Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti...

35
Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti e di Enrico Berlinguer di Livio Karrer Manca ancora oggi in Italia una trattazione specifica del rituale funebre nella sua evoluzione formale e nei significati culturali che ha assunto nella società contemporanea, nonostante i funerali politici portino in scena, per parafrasare Mario Isnenghi, l’«autoritratto collettivo» di un mondo sociale, culturale e politico insieme 1 . Nelle commemorazioni pubbliche, infatti, la memoria e l’identità collettiva sono produzioni culturali sog- gettive (di un gruppo che le porta in scena e le celebra, ovviamente) e, dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso ma non per questo meno rilevanti, anzi, sottolineerei proprio per questo, fenomeno storico da studiare e raccontare dettagliatamente, al fine di rendere più chiaro come muta l’interrelazione tra identità e memoria collettiva nelle diverse fasi storiche . Pochi momenti, a ben vedere, si stratificano tanto in profondità nella memoria comune, quanto i grandi eventi di piazza, le cerimonie pubbliche o proprio le commemorazioni per la morte di personaggi illustri così come di alcuni importanti prota- gonisti della politica. Penso qui, a titolo di esempio, alla morte di John Fitzgerald Kennedy nel 1963, o, più recentemente, alla morte di Giovanni Paolo II. «Dove ti trovavi quando è morto JFK?» è una domanda che ha assunto valore periodizzante nella memoria di molti uomini e donne che hanno vissuto quel momento, come la cinematografia nordamericana ha diffusamente raccontato. Analogamente in Italia nel 1978 il funerale in absentia corporis di Aldo Moro e nell’84 quello del segretario comunista Enrico Berlinguer hanno rappresentato uno spartiacque temporale nella memoria di più di una generazione d’italiani e offerto a chi ne osserva oggi le forme, la spia di come si cristallizzi la memoria di un Paese. I funerali, in definitiva, sono tra i rituali pubblici che rimangono più vivi nei ricordi individuali. Peculiare è, inoltre, la forza icastica che conservano nella memoria collettiva come catalizzatori di pensieri ed emozioni nostalgici sul proprio passato (indi- viduale o di un gruppo), al pari di rivoluzioni o trapassi di regime 3 . Per paradosso si conoscono meglio, come è stato osservato di recente, i riti funebri delle società del Pacifico meridionale, grazie agli studi ormai Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. 2/2011

Transcript of Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti...

Page 1: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

Una difficile traslazione.I funerali di Palmiro Togliatti

e di Enrico Berlinguerdi Livio Karrer

Manca ancora oggi in Italia una trattazione specifica del rituale funebre nella sua evoluzione formale e nei significati culturali che ha assunto nella società contemporanea, nonostante i funerali politici portino in scena, per parafrasare Mario Isnenghi, l’«autoritratto collettivo» di un mondo sociale, culturale e politico insieme1. Nelle commemorazioni pubbliche, infatti, la memoria e l’identità collettiva sono produzioni culturali sog-gettive (di un gruppo che le porta in scena e le celebra, ovviamente) e, dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso ma non per questo meno rilevanti, anzi, sottolineerei proprio per questo, fenomeno storico da studiare e raccontare dettagliatamente, al fine di rendere più chiaro come muta l’interrelazione tra identità e memoria collettiva nelle diverse fasi storiche. Pochi momenti, a ben vedere, si stratificano tanto in profondità nella memoria comune, quanto i grandi eventi di piazza, le cerimonie pubbliche o proprio le commemorazioni per la morte di personaggi illustri così come di alcuni importanti prota-gonisti della politica. Penso qui, a titolo di esempio, alla morte di John Fitzgerald Kennedy nel 1963, o, più recentemente, alla morte di Giovanni Paolo ii. «Dove ti trovavi quando è morto jfk?» è una domanda che ha assunto valore periodizzante nella memoria di molti uomini e donne che hanno vissuto quel momento, come la cinematografia nordamericana ha diffusamente raccontato.

Analogamente in Italia nel 1978 il funerale in absentia corporis di Aldo Moro e nell’84 quello del segretario comunista Enrico Berlinguer hanno rappresentato uno spartiacque temporale nella memoria di più di una generazione d’italiani e offerto a chi ne osserva oggi le forme, la spia di come si cristallizzi la memoria di un Paese. I funerali, in definitiva, sono tra i rituali pubblici che rimangono più vivi nei ricordi individuali. Peculiare è, inoltre, la forza icastica che conservano nella memoria collettiva come catalizzatori di pensieri ed emozioni nostalgici sul proprio passato (indi-viduale o di un gruppo), al pari di rivoluzioni o trapassi di regime3.

Per paradosso si conoscono meglio, come è stato osservato di recente, i riti funebri delle società del Pacifico meridionale, grazie agli studi ormai Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. 2/2011

Page 2: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

110

livio karrer

classici dell’antropologia moderna, di quelli più vicini a noi e che hanno segnato la storia italiana4. Diverso l’orizzonte storiografico francese dove, ai pioneristici studi di Philippe Ariès e Michel Vovelle, hanno fatto seguito indagini sull’affermarsi dei funerali civili grazie allo sviluppo del libero pensiero e delle correnti anticlericali. Ma è solo con il nuovo secolo che i rituali funebri e la loro evoluzione tra Otto e Novecento hanno con-quistato il proscenio. Punti di riferimento metodologici importanti sono stati per il contesto francese: Funeral, Politics and Memory in Modern France di Avner Ben-Amos5 e il più recente La France des larmes. Deuils politiques à l’âge romantique (1814-1840) di Emmanuel Fureix6. Per l’Italia ricordo: La morte e l’immortale. La morte laica da Garibaldi a Costa, di Dino Mengozzi7 e Tu mi devi seppellir. Riti funebri e culto nazionale alle origini della Repubblica, di Guri Schwarz8.

Il mio contributo è dedicato all’analisi delle cerimonie funebri allestite dai dirigenti del Pci in occasione della morte dei due storici segretari, Togliatti (nel 1964) e Berlinguer (1984). Si tratta senza dubbio di due esperienze rituali di massa con pochi precedenti nel panorama repubblicano italiano. Per la morte dei due primi presidenti della Re-pubblica, De Nicola ed Einaudi, non si erano, infatti, avuti analoghi coinvolgimenti sul piano della partecipazione e dell’investimento simbo-lico. Mentre fu emotivamente coinvolgente, ma con una partecipazione popolare poco significativa, il rito funebre pensato per il «Presidente della Ricostruzione», De Gasperi, dal gruppo dirigente democristiano nel 1954. Le celebrazioni comuniste furono invece due manifestazioni identitarie, due grandi eventi pubblici messi in scena da un partito che ha saputo costruire, più efficacemente e coerentemente di altri, un siste-ma simbolico-rituale per accompagnare iscritti e militanti dall’ingresso nell’organizzazione fino all’uscita, che avveniva generalmente con il funerale oppure con l’espulsione9. Un sistema di segni e pratiche per di più inscritto all’interno di un ricchissimo e, a tratti, mitologico universo simbolico internazionale. Entrambi i momenti, sia quello d’ingresso sia quello d’uscita, hanno rivestito nel recente passato un altissimo valore istitutivo all’interno del comunismo italiano (tutt’altro discorso può essere fatto oggi per loro tenuta).

Nessun partito dell’Italia repubblicana ha saputo celebrare meglio del Pci la propria identità e coltivato più sistematicamente un patriottismo di corpo che tenesse costantemente vivo l’orgoglio della militanza e della mis-sione per cui si agiva. In questa dimensione religiosa della politica centrale è stata la “politica della festa”. Il Pci ha, infatti, costantemente investito su una politicizzazione diffusa del proprio elettorato allo scopo di portare frequentemente in scena la visione del proprio modello sociale ideale. La rappresentazione che si dava non era solo lontanamente immaginabile,

Page 3: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

111

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

ma destinata ad avverarsi. Una rappresentazione, per di più, che offriva ai militanti la misura concreta della capacità del partito di modificare tempo e spazio secondo le proprie volontà. Attraverso un costante lavoro sulla costruzione della propria immagine e una ritualizzazione intensa della comunità, il Pci nel corso di un quarantennio di storia ha diffuso tra i propri “fedeli” una teologia della storia – un ponte ideale, si potrebbe dire – in cui il passato (la storia, il bagaglio di esperienze di un partito), il presente (vissuto tra miraggi e attese) e il futuro (il radioso avvenire della società socialista realizzata) erano continuamente sovrapposti. In questa prospettiva la celebrazione dei morti ha assunto una centralità via via crescente, fino a diventare, a mio parere, un fardello politico, e allo stesso tempo culturale, difficile da storicizzare10. Da qui una certa resistenza, estesa anche agli storici, ad inserire il rito funebre come uno dei possibili punti di vista privilegiati per lo studio delle evoluzioni della cultura politica del Pci.

Prima ancora degli storici molti hanno scritto della difficoltà ad affrontare il tema della morte nel marxismo in termini filosofici11. Non meno arduo è stato per la cultura laica, non solo comunista, ritualizzare la morte. Ancora oggi, raccontando dei processi di secolarizzazione del secondo dopoguerra in Italia, Isnenghi notava la mancanza di un diffuso equivalente laico – come espressione di un patrimonio comune, s’intende – del funerale religioso, presentando la questione come un’irriducibilità dura da superare1. Già Ernesto de Martino, del resto, in tema di morte, lutto e celebrazione del morire, aveva lamentato, studiando le persistenze delle forme religiose precristiane nelle culture marginali, subalterne e agricole,

l’esigenza di un simbolismo compatibile con l’umanesimo integrale […] di un simbolismo civile, in pieno accordo con l’umanesimo socialista e capace di col-mare integralmente il vuoto lasciato dalle forme religiose tradizionali13.

Si devono però a Franco Fortini, un decennio dopo, le osservazioni più acute sulle numerose rimozioni operate dalla cultura laica di sinistra sulla morte e sull’angoscia del morire. Su quel «razionalismo angusto», a suo dire, che nega la realtà della morte perché fondato su una concezione continua del tempo – un epos in questi termini – e su una dimensione comunitaria e immanente del morire. E, a testimonianza delle contrad-dizioni denunciate, aggiungeva di lì a poco:

viene in mente un verso di Vittorio Sereni, scritto in memoria di caduti partigia-ni: «Geme – da loro in noi nascosta una ferita». È proprio questo alcunché di respinto e nascosto, quasi di rimosso e rimorso, a manifestare uno degli errori della nostra epoca. Quando la pietà laica vuole perpetuare la memoria dei propri

Page 4: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

11

livio karrer

morti oscilla fra l’imitazione delle celebrazioni religiose – e per questo chiama tanto spesso in soccorso i sacerdoti o gli armati, i gestori della morte – e la loro assunzione e inserzione nel cielo storico. Quale fastidio mostrano le cosiddette menti politiche di fronte alla singolarità della sofferenza e della morte! Che in segreto le perseguitano. Solo gruppi umani relativamente ristretti e uniti da una comune pratica e fervore riescono a mediare fra il ricordo dell’individuo e la storia come opera collettiva. Solo fra loro può essere superata la paura attonita e velo-cemente respinta, la pietà sgomenta incapace di valutare quale sia l’apporto e il dono a noi recato dal defunto ossia la sua sopravvivenza. Fra costoro la paura può trasformarsi in senso di vita in balzo al di là delle tombe14.

Non solo, a ragione, Fortini ricordava che la «memoria e la pietà sono inseparabili da una liturgia e dunque da tradizioni e simboli»15 ma era assai lungimirante, nell’analisi dei funerali politici comunisti, un altro punto da lui evidenziato:

uno dei momenti più delicati della nostra storia presente, come della nostra vita singola, è quello della traslazione, ossia trasferimento, tradizione, trapianto. La traslazione è l’atto […] col quale la individualità disfatta del morto e la sua opera, giusta o ingiusta, visibile o invisibile, vengono fatti passare dalla memoria al giudizio storico16.

Opera di traslazione tanto più complicata nella storia di quel «gruppo umano relativamente ristretto», rappresentato dal partito comunista, la cui storia appare profondamente innervata del rapporto tra i vivi e i morti. Una storia vissuta tra il peso di un passato grande e talvolta ingombrante ma costantemente vivo, seppur rimodulato all’occorrenza, e un presente trascorso nell’attesa fiduciosa di un futuro diverso, la cui proiezione, tut-tavia, appare continuamente declinata al (tempo) presente17. Passiamo, quindi, ad esaminare come questa complessa opera di traslazione venne affrontata dopo la morte di Togliatti e di Berlinguer.

1«Il corpo alla ribalta»

La notizia dell’emorragia celebrale che colpisce Palmiro Togliatti in Crimea nell’agosto del 1964 colse di sorpresa la dirigenza comunista. La reazione politica fu, tuttavia, pronta e segnata dal pessimismo sul futuro del segretario. Del resto alcuni campanelli d’allarme sulla sua salute si erano avuti in quello stesso anno a causa di un’operazione alla vescica, a cui il segretario era stato sottoposto. Gli esiti erano stati confortanti ma, all’insaputa dell’opinione pubblica, l’episodio aveva spinto Togliatti ad accelerare il passaggio dei poteri tra lui e Longo alla guida del partito18. La ripresa dai postumi operatori era stata ugualmente buona seppur non

Page 5: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

113

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

veloce. In questo quadro e sconsigliato dai più19, Togliatti si era deciso nel luglio ad accogliere l’invito di Chruščëv a recarsi in vacanza in Russia per discutere dei problemi del comunismo mondiale e in particolare sul problema della dissidenza cinese. L’uomo era, del resto, uno dei più autorevoli esponenti ancora in vita della Terza Internazionale, ricopriva da un trentennio il ruolo di segretario del più influente partito comunista dell’Occidente e, in buona sostanza, manteneva un non trascurabile peso politico nell’arena sovietica0.

Natta rievoca così quelle giornate:

Come un incubo è stato il turbine febbrile alle Botteghe Oscure nella Roma deserta dei giorni infuocati del ferragosto: giorno e notte, a turno, al telefono ad aspettare notizie da Longo, che ha raggiunto subito Yalta con un viaggio fortunoso e rapido; giorno e notte a discutere e a cercar di capire i bollettini dei medici sovietici, le spiegazioni di Spallone […] giorno e notte sul filo di una speranza via via più incerta, sbigottiti e consapevoli che bisogna prepararsi al colpo che inesorabile sta per raggiungere il partito1.

Tra il 15 e il agosto, tra l’arrivo a Roma della notizia del malore di To-gliatti e il ritorno del suo corpo in patria, la Direzione e la Segreteria si riuniscono cinque volte. Uno schema di massima per la commemorazione è già pronto fin dalla prima riunione, mentre “il Migliore” ancora lotta tra la vita e la morte. Nella settimana di attesa Berlinguer, responsabile all’epoca dell’ufficio organizzativo, lavora “a fari spenti” alla preparazione minuziosa del funerale. Tutti i dirigenti del Pci sono pienamente investiti dell’importanza dell’evento, vogliono rendere la celebrazione a Togliatti un avvenimento grandioso quanto o forse più delle cerimonie di Stato dell’Italia repubblicana, come i recenti funerali “liberali” di Enrico De Nicola (1959) e di Luigi Einaudi (1961). Il gruppo si adopera pertanto, da subito, nell’allestimento di un evento che sia testimonianza del radica-mento del partito nel tessuto sociale italiano e ancor di più della visione comunista sulla funzione dei rituali di massa nell’azione politica. O, viceversa, della centralità del rito (di massa) nell’identità e nella cultura comunista. A riprova di ciò il agosto, nel giorno dell'arrivo della sal-ma del segretario in Italia, si svolgono ben due riunioni della Direzione del Pci: la prima nella mattina e la seconda nel tardo pomeriggio, con la presenza questa volta anche di Longo, Natta, Lama e Colombi, rientrati dalla Crimea con lo stesso volo russo. Unico delicato ordine del giorno di entrambe le riunioni è la preparazione delle «onoranze funebri al compagno Togliatti»3.

Sulla storia del trasporto del corpo di Togliatti dalla partenza da Yalta in una bara sovietica, fino al seppellimento al cimitero monumen-tale del Verano di Roma – in una cassa italiana – sappiamo molto, grazie

Page 6: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

114

livio karrer

all’attenzione che la stampa, non solo comunista, dedicò agli eventi e alla grandiosità con cui il Pci volle celebrare anche «l’ultimo viaggio» dello storico leader. Il funerale in particolare è il momento centrale e il più significativo: evento di commozione popolare per alcuni, di pura manifestazione di forza per altri. Un aspetto meno noto in questa vicen-da riguarda, invece, il corpo di Togliatti e se questo, prima di lasciare la Crimea, sia stato sottoposto ad una sommaria imbalsamazione, secondo la tradizione sovietica per i grandi leader. Un documento conservato nel-l’archivio del partito, presumibilmente stilato alla partenza del volo per motivi doganali, ricorda, accanto ad album di firme e vari filmati, maschere mortuarie post mortem, fatte prima e dopo l’imbalsamazione. Riporto integralmente l’elenco del materiale stivato a bordo del Tupolev:

1. Maschere post-mortuarie del compagno Palmiro Togliatti in due copie. Fatte in gesso il 1 agosto u.s. dallo scultore N. L. Savitski di Jalta. La prima maschera è stata fatta prima della imbalsamazione, la grande dopo. . Album con firme dei dirigenti del pcus e dei partiti fratelli presso il feretro del comp. Togliatti a Jalta il agosto 1964.3. Cinefilm documentario a breve metraggio, prodotto dalla Tv sovietica. 4. Cinemateriale (lavander) delle riprese fatte dallo studio centrale dei film documentari dell’urss a Yalta e Simferopoli il 1- u.s., e del comizio funebre dei lavoratori di Mosca, dedicato alla memoria del compagno Palmiro Togliatti il 5 Agosto. 4 scatole (lista del montaggio allegato).5. Fotomateriali riguardanti il passaggio del feretro del compagno Togliatti a Yalta e Simferopoli il 1- agosto.6. Testo e registrazione su pellicola di magnetofono del discorso del compagno P. Togliatti all’Artek il 13 Agosto4.

La pratica della maschera funeraria, come noto, è stata a lungo presente anche nella cultura italiana – per Gramsci era stato preso il calco della mano destra – mentre i casi d’imbalsamazione avevano interessato i papi e, con minor fortuna nei risultati, i monarchi d’ancien régime5. Un precedente e straordinario episodio d’imbalsamazione era stato quello operato sul corpo di Mazzini della fine dell’Ottocento, le cui ragioni e traversie sono state raccontate da Luzzatto6. In Russia l’imbalsamazione viveva una stagione di grande popolarità grazie alle pratiche celebrative del regime sovietico: i casi di Lenin e Stalin sono troppo noti per dover essere qui richiamati7. Sulla presunta imbalsamazione di Togliatti pur-troppo nessuno ha scritto né raccontato alcunché. Vi sono alcuni accenni di Luciano Barca sulla nomina di una commissione ristretta – composta da lui stesso, Alicata e Cacciapuoti – per stabilire se esporre o meno la salma8. Si decide, ad ogni modo, di celare il corpo del segretario e di sostituire, il giorno seguente l’arrivo della salma a Botteghe Oscure, la bara fornita dai sovietici. Fino a quel momento questa era apparsa nelle

Page 7: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

115

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

foto costantemente coperta dalle bandiere tricolore e rossa del Pci, così come Longo aveva espressamente chiesto prima del ritorno. Dal momen-to che non si ritrovano versioni ufficiali, la sostituzione venne all’epoca spiegata da molti cronisti come una scelta più in sintonia con una certa pietà popolare nazionale e come una rinuncia al fasto – di una bara in mogano e con decorazioni pesanti – dello stile sovietico9. Dell’eventuale imbalsamazione del corpo di Togliatti non si trovano, dunque, conferme; in tutti i casi, si tratterebbe di un dettaglio non secondario per definire meglio quella cultura politica da cui i comunisti italiani muovevano nel-l’elaborazione delle proprie strategie simboliche. Anche per rifiutarla, come sembrerebbe trattarsi in questo caso.

Fin dal suo arrivo all’aeroporto di Ciampino, il agosto, il corpo di Togliatti è al centro di un’attenzione e di un seguito crescente. Oltre cinquemila persone, secondo la questura30, attendono l’arrivo dell’aereo che riporta in Italia la salma, nel piazzale antistante all’aeroporto. Molti altri seguiranno il passaggio del carro funebre lungo il percorso fino al centro storico di Roma, nella sede del partito, come diverse foto su “l’Unità” testimoniano (vedi infra, figg. 1-2). All’altezza delle Terme di Caracalla la colonna di auto e moto svolta per via di San Gregorio e i Fori Imperiali, quasi a voler ripercorre quella via trionfale, che gira attorno al Colosseo, fortemente voluta da Mussolini come evocativo theatre state delle parate fasciste. Una scelta che appare oggi poco pratica e funzionale, dal momento che allungava il percorso fino alle Botteghe Oscure ma la cui motivazione va individuata nel desiderio di marcare il più possibile il rientro – l’adventus si è portati quasi a dire – di Togliatti nella capitale31. Una volontà celebrativa di portare il segretario “in trionfo” a Roma, lungo la via recentemente riconsacrata al patriottismo nazionale dalle celebrazioni della Repubblica?3

Delle riunioni di Direzione in cui si completa l’organizzazione del funerale va sottolineata la decisione di convocare per il giorno successivo al funerale il Comitato centrale del partito per ratificare la nomina di Longo a nuovo segretario. Decisione, senza alcun dubbio, indicativa dell’immagine di presenza e di continuità che il Partito comunista vuole trasmettere ai militanti e all’opinione pubblica nel momento liminale, potenzialmente pericoloso, di perdita di un punto di riferimento centrale dello statuto identitario. Il Pci ha anche la ne-cessità di presentarsi come forza trascendente, che prescinda dal corpo di un uomo: il partito deve riaffermare, in altri termini, la «proprietà» del corpo di Togliatti, il cui culto e carisma potrebbero aver proiettato l’immagine del leader oltre le mura (i confini) della chiesa comunista, sganciandolo dall’universo simbolico del partito per crearne uno alternativo ed effimero. Nella religione politica comunista il rischio

Page 8: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

116

livio karrer

da scongiurare è, quindi, che Togliatti da “sacerdote” della liturgia diventi oggetto di culto delle ritualità stesse, o in altre parole da leader rituale si sia trasformato in leader carismatico. Non diversamente da quanto si era verificato a Mosca per Stalin. Si doveva, dunque, evitare che l’onda lunga del “culto della personalità” sfiorasse post mortem il segretario italiano.

Il Pci, ricordando l’importanza per la comunità della guida sicura di Togliatti, riaccredita in realtà l’immagine simbolica del potere e dell’autorità come prerogativa del partito e ha successo proprio at-traverso l’ufficio di tutti i compiti politici, ivi compresa la messa in scena dei riti collettivi, imprescindibili per i movimenti di massa nei momenti di transizione33. L’allestimento di un rituale fa parte di quel processo di gestione della liturgia che permette ai partiti di massa di rigenerare lo spirito di unione con i militanti attraverso una mise en scène della realtà, epurata da ogni differenziazione sociale. Misura poi il successo del rito il grado raggiunto di trascendenza mistica, che viene garantito dal senso di comunione, dalla spontanea partecipazione dei singoli e dalla carica che scaturisce dai simboli sul palcoscenico. Se nelle monarchie d’antico regime la continuità del potere era espressa dalla formula le Roi est mort! Vive le Roi!, per i partiti di massa si po-trebbe parafrasare la formula con le Secretaire est mort! Vive le Parti!. Quanto più il militante si sente attivamente partecipe di una manife-stazione “autentica” e quanto più si riconosce reale «specchiandosi nel rito»34, tanto più il partito vedrà riconosciuta la sua autorità come guida dell’intera comunità. Più il Pci mostrerà la sua forza nel gestire questo rito, in buona sostanza, più questa funzione sarà nuovamente legittimata.

Da questo punto di vista non è senza significato che, vent’anni dopo, a seguito della morte di Berlinguer, la convocazione del Cc non sarà così tempestiva; prima dell’elezione di un nuovo segretario sa-ranno soprattutto necessari diversi sondaggi esplorativi tra i dirigenti. In entrambi i casi, invece, il rito di passaggio del funerale avrà, tra le altre, proprio la funzione di «costruire il significato»35 della morte, di dare un senso al delicato momento della transizione: il rito diventerà nell’occasione «linguaggio autorizzato», in quanto espressione dell’unica autorità ancora vigente nella comunità, quella del partito. L’immagine del “Migliore” e di Berlinguer dopo la morte sarà regolata e tramandata dalle rappresentazioni che il partito costruirà. Ai due segretari sarà concessa l’immortalità, nella memoria collettiva dei comunisti, solo se il partito sarà in grado di riassorbire, gestire e ritualizzare simbolicamente l’eredità di quelle immagini.

Page 9: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

117

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

2Preparativi

Nel 1964 la prima decisione dei dirigenti riguarda l’itinerario del corteo: si preferisce l’opzione più familiare alle manifestazioni comuniste, vale a dire il percorso che dalla sede del partito porta a San Giovanni attraverso piazza Venezia, i Fori Imperiali, via Cavour e via Merulana. È il percorso più lungo. Nelle carte della segreteria organizzativa sono minuziosamente registrate le lunghezze dei vari tragitti presi in esame: il Pci vuole portare in piazza – a proprio rischio, va anche detto – il numero di italiani più alto possibile. La seconda decisione è in merito al luogo della sepoltura di Togliatti. Dopo un primo sondaggio per il cimitero acattolico di Roma, dove è la tomba di Gramsci – ipotesi rifiutata dall’amministrazione del campo36 – i dirigenti si orientano per il cimitero monumentale del Verano. Qui era stato precocemente allestito un memoriale in cui avevano trovato collocazione le salme di Ruggero Grieco, Concetto Marchesi e Sibilla Aleramo. L’ipotesi del cimitero acattolico esibiva, non vi è dubbio, una carica simbolica più alta, non tanto perché il grande comizio popolare di commemorazione veniva previsto davanti alla porta San Paolo, nei luoghi mitici della Resistenza romana, ma piuttosto per la possibilità di consacrare una “tomba di famiglia” del comunismo italiano, all’ombra di Gramsci e Togliatti. Un potenziale pantheon, dunque, delle glorie immortali del Pci, la cui forza mistica, come luogo della memoria di un popolo, era destinata ad ispirare le future generazioni di militanti, grazie alla presenza dei due maestri del marxismo, nonché, nella vulgata comunista di quegli anni, fondatori del partito.

Nella riunione di Segreteria svoltasi prima della morte di Togliatti si era parlato anche della scelta degli oratori che avrebbero preso la parola per commemorare il defunto, nonché dei tempi da concedere ad ognuno. Un tema delicato quest’ultimo, tutto iscritto in un modello di funerale in gran parte già canonizzato e ritualizzato all’interno della liturgia del comunismo internazionale. La partecipazione dei membri in delega-zione veniva generalmente stabilita in base all’importanza del defunto, analogamente a quanto previsto dall’etichetta di ogni cerimonia politica di Stato. Molti dei dirigenti presenti a Botteghe Oscure, infatti, avevano personalmente partecipato ai funerali di leader comunisti europei, ultimo quello recentissimo di Maurice Thorez, segretario del Pcf, svoltosi a Parigi il 16 luglio 1964. Tutti ricordano, del resto, la foto di Togliatti e Nenni sul palco dei dirigenti allestito sulla piazza Rossa di Mosca in occasione dei funerali di Stalin del ’53. Era un ossequio al quale i dirigenti comunisti difficilmente avrebbero rinunciato37. La nota in merito non è superflua, perché nel 1964 dalle parole e dalle decisioni dei dirigenti emerge chia-

Page 10: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

118

livio karrer

ramente – come poi sarà nell’84 – l’automatismo attorno ad un modello nell’esperienza dei singoli.

Tutti sono a conoscenza delle difficoltà da superare, in molti avver-tono che i «punti di concentramento e l’ordine di sfilata» devono essere programmati con cura, che, insomma, si deve evitare – come sottolineerà Alicata – la «confusione»38. Quanto ai tempi da destinare agli oratori, non meno importante l’attenzione che vi pone la dirigenza. Alfredo Reichlin, ad esempio, ricorda ai colleghi come ai funerali di «Zvadski», il capo di stato polacco succeduto a Boleslaw Bierut39, il rappresentante sovietico Mikojan avesse parlato solamente sei o sette minuti, mentre Gomulka un quarto d’ora40.

Parallelamente si pone grande rilievo alle informazioni che la stampa comunista deve veicolare. Berlinguer è attento sia a curare l’immagine esterna che il partito mostra di sé – si cerca, in definitiva, di fornire al-l’universo comunista una narrazione autoalimentata che sia mobilitante e confortante allo stesso tempo – sia a fare da raccordo per il lavoro di tutti gli apparati locali e nazionali del partito. Un documento interes-sante illustra chiaramente quale fosse lo schema che orientava l’azione organizzativa41. Si tratta di un questionario redatto dalla Segreteria, in cui si chiede in dettaglio alle varie sezioni provinciali diverse informa-zioni sulle attività commemorative allestite in loco e in preparazione del grande funerale romano. Su questo secondo aspetto, in particolare, si voleva conoscere una stima del numero dei partecipanti, delle bandiere di partito, nonché notizie sulle modalità previste per l’ingresso nella ca-pitale. Il questionario, come di consueto indirizzato a tutte le federazioni provinciali, svolgeva una doppia funzione. Da un lato serviva a rinsaldare i rapporti tra centro e periferia, dall’altro a coordinare l’organizzazione del funerale in modo efficiente e veloce così da non trascurare il minimo dettaglio. Analogamente allo scambio d’informazioni o alla trasmissione di compiti tra prefetture e apparati della Repubblica, la Segreteria del Pci sollecitava i dirigenti locali a lavorare più alacremente, secondo una dinamica competitiva già ampiamente rodata in occasione delle campagne di tesseramento nazionale e di diffusione delle pubblicazioni comuniste nel «mese della stampa». Queste dinamiche di competizione o emulazio-ne tra le diverse sezioni regionali sono state già indagate dagli storici: lo scopo, e in una certa misura anche lo spirito che le animava, era rivolto anche per i funerali alla ricerca di vantaggi collettivi4. Tutto il partito, infatti, ne avrebbe beneficiato.

Non meno significativo, allo stesso modo, è l’interesse della Segreteria per promuovere una commemorazione a livello locale che garantisca la simultaneità nazionale dell’azione e diffonda una rappresentazione quanto più unanime possibile del cordoglio. Un lutto, dunque, che sarebbe così

Page 11: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

119

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

potuto essere presentato come collettivo e davvero vivo in tutto il Paese. Nelle “feste funebri” comuniste, tuttavia, l’aspetto della partecipazione ampia e geograficamente diffusa sembra rivestire un’importanza supe-riore rispetto all’esigenza, pur presente e incoraggiata, della simultaneità dell’azione celebrativa a livello nazionale e della conseguente rappresen-tazione organica del dolore degli italiani43.

3Corpi in esposizione

La camera ardente e le tre giornate in cui il feretro di Togliatti è esposto alle Botteghe Oscure rappresentano un capitolo a sé del lungo rito. A Roma, come noto, solo i papi venivano mostrati alla popolazione tanto a lungo: il paragone è, se si vuole, scontato nella tradizione della città eterna, tuttavia ingombrante nel caso di un laico comunista. A Mosca, nella celebre “Sala delle Colonne”, nel palazzo del Sindacato, a fianco alla Duma, i più importanti leader comunisti erano celebrati con la stessa durata di esposizione: tre giorni44. Quel che colpisce, ad ogni modo, è l’assenza, nelle dettagliatissime cronache dell’“Unità”, di notazioni sulle preghiere per il defunto e sui numerosi segni cristiani a cui si abbando-nano uomini e donne che sfilano davanti al feretro. Atteggiamenti questi ultimi, al contrario, rilevati e fatti oggetto di numerosi commenti da parte di altri giornali. L’organo ufficiale del partito, insomma, sorvola sulla presenza di forme e simboli cattolici all’interno della camera ardente, mentre si dilunga sul bacio all’effige e sulle lacrime delle donne, raccontati attraverso le parole più tipiche di un patetismo di maniera45. Ancora una volta va annotato come il dolore nazionale venga simbolizzato attraverso l’esibizione dei volti commossi delle donne: il peso di una perdita e del lutto sono anche qui espressione di un fardello femminile, tradizionale, del resto, nell’Italia unitaria46.

Si rifiuta, dunque, il confronto con la ritualità cattolica e con un’im-magine scopertamente cristiana della propria militanza, invece largamente presente e diffusa47. In definitiva, non diversamente dall’esclusione dei simboli di partito che parroci e vescovi riservavano nello stesso periodo alle famiglie comuniste nei funerali di militanti48, allo stesso modo il Pci si erge nel 1964 ad amministratore esclusivo delle simbologie e delle rap-presentazioni ufficiali all’interno della propria “chiesa”. Questa ricerca di monopolio nella gestione del “sacro” è tanto più stupefacente quanto più si pensi alla ben nota strategia di apertura ai cattolici portata avanti da Togliatti fin dal suo rientro in Italia. Anticipando un po’ i tempi, è importante segnalare la differenza profonda che su questo punto il fune-rale di Berlinguer porterà enfaticamente in scena, allorché la presenza di

Page 12: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

10

livio karrer

moltissimi cattolici – comunisti o meno poco importa, non avendo più rilevanza la distinzione nelle rappresentazioni – sarà ricordata e messa in rilevo sulla stampa di partito. Al contrario, la capacità di Berlinguer di essere amato anche dai cattolici diventerà una ragione in più del suc-cesso di un uomo e l’ulteriore manifestazione della proclamata diversità comunista. Ma torniamo ora alla camera ardente.

Una fotografia suggestiva dell’“Humanité” del 16 luglio 1964 mostra la scenografia allestita dal Pcf per commemorare Maurice Thorez: un enorme drappo nero ricopre integralmente la facciata del grande palazzo vicino all’Opéra di Parigi, secondo una tradizione decorativa francese49. L’effetto scenografico, tipico del teatro, doveva senza alcun dubbio stu-pire i passanti. Nulla di simile è previsto per Togliatti e per Berlinguer alle Botteghe Oscure, dove sono molti fiori e le bandiere a mezz’asta a caratterizzare la facciata. In entrambe le occasioni la camera ardente è allestita nell’atrio d’ingresso del palazzo, dove il busto di Gramsci domina silenzioso la scena. L’esposizione della salma e la pratica dei picchetti mostra, nei vent’anni di distanza che intercorrono tra i due funerali, poche differenze. Diverso è però il tempo di esposizione: per Berlinguer sarà solo di due giornate. Diverso, soprattutto, è il discorso politico, come vedremo, che si costruisce intorno agli eventi, poiché nel caso della morte di Berlinguer le immagini saranno meno evocative delle parole e la commozione e le lacrime saranno più raccontate che raffigurate. Le istantanee di vent’anni più tardi, infatti, non dipingono più dolore e lutto, né si dà spazio ai volti commossi e ai baci alla bara assunti a testimonianza privilegiata del lutto e del cordoglio, come abbiamo visto per Togliatti. Nel 1984 la televisione – che trasmette continuamente immagini dalla sede del Pci e da Padova, dove il segretario è ricoverato – ha ormai ridotto la centralità dei giornali come fonte di comunicazione visiva e modificato le scelte grafiche della carta stampata.

Pietro Secchia ha raccontato, da par suo, queste fasi del funerale “togliattiano”, dando la misura sia della meticolosità dei meccanismi organizzativi dell’apparato di partito, che poco spazio lasciano alla «spontaneità e al caso», sia del clima più generale, equiparato tout court a quello vigente in una «confraternita di gesuiti».

Tutto è meticolosamente, direi puntigliosamente organizzato secondo la regia dell’epoca, un protocollo rigoroso e il cerimoniale messo a punto dal gruppo dominante. Neppure la morte è riuscita a spezzare, sia pure per un attimo, il rigore di un protocollo fissato sulla base della catena gerarchica. […] il culto delle gerarchie si rivela ancora più forte di quello della personalità e della morte. […] Anche il dolore e la partecipazione devono essere pesati col bilancino, mi-surati col tassametro. Le lacrime dei grandi non devono confondersi con quelle dei piccoli. Cominciano i turni di guardia, anche questi naturalmente sono stati

Page 13: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

11

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

predisposti sin dal giorno prima, elenchi e schedari alla mano. Tuttavia qualche mutamento avviene. C’è chi ha preteso di avere la precedenza in base ai diritti del grado e della scala gerarchica. Inevitabili confusioni di questi momenti, piccinerie e meschinità degni di una confraternita di gesuiti50.

Nel 1984 l’organizzazione del funerale coincide con la campagna elet-torale per il parlamento europeo. Berlinguer muore a poche ore dalle votazioni che, come noto, registreranno per la prima volta nella storia repubblicana – e sull’onda emotiva di quella perdita – il sorpasso del Pci sulla Dc. L’impegno del partito si esplica in entrambe le direzioni; la Direzione comunista fin dal primo malore che coglie il segretario si prepara all’«ipotesi estrema» ma, ugualmente, la campagna elettorale non si può fermare51. Pecchioli il 9 giugno, quando le condizioni di Berlinguer appaiono già gravissime, ragiona sulla data migliore per il funerale. Il problema è evitare la sovrapposizione con la domenica elettorale:

Se i funerali si fanno il venerdì non ci sono problemi, per il sabato, già ci sono guai. Non possiamo deludere il desiderio dei compagni di essere presenti a Roma, né impegnare i compagni che debbono votare. Se fermiamo la salma a Padova per un giorno potremmo far slittare la cerimonia a Roma a lunedì 18 p.v. (sempre naturalmente, se il compagno Berlinguer sopravvivrà sino ai primi giorni della prossima settimana)5.

Per quanto riguarda le «questioni tecniche», il funerale è, infatti, già stato organizzato, come Tortorella, responsabile dell’organizzazione, nella stessa riunione chiarirà esplicitamente.

La velocità con cui viene organizzato il funerale di Berlinguer dimostra la familiarità non solo dei dirigenti ma di tutto l’apparato del partito con questo genere di liturgia e di situazioni. La ciclicità di eventi commemo-rativi o festivi nella comunità e la canonizzazione del modello funebre avevano evidentemente contribuito a favorire l’interiorizzazione anche nei quadri di mentalità, attitudini e forme cerimoniali. La grande mobilita-zione dell’apparato locale della federazione romana, in particolare, è una manifestazione di efficienza e allo stesso tempo di schizofrenia da parte di un partito che non rinuncia a riproporre un rito identitario collaudato ma anche seriamente compromesso con l’eredità del passato staliniano. A dispetto delle caute aperture prodottesi negli anni precedenti.

I funerali allestiti nei primi anni Ottanta – per la morte di Amendola, Longo e Terracini – avevano, infatti, offerto la possibilità di aggiornare il modello, favorendo di conseguenza una nuova pedagogia politica più aperta al rinnovamento identitario. La rinuncia al corteo sul modello del-l’accompagnamento religioso che si era avuta in quelle occasioni, in questo senso, appare come una decisa laicizzazione del modello, a favore di una

Page 14: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

1

livio karrer

commemorazione in piazza attraverso delle “orazioni” pubbliche: forma quest’ultima più vicina alla tradizione dei funerali repubblicani e socialisti. Come vedremo, invece, i dirigenti scelgono di riproporre la versione più tradizionale di questo modello, dove l’unica vera differenza è data dal tempo di esposizione della salma del segretario defunto. Il fantasma della tradizione aleggia comunque nella discussione della Direzione nel 1984. In modo emblematico il problema viene sollevato da Ugo Pecchioli in merito alla consueta scelta degli oratori: «c’è un problema delicato per i discorsi. Si potrebbe sfuggire alla tradizione e far parlare un giovane (Fumagalli [segretario della Fgci]) e il più anziano (Pajetta). Ciò per evitare la tradi-zione. Si pensa anche alla compagna Jotti»53. Pecchioli, insomma, lascia intendere di essere orientato verso un rito con minor crisma d’ufficialità e con meno oratori e, in definitiva, più breve. Nessuno, però, degli altri membri si dimostra favorevole ad accogliere le aperture e subito si apre il dibattito sui candidati più idonei alla commemorazione pubblica. La discussione dimostra, ancora una volta, la consuetudine con una prassi liturgica tutt’altro che morta e la ritrosia ad avventurarsi su sentieri poco battuti. Va detto, infatti, che era stata la volontà esplicita di Amendola e di Terracini ad aver imposto una soluzione diversa per quei funerali, non esclusa la rinuncia alla tumulazione accanto a Togliatti al Verano, e non una convinta scelta del Pci. In occasione della morte di Longo, nell’ottobre del 1980 – forse perché a distanza di pochi giorni, ricordia-molo, dalla “marcia dei quarantamila” a Torino – il partito rinunciava a mobilitare i propri militanti secondo i canoni consueti; rispettando la volontà di Longo, inoltre, anche il segretario partigiano non venne sep-pellito a Roma54. Perché per Berlinguer non si sfruttarono questi strappi e innovazioni per reinventare la tradizione e si preferì una celebrazione modulata sugli stessi protocolli del “funerale togliattiano”?

Evidentemente nel 1984 alcuni elementi di dettaglio nell’allesti-mento del funerale sono modificati, come la sostituzione dell’oratore sovietico con un rappresentante del Parlamento europeo – innovazione registrata per la prima volta nella commemorazione dell’Amendola eu-rodeputato –, ma l’impianto di base resta lo stesso dei grandi funerali di partito messi in scena per Palmiro Togliatti. Solitario appare, insomma, il parere di Pecchioli ma, non di meno, la posizione di quest’ultimo illumina sulla non condivisione dei possibili aggiornamenti e sul ruolo che ritualità e tradizione giocano ancora nel Pci degli anni Ottanta. Saranno le forme di partecipazione, come vedremo, dei militanti e della gente comune a contribuire a disegnare una rappresentazione ufficiale diversa, popolare, in cui le barriere tra apparato e folla saranno le prime a cadere. Seguiamo ora in parallelo i due lunghissimi cortei funebri, rilevando le differenze e le continuità.

Page 15: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

13

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

4Cortei

L’ordine di sfilata è in entrambe le occasioni dettagliatamente predisposto e i minuziosi elenchi sono ancora oggi conservati presso l’archivio del Pci55. Allo stesso modo conosciamo i precisi piani di azione per la for-mazione degli stessi cortei: i momenti d’ingresso delle varie delegazioni provinciali sono, infatti, resi noti sulla stampa di partito. L’attenzione per questi aspetti è meticolosa. Osservando il corteo di Togliatti, ad esempio, si nota bene che, quando il carro funebre si muove da via delle Botteghe Oscure, la testa del corteo è già molti metri avanti. Il carro funebre, vero centro focale di tutta la celebrazione, segue, infatti, la lunghissima distesa di corone commemorative, di bandiere del partito – del Cc e del Ccc, della Fgci, di quasi tutte le sezioni nazionali – una seconda banda musicale e i gonfaloni comunali delle amministrazioni di sinistra. Nel 1964 è compli-cato ricavare una stima del numero complessivo di corone e bandiere: i giornali riportano cifre molte diverse mentre la Segreteria del Pci stimava in 1.00 i soli portatori di corone. In ogni caso la scelta della dirigenza comunista è di affiancare ai colori e ai tradizionali simboli identitari del partito, quelli municipali o regionali delle amministrazioni statali56. L’im-pressione che nei contemporanei deve aver suscitato l’arrivo del corteo è difficilmente descrivibile57: i toni della Marcia Funebre di Chopin scan-divano lentamente il passo, contribuendo a fissare quell’immagine di un mesto pellegrinaggio laico, ben lontano, in questo, dalle forme marziali dei funerali sovietici e più assimilabile a momenti tipici del folklore religioso nazionale. Anche le fotografie scattate dagli elicotteri descrivono una fiumana di corone e bandiere, che colora le strade di Roma. Significativa un’immagine dei Fori Imperiali, probabilmente scattata dal Colosseo, in cui si vede solo la testa del corteo: una formidabile quantità di corone e bandiere attirano l’occhio dell’osservatore. Per il funerale di Berlinguer notiamo qualche piccola variazione nell’ordine del corteo: alla testa non c’è più la banda musicale, che sfila subito dopo, bensì le bandiere del Pci e della Fgci; seguono i gonfaloni comunali e i vari picchetti ufficiali; solo dopo troviamo le corone di fiori – circa 10 – e quindi la banda (fig. 3). E di seguito il feretro e i dirigenti e i quadri del partito.

Nel 1964 qualche attenzione merita anche il carro funebre che il Comune di Roma mette a disposizione per accogliere la bara di Togliatti: il semplice carro nero è caratterizzato, infatti, da una vistosa croce di metallo sul tetto. Si nota in particolare il tentativo maldestro di coprire il simbolo cristiano con qualche fiore rosso, probabilmente per non offen-dere sensibilità religiose o, piuttosto, per non confondere rito cristiano e ateo. Dalla cronaca del “Tempo” scopriamo che i fiori sono dei garofani

Page 16: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

14

livio karrer

scarlatti58; il giornalista, Angelo Frignani, sfrutta l’episodio per affermare che Roma non è attrezzata ad ospitare un funerale laico. Sul quotidiano della destra romana si dà una chiave di lettura della cerimonia come un mistificante tentativo del Pci di confondere il funerale laico comunista con quello religioso cattolico, attraverso una strumentalizzazione, si direbbe oggi, anche di quei cittadini e militanti che si fanno il segno della croce al passaggio del defunto.

Così si è concluso il più grande funerale ateo che Roma abbia mai visto. Una manifestazione senza dubbio imponente, sulla quale il Pci conta per dare la dimostrazione della sua forza e della sua potenza, ma alla quale – nonostante le “parole buone” – non è riuscito a togliere, appunto, le caratteristiche di una cerimonia soprattutto atea59.

In ogni caso, registriamo la differenza rispetto ai funerali di Ruggero Grieco del 1955, quando era stata scelta come carro funebre, secondo l’uso comune del resto, una carrozza trainata da due cavalli60. Dietro al carro, seguono la salma di Togliatti: Nilde Jotti, Marisa Malagoli, Mario Spallone con la consorte. Il feretro è il vero centro prossemico di tutto il corteo: a partire da questo centro sacrale è costruita tutta la gerarchia d’ordine. La prossimità alla bara è attestazione di prestigio e importanza. Un passo indietro alla Jotti camminano la sorella e il fratello di Togliat-ti, Maria Cristina ed Eugenio: entrambi dopo pochi metri troveranno posto su alcune autovetture che seguono il carro, posizionate dietro i membri della Segreteria del Pci. Nelle autovetture già sedevano, il figlio di Togliatti, Aldo, che, come noteranno in molti, vestito in doppiopetto grigio era incredibilmente somigliante al padre, la moglie separata Rita Montagnana e Gian Carlo Pajetta.

La scelta di inserire nel corteo tre autovetture non era casuale: era stata probabilmente l’unica soluzione trovata dagli organizzatori per risolvere, da un lato, il problema logistico per il supporto ad infermi ed anziani, dall’altro, la ventennale vexata quaestio della gestione del rapporto tra Nilde Jotti e Rita Montagnana. Eredità scomoda che Togliatti lascia al partito. La partecipazione al funerale della Montagnana, infatti, aveva tenuto molto in ansia la Segreteria che nella riunione del 3 agosto aveva incaricato addirittura Umberto Terracini e Ugo Pecchioli, allora dirigente della sezione di Torino61, di conoscerne le intenzioni. Appare evidente che la Direzione vuole evitare che le due donne s’incontrino lungo il percorso. A differenza di Longo, Togliatti non aveva mai voluto divorziare legalmente a San Marino, per cui la Montagnana era a tutti gli effetti ancora la mo-glie6. Ma per l’“Unità” è solo «la madre» di Aldo63. La stampa moderata e di destra sfrutta molto questi aspetti del rapporto tra moglie “vera”, la Jotti, e “ufficiale”, la Montagnana, che il “Tempo” definisce «colei alla

Page 17: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

15

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

quale spetta soltanto una malinconica serie di ex (ex moglie, ex dirigente del Pci, ex deputato, ex comunista)»64. Sulla “Nazione” del 5 si legge dell’arrivo a Roma di Rita Montagnana e di Aldo Togliatti e il giornalista, in chiave polemica, si chiede quale sarebbe stato il posto della donna nella celebrazione, definendola tra i pochi personaggi «veri» di un funerale dai forti accenti politici, insieme solo agli altri familiari Nilde Jotti, Eugenio e Maria Cristina Togliatti e Marisa. Rita Montagnana – continua il giornalista del quotidiano di Firenze – è però anche il personaggio più «doloroso» perché è a lei che Togliatti ha lasciato il «pesante fardello» di accudire il figlio instabile di mente65. Come contrappunto va qui evidenziata la pro-fonda differenza con l’attenzione al modello familiare virtuoso dei coniugi Berlinguer, tratteggiato non solo in occasione del funerale ma anche in sede commemorativa per descrivere lo «stile Berlinguer»66.

Al di là delle polemiche sul caso di Togliatti, sintomatiche dello scon-tro culturale sugli stili di vita degli anni Sessanta, le forme della presenza e la possibilità d’intervento nel cerimoniale dei familiari rappresenta un nodo problematico vero e nel caso dei funerali politici appare una costan-te trasversale di lunghissimo periodo, facilmente riscontrabile in molte culture politiche e in molte altre situazioni67. Un tema che si è riproposto anche di recente, come mostra il caso dei funerali del presidente francese François Mitterrand68.

Capire se e come i partiti rispettino le volontà delle famiglie è nel caso comunista assai complicato nonostante il rilievo della questione. Si può, infatti, per questa via ricostruire, seppur in controluce, quanto la volontà celebrativa – nei termini validi per le manifestazioni di forza e presenza tout court – del partito nel tessuto sociale abbia la meglio a discapito delle ragioni familiari. Sia per i funerali di Togliatti che per quelli di Berlinguer, la presenza dei familiari appare diluita nell’immagi-ne forte del Pci e non sembra convincente credere, come fa Alessandro Casellato, che la mancanza di «una collocazione privilegiata» fosse equilibrata dall’essere poi «ricompresa nella “famiglia allargata” del partito»69. Per i funerali di Berlinguer appare probabile che sia avvenuta addirittura una contrattazione tra la moglie del segretario e il responsabile dell’organizzazione Tortorella su alcuni dettagli del funerale. Tuttavia la cattolicità della signora Letizia, nota all’opinione pubblica, non sembra aver determinato sensibili modificazioni nel rito e l’unica concessione che il partito fa alla famiglia sembrerebbe essere quella relativa al luogo di sepoltura del feretro. Il corpo di Berlinguer non sarà, infatti, tumulato accanto a Togliatti. Come già prima di lui era stato per Longo, Amendola e Terracini, rifiutatisi di osservare la tradizione di partito70.

L’aspetto che più stride, dunque, con l’evoluzione culturale del-l’universo comunista fino a qui delineata è la riproposizione fedele

Page 18: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

16

figura 1Roma 5 giugno 1964. Corteo funebre con il feretro di Togliatti in via delle Botte-ghe Oscure. Si distinguono Nilde Jotti e Marisa Malagoli; dietro di loro, il gruppo dirigente del Pci. La riproduzione è gentilmente concessa dall’Archivio fotografico dell’Unità

figura 2Roma 3 giugno 1964. Una famiglia rende omaggio a Togliatti nella camera ardente allestita nella sede del partito. La riproduzione è gentilmente concessa dall’Archivio fotografico dell’Unità

Page 19: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

17

figura 3Roma 13 giugno 1984. La testa del corteo funebre per Berlinguer lungo via dei Fori Imperiali. La riproduzione è gentilmente concessa dall’Archivio fotografico dell’Unità

figura 4Roma 13 giugno 1984. Gruppo di donne nel corteo mostrano l’edizione speciale dell’Unità,pubblicata nel giorno del funerale di Berlinguer. La riproduzione è gentilmente conces-sa dall’Archivio fotografico dell’Unità

Page 20: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

18

livio karrer

nel 1984 della liturgia tradizionale per quanto riguarda l’immagine e la rappresentazione del corteo, l’ordine di sfilata interno e il suo percorso. Sull’ultimo punto si è già detto del valore memoriale di San Giovanni nella tradizione comunista. Con sguardo retrospettivo, invece, si può osservare riguardo all’ordine gerarchico di sfilata che, se poteva essere conforme alla natura del Pci togliattiano, alla metà degli anni Ottanta questo appariva decisamente anacronistico. In particolare la confor-mazione del corteo continuava a riproporre quell’immagine di sfilata infinita di apparati di partito, la rappresentazione tangibile della contro-società comunista. Autorappresentazione quest’ultima, però, che stride fortemente con il discorso “unanimistico” che s’intende costruire sulla presenza del Paese al suo interno. In entrambi i funerali, le cronache della stampa comunista sottolineano ossessivamente l’organicità di una rappresentanza nazionale che sfila, quando a ben vedere siamo di fronte ad un’ordinata manifestazione di partito. A titolo d’esempio riporto un passaggio emblematico della lettura unanimistica del cordoglio offerta da “Paese Sera” per Togliatti:

Tutta la realtà italiana, anche quella più nascosta ed umile, è qui scaturita d’im-provviso, al richiamo di questa voce che ha insegnato a tutti e che a tutti ha dato qualche cosa, ha indicato una strada, ha risvegliato una coscienza, ha spalancato gli occhi sull’avvenire, verso un mondo giusto che tutti sognano, che ha fatto diventare certezza ogni aspirazione e ogni speranza. E ciascuno vorrebbe dire a questo morto che passa sotto il cielo di Roma qualcosa di ciò che ha ricevuto [….] è tutta l’Italia che sfila; ogni delegazione è preceduta da un lungo striscione rosso che a scritte bianche reca il nome della città. È la storia di quarant’anni di vita italiana sotto la guida di Togliatti […] dietro al feretro di Togliatti è una marea di persone che si muove lentamente, massiccia, tenendosi per mano, legata da un comune sentimento, tutti uguali. Attorno a Togliatti è veramente il mondo e l’Italia tutta. Il mondo tutto nelle rappresentanze straniere, in gente d’ogni colore. E l’Italia tutta, le rappresentanze ufficiali dello Stato e del Parlamento, la cultura, la democrazia civica, i partiti politici e l’Italia del mondo del lavoro71.

Una riprova che l’organizzazione del corteo è saldamente controllata dal partito si ha nello spazio limitato lasciato agli italiani che liberamente hanno scelto di presenziare al rito. La «folla indistinta», così come è definita nei documenti della Segreteria nel 1964, si tenta di contenerla oltre le transenne che delimitano il percorso, lasciando che s’inserisca nel corteo solo in fondo. La volontà di evitare confusione, sovrapposizioni e possibili scontri con i militanti è fortissima7. L’immagine complessiva che si ricercava, doveva essere – prendendo a prestito le parole usate dall’“Unità” del ’64 – l’«espressione grandiosa di una coscienza collettiva matura», dove emergesse la forza della disciplina, più impressionante di

Page 21: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

19

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

quella del numero. Effettivamente tutti i giornali riconoscono che i funerali di Togliatti siano stati una dimostrazione di forza senza precedenti. Nenni, più esplicitamente, ricorda come tutto nell’azione comunista della «generazione di Stalin» fosse dominato dall’idea della forza73. Il “Messaggero” osserva che lo stesso Togliatti avreb-be probabilmente apprezzato «se per assurdo gli fosse toccato di organizzar[lo]»74. Va aggiunto, tuttavia, che l’ostentazione di forza non colpisce tutti i contemporanei: Amintore Fanfani, non accenna affatto, nei suoi diari, al funerale del segretario comunista75. Non nota nemmeno l’avvenuta morte di Togliatti, ricordando piuttosto la scomparsa di Ardengo Soffici e la messa in onore di De Gasperi per il decennale dalla morte, a cui naturalmente assiste.

Nel 1984 lo sforzo del Pci non sarà però diverso, almeno nelle intenzioni, e il corteo principale manterrà nelle posizioni di testa una sua rigidità evidente. E questo anche di fronte ad una partecipazione popolare molto più ampia e non più solo d’apparato, in parte prevista ma che si fatica a governare dal punto di vista organizzativo. Alla testa degli altri tre cortei predisposti lungo la città – al cui interno non vigerà, però, alcuna etichetta di gerarchia – sono previsti, infatti, come capofila i militanti della federazione romana del partito, con lo scopo di guidare i gruppi e orientare le forme della partecipazione. Sotto la spinta di un coinvolgimento popolare oramai slegato dai tradizionali canali di mobilitazione del partito, il messaggio di forza che la manifestazione comunista vuole comunque trasmettere è ora diluito, con maggiori ragioni, nella dimensione di un cordoglio ge-neralizzato e di un evento interpretato come avvenimento collettivo nazionale.

Comune, invece, a entrambe le rappresentazioni dei funerali è il tema del silenzio. Nel funerale di Togliatti è parte del messaggio politico demandato al corteo, per Berlinguer è ancora presente ma più sfumato ed attinge largamente alla commozione che il malore e la morte di Berlin-guer hanno suscitato nel Paese, di cui la televisione si era fatta interprete. Una commozione «nuova» e «diversa», come enfatizza l’“Unità” (fig. 4), dando sostanza alla proclamata diversità comunista del Pci berlingueriano degli anni Ottanta. C’è un silenzio, una commozione, una testimonianza anche riservata e personale di migliaia e migliaia di cittadini in quell’andare tutti insieme, alla spicciolata, senza praticamente cortei organizzati, dalle stazioni, dai punti di concentramento come da cento e cento vie e viuzze; persone, gruppi, che confluiscono, si accostano, sostano, vanno avanti silenziosi andando a formare quel milione e mezzo o quei due milioni (chi può contarli?) di cittadini, donne, giovani, anziani che alla fine si potranno vedere dall’alto dell’elicottero. Qualcosa di nuovo anche rispetto

Page 22: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

130

livio karrer

alle tante grandi manifestazioni di lavoratori o dei comunisti; qualcosa di nuovo – non di più, ma di diverso in tanta parte – anche rispetto ai mitici, ormai antichi funerali di Togliatti nell’agosto 1964, al commosso e imponente abbraccio che i comunisti riservarono a Longo nell’ottobre del 198076.

Dal punto di vista del rito, la funzione del silenzio è fondamentale, per-ché il silenzio impressiona, commuove, crea trasporto. Il silenzio nella tradizione delle sfilate socialiste ha un’eredità di lungo periodo. Come ha notato George Mosse, in Germania, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la festa dei lavoratori si modella su uno schema militare di sfilata silenziosa. A differenza di molte altre feste del periodo guglielmino il “primo maggio” non prevedeva inizialmente pratiche di canto corale, di gran voga all’epoca, né appelli o discorsi.

Divenne consueto – sottolinea Mosse – insistere su tale silenzio, certa-mente perché si faceva affidamento sulla genuina impressione di potenza che esso produce: “Abbiamo il numero, abbiamo le masse, abbiamo il potere”, e tutto ciò fu dimostrato con marce silenziose che, come spiegò il giornale ufficiale del partito, testimoniavano la maturità dei lavoratori socialdemocratici77.

Il “primo maggio” nasce, insomma, come una dimostrazione di forza e non di festa e il «silenzio sacro» funge da essenziale stimolo all’unità interna dei partecipanti ai cortei78. Fondamentale ai fini dell’ostentazio-ne di forza sono sia i numeri della massa che marcia per le strade della città borghese sia il collante della partecipazione silenziosa. La forza del numero continuerà ad essere un tema vivo del socialismo ottocentesco che, coscientemente, lo sfrutta come motivo di propaganda interna al movimento operaio per mobilitare sempre più strati di lavoratori. Mentre il silenzio contribuisce non solo a rendere i cortei socialisti, come quelli più numerosi del “primo maggio”, un corpo organico ma a fare di que-sta massa un’unità organizzata, disciplinata e imponente e per questo impressionante. Un’unità, sottolinea ancora Mosse, «che anche i primi nazionalisti [tedeschi] avevano cercato, ma che ora giungeva alla sua piena realizzazione nelle disciplinate parate del “primo maggio”, a cui partecipavano centinaia di migliaia di persone»79. Il silenzio, dunque, è fin dalle origini della ritualità socialista connaturato ad un’immagine di forza. Una dimostrazione di classe da opporre agli avversari e mostrare all’opinione pubblica.

Da questo punto di vista appare molto interessante la rinnovata at-tenzione dell’attuale papa Benedetto xvi verso la disciplina del silenzio e della sacralità nella liturgia ecclesiastica80.

Page 23: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

131

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

5Nuovi linguaggi

A San Giovanni si concludono i due lunghi pellegrinaggi del popolo comunista: la piazza diventa il luogo di un evento cultuale intenso, dove i credenti (i militanti) celebrano la propria fede. Nel 1964 il Vaticano decide di tener chiuse tutte le chiese lambite dal percorso, compresa la basilica lateranense, in evidente polemica per la grandeur comunista e come risposta alla sfida lanciata dal Pci sulla gestione dei riti funebri. Il momento dei discorsi è senza dubbio la parte più razionale del rito, vero e proprio climax di tutte le cerimonie di massa comunista. Ma, nondimeno, una forte carica emotiva pervade la piazza in entrambe le occasioni: il trasporto rende i presenti una partecipe massa liturgica. Nella comunione con il capo i fedeli comunisti riconfermano l’adesione al partito e, tutti insieme, si fanno interpreti del lascito del grand’uomo81. Nella piazza, consacrata dalla presenza viva dei militanti, la società comunista stringe un patto simbolico per la continuazione della battaglia portata avanti dallo scomparso8. Se, però, la consacrazione del patto appare ben riuscita nel caso di Togliatti, non così avviene per l’eredità di Berlinguer. La morte del “Migliore” viene inscritta in un percorso certo di vittoria della causa socialista. Nel nome di Togliatti, infatti, affermerà Longo, in quello di Gramsci e di tutti i martiri del partito caduti per la libertà e la causa del socialismo, continuerà l’azione del partito. La retorica dei martiri – del socialismo, in questo caso – sarà tra i temi più ricorrenti degli interventi commemorativi. Nel 1984 Pajetta parlerà, invece, di un’eredità di Berlin-guer su cui riflettere. Di quest’ultimo si esaltano le capacità morali e le qualità di lavoratore instancabile, nonché l’aver saputo portare a matura-zione la linea tracciata da Togliatti e Longo, ma non di meno si percepisce l’assenza di una chiara prospettiva politico-strategica, di quel “futuro radioso”, lievito che aveva nutrito la palingenesi comunista. La grande tensione etica e civile che ha animato Berlinguer è motivo d’orgoglio e una «speranza per tutti», ma non sembrerebbe un lascito da riaffermare nelle forme tradizionali degli elogi funebri comunisti. A dimostrazione del diverso clima, ecco in parallelo le conclusioni di Longo e Pajetta:

L’impegno di dedicare tutte le nostre forze, tutta la nostra passione, tutta la nostra intelligenza alla grande causa socialista, a cui Egli [Togliatti] dedicò tutta la vita, di non essere indegni del Suo insegnamento e del Suo esempio […] noi avanzeremo nel nome di Gramsci e Tuo, nel nome di migliaia di combattenti e di eroi caduti per l’Italia, per la democrazia, per la pace, per il bene dell’umanità, per la grande causa del socialismo e del comunismo!83

Oggi siamo tornati qui con Berlinguer, che ci ha consegnato, anche col suo lavoro appassionato degli ultimi giorni, l’eredità di un impegno, sul cui significato umano

Page 24: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

13

livio karrer

e politico dobbiamo riflettere. Non solo per piangere: se asciughiamo una lacrima è per veder chiaro, guardare lontano al di là della vicenda di un giorno84.

Sia pure da una lettura frammentata dei registri narrativi – l’unica possibile in poche pagine, del resto – appare evidente che l’elemento di maggiore diversità sia rappresentato dal linguaggio. Sul piano dei linguaggi si misura più nettamente il cambiamento nella cultura di un partito: nella tradizione comunista il linguaggio identitario evolve più velocemente di quel culto delle gerarchie che attirava i livori – come dirigente escluso – del Secchia rivoluzionario cresciuto alla scuola di Mosca. Se una rigida etichetta è presente sia nel ’64 come nell’84, testimoniata dalla grammatica delle po-sizioni del corteo e dagli oratori scelti per il comizio con il “bilancino” del peso politico e un forte centralismo nella regia, non si può dire lo stesso per la narrazione che sulla morte dei due segretari il Pci adotta. La grande novità è nel modo in cui si racconta di Berlinguer uomo privato prima che politico. È un’evoluzione in linea da un lato con il naturale ricambio generazionale dei dirigenti e dei giornalisti che la determinano, ma dal-l’altro appare come il frutto di una precisa scelta editoriale che coinvolge tutti i responsabili della comunicazione dei primi anni Ottanta. Emanuele Macaluso, in primis, come direttore dell’“Unità”, che sceglie di celebrare semplicemente «Enrico»85. Scorrendo i tanti commenti e ricordi sulla morte dei due uomini – che in questa sede non mi è possibile riproporre in dettaglio – emerge chiaramente la profonda diversità nella rappresen-tazione che si vuole dare dei segretari. Sulle pagine del giornale di partito, attraverso la dicotomia pubblico-privato, si offre ai militanti comunisti la misura del cambiamento che il Pci ha compiuto in vent’anni di storia, incontrando e interpretando i movimenti sociali, le tendenze culturali in atto nel Paese: tanto “ufficiale” e terzinternazionalista il partito di Togliatti tanto più “di famiglia” e italiano quello di Berlinguer. Più rivoluzionario e “confessionale” il primo, più popolare e laico il secondo86.

Lo storico può rintracciare la presenza, già in nuce a ben vedere, di un registro narrativo basso, familiare direi, nel racconto della figura Togliatti. Nel 1964 di un “Togliatti-padre” scrivono, infatti, in molti tra gli italiani che prendono carta e penna per comunicare al Pci il proprio dolore per la perdita di una persona cara. Emblematica, da questo pun-to di vista, è la figura di raccordo di Natalia Ginzburg, protagonista di primo piano nel 1984 con lunghi editoriali sull’“Unità” ma, a ben vedere, già presente sul giornale del partito vent’anni prima con un ricordo-necrologio di Togliatti eccezionale, per l’intimità del registro narrativo e l’intenso spessore emotivo. Una conferma del precoce rinnovamento linguistico operato dalle donne all’interno della cultura comunista, già rilevato in altri studi87.

Page 25: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

133

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

Ugualmente rivelatore di questo rinnovamento è lo spazio che il giornale dedica alle voci rubate degli italiani scesi in strada per com-memorare Berlinguer, a Padova come a Roma. Insistente il tema di Berlinguer simbolo di un’Italia diversa, di un anti-divo della moderna civiltà dei mass-media, dove il confronto con Craxi e la «stagione dei garofani» fa da sfondo mai troppo nascosto88. Per Massimo Cavallini, sempre sull’“Unità”, la morte di Berlinguer tocca tutti i cittadini perché con lui se ne va un «grande pezzo della nostra storia»89: ma quale storia? È la storia dell’Italia degli anni Settanta, una storia «più faticosa e lenta» e soprattutto non più illuminata dalla «vivida luce del “sol dell’avveni-re”», come scrive riferendosi a quella precedente di cui Togliatti è stato l’emblema. Non una storia eroica, dunque, una storia segnata invece da «sconfitte e incertezze» ma per questo più viva e vicina alla quotidianità di tutti gli uomini, perché in questo sta la diversità tra Togliatti e Ber-linguer. L’uno fu il simbolo «quasi venerato, di grandi e immancabili destini, d’una forza di riscatto che trascinava gli uomini ma, in qualche misura, restava fuori dagli uomini», l’altro, invece, è stato il migliore rappresentante degli aspetti e delle «pieghe» più «nascoste» e «private» della vita degli uomini90. L’“Unità”, quindi, costruisce la rappresentazione del Berlinguer post mortem a partire dall’antitesi tra Togliatti-maestro e Berlinguer-uomo comune. Sviluppando, inoltre, il tema identitario della diversità comunista si vuole costruire un’immagine alternativa anche del dolore: nelle parole di un «vecchio compagno», tanto anziano da aver visto la morte di Togliatti, si ritrova il senso di questa operazione. «Oggi è diverso, un dolore diverso. Non più grande, né più piccolo, ma diverso… dentro di te»91.

Al di là dei linguaggi, nell’analisi comparata dei due funerali, col-piscono, insomma, le moltissime analogie più che le novità sostanziali. Non si può dire che la cultura comunista avesse davvero maturato una diversa sensibilità in tema di commemorazioni di partito. È nei termini di laicizzazione della militanza che il partito mostra le più vistose difficoltà a distaccarsi dalla tradizione di un modello precostituito. La rivendica-zione di novità nei caratteri del funerale di Berlinguer – che le cronache dell’“Unità” enfaticamente registrano – cela una volontà difensiva e mette da parte la difficoltà a confrontarsi con il proprio passato identitario più che una reale maturazione culturale degli apparati di partito. La brevità di questo saggio non permette un’analisi attenta dei tanti racconti pubblicati nel giugno dell’84, ma è davvero singolare che una penna importante del giornale, come quella di Ugo Baduel nel brano sopra riportato, per enfatizzare la novità del funerale di Berlinguer restituisca un’immagine riduttiva della cerimonia per Togliatti (come fa anche Luciano Barca nelle sue Cronache, del resto9). Tanto «antichi, mitici» i primi quanto «diversi»

Page 26: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

134

livio karrer

gli ultimi. Ma non, si badi bene, per una diversità formale del rito, quanto per una diversità del politico Berlinguer. La rappresentazione che si vei-cola è quella di un uomo che grazie alla popolarità raggiunta ha saputo abbattere i tradizionali confini della militanza comunista, a differenza di quanto fatto, si è portati a dedurre, da Togliatti e Longo. In realtà, anche in occasione dei funerali dei due precedenti segretari, i giornali di partito si erano già ampiamente dilungati sulle forme spontanee di partecipazione di moltissimi italiani non necessariamente comunisti.

La novità va, invece, individuata nel fatto che gli sforzi del Pci di alle-stire nel solco della tradizione un funerale comunista – ritmato sul corteo, con il suo ordine di precedenze, sui discorsi a San Giovanni di fronte al feretro ecc. – siano poi stati offuscati da un’adesione interclassista che diluisce la presenza visibile del partito. Di fatto l’allestimento secondo un canone già sperimentato non resse all’impatto della partecipazione. Nondimeno, con sguardo retrospettivo, non può apparire irrilevante che la struttura organizzativa del Pci fosse stata nelle intenzioni capillare, diffusa e rigida, secondo delle motivazioni che non si possono esaurire esclusivamente in preoccupazioni di ordine pubblico.

Di certo il Pci che porta in scena nel 1984 il funerale del proprio massimo dirigente offre l’immagine di una comunità aperta e viva – in quest’ottica il funerale si può leggere come una diagnosi positiva sullo stato di salute di un partito – una comunità in cui il confine tra il noi condiviso, il dentro, e l’altro, l’esterno, è meno netta e identificabile. Se nel 1964 il Pci riusciva a mobilitare quasi un quarto dei propri iscritti, vent’anni dopo queste stime sono impraticabili e fuorvianti. Per Berlin-guer sfilano senza dubbio a Roma moltissimi italiani che comunisti non sono o quantomeno non lo sono più nelle forme attive della militanza degli anni Cinquanta e Sessanta. Il calo degli iscritti e la contrazione dell’attivismo all’interno del partito erano temi, del resto, all’ordine del giorno nell’agenda dell’apparato organizzativo del Pci. La delimitazione tra la comunità comunista che assiste al funerale di Togliatti e gli altri italiani, al di fuori del confine, è più chiara e orgogliosa (nelle rappresen-tazioni iconografiche) di quanto non accada nelle esequie di Berlinguer. Osservando le immagini, leggendo le cronache dei giornalisti dell’“Unità”, misurando il livello di rigidità delle disposizioni al servizio d’ordine – spes-so lacunose, e poco dettagliate – e registrando molte voci, molti ricordi, dentro e fuori la memoria collettiva dei comunisti93, l’impressione che si trae del funerale del 1984 è di una manifestazione di popolo in cui un partito e una comunità condividono con altri, in un processo osmotico, identità, simboli, sentimenti e rituali.

Durante il funerale di Berlinguer, dunque, si assiste, sotto la spinta di un’intensa partecipazione popolare, alla caduta dei tradizionali steccati di

Page 27: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

135

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

separazione non solo tra l’interno e l’esterno del corteo ma tra il theatre state dell’evento e il Paese. La trasmissione in diretta televisiva di parte della celebrazione rende il funerale realmente patrimonio nazionale, dà la possibilità a tutti gli italiani di farne parte e condividerla. Nell’occasione non stupisce che la rigidità delle posizioni di un corteo di memoria to-gliattiana, assai chiara e strutturata alla partenza94, si stemperi via via che il feretro si avvicina a San Giovanni. La difficoltà del servizio d’ordine del Pci di trattenere il coinvolgimento popolare all’interno di una forma rituale, aiuta, inoltre, a comprendere la diversa composizione politica della folla e, fatto da mettere in rilievo, offre una traccia dei cambiamenti avvenuti nelle forme della socializzazione di piazza italiani. La pubbli-cazione sull’“Unità” di fotografie della giornata che prediligono i campi lunghi, della folla indistinta catturata dalle immagini aeree, a scapito dei primi piani dei dirigenti del Pci e dei rappresentanti politici all’interno del corteo, come si era avuto per Togliatti, fornisce altri importanti ele-menti valutativi. Allo stesso modo la selezione delle fotografie dei due segretari pubblicate dall’“Unità” segnala una netta discontinuità nelle rappresentazioni. È di certo un giornale svecchiato e rinnovato quello che racconta l’agonia e il funerale di Berlinguer, un giornale che non ha paura di sondare il privato dell’uomo e che parallelamente sceglie di aprirsi alla commozione della società italiana. Franco Andreucci ha giustamente posto l’accento sull’importanza simbolica che riveste la scelta editoriale di diffondere un’irrituale fotografia del segretario comunista nell’edizione straordinaria che ne annuncia la morte: un insolito Berlinguer, dal volto sorridente e dai capelli scompigliati dal vento. Impensabile una scelta fotografica di questo tipo per Togliatti. Nel 1964 il segretario era ricor-dato nella burocratica posa di oratore durante una riunione di partito all’ombra dello sguardo rigoroso di Gramsci. Per Berlinguer scompare il riferimento al “fondatore” del partito e la fotografia perde quel carattere “ufficiale” d’icona da culto del capo.

Come noto l’iconografia del potere “rosso”, sviluppata originariamen-te nella Russia sovietica, anche in Italia aveva diffuso, a lungo, un’imagerie sui capi del comunismo mondiale ricca di fotomontaggi e sovrapposizioni simboliche95. Proprio uno dei più celebri esempi di fotomontaggio è il grande ritratto di Togliatti (sempre con Gramsci alle sue spalle) che do-minava il palco di San Giovanni nell’agosto del 1964. Nella stessa piazza per Berlinguer viene, invece, scelta una foto priva di riferimenti simbolici e di certo lontana dalla più classica imagerie di partito.

In conclusione si può aggiungere che il confronto ravvicinato tra i due riti funebri, così come tra le rappresentazioni culturali che li animano, offre una chiave di analisi assai utile per misurare l’evoluzione dei modelli di politicizzazione di massa nell’Italia repubblicana. Partendo dall’idea

Page 28: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

136

livio karrer

che non sia scontato che la morte di Berlinguer si dovesse celebrare secondo un modello rituale canonizzato più di vent’anni prima, si può tentare di dar forma all’orizzonte culturale in cui agivano i dirigenti e i quadri di partito nel 1984 e dei numerosi automatismi che vi presiedevano. È del resto un riflesso di quell’orizzonte incerto tra socialdemocrazia e «terza via», di cui Silvio Pons ha tratteggiato i confini nazionali e inter-nazionali96. Nulla impediva, infatti, che lo schema del funerale si aprisse alle novità, coerentemente con gli sviluppi politici di un partito che si era aperto sempre più alla società civile e stava vivendo un processo di progressiva laicizzazione dei tradizionali rapporti tra militanti e orga-nizzazione. Non può essere sufficiente, per spiegare la scarsa attenzione alla riforma del modello, sostenere la funzione catartica del rito funebre, rito di passaggio in questo senso, dove la forza mediatrice e rassicurante dell’azione collettiva è data dalla continuità della tradizione stessa. Come hanno osservato molti antropologi è il rituale stesso, infatti, a ricomporre la «crisi della presenza» (De Martino), la perdita di equilibrio sociale, di cui parlavano esplicitamente anche alcuni dirigenti comunisti97, attra-verso una rigenerazione e una reintegrazione di tutti i partecipanti nella comunità di appartenenza.

Un’evoluzione del rito funebre comunista nei primi anni Ottanta ad opera di singole personalità si era, tuttavia, avuta. Evoluzione, è vero, mai codificata, che offriva però, a mio avviso, la possibilità di at-tuare un aggiornamento, giustificabile alla luce dei precedenti funerali di Amendola e Longo. Al contrario, la riproposizione di uno schema uguale nelle sue forme a quello proposto vent’anni prima – almeno nelle intenzioni programmatiche – testimonia la difficoltà del grup-po dirigente ad affrontare la nuova sfida della storia, libero da quel peso della tradizione più volte evocato in questa ricerca. La parabola involutiva del comunismo mondiale, con tutta la sua ideologia, i suoi miti, i suoi simboli e i suoi riti, oggetto di discussione nelle riunioni di Direzione, si arresta, insomma, di fronte alla morte. L’accezione tutta politica (ostentazione di forza e affermazione di presenza nella società) che del rito funebre hanno ereditato i dirigenti comunisti dalle pratiche sovietiche, li rinchiude in una visione del funerale che non consente se non un trasferimento simbolico di autorità e legittimazione (sacralità) dalla vecchia alla nuova leadership.

Un trasferimento che, come si è visto, appare segnato da molte in-cognite alla metà degli anni Ottanta e di cui, soprattutto, sono gli stessi dirigenti a non immaginarne un esito positivo. A ben vedere, infatti, il vero risultato che il Pci ottiene grazie alla grandiosa messa in scena del funerale di Berlinguer è di aver riconfermato l’«identità» e l’«integrità sociale» della propria comunità. Di aver saputo sfruttare al meglio, in

Page 29: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

137

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

altre parole, la funzione di «specchio» che il rito di passaggio assolve: siamo, cioè, di fronte ad un’azione riflessiva di un gruppo che osserva se stesso per definirsi. Nell’immagine viva di un “funerale italiano” – di un funerale come patrimonio nazionale – il Pci celebra il dirigente più amato della propria storia, offrendo la misura del radicamento sociale e della diffusa legittimazione popolare che può vantare. In tutto questo, però, viene a mancare la prospettiva certa del “radioso avvenire”. La morte di Berlinguer può, quindi, essere letta come una tappa all’interno del lungo processo di esaurimento propulsivo dell’idea comunista, al-meno così come lo delineava François Furet a proposito della stagione brezneviana, a partire dalla fine degli anni Sessanta, quando «inizia[va] allora in Occidente il funerale dell’idea comunista, che durerà trent’anni. Sarà seguito da un’immensa folla in lacrime. Al corteo parteciperanno persino le giovani generazioni, cercando qui e là di farlo apparire come una rinascita»98.

Note

1. M. Isnenghi, L’Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai giorni nostri, Il Mulino, Bologna 004, p. .

. Su questo tema la bibliografia è ricchissima: mi si permetta qui di fare riferimento solo a J. R. Gillis, Commemorations. The Politics of National Identity, Princeton University Press, Princeton 1994, e agli studi di M. Ridolfi, di cui si veda almeno Feste nazionali, Il Mulino, Bologna 003 e Rituali civili. Storie nazionali e memorie pubbliche nell’Europa contemporanea, Gangemi, Roma 006, a cui rimando per una più completa bibliografia.

3. Estendo anche ai funerali le suggestive analisi di Svetlana Boyle sul sentimento di nostalgia proposte in The Future of Nostalgia. “Nostalgia” interpretata non solo come mancanza per un luogo (la patria di origine) ma per un tempo diverso (l’infanzia, l’ado-lescenza): «In a broader sense, nostalgia is rebellion against the modern idea of time, the time of history and progress. The nostalgic desires to obliterate history and turn it into private or collective mythology, to revisit time like space, refusing to surrender to the irreversibility of time that plagues the human condition». La nostalgia e il ricordo del passato sono intimamente legati alle ragioni del presente e all’immagine del futuro. A differenza della melanconia, ci suggerisce la Boyle, la nostalgia concerne i gruppi più che gli individui e presenta un’ottica sia retrospettiva che prospettica: guarda al passato come al futuro. Per questo è in particolari momenti storici (vissuti collettivamente o solo individualmente) che la nostalgia emerge più chiaramente (una pista rivelatasi assai ricca di spunti è a tutt’oggi lo studio dell’universo sociale post sovietico); Introduction a S. Boyle, The Future of Nostalgia, Basic Book, New York 001, pp. xii-xix.

4. F. Silvestrini, G. M. Varanini, A. Zangarini (a cura di), La morte e i suoi riti in Italia tra Medioevo e prima età Moderna, Firenze University Press, Firenze 007, p. x.

5. A. Ben-Amos, Funerals, Politics, and Memory in Modern France, 1789-1996, Oxford University Press, Oxford 000.

6. E. Fureix, La France des larmes. Deuils politiques à l’âge romantique (1814-1840), Champ Vallon, Seyssel 009.

7. D. Mengozzi, La morte e l’immortale. La morte laica da Garibaldi a Costa, Lacaita Editore, Manduria 000.

8. G. Schwarz, Tu mi devi seppellir. Riti funebri e culto nazionale alle origini della Repubblica, Utet, Torino 010.

Page 30: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

138

livio karrer

9. Gli studi sulla pedagogia politica comunista si sono negli ultimi anni moltiplicati, tra questi il più approfondito e sistematico resta quello di F. Andreucci, Falce e martello. Identità e linguaggi dei comunisti italiani fra stalinismo e guerra fredda, Bononia University Press, Bologna 005; per quanto riguarda ritualità e simbologie politiche cfr. sempre D. I. Kertzer, Rituali e simboli del potere, Laterza, Roma-Bari 1989.

10. A questo proposito, Marco Messeri ha ricostruito con precisione le difficoltà e le ritrosie della stampa comunista nel confrontarsi criticamente con Togliatti in occasione dei decennali della morte, evidenziando altresì le notevoli divergenze nei commenti sull’uomo apparsi sulla stampa nazionale; M. Messeri, Decenni paralleli. De Gasperi e Togliatti nella stampa italiana, in “Ventunesimo secolo”, iv, 7, 005, pp. 141-81.

11. Nel 1984, all’indomani della morte di Berlinguer, Fabio Giovannini pubblicava un agile pamphlet sulla “morte rossa”, raccontando estesamente di queste lacune nel pensiero filosofico marxista. Assai emblematico questo passaggio: «la morte è rimasta tra gli inno-minabili, ancora oggi sono valide le preoccupazioni del vecchio marx-surrealista Aragon, stupito che a sinistra si sia sempre scritto così poco a proposito della morte e con una disattenzione assoluta per l’angoscia di morte anche nelle sue dimensioni metafisiche»; F. Giovannini, La morte rossa. I marxisti e la morte, Dedalo edizioni, Bari 1984, pp. 11-.

1. M. Isnenghi, Storia d’Italia. I fatti e le percezioni dal Risorgimento alla società dello spettacolo, Laterza, Roma-Bari 011, pp. 59-3.

13. La citazione è tratta da E. de Martino, Simbolismo sovietico, in Id., Furore simbolo valore, Il Saggiatore, Milano 196, pp. 187-8; cfr. anche A. Casellato, Riti di opposizione, riti di istituzione. Funerali comunisti nell’Italia degli anni Cinquanta, in “Studi Tanatologici”, ii, 5, 006, p. 19.

14. F. Fortini, Le ultime parole (1975), in Id., Scritti di frontiera, cit., pp. 48-9; il corsivo è nel testo.

15. Ibid.16. Ibid.17. Su questa manipolazione di tempo e spazio cfr. le osservazioni di Gian Piero

Piretto, filologo della letteratura russa e storico della cultura sovietica, sulla «grande illu-sione staliniana», in Id., Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche, Einaudi, Torino 001, pp. 130-50 (vale a dire il capitolo vi, uno dei più ricchi di suggestioni per studiare la mitologia comunista).

18. Sull’operazione e le volontà politiche di Togliatti in quel tornante, cfr. A. Natta, Le ore di Yalta, Editori Riuniti, Roma 1970, pp. 9-19, e G. Bocca, Palmiro Togliatti, Laterza, Roma-Bari 1974, pp. 665-7.

19. Tra gli altri il medico personale di Togliatti, Mario Spallone, come emerge dalle numerose versioni della sua autobiografia. La prima memoria, ad ogni modo, è la più utile: M. Spallone, Vent’anni con Togliatti, Teti Editore, Roma 1976.

0. Sulle ragioni del viaggio non c’è una posizione univoca tra gli storici; per una ricostruzione del dibattito rimando a C. Spagnolo, Sul memoriale di Yalta. Togliatti e la crisi del movimento comunista internazionale (1956-1964), Carocci, Roma 007, in partico-lare il capitolo i.

1. Natta, Le ore di Yalta, cit., p. 18. . La considerazione non è superflua se si considera l’esibita diffidenza dei comu-

nisti verso ogni azione o manifestazione che non fosse espressamente razionale o che non seguisse gli sviluppi storici indicati dal marxismo scientifico. Per questi temi rimando ad Andreucci, Falce e Martello, cit., pp. 60-3.

3. In Archivio del Partito comunista (d’ora in poi apc), b. 8, fasc. 9, pp. 755-5, verbale di Direzione .08.1964.

4. apc, Fondo Togliatti, Carte Ferri-Amadesi, 1964, b. 5, fasc. 5. Il corsivo è mio.5. Giovanni Ricci ha ricordato l’episodio del 1793 in cui i rivoluzionari parigini

decisero per l’esumazione dei corpi reali sepolti a Saint-Denis, al fine di desacralizzare il luogo e le vestigia regali. Nell’occasione si era misurato l’insuccesso oggettivo delle pra-

Page 31: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

139

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

tiche d’imbalsamazione; ad eccezione del corpo di Enrico iv (morto nel 1610), erano tutti in avanzatissimo stato di decomposizione; cfr. G. Ricci, Il principe e la morte, Il Mulino, Bologna 1998, pp. 65-7.

6. S. Luzzatto, La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato, Rizzoli, Milano 001.

7. Sull’imbalsamazione di Lenin cfr. N. Tumarkin, Lenin Lives! The Lenin Cult in Soviet Russia, Harvard University Press, Cambridge 1997, e le memorie del figlio dello scienziato che operò la mummificazione, in I. Zbarskij, S. Hutchinson, All’ombra del mausoleo. La storia dell’uomo che imbalsamò Lenin, Bompiani, Milano 1999.

8. In proposito L. Barca, Cronache dall’interno del Pci, Rubbettino, Soveria Mannelli 005, vol. i, p. 340. Barca, inoltre, ricorda come, in seguito alla vista del corpo di Togliatti, Mario Alicata fosse colto da malore.

9. Più attenta la cronaca del “Messaggero”, che spiegava anche la rimozione delle bandiere sostenendo che queste «davano al feretro un aspetto solenne, ufficiale: il legno della bara lo rendeva più semplice, più vicino alla pietà degli uomini»; “Il Messaggero”, 5 agosto 1964, p. .

30. In Archivio Centrale dello Stato (acs), Ministero dell’Interno, Gabinetto, fasci-coli correnti 1964-66, B 59, F 1110/14. Il documento 1114 è, però, corretto a mano da un funzionario nella parte indicante il numero dei convenuti, si legge: «3 mila o 5 mila?». La questura al momento dell’arrivo del turboelica russo è già pronta ad “accogliere” Togliatti con un dispiegamento ingente di polizia, carabinieri e guardie in borghese: 40 uomini (di cui 100 riserve) sono mobilitati per presidiare il percorso d’ingresso in città della colonna di auto proveniente da Ciampino, si tratta di 15 autovetture.

31. Il percorso era stato anche comunicato alla Questura di Roma in questa stessa modalità, a riprova che non sia stata la partecipazione popolare a far modificare, all’ul-timo momento, il tragitto del corteo: attraverso la via Appia e Porta Latina, era previsto l’ingresso nella città; una volta superate le Terme di Caracalla, a piazza di Porta Capena, il corteo muoveva in direzione dei Fori Imperiali; ibid.

3. A partire dal 1950 via dei Fori Imperiali era tornata ad essere il centro prospettico delle riscoperte parate militari in occasione della festa della Repubblica del giugno, su questo cfr. S. Bertelli, Piazza Venezia. La creazione di uno spazio rituale per un nuovo Stato-nazione, pp. 170-05, in Id. (a cura di), La chioma della vittoria. Scritti sull’identità degli italiani dall’Unità alla seconda Repubblica, Ponte alle Grazie, Firenze 1997, e D. Gabusi, L. Rocchi, Le feste della Repubblica (25 aprile e 2 giugno), Morcelliana, Brescia 006.

33. Si riconoscerà qui forte l’eco degli studi sul «doppio corpo» della regalità di Ernst H. Kantorowicz (I due corpi del Re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale, Einaudi, Torino 1989, ed. or. 1957) e del suo allievo Ralph E. Giesey (cfr. The royal funeral ceremony in Renaissance France, Droz, Geneva 1960). Da notare come nel caso del Pci il rapporto è tra il vertice e la base, tra partito e cittadini, mentre nell’età moderna era tra il re e i sudditi. Il partito ha la necessità impellente di gestire il momento del passaggio da un segretario all’altro in maniera indolore, senza strappi; per questa ragione devono essere rimarcati i confini dell’autorità e delle sue prerogative. Il nuovo segretario godrà dello stesso potere perché è il partito che lo investe ugualmente dell’autorità simbolica, che, sola, gli permette di mantenere il controllo.

34. Per Malinowski il rito è uno «specchio», che la società utilizza per riconoscere se stessa in funzione identitaria e per confermare l’integrità sociale di tutto il gruppo. Per l’antropologo polacco il rito ha però anche una prima − esteriore − funzione ordinatrice della società; cfr. B. Malinowski, Argonauti del Pacifico occidentale: riti magici e vita quo-tidiana nella società primitiva, Bollati Boringhieri, Torino 004 (19).

35. L’espressione, così come la successiva, è tratta da G. Navarini, Le forme rituali della politica, Laterza, Roma-Bari 001, p. 39. Navarini ricorda inoltre come «gli scenari di grande mutamento sono infatti ambivalenti: in essi rischiano di venire meno i fondamenti che reggono l’esistenza sociale, ma si rinnovano anche i meccanismi che favoriscono

Page 32: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

140

livio karrer

la continuità e l’ordine della vita del gruppo. In questi scenari il rito interviene come linguaggio autorizzato – prodotto dalle istituzioni politiche – che attribuisce un senso ai drammi della vita sociale, legittimando l’ordine, i ruoli, il privilegio e il potere delle istituzioni»; ivi, p. 40.

36. La commissione era formata da diversi ambasciatori e in quel momento presie-duta da un americano. Nonostante l’intervento del governo italiano – di Saragat come ministro degli Esteri e Moro come Presidente del Consiglio – l’amministrazione non concede la disponibilità per la tumulazione, dal momento che il regolamento del cimitero accoglieva solo cittadini stranieri, attirandosi in questo modo le battute di Berlinguer sui pretestuosi «appigli giuridici» presentati; cfr apc, b. 8, fasc. 9, pp. 755-5, verbale di Direzione 18.08.1964.

37. Ancora alla morte di Yurij Andropov, nel febbraio 1984, Berlinguer partiva alla volta di Mosca con Bufalini e D’Alema per presenziare al rito funebre del segretario del Pcus; D’Alema ha raccontato quel viaggio in A Mosca l’ultima volta. Enrico Berlinguer e il 1984, Donzelli, Roma 004.

38. Così Alicata: «Stabilire bene i punti di concentramento e l’ordine di sfilata altri-menti ci sarà molta confusione» e Berlinguer: «Cercare di organizzare nel modo migliore. Le rappresentanze regionali debbono poter rendere onore alla salma». Anche Amendola invita a «studiare ancora bene la questione e poi prendere decisioni precise»; apc, b. 8, fasc. 9, pp. 755-75, verbale di Direzione 18.08.1964.

39. Si riferisce quasi certamente ad Aleksandr Zawadski, presidente tra il 195 e il 1964.

40. apc, b. 8, fasc. 9, pp. 755-5, verbale di Direzione 18.08.1964.41. apc, Fondo Togliatti, Carte Ferri-Amadesi, 1964, b. 50, fasc. .4. Cfr. sull’argomento S. Bellassai, La morale comunista. Pubblico e privato nella

rappresentazione del Pci (1947-1956), Carocci, Roma 000, in particolare, il cap. i, par. , in cui l’autore si diffonde sul «rapporto militante-partito» e sullo spirito di «emulazione».

43. Su questo aspetto il confronto è con quanto proposto da Catherine Brice per l’Italia liberale in La Monarchia e la “religione della patria” nella costruzione dell’identità nazionale, in “Memoria e Ricerca”, xi, 13, 003, pp. 14-4.

44. Una delle ragioni della durata è senza dubbio, come chiarisce Berlinguer nella riunione di Direzione, differire la data del funerale per dare maggiori possibilità ai militanti di raggiungere la città; apc, b. 8, fasc. 9, pp. 755-75, verbale di Direzione .08.1964.

45. Complessivamente le foto che raffigurano l’omaggio dei militanti al feretro, apparse sul foglio comunista tra il 4 e il 6 agosto, sono dieci: in ben sette casi compare una donna. Cinque volte la figura in primo piano è immortalata mentre bacia il feretro, mentre in tre foto il soggetto piange.

46. Sul tema cfr. O. Janz, L. Klinkhammer (a cura di), La morte per la patria. Le cele-brazioni dei caduti dal Risorgimento alla Repubblica, Donzelli, Roma 008, e, ancora ricco di stimoli, il classico di N. Loraux, Le madri in lutto, Laterza, Roma-Bari 1991.

47. Come David Kertzer aveva già diversi anni fa registrato in Comunisti e cattolici. La lotta politica e religiosa nell’Italia comunista, FrancoAngeli, Milano 1981.

48. Vale a dire l’esclusione dalla chiesa delle bandiere rosse o, in alcuni casi, il rifiuto di celebrare il funerale ai “sovversivi scomunicati”. Per una prima ricostruzione dello scontro politico-culturale nell’Italia del secondo dopoguerra cfr. lo studio già citato di Casellato, Riti di opposizione, riti di istituzione, cit., pp. 0-13, basato anche sulle fonti di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno.

49. Alcuni esempi sono riprodotti in Ben-Amos, Funerals, Politics, and Memory in Modern France, cit., p. 317.

50. P. Secchia, Diari. Quaderno n. 7.“La morte di Togliatti”, in Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli 1978, Archivio Pietro Secchia. 1945-1973, xix, Feltrinelli, Milano 1979, p. 547.

51. Dalle parole dei dirigenti emerge con molta chiarezza la necessità di marcare la

Page 33: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

141

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

chiusura della campagna elettorale con l’ultimo messaggio berlingueriano sui rischi per la democrazia italiana; nonché di sapersi fare interpreti, come sostiene Alfredo Reichlin, dello smarrimento della gente per le sorti del segretario, al fine di accreditare il Pci come punto di riferimento e di forza nel Paese; apc, 1984, Mf 0561, 8407, pp. 1-13.

5. Ivi, pp. 1-8.53. Ibid. Il corsivo è mio.54. In mancanza dei verbali della Direzione di quel tornante, non conservati nell’ar-

chivio del Pci, non si può sapere se vi fosse comunque stata una discussione in merito, né quali siano state nella loro interezza le volontà lasciate da Longo per il suo funerale.

55. apc, Fondo Togliatti, Carte Ferri-Amadesi, 1964, Malattia e morte, b. 49, e Fondo Enrico Berlinguer, Malattia e Morte, b. 170, fascicoli 80-.

56. Su questo punto sembrerebbe, dunque, che la “festa di parte” comunista si modelli su quegli aspetti più tradizionali delle feste di sovranità monarchiche a diffusione nazionale, così come registrato dall’Unità in poi. Allo stesso modo l’attenzione continua della stampa comunista nel presentare Togliatti e Berlinguer come due italiani esemplari della storia repubblicana – di cui in questa sede, purtroppo, non si può dar conto – tradisce l’intento del Pci di promozione e legittimazione costituzionale.

57. Qualche impressione si può ritrovare nel film I sovversivi (1974) dei fratelli Taviani, in cui al centro della narrazione c’è proprio il funerale di Togliatti, riproposto attraverso le eccezionali riprese originali dell’epoca.

58. “Il Tempo”, 6 agosto, 1964, p. 1.59. Ivi, p. 10.60. “l’Unità”, 6 luglio 1955, p. 3.61. Nelle decisioni di Segreteria del 3 agosto, al primo punto compare proprio la

questione della partecipazione di Aldo Togliatti e Rita Montagnana alla camera ardente e al funerale; apc, b. 8, fasc. 11, p. 1619, Verbale di Segreteria del 3.08.1964.

6. Su questi temi ha scritto A. Tonelli in Politica e amore. Storia dell’educazione ai sentimenti nell’Italia contemporanea, Il Mulino, Bologna 003, pp. 165-79.

63. Così recita la cronaca di Maurizio Ferrara: «giunge poi al Partito Aldo Togliatti con la madre Rita Montagnana»; “l’Unità”, 6 agosto 1964, p. .

64. “Il Tempo”, 6 agosto 1964, p. 1. 65. “La Nazione”, 5 agosto 1964, p. 3. 66. Ben lontano dal modello familiare anni Cinquanta, “rivoluzionario”, della coppia

Sereni de I giorni della nostra vita, quello berlingueriano è piuttosto attento alla dimensione privata − «beatissima intimità» −, nettamente separata dalla vita politica, concentrato sull’amore di coppia, la ricerca della felicità e sull’educazione affettuosa dei figli; cfr. U. Baduel, Una vita, in Enrico Berlinguer, Editrice l’Unità, Roma 1985.

67. Maria Antonietta Visceglia, ad esempio, individua nel trinomio famiglia, società e chiesa il nodo storiografico dell’età moderna in materia di riti funebri; cfr. Silvestrini, Varanini, Zangarini (a cura di), La morte e i suoi riti, cit., p. 496.

68. Nel caso dei funerali di Mitterrand furono previsti due riti: uno di Stato a Notre Dame e un secondo, al luogo di sepoltura, alla sola presenza di familiari e amici; cfr. D. Hervieu-Leger, «Une messe est possible». Les doubles funérailles du Président, in J. Jul-liard (direction de), La mort du roi. Essai d’ethnographie politique comparée, Gallimard, Paris 1999, pp. 89-108.

69. Casellato, Riti di opposizione, riti di istituzione, cit., p. 14.70. Chiara Valentini nella sua biografia su Berlinguer offre un’utile chiave di accesso

alla questione. La giornalista racconta, infatti, che la moglie di Berlinguer si reca a Roma durante l’agonia del marito per comunicare alla Direzione le volontà di quest’ultimo in merito alla sepoltura. L’episodio rivelato invita, a parer mio, a chiedersi piuttosto quali fossero le vere ragioni per cui la signora Letizia si era sobbarcata un tale faticoso viaggio mentre il segretario comunista ancora lottava tra la vita e la morte! La Valentini non sfugge alla diffusione di un’immagine oleografica di Berlinguer, qui offerta attraverso la

Page 34: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

14

livio karrer

rappresentazione del primo comunista ad aver saputo rifiutare la tomba di famiglia del Pci e rompere con il peso della tradizione; cfr. C. Valentini, Berlinguer. L’eredità difficile, Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 375-6.

71. “Paese Sera”, 6 agosto 1964, p. . Questa lettura di unanimismo del cordoglio sarà ripresa da quasi tutti i dirigenti comunisti nelle loro memorie, così come da Aldo Agosti nelle pagine conclusive della sua biografia su Togliatti, Palmiro Togliatti, Utet, Torino 1994, pp. 554-7. Il corsivo nella citazione è mio.

7. Cfr. il Promemoria per il servizio d’ordine, in apc, Fondo Togliatti, Carte Ferri-Amadesi, 1964, b. 50, fasc. .

73. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, Diari 1957-66, SugarCo Edizioni, Milano 198, p. 388.

74. “Il Messaggero”, 6 agosto 1964, p. .75. I diari di Fanfani sono di prossima pubblicazione; ringrazio Alessandro Marucci,

uno dei curatori delle note, per la preziosa informazione. 76. “l’Unità”, 14 giugno 1984, pp. 1-; un po’ troppo disinvolto il passaggio, evidenziato

da me in corsivo, sul mancato disciplinamento dei cortei. 77. G. L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti

di massa in Germania (1812-1933), Il Mulino, Bologna 1975, p. 189.78. Sull’evoluzione del ritualismo operaio e gli sviluppi delle celebrazioni socialiste

del “primo maggio” cfr. E. Hobsbawm, La trasformazione dei rituali operai, in Id., Lavoro, cultura e mentalità nella società industriale, Laterza, Roma-Bari 1986, pp. 78-97. Hobsbawm mette bene in luce le differenze rituali che nel corso del Novecento si affermano all’inter-no del movimento operaio ma, non di meno, parla del “primo maggio” come la «parata annuale dell’esercito del lavoro», per indicare la maturata coscienza di classe e la forza dell’organizzazione operaia; ivi, p. 90.

79. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, cit., p. 191.80. Come lo stesso Ratzinger ha scritto nel Motu Proprio del febbraio 011 e anticipato

dal prefetto del Congregazione del Culto Divino in un’intervista del 010, apparsa su “Il Giornale” del 4 dicembre 010, p. 6.

81. Nella celebre tela su I funerali di Togliatti, presentata da Renato Guttuso nel 197 a Mosca, anche Lenin e Stalin sono idealmente presenti in quella piazza, a suggellare quel senso epocale di coralità così ben trasfigurato dall’artista.

8. Andreucci, Falce e Martello, cit., p. 63; cfr., inoltre, le considerazioni di D. Men-gozzi sul socialismo di fine Ottocento e sull’immortalità laica garantita dal “patto” stretto tra militanti e dirigenti sulla tomba del defunto, in Id., La morte, cit., pp. 336-40.

83. “l’Unità”, 6 agosto 1964, p. 10.84. Ivi, 14 giugno 1984, p. 9. Il corsivo è mio.85. Un’attenta analisi letteraria meriterebbe, da solo, il numero monografico

dell’“Unità”, dedicato a Berlinguer e pubblicato per il primo anniversario dalla morte; ancor più utile è il confronto in parallelo delle differenze e delle evoluzioni registrate nel modo in cui sono state raccontate le note biografiche dei due segretari nei volumi commemorativi dell’“Unità”, cfr. per Togliatti: F. Prattico, O. Cecchi, Palmiro Togliatti. Cinquant’anni nella storia dell’Italia e del mondo, Editrice l’Unità, Roma 1965 e per Berlinguer: Enrico Berlinguer, cit.

86. A questo proposito sono interessanti le memorie di Luciano Barca sul funerale di Berlinguer. Il dirigente annotava in data 11 giugno (dunque stranamente in anticipo rispetto alle esequie): «mi colpisce, via via che il corteo avanza attraverso immense ali di folla, la differenza tra questi funerali e quelli di Togliatti. Anche allora convennero a Roma centinaia di migliaia di persone e anche allora non furono solo i comunisti che vennero a salutarlo. Eppure furono fondamentalmente funerali di partito. Ora invece il partito quasi scompare nella folla, fatta soprattutto di giovani, di centinaia di migliaia di giovani, che lo applaude e lo chiama per l’ultima volta»; Barca, Cronache dall’interno del Pci, cit., p. 949. Il corsivo è mio.

Page 35: Una difficile traslazione. I funerali di Palmiro Togliatti ...dprs.uniroma1.it/sites/default/files/Karrer.pdf · dunque, soggette a continue trasformazioni e cambiamenti di senso

143

i funerali di palmiro togliatti e di enrico berlinguer

87. Cfr. M. Casalini, Famiglie comuniste. Ideologia e vita quotidiana nell’Italia degli anni Cinquanta, Il Mulino, Bologna 010, in particolare il cap. vi.

88. Riprendo l’espressione da S. Lanaro, Storia dell’Italia Repubblicana, Marsilio, Venezia 199, pp. 444-51.

89. “l’Unità”, 1 giugno 1984, p. .90. Ibid. Il corsivo è mio.91. Ibid. 9. Cfr. la nota 86.93. Una recente mostra sulla storia del Pci, curata dalla Fondazione Istituto Gramsci,

ha portato alla luce una notevole quantità di materiale filmato sui funerali di Berlinguer. Moltissime erano state le voci, oggi finalmente riproposte, raccolte dai giornalisti proprio all’interno dei cortei, in quel caldo pomeriggio di giugno del 1984.

94. Si vedano a testimonianza le foto di via dei Fori Imperiali o le cronache, tra gli altri, di P. Guzzanti su “La Repubblica” del 14 giugno 1984, p. 3.

95. Andreucci, Falce e martello, cit., pp. 5-37.96. S. Pons, Berlinguer e la fine del comunismo, Einaudi, Torino 006, pp. 48-58.97. I più espliciti sono Achille Occhetto e Alfredo Reichlin, ma tutti i dirigenti sono

consapevoli del ruolo sociale svolto da Berlinguer come punto di riferimento per il Paese, in apc, 1984, Mf 0561, 8407, pp. 1-13.

98. F. Furet, Il passato di un’illusione. L’idea comunista nel xx secolo, Mondadori, Milano 1995, p. 54.