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“Guidare la nave traballante dell’Europa”. L’insegnamento politico in Monita et exempla politica di Giusto Lipsio * di Marijke Janssens Introduzione Come osserva Richard Tuck nella sua opera Philosophy and Government - , la storia del pensiero politico umanistico prima del circa può esser raccontata quasi esclusivamente dal punto di vista delle due aree più urbanizzate dell’Europa, cioè l’Italia e i Paesi Bassi. Fu soprattutto in queste due zone che il problema politico centrale del tardo Cinquecento venne affrontato e sentito come una difficoltà europea: il fenomeno del- l’egemonia spagnola. In Italia la dominazione spagnola aveva portato alla costruzione di potenti domini sanciti dal trattato di Cateau-Cambrésis. Nell’altra grande area urbanizzata, i Paesi Bassi, l’eresia religiosa era sfociata nella guerra civile mentre le autorità spagnole avevano perso il controllo del Paese in rivolta. Furono queste guerre a segnare Giusto Lipsio (-) e molti suoi contemporanei inducendoli a riflettere sul tipo di politica richiesta per impedire che la nave dell’Europa moderna andasse alla deriva . Lipsio si proponeva di dare “consigli politici” ai sovrani contempo- ranei, da adattare alle circostanze del tardo Cinquecento e alla morale cristiana. Egli pensava ad uno Stato unificato, da una parte dal potere di un monarca forte e virtuoso, e dalla religione dall’altra, come via d’uscita dal caos delle guerre civili e religiose che dilagavano in Europa. Lipsio e molti pensatori esponenti di gruppi intellettuali dei principati italiani alleati alla Spagna, come Giovanni Botero, Scipione Ammirato e Tom- maso Campanella , riposero le loro speranze nei Re Cattolici di Spagna per risolvere i problemi dei propri Stati e dell’Europa intera. In Monita et exempla politica. Libri duo qui virtutes et vitia principum spectant () Lipsio rappresenta il principe cui l’opera è dedicata, l’arciduca Alberto di Austria, prima governatore spagnolo e in seguito sovrano dei Paesi Bassi meridionali, come il monarca ideale. A quel tempo Giusto Lipsio si era già affermato come teorico politico grazie alla pubblicazione di Politico- Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /

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“Guidare la nave traballante dell’Europa”.L’insegnamento politico inMonita et exempla politica

di Giusto Lipsio*

di Marijke Janssens

Introduzione

Come osserva Richard Tuck nella sua opera Philosophy and Government -, la storia del pensiero politico umanistico prima del circa può esser raccontata quasi esclusivamente dal punto di vista delle due aree più urbanizzate dell’Europa, cioè l’Italia e i Paesi Bassi. Fu soprattutto in queste due zone che il problema politico centrale del tardo Cinquecento venne affrontato e sentito come una difficoltà europea: il fenomeno del-l’egemonia spagnola. In Italia la dominazione spagnola aveva portato alla costruzione di potenti domini sanciti dal trattato di Cateau-Cambrésis. Nell’altra grande area urbanizzata, i Paesi Bassi, l’eresia religiosa era sfociata nella guerra civile mentre le autorità spagnole avevano perso il controllo del Paese in rivolta. Furono queste guerre a segnare Giusto Lipsio (-) e molti suoi contemporanei inducendoli a riflettere sul tipo di politica richiesta per impedire che la nave dell’Europa moderna andasse alla deriva.

Lipsio si proponeva di dare “consigli politici” ai sovrani contempo-ranei, da adattare alle circostanze del tardo Cinquecento e alla morale cristiana. Egli pensava ad uno Stato unificato, da una parte dal potere di un monarca forte e virtuoso, e dalla religione dall’altra, come via d’uscita dal caos delle guerre civili e religiose che dilagavano in Europa. Lipsio e molti pensatori esponenti di gruppi intellettuali dei principati italiani alleati alla Spagna, come Giovanni Botero, Scipione Ammirato e Tom-maso Campanella, riposero le loro speranze nei Re Cattolici di Spagna per risolvere i problemi dei propri Stati e dell’Europa intera. In Monita et exempla politica. Libri duo qui virtutes et vitia principum spectant () Lipsio rappresenta il principe cui l’opera è dedicata, l’arciduca Alberto di Austria, prima governatore spagnolo e in seguito sovrano dei Paesi Bassi meridionali, come il monarca ideale. A quel tempo Giusto Lipsio si era già affermato come teorico politico grazie alla pubblicazione di Politico-

Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /

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rum sive civilis doctrinae libri sex (). Ambedue questi manuali politici vennero letti, discussi e imitati ovunque nell’Europa del Seicento.

Benché negli ultimi decenni ci sia sempre maggior interesse per le idee politiche di Lipsio, gli studiosi si sono concentrati quasi esclusiva-mente sul primo trattato da lui scritto durante il suo soggiorno a Leida. Nonostante quest’attenzione quasi esclusiva prestata alla Politica, essi non hanno un’opinione unanime sulla posizione esatta che il trattato occupa nell’opera di Lipsio e in generale nel pensiero politico della prima età moderna. Mentre alcuni studiosi considerano la Politica come fondamen-talmente neostoica, altri propendono a minimizzarne il carattere stoico. D’altra parte, mentre le caratteristiche machiavelliche sono state sotto-lineate da alcuni studiosi, altri considerano l’opera come uno speculum principis esplicitamente antimachiavellico o come un’opera dallo spirito tacitiano. In generale poca attenzione, però, è stata prestata ai Monita et exempla politica, che risalgono al periodo di Lipsio a Lovanio, laddove per avere un’idea complessiva dell’ideologia di Lipsio e del suo sviluppo, anche i Monita devono essere considerati.

In quest’articolo si vuole innanzitutto presentare tale trattato politi-co, fino ad ora trascurato, situandolo nella vita e nell’opera di Lipsio, ed illustrarne struttura e contenuto. In secondo luogo si desidera offrirne un’interpretazione che rispetti le chiavi di lettura che offre lo stesso Li-psio. Infine, paragonare le idee politiche espresse nei Monita con quelle della Politica, per elaborare un giudizio equilibrato sull’opera e sulle intenzioni di Lipsio.

Lipsio: fra erudizione umanistica e impegno politico

Nato nel a Overijse, un piccolo comune fra Bruxelles e Lovanio, ed educato dapprima nelle scuole locali e poi al collegio gesuitico di Colonia, Lipsio iniziò la sua carriera accademica nel come studente all’Università di Lovanio, dove si occupò della correzione e dello studio critico di testi latini. Trascorse a Roma alcuni anni della sua formazione, nell’entourage del cardinale Granvelle, sviluppando i suoi interessi per la filologia e l’antichità ed esaminando monumenti antichi, studiando pre-ziosi manoscritti di Tacito, Seneca ed altri, nonché incontrando umanisti eminenti quali Marco Antonio Mureto e Fulvio Orsini. A Roma gettò anche le basi delle sue opere filosofiche e politiche, studiando gli scritti di filosofi rinascimentali come Pico della Mirandola e le opere politiche di autori come Machiavelli e Guicciardini.

Nel Lipsio tornò a Lovanio per continuare i suoi studi giuridici, ma la minaccia di guerra fra i Paesi Bassi e la Spagna lo spinsero a partire

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per la corte più sicura di Massimiliano II a Vienna, nella quale, tuttavia, non trovò il sostegno che sperava. Ripartì, deluso, per Jena, dove nel gli venne offerto il posto di professore di storia all’università luterana. Qui Lipsio completò un’edizione delle opere di Tacito che presto lo avrebbe reso famoso in Europa e che avrebbe influenzato non solo la propria opera politica, ma anche quella di altri autori contemporanei.

Tornò a Lovanio nel , dove rimase per un breve periodo, ma alla fine decise di accettare una cattedra all’università calvinista di Leida nel , nuovamente sotto la pressione dell’instabilità politica. Continuando a pubblicare edizioni critiche di autori dell’antichità (principalmente storici) e studi su vari aspetti della cultura dell’antica Roma, Lipsio utilizzava anche la sua conoscenza della filosofia antica per dare ai suoi contemporanei consigli sul comportamento sia pubblico che privato. A Leida, per esempio, Lipsio pubblicò il suo famoso dialogo De Con-stantia (), nel quale tentò di conciliare lo stoicismo e il cristianesimo, diventando così uno dei padri fondatori del neostoicismo. Obiettivo dell’opera era aiutare gli individui a sopravvivere nel difficile periodo delle guerre religiose mediante l’esercizio della virtù della costanza. Fu a Leida che Lipsio pubblicò nel il suo trattato politico più conosciuto, Politicorum sive civilis doctrinae libri sex. La pubblicazione di quest’opera suscitò una grande controversia e nel Lipsio decise di riconvertirsi al cattolicesimo e di ritornare nei Paesi Bassi meridionali per continuare la sua carriera accademica là dove l’aveva iniziata.

In questo periodo finale della sua vita, Lipsio curò, tra l’altro, un’edi-zione di Seneca e scrisse trattati sulla dottrina stoica e sulla fisica: Manu-ductio ad stoicam philosophiam () e Physiologia stoicorum (). Nel pubblicò i suoi Monita et exempla politica. Libri duo, qui virtutes et vitia principum spectant. Questo volume era stato progettato come il primo di tre, ma nel la morte impedì a Lipsio di completare il progetto.

I Monita: ammonimenti ed esempi politici

I Monita et exempla politica sono divisi in due libri, suddivisi a loro volta in capitoli, ognuno dei quali presenta un titolo e un breve riassunto del contenuto o dell’idea principale del capitolo. Il secondo capitolo del primo libro, per esempio, si intitola De Religione. Eius utilitas, sive necessitas ostensa: vel in tota Societate, vel seorsim in Rege, et Subditis. Lipsio brevemente discute ogni argomento e l’importanza di esso per il principe, illustrando il suo assunto con citazioni di altri autori, soprat-tutto classici. Solitamente, ma non in ogni capitolo, questi commenti vengono completati con ammonimenti o monita, direttive pratiche in

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materia. Nel capitolo sulla religione, per continuare con lo stesso esempio, Lipsio consiglia al principe di onorare sempre Dio, anche in tempo di guerra, di onorare ed ascoltare i ministri di Dio e di non abbandonare né trascurare mai le cose sacre, neanche in caso di pericolo. Aggiunge che la protezione di Dio contribuirà alla fama e al potere del principe. Ogni riflessione generale su un argomento o ogni ammonimento, se dato, è in seguito illustrato con esempi storici – da cui il titolo Monita et exempla politica – relativi a generali, re e regine del mondo antico (egiziano, greco, romano e persiano), medioevale e contemporaneo (europeo, asiatico e a volte africano o americano). Gli esempi non vengono presentati in ordine strettamente cronologico, anche se Lipsio lavora in maniera approssimativamente cronologica: tende ad iniziare con esempi tratti dalla storia greca, poi romana, per concludere con esempi medioevali o contemporanei, ma un re del Duecento può facilmente precedere uno del X secolo. Gli esempi biblici sono rari, ma precedono tutti gli altri se vengono menzionati. Il detto, ad esempio, che la protezione delle cose sacre si traduce per il principe in un aumento della fama e del potere, viene illustrato con una serie di esempi su Filippo di Macedonia, Costantino il Grande, Carlo Magno, Alfonso il Cattolico e Rodolfo I di Asburgo. Infine, al termine di alcuni capitoli, Lipsio inserisce una discussione (quaestio o quaestiuncula) su certi argomenti attuali (come “La giustizia va amministrata dal principe stesso?”).

Questi monita ed exempla concernono principalmente le diverse virtù di un principe, come pietas, prudentia, iustitia, clementia, fides ecc. Oltre a queste virtù, Lipsio tratta altri argomenti come la posizione della religione all’interno dello Stato e l’impatto della sorte sui governanti – un tema che ha un ruolo fondamentale nel suo ragionamento neostoico. An-che la questione di quale sia la migliore forma di governo viene trattata ampiamente da Lipsio nei capitoli sulla monarchia, e ancora i temi inerenti alla posizione della donna nello Stato, elezioni e successioni.

Interpretare i Monita: l’opera come commento storico alla Politica

Molte chiavi dell’interpretazione dell’opera vengono offerte dall’auto-re, attraverso la propria corrispondenza e attraverso il testo dell’opera stessa. Un’analisi scrupolosa della corrispondenza dell’autore fino alla pubblicazione dell’opera ci fornisce informazioni interessanti, non solo sulla genesi, ma anche sulla natura di essa.

Già nel , circa dieci anni prima della pubblicazione, Lipsio an-nunciò ad un gruppo di intellettuali il suo progetto di redigere una serie di ammonimenti politici. In queste lettere l’opera viene presentata come

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un ampio commento alla Politica e come opera di filosofia politica conte-nente esempi storici tratti da tutte le epoche. L’opera è definita come un lavoro erculeo, ma Lipsio vi lavorò così alacremente da poter annunciare, dopo solo alcuni mesi, che era pronta per esser pubblicata. Fin dall’inizio, Lipsio legò l’opera al nome dell’arciduca Alberto, governatore dei Paesi Bassi spagnoli. Inoltre, il dicembre , Lipsio si rivolse personalmente all’arciduca Alberto per lettera, comunicandogli che stava per pubblicare i Monita e che aveva l’intenzione di dedicarli alla sua persona. Inoltre richiese all’arciduca, nella stessa lettera, la concessione di un privilegio reale per la pubblicazione dei Monita e di tutte le altre opere future, non volendo importunare Alberto ogni volta con la stessa richiesta. Il privilegio fu prontamente concesso, il che non dovrebbe sorprenderci, poiché nel Lipsio era stato nominato storiografo reale di Filippo II.

Presto, tuttavia, Lipsio realizzò che solo i primi due volumi dell’opera sarebbero stati pronti e confessò che vi era ancora molto lavoro da svol-gere. In effetti, Lipsio era tanto lontano dal completamento dell’opera che decise di posporre la pubblicazione. Nel si occupò soprattutto dell’edizione di Admiranda, sive De Magnitudine Romana, anch’essa dedicata all’arciduca Alberto. È chiaro che i Monita e l’Admiranda, e i rispettivi progetti di cui facevano parte, erano strettamente legati, come spesso sottolineò Lipsio nella sua corrispondenza, e si può notare tra le opere un chiaro influsso reciproco. Quando Lipsio completò una secon-da edizione dell’Admiranda verso la fine del , aveva l’intenzione di riprendere il suo lavoro ai Monita, come annunciò in una lettera a García de Figueroa. Molte opere di Lipsio, tuttavia, non erano più disponibili e dovettero esser ristampate. Inoltre, Lipsio dedicò la maggior parte del suo tempo al suo ambizioso progetto dell’edizione di Seneca. Nel , finalmente decise di pubblicare i primi due volumi dell’opera e mantenne la sua promessa dedicando il suo speculum principis all’arciduca Alber-to. La lettera con la dedica reca la data del gennaio . Alla fine di febbraio, esemplari dell’opera erano disponibili nella tipografia di Johannes Moretus.

La natura dei Monita è illustrata nella dedica, nella prefazione al lettore e nel primo capitolo dell’opera. Benché il testo sia chiaramente un monologo, l’opera inizia con un dialogo, genere spesso utilizzato da Lipsio, fra se stesso e un auditor o interlocutore anonimo. Anche da questo dialogo risulta che i Monita dovevano illustrare e completare il trattato politico più teorico di Lipsio, la Politica, con esempi e consigli pratici. L’interlocutore apprezza la Politica per i suoi aforismi utili, ma è convinto, come molti suoi contemporanei, che l’opera avrebbe un più profondo valore pedagogico con l’aggiunta di esempi. Egli sollecita Lipsio a portare a termine nel migliore dei modi il lavoro iniziato e ad

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offrire al lettore strumenti per applicare nella pratica i principi generali della Politica. Secondo l’interlocutore di Lipsio, i principi e gli uomini di Stato avrebbero prestato attenzione agli esempi esposti nel dialogo dall’umanista e li avrebbero seguiti. Inizialmente, Lipsio sembra essere molto scettico sull’efficacia degli esempi e sembra persuaso che scrivere tale opera sia come offrire medicine a moribondi o dar luce a ciechi. Nonostante ciò, l’interlocutore incoraggia Lipsio a combattere la vecchia malattia dell’ignoranza, come farebbe un medico ostinato, e a seminare come un contadino paziente il maggior numero di esempi salutari possi-bili. L’interlocutore sottolinea il fatto che alla fine qualcuno beneficierà di essi, come confermano le parole dello stoico romano Seneca. Lipsio si arrende di fronte all’argomento addotto dal suo autore preferito. In conclusione, Lipsio stesso aggiunge un’altra osservazione che risulta abbastanza amara: anche se l’opera non avrà un’immediata influenza, tuttavia non perderà mai il suo valore, così come le perle non perdono la loro brillantezza quando vengono gettate nel fango, e potrà risultare utile alle generazioni future. Con quest’osservazione pessimista sull’ignoranza della propria epoca, Lipsio inizia il suo viaggio attraverso la storia antica e medioevale.

Sia nel primo capitolo che nella lettera introduttiva per il lettore, Lipsio annuncia che manterrà la struttura della Politica e che non solo la illustrerà con esempi, ma che inserirà anche degli ammonimenti (monita) e piccole discussioni (quaestiunculae). La stessa lettera esplicita anche l’intenzione originale di Lipsio di illustrare ognuno dei sei volumi della Politica. In essa l’autore rivela anche che egli progetta come continuazione altri due libri: uno sulla prudentia civilis e l’altro sulla prudentia militaris, ognuno contenente due volumi. Nella lettera al lettore e in una lettera a Clusio, Lipsio spiega perché aveva deciso di non pubblicare i primi due libri insieme: temeva che problemi di salute o una morte improvvisa potessero impedirgli di finire il progetto completo, come poi si verificò. Un primo abbozzo manoscritto dell’ultima parte, che tratta la prudentia militaris, è stato però scoperto di recente da Jan Papy.

Sia nella corrispondenza che nei Monita Lipsio esplicitamente defini-sce l’opera come un commento storico sulla sua Politica. Ma si potrebbero e si dovrebbero leggere i Monita veramente come un semplice commento alla Politica? Un raffronto tra le idee politiche espresse nei Monita e quelle corrispondenti nella Politica getta una luce completamente diversa sulla natura dei Monita e addirittura sulla natura del pensiero politico di Lipsio.

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Il pensiero politico di Lipsio fra Leida e Lovanio

.. Lipsio a Leida: la Politica

Abbiamo detto che i Monita rappresentavano un’aggiunta alla Politica, il famoso trattato che l’umanista redasse a Leida. Lipsio considerò questo testo come complementare al suo De Constantia, come spiega nella Lettera al lettore all’inizio della Politica, dicendo che era stata concepita come un manuale etico per ogni cittadino, mentre il De Constantia conteneva direttive politiche per principi e uomini di Stato.

Nei sei volumi Lipsio presenta le sue idee sulla costruzione dello Stato e sul comportamento del principe per ottenere pace e ricchezza per i suoi cittadini. Nel primo volume analizza le due condizioni necessarie della vita civile (vita civilis): virtù e prudenza. Il secondo volume tratta le virtù del principe, il fine del governo e le sue varie forme. Nel terzo e quarto volume Lipsio parla della prudentia civilis, la prudenza politica, una sintesi delle virtù che non è richiesta solo al principe, ma anche ai suoi consiglieri e funzionari. Qui sono affrontati i problemi più delicati cui deve far fronte il principe: la posizione della religione all’interno dello Stato, il rapporto reciproco tra principe e cittadini, l’uso della frode e dell’imbroglio, e molti altri argomenti affini. Nei due volumi finali viene discussa la prudenza del principe negli affari militari (prudentia militaris): qui Lipsio sottolinea la necessità della difesa del Paese e l’importanza di un esercito ben organizzato e disciplinato.

Nella Politica Lipsio non esprime le sue idee direttamente attraverso parole sue, ma le elabora in una rete di citazioni, solitamente da autori clas-sici e soprattutto da Tacito. Queste citazioni sono strutturate in modo da formare un argomento coerente procedendo con un metodo che introduce, definisce e suddivide i temi e i titoli e mette in relazione le frasi e i sommari delle idee principali a margine della pagina. Così la forma dell’opera somi-glia a quella del cosiddetto libro di luoghi comuni, collezioni di aforismi che erano enormemente popolari fra scienziati e studenti all’epoca di Lipsio. Caratteristiche di questo tipo di libro erano la pluralità di opinioni e di argomenti e il finale aperto, come ha sottolineato Ann Moss.

Al lettore toccava collaborare attivamente mentre stava leggendo il libro. Durante la lettura della Politica, per esempio, egli poteva crearsi una propria opinione sulla base degli argomenti addotti da Lipsio, consultando il contesto originale delle citazioni o aggiungendone altre. Lipsio era consapevole di ciò e in varie occasioni informò i suoi lettori sulla struttura del libro dando consigli su come leggerlo. Il fatto che il testo poteva esser interpretato in vari modi, è anche dimostrato dalla

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controversia che nacque dopo la pubblicazione della Politica, fra Lipsio e l’umanista olandese Dirck Volckertszoon Coornhert (-), sulle affermazioni concernenti la religione. Per rendere l’opera più univo-ca, si pubblicarono note illustrative già nel , con il titolo Ad libros Politicorum breves notae. Esse chiarirono ed elaborarono alcuni temi e idee trattati nella Politica, fornendo maggiori informazioni e citazioni. In seguito le note sarebbero state pubblicate insieme alle nuove edizioni della Politica, allargate e moltiplicate. Alcune di esse, ad esempio quelle sulla religione, la fortuna, la modestia e le virtù minori del principe, sembrano esser state la base dei Monita et exempla politica di Lipsio. In risposta all’attacco di Coornhert, Lipsio pubblicò anche l’Adversus dialogistam liber de Una religione (), nel quale confermò e difese le sue idee sulla religione espresse nella Politica. Così come le Notae, anche quest’opera sarebbe stata in alcune edizioni rilegata con la Politica.

Le idee politiche espresse nella Politica, e nella corrispondenza di Lipsio fino alla pubblicazione del libro, possono esser riassunte nella difesa della monarchia centralizzata e nella ragion di Stato come la mi-gliore forma di governo. La preoccupazione per la pace e la sicurezza è una questione centrale nell’opera di Lipsio. Secondo l’umanista, l’unica via d’uscita dal caos della rivolta e delle guerre di religione che avevano travolto i Paesi Bassi e altri Paesi d’Europa, era un potere centrale forte, poiché gli uomini, secondo Lipsio, non sono in grado di governare – una visione pessimista della natura umana che egli condivise con altri autori come Tacito e Guicciardini. Di conseguenza nella corrispondenza, nella Politica e in altri scritti, il governo dei corpi rappresentativi è giudicato severamente e in questo contesto Lipsio spesso espresse la sua diffiden-za verso gli Stati Generali dell’Olanda. Il potere forte di un monarca assoluto fu un’alternativa politica attraente per Lipsio e molti altri suoi contemporanei, ma per esser efficace esso doveva essere moralmente cor-retto. A tale scopo il principe doveva possedere tutte le virtù tradizionali cristiane-ciceroniane, come giustizia, prudenza, modestia e clemenza. La grandezza morale del Capo dello Stato allora si sarebbe irradiata in tutta la comunità e avrebbe portato ordine, stabilità e progresso morale. Lipsio si rese conto, tuttavia, che nella realtà la moralità del solo principe non sarebbe bastata per garantire il benessere e la stabilità dello Stato e perciò permise al principe di ricorrere a strumenti non convenzionali e meno corretti moralmente, come la coercizione o l’occultamento della verità da utilizzarsi in caso di emergenza, per esempio quando il suo potere o la sicurezza dello Stato erano minacciati. Questa teoria, della ragion di Stato, era stata inizialmente associata a Niccolò Machiavelli e fortemente biasimata dalla Chiesa. Ma, come molti suoi contemporanei, Lipsio tentò di conciliare la prassi politica descritta da Machiavelli con

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il cristianesimo. Combinando il regno del monarca virtuoso con gli stru-menti della ragion di Stato, Lipsio provò a creare “una ragion di Stato moralmente corretta”. In questa teoria l’immagine del principe è molto importante e la magnanimità è una delle sue virtù capitali. Per l’immagine del principe e per il ristabilimento della pace, è cruciale il suo sostegno alle arti e alle lettere.

Inoltre Lipsio credeva che un’altra condizione necessaria per la pace e per la stabilità dello Stato fosse l’unità religiosa. Cercò di difendere l’unità religiosa in modo da mantenere la libertà di coscienza dell’individuo, af-fermando che nell’ambito pubblico doveva esserci una sola religione, ma che nell’ambito privato ognuno poteva aderire alle proprie convinzioni, a patto che esse non influissero sulla politica. Come testé menzionato, l’opinione di Lipsio sulla religione fu molto criticata e fu al centro della controversia con Coornhert.

Non si sa se questo contrasto fu la causa che spinse Lipsio, nel giugno del , a lasciare Leida, adducendo problemi di salute, e a ritornare tranquillamente nei Paesi Bassi meridionali, nonostante i diversi appelli dell’università a restare. Al Sud il suo ritorno era stato preparato con cura dai suoi amici gesuiti che si erano adoperati affinché a Lipsio fosse offerto un posto di professore all’Università cattolica di Lovanio. Fu un grande shock per i suoi colleghi di Leida sentire che già nell’aprile del Lipsio si era riconvertito al cattolicesimo.

.. Lipsio a Lovanio: l’Admiranda, la Dissertatiuncula e i Monita

Dopo il ritorno a Lovanio, Lipsio continuò a pubblicare libri su temi affini a quelli delle opere precedenti. Le questioni trattate da Lipsio nei due ultimi volumi della Politica furono ulteriormente sviluppate dallo studioso nella sua De militia Romana (), un manuale militare sotto forma di commento allo storico antico Polibio, nel quale le teorie della Politica vengono illustrate con l’esempio pratico del sistema militare romano. La forza e la virtù dei soldati e dei loro comandanti sono enfa-tizzate e proposte come modello per il sistema militare difettoso dei suoi contemporanei. È stato peraltro dimostrato che il trattato di Lipsio fu una fonte di ispirazione per le riforme militari della Casa di Orange nel tardo Cinquecento.

Inoltre nel Lipsio scrisse un’opera sulla grandezza di Roma, l’Admiranda, sive De Magnitudine Romana libri quattuor, che dedicò all’arciduca Alberto, dove analizzò gli elementi che a suo parere ave-vano costituito la grandezza di Roma, cioè il potere (potentia), la virtù (virtus) e la durata (diuturnitas). Molti temi (ad esempio quelli di pratica

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militare, fiscalità e spese pubbliche) e molte virtù del popolo romano e dei suoi governanti (iustitia, pietas, probitas, constantia) qui elencati, vennero trattati anche nella Politica e saranno ripresi nei Monita. Come hanno suggerito Marc Laureys, Jan Papy e Karl Enenkel, l’opera veicola un chiaro messaggio politico per l’arciduca, membro delle dinastia degli Asburgo, definito da Lipsio come l’erede dell’Impero romano nella lettera di dedica e nell’ultimo capitolo dell’opera.

Nel Lipsio redasse un’altra opera di etica e di politica cui diede il titolo Dissertatiuncula apud principes che fu pubblicata insieme ad un commento sul Panegyricus ad Traianum di Plinio il Giovane. Questa Dis-sertatiuncula in un certo senso era una versione rivista della conferenza di Lipsio cui assistettero gli arciduchi Alberto e Isabella durante la loro “Gioiosa Entrata” a Lovanio nel . Il punto di avvio di questa confe-renza fu un passaggio del De clementia di Seneca a partire dal quale Lipsio precisava agli arciduchi i loro compiti futuri e le aspettative degli abitanti dei Paesi Bassi meridionali. Il successivo commento sul Panegyricus ad Traianum di Plinio il Giovane conteneva spiegazioni obiettive di realia e di brani difficili dell’opera dell’antico panegirista, nonché pratici consigli politici ed etici per i principi ed i membri della corte. Ed infine, nel , i Monita et exempla politica furono pubblicati per illustrare i principi espressi nella Politica mediante consigli pratici ed esempi storici.

Tuttavia il ritorno di Lipsio nei Paesi Bassi spagnoli e la sua riconci-liazione con il cattolicesimo ebbero gravi conseguenze per il contenuto delle sue opere politiche. Alcune delle idee espresse nella Politica possono esser trovate anche nelle opere pubblicate dopo il , ma in genere queste si focalizzano su altri argomenti.

La moralità politica tradizionale

Come abbiamo già segnalato, un certo numero delle idee espresse nella Politica si trovano anche nei Monita, che infatti seguono in modo abbastanza fedele le questioni dei primi due volumi di quest’ultima. In primo luogo, è evidente nei Monita l’importanza della virtù, laddove si sostiene l’idea della cosidetta “monarchia virtuosa”, basata sulla virtù del monarca. Chiaramente, la virtù del monarca e il suo ruolo esemplare sono evidenziati molto di più nei Monita che nella Politica: un intero capitolo è dedicato al ruolo esemplare del sovrano e, inoltre, ogni virtù e ogni vizio del principe elencati nella Politica sono qui sviluppati ed illustrati singolarmente. Anche alle virtù minori delle quali si parla nel capitolo XVII del II volume della Politica, è dedicato un intero capitolo nei Monita, insieme ai vizi della superstizione e dell’empietà, già trattati brevemente

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nelle Notae aggiunte alla Politica. Vi è anche un capitolo consacrato alla virtù della costanza, appena menzionata nella Politica.

Le virtù del principe trattate nei Monita sono per la maggior parte virtù tradizionalmente cristiane e ciceroniane. La fortitudo, la sapientia, la iustitia e la temperantia, sostenute dalla filosofia stoica e da Cicerone nei suoi scritti morali (e retorici), erano diventate molto popolari nel Rinascimento, quando si riscoprirono le opere di Cicerone, che furono considerate totalmente in armonia con la morale cristiana. Cicerone ave-va diviso la temperantia a sua volta in continentia, clementia e modestia. Queste ed altre virtù, come la fides e la liberalitas, furono tradizionalmente difese nei libri di avvertimenti durante il Quattrocento e il Cinquecento. Nei Monita Lipsio mette l’accento in particolare su iustitia, modestia e clementia, e anche sulle virtù affini di fides e patientia, tutte virtù cristiane per eccellenza, come le virtù cardine del principe. La continentia è lodata da Lipsio sotto forma di castitas e la fortitudo sotto forma di constantia. Nei Monita è chiaro che nella visione di Lipsio, la costanza, anche se è appena menzionata nella Politica, non è solo una virtù del singolo cittadino, ma è anche di importanza capitale per il principe. È degno di nota il fatto che la virtù della liberalitas sia invece assente nei Monita. Quando Lipsio elenca le virtù minori, menziona la generosità, ma afferma che sarebbe meglio trattare di questa virtù altrove. Riteniamo che forse Lipsio non volesse affrontare questo tema perché a suo parere essere liberale non era il modo adatto per un sovrano di ottenere il sostegno del popolo. Secondo Lipsio, il sovrano veramente virtuoso non ha bisogno di ostentazione e fasto. Come Machiavelli, Lipsio spiega i rischi relativi alla liberalità: per edificare edifici pubblici, realizzare parate e altre rappresentazioni il sovrano può esser costretto ad un maggiore prelievo fiscale, imponendo così un più duro e inutile peso sul popolo.

In genere dobbiamo osservare che nella descrizione delle virtù, alla giustizia si dedica un’attenzione più ampia nei Monita che nella Politica, in cui è in un certo senso offuscata dalla prudenza, mentre l’importanza di quest’ultima non è sottolineata in modo significativo nei Monita. Le affermazioni sulla giustizia contenute nella Politica sono elaborate nei Monita in più ammonimenti, un capitolo sulle leggi, uno sulla giustizia divina e due discussioni di questioni legali. Come nella Politica, Lipsio dichiara nei Monita, in linea con Tommaso d’Aquino, che il principe non è superiore alla legge:

Servanda autem, etiam in iis quae Principes, aut qui circa ipsos sunt, tangunt. Mali doctores, qui a legibus eximunt: qui cum Caligula censent, omnia ipsi, et in omnes, licere. Sive cum Sallustiano Memmio: impune quidlibet facere, id est regem esse. Abite qui docetis, qui discitis.

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Inoltre, Lipsio segue Tommaso d’Aquino anche quando afferma che il principe stesso dovrebbe amministrare la giustizia, rappresentando egli la giustizia divina sulla terra, e che Dio lo assisterà nell’assolvimento di questo suo dovere.

È significativo che in generale nei Monita, contrariamente alla Po-litica, questo sistema tradizionale di virtù cristiano-ciceroniane non sia messo in dubbio: nei Monita non vi è traccia della teoria della ragion di Stato difesa con cautela nella Politica. L’uso della frode e dell’inganno come strumenti di governo è biasimato con forza in varie occasioni e le opinioni di Machiavelli sono attaccate in modo esplicito. Per fare un esempio, nel capitolo sulla coscienza Lipsio sottolinea che se il principe non è veramente virtuoso, i vizi si moltiplicheranno e egli non troverà mai la serenità d’animo. Aggiunge che teorici politici che insegnano come si deve apparire ma non come si deve essere virtuosi, sbagliano. Nel capitolo successivo sull’onestà (probitas), Lipsio insegna al principe ad esser virtuoso, non per l’apparenza o per la fama, ma per il vero amore della virtù. Il principe veramente virtuoso agirà in modo onesto e farà cose utili. Così come Cicerone nel suo De Officiis, Lipsio ci insegna nei Monita che l’onesto e l’utile sono concetti indissociabili, mentre il teorico italiano (cioè Machiavelli) che insegna altra cosa sbaglia. Inoltre tutto un capitolo è dedicato alla virtù della fedeltà (fides) e un altro alla frode e alla violenza (de fraude et vi). Nuovamente, sia l’inganno e lo spergiuro che la frode e la violenza vengono duramente condannati come modi sconvenienti di ottenere il potere. In questi capitoli, decine di esempi mostrano al principe che un sovrano che utilizza la frode, l’imbroglio o la violenza, alla fine sarà sempre punito da Dio.

Si potrebbe obiettare che la moralità tradizionale non viene neanche messa in dubbio nei primi due volumi della Politica, che vengono illustrati nei Monita. Ciò nondimeno, riteniamo che sia molto probabile che fosse una consapevole decisione di Lipsio quella di illustrare i primi due volumi e non, per esempio, il terzo o quarto volume, che sostengono la prudentia mixta o il governo basato sulla ragion di Stato. Dopo il ritorno nei Paesi Bassi meridionali, dove il cattolicesimo era la religione dominante, sembrò una decisione molto più sensata illustrare i primi e gli ultimi due volumi, piuttosto che quelli intermedi che avevano subito gravi attacchi da vari membri della Chiesa cattolica. Il fatto che siano stati trovati frammenti dei Monita et exempla politica de re militari, che illustrano gli ultimi due volumi, ma non il terzo e il quarto, potrebbe confermare la tesi in base alla quale Lipsio non aveva la minima intenzione di illustrare questi volumi controversi.

L’INSEGNAMENTO POLITICO IN GIUSTO LIPSIO

La preoccupazione per la pace e la difesa della monarchia ereditaria

Anche nei Monita si ritrova la preoccupazione, già espressa da Lipsio nelle opere precedenti, per il mantenimento della pace. Alla fine della lettera contenente la dedica ad Alberto, Lipsio esprime il suo desiderio di pace in questa preghiera:

Ille idem Deus, Ser[enissi]me et Potentiss[i]me Princeps, longaevum Te nobis servet et donet aliquando sub optimo Principe optimum statum, id est deside-ratam diu tranquillitatem et Pacem.

Come abbiamo visto, secondo Lipsio lo strumento migliore per mantenere la pace e la stabilità era la monarchia ereditaria che, come afferma più volte nei Monita, è la migliore forma di governo. Tuttavia, essendo ritornato in una regione governata dalla monarchia spagnola, Lipsio nei Monita estese ed elaborò notevolmente il suo pensiero, come indica lo spazio considerevole occupato da questo tema. Lipsio adduce diversi argomenti a favore della monarchia, che sembrano luoghi comuni tradizionali attinti dal pensiero medioevale. Prima di tutto egli considera che essa è la forma di governo più antica, come conferma la Bibbia, e anche la forma più naturale e più comune: tutti gli esseri viventi tendono a essere governati da un’unica persona. È anche la migliore forma secondo la ragione, e ciò per tre motivi: prima di tutto perché permette un migliore esercizio della giustizia, poiché il principe stesso amministra la giustizia o sceglie, nomina e controlla i giudici. In altre forme di governo, la corruzione domina la pratica legale e la società in generale. In secondo luogo, la monarchia favorisce i valori più importanti, cioè la pace e il consenso. L’autorità del principe e il timore della sua autorità pacificano i sudditi, assicurando la loro sicurezza e quella dello Stato. In altri tipi di governo la discordia e l’avidità prosperano nel popolo o nei governanti causando rivolte e corruzione. Infine, è la forma migliore e più sicura di governo, perché un principe che governa per un lungo periodo e che trasmette lo Stato al suo erede, può imparare molto dall’esperienza e tratterà gli affari con cura maggiore rispetto ad un magistrato che è nominato solo temporaneamente e lascia lo Stato nelle mani di successori sconosciuti o da lui non voluti. Poiché la monarchia è la migliore forma di governo secondo natura e ragione, è protetta da Dio ed è anche la forma più du-revole. L’unica eccezione è costituita dalla Repubblica di Venezia, che prospera grazie alla sua buona sorte, le sue buone leggi ed istituzioni. Tutti gli argomenti addotti a favore della monarchia, sono luoghi comu-ni che Lipsio condivise con molti suoi contemporanei e che risalgono a Tommaso d’Aquino. Lipsio si rivela anche un fedele seguace della

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tradizione tomista nella sua preferenza per la monarchia ereditaria. Nella Politica gli argomenti a favore della monarchia ereditaria e quelli favore-voli alla elettiva erano bilanciati. Nei Monita, tuttavia, si può osservare un ulteriore sviluppo, perché in quest’opera ogni forma di potere viene analizzata secondo lo schema di argomenti pro e contra, e quelli a favore della monarchia elettiva e a detrimento della ereditaria sono rifiutati scrupolosamente. Inoltre Lipsio si sofferma sulle regole per la successione dinastica che – ribadisce – va preferita perché è più sicura per il principe e per il popolo, cioè evita l’anarchia e il caos che dominerebbero in un interregno. È possibile che anche in tal modo un principe incompetente o maligno prenda il potere, ma la stessa cosa potrebbe accadere con il sistema elettivo e comunque va tollerata. Un’altra ipotesi negativa è che il principe salga al potere precocemente, la qual cosa Lipsio considera come un grande male ed una punizione che, poiché viene da Dio, va sopportata. Il diritto di resistere ad un tiranno o di ucciderlo non è menzionato esplicitamente nei Monita. All’epoca Lipsio probabilmente non volle prendere posizione in quel dibattito a lui contemporaneo, in modo da salvaguardare la sua protezione sia da parte del regime asburgico spagnolo che dalla Chiesa.

L’origine divina del potere

Inoltre la tesi, originariamente in Tommaso d’Aquino, che la monarchia costituisca la migliore forma di governo per via della sua origine divina, viene elaborato ampiamente nei Monita. L’origine divina della monarchia e le fondamenta divine del potere sono messe in rilievo continuamente nelle opere prodotte da Lipsio dopo il suo ritorno nei Paesi Bassi meri-dionali. Per esempio nei Monita, nei capitoli sulla religione e sulla sorte o la provvidenza divina, afferma più volte che i regni esistono per grazia di Dio e che il monarca deve il suo potere a Dio. All’inizio del capitolo sulla religione possiamo leggere:

Rex es? A Deo habes. Et quo maior altiorque, plura benefico illi Numini debes, et per cultum igitur venerationemque eius agnosce. Rex es? Ut diu et feliciter esse possis, datori supplica et scito tollere posse qui tribuit, et evertere qui sublimavit.

Il principe è il rappresentante di Dio sulla terra e deve creare ordine e giustizia sull’esempio del Creatore:

Cogitet secum Princeps. Ego ex omnibus mortalibus placui, electusque sum, qui Deorum vice in terris fungerer: ego vitae necisque gentibus arbiter: qualem quisque

L’INSEGNAMENTO POLITICO IN GIUSTO LIPSIO

statum sortemque habeat, in mea manu est positum. O dignitas! Vicarium Dei esse, et non esse aemulum?

La conseguenza di quest’origine divina per il re è che egli deve onorare Dio, i suoi ministri e le cose sacre in tutte le circostanze; deve essere modesto perché la sua fortuna può cambiare e perché la vita è breve, e deve esser costante di fronte alla sorte, deve accettare il progetto di Dio e adattare le sue decisioni ad esso:

prima illa causa [Deus] omnia temperat, suaviter, prudenter, utiliter: nec aliter est censendum. Hoc monitum variam utilitatem Principi dabit. A Deo se et regnum; a Deo bona malaque externa esse: ideo nec in illis elate, nec in istis abiecte nimis agendum. Constantia ubique esto, et volens quaedam obedientia decretis divinis.

Anche i capitoli dei Monita sulla religione intitolati “I regni e i re sono dati da Dio”, “I regni e i re sono tolti da Dio” e “I regni e i re sono temperati da Dio”, rispecchiano la tendenza generale dell’opera. Inoltre ogni ammo-nimento viene illustrato con molti esempi di re la cui fortuna cambiò, in modo positivo o negativo. Di fronte ai mutamenti della fortuna, il principe deve essere modesto, ricordandosi che egli è solo l’esecutore del progetto divino, un attore messo da Dio sul palcoscenico del mondo:

Videsne histriones in scaena [...]? Date veniam Principes, tales estis. Deus personam in orbis theatro hanc imposuit: sustinete, agite, sed qui introrsim et apud vos sitis, cogitate.

E che la sua fortuna può cambiare:

Regnas? potes subiici. Dominaris? potes servire. Quidquid alte se sustulit, op-portunum est ad casum.

Nel capitolo sulla modestia a sostegno di quest’argomentazione vengono riportati molti esempi di re che si rendevano conto della loro sorte (dal-l’inizio o dopo un certo avvenimento).

Inoltre, i principi o i loro discendenti che non si comportano in modo virtuoso sono puniti da Dio. Lipsio ripete più volte che Dio favorisce il principe pio e punisce il principe ingannevole ed empio:

Quod ab omni aevo observatum, Deum qui se colunt attollere; et piis religiosisque Principibus prospera plurimum evenisse; alia aliis.

Si possono trovare numerosi esempi di questa giustizia divina nei capitoli sulla frode e la violenza, e in quello sulla fortuna. Tutti i re che utilizzarono la frode o l’inganno per conquistare il potere o che non mantennero le

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loro promesse sono stati puniti. Anche l’ascesa precoce del principe al potere è una punizione di Dio. D’altra parte, i principi virtuosi e pii che hanno dovuto sopportare ingiustizie saranno vendicati da Dio. Ciò viene illustrato da esempi in un capitolo completamente nuovo, seppur breve, sulla giustizia divina.

In sintesi, si potrebbe dire che nei Monita Lipsio non mise più l’ac-cento sulla prudenza ma sulla giustizia, la fedeltà e la provvidenza divina. Questo cambiamento di punto di vista fu chiaramente dovuto al ritorno di Lipsio nei Paesi Bassi meridionali e alla sua riconciliazione con la Chiesa cattolica. Già nel , Lipsio pubblicò sotto la pressione della Chiesa una versione espurgata della sua controversa Politica: una censura da parte della Santa Sede e la minaccia di mettere l’opera all’Indice portarono ad un adattamento del testo e all’elaborazione delle Note. Tra l’altro, Lipsio fu accusato di difendere e di lodare pubblicamente Machiavelli e fu criticato per aver giustificato l’uso della frode da parte del principe, nonché per la priorità accordata alla religione interiore rispetto al rituale esterno e per la sua dottrina sulla fortuna. Alcune delle modifiche richie-ste da Roma furono apportate dall’umanista in segno di rispetto quando riguardavano elementi meno importanti della sua teoria politica, come il primato della religione interiore. Altri suggerimenti furono ignorati, quando si trattava di elementi cruciali come la difesa di Machiavelli. Nei Monita, tuttavia, Lipsio venne incontro maggiormente alle condizioni po-ste dalla Chiesa criticando esplicitamente Machiavelli. Inoltre sottolineò valori cristiani quali la giustizia e la castità, la validità del rituale esteriore, l’origine divina del potere, la provvidenza e la giustizia divina, insieme all’eccellenza dei Re Cattolici di Spagna. Alcuni di questi elementi erano già presenti nell’Admiranda () e nel Panegyricus (). Nell’epistola di dedica dell’Admiranda ad Alberto di Austria, ritroviamo la stessa apologia degli Asburgo e la stessa fiducia nella provvidenza e nell’origine divina del potere. All’inizio della lettera, leggiamo:

Inter historiarum fructus, Ser[enissi]me Princeps, ego illum eximium habui, qui ad sapientiam et rerum in orbe Admirandarum cognitionem ducit. Quis enim paullo altior et attentior eas legit, qui non divina illa opera observet, magna impe-ria stabilita aut diruta et in iis imaginem quandam Providentiae simul et Potentiae divinae? Ita profecto se res habet. Sicut unus in superis Deus est, qui machinam hanc totam moderatur et temperat, sic in terris velut curatores et vicarios quosdam suos constituit, qui in partibus eam tueantur et administrent.

All’inizio del Panegyricus, Lipsio prende le mosse da Plinio per mettere in rilievo le fondamenta divine della monarchia. I re ricevono il loro potere da Dio e devono creare giustizia e prosperità per il popolo, ma Dio stesso distribuisce prosperità e avversità.

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Lodando così la monarchia ereditaria ed enfatizzando l’origine divina del potere del monarca, Lipsio sostiene la politica centralizzatrice degli Asburgo di Spagna continuata dagli arciduchi. Sotto quest’aspetto, la dedica del suo speculum per principi all’arciduca Alberto sembrerebbe essere molto significativa. Nella dedica dei Monita, Lipsio elogia l’arci-duca, così come aveva fatto nella lettera dedicatoria dell’Admiranda e nel nella Dissertatiuncula, dicendo che Alberto, come i suoi predeces-sori, in realtà non avrebbe bisogno di consigli perché già incarna tutte le virtù illustrate nei Monita e in tal modo costituisce un esempio vivente per gli altri principi. Lodando le virtù di Alberto e dei suoi predecessori e mettendo in rilievo l’origine divina del loro potere, Lipsio contribuì a creare e diffondere un’immagine sacralizzata del loro regime. La preoc-cupazione degli Asburgo di sottolineare l’originario carattere elettivo della loro dinastia si rivela soprattutto nei miti sulla vita di Rodolfo I, il primo Asburgo ad esser eletto re dei Romani. Non sorprende dunque che que-sto mito fondante della pietas austriaca che si trova anche in Botero, sia riportato da Lipsio in Monita, I, . Anche i trattati devozionali redatti da Lipsio dopo il suo ritorno a Lovanio, come Diva Virgo Hallensis () e Diva Sichemiensis sive Aspricollis (), dedicato quest’ultimo all’infanta Isabella, possono essere interpretati alla luce di queste considerazioni. Così diventa chiaro che con i suoi scritti, Lipsio contribuì attivamente all’agenda politica e religiosa di Alberto e Isabella. Che quest’ultimi di-pendessero da autori come Lipsio per consolidare la loro reputazione e creare una certa immagine del loro governo è detto da Lipsio stesso alla fine dei Monita. Non è certo un caso che Lipsio termini l’opera con una discussione sulla virtù della magnanimità in un capitolo conclusivo dove sottolinea che niente può giovare di più al principe per ottenere la fama eterna che la promozione delle arti. Una lunga e dettagliata lista degli imperatori che agirono in tal modo e della loro generosità nei confronti di autori e artisti conclude l’opera. Un riferimento simile al mecenatismo degli imperatori romani e alla loro generosità verso gli “intellettuali” da loro protetti si può leggere anche in uno degli ultimi capitoli dell’Admi-randa. La stessa strategia retorica è adoperata alla fine della descrizione che Lipsio traccia della città e dell’università di Lovanio, pubblicata nello stesso anno dei Monita. Essa ricorre anche in opere simili di altri umanisti, per esempio nella Institution du prince () di Budé.

Alberto rispose a questo messaggio e ricompensò Lipsio, alcuni mesi dopo la pubblicazione dei Monita, nominandolo suo consigliere, con-fermando e consolidando in tal modo il loro decennale legame. Questo rapporto particolare con Lipsio venne anche riconosciuto dal protegé di Lipsio, Baldassarre Moreto, che si congratulava con il suo maestro, in una lettera del aprile , per il titolo di consigliere concessogli

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recentemente affermando che l’arciduca aveva accresciuto la propria fama concedendo a Lipsio tale titolo.

Conclusioni

L’obiettivo esplicito di Lipsio di illustrare la Politica, ed il tentativo implicito di consolidare la sua rinnovata fedeltà al cattolicesimo e di so-stenere il regime degli Asburgo, spiegano la sua scelta di dare all’opera la forma di uno speculum principis. In primo luogo, tale genere fu il più importante del pensiero politico non teorico all’epoca di Lipsio, perché facilmente accessibile rispetto alle forme più complesse del libro di luoghi comuni, quale era ad esempio la Politica. Quest’ultima fu più un’opera teorica e, benché Lipsio presentasse il lavoro come uno speculum principis, è indirizzata piuttosto ad umanisti e intellettuali, responsabili dell’edu-cazione dei cortigiani. Essi soli erano in grado di capire lo stile aforistico e ricco del testo latino e sapevano come utilizzare un libro di luoghi comuni. I Monita, invece, erano di carattere pratico, ed erano diretti ai principi stessi e ad altri membri della corte. Nei Monita le citazioni non vengono identificate sistematicamente e il lavoro è denso di riferimenti diversi dalle citazioni della Politica. Descrizioni di avvenimenti e storie di personaggi esemplari vengono presentati in paragrafi non collegati tra loro; in altre parole, l’opera non presenta «il rigore né filologico né dialettico della Politica». L’obiettivo dei Monita non era quello di sti-molare la riflessione di un pubblico di intellettuali, ma di illustrare alcuni dei principi politici dell’autore in modo univoco, così come facevano le Notae, accresciute ed elaborate considerevolmente nel .

In secondo luogo, il genere letterario degli specula principis propu-gnava i medesimi ideali elaborati da Lipsio nei Monita, dal momento che il mantenimento della pace e della sicurezza erano considerati l’obiettivo primario che un governo dovesse porsi e la forma monarchica l’unica nella quale questo potesse realizzarsi. Il benessere dello Stato dipendeva − se-condo gli specula − dalla virtù del principe, che era interpretata come virtù cristiana e ciceroniana, declinata nella giustizia, clemenza e onestà.

In terzo luogo, questo genere permise a Lipsio di elogiare l’arciduca Alberto in modo indiretto e di propagarne un’immagine positiva. Dall’ini-zio del lavoro, si afferma che Alberto incarna tutte le virtù prescritte nei Monita. Inoltre, nella lettera dedicatoria, Lipsio chiama Alberto optimus princeps, identificandolo con l’imperatore Traiano, e questo è solo l’inizio di molti paragoni (indiretti) fra Alberto e i suoi predecessori illustri.

In conclusione possiamo dire che il desiderio di Lipsio di confermare la sua fedeltà alla Chiesa cattolica e di esprimere la sua lealtà al regime

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asburgico, lo portò a prendere le distanze da certi aspetti della sua teo-ria politica precedente. In questa prospettiva diventa chiaro che non si possono interpretare i Monita come un semplice commento storico alla Politica, e di conseguenza non possono essere ignorati dagli studi sul pensiero politico di Lipsio. La considerazione dei Monita deve invece far parte di ogni attenta disamina delle idee politiche di Lipsio, poiché rappresenta l’ultima fase del suo pensiero: l’ultima perorazione a favore della virtù, della monarchia e della fede cattolica come la rotta dell’Europa verso la pace e la stabilità.

Note

* Il presente articolo è basato sulla ricerca effettuata nell’ambito del progetto FWO-OT dal titolo “Power and Passion, Prince and People. Justus Lipsius’ Monita et exempla poli-tica () as a Bridge between Political Philosophy and the Ideal of the Christian Ruler” (FWO G. .-OT .), in corso all’Università Cattolica di Lovanio sotto la guida di Jan Papy e Toon Van Houdt. Ulteriori informazioni riguardo al progetto sono disponibili su http://www.arts.kuleuven.be/sph/Monita.htm ed in M. Janssens, E. De Bom, Power and Passion, Prince and People. Justus Lipsius’ “Monita et exempla politica” () as a Bridge between Political Philosophy and the Ideal of the Christian Ruler, in “Lias”, XXXII, , , pp. - e Idd., Power and Passion, cit., in “Neulateinisches Jahrbuch”, VIII, , pp. -. M. Janssens, Virtue, Monarchy and Catholic Faith. Justus Lipsius’ “Monita et exempla politica” () and the Ideal of Virtuous Monarchy, in H. C. Kuhn, V. Syros (eds.), Ideal Constitutions in the Renaissance. Gli atti di questa conferenza svoltasi a Monaco di Baviera il - febbraio costituiscono un contributo precedente relativo all’argomento; H. C. Kuhn, D. Stanciu (eds.), Papers from the Münich February Conference, Peter Lang, Frankfürt . Il presente articolo tiene conto di alcuni risultati recenti e della pratica e cultura politica in Italia in rapporto ai Paesi Bassi settentrionali e meridionali. Il titolo è un riferimento a G. Lipsio, Admiranda, sive De Magnitudine Romana libri quattuor, J. Moretus, Anversa , Ad lectorem.

Vorrei ringraziare Jan Papy, Toon van Houdt e Erik de Bom per aver letto e discus-so la prima versione di questo saggio. Desidero anche dimostrare la mia riconoscenza a Jeanine De Landsheer, Hugo Peeters e Tom Deneire che con generosità hanno messo a disposizione le loro trascrizioni della corrispondenza di Lipsio.

. R. Tuck, Philosophy and Government -, Cambridge University Press, Cambridge , p. .

. G. Lipsio, Admiranda, sive De Magnitudine Romana, cit., Ad lectorem: «Nobis constat hanc ipsam Romam et sacrum in eo imperium fuisse et esse velut anchoram fluctuanti diu Europae». Si paragoni a Lipsio, Monita, II, (p. ): «inscitiae caligo aut tenebrae (falsus sim!) imminent Europae». Si fa riferimento all’editio princeps pubblicata da Giovanni Moreto ad Anversa nel .

. Tuck, Philosophy and government, cit., pp. -. Sull’atteggiamento di Lipsio nei confronti degli umanisti italiani, cfr. J. Papy, Italiam vestram amo supra omnes terras! Lipsius’ attitude towards Italy and Italian Humanism of the Late Sixteenth Century, in “Humanistica Lovaniensia”, XLVII, , pp. -.

. L’influsso della Politica è stato studiato principalmente da Gerhard Oestreich, cfr. il suo Neostoicism and the Early Modern State, a cura di B. Oestreich e H. G. Koenigsber-ger, trad. di D. McLintock, Cambridge University Press, Cambridge (per l’influsso di Lipsio in Italia cfr. pp. -) e N. Mout (Hrsg.), Antiker Geist und moderner Staat bei Justus Lipsius (-): Der Neustoizismus als politische Bewegung, Vandenhoeck e

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Ruprecht, Göttingen . Per l’influsso in Italia cfr. anche J.-L. Fournel, Une réception ambiguë: la diffusion de la pensée politique de Juste Lipse en langue vulgaire dans l’Italie de la première moitié du XVIIe siècle, in C. Mouchel (éd.), Juste Lipse (-) en son temps, Champion, Paris , pp. -.

I Monita et exempla politica sono stati tradotti in olandese, francese, polacco, italiano e secondo Oestreich (Neostoicism, cit., p. ), in russo. L’influsso dei Monita et exempla politica nei Paesi Bassi nella prima metà del Seicento è studiato attualmente da Erik de Bom dell’Università Cattolica di Lovanio come parte del progetto OT sopracitato.

. Cfr. Oestreich, Antiker Geist und moderner Staat, cit.; A. McCrea, Constant Minds: Political Virtue and the Lipsian Paradigm in England, -, University of Toronto Press, Toronto , pp. -; M. Senellart, Les arts de gouverner. Du regimen médiéval au concept de gouvernement, Seuil, Paris , pp. -; Id., Le stoïcisme dans la constitution de la pensée politique. Les Politiques de Juste Lipse (), in J. Lagrée (ed.), Le stoïcisme aux XVIe et XVIIe siècles. Actes du Colloque CERPHI, - juin , Presses Universitaires de Caen, Caen , pp. -.

. Lindberg, Stoicism och stat, cit. e Justus Lipsius, Politica. Six Books of Politics or Political Instruction, a cura di J. Waszink, con traduzione e introduzione, Van Gorcum, Assen (introduzione a pp. -).

. R. Bireley, The Counter-Reformation Prince. Anti-Machiavellianism or Catholic Statecraft in Early Modern Europe, University of North Carolina Press, Chapel Hill, London , pp. -.

. M. Morford, Tacitean prudentia and Lipsius, in T. Luce, A. Woodman (eds.), Tacitus and the Tacitean Tradition, Princeton University Press, Princeton , pp. -.

. L’unico articolo dedicato ai Monita et exempla politica è quello di F. de Nave, Justus Lipsius, schrijver “in politicis”. De “Iusti Lipsii Monita et exempla politica. Libri duo qui virtutes et vitia principum spectant” (), in “Tijdschrift van de Vrije Universiteit Brussel”, XII, -, pp. -; tuttavia esso risale al e si limita ad una parafrasi del contenuto dell’opera.

. Per la vita e le opere di Lipsio, cfr. G. Oestreich e Waszink, Politica, cit., G. Tournoy, J. De Landtsheer, J. Papy (eds.), Justus Lipsius, Europae lumen et columen, Proceedings of the International Colloquium Leuven-Antwerp, - September , Leuven University Press, Leuven ; M. Laureys et al. (eds.), The World of Justus Lipsius: A Contribution To-wards his Intellectual Biography, Institut historique belge de Rome, Brussel ; Mouchel, Juste Lipse (-) en son temps, cit. e M. Morford, Stoics and Neostoics. Rubens and the Circle of Lipsius, Princeton University Press, Princeton .

. Cfr. Oestreich, Antiker Geist und moderner Staat, cit., pp. -.. Su Lipsio e il tacitismo, cfr. Waszink, Politica, cit., pp. -, -; I. Botti, Tra

neostoicismo e tacitismo: il pensiero politico di Giusto Lipsio, Università del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze politiche, Milano ; Tuck, Philosophy and government, cit. (su Lipsio cfr. specialmente pp. -); Luce, Woodman (eds.), Tacitus and the Tacitean Tradition, cit.; su Lipsio cfr. specialmente, ivi, il contributo di Morford, Tacitean Prudentia and the Doctrines of Justus Lipsius, pp. -; K. C. Schellhase, Tacitus in Renaissance Political Thought, University of Chicago Press, Chicago ; E.-L. Etter, Tacitus in der Geistesgeschichte des . und . Jahrhunderts , Helbing und Lichtenhahn, Basel ; A. Momigliano, The First Political Commentary on Tacitus, in Id., Contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, vol. I, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma , pp. - e G. Toffanin, Machiavelli e il “Tacitismo”, A. Draghi, Padova .

. Cfr. D. Halsted in Distance, Dissolution and Neo-Stoic Ideals: History and Self-De-finition in Lipsius, in “Humanistica Lovaniensia”, XL, , pp. - ; J. Papy, Virtue and Doctrine: the Humanist Programme of Justus Lipsius, in S. Ur (ed.), Kungliga Humanistiska Vetenskaps-Samfundet i Uppsala. Årsbok, (“Annales Societatis Litterarum Humanio-rum Regiae Upsaliensis”), Swedish Science Press, Uppsala , pp. -.

. Su Lipsio e il neostoicismo, cfr. le opere sopra menzionate di G. Oestreich e J.

L’INSEGNAMENTO POLITICO IN GIUSTO LIPSIO

Papy, Lipsius’ (Neo-)Stoicism: Constancy between Christian Faith and Stoic Virtue, in H. W. Blom e L. C. Winkel (eds.), Hugo Grotius and the Stoa, Van Gorcum, Assen (“Gro-tiana”, n.s. XXII-XXIII, -), pp. -; J. Lagrée, La vertu stoïcienne de constance, in P.-F. Moreau (éd.), Le stoïcisme au XVIe et au XVIIe siècle, A. Michel, Paris , pp. -; Id., Juste Lipse et la restauration du stoïcisme: étude et traduction des traités stoïciens De la Constance, Manuel de philosophie stoïcienne, Physique des stoïciens (extraits), Vrin, Paris ; Tuck, Philosophy and government, cit., pp. -; Senellart, Le stoïcisme dans la constitution de la pensée politique, cit.; J. L. Saunders, Justus Lipsius: The Philosophy of Renaissance Stoicism, The Liberal Arts Press, New York ; L. Zanta, La Renaissance du stoïcisme au XVIe siècle, Champion, Paris .

. Cfr. G. Voogt, Primacy of Individual Conscience or Primacy of the State? The Clash between Dirck Volckertsz. Coornhert and Justus Lipsius, in “Sixteenth Century Journal”, XXVIII, , , pp. -; J. De Landtsheer, Le retour de Juste Lipse de Leyden à Louvain selon sa correspondance, in Mouchel, Juste Lipse et son temps, cit., pp. -; F. de Nave, De polemiek tussen Justus Lipius en Dirck Volckertsz. Coornhert (): Hoofdoorzaak van Lipsius’ vertrek uit Leiden (), in “De Gulden Passer”, XLVIII, , pp. -.

. Le fonti non vengono indicate in modo conseguente né preciso. Di solito si indica l’autore, ma non il brano specifico.

. Il Nuovo Mondo viene spesso utilizzato come esempio negativo nei Monita. Su Lipsio e il Nuovo Mondo, cfr. J. Papy, Lipsius’ Prophecy on the New World and the De-velopment of an “American” Identity at the University of Lima, in E. González González, L. Pérez Puente (eds.), Colegios y Universidades II: Del antiguo régimen al liberalismo, Universidad Nacional Autónoma de México, México , pp. -. Sull’uso di esempi storici come pratica umanistica cfr. T. Hampton, Writing from History: the Rhetoric of Exemplarity in Renaissance Literature, Cornell University Press, Ithaca-Londra . Sull’uso di esempi da parte di Lipsio cfr. Halsted, Distance, Dissolution and Neo-Stoic Ideals, cit., pp. -.

. Un’analisi del modello proposto da Lipsio al principe è stata presentata alla XIII conferenza della “International Association for Neo-Latin Studies” (Budapest - agosto ) da Toon van Houdt nella sua dissertazione Politics and Passion in the Spanish Low Countries: Lipsius’ Model of Princely Conduct.

. Sulla genesi dell’opera fornisco un quadro più dettagliato in M. Janssens, De “Mo-nita et exempla politica” () en Lipsius’ humanistische programma, in J. De Landtsheer, P. Delsaerdt (eds.), “Iam illustravit omnia”. Justus Lipsius als lievelingsauteur van het Plantijnse Huis (“De Gulden Passer”, LXXXIV), s. e., Anversa , pp. -.

. L’opera viene menzionata per la prima volta in ILE . Quando qui ci rife-riamo alla corrispondenza di Lipsio, utilizziamo l’abbreviazione ILE (Iusti Lipsi Epistolae), seguita dalla numerazione (anno, mese e giorno di scrittura) proposta da A. Gerlo, H. D. L. Vervliet, Inventaire de la correspondance de Juste Lipse -, Ed. Scientifiques Era-sme, Anversa . Nella collana delle Iusti Lipsi Epistolae sono stati pubblicati i seguenti contributi: A. Gerlo, M. A. Nauwelaerts, H. D. L. Vervliet, Iusti Lipsi Epistolae. Pars I: -, Koninklijke Academie voor Wetenschappen, Letteren en Schone Kunsten van België, Bruxelles ; M. A Nauwelaerts, S. Sué, Iusti Lipsi Epistolae. Pars II: -, Bruxelles ; S. Sué, H. Peeters, Iusti Lipsi Epistolae. Pars III: -, Bruxelles ; J. De Landtsheer, J. Kluyskens, Iusti Lipsi Epistolae. Pars V: , Bruxelles ; J. De Landtsheer, Iusti Lipsi Epistolae. Pars VI: , Bruxelles ; J. De Landtsheer, Iusti Lipsi Epistolae. Pars VII: , Bruxelles ; Id., Iusti Lipsi Epistolae. Pars VIII: , Bruxelles ; J. Papy, Iusti Lipsi Epistolae. Pars XIII: , Bruxelles . Cfr. T. Deneire, The Correspondence of Justus Lipsius (-): . Critical edition with introduction, an-notation and stylistic study, a ILE XI ().

. Cfr. G. Tournoy, H. Deceulaer, Justus Lipsius and his unfinished Monita et Exempla Politica: the Royal Privilege of , in De Landtsheer, Delsaerdt (eds.), “Iam illustravit omnia”, cit.

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. Lipsio, Admiranda, sive De Magnitudine Romana libri quattuor, J. Moretus, Anversa . Sull’Admiranda cfr. infra e anche K. A. E. Enenkel, Ein Plädoyer für den Imperiali-smus: Justus Lipsius kulturhistorische Monographie “Admiranda sive de magnitudo Romana” (), in “Daphnis”, XXXIII, , pp. -; M. Laureys, J. Papy, “The Grandeur that was Rome”: Lipsius’ variaties op een oud thema, in R. Dusoir, J. De Landtsheer, D. Imhof (eds.), Justus Lipsius (-) en het Plantijnse Huis, Museo Plantin-Moretus, Antwerpen , pp. -; M. Laureys, “The Grandeur that was Rome”: Scholarly Analysis and Pious Awe in Lipsius’ “Admiranda”, in K. A. E. Enenkel et al. (eds.), Recreating Ancient History: Episodes from the Greek and Roman Past in the Arts and Literature of the Early Modern Period, Brill, Leiden , pp. -.

. Cfr. M. Laureys, “The Grandeur that was Rome”, cit., p. , n. , che si riferisce a ILE e T. Deneire, Justus Lipsius’s Admiranda () and the “Officina Plantiniana”: mixing “otium” with “negotium”, in De Landtsheer, Delsaerdt (eds.), “Iam illustravit omnia”, cit., che si riferisce a ILE e a ILE .

. ILE (Ramírez, epist. , pp. -): «Admiranda iamdiu ad te misi [...]. Nunc parabam me dare ad Monita et exempla politica, si Deus tamen aevum et otium dabit».

. Lipsio stava preparando un’edizione di Seneca con note e con due manuali di introduzione alla filosofia stoica. Su quest’edizione cfr. J. Papy, Erasmus’s and Lipsius’s Editions of Seneca: A ‘Complementary’ Project?, in “Erasmus of Rotterdam Society Year-book”, XXII, , pp. -.

. Cfr. Museum Plantin Moretus, Arch. , f. e F. Vander Haeghen, M. T. Lenger, J. De Reuck, Bibliotheca Belgica: bibliographie générale des Pays-Bas, vol. ., Culture et Civilisation, Bruxelles -, p. .

. «Quae [exempla] viri et iuvenes flagitant (ita loquendum est: nec enim petunt tantum) subiungi Politicorum tuis libris. Sunt ibi Sententiae et velut Decreta, utilia ac salutaria: quis abnuat? Sed ut valida atque efficacia sint, nonne vides usum, id est Exempla deesse? Haec adde, et pulcherrime coeptum opus absolve: nec muros tantum et tectum, sed instrumenta atque ornamenta adiunge»; Monita, I, , p. .

. Monita, I, , p. , citazione di Seneca, Ep., XXIX, . Su questa citazione cfr. il com-mento di T. van Houdt, Justus Lipsius and the Archdukes Albert and Isabella, in Laureys et al. (eds.), The World of Justus Lipsius, cit., pp. -: , n. .

. Su questo Kulturpessimismus e Zeitkritik, che Lipsio condivise con molti suoi contemporanei, cfr. Van Houdt, Justus Lipsius and the Archdukes Albert and Isabella, cit., pp. -: -, e la bibliografia ivi presentata; K. A. E. Enenkel, Kulturoptimismus und Kulturpessimismus in der Renaissance: Studie zu Jacobus Canters Dyalogus de solitudine mit kritischer Textausgabe und deutscher Ubersetzung, Lang, Berna .

. Cfr. ILE L.. Cf. J. Papy, An Unpublished Dialogue by Justus Lipsius on Military Prudence and

the Causes of War: the “Monita et exempla politica de re militari” (), in “Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance”, LXV, , pp. -.

. «Quod nunc tibi damus, Politica esse vides. In quibus hoc nobis consilium, ut quemadmodum in Constantia cives formavimus ad patiendum et parendum; ita hic eos qui imperant, ad regendum»; Politica, prelim., IV (De consilio et forma nostri operis), p. , ed. Waszink.

. Lipsio esplicitamente definisce il suo volume, nelle note aggiunte alla Politica, un libro di loci communes, I, p. , ed. Waszink. Per di più, nelle osservazioni introduttive sulla forma del libro (De consilio et forma nostri operis) l’opera viene descritta come un centone, una poesia composta da citazioni. La compilazione di un libro di luoghi comuni venne raccomandata da Lipsio in varie occasioni e alcune delle sue collezioni di aforismi sono state conservate nella biblioteca universitaria di Leida. Sul libro di luoghi comuni cfr. A. Moss, Printed Commonplace-books and the Structuring of Renaissance Thought, Clarendon, Oxford ; F. Goyet, Le sublime du lieu commun: l’invention rhétorique

L’INSEGNAMENTO POLITICO IN GIUSTO LIPSIO

dans l’Antiquité et à la Renaissance, Champion, Paris ; J. Lafond, Le centon et son usage dans la littérature morale et politique, in J. Lafond, A. Stegmannn (éds.), L’Automne de la Renaissance -, Vrin, Paris , pp. -. Sulla Politica come libro di luoghi comuni, cfr. Waszink, Politica, cit., pp. -; Id., Instances of Classical Citations in the Politica of Justus Lipsius: their Use and Purposes, in “Humanistica Lovaniensia”, XLVI, , pp. -; A. Moss, The “Politica” of Justus Lipsius and the Commonplace-Book, in “Journal of the History of Ideas”, LIX, , , pp. -; Ead., Vision fragmentée et unitaire: les “Politiques” et les recueils de lieux communs, in Mouchel, Juste Lipse en son temps, cit., pp. -.

. Moss, The “Politica”, cit., pp. -.. Politica, prelim., V (De consilio et form), p. , ed. Waszink e prelim., IV (Monita

quaedam, sive cautiones), p. , ed. Waszink.. Cfr. Voogt, Primacy of Individual Conscience, cit., pp. -; de Nave, De polemiek

tussen Justus Lipius, cit., pp. -; G. Güldner, Das Toleranz-Problem in den Niederlanden im Ausgang des . Jahrhunderts, Matthiesen, Lübeck .

. Notae, I, (De Religione) e (De Fato); II, (De Modestia) e (De variis virtutibus decoris principi).

. Waszink, Politica, cit., pp. - (“Il contenuto politico della corrispondenza fino al ”), ed il suo articolo Virtuous Deception. The “Politica” and the wars in the Low Countries and France, -, in Tournoy, De Landtsheer, Papy (eds.), Iustus Lipsius: Europae lumen et columen, cit., pp. -; A. Coron, Juste Lipse, juge des pouvoirs politiques européens à la lumière de sa correspondance, in Théorie et pratique politiques à la Renaissance, XVIIe Colloque international de Tours, Vrin, Paris , pp. -.

. Cfr. J. Papy, Justus Lipsius über Frieden und Krieg: Humanismus und Neostoizismus zwischen Gelehrtheit und Engagement, in N. Brieskorn, M. Riedenauer (Hrsg.), Suche nach Frieden: Politische Ethik in der Frühen Neuzeit, Bd. III, W. Kohlhammer, Stuttgart , pp. -.

. Cfr. Waszink, Politica, cit., p. e J. Lagrée, Le sage, le prince et la foule, in G. M. Cazzaniga, Y. C. Zarka (a cura di), L’individuo nel pensiero moderno, secoli XVI-XVIII, Edizioni ETS, Pisa , pp. -: -.

. Sulla teoria della ragion di Stato, cfr. Waszink, Politica, cit., pp. -; Tuck, Philosophy and Government, cit., pp. -; M. Viroli, The Origin and the Meaning of the Reason of State, in I. Hampsher-Monk, K. Tilmans, F. Van Vree (eds.), History of Concepts. Comparative Perspectives, Amsterdam University Press, Amsterdam , pp. -; (apparso in italiano con il titolo Dalla politica alla ragion di Stato. La scienza del governo tra XIII e XVII secolo, Donzellli, Roma ). Id., From Politics to Reason of State: the Acquisition and Transformation of the Language of Politics -, Cambridge Uni-versity Press, Cambridge ; Bireley, The Counter-Reformation Prince, cit., pp. -; Q. Skinner, The Foundations of Modern Political Thought, vol. I, Cambridge University Press, Cambridge , pp. -.

. Cfr. J. De Landtsheer, From North to South: Some New Documents on Lipsius’ Journey from Leiden to Liège, in D. Sacré, G. Tournoy (eds.), Myricae. Essays on Neo-Latin Literature in Memory of Jozef IJsewijn, Leuven University Press, Leuven , pp. -; de Nave, De polemiek tussen Justus Lipius en Dirck Volckertsz, cit., pp. -; H. T. Oberman, Van Leiden naar Leuven: de overgang van Justus Lipsius naar eene Roomsche Universiteit, in “Nederlandsch Archief voor Kerkgeschiedenis”, n. s. V, , pp. -, -, -.

. G. Lipsio, De Militia Romana libri quinque, commentarius ad Polybium. E parte prima historicae fax, Antwerpen -. Quest’opera faceva parte di una serie di commenti su tutti gli storici antichi che Lipsio progettò di scrivere e di pubblicare come Fax historica. Sul De Militia Romana cfr. A. Momigliano, Polybius’ Reappearance in Western Europe, in F. W. Walbank et al. (eds.), Polybe: neuf exposés suivis de discussions, Fondation Hardt, Genève , pp. -; Id., Polybius between the English and the Turks, Holywell Press,

MARIJKE JANSSENS

Oxford ; J. De Landtsheer, Justus Lipsius’ “De militia romana”: Polybius Revived or How an Ancient Historian was Turned into a Manual of Early Modern Warfare, in Enenkel et al. (eds.), Recreating Ancient History, cit., pp. -.

. W. Hahlweg, Die Heeresreform der Oranier. Das Kriegsbuch des Grafen Johann von Nassau-Siegen, Selbstverlag der Historischen Kommission, Wiesbaden ; Id., Die Heeresreform der Oranier und die Antike, Junker und Dunnhaupt, Berlin ; G. Oestreich, Justus Lipsius als Theoretiker des neuzeitlichen Machtstaates, in Id., Geist und Gestalt des frühmodernen Staates: ausgewählte Aufsätze, Duncker und Humblot, Berlin , pp. -.

. Enenkel, Ein Plädoyer für den Imperialismus, cit., pp. -; Laureys, Papy, “The Grandeur that was Rome”, cit., pp. -; Laureys, “The Grandeur that was Rome”: Scholarly Analysis, cit., pp. -.

. G. Lipsio, Dissertatiuncula apud principes: item C. Plini Panegyricus liber Traiano dictus, cum eiusdem Lipsi perpetuo commentario, Anversa . Per una discussione della dissertazione cfr. van Houdt, Justus Lipsius and the Archdukes Albert and Isabella, cit., pp. -; G. Tournoy et al. (eds.), Lipsius en Leuven. Catalogus van de tentoonstelling in de Centrale Bibliotheek te Leuven, september- oktober , Leuven University Press, Leuven , pp. -; L. Van den Broeck, Het beeld van de vorst in de Zuidelijke Nederlanden bij de Blijde Intrede van Albrecht en Isabella in Leuven en Antwerpen, dis-sertazione inedita, Katholieke Universiteit Leuven, Faculteit letteren en wijsbegeerte, Departement geschiedenis, . Sul commento cfr. J. Jehasse, Juste Lipse et le “Panégy-rique de Trajan”: un bilan de la pensée politique lipsienne, in Mouchel, Juste Lipse en son temps, cit., pp. -.

. Cfr. Tuck, Philosophy and Goverment, cit., pp. -; Waszink, Politica, cit., pp. -; R. W. Truman, Spanish Treatises on Government, Society, and Religion in the Time of Philipp II: The “De regimine principum” and Associated Traditions, Brill, Leiden , pp. -; Skinner, Foundations, I, cit., pp. -, -; H. O. Mühleisen, T. Stammen, Politische Tugendlehre und Regierungskunst: Studien zum Fürstenspiegel der frühen Neuzeit, Niemeyer, Tübingen ; B. Singer, Die Fürstenspiegel in Deutschland im Zeitalter des Humanismus und der Reformation, Fink, München , pp. -.

. Cfr. T. van Houdt, The Spectacle of Power. Lipsius’ Model of Princely (and Hu-manist) Conduct in His “Monita et exempla politica” (), in M. Berggren, C. Henriksén (eds.), Miraculum Eruditionis. Neo-Latin Studies in Honour of Hans Helander, Uppsala Universitet, Uppsala . Per la presentazione delle stesse virtù nelle allegorie politiche di Rubens, cfr. Morford, Stoics and Neostoics, cit., pp. -.

. Altre fonti contemporanee, invece, mettono l’accento su questa virtù come carat-teristica dell’arciduca Alberto, come nella Laudatio funebris pronunciata da Laurentius Beyerlinck in occasione della morte di Alberto. Cfr. T. Van Houdt, J. Papy, Eulogizing Rulers and the Rules of Eulogy. Neo-Latin Funeral Literature in Honour of the Archduke Albert (-), in “Eranos”, XCV, , p. .

. «De prima [beneficentia] alibi dicendum commodius», Monita, II, , p. .. Cfr. N. Machiavelli, Il Principe, Bibliotheca Italiana, Roma .. Parimenti, in Politica, II, , , Lipsio spezza una lancia a favore della generosità

moderata e in altri brani, per esempio in Politica (IV, , ) e in Admiranda (IV, -), con-danna duramente lo spreco. Sul concetto lipsiano dello splendore, cfr. Van Houdt, The Spectacle of Power, cit.

. Monita, II, , p. , citazione di Svetonio, Caligula, XXIX. Cfr. F. De Nave, Pei-lingen naar de oorspronkelijkheid van Justus Lipsius’ politiek denken, in “Tijdschrift voor Rechtsgeschiedenis”, XXXVIII, , pp. -, con riferimento a Summa Theologica, II-II, q. , a. , m, Opera Omnia, vol. VII, Roma, , p. . Tuttavia vale la pena osservare che, nonostante l’apparente esplicito rifiuto del concetto della sovranità assoluta di Bodin, Lipsio chiaramente esprime nei Monita l’opinione che il principe potrebbe e dovrebbe (con cautela) modificare la legge se necessario; cfr. Monita, II, , p. : «Iustinianus ipse olim

L’INSEGNAMENTO POLITICO IN GIUSTO LIPSIO

[ius] reformavit, et novavit; ante eum Theodosius [...]. Quid? Principibus hodie potentibus et magnis, non idem ius sit? habent, sumant». Ciò non significa, però, che secondo Lipsio il principe possa fare leggi a suo arbitrio e che questa competenza sia assoluta; cfr. Monita, II, , cit. Su quest’argomento cfr. anche G. Burgess, The Divine Right of Kings Reconsidered, in “The English Historical Review”, CVII, , pp. -; Skinner, Foundations, II, cit., -; Jehasse, Juste Lipse, cit., p. ; Waszink, Politica, cit., p. .

. «Leges et iura Deus in manu eius, cum sceptro posuit. Hoc ostendit et praefert, illas aliis demandet? Non debet»; Monita, II, , p. ; «Imo Deus plerumque inspirat»; Monita, II, , p. . Cfr. De Nave, Peilingen naar de oorspronkelijkheid van Justus Lipsius’ politiek denken, cit., p. .

. «Ubicumque vera virtus non est, vitium subsequetur, et ex eo inquies in animo aut timor»; ivi, I, , p. .

. «Mali doctores in Politicis qui hanc [conscientiam] seponunt aut calcant. Qui externam virtutum speciem nobis ingerunt, ipsas admitti negant»; ivi, I, , p. . Proba-bilmente Lipsio si riferisce a Machiavelli.

. «Iusto probusque esto et ex profunda mente pullulabunt honesta et utilia consilia. Ne enim ista separemus: non, inquam, Honestum ab Utili. Et errat ab Italia doctor qui ducit alio»; ivi, I, , p. .

. Ivi, Dedicatio, f. v. . Sul fascino della costituzione di Venezia sugli autori rinascimentali, cfr. Skinner,

Foundations, I, cit., pp. -.. Cfr. W. H. Greenleaf, The Thomasian Tradition and the Theory of Absolute Mo-

narchy, in “The English Historical Review”, LXXIX, , pp. -. Sulla dipendenza di Lipsio dalla tradizione di Tommaso d’Aquino, cfr. De Nave, Peilingen naar de oorspron-kelijkheid van Justus Lipsius’ politiek denken, cit., pp. -.

. Per una panoramica di questo dibattito e per l’opinione di Lipsio su quest’ar-gomento espressa in altre fonti, cfr. J. Papy, Politiek en vrijheid onder het humanitische mes: Erasmus en Lipsius over tirannenmoord, in T. Verschaffel (ed.), Koningsmoorden, Universitaire Pers, Leuven , pp. -.

. Monita, I, , pp. -.. Ivi, II, , p. .. Ivi, I, , p. .. Ivi, II, , p. . Si paragoni con Erasmo, Moriae Encomium, righe - (p.

, ed. Miller). Devo questa referenza al mio collega Erik De Bom. Per la metafora del palcoscenico e la sua storia, cfr. L. G. Christian, Theatrum mundi: the history of an idea, Garland, New York .

. Ivi, II, , p. . Per l’immagine popolare della ruota della fortuna, cfr. J. W. H. Konst, Fortuna, Fatum en Providentia Dei in de Nederlandse tragedie -, Verloren, Hilversum , p. ; A. Doren, Fortuna im Mittelalter und in der Renaissance, in F. Saxl (Hrsg.), Vorträge der Bibliothek Warburg. Vorträge -, I, s. e., Leipzig , pp. -: - e passim; H. R. Patch, The Goddess Fortuna in Medieval Literature, Octagon Books, New York , pp. -; Skinnner, Foundations, I, cit., p. .

. Ivi, I, , p. .. «Callidi isti et impostores, quantumvis subtilibus consiliis, raro aut numquam ad

potentiam perveniunt aut si, in ea non sunt firmi. At aliter in candidis ingenuisque men-tibus qui Deum, qui fidem reverentur: hi crescunt, florent et perseverant caelesti favore prosequente et attollente. Q. Marcius hoc bene, apud Livium: Favere pietati fideique deos, [...]. Semper mala fides poenas statim aut postea in violatoribus aut sanguine eorum luit»; ivi, II, , p. .

. «Deus sic disponit (ipsemet dicit) ubi visum ei punire regna aut immutare»; ivi, II, , p. .

. Su quest’argomento cfr. Waszink, Politica, cit., pp. -.. ILE, A, Admiranda, Dedicatio, ff. *-* (ff. non numerati).

MARIJKE JANSSENS

. Cfr. Jehasse, Juste Lipse, cit., p. , in riferimento a Panegyricus, note , , .. Cfr. L. Duerloo, Archducal Piety and Habsburg Power, in W. Thomas, L. Duerloo

(eds.), Albert & Isabella -, Essays, Brepols, Turnhout , pp. -.. Per i tentativi intrapresi da Alberto ed Isabella di sacralizzare il loro potere, cfr.

L. Duerloo, “Pietas Albertina”. Dynastieke vroomheid en heropbouw van het vorstelijke gezag, in “Bijdragen en Mededelingen betreffende de Geschiedenis der Nederlanden”, CXII, , , pp. -.

. Cfr. Duerloo, Archducal Piety and Habsburg Power, cit., p. ; A. Coreth, Pietas austriaca. Ursprung und Entwicklung barocker Frömmigkeid in Österreich, Verslag für Geschichte und Politik, Wien , pp. -; M. Tanner, The last descendant of Aeneas: the Habsburgs and the mythic image of the emperor, Yale University, New Haven (Conn.) , pp. -.

. Botero, Della ragion di Stato, II, -. Cfr. Bireley, The Counter-Reformation Prince, cit., p. .

. G. Lipsio, Diva virgo Hallensis: beneficia eius et miracula fide atque ordine descripta, Antwerpen , e Diva Sichemiensis sive Aspricollis: nova eius beneficia & admiranda, Anversa .

. Gli studi dimostrano che Lipsio, con i Monita, ha creato una tradizione panegirica di Alberto, registrata tra l’altro nella biografia agiografica redatta da Auberto Miraeo. Cfr. Coreth, Pietas austriaca, cit., pp. -; Van Houdt, Papy, Eulogizing Rulers and the Rules of Eulogy, cit., pp. - e J. Papy, T. Van Houdt, The Image of Archduke Albert in Seventeenh-Century Funeral Literature, in Thomas, Duerloo (eds.), Albert & Isabella, cit., pp. -.

. Lipsio, Admiranda, sive De Magnitudine Romana libri quattuor, IV, , pp. -.

. G. Lipsio, Lovanium, sive Opidi et academiae eius descriptio: libri tres, Anversa , III, -, pp. -.

. Cfr. Hampton, Writing from History, cit., p. .. ILE, M.. Cfr. Politica, Prelim., V, p. , ed. Waszink.. Waszink, Politica, cit., pp. -; Moss, The “Politica” of Justus Lipsius, cit. e

Jehasse, Juste Lipse, cit.. Moss, The “Politica” of Justus Lipsius, cit., p. .. Come hanno indicato Morford, Stoics and Neostoics, cit., p. e Van Houdt in

Tournoy et al. (eds.), Lipsius en Leuven, cit., pp. - e in Justus Lipsius and the Archdukes Albert and Isabella, cit., pp. -.

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