Una nota sulla regalità sacra di Roberto d’Angiò alla luce della ricerca iconografica

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Una nota sulla regalità sacra di Roberto d’Angiò alla luce della ricerca iconografica Studi classici sulla regalità medievale hanno messo in evidenza come a partire dalle cosiddette riforma della Chiesa e lotta per le investiture le gerarchie ecclesiastiche abbiano, in un generale ripensamento dei precedenti rapporti di potere tra regno e sacer- dozio, indotto le autorità civili ad un sostanziale ripensamento ide- ologico della loro concezione di sé. 1 Entro tale contesto il principio della regalità sacra (secondo la categoria del «sacro» formalizzata da Rudolf Otto) che pur si è sempre prestato a conferire legitti- mità al potere regio medievale ed a creare, anche se solo in parte, quello che Max Weber ha definito nei termini di «carisma» del sovrano, ha subìto un pesante attacco da parte della Chiesa nel periodo compreso tra il XII secolo e i primi anni del XIV (almeno 1 Sul concetto di regalità e sul rapporto tra regno e sacerdozio nel corso del Medioevo è impossibile dare, in questa sede, una bibliografia esaustiva. Ci limitiamo pertanto a richiamare solamente alcuni testi: R. FOLZ, L’idée d’empire en Occident du Ve au XIV e siècle, Paris, Aubier, 1953; W. ULLMANN, Principi di governo e politica nel Medioevo, ed. it., Bologna, Il Mulino, 1972; M. BLOCH, I re taumaturghi. Studi sul carattere sovrannaturale attribuito alla potenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra, pref. di C. Ginzburg, «Ricordo di Marc Bloch» di L. Febvre, ed. it., Tori- no, Einaudi, 1973; E. KANTOROWICZ, I due corpi del Re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale, intr. di A. Boureau, ed. it., Torino, Einaudi, 1989; J. LE GOFF, San Luigi, ed. it., Torino, Einaudi, 1996; G. TABACCO, Le ideologie politiche del Medioevo, Torino, Einaudi, 2000; Per me reges regnant. La regalità sacra nell’Europa medievale, a cura di F. Cardini e M. Saltarelli, Rimini-Siena, il Cerchio-Cantagalli, 2002; G. M. CANTARELLA, Qualche idea sulla sacralità regale alla luce delle recenti ricerche: itinerari e interrogativi, «Studi Medievali», s. III, XLIV, 2003, pp. 911-927; M. P. ALBERZONI, Dalla regalità sacra al sacerdozio regale. Il difficile equilibrio tra papato e impero nella christianitas medievale, in L’equilibrio internazionale dagli antichi ai moderni, a cura di C. Bearzot - F. Landucci - G. Zecchini, Milano, 2005, pp. 85-123.

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Una nota sulla regalità sacra diRoberto d’Angiò alla luce della

ricerca iconografica

Studi classici sulla regalità medievale hanno messo in evidenza come a partire dalle cosiddette riforma della Chiesa e lotta per le investiture le gerarchie ecclesiastiche abbiano, in un generale ripensamento dei precedenti rapporti di potere tra regno e sacer-dozio, indotto le autorità civili ad un sostanziale ripensamento ide-ologico della loro concezione di sé.1 Entro tale contesto il principio della regalità sacra (secondo la categoria del «sacro» formalizzata da Rudolf Otto) che pur si è sempre prestato a conferire legitti-mità al potere regio medievale ed a creare, anche se solo in parte, quello che Max Weber ha definito nei termini di «carisma» del sovrano, ha subìto un pesante attacco da parte della Chiesa nel periodo compreso tra il XII secolo e i primi anni del XIV (almeno

1 Sul concetto di regalità e sul rapporto tra regno e sacerdozio nel corso del Medioevo è impossibile dare, in questa sede, una bibliografia esaustiva. Ci limitiamo pertanto a richiamare solamente alcuni testi: R. Folz, L’idée d’empire en Occident du Ve au XIV e siècle, Paris, Aubier, 1953; W. Ullmann, Principi di governo e politica nel Medioevo, ed. it., Bologna, Il Mulino, 1972; M. Bloch, I re taumaturghi. Studi sul carattere sovrannaturale attribuito alla potenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra, pref. di C. Ginzburg, «Ricordo di Marc Bloch» di L. Febvre, ed. it., Tori-no, Einaudi, 1973; E. Kantorowicz, I due corpi del Re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale, intr. di A. Boureau, ed. it., Torino, Einaudi, 1989; J. Le GoFF, San Luigi, ed. it., Torino, Einaudi, 1996; G. taBacco, Le ideologie politiche del Medioevo, Torino, Einaudi, 2000; Per me reges regnant. La regalità sacra nell’Europa medievale, a cura di F. Cardini e M. Saltarelli, Rimini-Siena, il Cerchio-Cantagalli, 2002; G. M. Cantarella, Qualche idea sulla sacralità regale alla luce delle recenti ricerche: itinerari e interrogativi, «Studi Medievali», s. III, XLIV, 2003, pp. 911-927; M. P. alBerzoni, Dalla regalità sacra al sacerdozio regale. Il difficile equilibrio tra papato e impero nella christianitas medievale, in L’equilibrio internazionale dagli antichi ai moderni, a cura di C. Bearzot - F. Landucci - G. Zecchini, Milano, 2005, pp. 85-123.

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cioè sino all’epoca della “cattività avignonese” o quantomeno al pontificato di Giovanni XXII).2 Essa ha infatti cercato, con alterni risultati, di limitarlo in ogni modo o per lo meno di presentarlo come un qualcosa di fortemente subordinato all’autorità del roma-no pontefice. All’interno di tale linea interpretativa si inseriscono le seguenti considerazioni relative al concetto di regalità sacra nella teoria politica di Roberto d’Angiò (re di Sicilia dal 1309 al 1343) alla luce di una sistematica analisi delle sue raffigurazioni.3

A partire dal 1317 e soprattutto dagli anni Trenta del XIV se-colo si assiste all’interno di queste ad una vera e propria esplosione di temi e soggetti di natura prettamente sacrale. In particolare vi incontriamo scene di benedizione divina del re ed un’ampia profusione di immagini di Cristo, della Vergine e di alcuni santi. Nello specifico di questi ultimi vi ricorrono soprattutto membri dell’ordine francescano (al quale, come è noto, Roberto è parti-colarmente legato) ed in special modo san Ludovico di Tolosa (costui, oltre che minorita, fratello maggiore del re e quindi vero e proprio santo dinastico in grado di dare particolare lustro a tutta la casata).4

2 Cfr. R. otto, Il sacro. L’irrazionale nell’idea del divino e la sua relazione al razio-nale, ed. it., Milano, Feltrinelli, 1966, in part. pp. 28-32; m. weBer, Economia e società, ed. it., Milano, 1961, I, in part. p. 238.

3 Le immagini sono: lello D’orvieto, Reali angioini e santi, affresco, 1333-1343. Napoli, Convento di Santa Chiara (Fig. 1); Simone martini, San Ludovico di Tolosa in-corona re Roberto, dipinto su tavola, 1317. Napoli, Museo di Capodimonte; maeStro Di Giovanni Barrile, San Ludovico di Tolosa venerato dal re Roberto e dalla regina Sancia, dipinto su tavola, c. 1331-1332. Aix-en-Provence, Musée Granet (Fig. 2); mae Stro Delle tempere FranceScane, Re Roberto e Sancia ai piedi del Cristo crocifisso, dipinto su tavola, 1329-1343, Collezione privata; Gisant di Roberto d’Angiò sul sepolcro provvisorio del re, scultura, 1343. Napoli, Convento di Santa Chiara; Giovanni e pacio Bertini, Roberto d’Angiò in trono, gisant di Roberto d’Angiò, Roberto d’Angiò in gloria e Roberto d’Angiò in ginocchio di fronte alla Vergine, scultura, 1343-1345. Napoli, Chiesa del Convento di Santa Chiara, sepolcro di Roberto d’Angiò (Fig. 3); criStoForo orimina, Roberto in trono attorniato dalle Virtù, miniatura, ante 1343. Louvain, Bibliotheek Faculteit Teologie, Ms. Lat. 1, Bibbia di Malines o di Nicolò d’Alife, fol. 3v (Fig. 4); e Roberto d’Angiò in trono, miniatura, cc. 1335-1336. Londra, British Library, Ms. 6.E.IX, Regia Carmina, fol. 10v.

4 Sulle caratteristiche iconografiche di queste raffigurazioni la letteratura è parti-colarmente abbondante. Tra le opere più significative ricordo solamente: F. BoloGna, I pittori alla corte angioina di Napoli. E un riesame dell’arte nell’età fridericiana, Roma, Bozzi, 1969; P. leone De caStriS, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze, Cantini, 1986; A. BarBero, La propaganda di Roberto d’Angiò re di Napoli (1309-1343), in Le forme della propaganda politica nel Due e Trecento, a cura di P. Cammarosano, Atti

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Queste caratteristiche iconografiche vogliono evidentemente esprimere una legittimazione divina del potere regio ed una spic-cata sacralità della persona del re. A conferma di ciò possiamo notare come egli, secondo gli argomenti addotti dalla propaganda politica prodotta all’interno della corte e ben messi in evidenza dagli studi del Boyer, venga idealmente a rappresentare una sorta di figlio adottivo di Dio in terra il cui cuore è, per così dire, nelle mani del Signore e quindi sia in qualche modo in grado, illumina-to dalla grazia celeste, di guidare rettamente i propri sudditi. In questo modo Roberto diviene una specie di intermediario tra Dio e gli uomini arrivando così quasi a sfiorare l’analogia con il ruolo sacerdotale. Quel che ne consegue è che, essendo l’ufficio regio da lui svolto istituito dalla divina Provvidenza, il suo potere non può che necessariamente essere prettamente legittimo e sacro.5

del Convegno di Trieste, Trieste, 2-5 marzo 1993, Roma, École Française de Rome, 1994, pp. 111-131; J. GarDner, Seated Kings, Sea-faring Saints and Heraldry: same the-mes in Angevin Iconography, in L’État angevin. Pouvoir, culture et société entre XIII et XIV siècle, Atti del Colloquio Internazionale, Roma-Napoli, 7-11 novembre 1995, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1998, pp. 115-126; C. De mérinDol, L’héraldique des princes angevins, in Les Princes angevins du XIII au XV siècle. Un destin européen, a cura di N. Y. Tonnerre e E. Verry, Atti delle Giornate di Studio dell’Università d’Angers e dell’Archivio di Maine-et-Loire, Fontevrault, 15-16 giugno 2001, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2003, pp. 277-310. Per un maggior approfondimento mi sia concesso rimandare alla mia tesi di dottorato: M. vaGnoni, Raffigurazioni regie ed ideologie politiche. I sovrani di Sicilia dal 1130 al 1343, Tesi di Dottorato in Storia Medievale, Università degli Studi di Firenze, esame finale 2008, in part. pp. 124-148 e 161-162.

5 Su questi aspetti si veda: J. P. Boyer, La «foi monarchique»: royaume de Sicile et Provence (mi-XIII - mi-XIV siècle), in Le forme della propaganda politica cit., pp. 85-110, in part. pp. 87-88 e p. 108; iDem, Ecce rex tuus. Le roi et le royaume dans les sermons de Robert de Naples, «Revue Mabillon», n.s., VI, 1995, pp. 101-136, distribuito in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 28, in part. p. 20; iDem, Les Baux et le modèle royal. Une oraison funèbre de Jean Regina de Naples (1334), «Provence Histo-rique», XLV, 1995, pp. 427-452, distribuito in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 18, passim; iDem, Prédication et état napolitain dans la première moitié du XIV siècle, in L’État angevin cit., pp. 127-157, in part. pp. 147-149; iDem, Florence et l’idée monarchique. La prédication de Remigio dei Girolami sur les Angevins de Naples, in La Toscane et les Toscans autour de la Renaissance. Cadres de vie, société, croyances. Mélanges offerts à Charles-M. de La Roncière, Aix-en-Provence, 1999, pp. 363-376, distribuito in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 8, in part. p. 6; iDem, Une théologie du droit. Les sermons juridiques du roi Robert de Naples et de Barthélemy de Capoue, in Saint-Denis et la royauté. Études offertes à Bernard Guenée, Paris, Publications de la Sorbonne. Histoire Ancienne et Médiévale, 1999, pp. 647-659, distribuito in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 9, in part. p. 8; iDem, De force au de gré. La Pro-vence et ses rois de Sicile (milieu XIII siècle - milieu XIV siècle), in Les Princes angevins

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Le medesime concezioni ideologiche vengono sottolineate indi-rettamente anche da altre caratteristiche figurative. Infatti Roberto, di nuovo a partire dal 1317 e specialmente dagli anni Trenta del XIV secolo, è spesso raffigurato in atto di devozione. Compare cioè di piccole dimensioni mentre è in ginocchio ai piedi del Cristo o di uno o più santi e tiene le mani giunte in segno di preghiera. Ciò dimostra una particolare pietà e dedizione religiosa da parte dell’Angioino e a quel che sappiamo è questo un aspetto sul quale la sua propaganda, così come quella dei suoi due predecessori, fa insistentemente leva (sovrano pio, ortodosso, molto cristiano e devoto sono appellativi che spesso descrivono sia Carlo I e Carlo II che Roberto).6

Ben si inserisce in un tale contesto di accentuato fervore reli-gioso anche l’uso di farsi raffigurare nei due monumenti funebri (realizzati tra il 1343 ed il 1345) giacente a piedi nudi e rivestito del solo saio francescano. Così facendo si vuole senz’altro sottolineare la spiccata umiltà che fa parte integrante dell’immagine di sovrano particolarmente devoto che egli vuole dare di sé.

Così, sebbene in maniera implicita, il re ammanta l’esercizio della propria potestas civile ancora una volta di più dell’autorità legittimante che promana da Dio. L’osservatore, insomma, rece-pisce un messaggio ben preciso: il regnum di un sovrano tanto cristiano e dedito al Signore non potrà che essere completamente e perfettamente legittimo. Ma ancora non è tutto.

Dal 1335/1336 all’esterno della corte e dal 1343/1345 anche all’interno (ma nel solo monumento funebre) nelle raffigurazioni dell’Angioino si diffonde una nuova caratteristica figurativa. Da

cit., pp. 23-60, in part. p. 37 e 40; e M. héBert, Le règne de Robert d’Anjou, in Les Princes angevins cit., pp. 99-116, in part. p. 110.

6 Sull’immagine degli angioini come sovrani particolarmente devoti si veda: G. GalaSSo, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), in Sto-ria d’Italia, a cura di G. Galasso, XV, 1, Torino, Utet, 1992, in part. pp. 170-171; Boyer, La «foi monarchique» cit., pp. 103-105; iDem, Une oraison funèbre pour le roi Robert de Sicile, comte de Provence († 1343), in De Provence et d’ailleurs. Mélanges offerts à Noël Coulet, a cura di J. P. Boyer e F.X. Emmanuelli, «Provence Historique», XLIX, gennaio-giugno 1999, fasc. 95-96, pp. 115-131, distribuito in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 12, in part. pp. 4-5; S. Kelly, The New Salomon. Robert of Naples (1309-1343) and Fourteenth-Century Kingship, Leiden-Boston, Brill, 2003, in part. pp. 73-104.

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questo momento in poi la sua immagine è sovente accompagnata dalle personificazioni delle virtù cardinali e teologali e delle arti del trivio e del quadrivio in modo da esprimerne visivamente la sapienza e la saggezza.

Quella di Roberto monarca dotto, erudito e giudizioso è un’opinione particolarmente diffusa tra i contemporanei ed alla quale la propaganda angioina fa appello con singolare insistenza. Si pensi a tal proposito al distico («cernite roBertUm reGem vir-tUte reFertUm») a lui dedicato dal Petrarca e scolpito sulla sua tomba monumentale o all’iscrizione («rex roBertUS rex expertUS in omni Sciencia») che ne accompagna la figura nella miniatura del fol. 3v della così detta Bibbia di Malines.7 Oppure ancora si tenga presente, a conferma della diffusione di tale giudizio anche all’esterno della corte, la puntuale descrizione che di lui ci ha tramandato il Villani nella sua Cronica:

Questo re Ruberto fu il più savio re che fosse tra’ cristiani già sono cinquecento anni, e di senno naturale e di scienzia, grandissimo maestro in teologia, e sommo filosofo, e fu dolce signore e amorevole, e amichis-simo del nostro comune di Firenze, e fu di tutte le virtù dotato, se non che poi che cominciò a invecchiare l’avarizia il guastava, e in più guise si stremava per la guerra ch’avea per racquistare la Cicilia, ma non bastava a tanto signore e così savio com’era in altre cose.8

A tal proposito si ponga in particolar modo attenzione anche al sermone pronunciato a Napoli da Bartolomeo da Capua nell’ago-sto del 1309 per celebrarne l’avvenuta incoronazione a re. Lì, tra i motivi per cui gli è concessa la corona, si ricordano tra le altre cose anche la sua sapienza e le sue grandi virtù. Il noto giurista infatti recita:

1) Fuit coronatus in uasis et alte sapientie, quia idem rex imbutus et doctus est profunde in Sacra Theologia que de Deo tractat et de diuinis.

[…]

7 Sull’immagine di Roberto re saggio si veda soprattutto, e su tutto, il relativamente recente: Kelly, The New Solomon cit., pp. 1-21 e 242-305.

8 Giovanni villani, Cronica di Giovanni Villani a miglior lezione ridotta coll’aiuto de’ testi a penna, Roma, Multigrafica, 1980 (ristampa dell’edizione di Firenze, 1823), VII, p. 33.

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2) Fuit etiam coronatus prefatus rex in uasis prompte et luminose scientie, quia in moralibus et logicalibus peritus et promptus est ac actus speculator.

[…]3) Fuit similiter coronatus iam dictus dominus rex in uasis preclare

ac aperte iustitie, quia ipse iustus est et iustitiam diligit in omnibus pro-cessibus et operationibus suis.

[…]4) Fuit etiam coronatus rex ipse in uasis stabilis et mansuete constan-

tie, quia in omnibus actibus et gestis suis constans et stabilis est sicut uirtuosus ad quem pertinet constanter et immobiliter operari, ut dicitur in II Ethicorum.9

A questo punto ci viene da chiedere: per quale motivo viene adottata questa nuova peculiarità iconografica e quale significato politico è ad essa attribuibile?

Certamente a prima vista saremmo tentati di ritenere che, mo-strandosi come un sovrano virtuoso, Roberto voglia senza ombra di dubbio legittimare il suo accesso al trono attraverso le sue proprie qualità personali. Ma in realtà è ad un’altra autorità, legittimante e sacralizzante insieme, che si desidera far appello tramite questa novità figurativa. Sottolineando la propria saggezza e la propria sa-pienza l’Angioino viene piuttosto esplicitamente ad auto-celebrarsi quale novello Salomone. A tal proposito risulta assai significativa l’orazione funebre in onore del re pronunciata nel monastero di Santa Chiara in Napoli tra il gennaio ed il febbraio del 1343 dal domenicano Federico Franconi. Nel suo discorso il frate predica-tore paragona senza mezzi termini Roberto al personaggio biblico proprio in virtù della sua enorme sapienza:

Quis non admiraretur ejus sapientiam sive naturalem, sive mora-lem, sive medicinalem, sive legalem, sive gramaticalem, sive logicalem? Et breviter credo quod tempore suo mundus non habuit ita generalem

9 Per l’edizione critica del testo del sermone si veda: J. P. Boyer, Parler du roi et pour le roi. Deux “sermons” de Barthélemy de Capoue, logothète du royaume de Sicile, «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques», LXXIX, aprile 1995, fasc. 2, pp. 193-248, distribuito in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 42, edizione del “Sermon” de Barthélemy de Capoue pour le couronnement du roi, pp. 31-37, in part. per il passo qui citato p. 33.

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sapientiem. Omnibus liberalibus artibus fuit sufficienter edoctus, et theo-logus magnus, unde potest dici de eo illud, Matth. XII: Ecce plus quam Salomon hic.

[…]Fuit sapientissimus in omnibus scientiis, in responsionibus, questio-

nibus, sermonibus; Ecclesiastes 12: Cumque esset sapientissimus Eccle-siastes, docuit populum, et enarravit que fecerat, et investigans composuit parabolas multas, quesivit verba utilia, et scripsit sermones rectissimos et veritate plenos. Est ergo iste alter Salomon magnificatus non solum divi-tiis pecunie, se⟨d⟩ sapientie et glorie; secundo Paralipomenon 9: Magnifi-catus est rex Salomon super omnes reges terre pre divitiis et gloria; omnes reges terre desiderabant videre faciem Salomonis, ut audirent sapientiam, quam dederat Deus in corde suo.10

Se dunque Roberto intende presentarsi in analogia con Sa-lomone resta da capire quali implicazioni ciò possa comportare dal punto di vista ideologico. Certamente così facendo egli si rifà esplicitamente all’autorità di un rex et sacerdos biblico voluto ed istituito direttamente da Dio. Di conseguenza viene a riceve per il proprio potere non solamente una spiccata legittimità divina ma anche una forte sacertà che fa della sua persona una specie di vicario di Dio sulla terra in grado di svolgere una funzione, assimilabile a quella sacerdotale, di mediatore tra l’Onnipotente ed i propri sudditi. A questo punto l’alone di santità che cir-confonde questo re sembra divenire veramente incommensura-bile.

Effettivamente possiamo notare come tali princìpi ricorrano con insistenza, come ha evidenziato il Boyer, nel pensiero politico di Roberto. In particolare sapienza e saggezza sono viste come virtù a lui concesse direttamente da Dio ed in grado di permet-tergli, in quanto conoscitore del volere divino alla stregua di un profeta dell’Antico Testamento, di dirigere il suo popolo per un retto cammino. In definitiva egli, re sapiente e saggio e quindi profeta, diviene una sorta di incarnazione di Davide e di Salo-

10 Su questa orazione si veda: Boyer, Une oraison funèbre pour le roi Robert cit., passim. Per l’edizione critica del testo si veda: Ivi, edizione dell’Oraison funèbre du roi Robert par le dominicain Federico Franconi, pp. 10-12, in part. per il passo qui citato pp. 10-11.

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mone assumendo così caratteri quasi clericali da rex et sacerdos e riuscendo a guadagnare un’autorità e sopratutto una sacralità asso-lute.11

Ricapitoliamo. Abbiamo fin qui visto che alla base del modello iconografico adottato da parte di Roberto soprattutto a partire dagli anni Trenta del XIV secolo sta un chiaro tentativo di ma-nifestare la provenienza divina del potere e la santità della figura regia. Per quale motivo proprio in questi anni si assiste ad un tale sviluppo ideologico? Da che cosa è esso causato?

Il problema della successione al trono, che si apre in maniera drammatica con la morte del principe Carlo (unico figlio di Ro-berto) il 9 novembre 1328, non sembra essere la risposta giusta al nostro quesito. Infatti le pretese immediatamente avanzate sia da Filippo di Taranto che soprattutto da Caroberto d’Ungheria (rispettivamente fratello e nipote del suddetto Roberto) contro la designazione della piccola Giovanna (primogenita del defunto Carlo) paiono essere già pienamente rientrate, se non in occasio-ne del suo riconoscimento formale il 4 novembre 1330, almeno nel 1332 e sicuramente risultano completamente sopite per il 26 settembre 1333 (quando viene celebrato a Napoli il matrimonio pacificatore tra quest’ultima ed Andrea d’Ungheria, rampollo di Caroberto). Invece quello che caratterizza interamente tutto l’arco degli anni che qui ci interessa è soprattutto il deterioramento dei rapporti tra il re di Napoli e la Santa Sede.

L’indirizzo filo-ecclesiastico e filo-curiale degli Angiò non va interpretato come un loro totale appiattimento nei confronti della politica papale. Motivi di scontro e contrasto (anche radicale) sono sempre più o meno presenti ma è proprio durante questi anni che si registra una definitiva divergenza tra le parti. Il raffreddamen-to dei rapporti con papa Giovanni XXII (in carica dal 1316 al 1334) inizia grosso modo nel 1323 in seguito alla promulgazione della costituzione Cum inter nonnullos. Con questa il pontefice

11 Su questi aspetti si veda: Boyer, La «foi monarchique» cit., pp. 108-109; iDem, Ecce rex tuus cit., p. 20; iDem, Parler du roi et pour le roi cit., pp. 21-24; iDem, Prédi-cation et état napolitain cit., pp. 149-150; iDem, Florence et l’idée monarchique cit., pp. 6-7; iDem, Une oraison funèbre pour le roi Robert cit., pp. 7-8; iDem, Une théologie du droit cit., pp. 5-6; Kelly, The New Solomon cit., pp. 210-211 e 242-275.

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si esprime contro i francescani spirituali che invece godono della tutela regia all’interno del Regno in virtù del favore in parte dello stesso Roberto e soprattutto della regina Sancia e del di lei fratello Filippo di Maiorca.

La situazione precipita sul finire degli anni Venti e con l’inizio dei Trenta ed investe non solamente gli aspetti religiosi e dottri-nali ma anche i rispettivi interessi politici. Tali dissonanze sono messe a nudo in occasione delle discese in Italia di Ludovico il Bavaro (1327-1329) e soprattutto di Giovanni di Boemia (1331-1333). Quest’ultimo, in particolare, è addirittura apertamente ap-poggiato dal papato, che così viene a disconoscere completamente il ruolo politico svolto da Roberto in Italia, nel suo tentativo di formare un ampio potentato filo-pontificio nel nord della peni-sola.

Inoltre, sempre negli stessi anni, si consuma la querelle relati-va al passaggio, con il beneplacito del papa stesso, della contea di Provenza al regno francese. Infatti in seguito ad una nuova temporanea alleanza, fortemente voluta dalla Chiesa, tra Filippo VI re di Francia e Giovanni re di Boemia il primo viene investi-to del titolo di sovrano di Arles e di Vienne (cioè di tutti i ter-ritori della riva sinistra del Rodano, compresa appunto quella Provenza che costituiva una delle province storiche della casata angioina).

La situazione non migliora con Benedetto XII (papa dal 1335 al 1342) né tanto meno con Clemente VI (sul soglio pontificio dal 1342 al 1352) che proseguono con particolare alacrità la via tracciata dal loro predecessore sia sul piano politico che su quello religioso (in particolare si tengano presenti le azioni rivolte contro i dissidenti francescani ancora particolarmente presenti nella città di Napoli e dal re difesi e protetti).

A tutto ciò si aggiunga la pacificazione anglo-imperiale e quella franco-imperiale, promosse e raggiunte dalla Santa Sede rispetti-vamente nel 1339 e nel 1341, alle quali Roberto si oppone con veemenza perché potenzialmente in grado di mettere il Regno ed i possedimenti angioini nel centro e nel nord Italia in una situa-zione particolarmente pericolosa e svantaggiosa. Ma si consideri anche l’alleanza stipulata tra il papa ed i Visconti nel 1341. Evento questo che limita, ancora una volta di più, l’influenza dell’Angiò

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nell’Alta Italia. A tale data dunque la sua politica non risulta più come prima agevolata e promossa dalla Chiesa ed egli riceve da quest’ultima un sempre minore appoggio in sostegno degli interes-si del Regno (esemplare in tal senso è la gestione della questione della riconquista della Sicilia agli aragonesi).

Si arriva così ad un sempre maggiore ed inesorabile allontana-mento tra le parti che sfocia addirittura, nel testamento eseguito da Roberto il 16 gennaio 1343 (ovvero quattro giorni prima della sua morte), nella categorica respinta di qualsiasi tutela pontificia in favore dell’ancora minorenne erede al trono Giovanna (e questo nonostante la condizione di feudo della Chiesa che caratterizza giuridicamente il Regno sin dalla sua prima formazione).12

Da quanto emerso ne consegue che gli anni in cui il nostro sovrano sviluppa una concezione sacralizzata della propria regalità coincidono perfettamente con un periodo di netta rottura con quella che da sempre era stata la tutrice del potere angioino nel Regno. Evidentemente, in un tale contesto, il re si sente più libe-ro di ammantare la sua autorità di una legittimità e soprattutto di una sacertà che sono andate sbiadendo nei secoli in seguito all’affermazione dei princìpi della teocrazia papale. Secondo questi ultimi infatti il papa rappresenta il vicario di Cristo sulla terra e di conseguenza detiene sia il potere spirituale che quello temporale in una vera e propria pienezza di potere (plenitudo potestatis) che gli permette di intervenire liberamente non solo all’interno della sfera religiosa ma anche di quella politica e di fare dell’imperatore e di tutti i sovrani della cristianità una sorta di meri vicari papali e di braccia armate della Chiesa (venendo così quest’ultimi a perdere gran parte del loro prestigio e, nello specifico di quanto qui ci interessa, della loro sacralità).13

12 Su questi avvenimenti si veda: É. G. léonarD, Gli angioini di Napoli, ed. it., Varese, dell’Oglio, 1967, in part. pp. 311-335 e 396-422; GalaSSo, Il Regno di Napoli cit., p. 23 e 60 e pp. 146-157; BarBero, La propaganda di Roberto cit., pp. 112-114; Kelly, The New Solomon cit., pp. 74-90.

13 Anche sui princìpi della teocrazia papale la bibliografia sarebbe sterminata. In particolare si veda: W. Ullmann, Il papato nel Medioevo, ed. it., Roma-Bari, Laterza, 1987, in part. pp. 205-284; A. paravicini BaGliani, Le Chiavi e la Tiara. Immagini e simboli del papato medievale, Roma, Viella, 1998, passim; C. Azzara, Il papato nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 2006, in part. pp. 65-100.

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11Una nota sulla regalità sacra di Roberto d’Angiò

Ma fino a che punto Roberto si spinge per questa strada?Alcuni ulteriori elementi iconografici ci portano a delineare

meglio il quadro e necessariamente a ridimensionarlo. Torniamo di nuovo alle sue raffigurazioni ed in particolare proprio a quelle dove egli compare al fianco di personaggi della sfera sacra (cioè Cristo, la Madonna, i santi ecc.).

Nonostante in questo modo intenda sacralizzare la sua persona a ben guardare più di un dettaglio ci induce a ritenere che in verità egli si attesta su di un piano nettamente distinto da quello sacrale. Infatti possiamo notare come nelle varie immagini non compaiono mai non solo intenti cristomimetici ma neppure elementi in grado di assimilare il re ad una figura prettamente celeste: se Cristo ed i santi sono in genere disegnati con il volto di fronte o di trequarti e la testa circonfusa dall’aureola ed inoltre hanno delle notevoli dimensioni fisiche, Roberto compare sempre di profilo, di piccola statura e non è mai aureolato.

Inoltre, a tal proposito, possiamo porre l’attenzione anche su un altro aspetto che sembra particolarmente indicativo della volon-tà di sottolineare le differenze di status che intercorrono tra i vari soggetti: la raffigurazione del volto dell’Angioino con accentuati elementi ritrattistici (in pratica l’affermazione di un qualcosa di molto vicino ad un ritratto di tipo moderno). Infatti egli, facen-dosi raffigurare come un individuo nella sua specificità ed unicità legata alle contingenze del mondo sublunare, viene ad evidenziare il suo carattere terreno, umano e mortale. Fatto che lo allontana certamente ancora di più dall’atemporale sfera del divino.

A tal proposito si noti inoltre anche che il riferimento all’au-torità ultraterrena appare quantomeno sfumato ed assolutamente non preponderante. Infatti Roberto è protagonista solamente di scene di benedizione divina (o addirittura di semplice devozione nei confronti di Cristo o dei santi) ma mai d’investitura (tema figurativo che certamente manifesta assai più esplicitamente la provenienza celeste del potere regio).

Per concludere notiamo come tra le allegorie che lo accompa-gnano nella miniatura del fol. 3v della così detta Bibbia di Malines insieme a quelle relative alle virtù cristiane compaiono anche quel-le inerenti ad alcune qualità cavalleresche e cortesi. Nell’aggiunta di tale particolare leggiamo, sulla scorta di Ferdinando Bologna,

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12 Mirko Vagnoni

un tentativo di celebrare Roberto come sovrano laico ispirato nel suo governo da un’etica prettamente terrena.14 Questa peculiarità sembra proprio sintomatica dello slittamento della sua ideologia politica verso un piano più prettamente temporale e di una netta separazione del suo potere da quello spirituale che si va qui sempre più chiaramente delineando.

Giunti a tal punto possiamo finalmente tracciare in maniera più precisa il concetto di regalità del nostro sovrano ed a ragion veduta ridimensionare quanto emerso precedentemente. Infatti se è indubbio che egli consideri la propria sovranità come derivan-te da Dio in realtà questa origine non è da ritenersi esplicita e diretta ma invece mediata e di conseguenza indiretta. Inoltre se sicuramente egli ritiene se stesso ammantato di una particolare sacertà in grado di innalzarlo verso l’Onnipotente ed i santi d’al-tra parte essa risulta limitata e non sembrerebbe implicare anche un’autorità nell’ambito spirituale e sacerdotale. Ne consegue che metafore come quelle di intermediario tra Dio ed il popolo, di vicario dell’Altissimo sulla terra o di rex et sacerdos alla maniera biblica non possono essere a lui assolutamente applicate. Infatti la sua sovranità rimane sempre e comunque fortemente vincolata alla sfera temporale e la sua sacralità, per quanto egli adotti un linguaggio iconografico fortemente invischiato con l’elemento re-ligioso, è assolutamente limitata. Insomma, per quanto Roberto cerchi di svincolarsi dalla tutela pontificia (ed in parte riesca nel suo intento) all’interno del suo pensiero politico forti rimangono le influenze delle teorie della teocrazia papale.

Il rapporto filiale con la Chiesa ed il pontefice e la sottomis-sione ai princìpi della ierocrazia sono aspetti che effettivamente caratterizzano da sempre, come ancora una volta è stato messo in evidenza dal Boyer, l’ideologia del nostro sovrano.15 A tal propo-sito significativo è, tra le altre cose, un passo della già ricordata

14 Su tale interpretazione si veda: BoloGna, I pittori alla corte angioina cit., pp. 355-356.

15 Su questo aspetto si veda: Boyer, Ecce rex tuus cit., p. 21; iDem, Les Baux et le modèle royal cit., passim; iDem, Parler du roi et pour le roi cit., p. 20; iDem, Prédication et état napolitain cit., p. 151; iDem, Florence et l’idée monarchique cit., p. 7; IDem, Une oraison funèbre pour le roi Robert cit., p. 6 e pp. 8-9; Kelly, The New Solomon cit., pp. 104-119.

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13Una nota sulla regalità sacra di Roberto d’Angiò

orazione funebre dedicata a Roberto da Federico Franconi. Qui, nel delineare la figura del defunto, si insiste proprio sull’obbe-dienza e la fedeltà da egli costantemente dimostrata nei confronti della Chiesa:

Secundo ecce notat ejus subjectionem et obedientiam. Quis non dice-ret dominum nostrum regem Robertum subjectum fuisse et obedientem Ecclesie romane? cui tam prompte, tam fideliter in omnibus obedivit, sive subveniendo in debitis, sive defendendo armis, sive obediendo man-datis. Dicatur ergo de eo illud, Jo. 19: Mulier, id est Ecclesia que mollis est et pia, ecce filius tuus.16

Quanto la corte angioina sia rispettosa delle teorie della te-ocrazia papale è già simbolicamente manifestato nella cerimonia d’incoronazione eseguita da papa Clemente V i primi di agosto del 1309 ad Avignone. Il rituale, che si basa sull’Ordo coronationis imperiale XV B dovutamente modificato ed in tutto identico a quello utilizzato anche in occasione dell’incoronamento di Carlo II, esprime infatti nelle sue varie componenti proprio la deferenza che Roberto mostra nei confronti della maestà papale dalla quale deriva tutto il suo potere (si noti ad esempio come il rito sacraliz-zante dell’unzione occupi un posto secondario nell’economia del cerimoniale, come il sovrano di sovente sieda in una posizione inferiore rispetto a quella del pontefice e come, alla fine della liturgia, sia tenuto a svolgere nei suoi confronti la funzione dello scudiero).17

Queste ultime riflessioni teoriche sono inoltre chiaramente desumibili da un brano del precedentemente citato sermone di Bartolomeo da Capua pronunciato proprio in occasione dell’in-vestitura del re. Ivi si afferma senza mezzi termini che il papa è il vicario di Cristo («Christi uicarius») e la sua autorità («cuius

16 Boyer, Une oraison funèbre pour le roi Robert cit., edizione dell’Oraison funèbre du roi Robert par le dominicain Federico Franconi, p. 11.

17 Sullo svolgimento della cerimonia d’incoronazione e sull’interpretazione delle sue componenti rituali si veda: Boyer, La «foi monarchique» cit., pp. 86-89; iDem, Sacre et théocratie. Le cas des rois de Sicile Charles II (1289) et Robert (1309), «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques», LXXXI, 1997, pp. 561-607, distribui-to in formato digitale su www.retimedievali.it, pp. 33; iDem, De force au de gré cit., pp. 40-42.

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14 Mirko Vagnoni

auctoritas») supera qualsiasi altra («precellit omnes alias auctori-tates et potestates») per il fatto di essergli stata concessa da Dio:

Precellens auctoritas coronantis describitur ex eo quod dicit: coronauit Aaron, quia sicut Aaron fuit de summis sacerdotibus, ut dicitur in Psalmo: Moyses et Aaron ex sacerdotibus eius, sic Christi uicarius romanus pontifex qui coronauit dictum regem dicitur summus sacerdos, sicut dicit Thomas in libello De regimine dominorum, et sicut Aaron uocatus fuit a Deo ut scribitur Hebre. V, sic et romanus pontifex a solo Deo uocatus habet iurisdictionem, ut dicit decretalis prima, De translatione, cuius auctoritas precellit omnes alias auctoritates et potestates ut dicit c. Cuncta per mun-dum, IX, q. ultima, et idem Thomas notat in eodem libello cap. XV.18

A questo punto ci potremmo chiedere: ma allora come sono spiegabili i riferimenti, che abbiamo chiaramente visto emerge-re nell’iconografia di Roberto, alla provenienza divina del pote-re regio ed all’identificazione del sovrano con un rex et sacerdos detentore dell’autorità sia temporale che spirituale? Questi non suonano fin troppo palesemente come una sfida nei confronti di quanto teorizzato dalla curia pontificia?

Tali concetti, se pur effettivamente evocati, vengono nella re-altà amalgamati (oserei dire quasi addomesticati) all’interno di un contesto figurativo che come abbiamo ravvisato risente fortemente del pensiero ierocratico e dell’attribuzione alla santa romana Chie-sa della facoltà di concedere qualsiasi sovranità politica (fatto che di conseguenza viene a vincolare strettamente qualsivoglia potere regio alla sola sfera del temporale a discapito di quella sacrale).

Esplicite conferme in tal senso vengono ancora una volta da alcuni documenti redatti all’interno della corte. Si guardi ad esem-pio il già citato sermone di Bartolomeo da Capua per l’incorona-zione del re (particolarmente significativo per quello che qui ci riguarda sebbene sia appunto un prodotto dei primissimi anni del suo regno). Nel seguente passo all’azzardata allusione all’incoro-nazione dell’Angioino direttamente da parte di Dio («de manu Domini») si risponde immediatamente con il chiarire che questa è da intendersi ad opera del sommo pontefice («uidelicet summi

18 Boyer, Parler du roi et pour le roi cit., edizione del “Sermon” de Barthélemy de Capoue pour le couronnement du roi, p. 31.

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15Una nota sulla regalità sacra di Roberto d’Angiò

pontificisi») e del suo potere e della sua autorità («de ipsius po-testate et auctoritate»):

Idem dominus noster rex habet ipsam dignitatem regiam maiore auctoritate et firmiore, optinens eam ex successione legitima et aucto-ritate uicarii Ihesu Christi; unde conuenienter potest dici de ipso quod accepit: diadema speciei de manu Domini, sicut scribitur Sapien. V. Dya-dema speciei, id est pulcritudinis et decoris dignitas regni Sicilie. De manu Domini, uidelicet summi pontificis Christi uicarii, scilicet de ipsius potestate et auctoritate; “manus” enim frequenter secundum romanas leges pro potestate ponitur.19

Infine in quest’ultimo brano se da una parte si paragona Ro-berto a Salomone dall’altra si chiarisce subito che comunque sia la sua sovranità non viene direttamente da Dio ma bensì dalla santa madre Chiesa («scilicet sancta mater Ecclesia») o come a dire dal sommo pontefice («dictus summus pontifex»):

Spectabilis iuuenis dominus Karolus, ipsius Sicilie primogenitus, dux Calabrie, ad gaudium nuntiat et iubilum exultationis in eterna, ad litte-ram proponendo quod scriptum est Canti. III: Egredimini filie Syon et uidete regem Salomonem in dyademate quo coronauit eum mater sua in die desponsationis illius et in die letitie cordis eius.

[…]Regem Salomonem, id est predictum regem Sicilie qui per quandam

participationem potest dici Salomon ratione sue sapientie, ut supra tac-tum est. In diademate quo coronauit eum mater sua, scilicet sancta mater Ecclesia uel iam dictus summus pontifex qui est in Ecclesia et Ecclesia in ipso sicut in prelato, ut dicit c. Requisisti, Extra, De testamentis.20

In conclusione, da tutto quanto è emerso da tale percorso iconografico, possiamo definire il tentativo di Roberto di creare una legittimazione divina del proprio potere ed una sacralizzazione della sua persona regia come incompiuto o riuscito solo a metà. Se da una parte è innegabile un impegno in tal senso dall’altra dobbiamo anche prendere atto del suo inesorabile fallimento e della limitazione a cui la sua sacralità rimane sottoposta.

mirKo vaGnoni

19 Ivi, p. 32.20 Ivi, p. 33.

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Mirko Vagnoni16

Fig. 1. lello D’orvieto, Reali angioini e santi, affresco, 1333-1343. Napoli,Convento di Santa Chiara.

Fig. 2. maeStro Di Giovanni Barrile, San Ludovico di Tolosa venerato dal re Roberto e dalla regina Sancia, dipinto su tavola, c. 1331-1332. Aix-en-Provence, Musée

Granet.

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Una nota sulla regalità sacra di Roberto d’Angiò 17

Fig. 3. Giovanni e pacio Ber-tini, Roberto d’Angiò in trono, gisant di Roberto d’Angiò, Ro-berto d’Angiò in gloria e Ro-berto d’Angiò in ginocchio di fronte alla Vergine, scultura, 1343-1345. Napoli, Chiesa del Convento di Santa Chiara, se-

polcro di Roberto d’Angiò.

Fig. 4. criStoForo orimina, Roberto in trono attorniato dalle Virtù, minia-tura, ante 1343. Louvain, Bibliotheek Faculteit Teologie, Ms. Lat. 1, Bibbia di Malines o di Nicolò d’Alife, fol.

3v.