il presidente palestinesenon ha mancato di attaccare il pia-no di pace del presidente statuniten-se Donald Trump: un piano — hadetto — che «il mondo intero ha ri-fiutato» e che «va contro tutte le ri-soluzioni internazionali». Bocciatoanche il recente accordo tra Israele,Bahrein ed Emirati Arabi Uniti cheè «una violazione dell’iniziativa dipace araba», ha detto Abbas.

NEW DELHI, 26. Strade e ferroviebloccate in tutta l’India per lo scio-pero dei contadini contro le leggi diriforma del settore agricolo approva-te in Parlamento domenica scorsa.

Quasi 250 organizzazioni di agri-coltori hanno mobilitato i loro ade-renti da nord a sud. Grandi manife-stazioni si sono svolte in Haryana enel Punjab, i due stati settentrionaleche sono i maggiori produttori digrano e riso. A sud, nello stato delKarnataka, i contadini hanno bloc-cato l’accesso all’hub tecnologico diHyderabad. Grande partecipazioneanche in West Bengala e Kerala.Non si sono registrati incidenti.

Il 70 per cento degli indiani chevivono nelle zone rurali dipendonodall’agricoltura: con la nuova legi-slazione i contadini non dovrannopiù vendere i loro prodotti ai mer-cati controllati dai governi locali,che garantivano un prezzo minimo

fisso, ma saranno liberi di offrirli aqualsiasi acquirente, e svincolatidagli intermediari. I critici prevedo-no che in questo modo i contadinisi ritroveranno alla mercé dellegrandi aziende, che li priveranno

del potere di contrattazione. Secon-do il premier Modi, la riforma«porterà alla ristrutturazione com-pleta del settore agrario e darà mag-gior potere a decine di milioni diagricoltori».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 domenica 27 settembre 2020

L’attività svolta dalla Fondazione Tender To Nave Italia Onlus

Via col vento (della solidarietà)

Due immagini della Nave Italia

Si punta a favorire l’inclusionedi persone con disabilitàe di quanti sono emarginatidal tessuto socialeTutti a bordo per un’esperienzadi costruttiva condivisione

Il 27 settembre di cinquant’anni fa Paolo VI proclamava Teresa d’Avila dottore della Chiesa

Quell’audaciadi chi ama senza riserve

Per le sue incredibili doti ella rappresenta ancora oggi l’esempiodi tutto quanto può compiere una donna risoluta e determinatain un’epoca dove non vi fosse «virtù di donna guardatacon sospetto»Nello stesso tempo alle donne di oggi Teresa d’Avila indicaun cammino di fede che è profondamente radicato in Cristoe nell’ascesi quotidiana

Ripartita alcuni giorni fa dal porto di LaSpezia, la Nave Italia — una goletta armataa brigantino — riprende la rotta con unaserie di “viaggi” che, per questioni legate alcovid-19, inizieranno e si concluderanno inottobre sempre nella città ligure anziché,come da consuetudine, toccando diversiporti del nostro Paese. Un calendario ri-dotto — sarebbe dovuto iniziare a maggio— con i progetti educativi/riabilitativi ideatiassieme ad otto associazioni onlus, mentresarebbero dovute essere ventidue, e un ri-stretto numero di ospiti a bordo nel pienorispetto delle norme in vigore e, non a ca-

Fu una donna straordinarianella sua semplicità e nel suo fascino “mistico”che ha attratto e ancora attrae tante personeProfondamente donna, possedeva un cuore «virile e virtuoso»nonché la capacità di «irradiare intorno a séla fiamma della sua vitalità umanae della sua umanità spirituale»come sottolineò il Pontefice nell’omelia

Peter Paul Rubens«Teresa d’Avila» (1615, particolare)

PUNTI DI RESISTENZA

di CAT E R I N A CIRIELLO

Il 2020 è un anno che ci staregalando anniversari moltoimportanti: i cinquecento an-ni dalla morte di Raffaello;cento anni della nascita di

me l’orazione mentale non è altro senon un rapporto d’amicizia, un tro-varsi frequentemente da soli a solicon chi sappiamo che ci ama», unaespressione che richiama alla mentequanto afferma la Dei Verbum: «Conquesta Rivelazione infatti Dio invisi-

Cristo, che ella sposa “misticamen-te”, ma pure del coraggio e della ca-parbietà con cui affronta le vicendedella vita: in un momento storico-re-ligioso segnato dalla riforma prote-stante e dalla presenza in Spagnadella setta de los alumbrados, gli illu-mitati, viene sottoposta a dure pro-cedure inquisitoriali. Ma non si per-de d’animo e in sella a un asino per-corre l’intera penisola Iberica perfondare i suoi monasteri riformati.Sua è pure la riforma del Carmelomaschile, nonostante il memorialedei padri carmelitani menzioni qualefondatore del primo convento di car-melitani Scalzi fra Antonio di Gesù.

Per le sue incredibili doti Teresad’Avila rappresenta, ancora oggi,l’esempio vivo di tutto quanto puòcompiere una donna risoluta e deter-minata in un’epoca di chiusura dovenon vi fosse «virtù di donna guarda-ta con sospetto». Insigne “maestraspirituale” indica alle donne di oggiun cammino di fede fortemente radi-cato in Cristo e nell’ascesi quotidia-na — che in lei diviene mistica —, inun percorso tragicamente costruitosu misura per la donna di tutti itempi e con una trama ordita da al-tri, alla quale, però, Teresa non siconforma in nessun modo — invitan-doci a fare lo stesso —, perché quel

mondo in cui viveva e la Chiesa dicui si sentiva profondamente figliaaccettasse la “parola di donna”.

E la sua parola era intensamenteradicata nelle Sacre Scritture: il Van-

centro, e l’anima umana nel cuore diDio, un incontro che avviene nell’ul-tima dimora, quella “settima stanza”che Edith Stein — santa BenedettaTeresa della Croce — raggiungenell’ultimo ed estremo sacrificiod’amore. Nel centro del castello, inquella stanza «l’anima resta semprecon il suo Dio in quel centro» dalquale non si allontanerà più.

Ricordiamo ancora le parole pro-nunciate da Paolo VI nel 1970:«Questo il messaggio per noi diSanta Teresa di Gesù, Dottore dellaSanta Chiesa: ascoltiamolo e faccia-molo nostro». Poi sottolineando co-me la santa fosse una pioniera inquesto particolare riconoscimento,che cancella «la severa parola di SanPaolo» aggiunge: «Il che vuol dire,ancora oggi, come la donna non siadestinata ad avere nella Chiesa fun-zioni gerarchiche di magistero e diministero. Sarebbe ora violato il pre-cetto apostolico? Possiamo risponde-re con chiarezza: no. In realtà, nonsi tratta di un titolo che comportifunzioni gerarchiche di magistero,ma in pari tempo dobbiamo rilevareche ciò non significa in nessun mo-do una minore stima della sublimemissione che la donna ha in mezzoal Popolo di Dio».

Federico Fellini; i duecentocin-quant’anni della nascita di LudwigVan Beethoven; cinquant’anni fa sisciolsero i Beatles e morì Jimi Hen-drix, per citarne alcuni. E giusto cin-quant’anni orsono, il 27 settembre1970, Paolo VI proclamava santa Te-resa d’Avila Dottore della Chiesa.

Gli anni Settanta segnano uncammino singolare per la donna inItalia e in Europa. Nel Parlamentoeuropeo solo nel 1979 si raggiungeuna presenza femminile del 16 percento, nonostante le pari opportuni-tà di genere fossero state dichiaratequale valore fondamentale dal-l’Unione europea nell’articolo 119 delTrattato di Roma del 1957. Le donneitaliane cominciano a muoversi piùautonomamente, affermandosi nelcampo socio-politico e nel 1976 TinaAnselmi è la prima donna a diventa-re ministro nel terzo governo An-dreotti. Una dura strada in salita chenel sud Italia trova le donne ancorain uno stato di subordinazione e di-sagio socio-culturale ed economico.

Paolo VI, grande intellettuale, dinotevole spessore umano e culturale— oltre che spirituale — in questaparticolare contingenza storica ha si-curamente voluto indicare alle don-ne di ogni continente un ideale fem-minile e cristiano da seguire e con-templare nella vita quotidiana. Tere-sa d’Avila è la prima donna Dottorein assoluto, a cui fa seguito — app e-na una settimana dopo — il Dottora-to di santa Caterina da Siena. Nonuna, dunque, ma due donne per ri-marcare l’importanza della presenzae dell’apporto “femminile” nellaChiesa e nella società.

Nell’omelia del 27 settembre, nonsenza emozione il Pontefice dichia-rava: «La vediamo apparire, comedonna eccezionale, come religiosa,che, tutta velata di umiltà, di peni-tenza e di semplicità, irradia intornoa sé la fiamma della sua vitalitàumana e della sua vivacità spirituale,e poi come riformatrice e fondatriced’uno storico e insigne Ordine reli-gioso, e scrittrice genialissima e fe-conda, maestra di vita spirituale,contemplativa incomparabile e inde-fessamente attiva». In queste pocherighe si riassume tutta la persona diTeresa d’Avila, che fu — effettiva-mente — una donna straordinarianella sua semplicità e nel suo fascino“mistico” che ha attratto, e ancoraattrae, l’interesse di tante persone.Profondamente donna possedeva uncuore «virile e virtuoso», cioè pienodell’audacia propria di chi ama sen-za riserva: «Persuadiamoci, figliuolemie, che la vera perfezione consistenell’amore di Dio e del prossimo.Quanto più esattamente osserveremoquesti due precetti; tanto più saremop erfette».

La sua singolarità, anche come re-ligiosa, non ha la radice in se stessa,ma in Dio, en las mercedes que el Se-nor me ha hecho, nei regali divini chela trasformano nel suo essere e ledanno l’intima certezza di aver final-mente trovato il tutto della sua vita.Non è un caso che Teresa diventascrittrice feconda solo dopo l’esp e-rienza dell’incontro con Dio, quan-do, cioè, fa ingresso nella vida nue-va. È qui che conosce ed entra in re-lazione con Dio misericordia, viven-do un rapporto estremamente perso-nale con Colui che diventerà il suoAmico fedele. Scrive Teresa: «Per

bile nel suo grande amore parla agliuomini come ad amici e si intrattie-ne con essi, per invitarli e ammetterlialla comunione con sé». E per Tere-sa solo attraverso questa «particolareamicizia» si può giungere ad una in-tima relazione con Dio. Dalla fedel-tà alla preghiera e dalla assoluta fedein Dio scaturisce la sua vitalità didonna e persona.

Il suo apostolato fecondo è fruttodi questo stare a “tu per tu” con il

gelo, infatti, era per Teresa un fiumedi acqua viva dove saziare il cuore.E da ineffabile mistica nel CastelloI n t e r i o re Teresa ricolloca tutto secon-do la sua esperienza interiore: Dio al

di SUSANNA PA PA R AT T I

«N on possiamo dirigere il vento,ma possiamo orientare le vele»scriveva Seneca e mai come

nel caso delle attività svolte dalla Fonda-zione Tender To Nave Italia Onlus, le velesono spiegate verso la meta che vede, neibenefici offerti dalla “vita di bordo”, ilmezzo per la solidarietà volta all’inclusionee all’autostima.

so, la gran parte dei ragazzi che salirà sullanave proviene proprio dalle zone più colpi-te dalla pandemia: Lombardia e Veneto. Iprogetti che nascono ogni anno con la col-laborazione di onlus e associazioni si basa-no sull’utilità terapeutica che la vita di ma-re e la navigazione offrono a persone condisabilità o a quanti sono vittime del disa-gio sociale.

È stato infatti analizzato che proprio laquotidiana spartizione di compiti e respon-sabilità (tenendo ovviamente conto dellesingole esigenze degli ospiti e dei gruppi)sollecita inattese risposte attive dei singolicon nuova consapevolezza e autostima,concorrendo all’abbattimento dei pregiudi-zi sulla disabilità fisica e sociale. Così ognipersona ha modo di arricchire l’altra in-consapevolmente e non esistono differenze,ma una cosa è certa: il mare, lo scandiredel tempo a disposizione in modo nuovo ecoinvolgente, l’equipaggio e i volontari, so-no in grado di regalare un’esperienza senzapari che segnerà certamente la vita di ognipartecipante.

Lo scorso anno Nave Italia ha accolto436 persone facenti parte di progetti diver-si: bambini, adolescenti ma anche adulticon disabilità, disagio psichico o sociale efamiliare. Dal 2007 ha imbarcato oltre5.000 passeggeri speciali e 1.500 operatori evolontari, ha realizzato 280 progetti .

Un equipaggio formato da professionistidella Marina Militare italiana la quale, conlo Yacht Club italiano, è tra i soci fondato-ri della Fondazione Tender To Nave Italia,nata nel 2007 per volere di Carlo Croce, al-lora presidente dello Yacht Club italianoche vide, nella bellissima imbarcazione ap-

prodata nel 2006 a Genova, quello cheavrebbe potuto dar vita a un suo “vecchiosogno”: un veliero dedicato a persone condisabilità. Costruita nel 1993 dai cantierinavali di Danzica la Wisla — questo era ilnome della nave — aveva viaggiato per tre-dici anni fra l’Olanda e le Antille prima diormeggiare proprio davanti alla sede delcircolo: da quel momento ogni azione por-tò alla costituzione della Fondazione Ten-der To Nave Italia Onlus con il suo primocda e l’accordo siglato nello stesso anno aRoma presso la Marina Militare italiana al-la quale venne affidata la conduzione delv e l i e ro .

Il 6 aprile l’inaugurazione effettiva im-barcando il primo progetto riabilitativoche, ancora oggi, è frutto di studi assiemea onlus, ospedali ed enti no profit in Italiae all’estero. Un lavoro imponente che sirealizza di anno in anno anche grazie alsostegno di promotori benemeriti che cre-dono in questa singolare iniziativa e dalledonazioni di partner sostenitori e donatoriprivati che possono operare anche elargen-do somme attraverso l’8 x 1000. Lungo 61metri, largo 9,20, con una superficie velicadi 1.301 metri quadrati, l’Italia è per le suedimensioni e la superficie velica il velieropiù grande al mondo nella categoria deibrigantini attualmente in servizio attivo dinavigazione.

Un equipaggio composto da ventunomilitari i quali, assieme ai volontari e ilpersonale preposto di volta in volta dalleassociazioni promotrici del singolo proget-to, riescono a coinvolgere chiunque parte-cipi, mettendo in atto i dettami della Carta

etica della Fondazione che sottolinea comei soggetti fragili non siano solo “oggetti ditutela” ma soggetti capaci di risposta atti-va, energica, inattesa, con possibilità dinuova consapevolezza sul proprio valore dip ersona.

Oggi la Fondazione Tender To NaveItalia Onlus accoglie progetti delle seguen-ti aree di intervento:

DISABILITÀ — volta al raggiungimento dimaggiori autostime e migliore qualità di vi-ta di bambini, ragazzi e adulti con disabili-tà e delle loro famiglie. In questa fasciagrazie a metodologia e duttilità di NaveItalia sono state accolte numerose personecon malattie genetiche (fibrosi cistica e ma-lattie metaboliche, diabete, spina bifida,tumori), deficit sensoriali, disabilità cogni-tive.

SALUTE M E N TA L E — con progetti di abili-tazione di persone affette da malattia o di-sagio psichico; per loro il lavoro svolto abordo è particolarmente idoneo volgendoalla scoperta di risorse inespresse, nuovecapacità relazionali, acquisizione di unamaggiore autostima, con un forte stimolo amettersi in discussione.

DISAGIO SO CIALE FA M I L I A R E E SCOLASTI-CO — questo è molto spesso legato a mal-trattamenti, abusi, sofferenza e violenza so-vente all’interno del nucleo familiare, sindalla prima infanzia. La navigazione a velaè per questi soggetti metafora di come ledifficoltà della vita, se affrontate assiemesiano superabili, anche nel rispetto di rego-le che, imposte in modo naturale e non au-toritario, offrono ottimi risultati per l’equi-librio personale e il rapporto con gli altri.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 27 settembre 2020 pagina 5

Un pianoforteche racconta

di SAV E R I O SIMONELLI

Era stremata la giovane Theresealla fine di quelle due settimanetrascorse al pianoforte con

Beethoven. «Non si stancava mai difarmi tenere basse e ricurve le dita,mentre mi era stato insegnato di tenerlealte e dritte». Therese von Brunswick,passata poi alla storia per essere statauna delle prime fondatrici di scuole perl’infanzia in Ungheria, avevasperimentato in quella specie di corsointensivo il nuovo e più intensorapporto che Beethoven stavainstaurando col pianoforte. Un rapportoconfidenziale, intimo, osmotico con unostrumento che si sta sviluppando inquegli anni e alla cui crescita luicontribuisce sensibilmente e non solonel dialogo con i primi costruttori macon la dimostrazione fisica di intimitàcon le nuove possibilità dello strumento.Chi si occupa di musica sa che letrentadue sonate che Beethoven dedicòallo strumento possono essereconsiderate una sorta di diario intimo,raccontano l’evoluzione del suo pensieromusicale ma anche le sfumature di unanimo sensibilissimo, ondivago, tenero efurente. Ma quello che colpì icontemporanei era soprattutto il modocon cui Beethoven suonava. Non unvirtuoso ma un improvvisatorestrabiliante, un’inventiva melodica earmonica fuori dal comune. Rileggendole testimonianze di allievi e frequentatoridei concerti o dei salotti dell’aristo craziaè tutto un florilegio di stupori.Dicevano che a volte sembrava trattasselo strumento come uno che cerca unavendetta o che magari ha nelle sue maniun nemico mortale e con un piaceresadico vuole torturarlo. Accentava lenote con un attacco del tasto solido,vigoroso e fermo, ma poi sapevarilasciare impercettibilmente il dito e ilsuono si faceva più lieve, come undiscorso costruito sull’alternanza diconsonanti e sillabe. I più erano colpitidal modo inusuale di legare le note: latastiera a volte diventava una cosamorbida e flessibile, dalla quale luipoteva ricavare i suoni che voleva. Nelregistro acuto le note suonavano pure,simili a quelle di un flauto, mentre lamano sinistra le armonizzava e i bassisuonavano pieni, articolati in modonaturale, diretto. Legava le note allastregua di un violinista. Melodieeseguite sui tasti sembravano fluide econtinue come le avesse intonate la voceumana. Perché ancora una volta ilsegreto era nella sua fisicità. La musicaper Beethoven era cosa troppo autenticae sacra per essere lasciata alle belluriedei virtuosi. No, quello strumento lì,che stando alle sue parole alcuniconsideravano ancora alla stregua diun’arpa bisognava farlo cantare, dovevaesprimere valori, una responsabilità.Doveva essere tutt’uno con l’uomo cheda quei tasti estraeva non una lusingama il farsi di un racconto, di una storiache doveva essere trasmessa.

di BARBARA JAT TA

Si è appena chiusa la “mostradell’anno”: Raffaello 1520-1483alle Scuderie del Quirinale. Unanno “Sanzio” bisestile e funestonel quale abbiamo vissuto e con-

tinuiamo a vedere cose e situazioni inimma-ginabili, impensabili anche nei film di fan-tascienza più avveniristici.

La mostra delle Scuderie su Raffaello èstata “la” mostra di questo anno e mi piacesottolineare i tanti lati positivi di questa ini-ziativa. Emblema di come si è saputo, in-credibilmente e con tenacia, affrontare lapandemia, la chiusura, la riapertura contin-gentata e “a tempo” (5 minuti per ogni sa-la) ed essere un successo comunque, nono-stante tutto. Oltre 150 mila presenze — for-se meno visitatori di quanti auspicati in fa-se di organizzazione, ma uno strepitoso ri-sultato considerata la situazione — negli ul-timi giorni apertura 24 ore su 24, senzachiusura, a gruppi di dieci persone ogni 5minuti fino alle 22.30 del 30 agosto scorso.

anche figura sovranazionale e unica per lacomplessità del suo essere. Le opere in mo-stra, provenienti da tante collezioni sparsenel mondo, ne sono una ulteriore e tangibi-le testimonianza.

Come è stato ricordato da Papa France-sco nel gennaio di quest’anno, rivolgendosiagli ambasciatori di tutto il mondo accredi-tati presso la Santa Sede, il divino di Urbi-no deve essere un modello da guardare, daemulare e diffondere perché figlio di quelRinascimento che è stato un’epoca non pri-va di difficoltà ma animata da fiducia esperanza, e attraverso di lui riscoprire lostesso spirito di apertura che ha reso tuttopiù bello in storia, arte e cultura.

Quindi Raffaello come “mo dello”, figurada emulare non solo per la sua personalità,per il suo genio creativo e artistico, ma an-che e soprattutto per quei valori fondamen-tali che in tutta la sua vita e professione haportato avanti: primo fra tutti quello dellatutela, attenzione che ancora di più ha svi-luppato nel 1515 a seguito dell’incarico diCommissario alle Antichità che Leone X gli

chiese di svolgere e, dal 1519, con la reda-zione della celebre lettera a quattro manicon Baldassarre Castiglione allo stesso pon-tefice Medici, figlio di Lorenzo il Magnifi-co.

Questo aspetto fondamentale del genioraffaellesco, che era stato così ben eviden-ziato nelle prime sale della mostra delleScuderie del Quirinale, è ribadito, con unavolontà di condivisione e divulgazione, inuna piccola ma significativa mostra romana,curata dalla valente Ilaria Sgarbozza, che siè aperta il 17 settembre scorso: «La lezionedi Raffaello. Le antichità romane».

Non è un caso che l’iniziativa è stata va-lutata degna del patrocinio ministeriale del-le importanti celebrazioni raffaellesche dalComitato Nazionale di Raffaello. Ad indi-rizzare la decisione del Comitato — p re s i e -duto da Antonio Paolucci — è stata anchela scelta di averla nel complesso di Capo diBove sulla Via Appia Antica, luogo prepo-sto dalla Soprintendenza italiana e dall’En-te Parco dell’Appia Antica a sede dell’Ar-chivio e delle memorie di Antonio Cederna,figura che ha portato avanti battaglie suquei valori di attenzione, salvaguardia e tu-tela che avevano origine proprio dalla Let-tera di Raffaello e Castiglione e da quel fe-licissimo momento storico vissuto primadella sua morte.

La raffinata iniziativa della Sgarbozza, edel comitato organizzatore, ruota tutta in-torno a Raffaello quale “mo dello” da segui-re, non solo per il suo estro, ma anche e so-prattutto per l’attenzione seria e approfon-dita che aveva verso “l’Antico” e intorno al

valore, alla percezione e alla divulgazionenei secoli della Lettera a Leone X.

Su queste pagine avevo scritto, in occa-sione dell’anniversario del 6 aprile scorso,che per conoscere Raffaello bisognava visi-tare la mostra “ammiraglia” o rg a n i z z a t a

Le celebrazioni in onore di Raffaello Sanzio. Nonostante la pandemia

Emblemadi caparbietà

Storie di ordinaria quarantenaNei quadri della serie «Corona Diary» di Renzo Ferrari

Ho avuto il privilegio di essere invitataall’ultima visita (in qualità di ente prestato-re e di membro del Comitato scientifico) eripercorrere le sale del sobrio, elegante edefficace allestimento. Mario De Simoni eMatteo Lanfranconi mi hanno voluto ac-canto a loro a chiudere questa mostra fan-tastica insieme a tutto l’operoso staff delleScuderie del Quirinale. In quell’o ccasioneho capito ancora meglio lo sforzo e la pas-sione messi da parte di tutto il gruppo,l’abnegazione e la volontà di andare avanti,che rappresenta lo specchio dell’attitudineche tutti noi che operiamo nel mondodell’arte e dei musei (e non solo la nostracategoria) abbiamo in questo momento cosìanomalo per tutto il pianeta.

Una mostra che in tanti non hanno volu-to perdere proprio perché emblema di talecaparbia attitudine. La mostra ha avuto ilmerito di presentare il “divino” Raffaello,l’artista universale nella formula au rebour(a ritroso), partendo dal mito e dalla morteper arrivare alle fasi giovanili e alla forma-zione. Un’idea geniale e pratica che è risul-tata vincente per il grande pubblico. Unaesposizione che ha condiviso tanti capola-vori, ma anche la visione globale di Raf-faello.

Con essa è stato possibile ricordare, riba-dire e rendere ben evidente a questa nostragenerazione, dai più giovani ai visitatori diogni età che in numerosi l’hanno visitata,che Raffaello è un artista universale: ottimouniversale, come appunto descritto da unafelice espressione vasariana e come è statoribadito da Silvia Ferino Pagden, coordina-trice dell’iniziativa.

Raffaello maestro impeccabile, raffinatoritrattista di figure vive e penetranti, deditoal suo lavoro e modello di organizzazionedelle attività collettive nel rispetto delle sin-gole personalità; simbolo della nostra na-zione italiana, così creativa e geniale, ma

Ormai chiusa l’esposizionedelle Scuderie del Quirinalein questi prossimi mesi del 2020per comprendere il divino pittore urbinatebisognerà venire in VaticanoMa anche fare una bella passeggiatasulla Via Appia Anticafino al complesso di Capo di Bove

dall’Italia e venire in Vaticano. Questa cosala penso ancora, e le preziose raccolte mu-rarie e le collezioni mobili vaticane, impre-scindibili per una piena comprensionedell’Urbinate, sono ancora qui, custoditenelle mura vaticane e ancora più accessibiligrazie alle tante novità, di restauri e di alle-stimenti, presentate in questo anno di cele-brazioni.

Ormai chiusa la mostra delle Scuderiedel Quirinale in questi prossimi mesi del2020, per comprendere Raffaello bisognerà,quindi, venire in Vaticano ma anche fareuna bellissima passeggiata sulla Via AppiaAntica, fino al complesso di Capo di Bove.

Raffaello Sanzio, «Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi» (1518)una delle opere esposte nella mostra allestita alle Scuderie del Quirinale

Un particolare della locandina della mostra «La lezione di Raffaello. Le antichità romane»

«N ell’emergenza pandemica coat-ta, il lo ckdown, o come dico-no a Milano tücc seraa, ho vo-

luto convertire per immaginazioni icono-grafiche quanto ci assaliva, sempre per im-magini, dai media con drammatiche e con-tinue informazioni» scrive Renzo Ferrariparlando dei quadri nati durante i lunghigiorni della quarantena. Una produzionericca, varia, dai colori acidi e violentemen-te squillanti, una sessantina di opere daipiccoli ai grandi formati, realizzate ad olio,acrilico e acquarello raccolta nel volumeCorona Diary Opere 2020 edito da Skira(Milano, pagine 64, euro 16).

Un diario condiviso attraverso l’unicomezzo di comunicazione che nei giorni piùbui della pandemia ci era concesso, quellodei social media. Scegliendo tra le operenate a marzo e ad aprile, Ferrari ha pro-dotto un filmato (presentato a Poestate2020 nell’edizione online e diffuso su You-tube) e ha allestito una mostra in corso aLugano alla Galleria Colomba, inauguratail 12 settembre scorso, visitabile fino al 10o t t o b re .

«Come l’uomo primitivo nelle grotte diAltamira raffigurava le scene di caccia permantenere memoria di esperienze e appro-priarsi simbolicamente dell’animale e dellaforza necessaria per combattere — spiega lagiornalista Melina Scalise nell’intro duzioneal volume — così Renzo Ferrari in questo

ciclo, al tempo del coronavirus, esalta conla pittura lo stesso potere documentativo ep ro p i z i a t o r i o » .

Ferrari si è lasciato ispirare anche dalleparole (e dalla condizione di reclusa vo-lontaria) della poetessa americana vissutadue secoli fa, Emily Dickinson, capace conlinguaggio fresco e potente di esprimerecon la precisione della poesia l’esp erienzacondivisa del “rallentamento” forzato. «Sein quel di Cadro — annota lo scrittoreSergej Roic, nelle pagine iniziali del volu-me — salite i dieci scalini che vi portanonello studio di Ferrari, il pittore espressivoper antonomasia vi indicherebbe una vec-chia sedia, voi chiudereste gli occhi e, ria-prendoli, davanti alle profezie dipinte diFerrari vi trovereste a percorrere l’universodei colori e delle forme con ritmo diverso,con una lena tutta particolare, immaginan-do, sognando e, finalmente, vedendo».

L’immaginario individuale e collettivoriaffiora attraverso plaga doctores, cupi sab-ba che ricordano Goya, danze macabre e«cavalieri della morte dell’affresco di Pa-lermo». Oltre al racconto della febbre spa-gnola del secolo scorso raccontata dai non-ni e impressa nella sua memoria d’arte perla morte di Egon Schiele. La pittura veico-la attraverso il colore una sorta di “distan-za catartica” dalla drammaticità deglieventi vissuti in prima persona. «Mentre lapandemia di covid-19 era nella sua fase più

acuta — chiosa lo storico dell’arte LucaPietro Nicoletti — l’immaginario pittoricodi Renzo Ferrari si è popolato di un mon-do visionario e allegorico. Se il World Dia-ry aveva introiettato le sollecitazioni delmondo esterno, della cronaca vicina e lon-tana, aveva fatto i conti con i riti sociali e icomportamenti umani, facendone emerge-re il lato grottesco e bestiale, l’isolamentoforzato provocato da un nemico invisibileha spostato il fuoco dell’attenzione su un

mondo fatto di fantasmi, di presenze in-quiete.

Il Corona Diary non è una cronaca deifatti: saggiamente Renzo si è sottratto allesirene della narrazione retorica di questigiorni, al racconto di eventi e situazioniper come i media li hanno rappresentatiFerrari ha capito subito che bisognava an-dare più a fondo per capire l’inquietudinedi questa stagione e gli spettri inconsci chepoteva richiamare». (silvia guidi)

INTERMEZZIBEETHOVENIANI

Renzo Ferrari, «Pollution» (2020, una delle opere della serie «Corona Diary»)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 domenica 27 settembre 2020

Sul messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Azionida coniugare

di GUERINO DI TORA*

I l titolo di questa 106ª Giornatamondiale del migrante e del ri-fugiato è «Come Gesù Cristo,

costretti a fuggire. Accogliere, pro-teggere, promuovere e integrare glisfollati interni». Ancora una voltaPapa Francesco porta l’attenzionedel mondo intero su coloro che sonocostretti a fuggire, seppur all’internodella stessa regione, nazione, o inpaesi vicini. Sono le stesse cause —fame, guerra, siccità, eccetera — chespingono mamme, papà, bambini egiovani ad abbandonare la propriacasa, il loro territorio, a sradicarsidalla loro provenienza, egualmentein pericolo di rifiuto o emarginazio-ne, nella ricerca di una via di so-pravvivenza. Si stima che nel mondogli sfollati interni siano oltre cin-quanta milioni. Cifra da capogiro sesi pensa che non sono numeri vuotima persone: dietro ogni singola cifrac’è un essere umano, creato a imma-gine di Dio e che dovrebbe avere glistessi diritti e doveri di ognuno dinoi.

La situazione oggi è ancora piùgrave, perché alle consuete ragioni siaggiunge la piaga della pandemia; ese coloro che fuggono sono giàignorati, oggi costoro vivono ildramma ancora più grave del silen-zio e della dimenticanza totale. Daqui il giusto, grave e umano richia-mo del Papa per «iniziative e aiutiinternazionali, essenziali e urgentiper salvare vite umane».

Il messaggio è esteso anche a co-loro che vivono la precarietà edemarginazione a causa del covid-19.Il testo si apre con un’icona tipicadella cristianità, la famiglia di Naza-reth: Gesù, Giuseppe e Maria chedevono fuggire per far scamparedalla morte il bambino Gesù. Quan-te immagini vediamo ogni giorno dimamme in fuga con il loro figliolet-to in braccio! Anche il Signore Gesùha vissuto questa condizione. Il san-to Papa Paolo VI, parlando dellaMadonna, ricordava Maria come«donna forte che ha provato la fugae l’esilio». E che dire di Giuseppe,chiamato a proteggere «ciò che dipiù caro al mondo Dio gli aveva af-fidato». L’icona ci aiuta a riconosce-re il Signore Gesù ancora presentein mezzo a noi: «Venite benedettidal Padre mio [...] ero forestiero emi avete accolto». Partendo da que-

sta introduzione il Papa riprende iquattro verbi con cui aveva coniuga-to la pastorale migratoria, articolan-doli in nuove azioni concrete di seicoppie di verbi: conoscere per com-prendere, farsi prossimo per servire,ascoltare per riconciliarsi, condivide-re per crescere, coinvolgere per pro-muovere, collaborare per costruire.Un crescendo di impegno con unarelazione di causa nei vari passaggi,che costituiscono una vera ascesiumana anche per chi non si ricono-sce nella fede o nell’esperienza cri-stiana.

Per comprendere bisogna primaconoscere: sono persone provate daldolore e che forse hanno visto infaccia la morte. Conoscendo le lorostorie potremo come il buon samari-tano metterci al loro fianco, sentiredalla viva voce l’esperienza dellaprecarietà, della fuga, accompagnataoggi dalla pandemia. Purtroppo tan-te volte le paure e i pregiudizi ci im-pediscono di avvicinarci agli altri,anche correndo dei rischi. Quantibelli e nobili esempi abbiamo avuto

in questo tempo di pandemia damedici, infermieri, volontari, da per-sone semplici e nascoste che hannomesso nel carrello della “spesa so-sp esa” parte del loro acquisto. PapaFrancesco sottolinea poi che «l’amo-re, quello che riconcilia e salva, ini-zia con l’ascolto». Oggi sentiamotanti messaggi che ci bombardanoin continuazione; ma ascoltare èun’altra cosa. Lo insegnava già sanBenedetto ai suoi monaci: ascoltareè far entrare e conservare dentro dinoi. Il silenzio che «per settimaneha regnato nelle nostre strade» ci haofferto l’occasione di percepire ilgrido dei dimenticati, dei più vulne-rabili, degli scarti di questa nostrasocietà. Questo ascolto può condur-ci a una vera crescita, condividendo.

Non si può lasciar fuori nessuno.La pandemia stessa ci ha richiamatoa preoccupazioni e timori comuni ri-cordandoci che nessuno si salva dasolo. Il successivo passo lega altridue verbi: coinvolgere e promuove-re. La corresponsabilità diventa ilmodo per coinvolgere le persone al-

le quali si offre assistenza. Ognunodeve essere protagonista in questoprocesso comunitario e sociale. Quiil Papa riporta le sue bellissime pa-role del 27 marzo nel “Momentostraordinario di preghiera in tempodi pandemia”: «Trovare il coraggiodi aprire spazi dove tutti possanosentirsi chiamati e permettere nuoveforme di ospitalità, di fraternità esolidarietà».

Il culmine di questa ascesi diventail collaborare e costruire. Azioni cer-tamente decisive per un impegno dicooperazione internazionale chechiede di superare gelosie, discordie,interessi parziali o nazionali e realiz-zare quella solidarietà globale, spe-ranza di un tempo nuovo che possarealizzare il Regno di Dio nel mon-do e trasformare la nostra storiaumana in una storia di salvezza.

*Vescovo ausiliare di RomaPresidente della Commissioneepiscopale per le migrazioni della Ceie di Fondazione Migrantes

Evento in Piemonte e Valle d’Aosta nel segno dei “santi sociali”

Dono che va accoltodi ROSARIO CAPOMASI

Una terra, il Piemonte, che hadato i natali ai “santi sociali”come Giovanni Bosco, Giu-

seppe Benedetto Cottolengo, Leo-nardo Murialdo e il beato PierGiorgio Frassati tanto per citarne al-cuni, i quali in periodi diversi hannoavuto la grande capacità di leggere isegni dei tempi e di essere sollecitinel rispondere alle emergenze e aibisogni del territorio. È anche nelloro esempio e nel loro carisma, percostruire un modello di società piùgiusta e inclusiva, che le diocesi pie-montesi e della Valle d’Aosta si ap-prestano a celebrare, domenica 27settembre, la 106a Giornata mondia-le del migrante e del rifugiato, il cuitema per l’edizione del 2020, sceltoda Papa Francesco, è «Come GesùCristo, costretti a fuggire. Accoglie-re, proteggere, promuovere e inte-grare gli sfollati interni».

Gli obiettivi e le diverse iniziativedell’evento — cineforum, spettacoliteatrali, concerti, incontri tra giovani— il cui momento centrale sarà costi-tuito dalla santa messa nella catte-drale del capoluogo, presiedutadall’arcivescovo di Torino, CesareNosiglia, e trasmessa in diretta tele-visiva su Rai Uno alle 11, sono statiillustrati da quest’ultimo nel corsodella conferenza stampa di presenta-zione, in cui il presule ha ricordatoanche l’intenso lavoro «che si com-pie ogni giorno nelle sedi diocesanedella Migrantes o della Caritas». Siprosegue così anche quest’anno sulcammino tracciato da san Pio X,quando nel 1914 istituì la Giornatanazionale dell’emigrante, segno divicinanza e attenzione ai tanti italia-ni che cercavano fortuna all’e s t e ro .

I “santi sociali”, è scritto su uncomunicato del Coordinamento re-gionale degli uffici Migrantes dellediocesi del Piemonte e della Valled’Aosta, «ci sollecitano a esprimerealcune preoccupazioni, raccomanda-zioni e richieste che riguardano i no-stri fratelli e sorelle arrivati da lonta-no». Il Piemonte, pur non essendouna regione interessata dagli sbar-chi, spiega la nota, è comunque unterritorio di passaggio perché al con-fine con la Francia e luogo dove siverifica una grande concentrazionestagionale di manodopera straniera,ad esempio per la raccolta dellafrutta. Per i migranti in particolare,sottolinea il documento, la pande-mia ha rappresentato il passaggiodalla sovraesposizione mediatica epolitica alla scomparsa dalla crona-ca, per poi ritornare, con la ripresadegli sbarchi in Italia, a occupare lascena dipinti come “untori” o “ba-l o rd i ”. Per questo, puntualizza ilCoordinamento regionale, la Gior-nata mondiale del migrante e del ri-fugiato costituisce l’occasione perevidenziare ancora una volta quantosia necessario continuare a impe-gnarsi perché i migranti, forzati enon, siano riconosciuti come porta-

tori di doni e talenti oltre che di di-ritti e dignità. «Quando incontro oho a che fare con una persona mi-grante — ha sottolineato l’a rc i v e s c o -vo di Torino nel corso della confe-renza stampa — ringrazio Dio per-ché mi ha offerto un dono grandeche mi sollecita a riconoscerlo e adaccoglierlo nella persona di tanti no-stri fratelli e sorelle che sono giuntinel nostro Paese e necessitano diuna costante solidarietà e prossimità,come si usa tra figli dello stesso Pa-dre Celeste».

Noi credenti, prosegue il comuni-cato, non possiamo che partire dalleparole di Gesù nel vangelo di Mat-teo (25, 35) «... Ero forestiero, miavete ospitato». Da qui viene presolo spunto per affrontare quelle chesull’argomento sono ritenute le prio-rità di azione come, ad esempio, ilsuperamento del binomio permessodi soggiorno-lavoro evitando di re-golarizzare lavoratori irregolari soloper necessità occupazionali in deter-minati settori produttivi e non mossida un sentimento di giustizia socia-le; e rivedere i decreti-sicurezza, so-prattutto quelli contenenti provvedi-menti che hanno di fatto creato de-cine di migliaia di nuovi irregolari ecancellato migliaia di posti di lavo-ro, condannando all’esclusione so-ciale ed esponendo alla derivadell’illegalità molte persone arrivatein Italia dalla loro entrata in vigore.L’immigrazione, infatti, ha rimarcatoancora una volta Nosiglia, «ci invitaa considerare ogni popolo ed ogniuomo una ricchezza per tutta l’uma-nità».

Riflettere su questo significa an-che riconoscere a tutti quei dirittifondamentali che sono propri diogni persona umana e di ogni fami-glia, «superando discriminazioni, in-differenza, rifiuti preconcetti edestraneità sia sul piano religioso checivile»: il diritto alla cittadinanza, inprimo luogo a partire dai minori na-ti in Italia, ha aggiunto il presule; ildiritto al lavoro «che in questo tem-

po di crisi sta diventando semprepiù precario o è assente del tutto»;alla casa, all’istruzione per i ragazzi,alla salute, «diritti che la Costituzio-ne italiana pone a fondamento delvivere civile del nostro popolo».Prevenire, gestire ed accompagnarele persone immigrate e, se ci sono,le loro famiglie in difficoltà, è com-pito di tutti, ha precisato l’a rc i v e s c o -vo di Torino a conclusione del suointervento. «La solidarietà va di paripasso con la giustizia — ha rimarca-to — perché non è possibile dare percarità ciò che prima è dovuto pergiustizia». Nello stesso tempo nonbisogna mai dimenticare, ha aggiun-to, «che ogni persona abbisogna diun sostegno morale e spirituale al-trettanto e a volte anche più impor-tante di quello materiale per avere laforza di affrontare situazioni di ab-bandono, di divisione e di sofferen-za». Ecco perché, ha concluso ilpresule, l’accompagnamento deglioperatori deve svolgersi a tutto cam-po, con una preparazione specificache sia in grado di «gestire il rap-porto con umanità e fraterna condi-visione».

Presentata una ricerca dell’Università cattolica

Religionie flussi umani

ROMA, 26. Il ruolo della religionenelle traiettorie dei richiedenti asiloe dei migranti, la geografia religiosadei paesi d’origine, la spiritualitàcome fattore di resilienza e adatta-mento, la trasmissione dei valori re-ligiosi all’interno delle famiglie mi-granti, il contributo delle organiz-zazioni religiose e del dialogo inter-religioso nel processo d’integrazio-ne e per la coesione sociale, l’edu-cazione religiosa nella scuola pub-blica come strumento di rafforza-mento della cittadinanza democrati-ca: è tutto questo Migrazioni e ap-partenenze religiose, la ricerca pro-mossa dall’Università cattolica delSacro Cuore, realizzata da un’équi-pe multidisciplinare di esperti, cheè stata presentata ieri mattina du-rante il convegno «La religione delmigrante: una sfida per la società eper la Chiesa», tenutosi, in collabo-razione con la Conferenza episco-pale italiana, nella sede del Dicaste-ro per il servizio dello sviluppoumano integrale. L’evento è statoorganizzato alla vigilia della Gior-nata mondiale del migrante e del ri-fugiato: «Il tema della ricerca rien-tra nel mandato che Papa France-sco ha dato alla Sezione migranti erifugiati del Dicastero», ha detto inapertura il sotto-segretario della se-zione, cardinale Michael Czerny, ri-prendendo il messaggio del Ponte-fice per l’evento di domani.

Non minaccia identitaria, piutto-sto strumento di integrazione e dipromozione del benecomune: attraverso con-cetti-chiave (de-strumen-talizzare la religione, ri-umanizzare i migranti econ loro creare uno spa-zio pubblico) la ricercamultidisciplinare hal’obiettivo di restituire ilgiusto spazio alla di-mensione religiosa nellacomprensione e nellagovernance della mobili-tà umana e della convi-venza interetnica.

La presentazione del-lo studio è stata affidataal direttore scientificodella ricerca, Laura Zan-frini, ordinario di Socio-logia delle migrazioni edella convivenza interet-nica all’Università catto-lica, e a padre FabioBaggio, sotto-segretariodella Sezione migranti erifugiati del Dicasteroper il servizio dello svi-luppo umano integrale.Al convegno — durante il quale èintervenuto anche David Sassoli,presidente del Parlamento europeo— è stato inoltre presentato il volu-me finale della ricerca, M i g ra n t sand Religion: Paths, Issues and Len-ses. Seguirà, nelle settimane succes-sive, un ciclo di webinar dedicatiall’approfondimento di aspetti spe-cifici, attraverso l’intervento dei di-versi ricercatori coinvolti nello stu-dio (sociologi, filosofi, psicologi,giuristi, politologi, teologi) svoltotra Italia e Medio Oriente nel trien-nio 2016-2018. A partire dalle testi-monianze dei migranti che si sonolasciati alle spalle esperienze di per-secuzione e conflitti su base religio-sa — ha spiegato Zanfrini — la ricer-ca offre spunti preziosi per rifletteresul confine sempre più discusso tramigrazioni forzate e volontarie,questione centrale nell’agenda deipaesi europei, ma anche per raffor-zare la consapevolezza dei principidella libertà religiosa e del plurali-smo religioso, oggi posti sotto at-tacco in molte nazioni.

Affinché si dispieghi il potenzialepositivo della religione i ricercatoriindividuano alcune condizioni chechiamano in causa la responsabilitàdelle autorità di governo, del siste-ma di accoglienza, della scuola edelle stesse organizzazioni religiose.Tra esse: la disponibilità ad ascolta-re i migranti e le loro storie, che nefanno dei testimoni viventi dell’im-portanza dei diritti religiosi e delloro inscindibile legame con la li-bertà personale; il riconoscimentodella dimensione religiosa e spiri-tuale all’interno dei percorsi di ac-coglienza e di integrazione; il ri-spetto dei diritti religiosi (delle mi-noranze e della «maggioranza»),l’educazione al pluralismo religiosoe al principio di laicità dello Stato;la capacità di trasformare il plurali-smo religioso dei contesti scolasticie di vita quotidiana in “palestra dicittadinanza”; la “ri-alfab etizzazio-ne” religiosa delle nostre società, in-dispensabile per instaurare un au-

tentico confronto con chi provieneda altre tradizioni religiose ed esigeche esse siano riconosciute nellospazio pubblico.

Per monsignor Stefano Russo, se-gretario generale della Conferenzaepiscopale italiana, intervenuto alconvegno, i flussi umani che carat-terizzano ormai da decenni l’immi-grazione verso l’Italia e l’E u ro p a«hanno posto di fronte alla necessi-tà di fare i conti con un duplicescenario sociale e religioso: quellodei paesi d’origine dei flussi migra-tori e quello, anch’esso delicato, deipaesi di destinazione». Questi ulti-mi, in particolare, «sono chiamati aconfrontarsi con un profondo cam-biamento nella composizione etni-ca, linguistica e religiosa della pro-pria popolazione residente. Di con-tro, proprio la più tradizionaleidentità religiosa italiana, ed euro-pea e occidentale, quella cristiana,negli ultimi anni è stata ripetuta-mente evocata in chiave polemica, aprotezione di un’Europa minacciatadall’arrivo di immigrati e richieden-ti asilo che professano una fede dif-ferente». Il segretario generale dellaCei, citando un celebre discorso diGiovanni Paolo II sulle comuni ra-dici cristiane delle nazioni europee,ha poi osservato che «non sarebbecorretto individuare nella religioneun elemento di per sé di conflitto edi contrapposizione». Tutt’a l t ro .Come si evidenzia nello studiodell’Università cattolica, «in un

quadro di ri-umanizzazione la reli-gione può diventare una compo-nente costitutiva di un processo dico-costruzione dello spazio pubbli-co». Può fungere, insomma, da ele-mento aggregante, di dialogo e dicooperazione nella costruzione del-le comunità.

Anche secondo monsignor Clau-dio Giuliodori, assistente ecclesia-stico generale dell’Università catto-lica del Sacro Cuore, «non tenerein adeguata considerazione il fatto-re religioso rappresenta un elemen-to di grande criticità nell’appro ccioal fenomeno migratorio e nella ge-stione della convivenza interetni-ca». La ricerca «dimostra ampia-mente che ci troviamo di fronte aun pregiudizio ideologico che im-pedisce di cogliere adeguatamenteil ruolo della religione nei processimigratori e di integrazione».

Per il cardinale Angelo Bagnasco,presidente del Consiglio delle con-ferenze episcopali d’Europa, la reli-gione non può essere una questioneprivata: «Riconoscere che la dimen-sione religiosa è parte integrantedella persona è essenziale affinchéla società sia non accondiscendentema giusta verso ogni uomo». Ilporporato ha invitato a non con-fondere laicità e laicismo e ha evo-cato due criteri da prendere in con-siderazione. Innanzitutto, «come lareligione ha la possibilità di metterein guardia la ragione dall’auto-af-fermazione che fa perdere il contat-to con la realtà, così la ragione puòvigilare circa ogni eventuale formadi chiara violenza che potrebbe es-sere presente in ogni credo così co-me in ogni ideologia, cultura e so-cietà». L’altro criterio è la «provadella storia», quella che richiede lafatica del pensare e del rigore scien-tifico: «Se dalla religione nasce unavisione e un modo di vivere allora isecoli e i millenni sono testimonidella fecondità o meno delle diverseforme religiose. E noi cittadini eu-ropei ne dovremmo essere più con-sapevoli e più grati».San Giovanni Bosco

Nuovo programma di Radio Vaticana

I raccontidi chi fugge

«Non mi chiamo rifugiato» è il titolo delnuovo programma di Radio Vaticana, rea-lizzato in collaborazione con il CentroAstalli, in onda da sabato 26 settembre alle17.05 con cadenza settimanale (sulle fre-quenze 105.00 Fm e 103.8 Fm, digitalra-dio.it, canale tv 733, in podcast e pubblica-to su www.vaticannews.va). Il programma,che significativamente parte alla vigilia del-la Giornata mondiale del migrante e del ri-fugiato, intende proporre, come recita ilsottotitolo, «storie di rifugiati raccontate inprima persona da chi è stato costretto afuggire dal proprio paese».

Page 7: Una nuova corresponsabilità mondiale per sconfiggere … · 2020. 9. 26. · zione essenziale comune nei termi-ni della quale l’essere umano può essere definito e capito. Oggi

L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 27 settembre 2020 pagina 7

Messaggio del Pontefice per l’apertura dell’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’E u ro p a

Le nuove povertà reclamanouna coraggiosa fantasia della carità

Di fronte alle «nuove povertà»provocate dalla crisi, è necessario darvita a una coraggiosa «fantasia dellacarità», manifestando «sempre piùattenta e generosa vicinanza ai piùdeboli». Lo raccomanda PapaFrancesco nel messaggio inviato venerdì25 settembre ai partecipantiall’assemblea plenaria del Consigliodelle Conferenze episcopali d’E u ro p a ,che si svolge in modalità online fino adomenica 27 sul tema «La Chiesa inEuropa dopo la pandemia. Prospettiveper il creato e per le comunità».

Al Signor CardinaleAngelo BAGNASCO

Presidente del Consigliodelle Conferenze Episcopali

d’E u ro p aIn occasione dell’Assemblea Plenariadi codesto Consiglio, in programmaa Praga, sono lieto di rivolgere ilmio cordiale saluto ai Presidenti del-le Conferenze Episcopali Europee,assicurando la mia spirituale vicinan-za. Desidero esprimere il mio ap-prezzamento per il tema scelto: «LaChiesa in Europa dopo la pandemia.Prospettive per il creato e per la co-munità», ed auspico che il vostro in-contro possa offrire un significativo

contributo specialmente alle comuni-tà ecclesiali del Continente europeo.

L’esperienza della pandemia ci hasegnato tutti nell’intimo, perché haintaccato in modo drammatico unodei requisiti strutturali dell’esistenza,quello della relazionalità tra personee nella società, sconvolgendo cosìabitudini e rapporti che hanno mo-dificato anche le condizioni di vitasociale ed economica. La stessa vitaecclesiale è stata coinvolta in modosignificativo, costringendo a rimodu-lare la pratica religiosa: molte attivi-tà pastorali sono ancora in attesa diassestamento.

La morte di tante persone anzia-ne, i drammi delle famiglie colte disorpresa da un dolore grande e mi-naccioso, i drammi dei ragazzi e deigiovani chiusi in casa, i riti religiosi

e i percorsi di formazione cristianasospesi, hanno indotto non pochi sa-cerdoti e religiosi a individuare co-raggiose vie di servizio pastorale, te-stimoniando paterna e tenera prossi-mità al popolo. Di fronte alla esplo-sione di nuove povertà, è necessarioche questa fantasia della carità pro-segua, manifestando sempre più at-tenta e generosa vicinanza ai più de-b oli.

Le comunità cristiane sono chia-mate a rileggere spiritualmente ciòche abbiamo vissuto, al fine di ap-prendere quanto la vita insegna eper discernere prospettive per il fu-turo. Si tratta di assumere l’atteggia-mento dello scriba che estrae dal suotesoro cose nuove e cose antiche (cfr.Mt 13, 52).

Assicuro la mia preghiera affinché,per intercessione della Vergine Mariae dei Santi Patroni Benedetto, Ciril-lo e Metodio, i Pastori della Chiesache è in Europa possano infonderenei fedeli tutti la certezza della fede,secondo cui qualunque cosa possasuccedere nulla ci potrà separaredall’amore di Cristo (cfr. Rm 8, 38-39).

Mentre chiedo di pregare per me,invio a Lei, Signor Cardinale, aglialtri fratelli Vescovi e alle rispettivecomunità ecclesiali la BenedizioneAp ostolica.

Roma, San Giovanni in Laterano,4 settembre 2020

San Vincenzo de’ Pa o l i

Uno sguardo d’Amore sulle miserie del mondo

Gli interventi dei cardinali Bagnasco e Ouellet

Una società veramente umana non abbandona nessuno

Con un pensiero «alle molte vittime dell’epidemia, aquanti hanno vissuto l’estremo passaggio senza lapresenza dei loro cari», ma anche «al popolosconfinato di coloro che — medici, personaled’assistenza, forze dell’ordine, gestori dei serviziessenziali, volontari, sacerdoti, religiosi e religiose —hanno fatto sentire con la preghiera, la parola, losguardo, il gesto, che una società veramente umananon abbandona nessuno», il cardinale presidenteAngelo Bagnasco ha aperto, nel pomeriggio di venerdì25, i lavori dell’assemblea plenaria del Consiglio delleConferenze episcopali d’Europa. «Noi crediamo — hadetto riprendendo le parole di Papa Francesco — a unaEuropa che sia una famiglia solidale, sussidiaria,rispettosa dei diversi popoli», nella consapevolezza che

la religione non può restare «una questione puramenteprivata da confinare ai margini della convivenza». Daparte sua il cardinale Marc Ouellet, prefetto dellaCongregazione per i vescovi, salutando i partecipanti,si è detto certo che «il superamento della pandemia inEuropa sarà il risultato della collaborazione di tutti,ma una parte rilevante dipenderà dalla speranza attivadei cristiani che vivono nella luce del Cristo risorto espargono carità compassionevole su tutti i bisognosi,senza differenza di colore, etnia o religione». Da quil’invito a «rimboccarci le maniche per inventare unfuturo migliore con realismo, umiltà, fiducia esoprattutto consapevoli di dover testimoniare lasperanza per tutti a causa del Risorto presente inmezzo a noi».

Madre Maria Luigia Velotti beatificata a Napoli

Santitàp eriferica

«La maturità sociale espressa dallabeata Maria Luigia Velotti del San-tissimo Sacramento nell’800, nelladifficile realtà partenopea, in unadi quelle periferie dove ancora oggila Chiesa è chiamata a testimoniarela vita buona del Vangelo, è ancoraattuale perché sono ancora tantequelle periferie geografiche, ma an-che esistenziali — così care al SantoPadre Francesco — che necessitanodi una testimonianza cristiana vivaed efficace». Ecco il ritratto dellanuova beata (1826-1886), fondatricedella congregazione delle suoreFrancescane adoratrici della SantaCroce, delineato dal cardinale arci-vescovo di Napoli, Crescenzio Se-pe, che sabato mattina, 26 settem-bre, ha presieduto la celebrazionenella cattedrale partenopea.

«“Monaca di casa” prima, ritira-ta in comunità poi, fondatrice inseguito, colpita dalla sofferenza, havissuto una vita fondata sulla pre-ghiera nel totale dono di sé a Dio,secondo la spiritualità francescana,da lei profondamente amata», haspiegato il cardinale Sepe nell’ome-lia. «Un messaggio che la nuovabeata ci offre — ha fatto presente —è quello del donarsi agli altri attra-verso la carità. Questa donna halasciato un segno tangibile dellasua carità. Nel corso della sua tra-vagliata esistenza, si è aperta gra-dualmente all’amore verso gli altri,mettendosi al servizio dei poveri,degli indigenti, dei sofferenti nellospirito, valorizzando quanti eranoai margini della società, con parti-colare cura nei riguardi delle don-ne». E «temprata dalle prove per-sonali, rivolse al genere femminileun’attenzione speciale, in un mo-mento in cui la donna non godevaancora di una consapevole conside-razione nella società».

«Attenta alle necessità degli altri,specialmente le fasce più deboli eindigenti», la nuova beata, «unita-mente al pane per il nutrimentocorporale, seppe spezzare il panedella Parola per il nutrimento spiri-tuale». ha affermato il cardinale.Promosse, infatti, «una valida atti-vità catechetica nell’area del napo-letano, rivolgendosi, in modo spe-ciale, ai fanciulli».

«Il servizio della catechesi — haproseguito — è una delle caratteri-stiche più rilevanti della missionedi Maria Luigia: educare alla fedemediante l’opera e la parola; unaparola, che sebbene semplice per lascarsità delle sue risorse culturali,sapeva arrivare al cuore, comuni-cando l’essenziale. Con spiccata

questa beata dell’Ottocento sonoun ulteriore esempio della fiorentevita religiosa femminile nella Chie-sa in tempi specialmente travaglia-ti».

«La sua casa e il suo convento —ha concluso il cardinale Sepe —erano meta di un continuo affluiredi gente di ogni ceto e condizioneper chiedere consigli. Non era lasua cultura o particolari doti uma-ne ad attirare la gente, ma la con-sapevolezza di essere di fronte aduna “santa monaca”».

Domenica 4 ottobre

Il giuramento di 38 reclute della Guardia svizzera

di ERMINIO ANTONELLO

Universalmente, san Vincenzo de’ Paoli è ri-conosciuto come il santo dei poveri. Conlui ha ripreso vigore nella Chiesa la sensi-

bilità verso i diseredati della vita, in un periodoin cui, agli albori della modernità, essi venivanoconsiderati come intralci sociali da emarginare erecludere. Nella misteriosa chiamata di Dio egliha infuso nella mentalità ecclesiale quella che ilBossuet, suo discepolo, ha chiamato «l’eminentedignità dei poveri».

Questo sguardo sui poveri è sorto in lui attra-verso una chiamata vocazionale. Ha dovuto primaaccorgersi del povero che era in lui, per poter ve-dere i poveri attorno a lui. Attraverso la delusio-ne, derivante dal fallimento di tutti i suoi progettidi carriera, di fama, di acquisizione di un “buonp osto” nel mondo, il Signore si è fatto strada inlui, penetrandovi mediante una dolorosa crisi difede, quando era nel pieno della vita, a 35 anni.Gli ha fatto toccare con mano la nullità della suaumanità e, contemporaneamente, gli ha mostratola gratuità del suo Amore vivente nei poveri. E inquesta esperienza continuamente rinnovata nel-l’arco della sua vita, san Vincenzo ha visto ingran-dire in sé l’amore di Dio. Ed è stato per questaesperienza di sentirsi amato nell’intimo della suapersona che egli ha potuto mettersi decisamente aservizio della povera gente di campagna. Quellache allora, nel Seicento, costituiva il 95 per centodella popolazione di Francia ed era la maggior-mente abbandonata dai potenti e persino dagliecclesiastici.

Questa è la fonte della carità di san Vincenzo:l’Amore del Signore sentito, creduto, patito e pre-gato. È stata, ed ancora è, la sintonia con que-st’amore crocifisso a generare energia di affettibuoni per la povera gente che soffre: «Osservia-mo il Figlio di Dio — diceva ai suoi missionari —.Che cuore di carità! Che fiamma d’amore! O mioGesù, dimmi un po’, te ne prego, chi ti ha strap-pato dal cielo per venire a patire le maledizionidella terra, tante persecuzioni e tormenti che vihai sofferto? O sorgente dell’amore umiliato finoad abbassarti a noi ed a sopportare un supplizioinfame, chi ha amato il prossimo più di te?... Ah,fratelli, se avessimo un poco di questo amore, ri-marremmo con le braccia conserte? Lasceremmoperire coloro che potremmo assistere? Oh! no, lacarità non può rimanere oziosa, essa ci spinge aprocurare la salvezza e il sollievo altrui» (Opere,SVit X, 549).

E Vincenzo non è stato proprio con le mani inmano. E con lui nemmeno le organizzazioni dicarità che ha suscitato: dalle Dame di carità (1617)ai suoi missionari (1625) alle Figlie della carità(1633). Anzi si può dire che è stato un geniale or-ganizzatore di servizi di aiuto ai poveri, al puntoche un miscredente come Voltaire diceva: «Vin-cenzo de’ Paoli è il mio santo!». Il soccorso deipoveri in lui però ha assunto uno stile particolare,quello evangelico, alimentato dall’amabilità, dol-cezza, spirito di sacrificio, semplicità e umiltà. Lo

scopo era di far presagire ai poveri l’amore di Ge-sù per loro. Essi, emarginati, dovevano esperi-mentare nella carità di essere ospitati. Essi, soffe-renti, avevano bisogno di venire consolati. Essi,nullatenenti, avevano il diritto di essere rispettaticon la loro dignità personale. Era il modo concre-to per annunciare loro il Regno, «servendoli — se-condo il suo linguaggio — corporalmente e spiri-tualmente».

Per san Vincenzo, praticare questi atteggiamentiverso di loro significava rendere evidente chel’Abbà-Dio, mediante l’incarnazione del Figlio, liabbracciava nell’incanto di una paternità divinache non esclude nessuno dei suoi figli. Per questoraccomandava: «I missionari devono sentirsi com-mossi al vivo e afflitti in cuor loro per le miseriedel prossimo... questa pena e compassione devo-no apparire esternamente sul loro volto, ad esem-pio di Nostro Signore che pianse sulla città diGerusalemme, minacciata da calamità... bisognausare parole compassionevoli che dimostrino alprossimo che sentiamo come nostre le sue gioie ele sue pene. Infine bisogna soccorrerlo e assisterloper quanto si può, nelle sue necessità e miserie,cercando di liberarlo in tutto o in parte, perché lamano deve essere, per quanto è possibile, confor-me al cuore» (Opere, SVit X, 71).

Ricordare un santo a quattrocento anni di di-stanza non è un’operazione di recupero del passa-to, ma il sapere che l’azione caritativa ha bisognodi essere ripresa con la stessa identica intensitàcome fu vissuta nel suo tempo da Vincenzo de’Paoli. Egli funge per la Chiesa di tutti i tempi co-me “memoria critica” che mette in discussione igesti della carità, innestandoli nella loro sorgentesoprannaturale. Diceva san Vincenzo alle Figliedella carità: «Servendo i poveri, servite Gesù Cri-sto. Figlie mie, quanto è vero! Servite veramenteCristo nella persona dei poveri. E ciò è vero esat-

tamente come è vero che noi siamo qui, ora»(Opere, SVit IX, 324).

Per questo, la carità va pregata, essendo la pre-ghiera il clima interiore della carità. Ma non bastanemmeno questo, perché la carità va fatta. La ca-rità infatti assume la misura dell’uomo nella suainterezza: e l’uomo povero ha anche dei bisogni.Ma il semplice soddisfare questi bisogni non èancora carità, se in quest’azione non vi è la radicedell’amore. Di fatto, il chinarsi sul bisogno delpovero non nasce dalla generosità del sentimentoumano, ma dal desiderio che egli possa esperi-mentare che Dio si prende cura di lui, quasi acontrastare la spontanea tendenza di vedere solola Sua assenza a causa delle prove della vita.

In sintesi questo stile di carità secondo lo spiri-to di san Vincenzo è stato poeticamente interpre-tato nell'ultima scena del film Monsieur Vincent.Qui il regista (Maurice Cloche) mette in bocca asan Vincenzo, mentre riceveva la più giovane del-le sue figlie che sarebbe per la prima volta andataa visitare i poveri, queste parole:

«Piccola Jeanne, ho voluto vederti. So che seicoraggiosa e buona. Tu vai domani per la primavolta dai poveri. Non ho sempre potuto parlare aquelle che andavano dai poveri per la prima vol-ta. Eh, non si fa mai quello che si dovrebbe! Maa te, la giovane, l'ultima, debbo parlare, perché èimportante. Ricordati bene, ricordatelo, sempre:tu vedrai presto che la carità è un fardello pesan-te, più pesante della pentola della minestra e delcesto del pane. Ma tu conserverai la tua dolcezzae il tuo sorriso. Non è tutto dare il brodo e il pa-ne. Questo anche i ricchi possono farlo. Ma tu seila piccola serva dei poveri, la Figlia della carità,sempre sorridente e di buon umore. Essi sono ituoi padroni, padroni terribilmente suscettibili edesigenti, lo vedrai. Allora più saranno ripugnantie sudici, più saranno ingiusti e rozzi, più tu do-vrai dar loro il tuo amore. E non sarà che perquesto tuo amore, per il tuo amore soltanto, che ipoveri ti perdoneranno il pane che tu darai loro».

Nuovo membrodella Pontificia

Accademiadelle scienze

David CharlesBaulcomb e

Nato il 7 aprile 1952 a Solihull(Gran Bretagna), ha studiatopresso le università di Leeds edEdimburgo, conseguendo il dot-torato di ricerca. Ha insegnatoin varie università. Ha concen-trato la propria ricerca sulla re-golazione genica, scoprendo co-me l’espressione genica possa es-sere regolata a livello dell’acidoribonucleico (RNA) durante ilnormale sviluppo e nella resi-stenza alle malattie. Dal 2017 èprofessore di ricerca presso laRoyal Society e professore diBotanica nel dipartimento diScienze delle piante dell’univer-sità di Cambridge. Ha ricevutodiversi riconoscimenti in camposcientifico.

Lutto nell’episcopato

Monsignor Capistrano FranciscoHeim, dell’Ordine dei frati mi-nori, vescovo prelato emeritodella prelatura territoriale diItaituba, in Brasile, è morto gio-vedì 24 settembre nella Teresia-num house ad Albany, NewYork, negli Stati Uniti d’Ameri-ca. Nato a Catskill, nella diocesidi Albany, il 21 gennaio 1934,aveva emesso i voti solenni il 22agosto 1963 e il 18 dicembre 1965era divenuto sacerdote. Missio-nario in Brasile, era stato nomi-nato primo prelato di Itaituba il6 luglio 1988 e aveva ricevutol’ordinazione episcopale il suc-cessivo 17 settembre. L’8 dicem-bre 2010 aveva rinunciato all’in-carico pastorale. Le esequie sonostate celebrate nella mattina disabato 26 settembre nella cap-pella di Santa Maria degli An-geli nel campus del Siena colle-ge a Loudonville, New York. Lasepoltura è poi avvenuta nel St.Agnes Cemetery a Menands,New York.

Trentotto nuove reclute della Guardiasvizzera pontificia presteranno giuramentodomenica 4 ottobre, alle 17, nel CortileSan Damaso del Palazzo apostolico, allapresenza del sostituto della Segreteria diStato, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, inrappresentanza del Santo Padre. In conse-guenza delle misure di sicurezza adottateper contrastare la pandemia, la cerimonia— che ogni anno commemora l’eroica mor-te dei 147 soldati elvetici caduti in difesa

di Papa Clemente VII durante il Sacco diRoma del 1527 — avrà luogo in formastrettamente privata, alla presenza soltantodei familiari più stretti delle guardie. Ilgiuramento — così come la messa mattuti-na delle 7.30 presieduta dal cardinale se-gretario di Stato Pietro Parolin all’a l t a redella Confessione della basilica vaticana —verrà trasmesso in streaming sul portaleistituzionale del Corpo (www.guardiasviz-zera.ch).

sensibilità e mossada una incrollabilefede, ha saputo ri-conoscere in ogniindividuo, anche ilpiù reietto o malva-gio, un frammentodi quell’umanità al-la quale è necessariotestimoniare la veri-tà evangelica e lapossibilità di salvez-za».

«La beata MariaLuigia — ha rilan-ciato — è un mes-saggio di Dio pertutti noi e per le suesuore, specialmentein questo tempodifficile segnato dal-la precarietà a causadella pandemia.Umile e silenziosa,si calò nelle incer-tezze e nelle miseriedel suo tempo sen-za indugio, con unospiccato senso diconcretezza, ma to-talmente abbando-nata a Dio. La vitacontemplativa e l’at-tività apostolica di

L’arazzo raffigurante la nuova beata nella cattedrale di Napoli

Page 8: Una nuova corresponsabilità mondiale per sconfiggere … · 2020. 9. 26. · zione essenziale comune nei termi-ni della quale l’essere umano può essere definito e capito. Oggi

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 domenica 27 settembre 2020

In un videomessaggio all’Assemblea generale dell’Onu il Papa invoca un cambio di rotta per uscire dalla crisi e rilancia il multilateralismo

Una nuova corresponsabilità mondialeper sconfiggere l’individualismo autolesionista

Per uscire dalla crisi bisogna vincere latentazione di ripiegare su atteggiamentiautolesionistici — come il nazionalismoe l’individualismo — e intraprendere ilcammino del multilateralismo che portaa «una rinnovata corresponsabilitàmondiale». Lo ha affermato PapaFrancesco nel videomessaggio rivoltovenerdì 25 settembre ai partecipantialla 75a Assemblea generale delleNazioni Unite in corso a New York.Ne pubblichiamo di seguito una nostratraduzione dallo spagnolo.

Signor Presidente,La pace sia con voi!

Saluto cordialmente lei, signorpresidente, e tutte le delegazioni chepartecipano a questa significativasettantacinquesima AssembleaGenerale delle Nazioni Unite. Inparticolare, estendo i miei saluti alsegretario generale, il signor AntónioGuterres, ai Capi di Stato e di Go-verno partecipanti, e a tutti coloroche stanno seguendo il dibattito ge-nerale.

Il settantacinquesimo anniversariodell’Onu è un’occasione per ribadireil desiderio della Santa Sede chequesta organizzazione sia un verosegno e strumento di unità tra gli

na. Inoltre, ci mostra l’imp ortanzadi evitare la tentazione di superare inostri limiti naturali. «La libertàumana è capace di limitare la tecni-ca, di orientarla e porla al servizio diun altro tipo di progresso più sano,più umano, più sociale, più integra-le»4. Dovremmo anche tener contodi tutti questi aspetti nei dibattiti sulcomplesso tema dell’intelligenza arti-ficiale (IA).

Tenendo presente questo, pensoanche agli effetti sul lavoro, settoredestabilizzato da un mercato occu-pazionale sempre più guidatodall’incertezza e dalla «robotizzazio-ne» generalizzata. È particolarmentenecessario trovare nuove forme di la-voro che siano davvero capaci disoddisfare il potenziale umano e cheal tempo stesso affermino la nostradignità. Per garantire un lavoro di-gnitoso occorre cambiare il paradig-ma economico dominante che cercasolo di aumentare gli utili delle im-prese. L’offerta di lavoro a più per-sone dovrebbe essere uno dei princi-pali obiettivi di ogni imprenditore,uno dei criteri di successo dell’attivi-tà produttiva. Il progresso tecnologi-co è utile e necessario purché serva afar sì che il lavoro delle persone siapiù dignitoso, più sicuro, meno gra-voso e spossante.

E tutto ciò richiede un cambio dirotta, e per questo abbiamo già le ri-sorse e abbiamo i mezzi culturali etecnologici, e abbiamo la coscienzasociale. Tuttavia, questo cambiamen-to ha bisogno di un contesto eticopiù forte, capace di superare «la tan-to diffusa e incoscientemente conso-lidata “cultura dello scarto”»5.

All’origine di questa cultura delloscarto c’è una grande mancanza dirispetto per la dignità umana, unapromozione ideologica con visioniriduzioniste della persona, una nega-zione dell’universalità dei suoi dirittifondamentali, e un desiderio di po-tere e controllo assoluti che dominala società moderna di oggi. Chia-miamolo per nome: anche questo èun attentato contro l’umanità.

Di fatto, è doloroso vedere quantidiritti fondamentali continuano a es-sere impunemente violati. L’elencodi queste violazioni è molto lungo eci rimanda la terribile immagine diun’umanità violata, ferita, priva didignità, di libertà e di possibilità disviluppo. In questa immagine, anchei credenti religiosi continuano a su-bire ogni sorta di persecuzione,compreso il genocidio dovuto alleloro credenze. Tra i credenti religiosianche noi cristiani siamo vittime:quanti soffrono in tutto il mondo, avolte costretti a fuggire dalle proprieterre ancestrali, isolati dalla loro ric-ca storia e dalla loro cultura.

Dobbiamo però anche ammettereche le crisi umanitarie sono diventa-te lo status quo, dove i diritti alla vi-ta, alla libertà e alla sicurezza perso-nale non sono garantiti. Di fatto, iconflitti in tutto il mondo mostranoche l’uso di armi esplosive, soprat-tutto in aree popolate, ha un impat-to umanitario drammatico a lungotermine. In tal senso, le armi con-venzionali stanno diventando sempremeno «convenzionali» e sempre più«armi di distruzione di massa», ab-battendo città, scuole, ospedali, sitireligiosi e infrastrutture e servizi dibase per la popolazione.

Per di più, molti si vedono co-stretti ad abbandonare le loro case.

Spesso, i rifugiati, i migranti e glisfollati interni nei paesi di origine,transito e destinazione, soffrono ab-bandonati, senza opportunità di mi-gliorare la loro situazione nella vitao nella loro famiglia. Fatto ancor piùgrave, in migliaia vengono intercet-tati in mare e rispediti con la forzain campi di detenzione dove soppor-tano torture e abusi. Molti sono vit-time della tratta, della schiavitù ses-suale o del lavoro forzato, sfruttatiin compiti umilianti, senza un sala-rio equo. Tutto ciò è intollerabile,ma oggi è una realtà che molti igno-rano intenzionalmente!

I tanti sforzi internazionali impor-tanti per rispondere a queste crisiiniziano con una grande promessa,tra questi i due Patti Globali sui ri-fugiati e sulla migrazione, ma moltinon hanno il sostegno politico ne-cessario per avere successo. Altri fal-liscono perché i singoli Stati eludo-no le loro responsabilità e i loro im-pegni. Ciononostante, la crisi attualeè un’opportunità: è un’opp ortunitàper l’Onu, è un’opportunità per ge-nerare una società più fraterna ecompassionevole.

Ciò include il riconsiderare il ruo-lo delle istituzioni economiche e fi-nanziarie, come quelle di Bretton-Woods, che devono rispondere al ra-pido aumento delle disuguaglianzetra i super ricchi e i permanente-mente poveri. Un modello economi-co che promuova la sussidiarietà, so-stenga lo sviluppo economico a li-vello locale e investa nell’istruzione enelle infrastrutture a beneficio dellecomunità locali, fornirà la base per ilsuccesso economico stesso e, al con-tempo, per il rinnovamento della co-munità e della nazione in generale.E qui rinnovo il mio appello affin-ché «in considerazione delle circo-stanze [...] si mettano in condizionetutti gli Stati, di fare fronte allemaggiori necessità del momento, ri-ducendo, se non addirittura condo-nando, il debito che grava sui bilan-ci di quelli più poveri»6.

La comunità internazionale devesforzarsi di porre fine alle ingiustizieeconomiche. «Quando gli organismimultilaterali di credito fornisconoconsulenza alle diverse nazioni, ri-sulta importante tener presenti iconcetti elevati della giustizia fiscale,i bilanci pubblici responsabili del lo-ro indebitamento e, soprattutto, unapromozione effettiva, e che li rendaprotagonisti, dei più poveri nella tra-

ma sociale»7. Abbiamo la responsa-bilità di fornire assistenza per lo svi-luppo alle nazioni povere e la ridu-zione del debito per le nazioni mol-to indebitate8.

«Una nuova etica presupponel’essere consapevoli della necessitàche tutti s’impegnino a lavorare in-sieme per chiudere i rifugi fiscali,evitare le evasioni e il riciclaggio didenaro che derubano la società, co-me anche per dire alle nazioni l’im-portanza di difendere la giustizia e ilbene comune al di sopra degli inte-ressi delle imprese e delle multina-zionali più potenti»9. Questo è iltempo propizio per rinnovare l’ar-chitettura finanziaria internaziona-le10.

Signor Presidente,Ricordo l’occasione che ho avuto

cinque anni fa di rivolgermi all’As-semblea Generale nel suo settantesi-mo anniversario. La mia visita haavuto luogo in un periodo di unmultilateralismo veramente dinami-co, un momento promettente e digrande speranza, immediatamenteprima dell’adozione dell’Agenda2030. Pochi mesi dopo, è stato an-che firmato l’accordo di Parigi sulcambiamento climatico.

Tuttavia, dobbiamo onestamenteammettere che, sebbene siano staticompiuti alcuni progressi, la scarsacapacità della comunità internazio-nale a mantenere le promesse fattecinque anni fa mi porta a ribadireche «dobbiamo evitare qualsiasi ten-tazione di cadere in un nominalismodeclamatorio con effetto tranquilliz-zante sulle coscienze. Dobbiamoaver cura che le nostre istituzionisiano realmente efficaci nella lottacontro tutti questi flagelli»11.

Penso anche alla pericolosa situa-zione nell’Amazzonia e alle sue po-polazioni indigene. Questo ci ricor-da che la crisi ambientale è indisso-lubilmente legata a una crisi socialee che la cura dell’ambiente esige unapproccio integrale per combatterela povertà e l’esclusione12.

Certamente è un passo positivoche la sensibilità ecologica integralee il desiderio di azione sia cresciuti.«Non dobbiamo porre sulle prossi-me generazioni il fardello di farsi ca-rico dei problemi causati da quelleprecedenti. [...] dobbiamo doman-darci seriamente se c’è la volontà po-litica di destinare con onestà, re-sponsabilità e coraggio più risorseumane, finanziarie e tecnologicheper mitigare gli effetti negativi delcambiamento climatico, nonché peraiutare le popolazioni più povere evulnerabili che ne sono maggior-mente colpite»13.

La Santa Sede continuerà a svol-gere il suo ruolo. Come segno con-creto della cura della nostra casa co-mune, di recente ho ratificatol’Emendamento di Kigali al Proto-collo di Montreal14.

Signor Presidente,Non possiamo ignorare le conse-

guenze devastanti della crisi del Co-vid-19 sui bambini, compresi i mino-ri migranti e rifugiati non accompa-gnati. Anche la violenza contro ibambini, includendo l’orribile flagel-lo dell’abuso infantile e la pornogra-fia, è drammaticamente aumentata.

Inoltre, milioni di bambini nonpossono tornare a scuola. In molteparti del mondo questa situazioneminaccia un incremento del lavorominorile, lo sfruttamento, gli abusi ela malnutrizione. Purtroppo, i paesie le istituzioni internazionali stannoanche promuovendo l’aborto comeuno dei cosiddetti «servizi essenzia-li» nella risposta umanitaria. È tristevedere quanto sia diventato semplicee conveniente, per alcuni, negarel’esistenza di vita come soluzione aproblemi che possono e devono es-sere risolti sia per la madre sia per ilbambino non nato.

Imploro pertanto le autorità civiliaffinché prestino particolare atten-zione ai bambini a cui vengono ne-gati i loro diritti e la loro dignitàfondamentali, in particolare il lorodiritto alla vita e all’educazione.Non posso fare a meno di ricordarel’appello della giovane coraggiosaMalala Yousafzai, che cinque anni fanell’Assemblea Generale ci ha ricor-dato che «un bambino, un maestro,un libro e una penna possono cam-biare il mondo».

I primi educatori del bambino so-no sua madre e suo padre, la fami-glia che la Dichiarazione Universaledei Diritti Umani descrive come «ilnucleo naturale e fondamentale dellaso cietà»15. Troppo spesso la famigliaè vittima di colonialismi ideologiciche la rendono vulnerabile e finisco-no col provocare in molti dei suoimembri, specialmente nei più indife-si — bambini e anziani — un senso disradicamento e di orfanità. La disin-tegrazione della famiglia riecheggianella frammentazione sociale che im-pedisce l’impegno per affrontare ne-mici comuni. È tempo di rivedere ed’impegnarci nuovamente con i no-stri obiettivi.

E uno di questi obiettivi è la pro-mozione della donna. Quest’anno ri-corre il venticinquesimo anniversariodella Conferenza di Pechino sullaDonna. A tutti i livelli della societàle donne svolgono un ruolo impor-tante, con il loro contributo unico,prendendo le redini con grande co-raggio al servizio del bene comune.Tuttavia, molte donne rimangono in-dietro: vittime della schiavitù, dellatratta, della violenza e dello sfrutta-mento e di trattamenti umilianti. Aloro e a quelle che vivono lontanodalle loro famiglie esprimo la mia vi-cinanza fraterna, e al tempo stessorichiedo maggiore determinazione eimpegno nella lotta contro questepratiche perverse che denigrano nonsolo le donne, ma tutta l’umanità

che, con il suo silenzio e la mancan-za di azioni concrete, diventa com-plice.

Signor Presidente,Dobbiamo chiederci se le princi-

pali minacce alla pace e alla sicurez-za, come la povertà, le epidemie e ilterrorismo, tra le altre, possono esse-re affrontate efficacemente quando lacorsa agli armamenti, comprese learmi nucleari, continua a sprecare ri-sorse preziose che sarebbe meglioutilizzare a beneficio dello sviluppointegrale dei popoli e per proteggerel’ambiente naturale.

È necessario spezzare il clima disfiducia esistente. Stiamo assistendoa un’erosione del multilateralismoche risulta ancora più grave alla lucedella crescita di nuove forme di tec-nologia militare16, come sono i siste-mi letali di armi autonome (Laws),che stanno alterando in modo irre-versibile la natura della guerra, sepa-randola ancor di più dall’azioneumana.

Dobbiamo smantellare le logicheperverse che attribuiscono al posses-so di armi la sicurezza personale esociale. Tali logiche servono solo adaumentare i profitti dell’industriabellica, alimentando un clima di sfi-ducia e di paura tra le persone e ip op oli.

E in particolare, la «deterrenzanucleare» fomenta uno spirito dipaura basata sulla minaccia di un re-ciproco annientamento, che finiscecoll’avvelenare le relazioni tra i po-poli e ostacolare il dialogo1 7. Perciò ètanto importante appoggiare i prin-cipali strumenti giuridici internazio-nali di disarmo nucleare, non proli-ferazione e messa al bando. La San-ta Sede auspica che la prossimaConferenza di revisione del Trattatodi non proliferazione delle armi nu-cleari (Tnp) si traduca in azioni con-crete conformi alla nostra intenzionecongiunta «di porre termine, il piùpresto possibile, alla corsa agli arma-menti nucleari e di prendere misureefficaci sulla via del disarmo nuclea-re » 18.

Inoltre, il nostro mondo in con-flitto ha bisogno che l’Onu diventiun laboratorio per la pace semprepiù efficace, il che richiede che imembri del Consiglio di Sicurezza,soprattutto quelli Permanenti, agi-scano con maggiore unità e determi-nazione. A tale proposito, la recenteadozione del cessate il fuoco globaledurante la crisi attuale, è una misuramolto nobile, che richiede la buonavolontà di tutti per la sua applica-zione costante. E ribadisco anchel’importanza di ridurre le sanzioniinternazionali che rendono difficileagli Stati fornire un sostegno ade-guato alle loro popolazioni.

Signor Presidente,Da una crisi non si esce uguali: o

ne usciamo migliori o peggiori. Per-ciò, in questo momento critico, ilnostro dovere è di ripensare il futurodella nostra casa comune e del nostroprogetto comune. È un compito com-plesso, che richiede onestà e coeren-za nel dialogo, al fine di migliorareil multilateralismo e la cooperazionetra gli Stati. Questa crisi sottolineaulteriormente i limiti della nostra au-tosufficienza e comune fragilità e ciinduce a dichiarare esplicitamentecome vogliamo uscirne: migliori opeggiori. Perché, ripeto, da una crisinon si esce uguali: o ne usciamo mi-gliori o ne usciamo peggiori.

La pandemia ci ha dimostrato chenon possiamo vivere senza l’altro, opeggio ancora, l’uno contro l’a l t ro .Le Nazioni Unite sono state createper unire le nazioni, per avvicinarle,come un ponte tra i popoli; usiamo-lo per trasformare la sfida che stia-mo affrontando in una opportunitàper costruire insieme, ancora unavolta, il futuro che vogliamo.

E che Dio ci benedica tutti!Grazie signor Presidente.

1. Discorso all’Assemblea Generale dell’Onu, 25 settembre2015, Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generaledell’Onu, 18 aprile 2008.

2. Meditazione durante il momento straordinario di pre-ghiera in tempo di pandemia, 27 marzo 2020.

3. Cfr. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, arti-colo 25.1.

4. Lettera Enciclica Laudato si’, n.12.5. Discorso all’Assemblea Generale dell’Onu, 25 settembre

2015.6. Messaggio Urbi et Orbi, 12 aprile 2020.7. Discorso ai partecipanti al seminario «Nuove forme di

solidarietà», 5 febbraio 2020.8. Cfr. Ibid.9. Ibid.

10. Cfr. Ibid.

11. Discorso all’Assemblea Generale dell’Onu, 25 settem-bre 2015.

12. Cfr. Lettera Enciclica Laudato si’, n. 139.13. Messaggio ai partecipanti al XXV sessione della Confe-

renza degli Stati Parte della Convenzione quadro delle Na-zioni Unite sul cambiamento climatico, 1° dicembre 2019.

14. Cfr. Messaggio alla XXXI Riunione delle Parti alProtocollo di Montreal, 7 novembre 2019.

15. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, articolo16.3.

16. Cfr. Discorso sulle armi nucleari, Parco dell’epicen-tro della bomba atomica, Nagasaki, 24 novembre 2019

17. C f r. ibid.18. Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari,

preamb olo.

Stati e di servizio all’intera famigliaumana1.

Attualmente il nostro mondo ècolpito dalla pandemia di Covid-19,che ha portato alla perdita di moltevite. Questa crisi sta cambiando ilnostro stile di vita, sta mettendo indiscussione i nostri sistemi economi-ci, sanitari e sociali e sta mostrandola nostra fragilità come creature.

La pandemia ci chiama, infatti, «acogliere questo tempo di prova comeun tempo di scelta. [...]: il tempo discegliere che cosa conta e che cosapassa, di separare ciò che è necessa-rio da ciò che non lo è»2. Può rap-presentare un’opportunità reale perla conversione, la trasformazione,per ripensare il nostro stile di vita e inostri sistemi economici e sociali,che stanno aumentando le distanzetra poveri e ricchi, a seguito diun’ingiusta ripartizione delle risorse.Ma può anche essere una possibilitàper una «ritirata difensiva» con ca-ratteristiche individualistiche ed eli-tarie.

Ci troviamo quindi di fronte allascelta tra uno dei due cammini pos-sibili: uno conduce al rafforzamentodel multilateralismo, espressione diuna rinnovata corresponsabilitàmondiale, di una solidarietà fondatasulla giustizia e sul compimento del-la pace e l’unità della famiglia uma-na, progetto di Dio per il mondo;l’altro predilige gli atteggiamenti diautosufficienza, il nazionalismo, ilprotezionismo, l’individualismo el’isolamento, escludendo i più pove-ri, i più vulnerabili, gli abitanti delleperiferie esistenziali. E certamenterecherà danno alla comunità intera,essendo autolesionismo per tutti. Equesto non deve prevalere.

La pandemia ha messo in eviden-za l’urgente necessità di promuoverela salute pubblica e di realizzare ildiritto di ogni persona alle cure me-diche di base3. Pertanto, rinnovol’appello ai responsabili politici e alsettore privato affinché adottino lemisure adeguate a garantire l’accessoai vaccini contro il Covid-19 e alletecnologie essenziali necessarie perassistere i malati. E se bisogna privi-legiare qualcuno, che sia il più pove-ro, il più vulnerabile, chi general-mente viene discriminato perché nonha né potere né risorse economiche.

La crisi attuale ci ha anche dimo-strato che la solidarietà non può es-sere una parola o una promessa va-

Chiediamoal Signore il dono

della pace, un mondosenza armi

di distruzione di massa!Impegniamoci a liberare

l’umanitàdalle armi nucleari,

grave minacciaal genere umano.

(@Pontifex_it)