Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

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1 UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di Brescia Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo SOSTIENE PEREIRA: LA CENSURA IN PORTOGALLO NEGLI ANNI TRENTA Relatore: Chiar.mo prof. Massimo FERRARI Correlatore: Chiar.mo prof. Gianluca GALLINARI Tesi di laurea di: Marco STIZIOLI Matricola N. 3505198 Anno accademico 2009-2010

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Tesi di Laurea triennale in Storia del giornalismo sulla censura in Portogallo neglli anni Trenta

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Sede di Brescia

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo

SOSTIENE PEREIRA:

LA CENSURA IN PORTOGALLO NEGLI ANNI TRENTA

Relatore:

Chiar.mo prof. Massimo FERRARI

Correlatore:

Chiar.mo prof. Gianluca GALLINARI

Tesi di laurea di:

Marco STIZIOLI

Matricola N. 3505198

Anno accademico 2009-2010

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«... ma in che mondo vivi, tu che lavori in un giornale,

senti Pereira, vai un po' ad informarti»

Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira

«... un giornale non può mentire,

sarebbe il più grande peccato del mondo...»

José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis

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Indice

Introduzione 5

Capitolo Primo 7

Sostiene Pereira, una testimonianza

Capitolo Secondo 13

La dittatura salazarista

2.1 Dalla Repubblica all’Estado Novo 13

2.2 L’ideologia Salazarista 17

2.3 L’organizzazione dell’Estado Novo 20

Il cittadino e lo Stato 20

La repressione e la PVDE 27

La propaganda e la fallimentare política do espírito 29

Capitolo Terzo 37

La censura in Portogallo negli anni Trenta

3.1 La censura come male necessario 37

3.2 La Legislazione e le Commissões de Censura 40

3.3 Os Ridiculos 53

Conclusioni 64

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Prospettive di ricerca 68

La Saudade, Salazar e l’irrealismo portoghese

Appendice Immagini 72

Bibliografia 85

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Introduzione

Lo stimolo iniziale che mi ha spinto a scegliere come argomento di Tesi la censura negli

anni Trenta in Portogallo, è stato Sostiene Pereira1, il coinvolgente romanzo di Antonio

Tabucchi. La trama, infatti, si dipana attraverso la rappresentazione storica dell’Estado

Novo, il regime di António de Oliveira Salazar, e il travaglio interiore di un giornalista, il

quale si rende conto che nel suo paese la libertà di stampa è scomparsa. Ho trascorso,

inoltre, il secondo semestre dell'anno accademico 2008/2009 a Lisbona, come studente

all'interno del Progetto Erasmus.

Questi due fattori mi hanno spinto ad approfondire le conoscenze sul periodo storico

trattato dal romanzo e, soprattutto, a comprendere le modalità di funzionamento della

censura e il tipo di ripercussioni che questa ebbe sulla società civile. In accordo con il mio

relatore di Tesi, il Professor Massimo Ferrari, si è utilizzata la storia del Signor Pereira

come porta d'accesso principale a questa ricerca.

La trattazione, dunque, sarà suddivisa in tre capitoli: nel Primo si riporterà il riassunto

di Sostiene Pereira2 cercando di evidenziare i temi che saranno utili nello sviluppare

l'argomento scelto; nel Secondo s’illustreranno alcuni elementi chiave dell'Estado Novo, le

ragioni storiche dell’instaurarsi di tale regime e l'ideologia di cui si faceva portatore. Solo

fornendo un’inquadratura generale, e sicuramente non esaustiva, delle strutture tese alla

partecipazione, alla repressione e alla persuasione dei cittadini, si può tentare di

comprendere quello che fu il sistema censorio. Nel Capitolo Terzo, pertanto, si affronterà

la legislazione portoghese degli anni Trenta riguardante la stampa, le misure coercitive a

livello economico e i fatti e i termini la cui pubblicazione non era permessa. Un occhio di

riguardo avranno le Commissões de Censura e il modo in cui si articolava il loro lavoro.

Ritenendo che sia d'obbligo riportare un esempio concreto dell'azione dei censori,

saranno presentati alcuni documenti conservati nell'Hemeroteca Municipal de Lisboa e resi

pubblici nel 2008, in occasione della mostra Os Ridiculos: Desenho Humorístico e

1 Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2008. 2 Ibidem.

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Censura (1933-1945)3. Trattasi di evidenti prove, visibili nell'Appendice Immagini,

incentrate sulle vignette umoristiche di J. G. Santos Silva4. Confrontando la versione

originale redatta dall'autore con quella che fu poi pubblicata, dopo essere stata filtrata dalle

“forbici” dei censori, è possibile osservare una Commissão “all'opera”, evidenziando i temi

vietati e provare a capirne le motivazioni.

Infine, nelle Conclusioni, si recupererà lo stimolo iniziale di questo studio, ossia

Sostiene Pereira5, per evidenziare i legami tra la finzione romanzesca, la realtà storica

esaminata e l'attualità del libro, che trascende la contingenza in cui è ambientato per

divenire un messaggio universale di libertà.

3 Rosa Barreto, Álvaro Costa de Matos e Pedro Bebiano Braga, Catálogo de Os Ridiculos: Desenho

Humorístico e Censura (1933-1945), Imprensa Municipal, Lisboa, 2008, p. 5. 4 Ibidem, p. 17. 5 Antonio Tabucchi, op. cit.

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Capitolo Primo

Sostiene Pereira, una testimonianza

Antonio Tabucchi, con il romanzo Sostiene Pereira6, offre, come chiarisce il sottotitolo,

Una (immaginaria ma fedele) Testimonianza sulla situazione politica del Portogallo negli

anni Trenta del XX secolo. La narrazione, infatti, ha inizio il «venticinque luglio del

millenovecentotrentotto»7, mentre Mussolini e Hitler stanno allargando la loro influenza

sul resto d’Europa e l’esercito di Francisco Franco prende piede in Spagna8. Nel vicino

Portogallo, intanto, la dittatura di António de Oliveira Salazar, Presidente del Consiglio dei

Ministri dal 19329, sta consolidando il suo potere.

Il lettore, in questo quadro storico, prende parte a «una scelta, un tormento, una vita»10,

che il protagonista riporta a un misterioso recorder, attraverso un resoconto testuale11, in

forma di discorso indiretto scandito dai vari «sostiene Pereira»12. In una Lisbona travolta

dalla calura estiva, si sviluppa il percorso interiore del Signor Pereira, unico responsabile

della pagina culturale del Lisboa, un piccolo giornale del pomeriggio. É un intellettuale,

appassionato alla cultura francese, che trascorre la sua giornata lavorativa in una «squallida

stanzetta»13 in «Rua Rodrigo da Fonseca numero sessantasei, vicino alla Alexandre

Herculano»14. Dopo la morte della moglie è divenuto «una sorta di feticista dei ricordi»15,

ancorato alla memoria della sua gioventù. La sua vita è solo «una sopravvivenza, una

finzione»16, totalmente scollata dal mondo reale, in una città e in Europa che puzzano di

6 Ibidem.

7 Ibidem, p. 10. 8 Flavia Brizio-Skov, Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipelago narrativo, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2002, p. 129. 9 José Hermano Saraiva, Storia del Portogallo, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano, 2004, p. 315. 10 Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Antonio Tabucchi, op. cit., p. 212. 11 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 129. 12 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 7. 13 Ibidem, p. 10. 14 Ibidem, p. 31. 15 Ibidem, p. 157. 16

Ibidem, p. 15.

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morte17. Per di più è grasso, soffre di cuore e ha la pressione alta. Tutti questi elementi lo

portano a essere, usando le stesse parole dell’autore, «ossessionato dall’idea della morte»18.

Sarà proprio questo suo particolare assillo, paradossalmente, ad aprirlo alla vita.

Leggendo un articolo a esso dedicato decide di mettersi in contatto con l’autore,

Francesco Monteiro Rossi, per offrirgli la possibilità di scrivere necrologi anticipati sul

Lisboa. Questo giovane, però, si rivela «in completa antitesi con l’ideologia dominante»19,

la dittatura salazarista. Attraverso il necrologio di García Lorca e il “coccodrillo” su

Marinetti, il giovane attua forti critiche alla situazione spagnola e italiana. Scrive

dell’assassinio di García Lorca e definisce Marinetti «un violento […]. Nemico della

democrazia, bellicoso e bellicista»20. Pereira si trova così di fronte ad articoli

impubblicabili, visto il legame delle autorità portoghesi con entrambi i regimi21.

Il rapporto con Monteiro e la sua fidanzata Marta s'inserisce in «un momento

cruciale»22 della vita del giornalista dove, alla «situazione esistenziale di uomo solo,

vedovo, malato, si sovrappone una realtà che lo turba»23, quella di un paese che tace, che

non può far altro che tacere e intanto la gente muore e la polizia la fa da padrona24. In

risposta il protagonista si «trincera in una alienazione spirituale che lo porta a un

conformismo politico»25, a praticare una «forma di silenzio»26, di «benigna ipocrisia»27, o

meglio di «reticenza»28, nei confronti della Storia29.

Sono appunto i necrologi di Monteiro a trascinare Pereira fuori dalla sua impasse,

scatenando in lui un processo di dubbio su se stesso e sulla realtà che lo circonda30. A ogni

appuntamento con Monteiro suda, si sente male e non ne capisce il motivo31. Sebbene

17 Ibidem, p. 14. 18Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Ibidem, p. 213. 19 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 133. 20 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 51. 21 Per approfondire il rapporto tra Estado Novo e il regime fascista italiano si veda: Mario Ivani, Esportare il

Fascismo. Collaborazione di polizia e diplomazia culturale tra Italia Fascista e Portogallo di Salazar (1928-

1945), CLUEB, Trento, 2008. 22 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 132. 23 Ibidem. 24 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 14. 25 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 133. 26 Ibidem, p. 134. 27 Ibidem, p. 133. 28 Ibidem. 29 Ibidem, p. 135. 30 Ibidem, p. 133. 31 Ibidem, p. 135.

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continui a considerare il giovane un «sovversivo»32, ne conserva gli articoli «in una

cartellina dell’archivio»33 e gli invia i pagamenti alla «casella postale 202»34, provando per

lui «un affetto che ha qualcosa di paterno»35.

Pereira, anche grazie all’incontro con un’ebrea che lo esorta a fare «qualcosa»36, «ad

agire nella sua veste di intellettuale»37, si rende conto che «le libertà di stampa e di parola

sono sparite»38. Avviene in lui, che è sempre stato «una persona onesta, che […] crede

nella democrazia […], nel vivere civile»39, una lenta ma sempre più profonda e sofferta

riflessione sul suo essere giornalista e i doveri deontologici che ne conseguono. Lavora per

un quotidiano che si definisce apolitico e indipendente, ma in realtà il direttore è un uomo

legato al regime, «appare in tutte le manifestazioni ufficiali, e come tende il braccio,

sembra che voglia lanciarlo come un giavellotto»40. Non permette la pubblicazione di

notizie sconvenienti, ad esempio quella di un carrettiere socialista massacrato dalla polizia,

preferendo dedicare la prima pagina alla partenza dello yacht più lussuoso del mondo41. Il

Portogallo è una nazione imbavagliata dalla censura, dove per essere informati bisogna

ascoltare le «chiacchiere di caffè»42, come fa Pereira tutte le volte che entra nel Café

Orquídea domandando al cameriere Manuel gli sviluppi sulla Guerra Civile Spagnola.

Parlando con Silva, un vecchio compagno di studi, il giornalista rivela la sua

preoccupazione nei confronti di «uno stato autoritario»43 dove «l’opinione pubblica non

conta più nulla»44. L’amico gli fa notare che i portoghesi obbediscono da secoli «a chi

grida di più»45 e hanno sempre avuto bisogno di un capo. Pereira invece è cosciente

dell’obbligo morale della professione giornalistica, che deve essere libera e «informare la

gente in maniera corretta»46. Dall’altro lato, però, si sente solo un «oscuro direttore di una

32 Ibidem, p. 133. 33 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 52. 34 Ibidem. 35 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 131. 36 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 72. 37 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 137. 38 Ibidem, p. 138. 39 Ibidem, p. 137. 40 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 129. 41 Ibidem, p. 14. 42 Ibidem, p. 145. 43 Ibidem, p. 64. 44 Ibidem. 45 Ibidem. 46 Ibidem, pp. 64-65.

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pagina culturale»47, che non s'interessa di politica, con «una concezione della letteratura da

torre d’avorio»48.

Il punto di svolta giunge nel momento in cui il suo medico curante gli consiglia di

ricoverarsi nella clinica talassoterapica di Parede, dove fa la conoscenza del Dottor

Cardoso. Attraverso le loro conversazioni acquisisce sempre più consapevolezza dei

cambiamenti che stanno avvenendo in lui. Il medico, laureato in psicologia, lo aiuta a

esternare l’inquieta ipotesi che lo consuma fin da quando ha conosciuto Monteiro e Marta:

«e se quei due ragazzi avessero ragione?»49.

Decide di tradurre il racconto di Alphonse Daudet La dernière classe, per poi

pubblicarlo sul Lisboa. È un piccolo tentativo di Pereira di inviare «un messaggio nella

bottiglia»50, sperando che qualcuno lo colga. Ambientata in Alsazia alla fine della guerra

franco-prussiana, racconta le difficoltà di un maestro che tenta di far partecipare alle

lezioni i figli dei contadini. L’ultimo giorno di scuola, all’indomani dell’occupazione

tedesca, la gente del villaggio si reca a salutarlo e lui scrive sulla lavagna “Viva la

Francia”51. Il direttore del Lisboa non può accettare un testo di questo tipo, considerate le

forti simpatie del Portogallo per la Germania. Lo definisce un «panegirico della Francia»52

ed esorta Pereira a essere più patriottico, a ritrovare le sue radici portoghesi, come ha fatto

António Ferro, direttore del Secretariado Nacional de Propaganda53, che «ha avuto la

brillante idea di far coincidere il giorno di Camões con il giorno della Razza […]

portoghese»54. Gli fa notare, inoltre, che i censori, essendo solo «poveri poliziotti pagati

perché non passino le parole sovversive come socialismo e comunismo»55, non sono in

grado di comprendere la complessità di un racconto come quello di Daudet. É dunque

compito dei giornalisti essere cauti, concludendo con un laconico e inquietante:

47 Ibidem, p. 73.

48 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 134. 49 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 122. 50 Ibidem, p. 78. 51 Ibidem, p. 128 52 Ibidem, p. 168. 53 Isabel Forte, A Censura de Salazar no Jornal de Notícias, Edições MinervaCoimbra, Coimbra, 2000, p. 55. 54 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 185. 55 Ibidem, p. 168.

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«Noi dobbiamo sorvegliare noi stessi»56.

Intanto Monteiro è in Alentejo, una piccola regione nel Sud del Portogallo, a reclutare

giovani per la battaglia civile in Spagna. Continua a inviare articoli a Pereira il quale,

tornato a Lisbona, viene a conoscenza da padre António che la situazione in Spagna è

grave e che «scrittori cattolici quali Bernanos, Mauriac e Maritain hanno preso posizione

[…] a favore della Repubblica, perché costituzionale»57. Inoltre scopre che il telefono della

redazione è stato collegato con la guardiola del palazzo, in modo tale che la portinaia

Celeste, «informatrice della polizia»58, possa controllare ogni telefonata.

Malgrado ciò «continua ad essere titubante; solo un evento brutale come l’assassinio di

Monteiro»59 riuscirà a spingerlo all’azione. Il giovane è ormai braccato dalla polizia e si

rifugia a casa del giornalista. Ben presto «tre uomini civili e […] armati di pistole»60 si

presentano alla sua porta, definendosi della polizia politica, nonostante non mostrino il

tesserino di riconoscimento. Due di loro scovano Monteiro nello studio. Non ne uscirà

vivo.

I tre facinorosi scappano e al giornalista, vedendo i capelli del ragazzo «pieni di

sangue»61 e il suo corpo senza vita, viene in mente «un’idea folle»62. La morte dell’amico

lo porta a confrontarsi direttamente con la violenza e la sopraffazione della dittatura, una

crudeltà tale che trascende qualsiasi posizione ideologia, sia il marxismo “sovversivo” di

Marta e Monteiro, sia il cristianesimo di Padre António, che la scienza del Dottor

Cardoso63. Nel suo piccolo appartamento in «Rua de Saudade numero 22»64 è avvenuta la

negazione totale dei diritti umani e Pereira, dopo tanti dubbi, trovare la forza di denunciare

e ribellarsi alla violenza perpetrata. Utilizza un’arma che, come «uomo di cultura»65,

conosce e gli è consona: la parola.

56 Ibidem, p. 169. 57 Flavia Brizio-Skov, op. cit., pp. 142-143. 58 Ibidem, p. 136. 59 Ibidem, p. 143. 60 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 193. 61

Ibidem, p. 198. 62 Ibidem, p. 201. 63 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 144. 64 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 203. 65 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 144.

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Scrive, infatti, un articolo per il Lisboa: Assassinato un giornalista, è il titolo. In queste

righe parla di Monteiro, del suo amore per la vita e dei suoi testi sui grandi scrittori

dell’epoca. Racconta che «la morte è andata a cercarlo»66 per colpa di tre facinorosi e li

descrive:

«Se i nomi non erano falsi essi si chiamano Fonseca e Lima, sono due uomini alti e

robusti, di incarnato scuro, con l’aria poco intelligente. Mentre l’uomo magro e

basso teneva sotto il tiro della pistola chi scrive questo articolo…»67.

Chiude invitando

«le autorità competenti a vigilare attentamente su questi episodi di violenza che alla

loro ombra, e forse con la complicità di qualcuno, sono perpetrati in Portogallo»68.

Il giorno seguente si reca a consegnare l'articolo al proto, il quale nota subito che «non

c'è il visto della censura»69 e dunque non gli è permesso stamparlo. Pereira, con finta

noncuranza, chiama il Dottor Cardoso che, fingendosi il maggiore Lourenço, capo della

Polícia de Vigilâcia e Defesa do Estado70, esorta il tipografo a pubblicare il pezzo il giorno

stesso perché «la polizia portoghese non ha paura di questi scandali»71. Pereira, infine, «lo

firma di suo pugno e poi fugge»72.

66 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 202. 67 Ibidem, p. 203. 68 Ibidem. 69 Ibidem, p. 205. 70 Mario Ivani, op. cit., p. 83. 71 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 206. 72 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 144.

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Capitolo Secondo

La dittatura salazarista

Come illustrato nel capitolo precedente, nel romanzo Sostiene Pereira73 la svolta personale

del protagonista, il suo riappropriarsi di se stesso e dei suoi valori, s'intreccia e si fonde con

l’argomento di questa Tesi, la censura negli anni Trenta in Portogallo. Per capirne i

meccanismi è fondamentale tracciare le motivazioni storiche dell’instaurarsi dell’Estado

Novo e le sue peculiari caratteristiche.

2.1 Dalla Repubblica all’Estado Novo

Instauratasi con la rivoluzione «che abbatté la monarchia dei Bragança il 5 ottobre del

1910»74, la Prima Repubblica portoghese fu caratterizzata da un «degradante disordine»75 e

da forte instabilità politica, dove le questioni personali occupavano la gran parte del tempo

dei parlamentari. L’amministrazione dello Stato «era pessima, caotica, sfruttatrice,

incontrollata»76 e, in quindici anni, si susseguirono otto Presidenti della Repubblica e

quarantacinque Governi77.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, viste le ingenti perdite, la situazione economica

precipitò; la moneta – l’escudo - si svalutò e l’inflazione galoppante divorò i piccoli

risparmiatori. Gli operai iniziano a scioperare frequentemente, con violenti scontri e

l’utilizzo di bombe. Tutto ciò allarmò il fondamento stesso della Repubblica: la piccola

borghesia, che ormai vedeva l’attività dei partiti solo come un ostacolo alla realizzazione di

una politica progressista78.

73 Ibidem. 74 Mario Ivani, op. cit., p. 25. 75 Aldo Bizzarri, Origine e caratteri dello “Stato Nuovo” Portoghese, Istituto per gli studi di politica internazionale, Milano-Varese, 1941, p. 7. 76 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 7. 77 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 310. 78 Ibidem.

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«Sola la dittatura può salvarci [...]. Non diciamo tale dittatura […] di tali uomini,

[...] con tali finalità o tali processi, la dittatura basata su tale o talaltra forza

nazionale superiore alle classi, alle caserme, ai partiti. Diciamo, molto

semplicemente, la dittatura e basta»79.

Quest'opinione, espressa in un articolo della Seara Nova nel 1924, era l’idea dominante

anche nei due più diffusi quotidiani portoghesi: O Século e il Diário de Notícias, entrambi

punti di riferimento delle classi medie e alte80. Nell’arco di due anni “l’augurio” degli

intellettuali del Seara Nova si sarebbe avverato.

Nel maggio del 1926 il Partido Democrático di António Maria da Silva era già in

carica da ventidue mesi, una longevità inammissibile per gli altri partiti, ansiosi di

alternarsi al potere81. Per mettere fine a un sistema parlamentare bloccato, «una vasta

coalizione di forze […] tra loro molto eterogenee, dalla sinistra repubblicana alla destra

fascisteggiante»82 decise di ricorrere a un golpe militare. Il 28 maggio 1926 il generale

Manuel Gomes da Costa, sfruttando il suo prestigio nell’esercito, proclamò la rivolta di

Braga ottenendo in fretta l’adesione delle truppe del Nord. A Lisbona i tumulti giudicati

dall’ufficiale di marina Cabeçadas non ebbero lo stesso numero d'adesioni, ma, di fronte

alla situazione del Nord, il Presidente della Repubblica Bernardino Machado lo nominò

Capo del Governo83.

L’interesse delle forze di destra, però, non era solo di «mettere fine all’egemonia del

Partido Demócratico, ma all’esistenza stessa dei partiti, quali essi fossero»84. Facendo

pressione sui capi militari riuscirono, con il pretesto di una parata militare per le vie della

capitale, a imporre le dimissioni di Cabeçadas, sostituito da Gomes da Costa. Destituito il 9

luglio da un nuovo golpe comandato dal colonnello João Sinel de Cordes, al suo posto

s'inserì il generale Óscar Carmona, che dal carattere poco ambizioso forniva ampie

79 Ibidem, p. 313. 80 Goffredo Adinolfi, Ai confini del Fascismo. Propaganda e consenso nel Portogallo salazarista (1932-

1944), FrancoAngeli, Milano, 2007, p. 24. 81 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 313. 82 Mario Ivani, op. cit., p. 28. 83 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 313. 84 Ibidem, p. 314.

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rassicurazioni e larghi consensi negli ambienti militari. Nell’arco di tre mesi, attraverso

diverse leaderships, il Portogallo passò dalla Repubblica alla Ditadura Militar85

.

La giunta militare si presentò con un regime d'ordine e carattere eccezionale che, una

volta risanate le finanze e rilanciata l’economia, avrebbe lasciato il posto a una rinnovata

democrazia liberale86. Il potere centrale e locale fu gestito inizialmente dai militari, in un

sistema che un giornalista francese, in visita in Portogallo nel 1927, definì così:

«il comando è esercitato dal basso verso l’alto. Sono “soviet dei tenenti” che si

impongono ai generali e dettano la politica. Di tanto in tanto si vede un gruppo di

ufficiali e di subalterni salire le scale di un ministero. Sembrano molto contenti di

sé. É una commissione di tenenti che va a dare gli ordini»87.

Per questi gruppi il problema dominante fu l’ordine pubblico. Le divergenze politiche

furono considerate un attentato alla sicurezza dei cittadini, fu introdotta la censura

preventiva sulla stampa, qualsiasi contatto con i governanti degli anni precedenti era

considerato sospetto88. Le rappresaglie del regime furono implacabili: arresti, torture,

deportazioni senza processi, licenziamenti di massa e persecuzioni d’ogni genere89. Dal

punto di vista economico, le spese aumentarono e i militari, incapaci di elaborare un

programma chiaro e unitario, portarono il deficit alle stelle. Sinel de Cordes fu costretto, di

seguito alla sua fallimentare gestione del Ministero delle Finanze, a chiedere un cospicuo

prestito alla Società delle Nazioni. Come garanzia fu imposto al Portogallo il controllo

finanziario90. Una condizione giudicata offensiva all’indipendenza nazionale, risvegliando

«il vecchio spirito portoghese […], la volontà di fare da sé»91.

Vincente Freitas, il Presidente del Consiglio dei Ministri, «vedendo il paese sfaldarsi

completamente»92 tra le mani dei militari, decise di chiamare al Dicastero delle Finanze

85 Mario Ivani, op. cit., pp. 28-29.

86 Ibidem, p. 28.

87 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 315. 88 Ibidem. 89 Mario Soares, L’opposizione democratica in Portogallo, Edizioni il Formichiere, Milano, 1974, p. 22. 90 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 9. 91 Ibidem. 92 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo che schiacciò il Portogallo, http://www.storiain.net/arret/num60/artic3.htm.

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«l’uomo della provvidenza»93: António Oliveira Salazar, professore di Scienza delle

Finanze all’Università di Coimbra. Il piano di Salazar per porre fine alla crisi economica

implicava forti restrizioni della spesa pubblica e contenimento dei salari94. Riuscendo

nell’impresa di ristabilire l’equilibrio finanziario, già nel 1929 egli era considerato «il

miglior cervello e l’uomo più forte del Governo»95. Nessun ministro poteva prendere

misure che portassero a un aumento di spesa senza la sua approvazione e, forte del

prestigio acquisito in breve tempo, vincolò la sua partecipazione al Governo a una svolta

definitiva della dittatura in senso antiliberale e autoritario96.

Salazar riuscì a trovare l’appoggio dei banchieri, dei grandi proprietari terrieri e di tutta

la classe agiata97 e, a livello politico, fu in grado di creare un compromesso tra i vari partiti

della destra portoghese (i liberal-conservatori, i radicali, i conservatori autoritari)98, sotto il

conforto delle grandi certezze, delle verità assolute e indiscutibili:

«Dio, e la virtù; […] la Patria e la sua storia; […] l’autorità e il suo prestigio; […]

la famiglia e la sua morale; […] la gloria del lavoro e il suo dovere»99.

La pubblicazione della nuova Costituzione l’11 aprile 1933, che fu sottoposta a plebiscito

in un sistema elettorale nel quale le astensioni furono considerate come tacite

approvazioni100, fu una sorta di rito di passaggio tra la Ditadura Militar e quella civile di

Salazar, sancito dal massimo titolo onorifico portoghese: la Grã Cruz da Ordem da Torre e

Espada. Salazar fu il primo civile nella storia a ricevere un simile onore101. Il 5 luglio 1932

nacque ufficialmente il suo primo Governo e, nel discorso inaugurale, parlò

instancabilmente di un «risorgimento nazionale», di «un Portogallo da ricostruire», per il

93 Ibidem. 94 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 36. 95 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 315. 96 Mario Ivani, op. cit., p. 30. 97 Mario Soares, op. cit., p. 44. 98 Helena Ângela Veríssimo, Os Jornalistas nos anos 30/40. Elite do Estado Novo, Ediçoes MinervaCoimbra, Coimbra, 2003, p. 22. 99 Discorso di Salazar alla commemorazione del X anniversario del 28 Maggio, citato in Ibidem («conforto das grandes certezas»; «Deus, e a virtude; […] a Pátria e a sua história; […] a autoridade e o seu prestígio; […] a família e a sua moral; […] a glória do trabalho e o seu dever»). 100 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 316. 101 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 44.

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quale era necessaria l’«unione di tutti i Portoghesi di buona volontà»102. Prese cosi vita

l’Estado Novo.

2.2 L’ideologia Salazarista

Salazar, figlio di proprietari terrieri, cattolici e conservatori, nacque nel 1889 a Santa

Comba Dão, un piccolo borgo agricolo tra Viseu e Coimbra, dove non passava la ferrovia e

gli unici cambiamenti erano dovuti all’alternarsi delle stagioni. Da questo background

personale, limitato e ristagnante, sorsero i tratti salienti del suo regime103.

La figura di Salazar, costruita a tavolino da António Ferro, «di un uomo timido e

solitario che contro la sua volontà assume il compito di reggere il fardello […] di un paese

come fosse la sua croce»104 si discosta fortemente, secondo Jacques Georgel, dalla vera

natura del dittatore. Un uomo freddo, distaccato, misantropo e sedentario che «sfugge agli

uomini semplicemente perché li disprezza; è un asociale»105 che «afferma di conoscere

meglio i problemi delle persone chiudendo la sua porta di casa»106. «Concepiva il

Portogallo come una specie di proprietà rurale, estremamente chiusa al fine di evitare i

contagi impuri della civiltà esterna»107. L’alterità «non esercitava in lui alcun tipo di

attrattiva, ma al contrario gli appariva ostile»108.

Fu indubbiamente un dittatore sui generis, che governò il Portogallo come un regime

autoritario di stampo ottocentesco, all’insegna di «Deus, Pátria, Família»109. Diverso da

Mussolini, il condottiero per eccellenza, di cui criticava i numeri da circo dei raduni110, e

da Hitler, totalmente privo della sua ideologia espansionistica e guerrafondaia111, sia per

102 António de Oliveira Salazar, Discursos, 1928-1934, Coimbra Editora, Coimbra, 1939, p. 154 («ressurgimento nacional»; «um Portugal a reconstruir»; «união de todos os portugueses de boa-vontade»). 103 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo…, op. cit. 104 Ibidem. 105 Ibidem. 106 Ibidem. 107 Mario Soares op. cit., p. 40. 108 Ibidem. 109 Nelson Ribeiro, A Emissora Nacional nos Primeiros Anos do Estado Novo 1933-1945, Quimera Editores, Lisboa, 2005, p. 85. 110 António Ferro, Salazar, O homem e a sua obra, 3° ed., Empresa Nacional de Publicidade, Lisboa, 1935, p. 181. 111 António Costa Pinto, O Salazarismo na recente investigação sobre o fascismo europeu – velhos

problemas, velhas respostas?, in Análise Social, a. XVII, vol. XXV, n. 108-109, p. 696.

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carattere, sia perché già in possesso di un impero coloniale. Forse più vicino a Franco,

senza avere però la sua brillante carriera militare alle spalle. Ebbe un ruolo molto simile a

loro, ma senza mai farsi chiamare Duce, né Führer, né Caudillo, ma semplicemente il

dottor Salazar, Presidente del Consiglio dei Ministri. Incapace di parlare al pubblico senza

un foglio scritto, non aveva alcun tipo d’ascendenza sulla folla112.

Considerava l’Estado Novo come «una creazione politica strutturalmente

portoghese»113 e, per tratteggiarne le singolarità, è utile far riferimento al saggio di

Fernando Rosas O Salazarismo e o homem novo: ensaio sobre o Estado Novo e questão do

totalitarismo114, nel quale l’ideologia salazarista è sintetizzata con cura in sette miti

ideologici115.

Innanzitutto il mito palingenético, ossia della rinascita del Portogallo grazie al Nuovo

Stato, l’Estado Novo appunto, che aveva interrotto il secolo oscuro del liberalismo

monarchico e del suo parossismo repubblicano116. In secondo luogo il mito central de

essência ontológica do regime, o meglio della convinzione che l’Estado Novo fosse, non

una semplice e indistinta forma di governo ma, ontologicamente, l’«istituzionalizzazione

del destino nazionale»117, la materializzazione nel XX secolo della mitica Storia del

passato. Quel passato fatto di viaggi, di esplorazioni, di conquiste e grandi avventure

marittime, ben rese dal poema Os Lusíadas118

di Camões. Il terzo mito Rosas lo definisce

imperial per la vocazione storico-provvidenziale del Portogallo di colonizzare ed

evangelizzare «popolazioni indigene»119. Un impero «pluricontinentale», ma «indivisibile

e inalienabile»120. Un mito enfatizzato spesso da Salazar nei suoi discorsi, nonostante

redisse l’Acto Colonial121 senza sapere cosa fosse l’Angola, il Mozambico e gli altri

112 Mario Soares, op. cit., p. 38. 113

Aldo Bizzarri, op. cit., p. 14. 114 Fernando Rosas, O Salazarismo e o homem novo: ensaio sobre o Estado Novo e a questão do

totalitarismo, in Análise Social, a. XXXVIII, vol. XXXV, n. 157, pp. 1031-1054. 115 Ibidem, p. 1034. 116 Ibidem. 117 Ibidem («institucionalizacão do destino nacional»). 118 Luís Vaz De Camões, Os Lusíadas, Biblioteca Universale Rizzoli, Roma, 2001. 119 Fernando Rosas, op. cit., p. 1034 («populações indigenas»). 120 Ibidem, p. 1035 («pluricontinental»; «indivisível e inalienável»). 121

Ibidem, p. 1034.

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domini, e fosse uscito dal Portogallo solo tre volte, di cui due per recarsi al confine per

incontrare il Generale Franco122.

É evidente che il regime salazarista, sorto per salvare la nazione, non poteva essere

discusso, perché discuterlo era mettere in discussione il Portogallo stesso. Il celebre slogan,

utilizzato anche come occhiello del Diario da Manhã123,

«Tudo pela Nação, nada contra a Nação»124

rende l’idea di questa «sacralizzazione dello Stato»125 che comporta la subordinazione di

ogni partito e gruppo sociale «alla suprema armonia nazionale»126 e all’attuazione di una

politica autarchica127 volta a salvaguardare il Portogallo da tutto ciò che è diverso

dall’identità lusitana, che tanto incensa il direttore del Lisboa a Pereira128.

Il quarto mito, denominato da ruralidade, nasce dalla struttura territoriale ed

economica dello stesso Portogallo, «un piccolo paese periferico»129, essenzialmente

agricolo, la cui terra è fonte principale di ricchezza. Ne consegue una critica

all’industrializzazione e all’urbanizzazione, che portano solo «ambizioni malate»130 e

squilibrata promozione sociale. Dalle campagne trae origine anche il quinto mito, della

pobreza honrada, in altre parole della povertà e della mediocrità (economica e culturale)

come unica felicità possibile e della conformità di ognuno al proprio destino131. La

condizione sociale, quindi, come motivo d’orgoglio, che nella realtà si tradusse in una

radicale conservazione di un immobile stato quo132. Una salvaguardia possibile solo

attraverso una società corporativa, esplicata nel sesto mito definito ordem corporativa. La

creazione di «una società organica e rigida»133, secondo un supposto ordine naturale delle

122 Goffredi Adinolfi, Il timido uomo…, op. cit. 123 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 108. 124 Fernando Rosas, op. cit., p. 1034 («Tutto per la Nazione, nulla contro la Nazione»). 125 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 108. 126 Decálogo do Estado Novo, Edizioni SPN, Lisboa, 1936, p. 17 citato in Ibidem, p. 107 («à suprema harmonia do Interesse Nacional»). 127 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit. 128 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 185. 129 Helena Ângela Veríssimo, op. cit., p. 22 («um pequeno país periférico»). 130 Fernando Rosas, op. cit. p. 1035 («ambiçoes doentias»). 131

Ibidem. 132 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 136. 133 Fernando Rosas, op. cit., pp. 1035-1036 («uma sociedade orgânica e regida»).

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cose, è l’espressione dell’indole conservatrice di Salazar. Il settimo e ultimo mito descritto

da Rosas è quello della essência católica da identidade nacional, intendendo il

Cattolicesimo come elemento essenziale del Portogallo, che ne definisce l’identità e la

storia134.

2.3 L’organizzazione dell’Estado Novo

Dalla figura di Salazar e dai topos descritti si modellò di conseguenza la struttura

dell’Estado Novo. Come rivela Goffredo Adinolfi, Salazar agì su tre tipi di organi per

legittimare e orchestrare il suo regime:

«quelli volti a includere nello Stato il cittadino/massa (gli organi corporativi e il

partito unico), gli organi repressivi ([…], polizia politica, […]) e infine quelli

persuasivi (Secretariado da Propaganda Nacional)»135.

Il cittadino e lo Stato

Allontanati e censurati tutti i partiti precedentemente esistiti, si creò, intorno a Salazar, un

vuoto politico che occorreva colmare136, per «inquadrare tutti coloro che volessero

partecipare alle attività politiche»137 e nel quale fossero conglobate tutte le anime accettate

del regime138. Nel maggio 1932 il Governo, non ancora guidato da Salazar, ma nel quale

la sua egemonia era già evidente, fece pubblicare sia il testo della nuova Costituzione, sia

gli statuti del partito unico, União Nacional (UN)139. Partito unico in quanto, nonostante

non vi fosse una proibizione esplicita, ogni organizzazione, di fatto, doveva sottoporsi a

un'autorizzazione preventiva del Governo. In Portogallo la realizzazione concreta della

dittatura avveniva, sostanzialmente, con un semplice diniego amministrativo140.

134 Ibidem, p. 1036. 135 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 12. 136 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo…, op. cit. 137 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 316. 138 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit. 139 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., pp. 41-42. 140 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit.

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In realtà, nel suo statuto, l'UN non si qualificava come partito, ma come

«un'associazione senza carattere di partito e indipendente dallo Stato, destinata a

garantire [...], con la collaborazione dei suoi membri, a prescindere

dall’appartenenza a una scuola politica o a una fede religiosa, la realizzazione e la

difesa dei principi descritti nel presente statuto»141.

«Una specie di superpartito, aperto a tutti i partiti o, meglio, a tutti gli uomini di tutti i

partiti»142, il cui compito era

«combattere le rimanenti cause dell’antica decadenza, curare i mali derivati dai

partiti, dalle sette e dalla guerra [...] e deviare i pericoli delle correnti

rivoluzionarie»143.

Questo carattere di organizzazione indipendente dal Governo, volta solo al bene dei

cittadini, nascondeva in realtà una totale dipendenza dall’Esecutivo144. I finanziamenti

uscivano direttamente dalla stanza del Ministero degli Interni e ai prefetti spettava

approvare o nominare le candidature. A questo nuovo “partito/non partito”, fu affiancato,

come organo ufficiale del Governo, il giornale Diário de Manhã, anch’esso finanziato

dallo Stato. A chiudere il regolamento vi era infine l'art. 30 il quale specificava che la

commissione centrale dell’UN sarebbe stata nominata direttamente dal Governo,

contraddicendone esplicitamente la sua presunta autonomia145.

All'UN fu affidato il compito di preparare le tornate elettorali della Costituzione, le

elezioni del Parlamento (Assembléia Nacional) nel 1934 e quelle presidenziali nel 1935146.

141 I congresso da UN, vol. I, s.e., p. 75, citato in Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 42 («uma associação sem carácter de partido e indipendente do Estado, destinada a assegurar […], pela colaboração dos seus filiados, sem distinção de escola política ou de confissão religiosa, a realização e a defesa dos princípios designados neste estatutos»). 142 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 12. 143 Diário de Manhã, 27 maggio 1932, citato in Goffredo Adinolfi, Ai confini….op. cit., p. 42 («combater as causas subsistentes de antigas decadências, curar os males feitos pelos partidos e pelas seitas […] e pelas guerra, e desviar os perigos das correntes revolucionárias»). 144 Ibidem. 145 I congresso da UN vol. I, s.e., p. 77 citato in Ibidem. 146 Ibidem, p. 42.

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Dopo l’approvazione della Costituzione nel 1933, però, UN entrò in una «fase di

letargia»147, destinata a interrompersi solo durante i riti elettorali. Di fatto non divenne mai

un partito paragonabile a quello fascista o nazista, non gli furono mai assegnate

caratteristiche tali da far partecipare il popolo alla vita dello Stato, a farlo vivere in un

clima di tensione ideale148. Non fu un vero partito di massa, ed era solo utilizzato per

evitare il «costituirsi di nuove aggregazioni politiche meno agevolmente controllabili»149.

L'UN, inoltre, non fu uno strumento di conquista del potere perché a Salazar, la presidenza

del Consiglio dei Ministri, gli fu offerta «su un piatto d’argento dai militari che si

ritenevano incapaci di governare»150. É opportuno rilevare anche che non dovette mai

sottoporsi personalmente alle elezioni, poiché, come sancito dalla Costituzione, gli era

sufficiente l’appoggio del Presidente della Repubblica151, il Generale Óscar Carmona, su

cui aveva un ascendente palese152.

Per quanto riguarda le elezioni, esistendo come unico partito l’UN, non erano

competitive e il diritto di voto era concesso solo ai padri di famiglia appartenenti a un

«ceto ristrettissimo, circa il 5% della popolazione»153. Inoltre, a livello locale, il regime

trovava ancora difficoltà a imporsi per la presenza dei caciques - medici, notabili,

proprietari terrieri, avvocati – persone influenti, spesso più dei prefetti, legate al vecchio

sistema partitico ormai abrogato154. Le votazioni e l'UN pertanto servivano ad assorbire

all’interno del regime queste figure e, grazie al sistema proporzionale delle liste, a capire

quali erano i caciques più importanti, premiandoli con un posto di deputato all’Assembléia

Nacional155. Il potere legislativo, in teoria, risiedeva nelle mani dei parlamentari, ma i loro

poteri furono radicalmente ridotti, diventando nel tempo un semplice palco di confronto tra

le diverse correnti che appoggiavano la dittatura156. La pratica governativa iniziò a essere

147 Ibidem, p. 49.

148 Mario Ivani, op. cit., p. 65. 149 Ibidem. 150 Mario Soares, op. cit., p. 45. 151 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 82. 152 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 64. 153 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 108. 154 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 68. 155 Ibidem, p. 69. 156 Ibidem, p. 64.

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condotta personalmente da Salazar, il quale non nascondeva di considerare una perdita di

tempo le discussioni del Consiglio dei Ministri157.

L'UN non fu utilizzata come organo per inserire il cittadino nello Stato, poiché non era

il partito, ma il sistema corporativo a essere il fondamento della nazione158. Nella visione

corporativa

«ogni uomo vive radicato e sicuro nel suo naturale status di vita – contadino,

operaio, religioso o professionista - [...]. L'appartenenza al gruppo garantisce

rappresentanza a tutti gli elementi della società, oltre a consentir loro di beneficiare

dei diritti e privilegi dovuti all’esser membri di un privilegiato organo»159.

Questo volle realizzare Salazar, ovvero uno

«Stato sociale e corporativo in stretta corrispondenza con la costituzione naturale

della società. [...] Secondo l'ideologia corporativista, la nuova organizzazione

politica e sociale del paese avrebbe dovuto basarsi su organismi o associazioni

"naturali", come la famiglia, la chiesa e le altre unità corporative di carattere

economico e professionale, coerenti con gli interessi della nazione portoghese»160.

Nel settembre del 1933 fu istituito il Subsecretariado do Estado e das Corporaçoes,

diretto da Pedro Teotónio Pereira, ma il cui controllo, come sempre, era nelle mani di

Salazar. Fu inoltre creato, ispirato alla Carta dei Lavoratori italiana, l’Estatuto do Trabalho

Nacional161, il cui scopo era «la cancellazione dei conflitti di classe» e la loro risoluzione

157 Ibidem. 158 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 81. 159 Sílvia Lemgruber Julianele Anciães, A Revolução dos Cravos e a adoção da opção européia da política

externa portuguesa, Dissertação de Mestrado, PUC-RIO, Rio de Janiero, 2004, p. 42 («each man would be rooted and secure in his natural station in life – peasant, urban worker, cleric or Professional – […]. Group membership would guarantee representation to all elements in society, as well as enabling them to qualify for the rights and privileges due them as members of an officially sanctioned body»). 160

Ibidem («Estado social e corporativo em estreita correspondência com a constituição natural da sociedade […]. Dessa forma, de acordo com a ideologia corporativa, a nova organização política e social do país deveria basear-se em organismos ou associações “naturais”, como a família, a Igreja e outras unidades corporativas de caráter econômico e profissional, supostamente condizentes com os verdadeiros interesses da nação portuguesa»). 161 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 66.

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all’interno di un preteso ordine nazionale162. I vecchi sindacati di classe erano costretti o ad

accettare i nuovi regolamenti imposti, oppure rifiutarli, decretando così la propria fine. In

cambio della perdita della libertà i lavoratori ottennero la settimana lavorativa di otto ore, il

salario minimo garantito e varie misure per la tutela del lavoro infantile. A coronamento

della struttura corporativa fu posta la Câmara Corporativa, un organo consultivo

dell’Assembléia Nacional, composto dai rappresentanti delle forze vive del paese. Come

nel caso dell’UN, anche per il sistema corporativo non furono messi in pratica i principi

ispiratori poiché gli unici sindacati ad avere un’organizzazione strutturata a livello

nazionale furono quelli delle professioni liberali, mentre agli altri fu consentito

organizzarsi solo a livello distrettuale, senza raccordi con altri distretti. Per tutti l’Instituto

Nacional do Trabalho e Previdência si occupava dei contratti collettivi di lavoro. Cosi,

senza le corporazioni, i membri della Câmara Corporativa non furono scelti tra le forze

vive del paese, ma passarono a essere nominati direttamente da Salazar163.

Oltre ai sindacati nazionali fu istituita la Fundaçao Nacional para ad Alegria no

Trabalho (FNAT), organo dedito a organizzare il tempo libero dei lavoratori. Avevano il

diritto di usufruire delle sue strutture i membri dei sindacati nazionali, ma, se gli iscritti

agli organismi erano pochi, ne consegue che anche i partecipanti delle attività della FNAT

fossero ridotti numericamente164. Il fine del corporativismo, si può infine aggiungere, non

fu solo quello di inquadrare braccianti agricoli e proletari, ma anche di «coordinare e

regolare la vita sociale ed economica, determinandone gli obiettivi»165, dunque di

subordinare l’élite economica agli interessi della produzione nazionale. Salazar, attraverso

gli organi di coordinazione economica, controllò le dimensioni delle imprese, le quote di

produzione e di consumo delle materie prime e l’autorizzazione all’importazione166.

Altri due organi volti all’inquadramento del cittadino furono la Mocidade Portuguesa

(MP) e la Legião Portuguesa (LP), entrambe istituite nel 1936167, nella mutata situazione

162 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 83. 163 Ibidem, pp. 83-84. 164 Ibidem, p. 84. 165 Decreto legge 25 050, 23 Settembre 1933, citato in Ibidem, p. 85 («coordenar e regular […] a vida económica e social, determinando-lhe os objectivos»). 166

Ibidem, p. 85. 167 Ibidem, p. 129.

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internazionale determinata dallo scoppio della guerra civile in Spagna168. É in questo

periodo che avviene un processo di fascistizzazione dell’Estado Novo, dovuto

all’incombere del «pericolo rosso»169, di quel «nemico di speciale virulenza che tenta di

installarsi nel corpo sociale delle nazioni»170.

La MC fu un’organizzazione paramilitare obbligatoria analoga ai Balilla italiani171,

che, in un momento nel quale i professori non erano ancora considerati sufficientemente

fedeli, serviva a formare i giovani dei licei con lezioni di morale e di valori portoghesi172.

La MC è ben resa in Sostiene Pereira173

, quando il giornalista incontra Monteiro per la

prima volta a una festa salazarista, dove molte persone portano «camicia verde e il

fazzoletto al collo»174. Per quanto riguarda la LC questa era una sorta di milizia volontaria,

riconosciuta ufficialmente da un decreto nel settembre 1936175, destinata alla difesa

dell’ordine pubblico contro i nemici della nazione, e sotto controllo diretto del Ministero

della Guerra176. I membri furono inviati come volontari nella vicina guerra civile spagnola

per aiutare le truppe franchiste177. Va rilevato che queste due strutture che non furono un

mezzo per mantenere o ottenere il potere, ma semplicemente una generosa concessione di

Salazar alla destra radicale178.

Traendo le conclusioni sul rapporto tra il cittadino e lo Stato, si può affermare che,

nell’Estado Novo, «l’individuo in quanto singolo non doveva esistere»179, se non, come

espressamente riportato nel Decalogo dell’Estado Novo pubblicato nel 1934,

«in quanto […] parte dei gruppi naturali (famiglia), professionali (sindacati e

corporazioni), territoriali (comuni); e soltanto in queste qualità gli sono riconosciuti

168 Mario Ivani, op. cit., p. 36. 169

Ibidem. 170 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 235. 171 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit. 172 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 67. 173 Antonio Tabucchi, op. cit. 174 Ibidem, p. 20. 175 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 228. 176 Ibidem, p. 239. 177 Mario Ivani, op. cit., p. 36. 178 Nuno Luís Rodrigues, «A gravidade da hora que passa!»: a criação da Legião Portuguesa em 1936, in

Análise Social, a. XXXII, vol. XXX, n. 130, p. 117. 179 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 107.

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tutti i diritti necessari. Vale a dire: nell’Estado Novo l’individuo non ha diritti

“astratti”, ma diritti “concreti”»180 .

È fondamentale evidenziare che

«la volontà totalitarista del dittatore non andò mai nel senso di voler creare una

società di massa. I cittadini, infatti, furono in qualche modo “liberi” di scegliere se

iscriversi o meno nelle strutture dello Stato corporativo, cioè liberi di non esprime

nessuna opinione, di non scegliere, ma nel caso avessero voluto scegliere,

avrebbero dovuto farlo in sintonia con le prescrizioni dell’Estado Novo»181.

Salazar sembrava aver capito, e utilizzato a suo favore, l’indole naturale dell’Uomo

Lusitano, il quale è

«un latino, ma un latino “atlantico”, non mediterraneo. Ha della razza alcune

caratteristiche delle più spinte, e non le migliori, […] è molle, amante del

benessere, in fondo calmo e posato, bonario, lento, malinconico […] può viver

benissimo al di fuori della vita pubblica, e la disciplina invece di rafforzarlo, lo

avrebbe forse esasperato, un inquadramento, coi suoi doveri avrebbe probabilmente

provocato del disagio»182.

I differenti settori del regime, dunque, attraevano solo chi era già in parte predisposto

ideologicamente a farne parte183. La partecipazione si configurò così come un

assemblaggio delle varie anime disposte a collaborare al progetto dell’Estado Novo184 e per

la massa di «miserabili»185 lavoratori non ci si poneva neppure nei loro confronti il

problema del consenso e dell’adesione alla dittatura. Per capire quanto questa fosse ridotta,

180 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 69. 181 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 119. 182 Mario Ivani, op. cit., pp. 65-66. 183 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 163. 184

Ibidem, p. 107. 185

Ibidem, p. 164.

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27

basta considerare i dati del 1942, forniti dell’Instituto Nacional de Estatística, che su una

popolazione attiva di 5.209.720 persone rivelano che solo 380.000 erano iscritti ai

sindacati nazionali186. Le attività del regime finirono per concentrarsi nei centri urbani,

dove risiedeva il 20% della popolazione, mentre il restante 80%, simbolo di quel mondo

rurale che costituiva una delle basi ideologiche del regime, sembrava preferire «restare a

casa»187.

La dittatura era destinata a delle élites conservatrici che consideravano il popolo

portoghese portatore di una «bontà malata»188, di un «carattere volubile, inconcludente,

molto infantile e irresponsabile»189. Un popolo che, a detta di Salazar, desiderava solo

«essere ben governato»190. Era un regime scevro della partecipazione attiva, privo di

visioni massificanti, il cui scopo era mantenere immutato lo stato delle cose, promuovendo

un «atteggiamento fortemente passivo»191. Esemplare l’architettura delle case popolari, che

dovevano essere unifamiliari e dotate di un piccolo orto, in modo tale che le persone non

sentissero l’esigenza di momenti d'incontro, anzi era necessario che fossero isolate affinché

potessero dedicarsi unicamente alle proprie famiglie192.

La repressione e la PVDE

A differenza degli organi corporativi la polizia politica fu dotata di ampi poteri diventando

uno strumento cardine per il controllo e la repressione della popolazione. Nel 1933,

attraverso la fusione della Polícia de Informações e della Polícia Internacional, create

durante la Ditadura Militar, il Ministero dell’Interno costituì la Polícia de Vigilãncia e

Defesa do Estado (PDVE) 193. Si venne a creare «un sistema di giustizia parallelo, che si

contrapponeva ai principi di tutela sanciti dalla Costituzione appena approvata»194.

186 Ibidem, p. 163. 187 Ibidem, p. 165. 188 Fernando Rosas, op. cit., p. 1038 («bondade doentia»). 189 Ibidem («carácter volátil, inconsequente, impressionável, algo infantil e irresponsável»). 190

Ibidem. 191 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 136. 192 Ibidem, p. 87. 193 Mario Ivani, op. cit. p. 81. 194 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 70.

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Fu sostanzialmente un organo segreto, i cui membri non erano conosciuti, le regole

erano definite in maniera vaga, ma possedeva una forza capace di reprimere in maniera

terroristica ogni forma di dissenso. Per chi era arrestato divenne impossibile difendersi di

fronte a qualsiasi tribunale e spesso il processo, poiché si faceva ampio uso della

carcerazione preventiva, divenne una prassi ininfluente. Il comandante Agostinho

Lourençõ, citato nel finale di Sostiene Pereira195, comprese che per aver un controllo

efficace sul territorio bisognava creare una rete d'informatori civili. Forti del fatto di essere

persone comuni, erano in grado di estendere il controllo dello Stato nei luoghi più intimi

del vivere sociale196 . La portinaia che controlla le telefonate, le mosse e le frequentazioni

di Pereira lungo tutto il romanzo, né è una rappresentazione fedele197.

La violenza non fu mai non valore intrinseco dell’Estado Novo che, come si è visto, era

teso verso l’armonia nazionale. I soprusi contro il macellaio ebreo, la morte del carrettiere

socialista e di Monteiro, sempre in Sostiene Pereira198, vanno inquadrati all’interno di una

tolleranza del regime verso le sue frange più violente ed estreme. In genere Salazar preferì

“economizzare il terrore”, utilizzandolo solo contro i dissidenti politici, in modo tale da

ridurre i costi, le vittime e garantire la durata del regime199.

Ciò non toglie, come testimonia Mario Soares nel libro L’opposizione democratica in

Portogallo200, che la tortura contro gli oppositori fosse brutale, esercitata con «colpi di

frusta o di nerbo di bue, luci abbaglianti, manette elettriche»201. Le violenze arrivavano non

di rado all’omicidio. Spesso, infatti, i detenuti “cadevano” dalle finestre del teatro di São

Carlos, che allora ospitava il quartiere centrale della polizia. Un'altra tortura era quella del

sonno, subita dallo stesso Soares. Fu costretto a passare quattro giorni e quattro notti

consecutive in una stanza vuota, con una guardia che gli impediva di addormentarsi202.

Nel 1936 fu creato il campo di concentramento di Tarrafal, nell’isola di Santiago, a

Capo Verde, dove furono trasferiti soprattutto i militanti delle opposizioni anarchiche e

195 Antonio Tabucchi, op. cit. 196

Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit, p. 71. 197 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 148. 198 Ibidem. 199 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, Vítimas de Salazar. Estado Novo e violência

política, Esfera dos Livros, Lisboa, 2007, pp. 25-26. 200 Mario Soares, op. cit. 201

Ibidem, p. 48. 202 Ibidem, pp. 51-52.

Page 29: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

29

comuniste. I detenuti erano privati delle più elementari condizioni igieniche, senza cibo,

imprigionati nelle famigerate frigideiras (letteralmente padelle),

«minuscoli compartimenti ricoperti di lastre di cemento, senza finestre, illuminati

solamente da una piccola presa d’aria di 30 centimetri per 40, nelle quali i

prigionieri, esposti al sole tropicale, cocevano lentamente»203.

La propaganda e la fallimentare política do espírito

Nella seconda metà del 1933 mancava ancora un unico tassello all’impalcatura dell’Estado

Novo, un organo che si occupasse della propaganda, di costruire la «verità di regime»204.

Per svolgere questo ruolo, con il Decreto Lei 23 054 (25.09.1933), fu istituito il

Secretariado da Propaganda Nacional (SPN)205. Come direttore fu designato António

Ferro, già autore di una serie d’interviste a Salazar, pubblicate nel 1932 sul Diário de

Notícias206. Ancor prima del golpe militare del 1926, Ferro si fece notare come inviato a

Fiume e con un’intervista a Mussolini nel 1923, nella quale sottolineò l’ammirazione per il

dittatore italiano207. Lo esaltò come baluardo contro lo spettro comunista, e punto di

riferimento per lo Stato portoghese208. L’interesse di Ferro nei confronti del fascismo era di

aspetto prevalentemente estetico, legato all’immagine eroica di un capo e del suo rapporto

simbiotico con «il Popolo»209. Il Popolo con la P maiuscola, un’entità astratta, solo uno

sfondo sfumato per le coreografie del fascismo210.

Con l’ingresso di Salazar al potere, Ferro fu uno dei primi a porre l’accento sui modi

con cui il dittatore avrebbe dovuto rapportarsi con le masse. Lo fece in modo esplicito con

un articolo sul Diário de Nóticias, O ditator e a multidão, nel quale sembrava suggerire a

Salazar un rapporto con le folle simile a quello che Mussolini adottava in Italia, con le

203 Ibidem, pp. 49-50.

204 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 92. 205 Ibidem. 206 Ibidem, p. 56. 207 Mario Ivani, op. cit., p. 47-48. 208

Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 31. 209 António Ferro, Viagem à volta das ditaturas, Ed. Diário de Notícias, Lisboa, 1927, p. 20 («o Povo»). 210 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 34.

Page 30: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

30

«ventimila persone che si accumulano, si agitavano, in Piazza Venezia e esigevano

che il Duce venisse alla finestra, a parlar con loro, che dedicasse loro un minuto

della sua vita, della sua forza»211.

Ferro voleva mettere in guardia il Presidente del Consiglio dai rischi di rinchiudersi in una

dittatura banalmente conservatrice, destinata a suo avviso a soccombere212. Bisognava dare

«una motivazione metafisica al regime, capace di giustificarne in ogni momento la sua

esistenza»213 e creare una política do espírito, i cui sacerdoti sarebbero stati gli artisti, i soli

in grado di coinvolgere il popolo che altrimenti se

«non vede, non legge, non sente, non vibra, non esce dalla sua vita materiale, fatta

di doveri, diventa un popolo inutile e scontento»214.

Salazar, a dispetto del fatto che rifiutasse la politica di massa, scelse António Ferro

come presidente del SPN in quanto uomo di fiducia, al di fuori di qualsiasi partito, e questa

sembrava, in un momento nel quale la situazione interna non si era ancora stabilizzata,

l’unica soluzione per dare alla nazione un’«unica, uniforme, visione delle cose»215. Il

Secretariado divenne l’unico organismo competente alla «direzione e alla sovrintendenza

della Propaganda Nazionale»216, il cui compito era «coordinare tutta l’informazione

relativa all’azione dei differenti ministeri»217 e l’organizzazione di «manifestazioni

nazionali o feste pubbliche con intento educativo o di propaganda»218. Manifestazioni che,

211 António Ferro, O ditator e a multidão Diário de Notícias, 31 ottobre 1932, p. 1, citato in Ibidem p. 53 («vinte mil pessoas acumulavam-se, congestionavam-se, na Piazza Venezia e exigiam que o Duce chegasse à janela, que lhes falasse, que lhes arremessasse um minuto da sua vida, da sua força»). 212 Ibidem, p. 54. 213

Ibidem. 214

António Ferro, Política do Espírito, Diário de Notícias, 21 novembre 1932, p. 1, citato in Ibidem, p. 55 («não vê, que não lê, que não ouve, que nãó vibra, que não sai da sua vida material, do Dover e Haver, torna-se um povo inútil e mal-humorado»). 215 Ibidem, p. 94. 216 Decreto Lei 23 054, citato in Ibidem («direccão e superintendência da Propaganda Nacional) 217 Decreto Lei 23 054, citato in Ibidem («coordenar toda a informação relativa à acção dos diferentes Ministérios»). 218 Decreto Lei 23 054 citato in Ibidem, p. 96 («organizar manifestações nacionais e festas publicas com intuito educativo o de propaganda»).

Page 31: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

31

come ricordò Salazar all'inaugurazione del SPN, sarebbero state diverse da quelle fasciste

in quanto, lui per primo, non era un

«grande oratore come Mussolini […] faticava a accendere le folle ed era chiaro che

ben difficilmente il regime si sarebbe organizzato nel senso di offrire una presenza

ossessiva del suo capo»219.

Salazar, leggendo le relazioni dei prefetti sulle condizioni precarie della popolazione220,

era consapevole che il Portogallo fosse uno dei paesi più poveri d’Europa e, pertanto, la

política do espírito avrebbe dovuto a far intendere al “volgo” che, se nel loro quartiere le

scuole chiudevano, i treni erano in ritardo e le strade erano disastrate, da qualche parte nel

territorio portoghese le cose avrebbero potuto anche essere diverse221. Bisognava che i

portoghesi si sentissero parte di un tutto, nel quale la singolarità della loro cara rua doveva

lasciare il posto alla (presunta) universalità dei fatti. Il SPN sarebbe dovuto diventare,

quindi, un

«autentico costruttore di verità o, come sarebbe più giusto dire, di realtà, la realtà

che aveva in mente il regime e che, da ora in poi, sarebbe stata l’unica

consentita»222.

L’ideologia che intendeva diffondere SPN si basava, essenzialmente, sui miti

sintetizzati da F. Rosas nel suo saggio223, con un occhio particolare alla «tradizione

secolare dell’unicum lusitano»224. Il concorso Aldeia mais portuguesa de Portugal225,

indetto nel 1938 per premiare il villaggio più portoghese Portogallo, permette di analizzare

la politica culturale salazarista «sotto un duplice aspetto, ovvero quello della retorica rurale

219 Ibidem, p. 97. 220 Ibidem, p. 98. 221 Ibidem. 222 Ibidem. 223 Fernando Rosas, op. cit. 224 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit, p. 136. 225 Ibidem («Villaggio più portoghese del Portogallo»).

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32

negli ambienti urbani e dell’intervento dello Stato nei piccoli centri»226. L’idea del

concorso era abbastanza semplice: le varie province dovevano nominare giurie locali con il

compito di scegliere due paesi che corrispondessero ai criteri richiesti dal bando:

«impermeabilità alle influenze straniere e un carattere tipico delle abitazioni, degli arredi,

del mondo di vivere e, insomma, di tutti gli aspetti del vivere quotidiano»227. Infine, una

giuria centrale avrebbe attribuito al vincitore il Gallo d’Argento.

La gara rappresentava, per le campagne, un modo di rompere la monotonia delle

abitudini quotidiane. Tuttavia il folclore contadino non era quello che il popolo

spontaneamente aveva creato durante i secoli, ma ciò che il regime intendeva come tale228.

Fu operata una vera e propria «reinvenzione della tradizione»229, coadiuvata dall’etnografia

che, opportunamente manipolata, inquadrò il concorso in un contesto fortemente estetico,

svuotato di ogni contenuto, teso solo a un'esaltazione della cultura popolare rurale. Una

cultura che, come più volte sottolineato, l’Estado Novo tentava di promuovere per rendere

il popolo «arrendevole e diligente nell’accettare la propria condizione sociale»230. A

vincere fu il paese di Monsanto, per cui il Gallo d’Argento è ancora un vanto, ma è

difficile capire quanto abbia inciso questa gara nella formazione del consenso tra gli

abitanti delle aldeias231. Per António Ferro, molto probabilmente, le campagne erano solo

lo sfondo ideale da diffondere nei grandi centri urbani, per stigmatizzare le abitudini

cittadine e per «pubblicizzare l’idea che, nelle sue più profonde radici, il Portogallo era un

paese sano e dai costumi genuini»232. Questa, è evidente, fu un’opera di totale finzione,

nella quale la fatica dei campi non appariva:

«quei uomini e quelle donne – sudati, stanchi, vestiti di stracci e spesso costretti a

dividere il loro spazio domestico con gli animali – […] erano spariti, mentre al loro

226 Ibidem. 227 Ibidem. 228 Ibidem, p. 137. 229 Ibidem. 230 Ibidem, p. 136. 231 Ibidem, p. 138. 232 Ibidem.

Page 33: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

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posto figuravano persone ben vestite, sorridenti, intente a svolgere i loro lavori con

serenità»233.

Nonostante i propositi e gli ideali che muovevano Ferro e la sua direzione del SPN

poco fu fatto, al di fuori di eventi eccezionali come l’inevitabile manifestazione in

occasione del X anniversario del 28 maggio 1926234 o le Esposizioni internazionali di

Parigi e New York nel 1939235, per attuale una vera e propria politica di propaganda. I

poteri del SPN erano sempre condivisi con altri organi, le manifestazioni erano spesso

organizzate da commissioni miste e, sopratutto, il Secretariado non aveva il potere di

emanare decreti e di partecipare al Consiglio dei Ministri, a differenza del suo omologo

tedesco236.

Suscita perplessità, ad esempio, che in un paese con un altissimo tasso di

analfabetismo, non si approfittasse di un mezzo diretto ed efficace come la radio237. Le

competenze dell’Emissora Nacional (EM), la radio di regime, erano affidate al Ministero

delle Opere Pubbliche, ma, per contro, il decreto istitutivo del SPN relegava la

responsabilità ad António Ferro. Le polemiche tra il Ministero dell’Opere Pubbliche e il

SPN su chi avrebbe dovuto essere il responsabile della radio, che si ridussero a relegare il

SPN a diffondere semplici bollettini informativi, in realtà trovano poca ragione d’essere

nella realtà. L’EM, infatti, aveva un ruolo di scarsissimo rilievo sul territorio, in quanto le

sue frequenze raggiungevano solo un raggio di 2-300 chilometri intorno a Lisbona238.

Per quanto riguarda il teatro, tutto si riduceva in sporadici interventi, come il Teatro do

Povo itinerante nel paese. Privo di velleità artistiche, era un’iniziativa modesta che nella

sua neutralità artistica aveva come obiettivo quello di essere rappresentato in zone rurali ai

confini con la Spagna, per preservarle dall’influenza con il Frente Popular239. Più che

233 Ibidem. 234 Ibidem, p. 116. 235

Ibidem, p. 138. 236 Ibidem, pp. 105-106. 237 Ibidem, p. 105. 238 Ibidem. 239 Ibidem, pp. 151-152.

Page 34: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

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propaganda attiva, quindi, una forma di resistenza, coerente con un regime che aveva come

punto di forza la «smobilitazione»240 delle masse.

Allo stesso modo il cinema di produzione portoghese trovava difficoltà ad affermarsi,

nonostante questa fosse l’unica attività che vedesse una partecipazione abbastanza

consistente241. Dominavano le commedie americane, sebbene fossero sottotitolate

impedendone la comprensione a chi non sapeva leggere, ovvero il 70% della

popolazione242. Durante il decennale del 28 maggio 1926, uscì nella sala Revolução de

Maio, scritto António Ferro. Un film dalla forte carica simbolica legata all’Estado Novo,

attraverso la storia di un giovane bolscevico che, grazie all’amore di un'infermiera, si rende

conto della benevolenza del regime portoghese243. I risultati al botteghino furono deludenti:

i portoghesi preferivano le commedie, sentendosi poco attratti da film che consideravano

probabilmente troppo noiosi. Le commedie rappresentavano i problemi della piccola

borghesia, le difficoltà economiche, l’inettitudine dei protagonisti, ma erano ben lontani da

riprodurre realmente la situazione di povertà del proletariato. Erano film di svago, dove la

povertà – come nel caso della Aldeia mais portuguesa de Portugal - era sempre

rappresentata come una forma di felicità244.

Il Secretariado si cimentò anche nella produzione di cinegiornali, i Jornais

Portugueses, legati anche in questo caso all’importanza di informare i portoghesi che, se

non nelle loro case, da qualche parte il regime stava attuando importanti opere per il bene

del paese. Anche quest’operazione si rivelò fallimentare poiché la scadenza mensile non

permetteva, chiaramente, di occuparsi di attualità, i cinema non erano obbligati a proiettarli

e, essendo prodotti solo in quattro copie, non avevano grande distribuzione245.

Per quanto riguarda il rapporto con la stampa, SPN scriveva articoli che i giornali erano

caldamente invitati – ma non obbligati - a pubblicare246. Avveniva così che i grandi

quotidiani, tra cui Diário de Notícias e O Século, che intrattenevano rapporti diretti con

240 Ibidem, p. 153. 241 Ibidem. 242 Ibidem, p. 156. 243 Ibidem, pp. 156-157. 244 Ibidem. 245 Ibidem, pp. 158-159. 246

Ibidem, p. 102.

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Salazar247, semplicemente li ignorassero oppure, come i giornali di provincia, li

ricopiavano ciecamente248. Le uniche notizie la cui pubblicazione era obbligatoria erano le

note ufficiose del governo, gestite direttamente da Salazar249.

Nel 1943 furono festeggiati i dieci anni del SPN e per Ferro fu un momento per fare un

bilancio della política do espírito250. Egli dovette ammettere, ufficiosamente, il suo

fallimento per

«mancanza di spirito rivoluzionario, pessima organizzazione delle forze politiche,

egoismo, eccessiva libertà di azione agli intellettuali di sinistra, mancanza di una

stampa opportunamente organizzata, e, infine, carenza di mezzi legali per la

propaganda e mancanza di ordinamento con gli altri organismi pubblici»251.

Con il Decreto Lei 34 133 (24.11.1944)252, il SPN fu completamente riformato e

rinominato con una definizione più neutra: Secretariado Nacional da Informação (SNI) nel

quale furono centralizzate, ovviamente nelle mani di Salazar seppur diretto fino al 1950

ancora da Ferro253, tutte le funzioni inerenti l’informazione, la cultura popolare, il turismo

e la censura. Il SNI divenne un organo più di controllo che non d'inquadramento

ideologico, sancendo così il crepuscolo della política do espírito254.

Un declino in qualche modo predestinato, vista la personalità di Salazar. Per lui dare

spazio alla política do espírito voleva dire uscire da una posizione di ambiguità, sulla quale

aveva basato il suo regime, ed esporsi troppo255. Concordando con Goffredo Adinolfi

«la ragione alla base di una propaganda frammentaria, caotica e dispersiva è che

[…] essa non doveva servire a formare lo spirito della Nazione, ma più

247 Ibidem, pp. 110-111.

248 Ibidem, p. 222. 249

Ibidem, p. 207. 250 Ibidem, p. 221. 251

Ibidem, pp. 224-225. 252

Ibidem. 253 Isabel Forte, op. cit., p. 56. 254

Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 225. 255 Ibidem, pp. 230-232.

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modestamente ad occupare uno spazio che avrebbe potuto essere conquistato da

altri»256.

Per questo bastava la censura, «arma più sofisticata, che uccideva lentamente qualsiasi

forma di opposizione scritta»257.

256 Ibidem, p. 233. 257 Ibidem, p. 230.

Page 37: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

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Capitolo Terzo

La censura in Portogallo negli anni Trenta

La

«depoliticizzazione e la smobilitazione civile dei portoghesi, per cercare di

impedire la presa di coscienza di alternative sociali, culturali, politiche e

ideologiche»258,

era l’obiettivo dell’Estado Novo, e, per questo, la censura fu la miglior arma per

contrastare il diffondersi di differenti possibilità di scelta.

3.1 La censura come male necessario

Interrogato da António Ferro sulla possibilità di porre fine alla censura presente in

Portogallo fin dal golpe militare del 1926, Salazar rispose:

«Comprendo che la censura la irriti [...] perché non vi è nulla che l'uomo consideri

più sacro del suo pensiero. Mi spingo più in là: arrivo a concordare che la censura è

un’istituzione difettosa, ingiusta, soggetta a volte al libero arbitrio dei censori,

secondo il loro carattere e il loro mal umore. Una digestione difficile, una semplice

discussione familiare, può influenzare, per esempio, il taglio inopportuno di un

articolo»259.

258 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 33 («despolitização e desmobilização cívica dos portugueses, ao tentar de impedir a tomada de conhecimentos de alternativas sociais, culturais, políticas e ideológicas ao Estado Novo»). 259 António Ferro, Salazar..., op. cit., p. 46 («Eu compreendo que a censura os irrite [...] porque não há nada que o homem considere mais sagrado do que o seu pensamento. Vou mais longe: chego a concordar que a censura é uma instituição defeituosa, injusta, por vezes, sujeita ao livre arbítrio dos censores, às variantes do seu temperamento, às consequências do seu mau humor. Uma digestão laboriosa, uma simples discussão familiar, pode influir, por exemplo, no corte intempestivo de uma notícia»).

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Conosceva bene i limiti di quest’organismo, essendo stato allontanato dall'insegnamento

per propaganda filo-monarchica durante le sue lezioni260, ma, nonostante questo,

considerava il controllo sulle testate giornalistiche irrevocabile poiché

«non è legittimo […] che si deturpino i fatti, per ignoranza o per malafede, per

giustificare attacchi ingiuriosi all'opera del Governo che pregiudichino gli interessi

del Paese. Sarebbe come riconoscere il diritto alla calunnia. Non è giustificabile in

questi casi la censura, come elemento di chiarimento e correzione necessario?»261.

La censura, secondo Salazar, era un male necessario262, una

«legittima difesa degli Stati liberi, indipendenti, contro il grande disorientamento

del pensiero moderno, della rivoluzione internazionale del disordine»263.

I tagli dei giornali assumevano quindi una sfumatura morale264, intesa come difesa del

popolo portoghese, di cui il Presidente del Consiglio, come si è trattato nel Capitolo

Secondo, aveva una scarsa opinione, considerandolo «sentimentale, emotivo, ingenuo»265.

Dunque bisognoso di essere protetto da un «elemento forviante per le masse»266 come la

stampa.

Parlando delle reazioni volubili dei portoghesi nei confronti delle proporzioni esagerate

con cui i giornali trattavano i crimini, così le sintetizzava:

260 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 61. 261 António Ferro, Salazar..., op. cit., p. 46 («não è legítimo […] que se deturpem os factos, por ignorância ou por má fé, para fundamentar ataques injustificados à obra de um Governo, com prejuízio para os interesses do País. Seria o mesmo que reconhecer o direito à calúnia. [...] Não se justificará a censura, nestes casos, come elemento de elucidação, como correctivo necessário?»). 262 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 36. 263 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 37 («legítima defesa dos Estados livres, indipendentes, contra a grande desorientação do pensamento moderno, a revolução internacional da desordem»). 264 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 42. 265 António Ferro, Salazar..., op. cit., p. 77 («sentimental, emotivo, crédulo»). 266 Isabel Forte, op. cit., p. 30 («elemento insubordinador das massas»).

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39

«Il primo movimento che avviene nel popolo è di violenza, di rancore, quasi di

odio, contro il criminale, contro i suoi cattivi istinti, contro la bestia. […] Ma

l'assassino [...] ha sempre una figura che appare al suo fianco: la compagna, la

madre anziana, il figlio abbandonato... E presto avviene un voltafaccia, un

movimento di compassione nell'opinione pubblica: “Poverino! Ha già abbastanza

sofferto!”… E quando è letta la sentenza, contenente una condanna giustamente

grande, si sente di nuovo, tra le righe dei giornali, tra le voci della gente, un nuovo

movimento di violenza, di rancore, quasi di odio, ma contro i giudici, contro la

giustizia»267.

Salazar riteneva che, attraverso la censura, bisognasse

«modificare poco a poco, con pazienza, le passioni degli uomini, atrofizzandole,

calmandole, azzittendole, forzandole [...] a tenere un ritmo più lento, più sicuro,

facendo scendere la temperatura, curando la febbre...»268.

La stampa, essendo un «alimento spirituale del popolo», doveva essere «controllato come

tutti gli alimenti»269 e doveva assumersi il compito di

«calmare gli spiriti, far dimenticare gli odi e le passioni, concentrando gli sforzi di

tutti i portoghesi per il bene della Nazione»270.

267 Ibidem («O primerio movimento é de violência, de racor, quasi de odio, contro o criminoso, contro os seus maus instintos, contra a fera. [...] Mas o assassino [...] ha sempre una figura humana que aparece na teia, ao seu lado: a companhiera dedicada, a mãe velhinha, o filho abandonado...E logo se sente una reviravolta, un movimento de compaixão na opinião pública: «Coitado! Pobre homen! Bem basta já o que sofre»... E quando é lida a sentença, quando a pena è justa mas grande, sente-se de novo, nas entrelinhas dos jornais, nos rumores do público, un novo movimento de violência, de raconor quasi de odio, mas contra os juizes, contra a justiça»). 268 Helena Ângela Veríssimo, op. cit., p. 28 («modificar pouco a pouco, pazientemente, as paixões dos homens, atrofiando-as, calando-as, forçando-as […] a um ritmo vagaroso, mas seguro, que nos faça descer a temperatura, que nos cure a febre..»). 269 Ibidem, p. 48 («o alimento spiritual do povo»; « fiscalizado como todos os alimentos»). 270 Art. 16, Circular urgente de Direcção-Geral dos Serviços de Censura à Imprensa, de 28 de Agosto de 1931, citato in Isabel Forte, op. cit., p. 31 («acalmar os espíritos, de fazer esquecer os ódios e paixões, congregando os esforços de todos os portugueses para o bem de Nação»).

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40

Per raggiungere questo chimerico bene era perciò necessario «vigilare, supervisionare,

correggere»271 ogni tipo di informazione, rendendo i portoghesi a conoscenza solo di ciò

che fosse necessario alla pace sociale, all’armonia nazionale. Tutto il resto diveniva inutile,

come se «non avesse esistenza effettiva»272.

3.2 La Legislazione e le Commissões de Censura

La censura, che soffocò ogni libertà in Portogallo fino alla Rivoluzione dei Garofani del

1974, iniziò a stringere le sue maglie agli albori della Ditatura Militar273. Il 22 giugno

1926, superate i trambusti del golpe, i direttori dei quotidiani di Lisbona ricevettero una

nota urgente da parte di Aníbal de Azevedo, il secondo comandante della Polícia Cívica:

«Signor Direttore del giornale...

Per ordine superiore, La porto a conoscenza che, da oggi, è istituita la censura sulla

stampa, non essendo permessa l’uscita di alcun giornale senza che quattro copie

degli stessi non siano presentate al Comando da Guardia Nacional Republicana.

Cordialmente.

Lisbona. 22 Giugno 1926»274.

I rappresentanti dei giornali furono subito convocati al Quartel do Carmo, dove il

colonnello di fanteria Augusto Prata Dias, presentandosi come presidente della Comissão

da Censura à Imprensa, abbozzò gli argomenti di cui non era permessa la pubblicazione:

«insulti o offese ai membri del Governo; notizie infondate; e notizie la cui

divulgazione, sebbene siano fondate, è considerata inconveniente»275.

271 Ibidem, p. 42 («vigiar, supervisionar, corrigir»). 272 Ibidem («não tivesse existência efectiva»). 273 Cândido de Azevedo, Mutiladas e Proibidas, Para a história da censura literária em Portugal nos tempos

do Estado Novo, Editorial Caminho, Lisboa, 1997, p. 27. 274 Joaquim Cardoso Gomes, Os Militares e a Censura. A Censura à Imprensa na Ditatura Militar e Estado

Novo (1926 – 1945), Livros Horizonte, Viseu, 2006, p. 20 («Sr. Director do jornal... Por ordem superior, levo ao conhecimento de V.Exa, que, a partir de hoje, é estabelecida a censura à imprensa, não sendo permitida a saída de qualquer jornal sem que quatro exemplares de mesmo sejam presentes no Comando da Guardia Nacional Republicana, para aquele fim. Saúde e Fraternidade. Lisboa. 22 de Junho 1926»).

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41

Le forbici dei censori iniziarono ad agire nel pomeriggio del 23 giugno e, com’è

perfettamente visibile dalla copertina di A Capital (fig. 1), dal 24 giugno in ogni

pubblicazione presente nelle edicole o tra le mani degli «ardinas»276 fu possibile leggere,

ben visibile in prima pagina:

«ESTE NUMERO FOI VISADO PELA COMISSÃO DA CENSURA»277.

Nell’estate del 1926 fu pubblicato un Decreto Lei, nel quale si specificata che

«a tutti è permesso manifestare liberamente il proprio pensiero […]

indipendentemente dall'azione della censura e senza autorizzazione o abilitazione

preventiva»278.

In realtà

«l'entrata in vigore della legge non implicò la revoca della censura, che fu

mantenuta senza che nessuna legge la prevedesse negli articoli, come misura

straordinaria»279,

come precauzione transitoria, dovuta alla sospensione temporanea delle garanzie

costituzionali. Molti giornali furono sospesi, come O Mundo per aver pubblicato in prima

pagina

«Republicanos: Às Armas!/ A Revolução em marcha/ Abaixo a Ditadura»280

275 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 28 («insultos ou agravos aos membros do Governo; notícias infundamentadas; e notícias, embora fundamentadas, cuja divulgação seja considerada inconveniente»). 276 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 29 («strilloni»). 277

Ibidem («QUESTO NUMERO È STATO CONTROLLATO DALLA COMMISSIONE DELLA CENSURA»). 278 Decreto Lei 12 008, Capítulo I, art. 1, in Diário do Governo, n. 167, 1° Série, de 2 de Agosto de 1926, citato in Ibidem p. 47 («a todos é lícito manifestar livremente o seu pensamento […] independentemente de caução ou censura e sem necessidade de autorização ou habilitação prévia»). 279 Graça Franco, A censura a impresa (1820-1974), Imprensa Nacional- Casa da Moeda, Lisboa, 1993, p. 72 («a entrada em vigor da lei não implicou o levantamento da censura, que existia e se mantinha sem que a lei a previsse em nenhum dos seus artigos, como medida extraordinaria»).

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42

e, nell'agosto del 1926, il direttore del settimanale O Cardeal Saraiva, fu incarcerato una

notte non aver eseguito i tagli imposti ad alcuni articoli281.

La censura era sotto il controllo diretto del Ministério da Guerra282 e, nonostante nel

1928 fosse stata creata la Direcção Geral dos Serviços de Censura à Imprensa (DGSCI)

guidata da Prata Dias, ci furono molte difficoltà a organizzare un sistema efficiente in tutto

il paese, con criteri uniformi e collegamenti tra le varie commissioni283. Le norme e le

varie direttive non furono mai orientate verso un'istituzionalizzazione dell'apparato,

continuando a sfociare in istruzioni verbali e circolari vaghe e imprecise284.

È con l’inizio del governo Salazar, nel luglio del 1932, che fu redatto per la prima

volta, nelle Instruções Gerais da Direcção Geral dos Serviços de Censura285, un elenco

dettagliato di ogni termine e notizia di cui non era permessa la pubblicazione. Vale la pena

citarlo:

«a) riferimenti offensivi al Capo dello Stato, agli alti gradi dello Stato, ai Capi di

Stato stranieri e ai loro rappresentanti in Portogallo;

b) riferimenti irriverenti ad autorità e funzionari ufficiali;

c) riferimenti ad argomenti che si collegano direttamente con la pubblica sicurezza;

d) notizie di attentati di carattere politici;

e) notizie dettagliate dei processi per motivi politici;

f) notizie che creino allarme e inquietudine pubblica;

g) composizioni la cui forma accusi la finalità intenzionale di nascondere la verità;

h) argomenti che rivelino l'intenzione deliberata di ostacolare il successo

dell’azione dello Stato;

i) corrispondenza, notizie o composizioni relative ai deportati o emigrati politici

che coinvolgano questioni di politica nazionale;

j) dettagli di crimini passionali e di tutti quelli che possano suggestionare;

280 Galeria Virtual da Censura, http://www.museudaimprensa.pt/galeriavirtualdacensura/ («Repubblicani: Alle Armi!/ Rivoluzione in marcia!/ Abbasso la dittatura!»). 281 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 23. 282 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 30. 283

Ibidem, p. 31. 284 Graça Franco, op. cit., pp. 88-89. 285 Galeria Virtual da Censura, op. cit.

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43

k) critica sistematica agli atti della Ditatura Militar che riveli lo scopo, non tanto di

chiarire e costruire, ma il desiderio di confondere e distruggere;

l) suicidi, ad eccezione di quelli commessi da criminali conosciuti e come tali

presentati al pubblico;

m) infanticidi, quando non sono seguiti dalla notizia che i tribunali hanno inflitto la

pena agli autori del crimine;

n) annunci pubblicitari di astrologi, streghe, veggenti e simili; di corrispondenza

amorosa di natura immorale; […] specialità mediche la cui lettura porti alla

conoscenza della loro applicazione a fini illeciti; prestiti immorali; lavori

moralmente sospetti e la cui redazione indichi chiaramente la dissoluzione dei

costumi. Si noti che la Censura, nell'ambito delle sue funzioni, è particolarmente

interessata ai termini utilizzati che possano ferire la morale familiare […];

o) crimini commessi dai minori;

q) allusioni ai servizi di Censura;

r) gli spazi in bianco e qualunque altra cosa che possa essere ricondotta, anche

erroneamente, all'azione della Censura;

s) la designazione della qualità di ufficiale dell'Esercito a individui accusati di

cattiva condotta, che implichino disonore per il buon nome delle Forze Armate. A

eccezioni per gli autori di crimini militari;

t) notizie che interessino le relazioni diplomatiche con i paesi stranieri senza il

permesso di questa Direzione Generale;

u) la propaganda di dottrine politiche considerati pericolosi per la sicurezza

nazionale;

v) tutti gli argomenti su quali sorgeranno dubbi saranno esaminati da questa D.

G.»286.

286 Circular da Direcção dos Serviços de Censura de Julho de 1932, citata in Cândido de Azevedo, op. cit., p. 37-38 («a) referências desprimorosas para o Chefe do Estado, altos poderes do Estado, Chefes de Estados estrangeiros e seus representantes em Portugal; b) referências irreventes às autoridades e entidades oficiais; c) referências a assuntos que se liguem directamente com a ordem pública; d) notícias de atentados de carácter político; e) notícias pormenorizadas de julgamentos por motivos políticos; f) notícias que originem o alarme e a intranquilidade pública; g) composições cuja forma acuse o propósito intencial que velar a verdadeira alusão e esta seja suspeita; h) assunto que possam significar o propósito deliberado de entravar a marcha dos negócios públicos; i) corrispondência, notícias ou composiçoês referentes a deportados ou emigrados políticos que envolvam questões de políticas nacional; j) pormenorização extensa de crimes passionais ou de

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44

Con la nomina, nel novembre del 1932, del tenente Álvaro Salvação Barreto come

direttore generale della censura287, s'iniziò una riorganizzazione degli apparati all'insegna

dell'accentramento, perché:

«non ci deve essere una censura in ogni distretto e tanto meno in ogni delegazione:

c'è una censura generale del Governo della Dittatura che la orienta e a cui è

direttamente subordinata»288.

La prima novità, entrata in vigore nel gennaio 1933, fu la creazione di tre strutture

intermedie, chiamate Comissões de Censura de Zona: la Commissione del Nord, con sede

a Porto, quella del Centro, con sede a Coimbra, e quella del Sud, con sede a Lisbona289.

Ogni Commissione di Zona, oltre ad eseguire una dettagliata censura sulle pubblicazioni,

aveva anche il compito di controllare l'attività delle varie delegações, così distribuite sul

territorio:

«1. Zona Norte: Braga, Bragança, Chaves, Guimarães, Póvoa do Varzim, Peso da

Régua, Santo Tirso, Viana do Castelo, Vila Real e Lamego;

2. Zona Centro: Aveiro, Caldas da Rainha, Castelo Branco, Guarda, Leira e Viseu;

outros de fácil poder de sugestão; k) crítica sistemática aos actos da Ditatura Militar que relevel menos o propósito de esclarecer e costruir do que o desejo de baralhar e destruir; l) suicídios, come excepção dos cometidos por criminosos reconhecidos e come tal apresentados ao público; m) infanticídos, quando não seguidos da notícias da puniçáo, aplicada por sentença dos tribunais aos autores do crime; n) anúncio de astrologos, bruxas, videntes e outros: de correspondência amorosa de redação desmoralizadora; […] de especialidades farmacêuticas de cuja leitura resulte de conhecimento da sua aplicação a fins condenáveis; de empréstimos imorais; de empregos de moral suspeita e todos aqueles de cuja redacção possa claramente transparecer dissolução de costumes. É de notar que à Censura, no âmbito determinado pelas suas funções, interessam especialmente a redação, os termos empregados cuja leitura possa ferir a moral doméstica. […]; o) crimes cometidos por menores: p) notícias de nomeações, exoneração, demissões ainda não confirmadas; q) alusões aos serviços de Censura; r) espaçoes em branco, escarificações ou outros de que se julge poder depreender-se, mesmo erradamente, a acção da Censura; s) a designação da qualidade de oficial do Exército dos indivíduos acusados de faltas que impliquem deslutre para a honra militar. Exceptuam-se os autores de crimes militares; t) notícias que interessem às relações diplomáticas com países estrangeiros sem autorização desta D. G.: u) propaganda de doutrinas políticas consideradas perigosas para a segurança do Estado; v) todos os assuntos sobre os quais surgirem dúvidas os quais serão sujeitos à apreciação desta D. G.»). 287 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 45 288 Ibidem, p. 46 («Não há uma censura em cada distrito e muito mais menos em cada delagação: há a Censura geral do Governo da Ditatura que ele orienta e lhe è directamente subordinada»). 289 Ibidem, p. 47.

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45

3. Zona Sul: Beja, Elvas, Estremoz, Évora, Faro, Lagos, Portalegre, Santarém,

Setúbal, Ponta Delgada, Angra do Heroísmo, Horta e Funchal»290.

Nella pratica, ogni direttore di Commissione doveva elaborare relazioni, che erano

suddivise in questões de ordem social, de ordem política e administrativa, de ordem

religiosa e questões não classificadas291. Questi rapporti erano la base sulla quale il

Direttore Generale inviava un resoconto finale al Presidente della Repubblica, a Salazar e

ai vari ministri292.

Le Commissioni erano composte principalmente da militari in pensione o in riserva,

selezionati dalla Direcção-Geral dos Serviços e dal Capo del Governo293. La presenza dei

militari nell’apparato censorio fu un compromesso con l’esercito, un modo per far

partecipare le forze armate all’interno dell’

«apparato repressivo del regime […]. Erano loro che praticavano il terrorismo

psicologico sulla popolazione e sui giornali»294.

Inoltre

«il militare è disciplinato […] non crea difficoltà. […] Il militare non ha lo statuto

per dire quello che è certo e quello che non lo è. Esegue semplicemente gli

ordini!»295.

La mentalità del censore era «avida di guadagni economici», di «ottenere remunerazioni

extra» e per questo stava «sempre nervosamente attento alle istruzioni provenienti dall’alto

290 Ibidem. 291 Ibidem, p. 49. 292 Ibidem, p. 50. 293 Isabel Forte, op. cit., p. 59, 294

Ibidem, p. 60 («o aparelho repressivo do regime. [...] eram eles que praticavam o terrorismo psicológico nas populações e nos jornais»). 295 Ibidem, pp. 60-61 («o militar é disciplinado, […], não dificulta. [...] O militar não tem estatuto para dizer o que está ou não está certo. Cumpre sempre!»).

Page 46: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

46

e le interpretava senza eccezioni, nel modo più rigoroso»296. La sua preparazione culturale

era in genere esigua e non gli permetteva di apprezzare con giusta imparzialità i testi

giornalistici, o le opere letterarie297, come incisivamente rivela il direttore del Lisboa a

Pereira definendo i militari dei «cafoni [...] degli analfabeti»298.

La realizzazione di questo efficiente coordinamento di commissioni avvenne al di fuori

da qualsiasi ordinamento giuridico. Solo con l’entrata in vigore della Constituiçao do

Estado Novo l’11 aprile del 1933299, si ebbe la regolamentazione legislativa della

censura300. Infatti, nonostante l'art. 8 garantisse

«libertà di espressione sotto qualunque forma»301,

nel secondo paragrafo dello stesso articolo si può leggere:

«leggi speciali disciplineranno l'esercizio della libertà di pensiero, di educazione, di

riunione e di associazione, avendo la priorità di impedire, preventivamente o

regressivamente, la perversione dell’opinione pubblica nella sua funzione sociale e

salvaguardare l'integrità morale dei cittadini»302.

Leggi speciali che non si fecero attendere poiché, lo stesso 11 aprile 1933303 fu pubblicato,

firmato da «Óscar Carmona, Presidente da República, e Oliveira Salazar, Presidente do

Conselho»304, il Decreto Lei n. 22 469 sul Diario do Governo (fig. 2). L’art. 1 ribadiva la

garanzia della libertà di espressione305 nei limiti, però, inseriti all’interno dello stesso

decreto. Nell’art. 2, infatti, si specifica che

296 Ibidem («avidada pelo interesse económico»; «obter remunerações extra»; «sempre nervosamente atento às intruções vindas de cima e interpreta-as sem excepção do modo mais rigorista».). 297

Ibidem. 298 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 168. 299 Isabel Forte, op. cit., p. 36. 300 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 48 301 Isabel Forte, op. cit., p 36. («libertade de expressão do pensamento sob qualquer forma»). 302

Ibidem («Leis especiais regularão o exercício da libertade do pensamento, do ensino, de reunião e associaçao, devendo, quanto à primeira, impedir preventiva o repressivamente a perversão de opinião pública na sua funçao social e salvaguardar a integridade moral dos cidadãos»). 303 Cândido de Azevedo, op. cit. p. 49. 304 Galeria Virtual da Censura, op. cit. 305 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 38.

Page 47: Sostiene Pereira: la Censura Negli Anni Trenta in Portogallo

47

«continuano a essere soggetti alla censura preventiva le pubblicazioni […], cosi

come i volantini, manifesti e altre pubblicazioni, ogni volta vi siano contenuti

argomenti politici o sociali»306.

Con l’art. 3 fu definito lo scopo della censura che era quello di impedire la «perversione

dell’opinione pubblica»307 e di tutelarla perché, come riportato nel titolo VI della

Costituzione, era

«elemento fondamentale della politica e dell'amministrazione del Paese e incombe

allo Stato difenderla da tutti gli elementi che la possano disorientare contro la

verità, la giustizia, la buona amministrazione e il bene comune»308.

Le Commissioni di Censura iniziarono a essere nominate direttamente dal Governo, con la

possibilità di remunerare i censori (art. 4)309, passando di competenza dal Ministério da

Guerra a quello do Interior310, per intermediario della Commissão de Censura de Lisboa

che avrebbe funzionato come direzione centrale (art. 5). L'art. 6 chiarisce che

«le Commissioni di Censura non possono alterare l'atto censurato con integrazioni

o aggiunte dovendosi limitare a eliminare i testi o ai passaggi ritenuti

inconvenienti»311.

Infine la legge assicurava agli autori degli articoli censurati il diritto di ricorso, che si

rivelò presto fallace, in quanto le commissioni create per giudicare tali istanze erano

composte dai governadores civis (di nomina governativa), dai membri della censura e da

306 Ibidem («continuam sujeitas a censura prévia a publiccações […] e bem assim as folhas volantes, cartazes e outras publicações, sempre que em qualquer delas se versem assuntos de carácter político ou social»). 307 Isabel Forte, op. cit, p. 36. («perversão da opinião pública»). 308 Bizzarri Aldo, op. cit., p. 88 («elemento fundamental da política e da administração do Páis, incumbindo ao Estado defendé-la de todos os factores ques a desorientem contra a verdade, a justiça, a boa administração e o bem comun»). 309 Isabel Forte, op. cit., p. 57. 310 Ibidem, p. 36. 311

Ibidem, p. 67 («as comissoes encarregadas da censura não podera alterar o acto censurado com aditamentos ou substituicoes, devendo limitar-se a a eliminar os textos ou passagens reputados de inconvenientes»).

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48

una persona scelta dal Governo (art. 7). Si chiarisce, così, il numero ridotto, negli anni, di

casi in cui la censura modificò le sue decisioni312.

All’inizio del 1934 una circolare pose l'accento, nuovamente, sugli argomenti banditi

dai giornali, tra cui

«la lotta di classe; […] sviluppare l'odio tra le classi e corporazioni […]; la morale

sessuale; […] il falso pacifismo contro la Nazione; la socializzazione della

proprietà […]; […] la demoralizzazione della famiglia per mezzo del femminismo

che non fa parte di una sana morale; la propaganda a organizzazioni politiche e

sociali degli Stati comunisti […]; propaganda pseudo-umanitaria con la scusa di

migliorare le condizioni di vita delle classi operaie o rurali. Con altri più nobili

processi, l'Estado Novo sta cercando di compiere la medesima cosa»313.

Nel febbraio dello stesso anno fu disciplinata la Censura a livro e outras publicações

não periodicas con la creazione di una sezione speciale a Lisbona, una secção che

vigilasse sulla perversão dos costumes presente nei libri314. Nel 1935 furono multati gli

stand 11, 12 e 27 della Feira do Livro de Lisboa al fine che servissero da esempio per tutti

gli altri espositori315. Negli anni furono proibiti capolavori della letteratura mondiale, come

I fratelli Karamazoff ritenendo che «le classi meno colte non avrebbero alcun vantaggio

alla sua lettura»316.

Durante gli anni della guerra civile spagnola (1936/39) e della Seconda Guerra

Mondiale il Portogallo si dichiarò in una «situazione di neutralità»317 e pertanto la censura

si fece più ferrea, negando la diffusione di «materiali che potessero pregiudicare le

312 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 50.

313 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 65 («Luta de classes; [...] desenvolver o ódio entre classes e corporações; moral sexual; […] um falso pacifismo contra a Nação; socialização da proprietade; [...]; desmoralizaçãõ da familía por via de conceitos de femminismo nãõ integrados numa moral sã; propaganda da organização política e social dos Estados comunistas […]; propaganda pseudo-humanitária de que sejam objecto as classes operárias ou rurais a pretesto de melhoraria de condições de vida que com outros mais nobre processos o Estado Novo procura atingir»). 314 Ibidem, p. 69. 315 Ibidem, p. 70. 316 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 202 («as classes menos cultas julgo náo tirarem qualquer vantagem da sua leitura»). 317 António de Oliveria Salazar, op. cit., p. 173-174. («situação de neutralidade»)

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relazioni diplomatiche con i paesi stranieri»318. Una neutralità fittizia, visto il commercio di

volframio che il Portogallo intratteneva con la Germania319 e il massiccio aiuto alle forze

franchiste in Spagna320. Un’esposizione eccessiva del Portogallo a favore di Franco

avrebbe potuto compromettere i rapporti inviolabili con l'Inghilterra321 e, inoltre, vi era il

pericolo di una possibile unificazione di tutta la Penisola Iberica sotto l'insegna di un

governo filo tedesco322. Per salvaguardare l'indipendenza del Portogallo era meglio far

apparire l'ambiguità tipica di Salazar come sintomo di neutralità, nonostante ci furono ben

ottomila morti portoghesi al fianco dei nazionalisti spagnoli323.

Con il Decreto-Lei n. 26 589 (14.5.1936)324, le pressioni si fecero sempre più forti

dando alle Commissioni

«poteri illimitati per proibire la fondazione di giornali, per decidere la creazione o

la modifica dei titoli delle pubblicazioni, proibire l'ingresso e la distribuzione di

giornali e riviste straniere nel paese (art. 8) e applicare sanzioni ai giornali»325.

Nell'art. 2 si chiosa

«nessuna pubblicazione può essere fondata senza che sia riconosciuta l'idoneità

morale e intellettuale dei responsabili»326,

un'idoneità morale decisa ovviamente secondo l'arbitrio delle Comissões. Fu proibita la

pubblicazione di giornali che

318 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 40 («matéria que pudesse prejudicar as relações diplomáticas com países estrangeiros»). 319 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit, p. 182. 320 Ibidem, p. 122. 321 Ibidem, p. 143. 322 Ibidem, p. 128. 323 Ibidem, p 129. 324 Isabel Forte, op. cit., p. 37. 325 Ibidem, p. 39 («poderes ilimitados para proibir a fundação das jornais, para decidir sobre a criação ou mudança de titulo das publicações; proibir a entrada e distribuição de jornais e revistas entrangeiras no país (art. 8) e aplicar sanções aos jornais»). 326 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 38 («nenhuma publicação pode ser fundada sem que seja reconhecida a idoneidade intelectual e moral dos responsáveis»).

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«non prestino garanzia sufficiente, in anticipo di sei mesi e attraverso

l'approvazione bancaria, delle spese di composizione, revisione, stampa e salari dei

giornalisti e dei collaboratori»327.

Fu fissato un tetto massimo di «70 páginas»328 settimanali per i «jornais diários»329 e

furono attuate anche misure verso i «giornali contrari alla “situazione”»330, come

l'esclusione nei suddetti di annunci amministrativi e giudiziari che rappresentava una delle

loro poche entrate. Privarli voleva dire aiutarne il fallimento331. Si iniziò dunque a colpire i

giornali trasversalmente con provvedimenti anche di carattere economico e nel giugno

1936 fu fissato a centottanta il limite massimo di 180 giorni di sospensione per un giornale

che non pagava le multe, che potevano avere un valore dai 200 ai 5000 escudos332.

Il 4 Luglio del 1939 fu inviata una circolare sobre questões militares, dove si esigeva

che fossero prese precauzioni adeguate per evitare la pubblicazione di

«informazioni su temi che interessino direttamente la difesa nazionale; viaggi o

missioni ufficiali; articoli o notizie che pongano nella scacchiera internazionale le

particolarità della nostra posizione geografica [...]; movimento di navi di guerra,

quando non espressamente autorizzato dal Ministero della Marina; reportage o

fotografie su materiale bellico; riferimenti al riarmamento dell'Esercito e della

Marina, nonché semplici allusioni per esprimere o lodare lo sforzo realizzato; [...]

particolari della vita di caserma o di campo»333.

327 Ibidem («por meio de […] aval bancário não preste a garantia sufficiente dos salário e ordenados ou correspondentes despesas de colaboraçãõ, composição, revisão e impressão durante o prazo de seis meses»). 328 Isabel Forte, op. cit., p. 37. 329 Ibidem. 330 Goffredo Adinolfi, Dittatura e lavaggio del cervello, http://www.storiain.net/arret/num61/artic3.htm. 331

Ibidem. 332 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 86. 333 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 41 («conferências sobre assuntos que interessem directamente à defesa nacional; viagens de estudo de missões de oficiais; artigos ou notícias que ponham no jogo dos interesses internacionais as particularidades da nossa posição geografáfica; movimento de navios da guerra quando não espressamente autorizado pelo ministério da Marinha; reportagens ou fotografias sobre material de guerra; referências ao riarmamento do Exército e da Marinha além de alusão simple para exprimir e luovar o esforço realizado; […] pormenores da vida do quartel ou de campana»).

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Iniziarono a essere tagliare le notizie concernenti la partenza, il viaggio e l’arrivo dalla

Germania di nuovi aerei militari334. E ancora, furono cortadas: le trascrizioni dei giornali

francesi e inglesi con espressioni ingiuriose contro Hitler335, come tutte le informazioni

riguardanti la presenza di rifugiati ebrei e politici in Portogallo. L’articolo del 23 giugno

1940 di O Século, Refugiados de todas as nacionalidades aguardam em Vilar Formoso

autorização para seguirem para vários pontos do país, fu tagliato per intero336. Il Jornal

de Notícias, infine, si vide tagliare un articolo nel quale si ricordava l'impegno portoghese

nella guerra civile spagnola per evitare l'infiltrarsi di quelle passioni che sconvolgevano la

nazione vicina337.

All’inizio del nuovo decennio Salazar decise di centralizzare ulteriormente i servizi

legati all’informazione e con il Decreto Lei 30 320 (19.3.1940)338 istituì il Gabinete de

Coordenção dos Serviços de Propaganda e Informações (GCSPI). Si trattava di un nuovo

organismo costituito dai direttori dei servizi di propaganda e di censura, dal presidente

dell’Emissora Nacional e dal capo dei servizi stampa del SPN339. I lavori sarebbero stati

diretti dal Presidente del Consiglio in persona340 e lo scopo era quello di migliorare le

relazioni dello Stato con la stampa e assicurare l’esecuzione delle direttive di governo341.

Questa centralizzazione aprì le porte alla creazione, nel 1944, dell'SNI, il Secretariado che

avrebbe inglobato in un’unica struttura tutte le funzioni inerenti all'informazione, tra cui la

censura342.

E' chiaro che la censura divenne «la colonna portante del regime salazarista»343,

intessendo una rete sviluppata in ogni angolo del Portogallo. Si tratta di una

«una capillare struttura piramidale nella quale vi è un forte controllo sul territorio

da parte delle Commissioni di Zona, le quali devono settimanalmente produrre

334 João Madeira, (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 40. 335 Ibidem. 336 Ibidem (Rifugiati di tutte le nazionalità aspettano a Vilar Formoso l'autorizzazione per spostarsi in altri punti del paese). 337 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 147. 338 Isabel Forte, op. cit., p. 38. 339 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 204. 340 Ibidem. 341 Isabel Forte, op. cit., p. 38. 342 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 225. 343 Goffredo Adinolfi, Dittatura..., op. cit.

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relazioni sulle pubblicazioni da inviare alle Commissioni superiori e le stesse

devono produrre istruzioni alle Commissioni di Zona circa il modo di procedere sui

tagli da effettuare preventivamente e, successivamente, sulle eventuali pene da

comminare alle pubblicazioni nel caso non rispettino le norme sulla censura»344.

Un impianto talmente perfetto da riuscire a essere controllato da un'unica persona: António

de Oliveira Salazar.

È facile evincere che l’insieme di decreti e misure qui riportate permettesse ai censori

di limitare fortemente la libertà dei giornali. Il lavoro quotidiano dei militari era

estremamente semplice, quasi automatico. L’autocensura divenne parte integrante del

lavoro di redazione345 e, per poter controllare meglio l’attività dei giornalisti, si creò il

Sindicato Nacional dos Jornalistas, legato al sistema corporativo gestito da Salazar, in cui

statuto si specificava che le regole deontologiche della professione dovevano essere, prima

di entrare in vigore, approvate dal Governo e che l’indipendenza dei giornalisti andava sì

difesa, ma innanzitutto subordinata al superiore interesse nazionale346.

Ogni direttore di Comissão aveva una linea telefonica diretta con ogni responsabile dei

giornali, con il quale comunicava almeno un paio di volta al giorno. Solo dopo aver

ricevuto ordini precisi sui temi di cui, quel giorno, era permesso trattare e in che misura, si

iniziavano a redigere gli articoli. Successivamente era obbligatorio consegnare alla

Comissão tre bozze di ogni pagina, in fogli lunghi e rettangolari347. I censori li leggevano,

controllavano entrelinhas che non vi fossero argomenti non permessi e segnavano con una

matita le parti da tagliare348.

La matita utilizzata per fare os cortes a Lisbona era il famigerato Lápis Azul, la matita

azzurra, destinata a divenire il drammatico simbolo di un'epoca349 (fig. 3). Sembra che non

vi siano ragioni particolari per l’utilizzo di questo colore, in quanto, ad esempio, a Porto

era usato il vermelho350. É probabile che la causa fosse essenzialmente economica, poiché

344 Ibidem. 345 Isabel Forte, op. cit., p. 69. 346 Helena Ângela Veríssimo, op. cit., pp. 46-47. 347

Isabel Forte, op. cit, p. 66. 348 Ibidem. 349 Andreia Lobo, O Lápis Azul, in A Página da Educação, a. XIII, n. 139, p. 24. 350 Isabel Forte, op. cit., p. 143.

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si acquistavano «quelle matite che hanno una punta rossa e l’altra azzurra»351. Le

dividevano a metà e una parte era destinata a Porto, l'altra a Lisbona352.

In seguito all’esame delle bozze di stampa, le copie erano marcate da una serie diversa

di timbri: uno per indicare il titolo del giornale, l'anno, il numero e la data di pubblicazione

e un altro con la dicitura Visado pela Censura353 (fig. 4). Il risultato dell’analisi dei censori

si presentava in quattro forme:

«Cortado, Autorizado, Autorizado com cortes ou Sospeso»354.

Cortado indicava che era proibita la pubblicazione della notizia; Autorizado, come rivela il

nome, ne permetteva invece la stampa; Autorizado com cortes consentiva la stampa ma

solo con tagli che ne modificassero il senso. Sospeso, infine, bloccava l'uscita del pezzo

fino a una eventuale approvazione della Comissão355. Com'è esplicitato nel finale di

Sostiene Pereira356, ogni articolo, per essere stampato in tipografia, doveva essere

corredato dal visto della censura.

3.3 Os Ridiculos

É d’uopo, per dimostrare un’effettiva esistenza del controllo ferreo sulla carta stampata,

riportare degli esempi concreti. I documenti conservati nell’Hemeroteca Municipal de

Lisboa e presenti sia nel Catalogo della mostra Os Ridiculos: Desenho Humorístico e

Censura (1933-1945)357 sia nell’articolo Jornalismo Gráfico e Censura no Estado Novo,

Uma aproximação ao problema a partir do bissemanãrio “Os Ridiculos”358 sono

351 Ibidem, p. 150 («daqueles lápis que tinham ponta vermelha e ponta azul, deviam parti-los ao meio»).

352 Ibidem. 353 Ibidem, p. 67. 354

Ibidem, p. 68 («Tagliato, Autorizzato, Autorizzato con tagli e Sospeso»). 355

Ibidem. 356 Antonio Tabucchi, op. cit. 357 Rosa Barreto, Álvaro Costa de Matos e Pedro Bebiano Braga, op. cit. 358 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, Jornalismo Gráfico e Censura no Estado Novo, Uma

aproximação ao problema a partir do bissemanãrio “Os Ridiculos”, in Jornalistas e Jornalismo, a. XX, n. 38, pp. 50-65.

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un’importante testimonianza dell’assurdità del sistema censorio, che destinò il Portogallo a

un «irrimediabile olocausto culturale informativo»359.

Questa documentazione riguarda una serie di vignette che Alonso, pseudonimo del

disegnatore J. G. Santos Silva360, realizzò tra il 1933 e il 1941 per la rivista Os Ridiculos,

fondata a Lisbona nel 1895 da Cruz Moreira, soprannominato Caracoles361. Questa rivista,

definita da Fernando Pessoa, nella sua guida turistica Lisbon, what the tourist should

see362, come bi-settimanale «indipendente e umoristico»363 con sede in Rua de Barroca, si

era prefissata la missione di

«ridicolizzare, beffeggiare, prendere in giro l’umanità in genere e i politici in

particolare. Non siamo mossi dall’odio, o da cattiva volontà, né è nostra intenzione

offendere o ferire la suscettibilità di qualcuno»364.

Interrotta la stampa nel 1898 per la forte concorrenza e l’elevato analfabetismo, riprese

nel 1905, sfruttando l’effervescenza politica che precedette la Repubblica. In breve tempo

divenne uno dei più importanti titoli umoristici del Portogallo, impegnandosi, attraverso

disegni e caricature, nella critica politica e nella satira sugli eventi dominanti dell’epoca365.

Rebelo da Silva ne fu direttore dal 1933 al 1945, periodo cruciale nell’architettura

dell’Estado Novo, di relazioni tese tra la censura, con sue le “mutilazioni” ai disegni, e la

redazione di Os Ridiculos, costretta a venire patti con l’inesorabile azione liberticida del

Lápis Azul366.

Caricatura centrale della rivista fu il celebre Zé Povinho, figura satirica creata da Rafael

Bordalo Pinheiro nel 1875 per il periodico Lanterna Mágica367 (fig. 5). Nell’immagine o

359 César Principe, Os Segredos da Censura, 3° ed., Ed. Caminho, Lisboa, 1994, p. 3 («irreparável holocausto cultural informativo»). 360 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 61. 361

Ibidem, p. 53. 362 Fernando Pessoa, Lisbon, what the tourist should see, Shearsman Books. 2008. 363 Ibidem, p. 34 («independent and humoristic»). 364

Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 54 («ridicularizar, apepinar, troçar a humanidade em geral e os políticos em particolar. Não nos movem ódios, nem malquerenças, nem é nosso intento ferir, ou molestar as susceptibilidedes de alguém»). 365 Ibidem. 366 Ibidem, p. 55. 367 João Medina, Rafal Bordalo Pinheiro e o Zé Povinho, Auto-caricatura português, in Linguas & letras, a. VI, vol, 6, n. 11, p .140.

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Zé, visibile sulla destra, è dipinto attraverso semplici, ma diretti stilemi che ne

decreteranno il successo. È un sempliciotto, un contadino, buffo e dal viso un po’ tonto,

malvestito, con la postura grottesca, la barba poco curata, gilet e cappello tradizionali. Si

accinge, grattandosi la testa, a pagare le imposte al Ministro delle Finanze. A sinistra il

comandante delle Polícia Municipal è pronto con la frusta in caso di resistenza. Sullo

sfondo, il primo ministro Fontes Pereira de Melo è ritratto, come sant’Antonio che, tra le

braccia, tiene il re D. Luís I, nelle vesti di un infante368.

O Zé Povinho è «una sintesi della mentalità stessa del popolo [... ] e, attraverso un

(doppio) diminutivo»369 - Zé infatti deriva dal nome José, povinho invece è un

vezzeggiativo di povo, popolo –

«è diventato il nostro simbolo totemico. Ci costa dolore dover accettare questa

immagine scomoda, deprimente e contadina che spiamo nelle profondità del nostro

specchio collettivo»370.

Sono la passività e l’ignoranza le caratteristiche che contraddistinguono lo Zé,

«una sorta di rassegnato Sancho Pança senza Don Chisciotte (e forse, anche per

mancanza di questa guida sublime, nel suo sangue non circola neppure una goccia

d’inquieta trascendenza o di fermento metafisico). É significativo che il nostro

emblema nazionale può essere definito, nelle viscere della sua anima, come

assolutamente anti-donchisciottesco e anti-faustiano, come la negazione delle

preoccupazioni europee più intense e tragiche: il nostro Zé una figura

essenzialmente non drammatica»371.

368 José Augusto França, Rafael Bordalo Pinheiro. O Português Tal e Qual, Livraria Bertrand, Lisboa, 1981, p. 46. 369 João Medina, op. cit., p. 138-139 («uma sinopse da própria mentalidade do povo […] e nele, através dum (duplo) diminutivo tão revelador, se tornou nosso símbolo totémico, ainda que nos custe aceitar essa imagem deprimente e incomodamente labrega que nos espreita do fundo do nosso espelho colectivo»). 370

Ibidem («uma sinopse da própria mentalidade do povo […] e nele, através dum (duplo) diminutivo tão revelador, se tornou nosso símbolo totémico, ainda que nos custe aceitar essa imagem deprimente e incomodamente labrega que nos espreita do fundo do nosso espelho colectivo»). 371

Ibidem («espécie de resignado Sancho Pança sem D.Quixote (e, talvez por isso mesmo, por falta deste guia sublime, sem uma gota de inquieta transcendência existencial ou de idealista fermentação metafísica a circular-lhe no sangue). Não deixa de ser significativo que o nosso emblema nacional se possa definir, desde

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Archetipo privo di tensioni ideali e, quindi, ideale per essere utilizzato come

«stereotipo satirico concepito per esemplificare l’inerzia, lo sconforto atavico e lo

scetticismo […] dei portoghesi»372.

É un’immagine sardonica per caricaturare i lati più negativi delle masse, a prescindere dal

contesto storico e, negli anni, o Zé «si è reso autonomo dal suo creatore volando con le sue

ali»373, attraverso le mani di altri disegnatori.

Come Alonso che, tra le pagine di Os Ridiculos, adottò lo Zé come emblema

dell’atteggiamento dei portoghesi verso la dittatura salazarista, un modo

«conformista, conformato, apatico, rassegnato, incapace di trascendere questo

incubo monotono chiamato Storia».

È “il dormire” la vera natura dello Zé, vittima del suo passivo nichilismo che non lo isola

dalla vita storica, che lo porta a rimanendo immobile di fronte a «tutti i cambiamenti e le

metamorfosi della realtà»374. Così come voleva Salazar.

Alonso rappresenta lo Zé povinho come un «Cristo crucificado»375 (fig. 6), in un

disegno dal forte impatto emotivo che, come si evince chiaramente dalla X tracciata con il

Lápis Azul, fu censurato. Il timbro dei censori riporta la data 11 ABR. 1933, giorno in cui

entrò in vigore la Costituzione e il Decreto Lei 22 469. Nel titulus crucis è presente

l'acronimo S.P. che si può supporre si riferisca a Senhor Povinho (il Signor Popolano) o a

Sociedade Portuguesa (Società Portoghese). In ogni caso è evidente la scelta del

disegnatore di mettere in scena, attraverso il capo chino dello Zé trafitto di spine e il suo

corpo contorto, la straziante sofferenza del Portogallo messo in croce da Salazar.

as suas entranhas anímicas, como rotundamente anti-quixotesco e também anti-fáustico, ou seja, como negação das duas inquietudes européias mais intensas e trágicas, sendo o nosso Zé uma figura essencialmente não-dramática»). 372 Ibidem, p. 145 («estereótipo satírico concebido para epitomizar a inércia, o desconforto atávico e o cepticismo [...] dos Portugueses»). 373 Ibidem, p. 146 («se autonomizou do seu criador para voar com asas próprias»). 374 Ibidem, p. 146-147 («conformista, conformado, apático, resignado, incapaz de transcender esse pesadelo monótono chamado História»; «a todas as mudanças e metamorfoses da realidade.»). 375 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57.

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Ambizione sicuramente raggiunta e resa ancor più d'impatto dalle note scritte a matita,

presenti agli estremi della vignetta. Visto il tono di queste, si può quasi certamente

presumere che non siano appunti aggiunti successivamente dai censori, ma in precedenza

dal vignettista stesso. Erano una sorta di annotazioni che sarebbero state inserite, se non

fosse intervenuta la censura, all'interno della versione pubblicata. Infatti, nella parte

superiore della pagina, vi è appuntato Em Quarta-feira de trevas, Nel Mercoledì delle

tenebre, chiara citazione ai versi del Vangelo

«E, chegada a hora sexta, houve trevas sobre a terra até à hora nona»376,

ma anche un riferimento palese all’attualità: l’11 aprile 1933 fu, effettivamente, un

mercoledì. L'altra espressione, nel fondo della pagina, è Ecce-Trouxa!, Ecco il Babbeo!,

che riprende la celebre locuzione

«Ecce homo»377

di Pilato quando mostra ai Giudei Il Cristo flagellato. Alonso, definendo il suo Zé un

babbeo, non sembra intenzionato solo a denigrare i suoi concittadini, ma anche a

smuoverne le coscienze.

Questa provocatoria definizione, infatti, si contrappone a un'immagine che rimanda

con, realismo espressivo, alla «Paixão De Cristo»378, un Evento di cruciale importante per

una società cattolica come quella portoghese. Oltre all’aspetto prettamente religioso, la

Croce è legata al mito su cui si fonda questa nazione. La leggenda narra che Afonso

Henriques, futuro sovrano del Portogallo, prima della battaglia di Ourique del 1139, che

segnò di fatto la creazione del regno portoghese, abbia visto comparire in cielo la croce di

Cristo, come presagio positivo alla vittoria del scontro379.

376 A Bíblia Sagrada, Paulus Editora, 2009, Marcus 15, 33 («e arrivatqa l’ora sesta, il cielo si riempì di tenebre fino all’ora nona»), 377 Nova Vulgata, Bibbiorum Sacrorum Editio,

http://www.vatican.va/archive/bible/nova_vulgata/documents/nova-vulgata_index_lt.html, Ioannem 19, 5. 378 José Gil, Salazar: A Retórica da Invisibilidade, Relógio D'Água Editores, Lisboa, 1995, p. 29. 379 Eduardo Lourenço, Il labirinto della saudade, Portogallo come destino, Edizioni Diabasis, Reggio Emilia, 2006, p. 143.

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Il paragone tra la Sociedade Portuguesa, rappresentata da o Zé, e Il Cristo morente in

croce, dunque, non è solo una forte presa di posizione contro la plebe “babbea”, ma, dando

vita sulla carta ad uno degli elementi centrali di questo popolo, Alonso sembra voler

scuotere la sensibilità lusitana, spronarla non a farsi crocifiggere, ma a uscire dalle trevas,

e dalla passività con cui si rapportava al regime. É dunque facilmente comprensibile che

questa immagine, secondo l’ottica dei censori, andasse assolutamente epurata.

Un altro esempio, sempre all'insegna della rappresentazione di un popolo destinato al

dolore, è la vignetta del 4 maggio 1934 (fig. 7) raffigurante Salazar, riconoscibile dal

caricaturale naso, al capezzale dello Zé malato380. In questa prima versione, non ancora

filtrata dalla censura, Salazar oltre a vida nova, economias, salvação, somministra al

malato anche contribuiçoes e impostos, “medicine” che scompaiono nella versione

pubblicata (fig. 8). Grazie alle iscrizioni aggiunge dai censori, riconoscibili dal color azul

della matita, il dittatore diviene un medico381, un curatore del Portogallo che, nella semana

da tubercolose, offre Assiténcia médica permanente! Salazar doveva risultare, per i

cittadini, come un «padre che, serenamente, si rivolgeva ai suoi figli per

tranquillizzarli»382.

Il 6 marzo 1941 Alonso dipinge o Zé intento a osservare, con un cannocchiale,

l’orizzonte, dove dominano grandi nubi383, a metafora del futuro incerto del Portogallo

(fig. 9). Sotto “consiglio” dei censori i cirri scompaiono, lasciando un emblematico

panorama vuoto (fig. 10). Per la «tranquillità dei lettori»384 O Zé portoghese doveva

risultare

o único […] da Europa que pode olhar o futuro com tranquilidade!, CHEIO DE

CONFIANÇA385.

380 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57. 381

Ibidem. 382 Goffredo Adinolfi, op. cit., p. 215-216. 383 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57. 384 Ibidem («sossego dos leitores»). 385 (l’unico […] che può guardare il futuro con tranquillità!, PIENO DI FIDUCIA).

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I censori non colpirono solo la satira nei confronti del regime e di Salazar, ma anche

l’innocente ironia rivolta alla «debolezza»386 dei portoghesi verso il cibo e le Festa de

Lisboa. Nella vignetta del giugno 1935 O Zé è raffigurato mentre si gusta, traboccante

d’ingordigia, un pollo con patate (fig. 11). Il motivo di questo taglio, come sempre palesato

da una grande X sovraimpressa al disegno, è spiegabile con l'attitudine dell'Estado Novo a

inibire «le tendenze e le pulsioni più “carnali”, più “egoiste”, più “mediocri”»387 e risulta

del tutto coerente con la logica di smobilitazione più volte sottolineata nel Capitolo

Secondo. L'obiettivo di Salazar era di portare il popolo portoghese ad aver un

«comportamento permanente di privazione, di restrizione», rinunciando «alle sue

ambizioni, aspirazioni, ai suoi desideri (ai suoi piaceri, etc.)»388. L'appetito vorace del

popolano, espresso dalla caricatura in fondo affettuosa di Alonso verso le bonarie passioni

umane, non rappresentava l'ideale salazarista del bom português, la cui vita doveva essere

una «morte simbolica», svolgendosi nell'anonimato, nell'«invisibilità»389 in quanto

individuo.

La morte ritorna nell'ultima delle prove qui riportate. In un disegno del marzo 1938, in

occasione dell’Exposição dos Humoristas, Alonso disegna la veglia alla Graça Portuguesa

(fig. 12). Prima di inoltrarsi nell’illustrazione, è bene chiarire che Graça, nella lingua

portoghese, è una parola polisemica che può essere tradotta con

«grazia, leggiadria […] concessione, favore, perdono, […] benevolenza,

amicizia»390,

ma anche con

«detto spiritoso, battuta di spirito, celia, facezia; dar um ar da sua graça,

sorridere, fare buon viso; […] ter graça essere spiritoso, divertente, piacevole;

386 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57 («debilidade»). 387 José Gil, op. cit., p. 53 («tendências e pulsões mais “carnais”, mais “egoístas”, mais “medíocres»). 388

Ibidem, p. 30 («comportamento permanente de privação, de restrição»; «as suas ambições, as suas aspirações, os seus desejos (os seus prazeres, etc.)»). 389 Ibidem, p. 30 («morte simbólica»; «invisibilidade enquanto indivíduos»). 390 Giuseppe Mea, o Dicionário Português seconda edizione portoghese-italiano, Zanichelli e Porto Editora, Porto, 2003, voce Graça.

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[…] scherzare, motteggiare, celiare, dire cose spiritose; [...] graças pesadas battute

piccanti por graça per scherzo»391.

Considerata l'ambientazione della vignetta (come si è detto Exposição dos Humoristas) e i

nomi riportati sulla corona funebre, dove domina un triste Eterna Saudade de392 Gervásio

Lobato, umorista del secolo XIX393, de Rafael Bordalo394, de André Brun, autore di

commedie teatrali395, de Caracoles, il fondatore di Os Ridiculos e de Zé Povinho, si può

ritenere che la traslazione più adeguata in lingua italiana sia, in questo caso, Umorismo

Portoghese.

«Nel funerale dell'Umorismo Portoghese – oltre ad Alonso presente con

un'autocaricatura (che appare a destra, senza occhiali), insieme a altri disegnatori

umoristici – quello che è importante evidenziare è il taglio che il censore fece alle

didascalie», 396

presenti all'interno delle candele, che identificano il

«Lápis Azul. Senza questo riferimento, la vignetta perde molta della sua forza

critica e dalla forma (il Lápis) può essere facilmente confuso con una grande

candela [...] soprattutto per un lettore comune e meno attento»397.

391 Ibidem. 392 Saudade, ancor più di Graça, è un termine dai molteplici significati. Come riportato da Ibidem, voce Saudade, può essere tradotto con nostalgia, rimpianto, ma vista la sua posizione all’interno della vignetta, ovvero su una ghirlanda funebre, reputo che la traduzione ideale possa essere “Alla Memoria di…”. 393 Américo Enes Monteiro, A recepção de Friedrich Nietzsche na vida intelectual portuguesa (1892-1939), Tese de Doutoramento, Faculdade de Letras da Universidade do Porto, 1997, p. 36. 394 Come si è visto creatore dello Zé Povinho. 395 Primeira Republica, http://www.primeirarepublica.org/portal/index.php?option=com_content&view=article&catid=15:biografias&id=697:brun-andre-francisco-1881-1926&Itemid=14 396 Estratto della e-mail inviatami da Pedro Bediano Braga, autore insieme ad Álvaro Costa de Matos, di Jornalismo Gráfico e Censura no Estado Novo, Uma aproximação ao problema a partir do bissemanãrio

“Os Ridiculos, op.cit., in risposta alla mia richiesta di delucidazioni su questa vignetta («No funeral da Graça Portuguesa - também de “Alonso” que se auto-caricatura (figurando à direita, sem óculos), ao lado de outros desenhadores humoristas - o que foi importante cortar, para o censor, foram as legendas»). 397 Estratto della e-mail inviatami da Pedro Bediano Braga. Vedasi nota n. 396 («Lápis Azul. Sem esta referência, perde grande parte da sua força crítica e a forma facilmente se confunde com a de uma grande vela [...] no caso do leitor comum e menos atento»).

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Epurato il riferimento al Lápis Azul questa illustrazione assume tutto un altro significato

(fig. 13). Nonostante questo funerale è ancora in onore all'Umorismo Portoghese,

l'illustrazione si trasforma in una semplice nota di nostalgia verso gli umoristi portoghesi

del passato, marcata dalla didascalia aggiunta dai censori

Na Sociedade Nacional de Belas Artes, onde ésta sendo velada a velha graça

portuguesa, têm-se realizado numerosos turnos398.

Si perde la duplice accezione che le affidò Alonso, ossia di veglia funebre in onore dei

colleghi ormai defunti, ma soprattutto, attraverso la somiglianza delle candele a due grosse

matite, di perentoria critica al regime che stava uccidendo, tra le sue maglie, la Graça

Portuguesa.

Come si è potuto appurare in questi documenti, i censori apportavano modifiche alle

immagini nonostante l'art. 6 del Decreto Lei n. 22 469 lo vietasse espressamente. Come ho

potuto riflettere grazie a Goffredo Adinolfi

«Non essendo il giornale in questione un quotidiano c’erano anche margini

maggiori di contrattazione. Pur essendo una dittatura, il salazarismo, era un regime

pragmaticamente elastico e adottava un’attitudine rigida unicamente quando

necessario... Quindi se era possibile pubblicare la rivista con qualche

rimaneggimento perché no?»399.

Inoltre le modifiche arrecate furono in grado di trasformare le vignette di Alonso in

illustrazioni celebrativi di Salazar, della sua ideologia e dello Zé povinho, non più come

simbolo di critica ma icona del “buon portoghese” cui anelava la dittatura. Dove per buon

portoghese s’intendeva una “persona/non persona”, lobomizzata su idee conformi, priva di

senso critico, totalmente neutrale a livello politico, passivo di fronte agli avvenimenti

storici.

398 (Nella Sociedade Nacional de Belas Artes ci sono state molte visite in occasione della veglia funebre alla Graça Portuguesa). 399 Estratto della e-mail inviatami da Goffredo Adinolfi, autore di Ai confini…, op. cit., in risposta alla mia ricerca di alcune delucidazioni riguardo l’art. 6 del Decreto 22 469 e la sua reale applicazione.

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In conclusione, si può giustamente confermare il ruolo morale che Salazar volle

affidare al Lápis Azul, fondato non sul rispetto dell’individuo e delle sue capacità di critica,

ma sull’importanza di proteggere la tranquillità della nazione e dei cittadini. L’analisi della

legislazione portoghese negli anni Trenta ha rivelato un’ambiguità di fondo, poiché, da un

lato, la Costituzione garantiva la libertà d’espressione ai giornali, ma rimandava a “leggi

speciali” la sua regolamentazione. Attraverso un’abbondanza serie di Decreti Lei e

circolari, dunque, la censura rese il Portogallo, chiaramente solo attraverso la carta

stampata, un «paraíso»400, una «República da Ilusitania»401, abile gioco di parole tra

Lusitânia (l’antico nome del Portogallo quando era una provincia romana) e illusão

(illusione).

Secondo Salazar

«Politicamente só esiste o que o público sabe que esiste»402;

e nelle pagine dei giornali iniziarono a non esistere più

«suicidi. Né baracche. Né colera. Ne aumenti di prezzo. Né l'aborto. Né la guerra.

Né gli hippies. Né scioperi. Né droghe. Né l'influenza. Né gli omosessuali. Né la

crisi. Né i massacri. Né il nudismo. Né inondazioni. Né febbre gialla. Né

l'imperialismo. Né fame. Né le violenze. Né inquinamento. Ne i deragliamenti. Né

il tifo. Né il Partito Comunista. Né le truffe. Né relazioni extraconiugali. Né il

razzismo»403.

La censura divenne così il «preservativo do “velho regime”404», in quanto, castrando dalle

pagine dei giornali ogni tipo di dissenso e di comportamenti ritenuti immorali, tendeva a

400 Isabel Forte, op. cit., p. 83 («paradiso»). 401 Termine coniato da José Hipólito Vaz Raposo, citato in Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 146. 402 Ibidem, p. 97 («Politicamente esiste solo quello che la gente sa che esiste»). 403 César Príncipe, op. cit., p. 12 («suicídios. Nem barracas, nem cólera. Nem aumentos de preços. Nem abortos. Nem guerra. Nem hippies. Nem greves. Nem droga. Nem gripes. Nem homossexuais. Nem crises. Nem massacres. Nem nudismo. Nem inundações. Nem febre amarela. Nem imperialismo. Nem fome. Nem violações. Nem poluição. Nem descarrilamentos. Nem tifo. Nem Partido Comunista. Nem fraudes. Nem poisos extraconjugais. Nem racismo»). 404

Ibidem.

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rendere la percezione del Portogallo come di un luogo battericamente puro, radicalmente

sterilizzato, profilatticamente immune405.

405 Ibidem.

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Conclusioni

Nel presente lavoro si è analizzata la censura in Portogallo negli anni trenta, usando come

spunto per la trattazione il romanzo di Tabucchi Sostiene Pereira406. Dopo aver sviscerato,

per quanto lo permetta una Tesi triennale, la legislazione dell’Estado Novo riguardante la

stampa e riportato alcuni esempi estratti dal settimanale umoristico Os Ridiculos, si può

affermare con convinzione che la finzione romanzesca di Tabucchi è una fedele

rappresentazione della situazione storico-politica portoghese agli albori della Seconda

Guerra Mondiale.

L’atmosfera che traspare tra le pagine è quella un regime che censura i quotidiani e

controlla la popolazione, dove le forme di dissenso non sono permesse e punite a volte con

la morte, come nel caso di Monteiro. La violenza, però, non fu un elemento centrale nella

dittatura, ma fu semplicemente tollerata, se proveniente da gruppi vicini al regime. Salazar

fu, per queste compagini di estrema destra, come un padre paziente che perdona le

irrequietezze del figlio adolescente, per poi trasformarsi in un padre/padrone nei confronti

dei cittadini che non concordavano con la sua visione del mondo.

Istituì un feroce apparato censorio eretto da leggi e decreti che tarparono le ali alla

libertà d’espressione. Non c’era l’obbligo, però, per i giornali di essere asserviti alle

esigenze propagandistiche del regime; la cosa importante era che non esprimessero critiche

nei confronti dello Stato, della classe dirigente salazarista e che non turbassero l’opinione

pubblica con notizie negative.

L’Estado Novo si qualifica pertanto come un regime autoritario, ma non totalitario.

Questa locuzione, infatti, è problematica e controversa in quanto, come si è ampiamente

trattato, non vi fu mai in Portogallo una spinta a totalizzare la società, a inquadrare in

gabbie ideologiche le masse. Semplicemente la finalità era «il mantenimento di uno status

quo considerato come immutabile e per il quale non serviva dunque la mobilitazione»407

dei cittadini.

406 Antonio Tabucchi, op. cit. 407 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., pp. 234-235.

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Come auspica Goffredo Adinolfi è un’importante priorità dell’avanzamento degli studi

trovare una definizione storica adeguata all’Estado Novo408. É innegabile tuttavia che le

libertà di stampa e d’espressione, come si è accertato nel caso di Os Ridiculos, furono

cancellate, rendendo il Portogallo una «Disneyland, senza scandali, né suicidi, e neppure

veri problemi»409. Se si ritiene moralmente sbagliato anteporre alla libertà di critica e

d’espressione una presunta armonia nazionale è evidente che il regime di Salazar, che fu

innegabilmente “soft” rispetto alle dittature nazifasciste e comuniste che terrorizzarono

l’Europa nel secolo scorso, vada ascritto, in definitiva, come periodo cupo all’interno della

Storia dell’umanità.

Ritornando a Sostiene Pereira410, il protagonista è sì un personaggio letterario, ma

come chiarisce lo stesso autore, è ispirato alla vita di un vecchio giornalista che esercitò la

professione

«negli anni quaranta e cinquanta […] sotto la dittatura di Salazar. Ed era riuscito a

giocare una beffa alla dittatura salazarista pubblicando un articolo feroce contro il

regime»411.

Questo fortificare il valore storico del romanzo che, pur essendo fiction, ha contenuti

storici concreti e dimostrabili. Per di più funge da stimolo al lettore incuriosendolo sul

periodo storico trattato e, come nel mio caso, spingendolo ad approfondire l’argomento.

Inoltre la scelta, sapientemente giostrata da Tabucchi, di tratteggiare Pereira come un uomo

estraneo all’attualità, immerso nei ricordi del “bel tempo che fu”, non è casuale. Come lo

Zé Povinho egli è il prototipo dell’uomo immobile e invisibile che desiderava Salazar.

Isolato dal mondo, a Pereira servirà l’incontro con Monteiro per far vacillare le sue finte

certezze e aprire gli occhi di fronte alla realtà.

Ancora un punto da sviscerare: l'attualità del messaggio. Dopo l'ultima parola del

racconto appare una data: «25 agosto 1993»412. Appuntando al termine del libro il giorno

408 Ibidem.

409 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 29. 410 Antonio Tabucchi, op. cit. 411 Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Ibidem, p. 211. 412

Ibidem, p. 207.

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in cui ne ha terminato la scrittura413, l'autore vuole rimandare il lettore, o meglio a noi

lettori, alla contemporaneità. «La mancanza di Libertà di parola e di Stampa non è solo una

realtà del Portogallo del 1938»414 e dunque Tabucchi compie quello che Pereira solo alla

fine del romanzo trova il coraggio di fare: liberare la Letteratura dalla sua gabbia nella

torre d'avorio e inserirla nella Storia. Ancora oggi in molti (troppi) paesi del mondo la

libertà di pensiero, liet-motiv della personalità confusa di Pereira, è sfregiata e annullata.

Secondo l’organizzazione internazionale Freedom House, che si occupa di stilare una

classifica degli Stati in base alla libertà di stampa, nel 2009 il 32% delle nazioni è Not

Free, il 33 % Partly Free e il 35% Free415. Dal punto di vista della popolazione globale

questi dati si traducono che al 40% degli uomini e delle donne è negata totalmente la

libertà di stampa416. Il Portogallo si classifica sedicesimo su 196 Paesi ed è valutato

Free417. Se questi dati rappresentano una proiezione onesta della realtà, si può ben

affermare che il Lápis Azul è stato definitivamente spezzato418.

Questa graduatoria è compilata attraverso l’assegnazione di un punteggio da zero a

cento basato sulle condizioni economiche, legali e politiche della stampa419. Da zero a

trenta la nazione è considerata Free, da trentuno a sessanta Partly Free, da sessantuno a

cento Not Free420. L’Italia, attraverso questa classificazione, si qualifica settantaduesima e,

avendo ottenuto trentatré punti, è considerata Partly Free421.

Non è compito di questa Tesi confermare o negare questi dati422, che definiscono

l’Italia in una situazione in bilico, visto il punteggio ottenuto, tra l’essere Free e il Partly

Free. È compito, però, di tutti noi riflettere su di essi e vigilare che la libertà di manifestare

413 Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Antonio Tabucchi, op. cit., p. 213. 414 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 149. 415 Freedom House, Freedom of the Press 2009, http://www.freedomhouse.org/uploads/pfs/371.pdf, p. 38. 416

Ibidem, p.48. 417 Ibidem, p. 33. 418 Secondo un'altra organizzazione internazionale, Reporters sans frontières, il Portogallo si classifica quarantesimo su 179 paesi, Reporters sans frontières, http://www.en.rsf.org/press-freedom-index-2010,1034.html 419Freedom House, Freedom of the Press 2009, op. cit., pp. 12-13. 420 Ibidem, p. 11. 421

Ibidem, p. 34. 422 Secondo Reporters sans frontières l’Italia, invece, si classifica cinquantesima su 179 paesi, Reporters sans frontières, Reporters sans frontières, op. cit.

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67

liberamente il nostro pensiero ci sia sempre garantita, interiorizzando il messaggio che

Pereira ci dona dalle vie di una calda Lisbona.

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Prospettive di ricerca

La Saudade, Salazar e l’irrealismo

portoghese

Durante le ricerche volte alla comprensione dell'Estado Novo all'interno della storia

portoghese, ho intuito una tangenza particolare, che trovo opportuno accennare in questo

breve spazio, come prospettiva per un futuro sviluppo di ricerca. Sto parlando della

relazione che potrebbe intercorre tra la Saudade e l’immobilità dell’individuo promossa da

Salazar.

La Saudade contraddistingue il Portogallo nel mondo ed è una complessa emozione

«intraducibile»423, un

«sentimento [...] malinconico d’incompiutezza, legato nel ricordo alla privazione di

una presenza di qualcosa o di qualcuno, di allontanamento [...] o all’essenza di

certe esperienze e determinati piaceri già vissuti»424.

Partecipa alla malinconia e alla nostalgia, ma in «modo [...] paradossale425 perché è «una

delicata passione dell'anima […] lasciandoci indistinto il dolore dalla soddisfazione. E' un

male che piace e un bene che si patisce»426.

423 Guia Boni, Saudade, testo trattato dalla lezione Parole della Nostalgia: Saudade, Sehnsucht nel seminario

Esistono gli intraducibili?, 21 aprile 2009, Università degli Studi di Napoli “L’orientale”, http://www.slideshare.net/clod13/saudade-1329020, p. 2. 424Antonio Houaiss, M. de Salles Villar, Francisco Manoel de Mello Franco, Dicionário Houaiss da lingua

portuguesa, Tema e Debates, Lisboa, 2003, voce saudade, citato in Ibidem («Sentimento […] melancólico de incompletude, ligado pela memória a privação da presença de alguém ou de algo, de afastamento […], ou à ausência de certas experiências e determinados prazeres já vividos»). 425 Eduardo Lourenço, “Tempo Portoghese”, nel suo Mitologia della saudade, Napoli, Orient-Express, 2006, p. 33 citato in Guia Boni, Ibidem, p. 2. 426 Francisco Manuel de Melo, Epanáfora amorosa, citato in Ibidem, p. 7 («uma mimosa paixão de alma […] deixando-nos indistinto a dor da satisfação. E' um mal de que se gostae um bem que se padece»).

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Con la disfatta di Alcácer-Quibir del 5 agosto 1578427, la Saudade iniziò ad assumere i

connotati di blasone della sensibilità portoghese428. Dom Sebastião, sovrano senza eredi,

scomparve in questa battaglia. Il suo corpo non fu ritrovato, nessuno lo vide morire e,

quando Filippo II di Spagna fu incoronato Re di Portogallo429, al patriottismo portoghese

non restò che sperare nel ritorno di D. Sebastião «in un mattino nebbioso in sella al suo

cavallo bianco»430. Una ricomparsa mitologica per ripristinare la sovranità nazionale del

Portogallo, che rimarrà sotto l'egemonia della Spagna fino al 1640431. Quest’attesa

comporta Saudade, la «nostalgia di un'antica grandezza»432 e passività, poiché si

contraddistingue da «un’assenza di dinamismo perché la soluzione arriva da un deus ex

machina»433, ovvero D. Sebastião.

E quest’attesa, priva d'iniziativa personale tesa a modificare lo stato delle cose, questo

lasciarsi vivere cullati dal passato, non è, in fin dei conti, la non-partecipazione del

cittadino a cui anelava Salazar?

Lo stesso Pereira, che non casualmente risiede in Rua de Saudade, vive ancorato al

passato, all'idea della moglie morta, per fuggire alla situazione politica contingente. Fugge

pure Fernando Pessoa, il poeta con gli occhi, con il suo «baule pieno di gente»434 e i suoi

eteronomi. Si trincera in un mondo poetico forgiato da «stelle che brillano da tanto

tempo»435 e da «uccelli pieni di abisso, come ci sono nei sogni»436. Isolato in una mansarda

cantò

«la canzone dell’Infinito in un pollaio, e sentì la voce di Dio in un pozzo

tappato»437.

427 Giulia Lanciani, Il sebastianesimo: un sogno che nasce come logos, in Associazione Ispanici Italiani, Sogno e scrittura nelle culture iberiche, Atti del XVII Convegno, Milano 24-25-26 ottobre 1996, Bulzoni Editore, Roma 1998, vol. I, pp. 339. 428 Eduardo Lourenço, Portugal como destino seguido de Mitologia da saudade, Lisboa, Gravida, 2001, p. 113, citato in Guia Boni, op. cit., p. 1. 429 Giulia Lanciani, op. cit., p. 340. 430

Ibidem. 431 Rita Marmoto, Onde a terra se acaba e o mar começa, in Studi (e testi) italiani, a. VIII, n. 22, p. 77. 432 Giulia Lanciani, op. cit., p. 343. 433 Guia Boni,op. cit., p. 6. 434 Titolo del saggio introduttivo di Antonio Tabucchi al libro Fernando Pessoa, Una sola moltitudine, vol. I, Adelphi Edizioni, Milano, 1993. 435 Ibidem, pp. 158-159 («estrelas luzindo há tanto tempo»). 436

Ibidem, pp. 176-177 («cheias de abismo, como nos sonhos as há»). 437 Ibidem, pp. 376-377 («a cantiga do Infinito numa capoeira, E ouviu a voz de Deus num poço tapado»).

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Vi è una gran differenza tra Salazar, l’impianto autoritario dell'Estado Novo e la poiesis

di Pessoa, ma entrambi sono demiurghi di mondi irreali. Salazar fu «sacerdote stregone»438

di un “Portogallo/paradiso” che paradiso non era e Pessoa architetto di mille identità

(Alberto Caeiro, Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Berando Soares etc...) che non

esistevano nel mondo, ma solo tra le pagine da lui scritte.

Questo «scollamento tra mondo reale e mondo immaginario»439 è l'anima stessa del

Portogallo. Eduardo Lourenço parla di «prodigioso irrealismo»440 dell'immagine che

questa nazione ha di se stessa. Fin dalle origini, attraverso miti diversi, tra cui quelli di D.

Sebastião e di Afonso Henriques citato descrivendo lo Zé crocifisso, ha inteso il suo essere

nazionale garantito non dalla semplice abilità umana, ma da un potere altro, qualcosa come

«la mano di Dio»441. Lo stesso irrealismo vale per le grandi conquiste marittime:

«Accadde […] che anche nell’ora solare della nostra affermazione storica, questa

grandezza fosse, concretamente, una finzione. Eravamo grandi, di quella grandezza

che gli altri percepiscono dal di fuori [...], ma eravamo grandi da lontano, fuori di

noi, nell’Oriente di sogno o in un Occidente ancora impensato»442.

Dunque l'essere impero del Portogallo era «più immaginato che reale»443 essendo

semplicemente un piccolo Stato, che nascondeva a se stesso il suo essere fragile444.

È la dicotomia tra sogno, immaginazione, attesa di D. Sebastião, il “Paradiso” di

Salazar, contro attualità, verità, miseria della popolazione non espressa dai quotidiani, che

potrebbe fungere da fil rouge tra l’Estado Novo e la Saudade.

Una ricerca accurata dovrebbe approfondire la storiografica culturale del Portogallo nel

Primo Novecento, studiando il possibile utilizzo che fece il dittatore di questo sentimento,

attraverso discorsi e mezzi di comunicazione. Un uso che potrebbe non essere palese,

poiché lo stesso tipo di valori promulgati dal regime, come si è visto analizzando la

438 Eduardo Lourenço, op. cit. , p. 190. 439 Roberto Vecchi, Il Molo Estremo, in Limes, a. XI, n. 5, p. 83. 440 Ibidem. 441 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 20. 442 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 21. 443 Roberto Vecchi, op. cit., p. 83. 444 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 21.

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71

censura nei confronti del bi-settimanale Os Ridiculos, sottintendeva un'immagine immobile

del bom português, uomo pacato, che non si ribella, che è vittima della Saudade.

Un’emozione che rischia di divenire giustificazione/consolazione per gli ignavi, per chi

non schiera, per chi non ha il coraggio di agire nel presente, appisolandosi su immagini

fasulle.

Chiunque abbia soggiornato a Lisbona avrà sicuramente osservato, o meglio amato, il

suo essere sospesa nel tempo e nello spazio, in un'atmosfera onirica. Camminando con

fatica per le rua dell'Alfama, provando Saudade dal Miradouro da Senhora do Monte

mentre si osserva l'orizzonte e le fatiscenti case accatastate sui pendii delle colline, si può

concordare con il controverso occultista Aleister Crowley, che in visita a Lisbona per

conoscere Fernando Pessoa affermò:

«una volta Dio tentò di svegliare Lisbona con un terremoto, ma dovette rinunciare

perché era un'impresa impossibile»445

.

445 John Symonds, Aleister Crowley, La Bestia 666, a cura di Sebastiano Fusco, Edizioni Mediterranee,

Roma, 2006, p. 451.

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Appendice Immagini

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Fig. 1 Copertina di A Capital del 24 giugno 1926. Nel particolare è visibile la dicitura Este numero d'A

CAPITAL foi visado pela comissão de censura,

Hemeroteca Digital de Lisboa, http://www.hemerotecadigital.cm-lisboa

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Fig. 2 Decreto-lei 22 469, pubblicato su Diário do Governo n. 83, 11 aprile 1933, Ibidem.

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Fig. 3 O Lápis Azul e Vermelho, le matite utilizzate dai censori, Galeria Virtual da Censura, op. cit.

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Fig. 4 Timbri utilizzati per bollare i giornali vagliati dalle Commissioni di Censura, Ibidem.

Fig. 5 Prima apparizione dello Zé Povinho (a destra) su Lanterna Mágica, 12 giugno 1875.

França José-Augusto, Rafael Bordalo Pinheiro na Reabertura do seu Museu, in Revista ICALP, a. IV, vol.

16-17, p. 142.

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Fig. 6 Vignetta di Os Riducolos censurata l’11 aprile 1933,

Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 51.

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Fig. 7 Vignetta di Os Riducolos censurata il 4 maggio 1934, Ibidem.

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Fig. 8 Versione pubblicata su Os Riducolos il 5 maggio 1934 della fig. 7, Ibidem, p. 55.

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Fig. 9 Vignetta di Os Riducolos censurata il 6 marzo 1941, Ibidem, p. 56.

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Fig. 10 Versione pubblicata Os Riducolos il 9 marzo 1941 della fig. 9, Ibidem, p. 57.

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Fig. 11 Vignetta di Os Riducolos censurata l'11 giugno 1935, Ibidem, p. 60.

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Fig. 12 Vignetta di Os Riducolos censurata il 6 marzo 1938, Ibidem, p. 64.

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Fig. 13 Versione pubblicata su Os Riducolos il 9 marzo 1938 della fig. 12, Ibidem, p. 65.

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