Dal testo letterario alla traduzione iconografica

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Dal testo letterario alla traduzione iconografica

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Dal testo letterario alla traduzione iconografica. C’è una storia, una di quelle belle storie del mondo antico piene di fantasia:. …un dio si innamora di una fanciulla e la vuole sposare, la insegue ma lei fugge, fugge, fin quando, - PowerPoint PPT Presentation

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Dal testo letterario alla traduzione

iconografica

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C’è una storia,una di quelle belle storie del mondo antico piene di fantasia:

…un dio si innamora di una fanciulla e la vuole sposare, la insegue ma lei fugge, fugge, fin quando, pur di non cedere, chiede a suo padre di trasformarla in una pianta…

E c’è un artista, Gian Lorenzo Bernini, che è uno scultore,al quale viene chiesto di scolpire una statua cherappresenti questa storia

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Cosa fa lo scultore? Possiamo immaginare che legga e rilegga la storia in cerca di un’ispirazione,ma lui ha un limite: può creare una sola immagine; come si fa a raccontare tutta una storia con una sola immagine?

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Egli deve riuscire a cogliere un momento particolarmente importante, quello che da solo sia sufficiente a rappresentaretutto.E lo trova: quando il dio è vicinissimo e sta per raggiungerela giovane ninfa, quasi la tocca, ma in quel momentolei si comincia a trasformare in una pianta.E’ il momento culminante di un ritmo crescente e poi basta, non c’è più niente da fare, Dafne si è trasformata in una pianta di alloro.Il giovane dio si deve rassegnare.

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Da “Le Metamorfosi”di Publio Ovidio Nasone

Sulmona 43 a.C.– Tomi 18 d.C. circa.

Poeta latino,

scrisse le “metamorfosi” attingendo alla mitologia

greca,

spaziando nel regno sterminato delle favole e

mostrando tutto il mondo e tutto ciò che vi esiste.

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Apollo, dio della luce, inventore della musica, aveva

potere divinatorio;

Cupido, dio dell’amore, rappresentato come un

giovanetto munito di arco e frecce.

Ninfe, divinità minori rappresentate come graziose

fanciulle; abitanti dei boschi, dei ruscelli, delle isole

deserte, in genere dei luoghi più belli, dove la natura è

più rigogliosa.

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Apollo e Cupido discutono su chi tra loro due fosse superiore.Apollo si sente più forte e più potente dell’altro,allora Cupido gli dice:“Il tuo arco tutto trafiggerà, ma il mio trafigge te,e quanto tutti i viventi a un dio sono inferiori,tanto minore è la tua gloria alla mia”.Così vola sulla cima del Parnàso e dalla faretra estraela freccia dorata, con la punta aguzza e sfolgorantecon la quale colpisce Apollo trapassandogli le ossa fino al midollo.

la storia

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Subito lui si innamora di Dafne,ma lei è decisa a non prendere un marito e respinge tutti i pretendenti,vaga nel folto dei boschi,indifferente a cosa siano nozze e amore.Suo padre Peneo, dio dei fiumi,vuole avere un nipote,ma lei gli chiede di concederle di goderedi verginità perpetua.Ma Peneo la considera troppo bella per acconsentire

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E Apollo l’ama,

ha visto Dafne e vuole unirsi a lei,

la guarda e decanta il suo aspetto,

ma lei fugge più rapida del vento

e non s’arresta al suo richiamo.

E Apollo:”Ninfa penea, fermati, ti prego:

non t’insegue un nemico;

Fermati!

Così davanti al lupo l’agnella, al leone la cerva,

all’aquila le colombe fuggono in un turbinio d’ali,

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Così tutte davanti al nemico; ma io t’inseguo per amore!Ahimè.Che tu non cada distesa,che i rovi non ti graffino le gambe indifese, ch’io non sia causa del tuo male!Impervi sono i luoghi dove voli:corri più piano,ti prego,Rallenta la tua fugae anch’io ti inseguirò più piano.Ma sappi a chi piaci.

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Non sono un montanaro, non sono un pastore, io;

non faccio la guardia a mandrie e greggi come

uno zotico.

Non sai, impudente, non sai chi fuggi,

e per questo fuggi.

Io regno sulla terra di Delfi,

di Claro e Tenedo sulla regale Patara.

Giove è mio padre.

Io sono colui che rivela futuro,

passato e presente,

colui che accorda il canto al suono della cetra.

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Infallibile è la mia freccia,ma più infallibile della miaè stata quella che m’ha ferito il cuore indifeso.La medicina l’ho inventata io,e in tutto il mondo guaritore mi chiamano,perché in mano mia è il potere delle erbe.Ma Ahimè,non c’è erba che guarisca l’amore,e l’arte che giova a tuttinon giova al suo signore!”

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Avrebbe parlato ancora,ma Dafne cominciò a fuggirelasciandolo a metà del discorso

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E lei è sempre bella,ma il giovane divinonon ha più pazienza

e l’insegue

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e laraggiunge

Ma lui che l’insegue, con le ali di Amore in aiutocorre di più

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Dafne non ha più forze

e grida:Se voi fiumi avete

qualche potere,

dissolvi mutandole,

queste mie fattezze per

cui troppo piacqui.

“Aiutami, padre!

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I capelli si

allungano in

fronde

Ancora prega, che un torpore profondo pervade le suemembra,il petto morbido si fascia di fibre sottili,

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Le braccia in rami;

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I piedi,

così veloci un tempo,

si inchiodano

in pigre radici,

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il volto svanisce inuna chioma:solo il suosplendore conserva.

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Anche così Apollo l’ama e, poggiata la mano sul tronco, sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia e, stringendo fra le braccia i suoi ramicome un corpo, ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae.

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E allora il dio:

se non puoi essere la mia sposa,

sarai almeno la mia pianta.

E di te sempre si orneranno,

o alloro, i miei capelli,

la mia cetra, la faretra;

E il capo dei condottieri latini,

quando una voce esultante

intonerà il trionfo e il Campidoglio

vedrà fluire i cortei.

E come il mio capo si mantiene

giovane con la chioma intonsa,

anche tu porterai il vanto perpetuo

delle fronde!

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Qui Apollo tacque;e l’alloro annuì con i suoi ramiappena spuntati e agitò la cima,quasi assentisse col capo”.

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Gian Lorenzo BerniniApollo e Dafne1622-1625Roma, Galleria Borghese

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