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La censura negli archivi del Sant’Ufficio e dell’Indice* di Alejandro Cifres e Daniel Ponziani L’Inquisizione romana: i luoghi e la storia La congregazione della Santa Romana e Universale Inquisizione ebbe origine come tribunale il luglio , con la bolla Licet ab initio di papa Paolo III Farnese. Fu istituita una Commissione di sei cardinali Inquisitori Generali, investiti della massima autorità, con giurisdizione su tutta la Chiesa e con il compito precipuo di vigilare sulle questioni di fede, per difenderla dalle eresie e, nel caso specifico, di impedire la diffusione dello scisma luterano . La fondazione del nuovo dicastero portò alla centraliz- zazione delle attività svolte da secoli dai vescovi e, almeno dal XII secolo, dagli inquisitori locali nelle diverse diocesi dell’orbe cattolico. Fin dall’inizio del suo pontificato, Paolo IV Carafa, già membro auto- revole della prima commissione di cardinali Inquisitori Generali, aumentò le competenze e la sfera d’influenza della congregazione, rendendola legislativa anche in diverse materie morali. In seguito, Sisto V Peretti, con la bolla Immensa aeterni Dei ( gennaio ), nel riorganizzare in- teramente la curia romana, stabilì le congregazioni in numero di quindici e situò prima fra tutte quella della Santa Inquisizione. Con questo atto, le competenze del dicastero si estesero e si precisarono ulteriormente: oltre ai delitti direttamente lesivi della fede (eresia manifesta, scisma, apostasia), furono inserite nell’elenco altre forme di reati, riguardanti comportamenti che avevano serie ripercussioni sociali ed ecclesiali: magia, sortilegi, divinazioni, sacrilegi, abusi sacramentali. Di conseguenza, nel corso del secolo XVII l’Inquisizione romana finì con l’occuparsi di quasi tutti gli aspetti della vita sociale e religiosa, dai reati contro la fede ai crimini contro la morale e i costumi, che implicavano sospetto di animus haereticus o rischiavano di minare seriamente l’ordine costituito. Tali crimini erano, fra gli altri, la bestemmia, la simonia, la biga- mia e la poligamia, lo stupro e la sodomia, la stregoneria e la superstizione, la sollecitazione in confessione (sollicitatio ad turpia), la violazione del sigillo sacramentale, l’usura e il prestito a interesse del denaro. Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /

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La censura negli archivi del Sant’Ufficio e dell’Indice*di Alejandro Cifres e Daniel Ponziani

L’Inquisizione romana: i luoghi e la storia

La congregazione della Santa Romana e Universale Inquisizione ebbe origine come tribunale il luglio , con la bolla Licet ab initio di papa Paolo III Farnese. Fu istituita una Commissione di sei cardinali Inquisitori Generali, investiti della massima autorità, con giurisdizione su tutta la Chiesa e con il compito precipuo di vigilare sulle questioni di fede, per difenderla dalle eresie e, nel caso specifico, di impedire la diffusione dello scisma luterano. La fondazione del nuovo dicastero portò alla centraliz-zazione delle attività svolte da secoli dai vescovi e, almeno dal XII secolo, dagli inquisitori locali nelle diverse diocesi dell’orbe cattolico.

Fin dall’inizio del suo pontificato, Paolo IV Carafa, già membro auto-revole della prima commissione di cardinali Inquisitori Generali, aumentò le competenze e la sfera d’influenza della congregazione, rendendola legislativa anche in diverse materie morali. In seguito, Sisto V Peretti, con la bolla Immensa aeterni Dei ( gennaio ), nel riorganizzare in-teramente la curia romana, stabilì le congregazioni in numero di quindici e situò prima fra tutte quella della Santa Inquisizione. Con questo atto, le competenze del dicastero si estesero e si precisarono ulteriormente: oltre ai delitti direttamente lesivi della fede (eresia manifesta, scisma, apostasia), furono inserite nell’elenco altre forme di reati, riguardanti comportamenti che avevano serie ripercussioni sociali ed ecclesiali: magia, sortilegi, divinazioni, sacrilegi, abusi sacramentali.

Di conseguenza, nel corso del secolo XVII l’Inquisizione romana finì con l’occuparsi di quasi tutti gli aspetti della vita sociale e religiosa, dai reati contro la fede ai crimini contro la morale e i costumi, che implicavano sospetto di animus haereticus o rischiavano di minare seriamente l’ordine costituito. Tali crimini erano, fra gli altri, la bestemmia, la simonia, la biga-mia e la poligamia, lo stupro e la sodomia, la stregoneria e la superstizione, la sollecitazione in confessione (sollicitatio ad turpia), la violazione del sigillo sacramentale, l’usura e il prestito a interesse del denaro.Dimensioni e problemi della ricerca storica, n. /

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Tra le prerogative dell’Inquisizione romana rientrava a pieno titolo anche la censura dei libri e il controllo sulla stampa − esclusa la censura previa, per quanto riguarda, almeno, il tribunale centrale − oltre che i permessi di lettura di libri proibiti, ambito di competenza condiviso con la congregazione per la riforma dell’Indice dei libri proibiti o semplicemente Sacra congregazione dell’Indice, istituita da Pio V Ghislieri nel .

Nel corso del Seicento, l’Inquisizione romana intervenne autorevol-mente nelle grandi dispute teologiche e dottrinali, come quella sull’Imma-colata concezione della Beata Vergine Maria, sulla materia de gratia, sul giansenismo, sull’infallibilità papale. Grande rilevanza assunsero anche le materie relazionate al quietismo, al falso misticismo, all’affettata santità, al culto di persone non canonizzate, ai fenomeni mistici straordinari, alle apparizioni, che generarono un clima di sospetto diffuso, con la conse-guente censura di un gran numero di opere mistiche e agiografiche. A quelle già esposte, si aggiunsero poi le competenze dell’Inquisizione in materia di dubbi sacramentali e, in particolare, nelle materie matrimo-niali, soprattutto la facoltà di concedere dispense per i matrimoni misti e l’amministrazione del cosiddetto “privilegio petrino”.

In seguito, l’Inquisizione romana assunse anche altre responsabilità, come la sovrintendenza sull’applicazione delle leggi sugli ebrei, con le conseguenze che esse comportavano: la regolamentazione della vita quotidiana nelle diverse comunità, la costruzione o l’ampliamento delle sinagoghe, la mercatura, i contratti, la disciplina matrimoniale e persino la censura di opere ebraiche, in particolare del Talmud, libro considerato eretico fin dal Medioevo e condannato al rogo per decreto del Sant’Ufficio del agosto .

La struttura della congregazione prevedeva, oltre alle assise dei cardi-nali Inquisitori Generali presiedute dal Sommo pontefice e dal cardinale Segretario, primus inter pares, l’assistenza di un variegato personale sot-toposto: l’Assessore, a capo dell’apparato burocratico; il Commissario, incaricato di istruire i processi, con i suoi soci aiutanti; l’Avvocato fiscale, o pubblico ministero; l’Avvocato dei rei; il personale della cancelleria: Notaio, Sostituti, Sommista, Archivista. Inoltre, un ruolo da protagonista nello svolgimento ordinario del lavoro della congregazione fu svolto dalla Consulta teologica, formata da teologi e esperti nelle diverse materie, provenienti dalle università e dai collegi romani.

Le adunanze della congregazione si svolgevano dapprima nel palazzo apostolico o nel palazzo di uno dei cardinali Inquisitori. Con Paolo IV, le congregazioni generali si tenevano coram Sanctissimo. Alla morte di Paolo IV, l’originario palazzo dell’Inquisizione, che si trovava presso l’attuale via di Ripetta, fu saccheggiato e incendiato in un tumulto del popolo romano, esasperato verso papa Carafa e la sua casata. Gli atti del Sacro tribuna-

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le furono dati alle fiamme e i prigionieri delle carceri messi in libertà, «dopo la promessa di voler in avvenire vivere da cattolici». Negli anni successivi, il tribunale dell’Inquisizione non ebbe una sede stabile, finché il maggio Pio V acquistò dagli eredi del cardinale Roberto Pucci il palazzo omonimo. L’edificio, eretto nel , si trovava tra la chiesa del-l’antichissimo Campo santo teutonico, quella di San Salvatore in Terrione e la caserma dei Cavalleggeri pontifici, nella cosiddetta Contrada degli Armeni, occupata in precedenza da alcuni vetusti fabbricati che furono ceduti da Costantino Arianiti Comneno, capitano di ventura al servizio della corte papale, che aveva assunto il titolo di principe di Macedonia, Tessaglia e Acaia. Papa Ghislieri ampliò e adattò gli ambienti del palazzo per sistemarvi il tribunale e le carceri, nonché le abitazioni dell’Assessore, del Commissario e di altri funzionari. Al termine dei lavori, la nuova sede dell’Inquisizione romana fu inaugurata il settembre e da allora il palazzo ospitò sempre gli uffici della congregazione.

Gli atti solenni dell’Inquisizione romana, come sentenze e abiure, si tenevano solitamente nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, nei pressi del Pantheon. Tra le altre, vi si tennero le udienze conclusive dei processi a Galileo Galilei, con l’abiura della teoria copernicana ( giugno ), e al mistico spagnolo Miguel de Molinos, il quale il settembre abiurò la dottrina contenuta nella sua Guida spirituale, testo base del quietismo.

La consuetudine e le diverse disposizioni prese all’occorrenza dai cardinali o dai pontefici hanno creato il corpo normativo di volta in volta adottato dal Sacro tribunale dell’Inquisizione romana nello svolgimento delle inchieste, nell’istruzione dei processi e nell’emanazione delle sen-tenze. Ciononostante, la prassi del Sacro tribunale ha goduto nei secoli di un’eccezionale stabilità. Presso il tribunale vigeva la classica distinzione tra i tre momenti processuali: la fase istruttoria, il dibattimento e la sen-tenza. La prima fase si svolgeva sostanzialmente come negli altri tribunali ecclesiastici: un giudice – nel caso del tribunale centrale romano, il padre Commissario – che istruisce il processo, esaminando i testi a carico o a favore dell’imputato, costituendo il reo stesso, raccogliendo le prove. Un avvocato fiscale, o pubblico ministero, che presenta le accuse e difende la giustizia, un avvocato del reo, da lui scelto o assegnatogli d’ufficio.

L’originalità del procedimento si trova piuttosto nella fase dibatti-mentale. Una serie di istanze trattano i processi criminali allo stesso modo in cui trattano le questioni dottrinali, giurisdizionali o amministrative. Il Commissario sottopone alla Consulta teologica i risultati dell’istrut-toria, davanti a questi consultori il Fiscale presenta la sua requisitoria e l’Avvocato la propria difesa scritta. Il voto dei Consultori passerà dopo alla congregazione dei cardinali, presieduti dal papa, che darà il proprio

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giudizio ed emetterà la sentenza. La sostanziale identità di queste fasi del processo con la procedura di trattazione delle altre questioni studiate dal dicastero, mette così in risalto non solo l’unità di azione e di missione, ma in particolare l’intimo legame con la fede che ha ogni trasgressione morale su cui il dicastero è competente. Infatti, i fascicoli dottrinali e di esame di dottrine vengono spesso chiamati anche “processo”.

Gli ultimi sviluppi della vita del dicastero sono concentrati nel XX secolo. Con la Costituzione apostolica Sapienti consilio del giugno , Pio X Sarto stabiliva i compiti e gli ambiti di competenza della congregazione, denominata Sacra Congregatio Sancti Officii. Alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, Paolo VI Montini, con il motu proprio Integrae servandae del dicembre , ridefiniva le competenze e la struttura della congregazione, mutandone il nome in quello attuale di Congregazione per la Dottrina della Fede. Da ultimo, la Costituzione apostolica Pastor Bonus, promulgata il giugno da Giovanni Paolo II Wojtyła, definiva la nuova fisionomia della curia romana, seguendo le linee di rinnovamento fissate dal Concilio Vaticano II. Alla Congregazio-ne per la Dottrina della Fede, come supremo tribunale apostolico, era affidato il compito di «promuovere e di tutelare la dottrina sulla fede e i costumi in tutto l’orbe cattolico».

L’Archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede

Il marzo , con decreto dei cardinali Inquisitori Generali, fu isti-tuito nel palazzo del Sant’Ufficio un archivio, allo scopo di conservare e custodire i processi e le scritture. In particolare, il compito di erigere l’Archivio fu affidato al cardinale Girolamo Bernieri. Fino agli inizi del Seicento, nell’Archivio non si trovavano posizioni de re doctrinali, ma soltanto de re administrativa e criminali, cioè haereticali: Processus, Cen-surae librorum. Verso la seconda metà del XVII secolo cominciarono ad apparire, benché raramente, i primi Voti, stesi separatamente in iscritto da consultori o qualificatori. Dal XVIII secolo in poi i voti diventano nume-rosissimi. Nei primi due secoli di vita del tribunale, la sistemazione delle diverse materie nell’Archivio non sembra essere stata fatta secondo criteri organici. Piuttosto gli incartamenti dei diversi affari erano raccolti in filze e messi in armadi. L’uso di dettagliati indici alfabetici per materie, facenti riferimento ai diversi volumi negli armadi, permetteva di rintracciare i documenti. Questo sistema consentiva un uso della documentazione secondo un approccio che potremmo chiamare giurisprudenziale. Di fronte, cioè, a un determinato affare o problema, l’interesse del dicastero era di riassumere ciò che in passato si è fatto o detto a proposito di casi o

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questioni simili, nella costante preoccupazione di garantire uno sviluppo organico dell’insegnamento e della disciplina.

Delle attuali serie d’Archivio, benché conservino oggi documenta-zione risalente per lo più alla seconda metà del Cinquecento o ai primi anni del Seicento, non si ha traccia fino alla metà del Settecento, se si fa eccezione per la collezione dei Decreta Sancti Officii, che conserva docu-mentazione dal . Durante le visite canoniche del palazzo dell’Inqui-sizione, all’inizio del Settecento, i cardinali Inquisitori presero coscienza dell’importanza delle materie dottrinali accumulate nei centosessanta anni di vita del dicastero e della necessità di riordinarle. Fu quindi decisa l’assunzione per questo compito di un “archivista dottrinale”, che tra i vari requisiti avesse anche la conoscenza della lingua francese. Fu con ogni probabilità l’Assessore del Sant’Ufficio Raffaele Girolami a dare rilievo alla questione, come si evince da una dettagliata nota, presentata durante la visita canonica all’Archivio compiuta nel maggio . In quell’occasione emerse con evidenza la necessità di un riordinamento complessivo dell’archivio del tribunale centrale, che aveva assunto ormai le dimensioni di una grande concentrazione di documenti dottrinali e giurisdizionali. Al fine di rendere facile e sollecita la ricerca in archivio, fu approvato un rigoroso ordinamento per materie, con l’introduzione di nuove serie archivistiche, destinate a raccogliere i documenti riguardanti i casi trattati e risolti dalla congregazione, corredate di indici e dettagliati strumenti di ricerca (rubricelle).

Nel i cardinali visitatori disposero la riorganizzazione dell’archi-vio dottrinale, affidandone l’incarico all’abate Francesco Pastori, e negli anni Quaranta del Settecento fu avviata una prima fase di riordino, che portò alla realizzazione di un nuovo inventario e alla formazione delle serie dei Dubia circa i Sacramenti. Ma fu solo nella seconda metà del XVIII secolo che l’Archivio subì una trasformazione radicale, grazie al-l’opera del padre domenicano Giuseppe Maria Lugani, primo socio del Commissario del Sant’Ufficio, al quale nel dicembre fu attribuito il titolo di archivista dottrinale. Lo scopo di Lugani fu di semplificare e facilitare l’accesso alla documentazione, mediante un ordinamento per materie che rispecchiava le diverse competenze giurisprudenziali del Sacro tribunale, seguendo le indicazioni della visita all’Archivio del e ampliando l’opera avviata parzialmente dal suo predecessore Pastori. Per conseguire tale scopo, Lugani trasformò la struttura dell’Archivio, rilegando i fascicoli miscellanei, separati dai volumi dei processi, che costituivano le materie dottrinali e giurisdizionali, e munendoli di indici dettagliati.

L’ordinamento archivistico di Lugani fu mantenuto dal romano Domenico Cavazzi, nominato archivista del Sant’Ufficio l’ dicembre

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. Egli continuò a estrarre le questioni dottrinali dalle cause crimi-nali, costituendo la maggior parte delle serie attuali e facendole risalire, quanto alla documentazione in esse contenuta, agli inizi della vita della Congregazione. Cavazzi diede una sistemazione a tutto l’Archivio, attri-buendo ai volumi una numerazione progressiva, che arrivava fin quasi al numero ., tanto che le segnature che riportano questi numeri possono ancora vedersi sul dorso di molti volumi e la loro corrispondenza con i vecchi indici è ancora pressoché totale. Cavazzi – che mantenne l’incarico di archivista fino all’ottobre , quando fu nominato Capo Notaro in sostituzione di Giuseppe M. Ferruzzi – compose pure le rubricelle fino all’anno incluso, e moltissimi indici particolareggiati nei volumi stessi, con continui rimandi da una serie all’altra.

In seguito all’occupazione di Roma nel febbraio da parte delle truppe napoleoniche, la città fu unita all’Impero francese il maggio e il luglio si ebbero l’arresto e la deportazione di Pio VII Chiaramonti. Nel suo desiderio di creare a Parigi un archivio centrale della cultura europea, Napoleone I ordinò il trasporto nella capitale dell’Impero di tutti gli archivi vaticani ( luglio ). Nel , l’Archivio dell’Inquisizione romana, insieme agli altri archivi papali, fu portato a Parigi, subendo durante le varie fasi del viaggio e della nuova localizzazione, numerose perdite e furti.

In seguito alla sconfitta di Napoleone a Waterloo, il nuovo governo francese autorizzò il ritorno a Roma degli archivi. Tuttavia, la Sede aposto-lica, non potendo venire incontro alle notevoli spese di trasporto, dispose la distruzione o la vendita a Parigi delle parti di archivi non necessarie al governo dei dicasteri. Inoltre, la prassi archivistica dell’epoca prevedeva lo scarto dei documenti criminali, ritenuti privi di valore storico e, anzi, potenzialmente lesivi per i discendenti delle persone condannate. Così, il delegato pontificio, monsignor Marino Marini, recuperò per il San-t’Ufficio le cosiddette materie dottrinali e giurisdizionali, mandando a bruciare i volumi relativi alle serie criminali: la serie dei Processi e quella delle Sentenze, in tutto circa . volumi. Da quell’eliminazione fecero eccezione alcuni processi celebri, esplicitamente indicati dal dicastero, in primis quello di Galileo. In questo modo, a Parigi andò perduta più della metà del contenuto dell’Archivio.

Nel , al suo ritorno dalla capitale francese, l’Archivio fu collocato, insieme alla Biblioteca, nel palazzo di Sant’Apollinare, poiché il palazzo del Sant’Ufficio non presentava le condizioni necessarie di abitabilità. Nel biennio -, gli sconvolgimenti provocati dalla Repubblica ro-mana causarono la fuga di papa Pio IX Mastai Ferretti a Gaeta, da dove egli ordinò di mettere al sicuro i documenti dell’Inquisizione, oppure di bruciare quanti di essi risultassero pericolosi se caduti in mano ai repub-

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blicani. Nel settembre , dopo il ritorno di Pio IX a Roma, l’Archivio e la Biblioteca tornarono dall’Apollinare al palazzo del Sant’Ufficio. Per la terza volta, nel i reparti francesi che presidiavano Roma occuparono il palazzo del Sant’Ufficio e, in quell’occasione, nell’arco di quarantotto ore l’Archivio fu trasportato al palazzo apostolico. Nel , le sole carte della Cancelleria furono trasportate di nuovo al palazzo del Sant’Uffi-cio. Si trattava, probabilmente delle serie d’archivio che allora erano di uso corrente, mentre il materiale antico, consistente in vecchie serie ormai chiuse, rimase ancora per mezzo secolo nei soffittoni del palazzo apostolico.

Nell’anno ebbe inizio una nuova sistemazione dell’Archivio, per opera dei consultori del Sant’Ufficio Pellegrino Stagni, servita, e del redentorista olandese Willem Marinus van Rossum, futuro cardinale e prefetto di Propaganda Fide. Nell’autunno del si procedette fi-nalmente anche al recupero delle carte antiche rimaste presso il palazzo apostolico. Nella cosiddetta Stanza Quarta venne sistemato tutto il ma-teriale recuperato: è quella che oggi è universalmente nota agli studiosi di Inquisizione con il nome di Stanza Storica.

Sotto il pontificato di Benedetto XV Della Chiesa, il marzo fu decretata la fusione della Sacra congregazione dell’Indice col Sant’Ufficio, ma gli archivi e le biblioteche dei due dicasteri rimasero separati. Allo stesso tempo, la materia delle indulgenze fu affidata per competenza al tribunale della Penitenzieria apostolica e conseguentemente vi si trasferì la parte corrispondente dell’Archivio.

La congregazione dell’Indice (-)

Il primo Indice dei libri proibiti fu quello predisposto dalla Facoltà di Teologia della Sorbona di Parigi nel , cui seguirono quelli di Lovanio (), dell’Inquisizione portoghese (), di Venezia (), dell’Inquisi-zione spagnola (). A Roma il primo Indice pontificio comparve solo nel dicembre del , per entrare in vigore nel . A promulgare il decreto fu papa Paolo IV, ma il principale promotore e artefice dell’Indice fu il domenicano Michele Ghislieri, futuro Pio V. In seguito alla diffusione dei primi due Indici romani dei libri proibiti ( e ) e all’aumento delle attività legate alla censura, con motu proprio del novembre Pio V creò la Sacra congregazione per la riforma dell’Indice dei libri proibiti, che prese poi semplicemente il nome di Sacra Congregatio Indicis. Per la nomina dei sei cardinali della congregazione si attese il marzo , per la loro prima riunione il marzo, data da cui ebbe inizio anche la produzione dei documenti, con la formazione dei Diarii e dei Protocolli,

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le due serie principali dell’Archivio dell’Indice. Nel la Sacra congre-gazione dell’Indice fu confermata e potenziata dal nuovo papa Gregorio XIII Boncompagni, ulteriormente riformata da Sisto V Peretti, mentre la sua procedura fu poi determinata da Clemente VIII Aldobrandini.

A metà del Settecento, l’attività della congregazione dell’Indice e le procedure da seguire nell’esame e nell’eventuale condanna dei libri furono accuratamente disciplinate da Benedetto XIV Lambertini con la costitu-zione Sollicita ac provida del luglio , «qua methodus praescribitur in examine et proscriptione librorum servanda». Il novembre Clemente XIII Rezzonico, preso atto della crescente propagazione di libri influenzati dalla cultura illuministica, pubblicava l’enciclica Christianae reipublicae salus, indirizzata a tutti i vescovi «ut creditum sibi dominicum gregem a noxiorum librorum lectione averterent». Con la costituzione Officiorum ac munerum del febbraio furono emanati da Leone XIII Pecci i Decreta generalia de prohibitione et censura librorum. Questo testo fu ripubblicato, insieme alla costituzione Sollicita ac provida, in ogni edizione dell’Indice fino a quella del . Infine, dopo essere stata ulteriormente riformata da Pio X Sarto nel , la congregazione del-l’Indice fu definitivamente soppressa da Benedetto XV Della Chiesa nel , quando le sue attribuzioni e competenze passarono interamente al Sant’Ufficio.

Per quanto riguarda l’Archivio della congregazione dell’Indice, esso fu custodito fino al trasporto forzato a Parigi nei locali del convento do-menicano di Santa Maria sopra Minerva, dove aveva sede la segreteria. Nel , l’Archivio tornò da Parigi pressoché integro, come ebbero buona cura di verificare i funzionari del dicastero, controllando i bigliettini apposti sui volumi dai primi trasportatori: un totale di faldoni. Nel la congregazione ricevette il permesso di prendere in affitto, per l’Archivio, un ambiente del palazzo del Sant’Ufficio. Più tardi, ai primi del XX secolo l’Archivio fu trasferito al palazzo della Cancelleria, fino al versamento definitivo nell’Archivio del Sant’Ufficio nel , con occa-sione del trasferimento ad esso delle competenze dell’estinto dicastero. La consistenza del fondo è oggi di faldoni manoscritti, la maggior parte grossi volumi rilegati.

Di tale Archivio fa anche parte un fondo librario, che conserva i volumi oggetto dello studio, riguardo al loro esame e alla loro eventuale messa nel catalogo dei libri proibiti. Si tratta di un fondo composto prevalentemente di volumi dei secoli XIX e XX, con pochi scampoli dei secoli precedenti.

Come si è detto, l’Archivio della Sacra congregazione dell’Indice non ha subito lungo la storia perdite significative, eppure la sua modesta consistenza non deve sorprendere, se si considera lo stretto collegamento

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della congregazione con l’Inquisizione romana. Tale collegamento, in ef-fetti, faceva sì che l’esame di molte opere messe all’indice fosse condotto direttamente dal Sant’Ufficio, il quale emanava il decreto di proibizione o espurgazione, che la congregazione dell’Indice si limitava a eseguire senza compiere ulteriori studi.

L’Indice dei libri proibiti e le fonti sulla censura

Nella storia della Chiesa, l’Indice dei libri proibiti, ossia il catalogo dei libri di cui la Chiesa vietava tanto la lettura quanto il possesso, ebbe una vicenda parallela e in parte indipendente da quella delle due congregazioni del Sant’Ufficio e dell’Indice, massime autorità pontificie preposte alla censura. Un tale catalogo non fu nemmeno da loro ideato, ma «divenne necessario in generale in seguito all’invenzione della stampa: soltanto da quel momento, infatti, ci fu modo di diffondere delle idee pericolose in breve tempo e su larga scala». In un primo momento la Chiesa e le sue gerarchie non nutrirono particolari sospetti nei confronti della tecnica di stampa a caratteri mobili. Ma verso la fine del secolo, quando si intensificarono le controversie sulla stampa, al pari dei provvedimenti ecclesiastici in materia di regolamentazione e disciplina del settore, venne meno l’atteggiamento di prudenza e di «benevola attesa». Al riguardo, esemplare fu il caso dell’arcivescovo Berthold von Henneberg-Römhild, principe elettore del Sacro Romano Impero, dal al alla guida dell’arcidiocesi di Magonza, la città in cui fu stampata la Bibbia di Gu-tenberg. Dopo un iniziale favore nei confronti della stampa, definita «arte divina», nel il presule emanò un editto con cui proibiva la circolazione di qualunque libro che non avesse ricevuto l’approvazione preventiva delle autorità ecclesiastiche.

La Chiesa non fu sola nell’esigere un sistema di controllo della stampa, anzi l’azione compiuta in tal senso dalle diverse cancellerie europee fu capillare, con effetti ancor più incisivi sul piano della tutela delle leggi e del mantenimento dell’ordine sociale e culturale. Fin dagli inizi del Cinquecento i sovrani spagnoli imposero limitazioni alla circolazione libraria, mentre la Repubblica di Venezia stabilì l’obbligo della licenza di stampa (). Generalmente, le censure statali operarono in maniera libera, attuando un controllo autonomo e non subordinato a quello del censore ecclesiastico.

In realtà, l’efficacia delle azioni di censura e di limitazione della stampa messe in atto dalle diverse autorità statali ed ecclesiastiche fu alquanto limitata, poiché gli eresiarchi e i fautori dell’eterodossia adottarono diversi espedienti per aggirare i controlli, facendo circolare esemplari anonimi

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con false note tipografiche, oppure allestendo dei testi solo apparen-temente conformi alle norme della disciplina ecclesiastica, anche per quanto riguarda l’apparato iconografico. Si pensi alla Bibbia stampata da Antonio Brucioli a Venezia nel , con le immagini xilografiche che corredavano il libro dell’Apocalisse formulate in base ai modelli pittorici di Lucas Cranach e Hans Holbein, presenti nella Bibbia luterana. E si pensi anche ai libri d’ore, alle storie sacre, alle raccolte di salmi e ora-zioni in volgare, tutte tipologie librarie che furono variamente oggetto di censura nel corso della seconda metà del Cinquecento e oltre. Ma le edizioni della Bibbia in volgare non furono sempre e comunque vietate, se è vero che nei circa settant’anni che corsero dall’invenzione della stampa alla versione tedesca di Lutero () si diffusero più di duecento edizioni della Sacra scrittura nelle diverse lingue, nei confronti delle quali la Chiesa non espresse alcun divieto.

Paolo III, il papa fondatore dell’Inquisizione romana, sostenne l’in-dizione di un concilio ecumenico, con lo scopo primario di ricondurre a unità la Chiesa, divisa dallo scisma luterano. Ma negli anni Quaranta del Cinquecento si fece chiaro in maniera definitiva che una riconciliazione con i protestanti era impossibile. Infatti, come è ben noto, al Concilio di Trento presero parte solo i cattolici, poiché i protestanti tedeschi rifiutarono un concilio indetto dal papa e presieduto dai suoi legati. I padri conciliari esaminarono in ogni caso tutti i principali aspetti della vita della Chiesa e, in tema di lettura dei testi sacri, il Concilio fissò il principio che solo alla Chiesa spettava il compito di disciplinare l’accesso alla Scrittura. Infatti, il Catechismus ex decreto concilii Tridentini, unico testo di cui era prevista anche l’edizione in volgare, era diretto ai parroci, affinché potessero esporlo adeguatamente ai fedeli.

Dopo aver approvato solennemente le decisioni del Concilio con la bolla Benedictus Deus, Pio IV istituì la Sacra congregazione del Concilio, avente la funzione di seguire l’attuazione dei decreti conciliari, che diven-nero i principali fondamenti del diritto canonico fino alla promulgazione del Codex iuris canonici (). Con la pubblicazione dell’Indice romano del la principale attività di indagine e censura sui libri fu affidata all’Inquisizione romana. Tra le altre, furono proibite opere letterarie e religiose, le quali, pur non contenendo tesi contrarie alla fede, risultavano volgari, oscene, immorali, anticlericali. Tra gli autori censurati o «espur-gati» ci furono Boccaccio (Decameron), Machiavelli, Pietro Aretino, Luigi Pulci, Ludovico Ariosto, Giovanni Della Casa. Il divieto di detenzione e lettura fu esteso anche alle versioni della Bibbia e del Nuovo Testamento in volgare, cui si poteva accedere solo con licenza del Sant’Ufficio.

L’Indice di Pio IV del , detto anche Indice tridentino poiché preparato da una commissione nell’ultima fase del Concilio, attenuò in

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parte il rigore dell’Indice paolino del , in quanto la proibizione fu limitata ai soli libri eretici e non all’intera produzione di un autore, come nel caso di Erasmo da Rotterdam.

La preparazione dell’Indice clementino del fu lunga e trava-gliata, segno dei contrasti sorti all’interno della curia romana in merito alle norme di censura e proibizione dei libri. Infatti, prima di formulare il nuovo Indice, furono stampate due versioni, la prima da Sisto V nel , la seconda dallo stesso Clemente VIII nel , entrambe abrogate dall’Indice del .

Nel complesso, tra il e il l’Index librorum prohibitorum fu aggiornato almeno una ventina di volte, generalmente con lo scopo di includere nuove opere, specialmente in campo filosofico e scientifico. La storia dell’Indice come lista di libri interdetti copre un arco cronologico di oltre quattro secoli, che segue di pari passo la diffusione della stampa, intesa come principale mezzo di trasmissione del sapere e delle cono-scenze nell’Europa e nell’Occidente cristiano. Si tratta di una vicenda che riguarda a vario titolo il rapporto, spesso contrastato, della Chiesa con il mondo moderno, con l’avanzare della scienza e della tecnica, con il processo di secolarizzazione della società occidentale.

Non sono estranee alla storia della censura ecclesiastica motivazioni profonde che affondano le radici in una certa sensibilità religiosa, da sempre diffidente nei confronti del sapere dei dotti e degli strumenti di conoscenza. Si pensi, ad esempio, al rifiuto dei prodotti della cultura classica, tipica di alcune forme dell’ascetismo cristiano, oppure alla nota avversione di san Francesco d’Assisi nei confronti delle scienze profane e della cultura in genere, viste come forme di superbia e di dominio delle coscienze, cause di divisioni e diseguaglianze tra i fratelli. Non a caso, nell’Iconologia () di Cesare Ripa l’eresia – «errore dell’intelletto al quale la volontà ostinatamente aderisce», secondo la sentenza di san Tommaso d’Aquino – è raffigurata come una:

vecchia estenuata, di spaventevole aspetto. Getterà per la bocca fiamma affumi-cata. Avrà i crini disordinatamente sparsi, ed irti. Il petto scoperto, come quasi tutto il resto del corpo. Le mammelle asciutte, e assai pendenti. Terrà colla sinistra mano un libro socchiuso, donde appariscono uscire fuora serpenti, e colla destra mano mostri di spargerne varie sorti […] Il libro socchiuso colle serpi, significa la falsa dottrina, le sentenze più nocive, ed abominevoli, più che i velenosi serpenti. Lo spargere le serpi denota l’effetto di seminare false opinioni.

Nel corso dei secoli XVIII e XIX, largo spazio fu dato alle censure delle opere storiografiche, filosofiche e letterarie, in particolare di produzione francese. In pratica, furono messi all’Indice tutti gli autori maggiori del secolo, da Jules Michelet (L’Amour, Bible de l’humanité, Du prêtre, de la

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femme, de la famille, Mémoires de Luther écrits par lui-même, Le Prêtre. Les jésuites, La Sorcière) a Victor Hugo (Les Misérables, Notre-Dame de Paris), da Gustave Flaubert (Madame Bovary, Salammbõ) a Emile Zola (opera omnia). Nel commentare le tesi di Philippe Muray sul XIX secolo, uno storico francese ha recentemente usato una metafora efficace per comprendere la funzione della censura: «La Congrégation de l’Index [...] est à sa manière un laboratoire de critique intellectuelle du Panthéon dix-neuvième».

La storia dell’Indice nel Novecento vide la condanna emanata dal Sant’Ufficio nel della letteratura sensuale e sensuale-mistica, con la messa all’Indice dell’opera omnia (tragedie, commedie, misteri, romanzi, novelle, poesie) di Gabriele D’Annunzio. L’ultima edizione dell’Index librorum prohibitorum fu data alle stampe dalla Tipografia Poliglotta Vaticana nel , sotto Pio XII Pacelli. Essa ripresentava senza variazioni la Prefazione del cardinale segretario del Sant’Ufficio Rafael Merry del Val, che già compariva nell’edizione del . Si tratta di un testo che contiene diversi elementi utili a orientare il lettore nella plurisecolare storia dell’Indice. In esso l’illustre porporato riproponeva i principi che avevano ispirato la nascita dell’Indice e, in pieno XX secolo, lanciava un monito severo nei confronti delle «perniciose letture», quale ambiguo instrumentum diaboli:

La S. Chiesa attraverso i secoli sostenne grandi, tremende persecuzioni, molti-plicando via via gli eroi che suggellarono col sangue la fede cristiana; ma oggi una battaglia ben più terribile le muove l’inferno, quanto subdola e blanda altrettanto deleteria, ed è la stampa cattiva. Nessun pericolo più grave di questo minaccia la integrità della fede e del costume, e perciò la S. Chiesa non cessa mai di indicarlo ai cristiani, perché se ne guardino […]. E non poteva la S. Chiesa diportarsi diversamente, chè costituita da Dio maestra infallibile e guida sicura dei fedeli, ed essendo a questo scopo fornita di tutti i mezzi necessari ed utili, ha il dovere e conseguentemente il sacrosanto diritto di impedire che l’errore e la corruzione, sotto qualsivoglia forma mascherati, entrino a contaminare il gregge di Gesù Cristo.

Nel , dopo oltre quattro secoli, Paolo VI aboliva l’Indice dei libri proibiti, inserendo questo provvedimento nell’ambito della più generale riforma della curia romana, avviata con il motu proprio Integrae Servandae del dicembre . Per chiarire le intenzioni che ispiravano il motu pro-prio, il giugno la Congregazione per la Dottrina della Fede emanò una Notificazione, per rispondere a coloro che – in seguito alla pubblica-zione di Integrae Servandae – avevano chiesto chiarimenti in merito alla condizione dell’Indice dei libri proibiti, «quo Eccelsia ad integritatem fidei et morum, iuxta divinum mandatum, tuendam hucusque usa est».

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Al riguardo, la congregazione dichiarava che l’Indice, pur mantenendo il suo vigore morale, cessava di essere una legge della Chiesa. Con quest’atto formale aveva termine la storia dell’Indice dei libri proibiti. Esso riceveva il suo senso in quanto strumento volto alla salvezza del popolo di Dio, impedendo che esso cadesse nell’errore accostandosi a libri che erano portatori di contenuti che contravvenivano in maniera grave ai principi della fede e della morale. Da sempre, infatti, la salus animarum è la legge suprema che orienta l’ordinamento della Chiesa, quale custode unica del mandato del Redentore perpetuato nel tempo e nello spazio.

Conclusioni: tre casi di censura

In conclusione, si presentano in forma sintetica tre casi diversi di censura, tratti dalle ricche e ancora in gran parte inesplorate fonti dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede (ACDF), quali esempi di possibili percorsi di ricerca basati sulle fonti del Sant’Ufficio e dell’In-dice. In particolare, il terzo esempio rivela che la censura ecclesiastica non riguardava solo libri manoscritti e a stampa, ma anche immagini e oggetti d’arte, come quelli che si riferivano alla venerazione di persone non ancora canonizzate. A questo riguardo, i materiali del Sant’Ufficio presentano una grande varietà di tipologie, che aprono scenari di ricerca che possono condurre in molteplici direzioni, interessando discipline diverse, quali la storia della santità e della devozione, la storia dell’arte e delle tradizioni popolari, l’antropologia culturale e religiosa. Come sempre, gli archivi possono riservare molte sorprese, anche agli studiosi più avvezzi alla severa disciplina delle fonti e a una rigorosa metodologia della ricerca storica:

Il campo è immenso: tanto immenso, che nessuno al mondo potrebbe pretendere di esplorarlo totalmente. Si può soltanto vagabondarvi; da questi vagabondaggi si ritornerà portando con sé sempre qualcosa.

Queste parole del grande studioso francese Jean Mallon si riferiscono alla paleografia e alla storia della cultura scritta in generale, ma a nostro avviso esse si prestano bene anche a descrivere l’oggetto della ricerca storica e il metodo dell’indagine, ossia il paziente scavo nelle fonti storiche.

Il primo caso concerne il monaco benedettino tedesco Giovanni Tritemio (-), dal latino Johannes Trithemius, pseudonimo uma-nista di Johann Heidenberg, già abate del monastero di San Martino di Sponheim, che si rese famoso per l’invenzione di un elaborato sistema di codifica e decodifica della scrittura. Autore di numerosi testi di lette-

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ratura monastica, Tritemio fu uomo dotto, conoscitore di diverse lingue orientali come l’ebraico, il caldeo e il tartaro. Scrisse anche un catalogo dei personaggi illustri della Germania (Catalogus illustrium virorum Germaniae), stampato a Magonza nel . Nel corso delle sue attività, Tritemio entrò in contatto con cabalisti e alchimisti suoi contemporanei, come Agrippa di Nettesheim e Paracelso. L’opera che gli diede maggior fama fu il trattato di crittografia e magia intitolato Steganographia, che si proponeva di poter inviare messaggi tramite l’uso di linguaggi magici, sistemi di apprendimento accelerato e senza l’utilizzo di simboli o mes-saggeri. Vi si tratta, inoltre, dell’invocazione degli spiriti nelle varie ore propizie del giorno, di calcoli astronomici e tabelle numeriche. Lo scrit-to, redatto da Tritemio nei primissimi anni del XVI secolo, circolò sotto forma di appunti e trascrizioni, anche dopo che lo stesso autore cercò di distruggerne gran parte e di impedirne la pubblicazione. Il trattato fu comunque pubblicato postumo a Francoforte nel . Con editto del Maestro del Sacro Palazzo del settembre , la Steganographia fu inserita nell’Indice dei libri proibiti.

Il dicembre fra Alberto Tragagliola da Firenzuola, inquisitore di Faenza, scrive al cardinal vicario Giacomo Savelli, affinché prenda provvedimenti nei confronti dell’epistola dedicatoria (nuncupatoria) di Wilhelmus Radensis, rivolta a Petrus Lotichius, abate del monastero di Schlüchtern (Solitariensis), nei pressi di Fulda. L’epistola, già con-dannata dall’Indice tridentino del , costituisce la prefazione posta al principio del Chronicon Hirsaugiense di Tritemio. L’opera dell’abate tedesco, stampata a Basilea nel , era stata condotta da Venezia da un libraio di Ravenna. Di lì a qualche anno, il nome di Radensis, autore della citata Prefazione all’opera di Tritemio Chronicon insigne Monasterij Hirsaugiensis, ordinis S. Benedicti (presso Iacobum Parcum, Basilea ) compare ancora nel catalogo che contiene le aggiunte di autori da proi-bire, che non erano stati inseriti nell’Indice tridentino. Durante i lavori di preparazione dell’Indice sistino tra il e il , fu compilata dalla Segreteria della Sacra congregazione dell’Indice una Lista de libri diversi de Alle(mania) et Franzia. Alla lettera P della lista, si trova ancora un riferimento all’abate tedesco: «Poligraphia Tritemij in .». Essa si riferisce all’opera di Tritemio Polygraphiae Libri Sex, stampata a Basilea nel , a Francoforte nel , poi a Colonia nel e ancora nel .

L’attenzione riservata alle opere di Tritemio non venne meno con il passare degli anni, come dimostra il decreto di condanna del Compendium sive breviarium primi voluminis annalium sive historiarum, de origine regum et gentis Francorum (In Urbe Mogentina, per Ioannem Schöffer, ), emesso dalla congregazione dell’Indice il marzo . L’influenza delle opere dell’abate tedesco, prese da sole o insieme a quelle di altri

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autori, perdura a lungo nei secoli. In un quaderno manoscritto anonimo della metà del XIX secolo, conservato nell’Archivio del Sant’Ufficio, sono contenute le trascrizioni fedeli di testi di magia, formule e cerimoniali e, in particolare, una rielaborazione degli Elementa magica di Pietro d’Abano, tratta probabilmente dall’edizione del Elementa Magica Petri de Abano Philosophi, testo di riferimento per lo studio e la pratica della magia cerimoniale. All’interno del manoscritto compaiono alcune figure, tra cui il «Pentaculum Salomonis» e la «Figura del circolo della ª ora del giorno di domenica in tempo di primavera». Nella nota d’ufficio allegata, datata gennaio , è scritto:

Si è presentato innanzi alla S. Congr[egazione] del S. Uffizio il Sacerdote conf[essor]e d. Giovanni Simeoni, abitante al Palazzo Colonna e ha consegnato n. volumi di diverse materie proibite. [Firmato] Fr. Vinc. Leon Sallua.

Non è chiaro quali siano i volumi cui fa riferimento la nota del padre do-menicano Vincenzo Leone Sallua, all’epoca primo socio del Commissario del Sant’Ufficio. Nella sua nota Sallua lascia intendere che il materiale librario proibito fu segnalato e portato personalmente al Sant’Ufficio da Giovanni Simeoni, un sacerdote proveniente dall’Agro romano, che svolgeva in quel tempo la mansione di precettore per la famiglia gentilizia dei Colonna.

Il secondo esempio di censura riguarda la Biblia Sacra Polyglotta pubblicata a Londra dall’editore Thomas Roycroft negli anni -. L’edizione, diretta dal sacerdote anglicano Brian Walton, era composta di sei grossi tomi in folio, che presentavano le Scritture mettendo a confronto i testi in nove lingue differenti: ebraico, caldaico samaritano, siriaco, arabico, persiano, etiopico, greco e latino. Per svolgere il suo lavoro, Walton si assicurò la collaborazione di quasi tutti gli studiosi con-temporanei inglesi, in particolare di Edmund Castell, Edward Pococke, Thomas Hyde, Dudley Loftus, Weelocke Abraham, Thomas Greaves e Samuel Clarke. Mentre la Biblia Sacra Polyglotta era in corso di stampa, Walton pubblicò come sussidio alla sua lettura una Introductio ad lectio-nem linguarum orientalium (Londra ; Deventer , ).

Dopo la restaurazione della monarchia in Inghilterra, in seguito alla fine della guerra civile inglese, Walton fu dapprima nominato cappellano del re e, subito dopo, consacrato vescovo anglicano di Chester nell’ab-bazia di Westminster.

La Biblia Sacra Polyglotta fu messa all’Indice il novembre dalla Sacra congregazione dell’Indice, su mandato del Sant’Ufficio. L’alternarsi di entrambi gli organi di censura nell’esame e nel giudizio dell’opera è attestata dalle fonti d’archivio, anche se il materiale più rilevante è prodotto dal Sant’Ufficio. Nella posizione si conservano

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alcune lettere inviate dall’internunzio a Bruxelles e una dell’inquisitore di Pisa, oltre ai consueti verbali delle congregazioni generali del San-t’Ufficio. Particolare rilevanza assume la censura dell’opera, eseguita da un personaggio di assoluto rilievo, che in quegli anni svolgeva il ruolo di consultore dell’Inquisizione romana. Si tratta di Ludovico Marracci (-), chierico regolare della Madre di Dio, famoso orientalista e arabista, che nel darà alle stampe la prima traduzione latina del Corano. L’ultimo documento della posizione è una supplica di un certo fra Celestino, carmelitano scalzo, che chiede alla congregazione di poter trasferire la Bibbia a Roma per motivi di studio.

Il divieto di stampare la Bibbia nelle lingue volgari nazionali, sancito dal Concilio di Trento, fu affermato più volte nella storia della Chiesa, a causa delle diverse eresie che potevano sorgere da interpretazioni distorte o abusive delle Sacre Scritture. Infatti, già Sant’Agostino ammoniva:

Neque natae sunt haereses, et quidem dogmata perversitatis illaquaentia animas et in profundum praecipitantia, nisi dum Scripturae bonae intelliguntur non bene; et quod in eis non bene intelligitur, etiam temere et audacter asseritur.

Inoltre, le lingue nazionali mancavano del requisito dell’universalità e non potevano diventare patrimonio comune dell’umanità. La prima tra-duzione delle Sacre Scritture in volgare italiano approvata dalle autorità cattoliche, dovuta a Antonio Martini, si ebbe nella seconda metà del XVIII secolo, approvata da Pio VI Braschi nel . La condanna della Biblia Sacra poliglotta fu revocata nel , sotto Leone XIII.

Il terzo e ultimo caso di censura si riferisce al culto dei padri Gaetano da Thiene († ) e Andrea Avellino († ), chierici regolari teatini. Nel una lettera anonima denunciava al Sant’Ufficio la diffusa vene-razione della memoria di Andrea Avellino, al secolo Lancellotto Avellino, mediante l’apposizione di suoi ritratti, e la fervente devozione del popolo napoletano nei pressi delle sue spoglie mortali:

Si fa supplicando intendere a cotesta Sacra Congregazione come li nostri Re-verendi Padri Teatini senza l’autorità della S. Romana Chiesa dato il titolo di Beato ad uno P. Andrea Avellino, et lo fanno dipingere tanto in pubblico quanto in privato con la diadema, et titolo di Beato, come si può vedere dall’accluse immagini, della cui maniera se ne vedeno per Napoli infinite in diverse maniere tutte con la diadema et titolo di Beato, nonostante che fosse stato prohibito dal nunzio Gentile vescovo di Caserta di B. M. Il corpo questo Reverendo Padre si conserva nella chiesa di s. Paolo in Napoli con più lumi che il S.mo Sacramen-to, vi fanno apparire gran quantità di tabelle e ceri votivi ma sono tutte cose mendicate dalli P. Teatini da penitenti loro e persone delle loro congregazioni. Fanno la festa maggiore di esso, che del glorioso Apostolo san Paolo titolare della loro chiesa.

I documenti riguardano anche il culto di Gaetano di Thiene, cofonda-

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tore con Gian Pietro Carafa dell’ordine dei Chierici regolari teatini. Il Sant’Ufficio aveva dato mandato al nunzio apostolico a Napoli ed ex ministro dell’Inquisizione romana, il domenicano Diodato Gentile, vescovo di Caserta, di far rimuovere «dalle chiese e da’ luoghi pubblici de’ conventi [...] li retratti di religiosi non declarati beati». In risposta a questa decisione, i Chierici regolari teatini inviarono delle suppliche al papa Paolo V Borghese, affinché fosse abolito il divieto pontificio riguardante l’esposizione pubblica delle immagini degli aspiranti santi. Nello specifico, si chiedeva di rivedere le disposizioni sulla rimozione del ritratto di Andrea Avellino presso sopra la sua tomba e delle iscrizioni «Beato Gaetano» e «Miraculis claro» dall’epitaffio di Gaetano di Thiene, posto nel chiostro del convento di San Paolo Maggiore a Napoli. Nel suo rapporto al Sant’Ufficio, il nunzio Gentile descriveva la situazione creatasi intorno al sepolcro del padre Avellino, posto nella chiesa del suddetto convento, nella cosiddetta «cappella delle reliquie». Allegava anche una memoria relativa alla «festa fatta in San Paolo di Napoli, chiesa de’ Padri Teatini, alli di novembre nel giorno del transito di D. An-drea Avellino». Ma cinque giorni prima, il novembre , per ordine dello stesso pontefice Paolo V, l’Inquisizione romana aveva emanato un decreto che accoglieva in parte le istanze presentate dai teatini napoletani e veneti, consentendo la venerazione delle immagini di Gaetano da Thiene in quanto «uomo antico» e, pertanto, escluso dal divieto pontificio che riguardava solo le effigi degli «uomini moderni».

Il culto non autorizzato delle immagini di Gaetano di Thiene e Andrea Avellino non era limitato alla sola città di Napoli e all’area partenopea, ma si estendeva anche in altre città e regioni. Lo provano i documenti custoditi nella medesima posizione, che riguardano i ritratti dei due pa-dri che circolavano liberamente a Vicenza, città natale del cofondatore dei teatini, con costituti di religiosi vicentini del che si riferiscono al processo di canonizzazione di Gaetano di Thiene («super eo quod D. Caietanus Thienus in hac civitate tenetur pro beato»). Allo stesso modo, nel il cardinale Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo, ordinava di far togliere i ritratti dei due teatini, che si trovavano nella locale chiesa di San Giuseppe, oggi nota come San Giuseppe dei teatini. Nel il cardinale Francesco Boncompagni, arcivescovo di Napoli, si espresse in merito alla richiesta dei teatini di «solennizzare la memoria» di Gae-tano di Thiene. Sempre nel , l’inquisitore di Reggio Emilia avvisava l’Inquisizione della presenza di un’immagine di Gaetano di Thiene posta nell’oratorio della confraternita di San Giuseppe di Scandiano. L’ ottobre di quello stesso anno, papa Urbano VIII Barberini proclamò la beatificazione di Gaetano di Thiene. Il cofondatore dei teatini sarà canonizzato da Clemente X Altieri il aprile . Per quanto riguarda

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Andrea Avellino, la sua beatificazione fu proclamata da Urbano VIII il ottobre , cinque anni prima di quella di Gaetano da Thiene, mentre per la sua santificazione, proclamata da Clemente XI Albani, bisognerà attendere il maggio .

Note

* Considerata la vastità del tema della censura e il carattere eminentemente introdut-tivo del presente contributo, si fa riferimento solo ad una bibliografia di base. L’obiettivo principale di questo intervento è, in effetti, di illustrare le strutture e le norme interne di funzionamento delle principali istituzioni ecclesiastiche preposte alla censura, messe in relazione con la formazione, lo sviluppo e la natura degli archivi del Sant’Ufficio e del-l’Indice, offrendo in questo modo anche una breve presentazione delle fonti disponibili al riguardo nei fondi storici delle due antiche congregazioni. Può però essere utile segnalare alcuni studi – usciti a ridosso e dopo l’apertura agli studiosi dell’Archivio della Congrega-zione per la Dottrina della Fede () – che indicano i riferimenti bibliografici generali sulla censura e sull’Inquisizione romana: U. Baldini, L. Spruit (eds.), Catholic Church and Modern Science. Documents from the Archives of the Roman Congregations of the Holy Office and Index, vol. , Sixteenth-Century, tt., Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano ; F. Beretta, L’Archivio della Congregazione del Sant’Ufficio: bilancio provvisorio della storia e natura dei fondi d’antico regime, in A. Del Col, G. Paolin (a cura di), L’Inquisizione romana: metodologia delle fonti e storia istituzionale, EUT-Circolo Culturale Menocchio, Trieste-Montereale Valcellina , pp. -; A. Borromeo (ed.), L’Inquisizione. Atti del Simposio internazionale, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano ; A. Del Col, L’inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Mondadori, Milano ; G. Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (-), Il Mulino, Bologna ; Ead. (ed.), Church, Censorship and Culture in Early Modern Italy, Cambridge University Press, Cambridge ; V. Frajese, Nascita dell’Indice. La censura ecclesiastica dal Rinascimento alla Controriforma, Morcelliana, Brescia ; P. Godman, The Saint as Censor. Robert Bellarmine between Inquisition and Index, Brill, Leiden-Bo-ston ; L’Inquisizione e gli storici: un cantiere aperto. Roma, - giugno (Atti dei Convegni Lincei, ), Accademia Nazionale dei Lincei, Roma ; A. Prosperi (sotto la direzione di), V. Lavenia e J. Tedeschi (con la collaborazione di), Dizionario storico del-l’Inquisizione, Edizioni della Normale, Pisa ; H. Wolf (ed.), Inquisition, Index, Zensur. Wissenskulturen der Neuzeit im Widerstreit, Schöningh, Paderborn-München-Wien ; Id. (hrsg.), Römische Inquisition und Indexkongregation. Grundlagenforschung -, voll., Schöningh, Paderborn-München-Wien ; Id., Index. Der Vatikan un die ver-botenen Bücher, C. H. Beck, München (trad. it. Storia dell’Indice. Il Vaticano e i libri proibiti, Donzelli, Roma ); Id. (hrsg.), Römische Inquisition und Indexkongregation. Grundlagenforschung -, voll., Schöningh, Paderborn-München-Wien . Si vedano anche gli atti del Convegno organizzato per il decennale dell’apertura dell’Archivio A dieci anni dall’apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede: storia e archivi dell’Inquisizione. Roma, - febbraio , Scienze e Lettere, Roma .

. I primi sei Inquisitori generali furono i cardinali Gian Pietro Carafa (futuro Paolo IV), Juan Alvarez y Alvade O. P., Pietro Paolo Parisio, Bartolomeo Guidiccioni, Dionisio Laurerio O. S. M. e Tommaso Badia O. P. Laurerio morì già nel , Parisio nel , Badia nel ; furono sostituiti da Marcello Cervini (futuro Marcello II), Francesco Sfrondati e Pio Carpi. Il febbraio Giulio III nominò Inquisitori generali i cardinali Giovanni Domenico de Cupis, Gian Pietro Carafa, Francesco Sfrondati, Giovanni Morone, Marcello Crescenzi e Reginald Pole. Si noti che sotto Paolo IV Carafa i cardinali inquisitori Morone e Pole furono processati dallo stesso tribunale.

. Sulla censura dei libri ebraici, si veda ora M. Caffiero, Legami pericolosi. Ebrei e

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cristiani tra eresia, libri proibiti e stregoneria, Einaudi, Torino (in particolare la parte I, Libri).

. Cfr. Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede (d’ora in avanti ACDF), S.O., Stanza Storica I a, n. ; L. von Pastor, Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo (-). Desclée, Roma -, VI, p. .

. Una memoria ottocentesca, conservata nella serie Privilegia Sancti Officii del-l’Archivio del Sant’Ufficio, permette di ricostruire nei dettagli la vicenda dell’acquisto dell’immobile da parte di Pio V: «Dalla s.m. di S. Pio v conoscendosi la necessità di un locale stabile, e comodo per il Tribunale della S. Inquisizione, nell’anno esistente, ed esercente le sue funzioni nel Palazzo acquistato e fabbricato dall’E.mo cardinale Pucci situato in Borgo S. Pietro vicino il cosi detto Campo Santo, con Istromento delli maggio detto anno rogato da Marco Antonio Pellegrini, Notaro e Segretario di Camera, comprò due delle tre parti di detto Palazzo per il prezzo di scudi , dalli Signori Alessandro, Roberto, Ascanio ed Orazio Pucci, eredi del detto cardinale, e fece acquisto dell’altra terza parte per scudi dal Sig. Lorenzo Pucci, altro erede del detto Cardinale, li giugno , con Istromento a rogito di Girolamo Ceccolo, Notaro e Segretario di Camera. Oltre la dichiarazione emessa nelli citati istromenti di fare detti acquisti per donare il detto Palazzo alla S. Inquisizione, vedesi confermata tal sua espressa volontà dal Breve dei maggio , che incomincia Sollicitae. Nell’anno la s.m. di Sisto v prese cognizione del locale di detto Palazzo, come sopra donato dal suo predecessore, e veduta la ristret-tezza de’ comodi, con suo Motu Proprio del giugno di detto anno , che incomincia Convenit aequitati, ordinò che per provvedere ai bisogni del detto Tribunale, e rimuovere la ristrettezza, in cui trovatasi dal Capitolo di S. Pietro, si concedessero al Tribunale del S. Offizio in enfiteusi perpetua “Nonnullas domus viridaria, et vacuus situs eidem Palatio adjacen. ad dilectos filios” […] Li confini dell’anzidette case enfiteutiche, ed annessi, non sono indicati se non nelle parole generali, come sopra riportate, ed estratte dal detto Motu Proprio di Sisto v. Li confini del Palazzo donato raccolti dall’istromenti di sopra nominati, non sono che li seguenti: “iuxta a tribus vias publicas, reliqui lateribus Hospitium Equitum Levis Armaturae custodiae Suae Beati(tudi)nis”. Il Palazzo dalle dette case è visibilmente distinto dalla natura, ed attuale esistenza della Fabbrica, quali case, ossia fabbricato viene ora occupato dalla Rev. Fabbrica di S. Pietro»; ACDF, S.O., Priv. S.O. -, n. (), Pro memoria per la Secreta di Feria IV, settembre .

. «Nel la struttura ormai unificata si espandeva verso sud, con l’annessione dell’ortus magnus cum pulcra domo et cappella, ubicato presso la Porta del Turrione. L’edificio si allineava così al carattere patrizio delle dimore dei Cesi e dei Rusticucci, che già qualificavano la zona […]. Negli anni intorno al -, gli architetti Giuliano Leno e Pietro Rosselli, e lo stesso Michelangelo Buonarroti, furono variamente coinvolti nella progettazione della facciata»; E. Gallina, Il Vaticano è di tutti. Straordinari riconoscimenti internazionali della Città del Vaticano e dei Beni extraterritoriali, Liberia Editrice Vaticana, Città del Vaticano , pp. , .

. Fin dal , la chiesa, unico esempio di grande architettura religiosa gotica con-servatosi a Roma, era affidata all’ordine di san Domenico, il quale aveva ottenuto in dono la preesistente chiesa medievale, detta anche Santa Maria Sedes Sapientiae. L’annesso nucleo conventuale, articolato intorno a un grande chiostro, acquisì nel tempo prestigio e ricchezza, divenendo uno dei più importanti conventi cittadini, tanto che vi furono ospitati anche due conclavi, quello del , in cui fu eletto Eugenio IV Condulmer, e quello del , che portò all’elezione di Nicolò V Parentucelli. In seguito al Concilio di Trento, il complesso di Santa Maria sopra Minerva divenne uno dei principali centri di elaborazione della riforma cattolica. Tuttora fa parte del complesso dell’insula dominicana della Minerva la Biblioteca Casanatense, che fu per secoli il deposito inquisitoriale dei libri proibiti, ancora oggi conservato. Sulla Biblioteca Casanatense e sui fondi di natura inquisitoriale da essa conservati, si vedano M. Palumbo, Biblioteca Casanatense, in Handbuch deutscher historischer Buchbestände in Europa, Bd. , Kroatien, Slowenien, Italien, Olms-Weidmann,

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Zurich-New York-Hildesheim , pp. -; Id., La “bibliotheca haeretica” del cardinale Girolamo Casanate, in V. Bonani (a cura di), Dal torchio alla fiamme. Inquisizione e censura: nuovi contributi dalla più antica Biblioteca Provinciale d’Italia, Biblioteca Provinciale di Salerno, Salerno , pp. -. Sulla figura del cardinale Girolamo Casanate, si veda la voce Casanate redatta dalla stessa M. Palumbo, in Dizionario storico dell’Inquisizione, cit., p. .

. Acta Apostolicae Sedis, (), n. , pp. -.. Acta Apostolicae Sedis, (), pp. -.. «Quae hactenus appellata est Sacra Congregatio Sancti Officii, in posterum appel-

labitur Congregatio pro doctrina fidei cuius munus est doctrinam de fide et moribus in universo catholico orbe tutari».

. Acta Apostolicae Sedis, , (), pp. -.. «Pro eodem S.to Officio. Ill.mi et R.mi D.ni Card.les Generales Inquisitores pre-

dicti decreverunt et ordinaverunt quod omnino fiat in aliquo loco Palatii dicti S. Officii Archivium pro asservandis, et custodiendis Processibus et Scripturis dicti Sancti Officii, et idcirco pro huiusmodi negocio obeundo deputaverunt et ordinaverunt Ill.mum et R.mum D. Hieronymum Bernerium, Card.lem Asculanum, unum ex Generalis Inquisi-toribus eorum collegam ibidem in eadem congregatione interessentem et acceptantem, cui dederunt et concesserunt amplum et amplissimam facultatem et autoritatem ut ipse nomine dictae congregationis personaliter accedere possit et [valeat] ad Palatium dicti S. Officii, et per loca omnia eiusdem Palatii exquirere habeat locum aliquem aptum et idoneum sibi bene visum pro /r/ huiusmodi Archivio fabricando, illudque fabricari faciat et mandet, et pro huiusmodi fabrica facienda quamcumque pecuniam et summam et quantitatem ex precuniis dicti S. Officii erogare, et imperdere seu expendere possit et valeat quoscumque et magistros et operarios seu manuales cuiuscumque artis seu generis desuper necessarios, et opportunos conducere etiam possit, et huiusmodi opus fabricare seu fabrifacere, et ad perfectionem suam perducere eum omnimoda at totali iurisdictione auctoritate, iurisdictione, facultate et potestate desuper necessaria et opportuna»; ACDF, Decreta S.O. -, ff. v-r. Si vedano, inoltre, ACDF, S.O., Privilegia S.O. -, n. [f. ]; Stanza Storica M g, f. ; H. H. Schwedt, Das Archiv der römischer Inquisition und des Index, in “Römische Quartalschrift”, , -, , p. .

. Cfr. G. Fragnito, Un archivio conteso: Le «carte» dell’Indice tra Congregazione e Maestro del Sacro Palazzo, in “Rivista Storica Italiana”, , , p. , nota .

. Per la visita canonica del , cfr. ACDF, S.O., Stanza Storica LL a, Copia pro R. P. D. Assessore (ff. , -); per le visite del e , Copia delle visite - per l’archivio (ff. , ). Sul riordinamento settecentesco dell’Archivio del Sant’Ufficio, si veda F. Beretta, L’Archivio della Congregazione del Sant’Ufficio: bilancio provvisorio della storia e natura dei fondi d’antico regime, in Del Col, Paolin (a cura di), L’Inquisizione romana, cit., pp. -.

. «Oltre le Cause et i Processi, che si spediscono giornalmente al S. Offizio, bene spesso succede, che la congregazione di Propaganda Fide rimette a questa Suprema la decisione di molti dubbii, lo che fanno ancora altri, o Missionarii, o Vescovi particolari, e prima della Decisione si fa scrivere a i consultori, o canonisti, o teologi, secondo la diversità delle materie. Occorre talvolta l’esame, o di proposizioni particolari, o di libri, sopra di che si sentono le relazioni, e qualifiche de relatori, e qualificatori del S. Offizio. Quando in vari tempi è occorso di condannare de i vescovi, e quando ancora si trattò di scommunicare Enrico VIII per lo scisma d’Inghilterra, fu sentito il parere di questa S. Congr[egazion]e. In una parola, gl’interessi più gravi, che riguardano la fede e la religione sogliono da più di centottanta anni rimettersi all’esame della S. Congr[egazion]e del S. Offizio, nella quale sogliono essere i cardinali più eminenti in dottrina e prudenza. La discussione di tante, e si gravi materie ha portato un cumolo immenso di voti, e di qualifiche, di censure, di resoluzioni, e di decreti, e può dirsi, che una quantità così grande di preziosi manoscritti sia nel suo genere un tesoro molto stimabile. Ma nel poc’ordine, e poca distinzione, in cui

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A. CIFRES E D. PONZIANI, LA CENSURA NEGLI ARCHIVI

si ritrova, riesce di poco uso, e poco meno che sepolto. E la ragione di ciò si è, perché da gran tempo la carica d’archivista suol darsi ad un semplice sostituto di questa cancellaria, e conseguentemente affatto incapace di tali materie, onde cosa utilissima a mio credere sarebbe, che si deputasse qualche dotto, ed erudito teologo, il quale miglior ordine dasse a queste scritture, e facesse un esatto indice e repertorio delle materie, e decreti in esse contenuti, onde ricorrendo o l’istessi casi, o almeno simili, si potesse subito vedere non solo ciò, che è stato risoluto, ma le ragioni, e li motivi delle risoluzioni prese, aggiungen-dosi poi sempre sotto le sue classi i dubbi, e casi, che si anderano risolvendo. Oltre a ciò potrebbe un uomo di abilità e di studio fare una serie delle controversie giurisdizionali avute in varii tempi coll’Inquisizione di Spagna, di Portogallo, di Venezia, di Savoia, di Genova, di Toscana, co’ ministri regii del Regno di Napoli, e co’ Gran Maestri di Malta, distendendo di tutte separatamente una relazione, la quale non solo portasse le risoluzioni, ma le difficultà, e risposte date, ed altro, che potesse dar lume alla materia, senzacché ogni volta si dovessero fare alle occorrenze nuove ricerche con perdita grande di tempo, e con pericolo di lasciare forse buona parte, e forse anco il meglio di ciò, che sarebbe d’uopo il sapere. Un uomo di talento, che per più anni si occupasse in una tale fatica, acquistarebbe grandissime, et utilissime cognizioni, e nelle congiunture sarebbe capace di rendere ottimo servigio al Tribunale»; ACDF, S.O., Stanza Storica LL c, Acta visitationis S.O. Urbis. Dell’Archivio, ff. nn.

. Sull’ordinamento per materie, si veda la classica trattazione di E. Casanova, Ar-chivistica, Stab. Arti Grafiche Lazzeri, Siena, , pp. ss.

. Si tratta dei primi volumi delle serie Dubia de Eucharistia, Dubia de Poenitentia, e anche del volume Stanza Storica OO a, Dubia super facultates.

. ACDF, S.O., Privilegia S.O. -, n. , c. r. Il documento si riferisce alla nomina di Lugani a archivista dottrinale del Sant’Ufficio, con l’assegnazione del titolo di Inquisitore. Su Giuseppe Maria Lugani da Milano, oltre al già citato studio di F. Beretta, si veda ora il breve profilo prosopografico curato da H. H. Schwedt in H. Wolf (hrsg.), Prosopographie von römischer Inquisition und Indexkongregation -. A-L, Schöningh, Paderborn-München-Wien , pp. -.

. ACDF, S.O., Privilegia S.O. -, n. .. Ivi, f. r. Nella stessa posizione, relativa alle nomine del , esiste un memoriale

(f. ) di Cavazzi, che sollecitava il posto di archivista.. ACDF, S.O., Privilegia S.O. -, ff. nn., Relazione dell’Assessore, Mons. Paolo

Luigi Silva, sulla situazione del S.O. dopo la prima invasione francese e la soppressione del tribunale [ maggio ].

. Sulla figura del cardinale olandese van Rossum, si vedano i saggi raccolti in V. Poels, Th. Salemnik, H. de Valk (eds.), Life with a Mission. Cardinal Willem Marinus van Rossum C.Ss.R. (-), in “Trajecta”, -, -.

. Numerosi materiali sulla prima attività della congregazione dell’Indice sono raccolti nel codice Vat. Lat. della Biblioteca Apostolica Vaticana.

. Dal finire del Cinquecento, si registrarono anche dei contrasti tra le attività del-l’Indice e del Sant’Ufficio, dovuti alla “concorrenza” tra le due congregazioni in materia di censura, con la confusione che talvolta ne derivava in merito alla pubblicazione e diffusione degli Indici. In realtà, l’Inquisizione romana era dotata di mezzi, personale e di una struttura territoriale, mentre da questo punto di vista la congregazione dell’Indice mostrava tutta la sua debolezza. Su questo argomento, che è stato al centro del dibattito storiografico italiano degli ultimi anni, si veda, in particolare V. Frajese. La Congregazione dell’Indice negli anni della concorrenza con il Sant’Uffizio (-), in “Archivio italiano per la storia della pietà”, , , pp. -.

. Benedicti XIV P.M. Bullarium, III, , pp. -.. Enchiridion delle encicliche. I. Benedetto XIV, Clemente XIII, Clemente XIV, Pio VI,

Pio VII, Leone XII, Pio VIII (-), Edizioni Dehoniane, Bologna , pp. -.. In una nota dell’inventario consegnato al Sant’Ufficio dall’ultimo segretario della

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L'ARCHIVIO

congregazione dell’Indice, il domenicano tedesco Thomas Esser, si legge: «Anticamente i libri, esaminati o mandati alla S. Congregazione, erano accumulati dal Segretario sino a che incominciarono a ingombrare il suo appartamento, e allora si consegnarono alla Biblioteca Casanatese. Quest’uso ebbe l’approvazione espressa del Santo Padre. Così si legge p.e. negli Atti, addì agosto : “Secretarius Schiara petit et obtinet facultatem a Summo Pontefice tradendi libros ad Archivium S. Congregationis pertinentes Bibliothecae Casanatensi”. Disgraziatamente però questa Biblioteca non conservò separatamente e unitamente la collezione dei libri proibiti […]; si conservarono soltanto quelli che erano considerati di qualche vantaggio. Gli altri sembra siano stati buttati via. Dopo il trasferimento della S. C. dell’Indice alla Cancelleria, vi fu agio di conservare i libri, benché non se ne facesse ancora una legge. L’ultimo segretario (Esser) appena entrato in ufficio, si fece premura di fare un catalogo dei libri che c’erano, e di inserirvi tutti quelli nuovi che entravano in Segreteria. Lo schedario, contenuto in due cassette, registra i titoli di un po’ più di . volumi».

. Come è noto, vi era una terza autorità pontificia con funzione censoria, che si trovò a interagire a vario titolo con le due congregazioni del Sant’Ufficio e dell’Indice. Si trattava del Maestro del Sacro Palazzo Apostolico, titolo con cui fino al era designato il teologo di fiducia del Sommo pontefice. Antica magistratura istituita nel XIII secolo, da sempre affidata dai pontefici a un religioso dell’ordine dei Frati Predicatori, il Maestro del Sacro Palazzo ebbe vari incarichi, tra cui la scelta e la designazione dei predicatori delle cappelle pontificie, l’approvazione preventiva dei loro sermoni, oltre all’esame di varie questioni teologiche. In materia di revisione e censura dei libri, al Maestro del Sacro Palazzo – membro ex officio sia dell’Inquisizione romana sia della congregazione dell’Indice – era riservato l’esame dei libri stampati nell’Urbe e, fino al , la concessione dell’imprima-tur. Per varie ragioni, la documentazione prodotta dal Maestro del Sacro Palazzo non si è conservata in maniera organica e le sue carte residue sono ora sparse in diversi archivi della Santa Sede e dell’ordine dei Domenicani. Sul Maestro del Sacro Palazzo, si vedano I. Taurisano, Hierarchia Ordinis Praedicatorum, Unione Tipografica Manuzio, Roma , pp. -, in cui si trova la Series chronologica Magistrorum Sacri Palatii Apostolici ab anno ad annum ; A. Zucchi, Roma dominicana, III, Edizione della Rivista “Memorie domenicane”, Firenze , pp. -. Sui rapporti non sempre facili tra il Maestro del Sacro Palazzo e le congregazioni dell’Inquisizione e dell’Indice, si veda G. Fragnito, La censura libraria tra Congregazione dell’Indice, Congregazione dell’Inquisizione e Maestro del Sacro Palazzo, in U. Rozzo (a cura di), La censura libraria nell’Europa del secolo XVI, Forum, Udine ; Fragnito, Un archivio conteso, cit.

. Wolf, Storia dell’Indice, cit., p. .. Frajese, Nascita dell’Indice, cit., p. .. L. Febvre, J. H. Martin, La nascita del libro, Laterza, Bari , p. .. Cfr. F. Barbier, Storia del libro. Dall’antichità al XX secolo, Dedalo, Bari , pp.

ss.. C. Ripa, Iconologia, Perugia , t. II, pp. -.. J.-B. Amadieu, Pie IX libertaire. L’Église juge de la dixneuviémitè dans Le XIXe siècle

à travers les âges, in Philippe Muray, Sous la direction de Jacques de Guillebon et Maxence Caron, Les Éditions du Cerf, Paris , p. .

. In seguito, il gennaio , la Tipografia Vaticana diede alle stampe solo un foglio di addenda, che si limitava a elencare in una pagina le quindici condanne decretate dopo il . Tra gli autori messi all’Indice in questa postrema aggiunta di divieti compaiono i nomi di Jean-Paul Sartre, Curzio Malaparte, Alberto Moravia, André Gide.

. Index librorum prohibitorum SS.mi D. N. Pii PP. XII iussu editus. Anno MDCCCCXLVIII, Typis Polyglottis Vaticanis, [Roma] , pp. V, VII.

. Acta Apostolicae Sedis, , (), p. .. J. Mallon, Paléographie romaine, CSIC, Madrid , pp. - (la citazione è riportata

da A. Petrucci, Prima lezione di paleografia, Laterza, Roma-Bari , pp. V-VI).. Johannes Tritemius nacque a Trittenheim, in Renania, il ° febbraio . Dopo aver

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compiuto gli studi a Trier e Heidelberg, nel entrò nell’ordine benedettino, divenendo a soli ventuno anni abate del monastero di San Martino di Sponheim. Nell’ultima fase della vita divenne abate di San Giacomo a Würzburg, dove morì il dicembre .

. F. Baez, Storia universale della distruzione dei libri, Viella, Roma , p. .. Cfr. ACDF, S.O., Stanza Storica P g (manca). La segnatura si riferiva a un esemplare

della Steganographia, probabilmente un esemplare dell’opera stampata a Darmstadt nel . Una copia di questa edizione si conserva nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Di seguito, si forniscono gli estremi degli esemplari della Steganographia che si conservano attualmente nella Biblioteca Apostolica Vaticana:− Steganographia: hoc est: Ars per occvltam scriptvram animi svi volvntatem absentibvs aperiendi certa; authore reverendissimo et clarissimo viro, Ioanne Trithemio. [...] Praefixa est hvic operi sva Clavis, sev vera introductio ab ipso authore concinnata; hactenvs qvidem a mvltis mvltvm desiderata, sed à paucissimis visa: nunc vero in gratiam secretioris philosophiae studiosorum publici iuris facta [...], ex officina typographica Ioannis Savrii, sumptibus Ioannis Berneri, Francofvrti , f. p., , , p. diagr. cm.− Steganographia: hoc est: Ars per occvltam scriptvram animi svi volvntatem absentibvs aperiendi certa; avthore reverendissimo et clarissimo viro, Ioanne Trithemio [...] Praefixa est hvic operi sva Clavis, sev vera introductio ab ipso authore concinnata; hactenvs qvidem a mvltis mvltvm desiderata, sed à paucissimis visa: nunc vero in gratiam secretioris philosophiae studiosorum publici iuris facta [...], ex officina typographica B. Aulaeandri, sumptibus I. Berneri, Darmbstadii , f. p., , , p. diagrs. cm.− Johannis Trithemii [...] Steganographia, qvae hvcvsqve a nemine intellecta, sed passim vt svppositia, perniciosa, magica et negromantica, reiecta, elvsa, damnata et sententiam Inqvisi-tionis passa; nvnc tandem vindicata reserata et illvstrata vbi post vindicias Trithemii clarissime explivantvr conjvrationes spiritvvm ex arabicis, hebraicis, chaldaicis et graecis spiritvvm nominibvs jvxta qvosdam conglobatae, avt secvndvm alios ex barbaris et nihil significantibvs verbis concinnatae. Deinde solvvntvr & exhibentvr artificia nova steganographica a Trithemio in literis ad Arnoldum Bostium & polygraphica promissa, in hunc diem à nemine capta, sed pro paradoxis et impossibilibus habita & summe desiderata. Authore Wolfgango Ernesto Heidel [...], sumptibus Joannis Petri Zubrodt, Moguntiae , f. p., , [] p. cm.− Heidel, Wolfgang Ernst, Johannis Trithemii [...] Steganographia quae hucusque à ne-mine intellecta, sed passim ut suppositia, perniciosa, magica et necromantica, rejecta, elusa, damnata & sententiam Inquisitionis passa; nunc tandem vindicata reserata et illustrata vbi post vindicias Trithemii clarissime explicantur coniurationes spirituum ex arabicis, hebraicis, chaldaicis & Graecis spirituum nominibus juxta quosdam conglobatae, aut secundum alios et barbaris & nihil significantibus verbis concinnatae. Deinde solvuntur et exhibentur artificia nova steganographicaa Trithemio in literis ad Arnoldvm Bositvm et polygraphia promissa, in hvnc diem a nemine capta, sed pro paradoxis et impossibilibvs habita et svmme desiderata. Autore Wolfgango Ernesto Heidel [...], apvd. Joh. Fridericvm Rvdigervm, Norimbergae . f. p., [i.e. ], [] p. cm.

. ACDF, Index, Protocolli C, ff. , .. Ivi, Protocolli F, f. v.. Ivi, Protocolli A, f. v.. Ivi, Diarii, I, f. r, Decreto della S. C. dell’Indice, Roma marzo .. ACDF, S.O., Stanza Storica Q p: In nomine Domini Sanctissimi Adonay Eloy

Tetragramanton Amen. Heptameron, seu elementi magica Petri de Albano Philosophi a Enrico Cornelio Agrippa Abbati Joanni Tritemio et Joanni Baptista Bellotti magi philo-sophorum Magistri comprobata Anno Domini rescripta a suo originali. Frontespizio interno: In nomine Domini Sanctissimi Adonay Eloy Tetragramanton Amen. Heptameron, seu elementi magica Petri de Albano Philosophi a Enrico Cornelio Agrippa Abbati Joanni Tritemio et Joanni Baptista Bellotti magi philosophorum Magistri comprobata Anno Domini rescripta a suo originali.

. Nato il luglio a Paliano, uno dei feudi storici dei Colonna, Giovanni Simeoni

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L'ARCHIVIO

aveva frequentato dapprima il seminario di Palestrina, poi il Collegio Romano e studiato teologia e diritto canonico presso lo Studium Urbis. Gli studi di Simeoni furono finanziati dai Colonna, alle dipendenze dei quali lavorava suo padre e per i cui rampolli egli stesso farà poi da precettore a Roma, dimorando – come si evince anche dall’appunto annotato da padre Sallua sul manoscritto del Sant’Ufficio – nel Palazzo romano dell’illustre fami-glia. Ordinato sacerdote nel , fu professore di filosofia e teologia presso il Pontificio Ateneo di Propaganda Fide, per poi diventare segretario privato di papa Gregorio XVI Cappellari, auditore presso la nunziatura in Spagna e poi segretario della congregazione di Propaganda Fide (-). Il marzo papa Pio IX Mastai Ferretti lo nominò nunzio in Spagna, elevandolo a vescovo con il titolo di Calcedonia. Nell’attesa dell’ordinazione episcopale del aprile , il papa lo elevò il marzo a cardinale in pectore, ma la no-mina fu resa nota solo il successivo settembre. Nel gli fu affidata la diaconia di San Pietro in Vincoli. La carriera ecclesiastica di Simeoni raggiunse i vertici della curia romana con la nomina a cardinale Segretario di Stato (-). Dal egli ricoprì altri importanti incarichi, fra i quali quello di Prefetto del Palazzo apostolico e di Propaganda Fide. Dal al fu cardinale presidente del Pontificio seminario romano dei Santi Apostoli Pietro e Paolo per le missioni estere. Simeoni fu anche un grande intenditore e collezionista di opere d’arte e alla sua morte, avvenuta a Roma il gennaio , lasciò in eredità alla Santa Sede la propria raccolta.

. Il titolo completo del libro è: Biblia Sacra Polyglotta, complectantia textus originales, hebraicum cum Pentateuco samaritano, chaldaicum, graecum, versionumque antiquarum, samaritanae, graecae LXXII interp. Chaldaicae, syriacae, arabicae, aethiopicae, persicae, vulg. lat. quicquid comparari poterat. Un esemplare dell’opera è presente anche alla British Library.

. ACDF, S.O., Censurae Librorum -, n. , , Romana. Circa qualificationem Bibliae polygottae aucthore Briano Vualtono Anglo. Vol. sex ( aprile-° agosto ). Il decreto di condanna del Sant’Ufficio (f. ) è datato ° agosto .

. Di seguito, si elencano le altre fonti collegate nello stesso Archivio: ACDF, S.O., Stanza Storica UV n. ; ACDF, Index, Protocolli -, f. ; ACDF, S.O., Stanza Storica UV , n. , Laurea. Relationes et censurae librorum et thesium. Censuram Bibliae Polyglot-tae a Briano Waltono anglo edita, che contiene il voto di padre Lorenzo Brancati da Lauria, minore conventuale, per molti anni consultore del Sant’Ufficio e futuro cardinale. Index, Protocolli - (c. ). L’Università di Lione pone alcuni quesiti in merito alla censura della Biblia Polyglotta. La risposta della S. C. è negativa.Un esemplare della Biblia Sacra Polyglotta è conservato nella Biblioteca del Sant’Ufficio (segnatura Bibl. S.O. A -).

. Cfr. Fragnito, La Bibbia al rogo, cit.. Tract. XVIII in Ioan., .. Non sono molte le ricerche recenti sull’ordine dei Chierici regolari teatini, né

risultano studi approfonditi condotti sulle fonti dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede. A titolo indicativo, si vedano M. Campanelli (a cura di), I Teatini, Edi-zioni di Storia e Letteratura, Roma ; W. Hudon, Theatine Spirituality. Selected Writings, Paulist Press, New York-Mahwah NJ ; A. Oliver, Los Teatinos: su carisma – su historia – su fisonomía, curia general de los Clérigos Regulares (Teatinos), Roma ; E. Belligni, La storiografia teatina, in M. Firpo (a cura di), “Nunc alia tempora, alii mores”�. Storici e storia in età postridentina, Atti del Convegno internazionale (Torino, - settembre ), Olschki, Firenze , pp. -; A. Vanni, Fonti per una storia dei chierici regolari teatini nel Cinquecento, in M. C. Giannini, M. Sanfilippo (a cura di), Gli archivi per la storia degli ordini religiosi, I, Fonti e problemi (secoli XVI-XIX), Sette Città, Viterbo , pp. -.

. ACDF, S.O., Stanza Storica B b, Circa venerationem hominum defunctorum cum opinione et fama sanctitatis ab anno ad annum . La posizione n. è denominata Circa venerationem Patrum Gaetani et Andreae Avellini Ord. Cler. Reg.

. Cfr. P. Paschini, S. Gaetano Thiene, Gian Pietro Carafa e le origini dei Chierici Regolari Teatini, Scuola Tipografica Pio X, Roma .

. ACDF, S.O., Stanza Storica B b, ff. -.

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. Ivi, ff. -. In precedenza, la questione era stata trattata in sede di congrega-zione dei Riti il gennaio , come risulta dal resoconto che è unito alla memoria del nunzio.

. Cfr. ACDF, S.O., Decreta S.O., , f. . Su questo punto e, più in generale, sui rapporti di forza tra Paolo V e l’Inquisizione romana, si veda M. Gotor, I beati del papa. Santità, Inquisizione e obbedienza in età moderna, Olschki, Firenze , pp. -.. ACDF, S.O., Stanza Storica B b, ff. -.