Una certavisione dell'Italia La strada indicata da una ...

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1 / 4 Data Pagina Foglio 04-2021 44/47 TEMPI6 44. l'anticipazione Una certavisione dell'Italia La strada indicata da una storia popolare «La conclusione traumatica e immeritata della sua esperienza politica è stato un danno per lui e per tutti». Il cardinal Ruini ripercorre l'avventura di lotta e di buongoverno di Formigoni di Camillo Ruini Questo libro parla di sessant'anni di storia del nostro paese, vissuti e visti at- traverso gli occhi un ragazzo che incon- tra molto presto una proposta cristiana che lui definisce affascinante, quella di Comunione e Liberazione, e poi diventa uomo sempre seguendo le tracce di quell'incontro, ma anche trovandosi ad assumere responsabilità in campo civile e politico via via più importanti. Non è la storia di un uomo solo, ma e anche la storia un popolo, fortemente coeso, che cammina con lui. E insieme affrontano battaglie culturali e politiche, ora vincendo ora perdendo, ma sempre tenendo la rotta e riprendendo il cam- mino. E sempre lavorando perché l'in- telligenza della fede che hanno ricevuto diventi anche intelligenza della realtà. L'impegno politico, che ben presto di- venta preponderante, viene vissuto come occasione per incontrare e condividere i bisogni delle persone. E per cercare e co- struire soluzioni, nell'ottica, dice il prota- gonista, di rendere esperienza la dottrina sociale cristiana. Soprattutto il principio di sussidiarie- è proclamato e vissuto come la stella polare che orienta le diverse scelte, e que- sto anche alla guida di una delle regio- ni più moderne e avanzate d'Europa, la Lombardia, alle prese con problemi tipici di una società complessa, che guarda con ansia al futuro. Incalzato da un intervistatore che è un amico ma non risparmia le domande più scomode, il protagonista parla anche di sé, degli aspetti più intimi, meno noti e più sofferti della sua vita. Dunque è a tutto tondo una "Storia po- polare", la storia di un cristiano e di un pezzo di popolo cristiano. Nell'accadere di una società sempre più secolarizzata, nel susseguirsi di battaglie unitarie dei cattolici e di episodi laceranti, dalle divi - Il cardinale Camillo Ruini è stato presidente della Conferenza episcopale italiana dal 1991 al 2007 Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Edizioni Cantagalli 075777 Mensile

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44. l'anticipazione

Una certavisione dell'Italia

La stradaindicatada una storiapopolare

«La conclusione traumatica e immeritata della sua esperienzapolitica è stato un danno per lui e per tutti». Il cardinal Ruiniripercorre l'avventura di lotta e di buongoverno di Formigoni

di Camillo Ruini

Questo libro parla di sessant'anni distoria del nostro paese, vissuti e visti at-traverso gli occhi dí un ragazzo che incon-tra molto presto una proposta cristianache lui definisce affascinante, quella diComunione e Liberazione, e poi diventauomo sempre seguendo le tracce diquell'incontro, ma anche trovandosi adassumere responsabilità in campo civilee politico via via più importanti.

Non è la storia di un uomo solo, ma eanche la storia dí un popolo, fortementecoeso, che cammina con lui. E insiemeaffrontano battaglie culturali e politiche,ora vincendo ora perdendo, ma sempretenendo la rotta e riprendendo il cam-mino. E sempre lavorando perché l'in-telligenza della fede che hanno ricevutodiventi anche intelligenza della realtà.

L'impegno politico, che ben presto di-venta preponderante, viene vissuto comeoccasione per incontrare e condividere ibisogni delle persone. E per cercare e co-struire soluzioni, nell'ottica, dice il prota-gonista, di rendere esperienza la dottrinasociale cristiana.

Soprattutto il principio di sussidiarie-tà è proclamato e vissuto come la stellapolare che orienta le diverse scelte, e que-sto anche alla guida di una delle regio-ni più moderne e avanzate d'Europa, laLombardia, alle prese con problemi tipicidi una società complessa, che guarda conansia al futuro.

Incalzato da un intervistatore che è sìun amico ma non risparmia le domandepiù scomode, il protagonista parla anchedi sé, degli aspetti più intimi, meno notie più sofferti della sua vita.

Dunque è a tutto tondo una "Storia po-polare", la storia di un cristiano e di unpezzo di popolo cristiano. Nell'accaderedi una società sempre più secolarizzata,nel susseguirsi di battaglie unitarie deicattolici e di episodi laceranti, dalle divi-

Il cardinaleCamillo Ruini èstato presidentedella Conferenzaepiscopaleitaliana dal1991 al 2007

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TEMPI 1 APRILE 2021 .45

CUPE,FlÌf?MIGQW

IL LIBRO INTERVISTA^-Esce i118 aprile

Una storia popolare,il libro intervista in

cui Roberto Formigoniracconta a Rodolfo

Casadei la sua vicendapolitica e umana

(Cantagalli, 536 pagine,25 euro). Pubblichiamo

in queste paginel'introduzione di Ruini

al volume e alcunistralci dal capitolo

dedicato alle"memorieirachene"

dell'exgovernatorelombardo

sioni e dalla sconfitta nel referendum suldivorzio al ricomporsi dell'unità ma sem-pre sconfitti nel referendum sull'aborto,fino all'unità e alla vittoria nel referen-dum sulla fecondazione assistita. Mentreemerge prepotentemente una questioneantropologica che è centrale già oggi e an-cor più per il futuro e che deciderà che co-sa ne sarà dell'uomo e della sua identità.

La ricerca dell'unitàÈ la storia di un politico cristiano insiemead altri politici cristiani e non cristiani,dalla forza alla decadenza e alla mortedella Dc, al tentativo di innervare di unavisione cristiana alcuni dei nuovi partitinati dal disfacimento della prima Repub-blica. Sempre con l'obiettivo di preservarequei valori fondamentali, irrinunciabili,che appartengono all'essenza dell'uomoe di una società realmente umana, messia forte rischio dal mainstream odierno.

D'altra parte, per chiunque faccia po-litica seriamente, questa è fortementelegata a una visione culturale, e per ilcristiano la cultura e indissolubilmentelegata alla fede.

Il libro si colloca sul confine traun'epoca in cui tutto questo era evidentee la situazione odierna, dove cultura epolitica sono troppo condizionate dallapura immagine e dall'istinto immedia-to: una situazione che dobbiamo cercaredi correggere. Rievocando ampi e signi-ficativi brani della storia del Movimentopopolare e di Comunione e Liberazione,questo testo offre un esempio e indicaimplicitamente percorsi possibili per laripresa di una forte presenza dei cattolicinella vita pubblica. Dal racconto si evinceche per Cl la decisione per una presen-za unitaria dei cristiani nelle questionisociali e nell'azione politica non è natada un'interpretazione integralista dellafede o dalla sua riduzione a ideologia. Alcontrario, Cl non metteva in discussioneil principio del pluralismo legittimo, che

Non si trattava di imporre"leggi cristiane", ma di agirenellavita pubblica a partireda quel cambiamento cheavviene prendendo parteall'esperienza di comunionedella comunità cristiana

in quegli anni era stato esplicitato dallalettera apostolica Octogesima adveniensdi Paolo VI; Cl cercava di vivere fino infondo il suo carisma, che si può riassu-mere nel fare dell'unità dei cristiani inCristo un'esperienza esistenziale.

Chi fa l'esperienza dell'unità con glialtri cristiani in Cristo e dei nuovi rappor-ti umani che gradualmente ne nasconodesidera vivere quell'esperienza di unitàin ogni ambito della vita: nella politica,nell'impegno sociale, nella cultura, ecce-tera. Non si trattava dunque di imporrealla società "leggi cristiane", ma di agirenella vita pubblica a partire da quel cam-biamento della personalità che avvieneprendendo parte all'esperienza di comu-nione che si fa nella comunità cristiana.

Il compito dei cattoliciIn mezzo a errori e difetti tipici di ogniesperienza umana questo approccio haprodotto nel medio termine risultati po-sitivi per il bene di tutti. Negli anni Set-tanta ha contribuito ad evitare l'avventoal potere di un Partito comunista ancoratroppo subalterno a Mosca; negli anni acavallo fra i due millenni ha dato vita aesperienze benemerite di buongoverno,di cui la Lombardia rappresenta il casopiù avanzato. Esperienze che hanno sa-puto coniugare libertà e responsabilità,solidarietà e principio di sussidiarietà.

Pur non essendo l'unico esponentepolitico italiano proveniente dalle file diCl, Roberto Formigoni è stato l'uomo po-litico che più ha sintetizzato ed espressoil patrimonio di impegno unitario, ini-ziative sociali e culturali, sollecitudineper la cosa pubblica, che, a partire daglianni Settanta, era andato accumulandosiattraverso revisioni e correzioni che nonsono mancate.

Oggi i cattolici, al di là della questio-ne di un loro partito, devono puntare suicontenuti dell'azione politica e svilup-pare un'azione il più possibile unitaria,aperti al contributo e alla collaborazionedi quanti, anche non credenti, condivi-dono tali contenuti. È un compito essen-ziale, che ha valore per l'Italia e per l'Eu-ropa. Spetta ai cattolici operare affinchél'una e l'altra accettino di riconoscerele loro radici cristiane, oggi sempre piùminacciate da un violento attacco ester-no di radice in particolare islamista, masoprattutto dall'indifferenza e spesso

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46. l'anticipazione

dall'ostilità aperta di tanta intellighen-zia occidentale. Questo libro mostra chetutto ciò e possibile e indica una strada.

Termino con una brevissima riflessio-ne personale: Roberto Formigoni è statocostretto a una conclusione traumatica eimmeritata della sua esperienza politica.È stato un danno non solo per lui ma perquanti condividono con lui una certa vi-sione dell'Italia e del suo futuro. ■

La missione in Iraq

E Saddam Husseinentrò nella stanzae appoggiòla pistola sul tavolo

di Rodolfo Casadei

L'episodio più memorabile di quelperiodo che ti riguarda e il blitz concui nel dicembre 1990 riporti a casa250 ostaggi italiani di Saddam Hus-sein rimasti bloccati in Iraq dopo cheil Consiglio di Sicurezza dell'Onu ave-va condannato e sanzionato il gover-no di Baghdad per l'occupazione delKuwait e gli Stati Uniti avevano co-minciato a riunire la coalizione mili-tare internazionale che poi avrebbeattaccato l'Iraq nel gennaio 1991.Per me la crisi degli ostaggi comincia

la mattina del 3 agosto '90, quandovengosvegliato nella mia stanza in un hotel del-la Val Badia dove alloggiavo all'indomanidella conclusione degli esercizi spiritualidei Memores Domini, che si erano svoltia Corvara. Era il mio primo giorno di va-canza: parlamento italiano e parlamen-to europeo avevano chiuso i battenti, gliesercizi erano terminati e io, stanchissi-mo, me la stavo prendendo comoda. Michiamarono ín stanza dalla portineria:«Ci scusi, non sappiamo più come fare:continuano ad arrivare telefonate per lei.Ieri notte c'è stato una specie di colpo diStato in Medio Oriente, e adesso stannoarrivando in continuazione chiamate perlei soprattutto dalla Lombardia». [...]

In Iraq operavano decine di tecni-ci italiani specialisti del settore degliidrocarburi, in maggioranza originaridella Lombardia, appartenenti ad Enie Saipem; c'erano pure molti artigianidei settori del mobile e dell'arredo, chelavoravano ad importanti commesse peri palazzi presidenziali e per l'aeroportodi Baghdad, anche questi soprattuttolombardi. Costoro temevano di non poterrientrare: avevano chiamato le famiglie,e queste stavano chiamando il deputatoeletto nella loro circoscrizione. Avevanoragione: il 9 agosto l'Iraq chiuse le suefrontiere, e il 18 agosto annuncio che ilavoratori occidentali sarebbero statitrattenuti nel paese come "ospiti". In Oc-cidente la parola ̀ospiti" fu tradotta con"ostaggi" e poi "scudi umani", man manoche si avvicinava lo scenario di guerra. Sidiceva che gli occidentali sarebbero staticollocati nei pressi degli obiettivi stra-tegici che la coalizione militare guidatadagli Stati Uniti avrebbe potuto colpire.Mi mossi subito, contattando il ministerodegli Esteri e il ministro di allora, il so-cialista Gianni De Michelís, e l'unità dicrisi presso la presidenza del Consiglio:a capo del governo c'era Giulio Andreot-ti. Mi attivai in termini di politica estera:ero convinto che il primo obiettivo daperseguire fosse la liberazione dei circa10 mila ostaggi occidentali, di cui 250italiani, trattenuti in Iraq, ma occorrevaanche una soluzione negoziata della crisiche evitasse la guerra.

Consideravo sbagliato l'approcciodegli Stati Uniti e dei loro alleati, subitominacciosi, che avrebbe portato a unanuova guerra con grandi distruzioni eperdite di vite umane. L'Iraq aveva certa-mente compiuto un'azione inaccettabile,ma non bisognava peggiorare le cose e so-prattutto dimenticare le cause che aveva-no portato a quella situazione. Tuttaviai giorni passano e nulla si muove. [...] Aquel punto che io concepisco l'idea di or-

I'arekAziz mi comunicache il raìs ha decisodi lasciar partire con menon solo gli italianima tutti gli occidentaliche ancora erano in Iraq,in totale 400 persone»

ganizzare una missione italiana ufficio-sa con esponenti di comunità religiose,della società civile e dí amministrazionilocali. Sarà al mio fianco l'amico AldoBrandirali, che ancora oggi devo ringra-ziare per l'aiuto decisivo che mi diede inogni fase. La mia missione non impegnail parlamento europeo, di cui pure sonouno dei vice presidenti. Partiamo il 30novembre in nove e voliamo su Amman.Da lì per via di strada ci dirigiamo suBaghdad, il cui aeroporto era chiuso per-ché tutti i voli internazionali erano staticancellati. Attraversiamo con le jeep i1.150 km di deserto fra la Giordania e laprovincia irachena di Anbar e arriviamonella capitale, dove avevamo molti ap-puntamenti. Incontro il presidente delparlamento, incontro il patriarca caldeoRaphael Bidawid, incontro Tarek Aziz, vi-ce presidente dell'Iraq e unico cristianopresente nel governo, e al sesto giorno,insieme ad alcuni altri, sono invitato aincontrare Saddam Hussein. [...]

Veniamo caricati su un pulmino coivetri oscurati che fa un percorso lungoe tortuoso prima di scaricarci davanti auna delle residenze del capo dello stato.Veniamo accompagnati in una saletta efatti sedere; dopo non troppo tempo arri-va Saddam Hussein in persona, in divisamilitare. Il suo primo gesto è quello diprendere la grossa pistola che teneva ínuna fondina e di deporla sul tavolo tralui e noi. Prendo la parola in italiano,come previsto dal protocollo, e faccio undiscorso articolato: non sono tenero conla linea della coalizione occidentale, manon sono tenero nemmeno nei riguardidelle azioni del governo iracheno. Faccioun discorso molto equilibrato e, credoproprio, saggio. Dichiaro che andare allaguerra sarebbe irresponsabile, ricordo leparole dí papa Giovanni Paolo ll a questoriguardo, ricordo il legame speciale e direciproco rispetto che esiste fra l'Italia eil mondo arabo, col quale condividiamol'identità mediterranea. Presento l'Ita-lia come lo spazio geografico e politicodella congiunzione fra Europa e mondoarabo; sottolineo che siamo e restiamo al-leati degli Stati Uniti ma che non siamod'accordo con la loro politica di fronte aquesta crisi. Concludo chiedendo la libe-razione di tutti gli occidentali rimasti inIraq, in maggioranza italiani, lavoratoriinnocenti.

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FOTO: ANSA

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TEMPI I APRILE 2021 .47

Il colloquio con Saddam Hussein duraben tre ore, anche a causa delle esigenzedella traduzione; il rais non dice mai nul-la che rappresenti un impegno da partesua riguardo agli ostaggi, ma si dilungain una dissertazione politica per convin-cerci che l'invasione irachena del Kuwaitera giustificata. Insiste nello spiegarciche il Kuwait e storicamente parte delterritorio iracheno, «e come se all'Italiafosse stato portato via il Friuli; il Kuwaite il nostro Friuli», dice letteralmente. Illungo colloquio finisce [...]. Tornati inalbergo, nel pomeriggio chiamano solome per un incontro con Tarek Azíz, e ilvice presidente mi comunica che SaddamHussein ha deciso di lasciar partire conme non solo gli italiani ma tutti gli occi-dentali che ancora si trovavano in Iraq,ín totale circa 400 persone.

[...] Alla fine riporti in Italia tutti gliostaggi, ma il ritorno non è affattotrionfale.Proprio per niente! Non appena sap-

piamo che gli italiani possono lasciarel'Iraq, andiamo alla palazzina-strutturadove erano alloggiati e do loro la bellanotizia: immaginate le scene di giubilo!Coi mezzi a disposizione si organizza unacena d'addio che è una festa: e presenteuna troupe della Rai che fa un servizio elo spedisce subito in Italia. Io non vengointervistato, ma il filmato mostra me che

L'allora ministro degli Esteriiracheno Tarek Aziz con

Roberto Formigoni nel 2003

do la notizia del rilascio e i successivi fe-steggiamenti degli italiani: quale sia statoil mio ruolo, nel servizio non viene detto.Chiamo De Michelis e chiedo che mandi-no un Jumbo perché ci sono da trasportarecirca 400 passeggeri: oltre ai 250 italianic'erano gli altri occidentali cui Saddam haconcesso di aggregarsi a noi. La partenzaviene fissata per le 6 del mattino di dome-nica 9 dicembre, quando in Italia sono le4 di notte. Alle 7-8 del mattino avremmodovuto essere in Italia. La partenza peròritarda, e a un certo punto l'ambasciatoreitaliano a Baghdad ci comunica una no-tizia sbalorditiva: da Roma fanno sapereche l'aereo non può partire perché la Gre-cia non permette il sorvolo del suo spazioaereo. Capisco subito che qualcuno ínpatria sta creando ostacoli. Telefono allaFarnesina e non uso nessun tatto: «Trova-te un'altra scusa, questa non sta proprioin piedi. L'Italia è presidente di turno del-la Cee, e la Grecia e un paese della Cee.

«Atterriamo a Fiumicinoe a riceverci non c'è nessuno,tranne il sottosegretario dc,che si becca una rafficadi improperi da parte mia.Improperi diretti al governo,ad Andreotti, a tutti...»

Non volete che sorvoliamo il loro spazioaereo? Dateci un'altra rotta, non dobbia-mo passare per forza di lì».

Per me era chiaro che volevano ritar-dare il volo per non dover dare la notizianei telegiornali per tutta la giornata: nonvolevano che il pubblico vedesse che làdove non era riuscita la diplomazia italia-na, aveva avuto successo una delegazionedi straccioni (pensavo agli straccioni diValmy, quelli che amava Cossiga) guidatada Formigoni. Passano le ore, e la rispo-sta del ministero degli Esteri non cambia.Finalmente a sera inoltrata, dopo decinedi telefonate ad Andreotti presidente delConsiglio, a De Michelis ministro degliEsteri e a un'infinita di funzionari, arrivail via libera e si decolla. In Italia centinaiadí familiari degli ostaggi italiani si eranoraccolti nell'aeroporto di Fiumicino peraccogliere l'arrivo dei loro cari. Con loroc'erano troupe televisive, giornalisti, fo-tografi, ecc. A un certo punto le autoritàitaliane se ne vengono fuori con una fur-bata: comunicano a parenti e giornalistiche il volo atterrerà a Ciampino. In frettae furia le famiglie e gli operatori della co-municazione si trasferiscono nel secondoscalo romano. Era una notizia falsa — fral'altro a Ciampino un Boeing 747 non puòatterrare, la pista e troppo corta — eviden-temente congegnata per togliere ogni ecomediatica al ritorno in patria degli ostaggiitaliani liberati da Formigoni. Infatti dopole 11 di notte atterriamo a Fiumicino, e ariceverci non c'è nessuno, tranne il sot-tosegretario Franco Evangelisti, demo-cristiano andreottiano, che si becca unaraffica di improperi da parte mia. Impro-peri diretti al governo, ad Andreotti, a DeMichelis, alla Farnesina, a tutti... Aveva-no deciso di impedire che l'opinione pub-blica sapesse come erano andate le cose,e c'erano perfettamente riusciti.

Poi, all'inizio di gennaio 1991 la coa-lizione internazionale attaccò e l'esercitoirakeno fu distrutto in un mese. Quando ilparlamento italiano discusse se concede-re le basi aeree alla coalizione per l'attac-co, e poi entrare ufficialmente in guerracon qualche unità, fui l'unico deputatodella Dc a intervenire in aula, in un silen-zio assoluto, contro l'intervento militare,e a citare l'ammonimento di GiovanniPaolo II sotto lo sguardo esterrefatto diAndreotti presidente del Consiglio. E unpugno di colleghi Dc mi seguì nel voto. ■

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