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Un solo mondo N. 1 / MARZO 2013 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE www.dsc.admin.ch Nord Africa Nuovi scenari – anche per la Svizzera Honduras: Dove gli omicidi sono all’ordine del giorno L’oro blu, un affare tra privato e pubblico

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Un solo mondoN. 1/ MARZO 2013LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONEwww.dsc.admin.ch

Nord AfricaNuovi scenari – anche per la Svizzera Honduras: Dove gli omicidisono all’ordine del giorno

L’oro blu, un affare tra privato e pubblico

Un solo mondo n.1 / Marzo 20132

Sommario

3 Editoriale4 Periscopio26 Dietro le quinte della DSC33 Servizio 35 Nota d’autore con Luisa Splett35 Impressum

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenziadello sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri(DFAE), è l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è unapubblicazione ufficiale in senso stretto; presenta, infatti, ancheopinioni diverse. Gli articoli pertanto non esprimono sempre ilpunto di vista della DSC e delle autorità federali.

D S C

F O R U M

O R I Z Z O N T I

C U L T U R A

D O S S I E R NORD AFRICA6 La primavera araba, una rivoluzione senza dibattito

Trovare una soluzione ai problemi sociali e ricostruire le istituzioni politiche sono gli obiettivi prioritari

10 Aiuti spontanei, concertati e orientati al futuro Il maggiore impegno della Svizzera in Nord Africa raccoglie i primi frutti

15 «Non sorprende che sia stato il ceto medio a ribellarsi per primo»Intervista ad Ahmed Galal, direttore dell’Economic Research Forum del Cairo

17 Cifre e fatti

18 «In Honduras non ho un futuro» Alla ricerca di una prospettiva migliore, molte persone lasciano i villaggi per raggiungere la periferia della capitale del Paese centroamericano

21 Una giornata tipica di... Jürg Benz, coordinatore della DSC a Tegucigalpa

22 Un futuro migliore per me e le mie figlie María del Rosario Barahona sui suoi progetti e su quelli delle figlie

23 Un ponte con il mondo esterno In Somalia, Radio Ergo dà voce a chi solitamente non è ascoltato

24 Diagnosi di qualità grazie a internet Con il sostegno della DSC, alcuni chirurghi svizzeri hanno messo a punto un sistema di telemedicina in Mongolia

27 Acqua per tutti – un affare per privati? La collaborazione con il settore privato è possibile, ma soltanto a condizioni chiare

30 «Non bisogna mettere tutte le uova in un paniere»Carta bianca: l’etiope Getachew Gebru sulla pastorizia nel suo Paese

31 I nostri vicini, questi sconosciutiLo scambio culturale tra le Repubbliche dell’Asia centrale è rilanciato grazie ad alcune coproduzioni teatrali

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Il termine «primavera araba» non mi è mai piaciuto. Nonmi ha mai detto nulla, né nel vero senso del termine, néin senso figurato. L’ondata rivoluzionaria che ha pro-fondamente trasformato il Nord Africa e il Medio Orienteha avuto inizio quando il 17 dicembre 2010 il fruttiven-dolo tunisino Mohamed Bouazizi si è dato fuoco perprotestare contro le arbitrarietà perpetrate dal regime.È stato un gesto estremo ricco di conseguenze. Siamoall’inizio dell’inverno.

Il concetto di «primavera araba» si ispira alla stagione,periodo in cui la natura si risveglia e si lascia alle spallel’inverno. Con la primavera ricomincia il ciclo della vitae della fertilità. Ed è così che molti hanno immaginato la«primavera araba»: un processo politico, sociale e cul-turale che segue una legge naturale. A livello politico èstato un momento avvincente, perché la comunità in-ternazionale non è mai riuscita a definire una strategiachiara di fronte alle trasformazioni nei Paesi in fermento.Il termine «primavera» tranquillizzava e nel contempodistoglieva l’attenzione da questa latitanza.

Metafore come quella della «primavera araba» creanoperò presupposti errati e alimentano speranze infon-date. I processi politici e sociali non seguono nessunalogica naturale. Sono creati dall’uomo e perciò il loroesito è sempre incerto. Il rovesciamento del regime au-toritario a Tunisi, al Cairo e altrove non spiana automa-ticamente la strada verso la democrazia, lo stato di di-ritto, i diritti umani e l’economia di mercato. Certo, sonoin molti ad ambire e sperare in uno sviluppo simile, mail risultato è tutt’altro che scontato.

Dopo l’inizio delle sommosse nel 2011, sono stati fattiparagoni affrettati con i grossi sconvolgimenti che ave-vano travolto l’Europa dell’Est vent’anni prima. L’areamediterranea meridionale e orientale, tuttavia, non hané lo stesso passato, né una base culturale simile aquella della regione dell’Est europeo. Manca la pro-spettiva di entrare a far parte dell’Unione europea, unostimolo che ha fatto scattare un processo di riformaforte e con un chiaro orientamento ai contenuti inEuropa orientale.

Questo non vuol dire che i Paesi della «primaveraaraba» siano tagliati fuori dal nostro orizzonte e dallanostra storia, dal nostro presente e futuro. Anzi, sonoparte integrante di un grande spazio culturale, quellodel bacino mediterraneo, che ha influenzato enorme-mente proprio la storia della Svizzera. La Svizzera ènata come Paese ponte tra il bacino mediterraneo e ilNord Europa. I primi confederati hanno stretto la loro al-leanza con l’obiettivo di conservare e salvaguardare ipassi alpini e la propria libertà.

Anche il nostro futuro sarà determinato dalle trasforma-zioni del bacino mediterraneo – con tutte le opportunitàe i rischi che ciò comporta. Per decenni, l’«Occidente»ha influenzato le condizioni politiche in Nord Africa e nelMedio Oriente per tutelare i propri interessi, per motividi sicurezza, per l’approvvigionamento di materieprime, per le migrazioni. Ecco perché, oggi, anchel’Occidente deve assumersi la propria parte di respon-sabilità.

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che i cambia-menti in atto nel mondo arabo sboccano in una stradairta di ostacoli, con numerose battute d’arresto e unadestinazione incerta. Tuttavia, vale la pena impegnarsie percorrerla.

Per gli approfondimenti e i dati sull’argomento – peresempio sul ruolo dei media sociali o sull’impegno sviz-zero – vi rimandiamo al nostro dossier sul Nord Africapresentato nelle pagine di questo numero di «Un solomondo», nonché alla manifestazione «Karama! Le rivo-luzioni arabe e le loro ripercussioni» presso la Käfig-turm di Berna fino al 31 maggio 2013.

Martin DahindenDirettore DSC

(Tradotto dal tedesco)

Editoriale

La Svizzera e la «primavera araba»

DSC

Joe Ron

zio/IW

MI

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Periscopiogià state curate, 14000 dellequali in Africa. www.ipsnews.net, (chiave di ricerca:cataract)

Pane per l’Africa (gn) La domanda di grano staaumentando in tutto in mondo,così anche in Africa meridio-nale. In questa parte del mondo,molte persone non possonoperò permettersi il prezioso ce-reale e il numero di affamati è in crescita. Secondo uno studiodel Centro Internazionale diMiglioramento del Grano e delMais (CIMMYT), una soluzioneci sarebbe: basterebbe sfruttaremaggiormente la superficie col-tivabile. Per esempio, in dodiciStati viene lavorato solo il 25per cento delle terre. In passato,Stati africani come l’Etiopia o ilKenia avevano una produzionedi cereali enorme, produzioneche oggi si è notevolmente ridimensionata. Solamente nel2012, l’Africa ha importato 40 milioni di tonnellate di fru-mento, pagandole dodici mi-liardi di dollari. «Aumentando laproduzione indigena», spiega ildirettore del Programma globaledel grano Hans-Joachim Braun,«i mercati locali potrebbero affrancarsi dalla dipendenza daiprezzi del mercato mondiale chein pochi mesi possono crescereanche del 50 per cento».www.cimmyt.org (Wheat)

Ricerca nella foresta pluviale(bf ) Gli tsimane vivono nel norddella Bolivia e appartengonocertamente ai popoli più studiatidel pianeta. Dal 2002, oltre 50antropologi, medici, studenti boliviani e statunitensi hannoanalizzato la vita di questo po-polo indigeno dell’Amazzonia,pubblicando finora 42 studi; altri33 sono ancora in fase di stesura.La prima ricerca si era concen-trata su parassiti, vermi e malat-tie infettive di cui soffrono moltidei 13000 tsimane. Ora, l’inte-

L’irrigazione privata guadagna terreno( jls) Nei Paesi poveri del Sud del mondo, la maggior partedegli agricoltori utilizza ancora metodi di irrigazione rudi-mentali. Secondo un rapporto dell’Istituto internazionaleper la gestione delle risorse idriche (IWMI), sarebbe in attouna rivoluzione silenziosa. Stanchi di attendere gli aiuti delgoverno, gli agricoltori più intraprendenti trovano soluzioniper l’irrigazione moderne su piccola scala. Investono nell’acquisto di pompe a motore, nella raccolta delle acque piovane, nella costruzione di serbatoi di piccole dimensioni o di sistemi di deviazione dei corsi d’acqua.«Siamo rimasti sbalorditi dalle dimensioni del fenomeno»,dice Meredith Giordano, coordinatrice del rapporto.«Nonostante gli ostacoli, come gli elevati costi iniziali e lecatene di approvvigionamento poco sviluppate, questipiccoli agricoltori dell’Africa e dell’Asia sono andati avantiutilizzando le loro risorse per finanziare e installare nuovetecnologie di irrigazione». In Ghana, i sistemi di irrigazioneprivati innaffiano 25 volte più terreno degli impianti pub-blici.www.iwmi.cgiar.org/SWW2012

Il mare e l’uomo (bf ) Per la prima volta, la rela-zione tra il mare e l’essereumano è stata tradotta in cifre.Con il suo Ocean Health Index,l’Università della California a

Santa Barbara ha misurato la salute dei mari in un’area di 200miglia marine tra la costa e ilmare aperto. L’indagine si è con-centrata su fattori ecologici, so-ciali, economici e politici – fra

cui la qualità dell’acqua, la ric-chezza delle specie, la tuteladelle coste, il turismo o il ruolodel mare per l’economia e la pe-sca. Questo indice definisce la«salute» dei mari mediante unascala da 0 a 100; 60 è il valoremedio. Stando allo studio, iprimi posti sono occupati daPaesi industrializzati, grazie alfatto che questi ultimi hanno in-frastrutture migliori e leggi piùsevere. In fondo alla tabella sitrovano molti Stati dell’Africaoccidentale, latinoamericani emediorientali. Con 36 punti, laSierra Leone è il fanalino dicoda. Nonostante il buon pun-teggio, i Paesi industrializzatisono però direttamente respon-sabili del pessimo stato delle ac-que costiere dei Paesi in via disviluppo, dove vengono spessoesternalizzati i processi energe-tici e di produzione più inqui-nanti. www.oceanhealthindex.org

Dalle tenebre alla luce( jls) Circa 20 milioni di personeal mondo soffrono di cecità o diproblemi alla vista causati dallacataratta, un’opacizzazione delcristallino. Buona parte di questiipovedenti si trova in Paesi in viadi sviluppo e non ha i mezzi finanziari per permettersi l’in-tervento chirurgico per riacqui-stare la piena capacità visiva. Unmedico cinese, Han Demin, hadeciso di assumersi i costi diquesta operazione. Con un teamdi medici visita e opera gratuita-mente i malati privi di mezzi finanziari. Lanciato nel 2003 edestinato in un primo tempoalle aree svantaggiate della Cina,dal 2007 il suo Brightness ActionProgramme si è diffuso in altriPaesi dell’Asia e dell’Africa. «Ilnostro obiettivo è di destinare latecnologia medica più avanzatae il miglior servizio possibile alleregioni e alle persone che più nehanno bisogno», spiega il me-dico. Oltre 50000 persone sono

Michael Gurven/UCSB

Jeffrey Barbe

e/SunFire Solutions

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Diseg

no di Jean Aug

agneur

resse nazionale e internazionaleè stato esteso a ricerche su statodi salute generale, linguaggio,comportamenti sociali, metodidi cura e altri aspetti che vannooltre il semplice studio del po-polo tsimane. Con circa 2000 risultati è stato possibile confer-mare, per esempio, che le malat-tie cardiovascolari sono conmolta probabilità un male dellesocietà moderne. Altre ricerchestanno invece analizzando suglitsimane le correlazioni tra testo-sterone e infezioni, tra dieta evalore nutritivo del latte ma-

terno, tra DNA e speranza divita.www.tsimane.org

Cucinare con il sole (gn) Sembra una luccicanteparabolica satellitare, invece è unfornello solare. Questa specie dicatino riflette i raggi solari versoil centro, fornendo così energiasufficiente per portare a ebolli-zione l’acqua o per cuocere lepietanze. «L’ultima generazionedi fornelli solari è molto più efficiente dei modelli passati»,spiega Crosby Menzies. Il pio-niere dell’energia solare sudafri-cano è convinto che questa so-luzione abbia ottime prospettivenelle zone periferiche del suoPaese, dove molte abitazioni nondispongono ancora di un allac-ciamento alla rete elettrica. InSenegal, 350 fornelli di questo

tipo sono già stati testati sulcampo, offrendo così alla popo-lazione rurale alternative allacottura con legna da ardere.Anche se i fornelli solari funzio-nano ottimamente dal punto divista tecnico, Menzies è consa-pevole che non avranno una dif-fusione immediata. «Chi cucinacon l’energia solare, può farlo

solo di giorno – e ciò non è inlinea con le nostre tradizioni.Servirà un cambiamento dimentalità», conclude il precur-sore della cucina «solare».www.sunfire.co.za

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DOSSIER

La primavera araba, unarivoluzione senza dibattitoDa quando, dall’inizio del 2011, le rivoluzioni arabe hanno tra-volto il Nord Africa, tutta la regione è scossa da profondi scon-volgimenti. Come i Paesi dell’Europa orientale all’indomani del-le rivoluzioni colorate, così anche gli Stati dell’Africa mediter-ranea devono ora affrontare le sfide più difficili per dedicarsifinalmente alle riforme: la gestione dei problemi sociali e il ri-pristino delle istituzioni politiche. Di Vicken Cheterian*

Sco

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Nord Africa

Non abbiamo visto arrivare l’onda della rivoluzio-ne araba. Il triangolo formato da dittatori arabi, islamisti radicali e popolazione passiva sembrava fintroppo stabile – almeno agli occhi dei non addettiai lavori. Inoltre, le grandi potenze occidentali si era-no alleate con i dittatori arabi per lottare contro ilnemico comune, i militanti della jihad. Chi avreb-be mai detto che la rivoluzione sarebbe scoppiataproprio alle porte di casa nostra?I protagonisti non hanno dato sufficiente impor-tanza ai problemi di sviluppo della regione. Eppu-re, per far scattare il campanello d’allarme bastavaleggere attentamente i rapporti ONU relativi allosviluppo dei Paesi arabi, redatti nel contesto del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo

(UNDP-Arab Development Reports). Non è troppotardi, tuttavia, per ripercorrere gli avvenimenti storici da cui sono partite le rivoluzioni arabe. Il rapporto Challenges to Human Security in Arab Countries, pubblicato nel 2009 e dedicato allo svilup-po arabo, è preoccupante. In sintesi, spiega come inmeno di trent’anni la popolazione della regione siè più che raddoppiata, passando da 150 milioni dipersone nel 1980 a 317 milioni nel 2007, e segna-la che, mentre l’esplosione demografica continua,la regione è incapace di approvvigionare la popo-lazione con i beni di prima necessità. In Siria, ognianno 300000 giovani si riversano sul mercato dellavoro; in Egitto sono più di un milione. Il rappor-to evidenzia la fragilità delle economie arabe, do-vuta alla loro dipendenza dalle esportazioni di greg-gio e metano. La crescita alimentata dal petrolio haportato i settori tradizionali, tra cui l’agricoltura, aldeclino e oggi l’intera regione è meno industria-lizzata rispetto agli anni Settanta. Come rimedio per curare questo male – eliminan-do al contempo i fenomeni della povertà e della de-nutrizione – il rapporto raccomandava l’attuazio-ne urgente di riforme politiche. Ma i sovrani ara-bi, già in là con gli anni e presi dal passaggio delloscettro ai figli, hanno soffocato sul nascere ogni ten-tativo di riforma. L’esplosione delle rivoluzioni èstata la conseguenza di una pressione sociale sem-pre maggiore, alimentata dall’impossibilità di tra-durre in realtà qualsiasi cambiamento.

Simile al crollo del muro di Berlino La portata e l’importanza delle rivoluzioni arabe ri-cordano i profondi mutamenti che due decenni fahanno scombussolato i Paesi dell’Europa orientale:il crollo dell’Unione sovietica e degli Stati satelliti.A livello di sviluppo, la disgregazione del blocco so-vietico ha portato a un cambiamento di paradigmacon due risultati contradditori. All’inizio, ci si è resiconto che lo sviluppo è strettamente connesso allapolitica e che per avviare la crescita economica nonbasta trasferire mezzi tecnici dai Paesi più ricchi allesocietà più povere. Il paradosso sovietico consiste-va nel fatto che un sistema, che rappresentava la se-conda economia al mondo e che vantava tecnolo-gie di punta, alla fine è crollato per motivi politici.La frantumazione dell’Unione sovietica ha lasciatoin eredità il caos, gestibile solo con misure e stru-menti politici.Negli anni Novanta, gli ambienti dediti allo svi-luppo hanno risposto ai mutati bisogni con nuovimetodi di lavoro. Da una parte, l’aiuto internazio-nale ai Paesi post-sovietici perseguiva l’obiettivo di

Proteste davanti al palazzo presidenziale al Cairo, febbraio2011.

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CSA/DSC

istaurare la democrazia. Come garantire elezioni tra-sparenti? Come scrivere nuove leggi o una costitu-zione? Come sostenere la creazione di media indi-pendenti? Dall’altra parte, gli sforzi di riforma si oc-cupavano del passaggio dall’economia pianificata aquella di mercato. A posteriori, notiamo che sonostati creati nuovi sistemi di mercato, ma che le ri-forme politiche non hanno saputo dar vita alla de-mocrazia.Sul lungo termine, il crollo dell’impero sovietico haprodotto un ulteriore sviluppo del pensiero ege-monico, secondo cui il modello dell’economia dimercato costituisce l’unica soluzione possibile. Apartire dalla fine degli anni Novanta, l’integrazionedei mercati globali consisteva nel ridurre le ex eco-nomie sovietiche a meri fornitori di materie pri-me per gli Stati industrializzati. Così, Azerbaigian eKazakistan, ma anche Russia e Ucraina sono statidegradati a questa funzione, favorendo il totale sfa-celo delle loro infrastrutture industriali.

Anello debole della catenaIl rapporto UNDP non menziona invece l’effettoprovocato da due decenni di politica neoliberistanello sviluppo socioeconomico nel mondo arabo.A causa di un incessante processo di apertura deimercati e di una totale assenza di sostegno statalead agricoltura e industria, i settori locali non eranopiù concorrenziali. Nel mercato globalizzato, leeconomie nazionali arabe sono state ridotte a sem-

plici fornitori di petrolio e metano, mentre i Paesiarabi, poveri di risorse energetiche, sono diventatiesportatori di manodopera qualificata nella regio-ne del Golfo, per esempio in Libia. La mancanza didisposizioni in materia di diritto del lavoro ha co-stretto all’emigrazione migliaia di lavoratori a bas-so reddito. Una tale politica delle porte aperte ha avuto effet-ti devastanti nella regione, tra cui l’esplosione del-la disoccupazione. Nelle province meridionali del-l’Arabia Saudita il tasso era del 35 per cento, men-tre i lavoratori provenienti dall’estero erano il 31 percento. Paesi poveri di risorse quali la Giordania, ilLibano o lo Yemen dipendono dalle rimesse dei loroemigrati nei Paesi del Golfo, mentre i loro merca-ti sono sommersi da manodopera a basso costo pro-veniente dall’Estremo Oriente o dall’Africa. Così,i lavoratori poco qualificati del posto non trovanolavoro né in patria, né all’estero.Queste trasformazioni demografiche e strutturali,avvenute simultaneamente, hanno avuto conse-guenze devastanti per le economie arabe. Le rifor-me agricole e la sovranità alimentare figuravano frale promesse principali dei governi nazionalisti ara-bi in Egitto come in Libia e in Siria. Tuttavia, nel2009 il mondo arabo importava la metà del pro-prio fabbisogno alimentare e il settore era sovven-zionato con oltre 30 miliardi di dollari. In nessu-n’altra regione, la dipendenza dalle importazioniagricole era maggiore. È dunque un caso che la cri-

EgittoAlgeria

Libia

Marocco

Ciad

Sud Sudan

Tunisia

Sahara occidentale

MauritaniaMali Niger Sudan

Etiopia

Eritrea

Gibuti

Myriam Abd

elaziz/Red

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Nord Africa

si finanziaria del 2008 e l’impennata dei prezzi deiprodotti alimentari nel 2010 abbiano avuto un taledrammatico esito sul mondo arabo?

Violenza e islamismo Due caratteristiche principali distinguono le rivol-te arabe dalle rivoluzioni dell’Europa dell’Est. Dauna parte, le rivoluzioni negli Stati post-sovieticierano orientate a un sistema di valori filoocciden-tale, che rivendicava strutture democratiche e un’e-conomia di mercato libera da corruzione. In Paesicome la Georgia e l’Ucraina, le rivoluzioni eranoguidate da cerchie riformiste, formate dall’élite del-la società e spesso guidate da ex primi ministri, checredevano che un programma di riforme di stam-po filooccidentale potesse essere realizzato solo at-traverso la sommossa popolare. In Tunisia e in Egit-to, invece, le rivoluzioni sono state lanciate da gio-vani, da persone colte e da disoccupati che sapevanoservirsi dei nuovi mezzi di comunicazione. Tutta-via, al potere sono giunti i Fratelli Musulmani, i soliad avere una base politica ben organizzata. Anchealtre forze radicali, quali i movimenti salafiti o i mi-litanti della jihad, influenzati da Al Qaeda, vantanouna forte presenza in tutta la regione. L’ascesa al potere di gruppi islamisti-radicali potrebbe far sor-gere malintesi e conflitti con l’Occidente. Nellostesso tempo, il dibattito sulla riorganizzazione del-le istituzioni politiche potrebbe essere dirottato verso gli enormi problemi economici e terminarein un vicolo cieco.

Da una parte pacifico, dall’altra violentoL’altra differenza fondamentale tra le rivoluzioni co-lorate dell’Est e quelle arabe è l’uso della violenza.In Serbia, Milosevic è stato cacciato via senza spar-gimenti di sangue e lo stesso vale per le rivoluzio-ni georgiane e ucraine. In Libia, invece, la rivolu-zione è degenerata in una guerra – a cui ha presoparte anche la comunità internazionale – che ha la-sciato il Paese alla mercé dei comandanti dell’eser-cito. In Siria, il regime non intende lasciare il po-tere e i suoi privilegi. Ha puntato le armi contro lapopolazione civile, scesa in piazza a manifestare, eusa l’esercito regolare per combattere i ribelli ar-mati. Interi villaggi e città sono stati rasi al suolo ela struttura sociale del Paese si sta sgretolando. Lesperanze riposte inizialmente dagli insorti nella co-munità internazionale, si sono trasformate in ama-rezza alla luce della passività di quest’ultima.Quando, due decenni fa, l’Unione sovietica è crol-lata, l’Europa e gli USA erano convinti di aver agi-to in maniera corretta. Da quando l’Europa è spro-fondata in una crisi economica e sociale, è tituban-te e incapace di trovare una strategia per aiutare isuoi vicini a sud. I problemi che hanno fatto scop-

piare le rivoluzioni arabe sono in gran parte il ri-sultato di un clamoroso fallimento socioeconomi-co, ma la chiave per una possibile soluzione va sen-z’altro cercata nella politica. Le rivoluzioni arabehanno frammentato un sistema politico che si erarifiutato di promuovere i cambiamenti volti a darelavoro e una base esistenziale alla popolazione. Distrutto il sistema vecchio, la sfida consiste nel costruirne uno nuovo che funzioni. ■

*Vicken Cheterian è giornalista e analista politico. È docente alla Webster University di Ginevra e Research Associate presso la School of Oriental and African Stu-dies (SOAS) dell’Università di Londra.

(Tradotto dall’inglese)

Anche le donne hanno partecipato alle manifestazioni.

Francesca Ogg

iano

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Aiuti spontanei, concertatie orientati al futuro La Svizzera ufficiale ha reagito senza indugio ai profondi cam-biamenti che hanno scosso il Nord Africa, decidendo già nelmarzo 2011 di ampliare la sua presenza nella regione, in parti-colare in Egitto, Tunisia, Marocco e Libia. La scelta di concer-tare l’aiuto umanitario e la cooperazione allo sviluppo è una pe-culiarità svizzera. Di Mirella Wepf.

Dal 17 dicembre 2010, in Nord Africa nulla è piùcome prima. Quel giorno, l’immagine di un frut-tivendolo tunisino che si dà fuoco per protesta de-sta scalpore e indignazione ovunque. Il 5 gennaio2011, dopo l’ennesimo aumento dei prezzi deglialimenti di base, le contestazioni divampano in Al-geria. In Egitto, la sommossa inizia il 25 gennaiocon la «giornata della collera». Anche in Libia, lagente scende in piazza per manifestare. Il 18 feb-braio, a Bengasi, nel corso di una dimostrazione,le forze armate sparano sulla folla, uccidendo doz-zine di persone. Nel giro di pochi giorni, inizia laguerra civile, a cui prende parte anche la NATO.

Presenza marginale prima delle rivolte Prima dello scoppio delle rivoluzioni arabe, la co-operazione allo sviluppo svizzera è quasi assentein Nord Africa; di norma sviluppa le sue iniziati-ve in Paesi molto più colpiti dalla povertà. Solo inMarocco, la DSC è presente dal 2008 nell’ambitodella protezione degli immigrati e dell’aiuto incaso di catastrofe. Con l’inizio del 2011, l’impe-gno della Svizzera nella regione è aumentato ra-pidamente. Burgi Roos, da poco responsabile del-la Divisione Europa e Bacino mediterraneo, ela-bora, su mandato della Direzione della DSC, unprimo documento di base per un programma disostegno. Insieme a Gabriele Siegenthaler Muin-de, responsabile del team Nord Africa, e Véroni-que Bourquin raggruppa i campi di attività più im-portanti nei quali la Svizzera potrebbe fornire ilsuo contributo alla ricostruzione. Poco dopo, que-sto primo testo è integrato nella strategia varatal’11 marzo dal Consiglio federale.

Sostegno per un centinaio di iniziativeA distanza di qualche giorno, ha luogo la primariunione di coordinamento di cinque organi fe-derali di tre dipartimenti: la Segreteria di Stato del-l’economia SECO, attiva in Egitto e in Tunisia coniniziative volte a sostenere progetti infrastruttura-li e a promuovere piccole e medie imprese, la Di-visione Sicurezza umana della Direzione politicadel DFAE, presente in Egitto con programmi vol-

I sindacati scendono in piazza a Tunisi per protestare contro la disoccupazione, maggio2011.

Sam

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tacey/WorldFish

Julien Chatelin/laif

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Nord Africa

ti a promuovere i diritti umani e la politica dellapace in Egitto, l’Ufficio federale della migrazioneUFM e della Direzione del Diritto internaziona-le pubblico del DFAE. Oggi, la Divisione di Burgi Roos è responsabiledel coordinamento globale delle varie unità del-l’Amministrazione federale. Il fulcro del program-ma «Transizione democratica» è coordinato dallaDivisione Sicurezza umana della Direzione poli-tica, il settore «Sviluppo economico» dalla SECOe la priorità «Migrazione e protezione» dall’UFM.I mezzi finanziari destinati all’attuazione del pro-gramma di sostegno ammontano a circa 57 mi-lioni di franchi all’anno: circa 4 milioni per la tran-sizione democratica, 47 milioni per lo sviluppoeconomico e 6 milioni per la migrazione e la pro-tezione. In totale, i progetti e le iniziative sostenutifinanziariamente sono un centinaio.

Pesci e canali in Egitto In Egitto, le attività si concentrano soprattutto nelsettore «sviluppo economico e occupazione».Questa scelta è motivata dal fatto che in questoStato il processo di transizione politica, rispetto,per esempio, alla Tunisia è molto più incerto. «Al-l’inizio, i punti di riferimento che fornivano unsostegno efficace nel processo di democratizza-zione erano pochi», spiega Siegenthaler Muinde.La Svizzera ha comunque accompagnato lo svol-gimento delle prime elezioni libere in Egitto. Lo sviluppo economico è incentivato, assieme al-

l’organizzazione partner WorldFish, mediante unprogetto di allevamento di pesci che dovrebbecreare in cinque province 10000 posti di lavoronel settore ittico, di cui 900 riservati alle donne,occupate nel settore della vendita. In quattro azien-de di pescicoltura, la produzione sarà ottimizzatagrazie all’impiego di specie con una resa partico-larmente elevata e a una migliore alimentazione.

Con l’allevamento di pesci si potrebbero creare 10000nuovi posti di lavoro in Egitto.

Nel marzo 2011, a migliaia abbandonano la Libia e cercano rifugio in Tunisia.

Moises Sam

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Inoltre, nella provincia di El-Mineya verrà creatoun nuovo impianto ittico. Un altro progetto si tro-va ad Assuan. Alcuni decenni fa, nell’ambito di unprogramma di sdebitamento, l’Egyptian Swiss De-velopment Fund ha contribuito alla costruzione deicosiddetti «canali svizzeri». L’iniziativa potrà rifar-si al passato. Fra l’altro, si intende allacciare un quar-tiere alla nuova rete di approvvigionamento idri-co e sostenere le autorità nei loro sforzi volti a evi-tare le perdite d’acqua nel sistema delle condotte.La DSC può avvalersi anche delle competenzedella SECO, presente già da parecchio tempo inEgitto con progetti nel settore dell’acqua, come lacostruzione di impianti di depurazione o nel-l’ambito del dialogo politico a livello nazionale.

Aiuto umanitario e sicurezza in Tunisia In Tunisia, il programma è coordinato da un co-mitato di gestione svizzero-tunisino, subordinatoal Ministero tunisino per gli investimenti e la co-operazione internazionale. Per l’attuazione delleiniziative, l’ambasciata svizzera si avvale del soste-gno di un ufficio di programma svizzero, presen-te con due sedi nel Paese. Nel 2011, l’impegno elvetico si è concentrato so-prattutto sull’aiuto umanitario nella zona di con-fine fra Tunisia e Libia. In primavera, migliaia e mi-gliaia di profughi sono scappati dalla Libia, rifu-giandosi in Tunisia. In un solo fine settimana, la

città di Dehiba è stata invasa da oltre 8000 profu-ghi. In Tunisia, la Svizzera si è attivata anche neisettori della transizione democratica e dello svi-luppo economico. «In particolare con il programma Security Sector Reform siamo riusciti a centrare in pieno l’obiet-tivo», spiega Gabriele Siegenthaler Muinde. Comein molti altri Paesi, anche in Tunisia le forze ar-mate hanno avuto un ruolo centrale nella repres-sione delle proteste. Finora, l’esercito non era sot-toposto ad alcun controllo democratico. La Con-federazione ha stanziato i finanziamenti necessariper creare il Centro svizzero di competenza per ilcontrollo democratico delle forze armate (DCAF).Nel frattempo, tre ministeri hanno sottoscrittouna dichiarazione d’intenti e definito i punti cen-trali delle future attività operative.

Migrazione in Marocco L’impegno della Svizzera in Marocco ha avuto ini-zio nel 2008. Da una parte, la DSC svolge un’at-tività di prevenzione delle catastrofi, visto il note-vole rischio di calamità naturali quali sismi, smot-tamenti o siccità. Dall’altra, in collaborazione conl’Ufficio federale della migrazione, sostiene i pro-fughi arrivati in Marocco dai Paesi subsahariani.Inoltre, la presenza elvetica in Marocco è stata raf-forzata ulteriormente, visto che lo Stato nordafri-cano è un importante corridoio della migrazione.

In Tunisia, la Svizzera sostiene anche la riforma del settore della sicurezza.

Congelamento di contiAll’inizio del 2011, il Consi-glio federale ha reagito conil congelamento dei beni dialcuni personaggi espostiappartenenti agli ambientipolitici tunisini, egiziani e libici. Ora si tratta di aspet-tare i risultati delle inchiestegiudiziarie sulla provenienzadei beni e di riconsegnare ifondi provenienti da appro-priazione indebita ai variPaesi. Nel frattempo, laTunisia e l’Egitto hannoinoltrato domande di assi-stenza giudiziaria, giratealla procura federale e inparte già in fase di esecu-zione. Per la Libia, la situa-zione si presenta in terminidiversi, a causa delle san-zioni imposte dall’ONU. Invirtù della Legge sull’em-bargo, è entrata in vigoreper questo Paese un’ordi-nanza speciale. Visto che il Consiglio federale ha dovuto appellarsi diretta-mente alla Costituzione federale per procedere alcongelamento dei fondi inquestione, si sta ora elabo-rando una legge che disci-plini situazioni analoghe.

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Nord Africa

«Focalizziamo la nostra attenzione sulla protezio-ne di donne e bambini che raggiungono il Paesedall’Algeria e che al più tardi alla frontiera sonovittime di tratta delle donne e di violenza sessua-le», racconta Gabriele Siegenthaler Muinde. An-che nei settori sviluppo sociale, transizione de-mocratica e diritti umani, le iniziative svizzere sonostate ampliate. In questo momento, la Svizzera sostiene una trentina di progetti e iniziative in Marocco.

Appoggio alle elezioni in Libia Il contributo più modesto in assoluto è quello ver-sato alla Libia. Grazie ai suoi giacimenti di petro-lio, questo Stato ha mezzi economici sufficienti perfinanziare gran parte delle iniziative. La situazio-ne politica è però ancora assai insicura e instabile.«In questo momento bisogna essere molto pru-denti nella valutazione dei progetti di intervento.Sotto il regime di Gheddafi non c’era una vera epropria amministrazione. Di conseguenza, oggiscarseggiano le strutture a cui appoggiarsi», spie-ga Burgi Roos, responsabile della Divisione Eu-ropa e Bacino mediterraneo.Eppure, nei limiti del possibile, si cerca di presta-re aiuto anche in Libia. La DSC sostiene un pro-getto della Caritas per il sostegno psicosociale dibambini a Misurata. Nel 2011, la Confederazioneha inviato diverse squadre di pronto intervento

umanitario in Libia. Inoltre, ha sostenuto le atti-vità di aiuto medico d’emergenza del CICR e leprime elezioni libere nel 2012.

Approccio unico nel suo genere Per Burgi Roos e Gabriele Siegenthaler Muinde,la condizione delle donne in Nord Africa è un ar-gomento la cui importanza supera le frontiere na-zionali. «È evidente che i diritti delle donne sonoa rischio», dice Burgi Roos. «Il fatto che la paritàuomo-donna sia stata promossa in parte dalle exfirst ladies non facilita le cose. Si sente che la si-tuazione sta mutando», continua Gabriele Siegen-thaler Muinde. In periodi di instabilità, gli ambienticonservatori e tradizionalisti godono di maggioriconsensi, almeno per un certo periodo di tempo.«Nei Paesi nordafricani, il dibattito nella società èstato molto meno intenso che in Occidente. Inquesti Stati ci si sta ora confrontando con questoargomento. Ma ci vorrà del tempo prima di tro-vare un consenso», precisa Burgi Roos. Nell’am-bito del programma per il Nord Africa, varie ini-ziative sono dedicate alle questioni di genere.

Offerta unica nel suo genereSebbene un giudizio generale sull’efficacia delprogramma per il Nord Africa sia ancora prema-turo, un primo processo di valutazione è già statoavviato. «Nella cooperazione allo sviluppo ci vuo-

Donne libiche mostrano con orgoglio le schede di voto per la prima votazione libera dopo 50 anni, luglio 2012.

Interventi adeguati al contestoL’Algeria non figura finoranel programma dellaConfederazione per il NordAfrica, perché il Paese nonha subito sconvolgimentipolitici paragonabili a quelliche hanno trasformato gliStati limitrofi. In MedioOriente, da più di un se-colo la situazione è, in-vece, caratterizzata da unagrande fragilità. La DSC,ma anche altri uffici federaliprestano aiuto umanitarioe cercano di rispondere inmodo circostanziato allesfide dello sviluppo poli-tico. Nei territori palestinesioccupati ciò avviene attra-verso un programma alungo termine.

Sco

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Johann Rou

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Un solo mondo n.1 / Marzo 201314

le sempre un po’ di tempo prima che i risultati di-ventino misurabili. Siamo sicuri dell’efficacia e del-l’impatto dei nostri interventi», indica Burgi Roos. Convinzione che deriva anche dall’intensa colla-borazione con i vari uffici della Confederazione.«Dall’esterno ci ricordano spesso che il nostro ap-proccio, ossia l’offerta combinata di aiuto umani-tario e cooperazione allo sviluppo – insieme alla

Karama! La Primavera araba e le sue conseguenze

Fino alla fine del mese di maggio 2013, il Forumpolitico della Confederazione di Berna ospita l’esposizione «Karama! Le rivoluzioni arabe e leloro ripercussioni», con il sostegno della DSC edi altri uffici federali. La mostra si interroga sullecause delle trasformazioni, valuta l’importanzadei media sociali e presenta la situazione attualenei Paesi travolti due anni fa dalla rivoluzione.L’esposizione, ma anche le attività collaterali con ospiti provenienti dalla Svizzera e dall’e-stero, illustra come la Confederazione ha reagitoalle sommosse e come ha rafforzato il suo impe-gno nella regione. Fra gli argomenti affrontati fi-gurano anche le ripercussioni sulla Svizzera esulla migrazione. Attraverso i social media, i visi-tatori possono mettersi in contatto con le per-sone del luogo. Alcuni contenuti dell’esposizionee una selezione di eventi sono accessibili ancheon-line.Esposizione «Karama! Le rivoluzioni arabe e leloro ripercussioni», fino al 31 maggio presso laKäfigturm di Berna; www.kaefigturm.chwww.facebook.com/KaefigturmForum.

Alternative alla richiestad’asiloNel giugno 2012, laSvizzera e la Tunisia hannostilato un accordo di parte-nariato in materia di migra-zione. La consigliera fede-rale Simonetta Sommarugae il ministro degli esteri tu-nisino Rafik Abdessalemhanno sottoscritto la rela-tiva dichiarazione d’intenti,nonché un accordo di col-laborazione in materia dimigrazione e un accordo di scambio di giovani pro-fessionisti. In Marocco,l’Ufficio federale della mi-grazione sostiene un pro-getto per la reintegrazionedi giovani clandestini chehanno tentato invano di ar-rivare in Europa. In collabo-razione con il gruppo ga-stronomico Mövenpickricevono assistenza psico-logica e una formazione dicinque mesi nel settore al-berghiero. In parallelo è incorso una campagna disensibilizzazione sui rischidella migrazione.

ricerca mirata di sinergie, è unico», evidenziaRoos. Una modalità, stando a Gabriele Siegen-thaler Muinde, che «rafforza anche la presenza del-la Svizzera nei Paesi partner». ■

(Tradotto dal tedesco)

I media, soprattutto quelli sociali, hanno avuto un importante ruolo durante le rivoluzioni arabe, pure al Cairo, gennaio2011.

Leon

ardi/Con

trasto/laif

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Nord Africa

«Non sorprende che sia stato il cetomedio a ribellarsi per primo»Negli ultimi anni, i Paesi nordafricani sono diventati più demo-cratici. Tuttavia, sono ancora confrontati con grosse sfide politiche ed economiche. A colloquio con Mirella Wepf, il notoeconomista egiziano Ahmed Galal esprime alcune considera-zioni e azzarda qualche previsione.

«Un solo mondo»: Dove vede i Paesi nord-africani fra dieci anni?Ahmed Galal: Le trasformazioni in Nord Africasono paragonabili agli sconvolgimenti che negli ul-timi decenni hanno interessato l’America latina,l’Asia orientale e l’Europa dell’Est. Lì, abbiamo vi-sto che questi processi durano anni e che non se-guono un andamento lineare. Parto dal presuppo-sto che fra un decennio avremo una situazione po-litica ed economica simile a quella di Messico,Malesia, Indonesia o Turchia.

Quali sono stati gli sviluppi più importantidegli ultimi due anni?La gente ha sperimentato la possibilità di influen-zare le decisioni politiche. Tuttavia, l’economia hasubìto un crollo e i costi e la disoccupazione sonoin aumento. Prevedo un lungo periodo di rallen-

Per Ahmed Galal, i governi deposti in Nord Africa si sono concentrati troppo sulla crescita economica di cui, però, soloin pochi hanno approfittato.

tamento congiunturale. La ripresa economica di-penderà dall’evoluzione politica, dalle riforme eco-nomiche e dall’aiuto esterno.

Cosa si aspetta dalla Svizzera?Mi auguro che la Svizzera sostenga il processo didemocratizzazione e contribuisca al trasferimentodi conoscenze e tecnologie, nonché alla promo-zione del perfezionamento professionale. Magari visono anche altre possibilità per creare nuovi im-pieghi, in particolare con la costituzione di picco-le e medie imprese. Le condizioni variano da unPaese all’altro, ecco perché occorre offrire un so-stegno mirato. Inoltre, dobbiamo risolvere il pro-blema dei fondi sottratti in maniera illegale. Il con-gelamento dei beni patrimoniali da parte dellaSvizzera è stato accolto favorevolmente. Ora, però,la popolazione dei Paesi interessati ha la sensazio-

Ahmed Galal è diret-tore dell’EconomicResearch Forum (ERF)del Cairo ed ex mem-bro dell’organo diret-tivo della Banca mon-diale. L’egiziano haconseguito il suo dottorato pressol’Università di Boston,ha pubblicato nume-rosi libri e ha una retedi contatti in tutto ilmondo. L’ERF – di cuiè a capo – è un thinktank di ricerca indipen-dente, che si occupadi sviluppo, in partico-lare nei Paesi arabi.Fra l’altro, per anni ilForum è stato soste-nuto dall’ex Segre-teria di Stato per l’edu-cazione e la ricercaSER (DFI) e dalla DSC.

Markus Kirchg

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Denis Dailleux/VU/laif

Un solo mondo n.1 / Marzo 201316

Priorità alla disoccupazioneUn’economia funzionanteè decisiva per il successoa lungo termine di una ri-voluzione. Soprattutto ladisoccupazione è un fat-tore determinante. Le stati-stiche ufficiali egiziane par-lavano di circa 1,4 milionidi disoccupati nel 2010.Stando a stime indipen-denti, il loro numero sa-rebbe molto maggiore. Un sondaggio condottonell’aprile 2012 indica chela priorità assoluta per gliegiziani è la creazione dinuovi posti di lavoro, se-guita dagli aumenti sala-riali, dal miglioramentodelle condizioni di lavoro e dall’aumento della sicu-rezza nel Paese.Nell’ambito della politicaeconomica, il 39 per centodegli intervistati dava lamassima priorità alla crea-zione di impieghi.

ne che le procedure giuridiche per la restituzionedegli averi siano troppo lente.

Che cosa potrebbe frenare lo sviluppo inNord Africa?Il cambiamento potrebbe fallire, se la politica nonriesce a compiere i progressi necessari o se i biso-gni urgenti della popolazione non sono soddisfat-ti. Ma la ricostruzione politica ha bisogno di tem-po. Occorre portare a termine la stesura delle nuo-ve costituzioni, eleggere i parlamenti, istituire igoverni e contemporaneamente creare nuovi po-sti di lavoro. Per favorire il ritorno di turisti, inve-stitori e fornitori di capitale esteri sono necessariela certezza del diritto e la credibilità. Anche gli in-vestitori locali devono ritrovare fiducia. Le pre-messe per la crescita economica sono buone, maoccorre ristabilire l’equilibrio macroeconomico eaccrescere la competenza della forza lavoro. A ciò si aggiungono le riforme nel settore sanita-rio e della formazione, che richiederanno moltotempo. Va considerato anche il settore informale.Abbiamo pure bisogno di un contratto sociale chedia le stesse opportunità a tutti i cittadini, che re-muneri il duro lavoro e si prenda cura delle perso-ne bisognose.

In che misura i nuovi partiti influenzano l’e-conomia?I partiti tendono a difendere strategie economicheutili a loro e ai loro adepti. Tuttavia, le strutture digoverno più democratiche metteranno sotto pres-sione le forze al potere, affinché attuino una poli-tica di cui possa beneficiare la popolazione. I par-titi emergenti lo sanno molto bene. Quello chemanca loro è l’esperienza di governo, visto che peranni erano all’opposizione.

Quale influsso hanno la cultura e la religio-ne sullo sviluppo?Le istituzioni politiche sono probabilmente il mo-tore principale del progresso. Una volta che in

Nord Africa le istituzioni politiche avranno assun-to una loro forma e stabilità, il successo economi-co non tarderà ad arrivare. Il pericolo di uno scon-tro tra le culture è stato ampiamente sopravaluta-to nel mondo. Finora i Fratelli Musulmani hannodato prova di pragmatismo. In Egitto e in Tunisiahanno spiegato di volere uno Stato che garantiscala libertà di religione e di opinione, così come l’u-guaglianza davanti alla legge. Inoltre, in questi Pae-si la segregazione religiosa è meno pronunciata chealtrove. Per tradizione, la religione è piuttosto cir-coscritta alla sfera privata in entrambi gli Stati.

Quali sono i partner commerciali più im-portanti?Gli USA e l’Europa. I rapporti con l’Asia non sonomolto stretti, fatta eccezione per la Turchia, che conil suo governo islamico è un importante modelloper l’Egitto e la Tunisia. La Russia è più importantesul piano politico che su quello economico. L’ac-cesso ai mercati europei è ora facilitato da svariatiprocessi, accordi e politiche, ma restano ancora nu-merosi ostacoli. La mobilità dei lavoratori è limi-tata e le regole di investimento sono vaghe.

Lei è un sostenitore della liberalizzazione chedovrebbe favorire la crescita, tuttavia mettein guardia da una ripartizione iniqua dei pro-fitti.In Nord Africa, le disparità sono meno forti che inAmerica latina. Ma i vecchi governi si sono con-centrati troppo sulla crescita e troppo poco sulla ri-partizione equa. Per non parlare della corruzione.Non sorprende che sia stato il ceto medio a ribel-larsi per primo. In futuro, i governi non potrannopiù escludere le misure contro la corruzione e afavore di una maggiore giustizia. Finora però i pas-si compiuti in questa direzione sono modesti. ■

(Per questioni di produzione, l’intervista è stata fatta nelsettembre 2012, tradotto dall’inglese)

A causa dell’elevata disoccupazione, formazione e aggiornamento professionale sono molto importanti in Nord Africa.

Noe

man AlSayyad/UNDP

Myriam Abd

elaziz/Red

ux/laif

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Nord Africa

Cifre e fattiGli Stati nordafricani Storicamente, il concetto di Nord Africa è stato coniato dall’am-ministrazione coloniale francese per descrivere l’area in cui eser-citava il suo potere in termini geografici, indipendentemente dalletradizioni locali. La popolazione della regione, tuttavia, si è sem-pre riferita al proprio territorio usando il termine «Maghreb» (AlMaghrib: l’Occidente). Secondo il significato odierno del termine,il Nord Africa non comprende solo gli Stati del piccolo Maghreb(Marocco, Algeria e Tunisia) o quelli del grande Maghreb (com-prese Libia e Mauritania), ma anche l’Egitto e le zone a nord delSudan. Sul piano politico, alcuni Paesi nordafricani, soprattuttol’Egitto e la Libia, sono spesso annoverati tra gli Stati del MedioOriente. La penisola del Sinai (appartenente all’Egitto) è partedell’Asia occidentale e dunque del Medio Oriente.

LinkIl programma per lo sviluppo dell’ONU sostiene la transizioneverso sistemi democratici con servizi di consulenza politica eaiuto tecnico, per esempio con la messa a disposizione di urneper le elezioni.www.undp.org

Il Geneva Centre for the Democratic Control of Armed Forces(DCAF) si concentra sulla politica di sicurezza internazionale,nonché sul settore della sicurezza degli Stati. Il DCAF promuovel’estensione del principio del controllo democratico nel settoredella sicurezza.www.dcaf.ch

Portale d’informazioni dell’emittente televisiva Al Jazeera (la peni-sola araba) con sede a Doha, in Qatar. Fondata nel 1996, è accu-sata in Occidente di antiamericanismo, nei Paesi arabi è vistacome una voce alternativa al paesaggio mediatico subordinato al regime.www.aljazeera.com

Sostegno svizzero in Nord Africa www.dsc.admin.ch (Nord Africa)

Citazione «La sua azione è stata la scintilla che ha provocato un incen-dio inarrestabile; un incendio che ha cambiato tutto il mondoarabo. È il Cristo dei nostri giorni».Lo scrittore libico residente in Svizzera Ibrahim al-Koni sull’im-molazione del giovane fruttivendolo tunisino Tarek al-TayebMohamed Bouazizi, il 17 dicembre 2010.

A rischio di equivoci: la primavera araba«La scelta del termine «primavera araba» è infelice, perché ali-menta un’impazienza strategica. Si dovrebbe piuttosto parlared’inizio delle trasformazioni nel mondo arabo, dell’avvio di unprocesso che ci occuperà sicuramente ancora per uno o duedecenni».Volker Perthes, Direttore della fondazione «Wissenschaft undPolitik» con sede a Berlino. Fra i principali campi di ricerca dicui si occupa figurano i cambiamenti in Vicino e MedioOriente.

Le donne arabe di fronte a nuove sfide In Tunisia e in Egitto, le donne erano presenti alle manifestazionisin dall’inizio. In quanto vittime di una triplice discriminazione esottomissione – in materia di politica, economia e genere – avevano tutte le ragioni per ribellarsi. Ma non basta affossare i vecchi regimi per spianare il terreno alla giustizia e alla parità. Le rivoluzioni comportano nuove sfide per le donne. In Tunisia, il partito islamico Ennahda prometteva di rispettare i diritti delledonne, ma solo pochi mesi dopo l’ascesa al potere – e con il rafforzamento della presenza dei salafiti radicali – la situazione è piuttosto preoccupante. Negli ultimi anni, in Egitto la violenzacontro le donne è aumentata continuamente. In Siria, le donnehanno inizialmente partecipato alla mobilitazione politica, allemanifestazioni, ai sit-in, assumendo un ruolo centrale. Quando ilconflitto si è trasformato in guerra, le donne non solo sono statecostrette a farsi da parte, ma sempre più spesso hanno dovutosubire atti di violenza, arresti arbitrari, soprusi sessuali. La «pri-mavera araba» ha davvero inaugurato una nuova era di libertàper le donne? O le ha semplicemente rese ancora una volta vit-time della violenza?

Christian Heeb/laif

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ORIZZONTI

Sandra Baquedano ricorda ancora perfettamentequel giorno di giugno del 2009 in cui il presiden-te venne buttato giù dal letto e deportato dai mi-litari in Costa Rica. Nella sua casupola di legno, incima alla collina che sovrasta la capitale Tegucigal-pa, sul divano dalla stoffa consunta, seguiva le no-tizie alla TV. Era furiosa. Non che provasse simpa-tia per il deposto presidente Manuel Zelaya. «Cometutti i politici, ha fatto tante promesse, mantenen-done poche», racconta la trentenne. Certo, la ben-

zina era a buon mercato, grazie alle forniture soli-dali dal Venezuela, e i salari minimi erano aumen-tati considerevolmente. Il liberale Zelaya era il pre-sidente eletto democraticamente, avversato tutta-via dall’élite del Paese, che l’ha definito un«pericoloso comunista» ed espulso dall’Honduras. «È stata una sberla al popolo», dice Sandra Baque-dano, che all’epoca, a causa della gravidanza, nonaveva potuto partecipare con i vicini alle manife-stazioni di protesta. «Una fortuna», dice oggi, ab-

«In Honduras non ho un futuro»

La storia recente dell’Honduras è caratterizzata da un golpe,droga, violenza, povertà e da un preoccupante esodo della popolazione dalle campagne. Abbandonano i villaggi con lasperanza di trovare lavoro, fortuna e un futuro migliore nellaperiferia della capitale Tegucigalpa. Di Sandra Weiss*.

Fuggiti dalla campagna, i contadini cercano di costruirsi un futuro nelle baraccopoli della periferia della capitale hondu-regna Tegucigalpa.

Sandra Weiss (2

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Honduras

bracciando la sua bambina di tre anni. Infatti, neiconcitati giorni successivi al colpo di stato sonomorte cinque persone. E da allora gli omicidi nonsi sono più fermati.

Né acqua né elettricità, ma una speranza La mezzora di viaggio dal caotico centro di Tegu-cigalpa, appestato di gas di scarico, a Mololoa con-duce in un mondo completamente diverso: sentierimelmosi attraversano la giungla, capanne di legnomarcio sono avvinghiate a pericolosi strapiombi,ragazzini giocano a calcio su un terreno polvero-

L’Honduras in sintesi

NomeRepubblica di Honduras

Superficie 111890 km2

Capitale Tegucigalpa

Popolazione 8 milioni di abitanti

Età media 21 anni

Povertà Il 60 per cento della popo-lazione vive con meno di 1dollaro al giorno

Etnie Meticci: 90 per centoIndiani autoctoni: 7 percento, suddivisi in chortí,lenca, pech, miskitos, tawahka Afro-honduregni, garífunas,europei: 3 per cento

Prodotti d’esportazione Banane, caffè, metalli pre-ziosi

so, vecchie signore trascinano la spesa e taniched’acqua su per la montagna. Nessun bus porta aMololoa. I tassì comunitari raggiungono il campodi calcio, ma soltanto nella stagione secca. SandraBaquedano vive in periferia, dove città e campa-gna si fondono. Quattordici anni fa ha lasciato, come altre centi-naia di migliaia di piccoli contadini, l’entroterra allavolta della capitale, costruendo una capanna su unfazzoletto di terra che nemmeno le apparteneva.

Senza elettricità. Senza acqua. Senza strade. Con lasperanza, però, di trovare un lavoro e di dare inizioa una vita migliore. Lotte territoriali, disoccupa-zione e crollo dei prezzi delle derrate alimentari,causato dalle importazioni a buon mercato dagliStati Uniti dopo la firma nel 2006 dell’accordo dilibero scambio, hanno prodotto una fuga di massadalle campagne. La città non può dare lavoro a tutti, specialmentenon alla manodopera poco qualificata. Sandra è riuscita a trovare un posto a tempo parziale pressoun autolavaggio, suo padre si arrabatta come mu-ratore a giornata, i fratelli, Oscar (22) e Joel (28),hanno conseguito la maturità come Sandra, titolodi studio che però non serve per trovare un lavo-ro. I due sopravvivono con il commercio di stra-da, come altri due milioni di honduregni, ossia idue terzi della popolazione attiva.

In fuga verso gli Stati Uniti Fino a metà del XX secolo, l’Honduras esportavasoprattutto caffé, zucchero e banane. Da allora nonè cambiato molto; si sono aggiunti verdura e pro-dotti tessili. In passato, i proprietari delle pianta-gioni, le grosse multinazionali statunitensi Dole eUnited Fruit, erano talmente importanti che po-tevano addirittura insediare o destituire a piaci-mento il presidente – da qui l’espressione «Re-pubblica delle banane». Negli anni Settanta, le mul-tinazionali hanno ceduto il loro «scettro» all’esercitoamericano, che dall’Honduras ha combattuto imovimenti di guerriglia centroamericani. Di quel periodo sono rimasti la base USA di Pal-merola – nel frattempo riconvertita in base regio-nale antidroga – e un’ambasciata, che supera perdimensioni il palazzo presidenziale del Paese. Oggi,i politici locali si azzuffano per un colloquio conl’ambasciatore statunitense – e per un visto versogli Stati Uniti. Per persone come Sandra, ottener-lo è quasi impossibile. Soltanto per la richiesta do-vrebbe sborsare metà del suo stipendio mensile, l’e-quivalente di 230 franchi svizzeri. Talvolta anchelei sogna di poter vivere negli Stati Uniti. Ogni anno, decine di migliaia di honduregni in-traprendono il faticoso cammino verso nord, dove,lavorando come braccianti o muratori, è possibileguadagnare in una settimana lo stipendio mensilein Honduras. Uno dei cugini di Sandra ci ha pro-vato due volte, ma durante il viaggio è stato ricat-tato da guardie di frontiera corrotte, derubato damalviventi ed è quasi caduto dal tetto del trenomerci, mezzo di trasporto utilizzato dagli emi-granti per attraversare il Messico. Alla fine è statorispedito indietro dai sorveglianti della frontiera statunitense. Nonostante tutto, vuole ritentare, per-ché, dice, «in Honduras non ho un futuro».

Honduras

El Salvador

Nicaragua

Guatemala

Messico

Belize Mare dei Caraibi

Oceano Pacifico

Tegucigalpa

Sandra Baquedano vive con la figlia di tre anni nel quar-tiere di Mololoa.

Sandra Weiss

Un solo mondo n.1 / Marzo 201320

Una nazione isolata In Honduras, il Partito libe-rale e il Partito nazionalistasi alternano regolarmenteal potere. Entrambi sonoassociazioni clientelari,grazie alle quali l’élite si as-sicura il potere e l’accessoai forzieri statali. Dopo lasua elezione nel 2006, il liberale Manuel Zelaya haavviato alcuni programmisociali, ma senza scalfire i privilegi fiscali e il cliente-lismo dell’élite. C’è volutal’alleanza con il socialistavenezuelano Hugo Chavezper rovinare l’idillio con im-prese, Chiesa e partiti sto-rici. Questi ultimi hanno accettato a denti stretti leforniture di petrolio a prezziscontati e l’adesione all’al-leanza di sinistra ALBA,ma quando Zelaya ha au-mentato il salario minimo e ha iniziato ad accarezzarel’idea di una rielezione – vietata dalla costituzione –nel 2009 è stato destituito.Il colpo di stato ha diviso ilPaese, lo ha isolato inter-nazionalmente e lo ha get-tato nella crisi economica.

A causa della criminalità è consigliabile non uscire di casadopo le quattro del pomeriggio.

Il tasso di omicidi più elevato al mondo A Mololoa, di giovani uomini come lui ce ne sonoa centinaia. La maggior parte ha interrotto la scuo-la dopo sette, otto anni perché mancavano i soldiper uniformi e libri o non c’era nessuno per con-tenere i bollori dell’adolescenza. Tre quarti dellemadri di Mololoa crescono i figli da sole; i padrise la sono filata e nessuno versa un soldo. «Noi madri possiamo scegliere se occuparci dei fi-gli o assicurare il mantenimento della famiglia – en-trambe le cose sono impossibili», spiega Sandra ras-segnata. Le conseguenze: i giovani scivolano nellapiccola criminalità o nell’ambiente della droga.Dopo le quattro del pomeriggio, quando il sole èmeno battente e i teppisti si radunano, a Mololoaè meglio non uscire. Oggi, l’Honduras è il Paese più pericoloso al mon-do. In nessun altro posto si uccidono più personeall’anno: 86 ogni 100000 abitanti. Vengono assas-sinati bambini per un paio di scarpe da tennis, con-ducenti di bus che si rifiutano di pagare il pizzo,giovani appartenenti a una gang rivale, spacciatoridi un cartello concorrente, e dal colpo di stato, an-che molti sindacalisti, paladini dei contadini e gior-nalisti.Il golpe ha emarginato l’Honduras a livello inter-nazionale, situazione che non è mutata nemmenodopo le elezioni del novembre 2009. L’isolamen-to economico è stato ancora più drammatico diquello politico: i vicini Stati dell’America centra-le hanno imposto un embargo, i donatori hannocongelato gli aiuti, il Venezuela ha interrotto le van-taggiose esportazioni di petrolio, l’occupazione è

calata, i prezzi della benzina sono raddoppiati. Il governo, che nel 2005 aveva potuto approfittaredi un condono internazionale del debito, è ricor-so a un prestito, i cui capitali non sono però con-fluiti come convenuto nella lotta contro la pover-tà, ma sono stati utilizzati soprattutto per coprire icosti correnti del personale. Lo Stato è il maggiordatore di lavoro del Paese – la fedeltà politica è ri-compensata con un impiego come funzionario. In-tanto, l’Honduras è indebitato quasi come primadel condono. E il 60 per cento della popolazionevive ancora nella povertà.

Base del commercio della cocaina Il vuoto di potere e la crisi economica hanno fa-vorito i cartelli della droga messicano e colombia-no, che negli ultimi tre anni hanno trasformatol’Honduras in una delle più importanti basi delcommercio di cocaina. Ogni giorno, piccoli aereizeppi di droga decollano e atterrano su piste se-grete nella regione disabitata nel nord del Paese op-pure corrieri rapidi raggiungono le coste caraibi-che per trasbordare i carichi provenienti dal SudAmerica e trasportarli verso gli Stati Uniti, il mag-giore mercato mondiale di cocaina. Attraverso la corruzione e l’intimidazione, i car-telli stritolano lo Stato già debole: capi di poliziavengono licenziati per il loro coinvolgimento incrimini organizzati, sindaci di regioni sperdute co-struiscono improvvisamente mastodontici monu-menti, mentre per la raccolta del caffè non si tro-va più la manodopera. Infatti, con il contrabbandodi pacchetti di droga si guadagna in una notte quan-to due settimane di duro lavoro. Nel timore che l’Honduras possa andare comple-tamente alla deriva e trasformarsi in un narco-Sta-to, gli Stati Uniti hanno moltiplicato il loro soste-gno militare. Ma il presidente conservatore Porfi-rio Lobo ha altre priorità: appoggia i suoi candidatiper le elezioni del novembre 2013, sogna un nuo-vo aeroporto e città nate a tavolino in zone di li-bero scambio. E Sandra Baquedano? Sogna acquapotabile, una vera casa e che un giorno sua figliapossa studiare. Lei ha perso ogni fiducia nei poli-tici. Camuffato sotto le vesti della moglie, Zelaya,intende sfruttare la rabbia del popolo per riguada-gnare il potere. Ha fondato un nuovo partito e hacandidato la consorte Xiomara Castro alla presi-denza. ■

*Sandra Weiss è corrispondente dal Messico per l’Ame-rica Latina e scrive per «Der Bund», «Die Zeit», «DieWelt» e «Der Standard».

(Tradotto dal tedesco)

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Honduras

DSC

La libertà di movimento qui è molto limitata. Lasera sono ben pochi coloro che trovano il coraggiodi avventurarsi fuori casa. Dopo le 21 le strade sonodeserte. Con 86 delitti ogni centomila abitanti, l’Honduras è il Paese con il tasso di omicidi più ele-vato al mondo. Se non si riuscirà a bloccare la spi-rale della violenza, tutti gli sforzi profusi per lo svi-luppo daranno ben pochi frutti. Ed è per questomotivo che in futuro concentreremo i nostri sfor-zi nel miglioramento di questa drammatica situa-zione.

Abito nell’unico grattacielo della città. Posso acce-dere direttamente all’autorimessa, possibilità chemi permette di raggiungere subito un rifugio sicu-ro. In automobile mi occorrono quindici minuti perrecarmi al lavoro. I nostri uffici si trovano nella stes-sa casa unifamiliare in cui hanno sede l’Aiuto del-le chiese evangeliche in Svizzera HEKS/EPER ela Croce Rossa Svizzera. Tutti apprezzano molto ilfrequente scambio di idee.Attualmente siamo una filiale piccola. La maggiorparte dei nostri programmi è diretta dall’Ufficio del-la cooperazione del Centro America, a Managua.Quest’ultimo si occupa delle questioni ammini-

strative e della gestione finanziaria. Così, io nondevo dedicarmi spesso alle attività d’ufficio. In fu-turo, però, i programmi per l’Honduras sarannosempre più gestiti da qui. In considerazione dellacrescente violenza e delle impellenti questioni di si-curezza, la presenza in loco è di fondamentale im-portanza.

Al mattino, controllo dapprima la posta elettroni-ca. Grazie alle otto ore di fuso orario, ho subito unquadro generale su ciò che è avvenuto durante lagiornata alla centrale di Berna. Oggi, mi sono re-cato alla residenza dell’ambasciatrice americana.Per due ore, i donatori del Gruppo 16 hanno dis-cusso sulle priorità del governo per i prossimi dodici mesi. L’Honduras ha un ottimo sistema dicoordinamento dei donatori, creato dopo l’uraga-no Mitch.Nel pomeriggio c’è in programma una «visita sulcampo». Questo termine è stato coniato in passato,

Sicurezza, prima di tutto In passato, il programmaregionale della DSC perl’America Centrale si con-centrava su temi quali il de-centramento, lo sviluppoeconomico e l’acqua pota-bile. Nella strategia per lacooperazione 2013-2017,fra i temi prioritari vi sono i cambiamenti climatici. In passato, Nicaragua eHonduras hanno subito regolarmente gravi cata-strofi naturali e i mutamenticlimatici non migliorerannodi certo la situazione. In Honduras, la DSC è im-pegnata anche nella pro-mozione della sicurezza.Ad esempio, sostiene, in collaborazione con laBanca americana di svi-luppo, la riforma del settoredella sicurezza. Inoltre, harafforzato l’impegno a fa-vore della creazione di pro-spettive per giovani poverie programmi di tutela deidiritti umani.www.dsc.admin.ch/ameri-cacentralewww.cooperacion-suiza.admin.ch/america-central

Una giornata tipica di… Jürg Benz, coordinatore della DSC a Tegucigalpa

quando ci si recava dai contadini per controllare lecarote e il mais. Oggi visiterò un Taller Popular, os-sia un atelier in cui i giovani hanno la possibilità diimparare il mestiere di falegname o parrucchiera.Per motivi di sicurezza, mi recherò in questo quar-tiere della città, povero e martoriato dalla violenza,a bordo di un veicolo di un’organizzazione partnerlocale e accompagnato da persone pratiche del po-sto. Nell’ambito del nostro programma «Pro Joven»,sosteniamo istituzioni responsabili della formazio-ne professionale gestite da ONG e dalla Chiesa. Pur-troppo, in questo momento gli apprendistati nonsoddisfano la domanda del mercato del lavoro. Stia-mo perciò cercando di migliorare la qualità e l’of-ferta di queste scuole.In ufficio, ho appuntamento con i rappresentantidella Galería Nacional de Arte. Hanno sentito parla-re del nostro percento culturale e vorrebbero offri-re a 5000 giovani dei quartieri poveri la possibilitàdi visitare il museo. Il progetto non mi convince per-ché credo che un’azione unica non sia efficace. In-vece, sosteniamo regolarmente altri progetti cultu-rali, come produzioni teatrali o un festival della cul-tura e dei diritti umani. Proprio in un Paese dovela paura impedisce alle persone di riunirsi in spazipubblici, sotto il profilo della politica di sviluppo èimportante promuovere la cultura, anche se questeiniziative non contribuiscono direttamente a crea-re impieghi o a raggiungere gli Obiettivi di svilup-po del Millennio. ■

(Testimonianza raccolta da Gabriela Neuhaus)

(Tradotto dal tedesco)

«Se non si bloccherà la violenza, tutti i nostri sforzi saranno vani».

Keyston

e/Urs Fluueler

Un solo mondo n.1 / Marzo 201322

Una voce dall’Honduras

Mi chiamo María del Rosario Barahona, ho 53anni e sono nata in una famiglia molto povera diNueva Armenia, una comunità rurale a sud di Te-gucigalpa, in Honduras. Ho due figlie, Sandy Me-rari (23 anni) e Grecia Lizeth (19anni). Ho sempre lottato per offrireloro una vita migliore e credo di es-serci riuscita.

Entrambe le mie figlie frequentanol’università e questo mi riempie digioia perché io ho avuto la possibilitàdi andare a scuola soltanto fino allaquinta elementare. Sono convinta checon un po’ d’impegno, chi vuole ce lapuò fare. Come dice mia figlia mag-giore: «Credici e otterrai quello che tiprefiggi».

Una delle esperienze più belle che hovissuto è stata quella di vedere le miefiglie diplomarsi alle superiori. Ero fe-lice e non mi sembrava vero ciò chestavo vivendo, perché ho lottato tantoper farle studiare. Alcune madri si sco-raggiano, io invece ho sempre trovato il modo dimandarle a scuola e non posso lamentarmi vistoche non hanno mai perso un anno. All’inizio milasciavo andare perché temevo di non riuscirci, maho trovato conforto nel gruppo di madri della co-munità, con le quali si parlava dei problemi e deiprogetti dei figli. La mia vita non è sempre statafacile. Mia madre si è trasferita nella capitale percercare fortuna e mi ha lasciata con mia nonnache a volte non aveva nemmeno di che sfamarci.A 14 anni mi hanno portata a vivere dall’altra mianonna, ma suo marito beveva e ha tentato di abu-sare di me. Quando ho raccontato a mia madrequello che mi stava succedendo, mi ha presa con sé.

Un futuro migliore per me e le mie figlie Da quasi quarant’anni viviamo nella colonia SanFrancisco, un quartiere alla periferia della città.Prima stavamo in affitto, mentre ora abitiamo inuna casetta che mia madre ha potuto comprare

dopo tanti anni di lavoro. Così nondevo pagare la pigione. Ho iniziato alavorare quando ero ancora moltogiovane e facevo fatica a trovare unimpiego a causa della mia limitazio-ne fisica alla mano e alla gamba sini-stra. Quando ho avuto le bambine erodisperata perché dovevo far fronte atutte le loro necessità e l’aiuto di miamadre non mi bastava. Sono stata co-stretta ad accettare ogni genere di la-voro, ho perfino spazzato le strade incambio di una borsa di cibo.

Quando le mie figlie hanno iniziatola scuola, mi sono messa a produrretortillas di mais da vendere. Ancoraoggi viviamo di quest’attività. Ci sonoperiodi in cui le vendite sono scarse,perché la maggior parte della gentequi è molto povera e a volte non ha

i soldi per pagare. Quando è così, regalo le tortil-las per non buttarle. Mi dispiace sprecare il frut-to del mio lavoro.

Ogni giorno spendo circa otto dollari e dopo avercoperto le spese, mi resta un guadagno netto dipiù o meno cinque dollari, due dei quali li met-to da parte per il trasporto all’università di mia fi-glia minore. Con il resto cerco di coprire le altrespese. Anche se viviamo in una zona con moltadelinquenza, dove tanti ragazzi sono disoccupatie finiscono nelle maras (bande giovanili, ndt), misento benedetta perché non abbiamo mai avutoproblemi. Ma so che molti piccoli commercianticome me sono costretti a pagare il pizzo.

Non mi importa quanti sacrifici dovrò ancorafare. Da quando ho visto le mie figlie riuscire ascuola, ho deciso di appoggiarle finché non avran-no finito l’università. La vecchiaia non mi preoc-cupa, perché le ho educate bene e so che mi aiu-teranno quando ne avrò bisogno. ■

(Testimonianza raccolta da Sandra Maribel Sanchez)

(Tradotto dallo spagnolo)

María del Rosario

Barahona. Nata in

Honduras, ha 53 anni, è

separata ed è madre di

due figlie, che lottano con

lei contro le avversità.

Nonostante la limitazione

fisica, fa il possibile per

consentire loro di portare a

termine la formazione uni-

versitaria.

Abd

ullahi Salad

/Rad

io Ergo

Farhan Lafole/Rad

io Ergo

Un solo mondo n.1 / Marzo 2013 23

DSC

testi e immagini supplementari. «L’emittente siconcentra soprattutto su tematiche umanitarie edispone di informazioni esclusive e affidabili gra-zie a giornalisti professionisti. Questo aspetto è ap-prezzato sia dalla popolazione somala nel Paese eall’estero che dalle organizzazioni umanitarie», so-stiene Garane.Ma per molti abitanti delle regioni più discoste del-la Somalia, Radio Ergo è soprattutto l’unico col-legamento con il mondo esterno. Per queste per-sone, la rubrica con consigli pratici sulle precau-zioni da adottare in caso di epidemia di colera ètanto importante quanto lo sono le informazionisu promozioni di derrate alimentari o sementi, dif-fuse dalle organizzazioni di aiuto attraverso questaemittente.Le catastrofiche inondazioni dell’autunno 2012sono un ulteriore esempio dell’importante ruolodi Radio Ergo. Grazie al tempestivo allarme lan-ciato dal servizio ad onde corte e ai reportage sul-le misure di prevenzione è stato possibile evitare ilpeggio. ■

(Tradotto dal tedesco)

Un ponte con il mondo esternoA Radio Ergo tutto ruota attorno ai temi umanitari. Le sue tra-smissioni parlano di allarme inondazioni, misure da adottare incaso di colera o situazioni disperate in un campo profughi. Conla sua programmazione, unica nel suo genere, l’emittente rag-giunge ogni giorno l’intera popolazione somala e dà voce a chisolitamente non è ascoltato.

Trasmissioni radio per i rifugiati Dal 2008, Radio Ergo ri-serva giornalmente la fa-scia tra le 8.30 e le 9.30alla programmazione uma-nitaria. Con le onde corteraggiunge gli ascoltatori ditutta la Somalia e delle re-gioni transfrontaliere, dovevivono molti profughi so-mali. Le trasmissioni e gliapprofondimenti sono an-che disponibili sul sito webdell’emittente radiofonica.Ideata e finanziata inizial-mente dall’Ufficio delleNazioni Unite per il coordi-namento degli affari umani-tari (UNOCHA), nel quadrodel suo impegno a favoredi reti d’informazione regio-nali (IRIN), nel 2011 RadioErgo è passata all’ONGdanese International MediaSupport IMS. La DSC so-stiene Radio Ergo con unapartecipazione annua diCHF 200000, contri-buendo in tal modo alla tu-tela delle vittime di conflittie catastrofi in uno dei con-testi più fragili del pianeta.www.radioergo.org/so

(gn) «Certo che ho paura», dice Abdiaziz AbdinurIbrahim. Nel suo Paese, il giornalismo è una pro-fessione pericolosa. Ciò nonostante, questo giova-ne somalo non ha nessuna intenzione di abbando-nare il suo mestiere. «Se me ne andassi, non ci sa-rebbe più nessuno a dare voce alla mia gente»,ricorda il giornalista, che in questo momento staconducendo ricerche sull’offerta sanitaria nelle re-gioni di Bay e Bakool, nel Sud del Paese. Durantela grave carestia del 2011, ha visitato e intervistatoi rifugiati dei campi profughi locali. La gente haraccontato la propria situazione e ha espresso i pro-pri bisogni. «Altre stazioni radiofoniche riferisconosolamente della guerra e della sicurezza in Soma-lia. I miei reportage parlano, invece, delle personecolpite da queste calamità e danno una voce a chisolitamente non viene ascoltato», ricorda il repor-ter.Abdiaziz Abdinur Ibrahim è uno dei venti colla-boratori indipendenti di Radio Ergo. Realizza regolarmente contributi da tutta la Somalia che invia alla redazione centrale di Nairobi.

Autentica ed affidabile «Radio Ergo è unica», afferma il produttore Mo-hamed Garane. Quest’ultimo compila ogni giornola scaletta, in cui si alternano informazione, notiziedi servizio, reportage, e aggiorna il sito web con

I freelance di Radio Ergo danno voce ai meno ascoltati con reportage, testi e foto.

Beat K

ehrer

Un solo mondo n.1 / Marzo 201324

( jls) Per la popolazione rurale della Mongolia,composta prevalentemente da pastori nomadi, ledistanze sono un vero e proprio ostacolo alle cure.In ognuna delle 21 ajmag (province) c’è un ospedale,ma i pazienti devono spesso percorrere centinaiadi chilometri per raggiungerlo. Infatti, alcune ajmagsono tre o quattro volte più grandi della Svizzera.Le apparecchiature sono rudimentali e il personaleinesperto, poiché il governo assegna i giovani me-dici alla provincia.«Di fronte a un caso complicato, questi medici difamiglia sono completamente disorientati. Nonpotendosi consultare con degli specialisti, manda-no il paziente nella capitale. Ma per i malati è unviaggio lungo, costoso e molto doloroso», spiega ildottor Beat Kehrer, capo dello Swiss Surgical Team

Diagnosi di qualità grazie a internetIn un Paese tanto vasto come la Mongolia, i medici delle zonerurali sono molto isolati e spesso impotenti dinanzi a casi dif-ficili. Con il sostegno della DSC, alcuni chirurghi svizzeri han-no messo a punto un sistema di telemedicina per aiutarli adesprimere una diagnosi corretta e a prendere determinate decisioni cliniche. Grazie a questo progetto, ventuno ospedaliprovinciali sono ora collegati via internet a quelli di Ulan Bator.

(SST), un’organizzazione attiva in Mongolia da tre-dici anni. Ad esempio, la città di Ôlgij, il capoluo-go di una ajmag situato ad ovest del Paese, dista 1636km da Ulan Bator. Per raggiungerla ci vogliono treo quattro giorni di viaggio in autobus sovraffolla-ti che circolano su strade non asfaltate.

Scambi tra esperti e meno esperti«Ci siamo chiesti come superare l’isolamento deinostri giovani colleghi e siamo giunti alla conclu-sione che la telemedicina era la soluzione miglio-re», ricorda il chirurgo sangallese. Su mandato del-lo SST, la ditta tedesca Klughammer ha sviluppa-to il sistema di telemedicina MonTelNet partendoda un software progettato dal Centro di patologiadell’Ospedale universitario di Basilea. Ha creato

Chirurghi svizzeri «in vacanza» Lo Swiss Surgical Team(SST) è stato fondato nel1999 dal dottor PeterTschanz, ora deceduto.Durante un viaggio inMongolia, questo chi-rurgo romando era rima-sto talmente colpito daldisperato bisogno di at-trezzature mediche e diformazione continua nelleregioni rurali che, rientratoin Svizzera, ha riunito at-torno a sé alcuni colleghidisposti ad aiutare questoPaese. Oggi l’SST contatrenta membri: chirurghi,anestesisti, ginecologi,patologi, infermieri. Ognianno, questi professionistidedicano tre settimanedelle loro vacanze al vo-lontariato in Mongolia.Danno conferenze, consi-gliano i medici locali e liassistono durante gli in-terventi chirurgici. Lo SSTfornisce anche apparec-chiature mediche. Inoltre,accoglie regolarmentegiovani medici mongoliche grazie a una borsa distudio della Confedera-zione hanno la possibilitàdi trascorrere sei mesi distage negli ospedali sviz-zeri. www.swiss-surgical-team.org

Sajnšand, capitale della provincia Dorno-Gobi, si trova a sud del deserto della Mongolia.

Beat K

ehrer

25Un solo mondo n.1 / Marzo 2013

Una soluzione per le regioni discoste Nei Paesi in via di sviluppoe in transizione, la teleme-dicina è ancora poco dif-fusa, in particolare a causadel costo elevato delle at-trezzature. La Mongolia èuno dei primi Paesi conuna rete operante a livellonazionale. Concepita persoddisfare le esigenzespecifiche dei medici mongoli, negli ultimi anni la piattaforma Campus-Medicus ha suscitato l’interesse di altri Paesiconfrontati con gli stessiproblemi. È utilizzata inArmenia, Zimbabwe,Etiopia, Tanzania, Nigeria,Malawi e Pakistan. Decinedi specialisti di tutto ilmondo condividono le loro conoscenze con i colleghi meno esperti.

una piattaforma internet interattiva, chiamata Cam-pusMedicus, che consente lo scambio di immagini,discussioni e teleconferenze fra i professionisti del-la sanità.L’implementazione del sistema è iniziata nel mag-gio 2008. La DSC finanzia due terzi del progetto.Tutti gli ospedali provinciali e sette cliniche spe-cializzate della capitale sono stati progressivamen-te allacciati alla rete CampusMedicus, la cui sede cen-trale si trova presso l’Università delle scienze sani-tarie della Mongolia. Klughammer ha fornito agliospedali delle ajmag l’attrezzatura necessaria – com-puter, monitor e vari dispositivi per trasmettere viainternet le immagini dei pazienti o i risultati degliesami, fra cui una videocamera, un microscopiocollegato a una macchina fotografica e software perla digitalizzazione delle radiografie.

Un parere in quindici minutiPer esempio, il medico locale invia alla piattafor-ma l’immagine di un tessuto tumorale ingranditoal microscopio o la radiografia di una frattura.Dopo aver esaminato le immagini, gli specialisti diUlan Bator esprimono una diagnosi e prescrivonoil trattamento o propongono l’intervento. Quin-dici minuti più tardi i loro commenti sono dispo-nibili su CampusMedicus.Se hanno dei dubbi, questi specialisti possono con-sultare colleghi internazionali. Infatti, i membri del-lo SST e un numero crescente di altri medici ditutto il mondo sono collegati al sistema. Che si tro-vino in Svizzera, in Germania o negli Stati Uniti,tutti possono consultare gli stessi documenti, videoo immagini ed esprimere la propria opinione in te-leconferenza o scrivendo un commento.Dall’inizio del 2009 sono state esaminate le cartel-le cliniche di poco meno di 25000 pazienti. Al mo-mento, sono quasi 290 i medici mongoli a utiliz-zare questo sistema, che ha notevolmente miglio-rato l’accesso alle cure nelle zone rurali. Inoltre, ilnumero di trasferimenti a Ulan Bator si è in pra-tica dimezzato – con un notevole risparmio di tem-po e denaro per i pazienti.

Diagnosi a 7000 km di distanzaGrazie alla telemedicina, la Mongolia ha iniziato aindividuare la displasia dell’anca, una malforma-zione congenita facilmente curabile se diagnosti-cata nel neonato, ma che in età più avanzata ri-chiede una delicata operazione. Nel 2011, gli ospe-dali di Ulan Bator hanno esaminato quasi 9000bebè, 1300 circa presentavano un’anomalia. Ini-zialmente, i pediatri sottoponevano le ecografie aicolleghi svizzeri; a poco a poco hanno imparato ainterpretare da soli le immagini. La piccola Anujin è uno dei 1300 neonati in cui,

Medici degli ospedali di provincia durante la formazione intelemedicina.

grazie alla radiografia, si è ravvisato un problema.I medici hanno potuto curarla e oggi le sue anchesono perfettamente sane – un vero sollievo per lamadre, la signora Amarjargal. Questa giovane don-na di Ulan Bator soffre di displasia dell’anca, comegià sua madre, e temeva di vedere crescere sua fi-glia con la stessa malformazione.

Verso l’autogestione La formazione a distanza è un altro elemento car-dine di CampusMedicus. Viene impartita attraversovideoconferenze, seminari virtuali o testi scritti.

Specialisti di tutto il mondo dispensano corsi ai me-dici delle province, rimediando così alla totalemancanza di opportunità di formazione continuanelle zone rurali.Nel giugno del 2013, DSC e SST concluderannoil loro progetto e trasferiranno il sistema MonTel-Net al Ministero della sanità mongolo. Entro que-sto termine, anche i dispensari dei villaggi sarannomessi in rete. «Il nostro obiettivo non è quello dirimanere a tempo indeterminato. Abbiamo allesti-to il sistema della telemedicina e formato gli uten-ti. I medici mongoli sono perfettamente in gradodi gestirlo e mantenerlo», assicura il dottor Kehrer.I membri dello SST continueranno a dispensareconsigli medici, ma come semplici utenti dellapiattaforma. ■

(Tradotto dal francese)

Paule Seux/hemis.fr/laif

Un solo mondo n.1 / Marzo 201326

Dietro le quinte della DSC

Senza sicurezza nessuno sviluppo ( jtm) In Honduras, il numero diomicidi è raddoppiato negli ultimi cinque anni. Con 86casi ogni 100000 abitanti, ilPaese centroamericano è bal-zato al primo posto di questatriste classifica mondiale. Laviolenza non miete soltantovite, ma blocca anche lo svi-luppo. L’Honduras è in contro-tendenza rispetto al restodell’America latina, dove in-vece si nota una riduzionedella povertà e una crescitaeconomica. Di fronte a questadrammatica situazione, laDSC ha rafforzato il suo impe-gno nella prevenzione dellaviolenza. Fulcro del nuovoprogramma per la sicurezza è la partecipazione a una ri-forma generale pluriennale delcorpo di polizia, consideratoparticolarmente corrotto. Gliagenti, che in passato hannoavuto legami con la crimina-lità, saranno allontanati, quellionesti e non corrotti sarannoinvece istruiti affinché svol-gano anche compiti di preven-zione e non solo di repres-sione. La creazione di unsistema interno di controllo esanzione, così come la realiz-zazione di progetti di preven-zione della violenza nelle cittàpiù colpite sono altri pilastridella riforma, appoggiata dalgoverno honduregno e soste-nuta dalla DSC, che prenderàil via quest’anno. Durata: fine 2012 – 2015 (1a fase)Budget: 7 milioni di CHF

I traumi della guerra in Bosnia(mpe) Le guerre non causanosolamente morti, feriti e dannialle infrastrutture, ma ledonoanche la salute mentale dellepersone. In Bosnia, le riper-cussioni sociali della guerrasono molto gravi: un’ampia fascia della popolazione soffredi disturbi post traumatici. Ciòsi traduce in un tasso partico-larmente elevato di suicidi,omicidi e violenze perpetrateda individui squilibrati. In que-sto momento, il Paese non èin grado di offrire un’assi-stenza adeguata quando que-sti criminali vengono incarce-rati. La DSC, in collaborazionecon la Segreteria di Stato del-l’economia (SECO), ha perciòdeciso di sostenere la crea-zione di un istituto di psichia-tria legale a Sokolac, nellaRepubblica Serba di Bosniaed Erzegovina. 200 prigionieripotranno beneficiare di unservizio psicologico adeguato.È la prima volta che in Bosniasi affronta questa problema-tica. In questo Paese, dovesono in corso vari progetti, laSvizzera ha una vasta espe-rienza in materia di salutementale.Durata: 2012 – 2013 Budget: 1,34 milioni di CHF

Una seconda opportunitàper i giovani nigeriani (bm) Nonostante i progressi finora compiuti, in Niger l’ac-cesso all’istruzione è ancoraproblematico. In questa na-

zione dalla forte crescita de-mografica, pari al 3,3 percento all’anno, oltre un quartodei bambini non è scolarizzatoe il tasso di abbandono dellascuola è molto elevato. Anchela qualità dell’insegnamentolascia a desiderare. Per facili-tare l’integrazione socioeco-nomica dei bambini e degliadolescenti non scolarizzati odescolarizzati, la DSC ha de-ciso di appoggiare programmidi istruzione informale. Questoprogetto mira a sostenere igiovani nigeriani più svantag-giati nell’acquisizione e nellosviluppo di competenze so-ciali, civiche e professionali,colmando le loro lacune sco-lastiche. L’obiettivo è di offrireloro una seconda opportunitàaffinché possano reinserirsinel sistema educativo formaleo per permettere loro di acce-dere con maggiore facilità altessuto economico locale.Durata: 2012 – 2016 Budget: 6 milioni di CHF

Produzione di mattoni puliti(bm) In Ruanda e in Burundi,oltre l’80 per cento della po-polazione vive grazie all’agri-coltura. La crescita demogra-fica e la crescente urbanizza-zione hanno notevolmente ri-dotto le superfici di terrenocoltivabile in questi due Statidell’Africa orientale. Di conse-guenza, molti giovani dellezone rurali scelgono un lavoronel settore edilizio. La fabbri-cazione di mattoni è un’impor-tante fonte di reddito per loroe, specialmente durante lastagione secca, anche per gliagricoltori. Quest’attività ri-chiede però enormi quantità dilegna da ardere e sta contri-buendo massicciamente alladeforestazione. Per sostituirequesta fonte di energia, la

DSC ha deciso di promuoverelo sviluppo di tecnologie inno-vative e più efficienti per laproduzione di materiali da co-struzione. Inoltre, intende mi-gliorare le condizioni di lavoroin questo settore, in partico-lare quelle delle donne. Il pro-getto elvetico promuove lacreazione di posti di lavoro equindi di fonti di guadagnoper le popolazioni rurali. Altriaspetti interessanti sono laformazione professionale e ilsostegno all’imprenditorialità. Durata: 2012 – 2015 Budget: 9 milioni di CHF

Morire di dissenteria in Corea del Nord(ung) In Corea del Nord, laqualità dell’acqua e dei serviziigienico-sanitari è un pro-blema molto diffuso. La ca-renza di infrastrutture sanitariee l’accesso limitato all’acquapotabile sono all’origine digravi casi di dissenteria, ma-lattia che uccide molti bambiniin tenera età. La DSC sostienela costruzione di servizi igie-nici e di nuovi impianti perl’approvvigionamento di ac-qua potabile. Realizzato in via prioritaria nei distretti diPyongwon e Kangdong, il progetto dovrebbe soddisfareil fabbisogno di 435 famiglie e di 17 edifici pubblici, per untotale complessivo di oltre 30000 beneficiari. La DSCcollabora strettamente con iministeri competenti e le orga-nizzazioni internazionali spe-cializzate in questo particolaresettore. Durata: 2012 – 2013 Budget: 610000 CHF

Thom

as Jenatsch/DSC

Sven Torfinn/laif

Un solo mondo n.1 / Marzo 2013 27

FORUM

Negli ultimi cinquant’anni, il consumo idricomondiale è triplicato. La crescente domanda, da unaparte, e le risorse sempre più rare, dall’altra, pro-mettono affari miliardari. Nel suo studio «Water:a market of the future», la società svizzera di inve-stimenti SAM stima ad oltre 480 miliardi di dolla-ri la spesa annua mondiale per la messa a disposi-zione, il trattamento e la depurazione delle acque. L’acqua non è una materia prima qualunque conla quale fare affari a spese delle popolazioni. L’ac-qua è la base di ogni vita e deve essere accessibilea tutti. Dal 2010, questo principio è ancorato nel-la risoluzione delle Nazioni Unite e sancisce cheogni essere umano ha il diritto di fruire di acquapotabile pulita e di qualità e di installazioni sanita-rie di base, diritto osteggiato a lungo dagli Stati in-dustrializzati e da ampie cerchia economiche.Oggi, questo diritto umano è incontestato. Ciònonostante, le persone che non hanno accesso ad

acqua potabile sicura sono ancora 900 milioni.Inoltre, più di un terzo della popolazione mondia-le non dispone di installazioni sanitarie sufficienti.In considerazione dell’enorme pressione sulle ri-serve idriche, nei prossimi anni il problema è de-stinato ad aggravarsi.

Proteggere l’acqua «L’acqua va protetta sotto ogni sua forma – è il solomodo per tutelare questo diritto umano», sostieneRosmarie Bär. L’esperta svizzera in materia di ac-qua aveva lanciato già negli anni Novanta un’ini-ziativa per una convenzione internazionale sul-l’acqua. «La crisi idrica richiede l’impegno di tut-ti gli attori, di organizzazioni internazionali, ONG,governi, ricercatori ed economia privata», ribadi-sce François Münger, direttore della sezione DSCIniziative Acqua. Nell’ambito del Programma Globale Iniziative Ac-

Acqua per tutti – un affareper privati? La pressione sulle riserve idriche mondiali cresce. L’agricoltu-ra intensiva e la produzione industriale sono sempre più asse-tate di oro blu, mentre in molte regioni l’acqua potabile è mer-ce rara. La questione della ripartizione equa di questo prezio-so bene e dell’attuazione del diritto di ogni uomo ad avereaccesso ad acqua potabile e servizi sanitari sta diventandosempre più urgente. Di Gabriela Neuhaus.

Mentre queste donne in Sud Sudan possono far capo a una pompa, altri 900 milioni di persone al mondo non hannoaccesso all’acqua potabile.

Sven Torfinn/laif

Bernd

Jon

kmanns/laif

Un solo mondo n.1 / Marzo 201328

qua, la DSC si è dunque posta l’obiettivo di pro-muovere il dialogo fra i vari gruppi d’interesse e,attraverso nuovi approcci, smuovere la problema-tica dell’acqua. Uno studio avrà il compito di illu-strare come gli accrediti d’acqua, in analogia ai cer-tificati CO2, potrebbero ridurre gli sprechi mon-diali.In Colombia e Vietnam, la DSC offre a multina-zionali, come Nestlé o Holcim, e a imprese nazio-nali consulenze metodologiche per il rilevamentoe la riduzione dell’«impronta idrica» dei loro im-pianti e dell’intera catena di valore aggiunto. Que-sto servizio della DSC, dal costo pari all’1 per cen-to del suo budget globale per l’acqua, è completa-to, sotto l’egida della Confederazione, dal sostegnoallo sviluppo di una nuova norma ISO applicabi-le all’impronta idrica.Simili partenariati con l’economia privata sono tut-tavia controversi. «I soldi dei contribuenti e il buonnome della DSC non vanno sperperati per appog-giare le multinazionali», critica Nicole Werner, re-sponsabile del dossier sull’acqua di Alliance Sud.

Approvvigionamento idrico: pubblicocontro privato Sotto accusa è soprattutto il coinvolgimento del-l’economia privata nella messa a disposizione di ac-qua potabile. «L’approvvigionamento idrico è uncompito pubblico che non va assunto da impreseprivate a scopo di lucro», afferma Maude Barlow,attivista canadese per i diritti umani e l’acqua, in-signita nel 2005 del Premio Nobel Alternativo.In passato, cattiva gestione e casi di corruzione, incui erano coinvolti gruppi industriali internazio-nali che gestivano le acque, hanno fatto parecchioscalpore, anche se le notizie sono state interpreta-te in maniera differente dai vari attori. Sta di fattoche i privati devono generare profitto, mentre leimprese pubbliche possono utilizzare interamentei ricavi delle tasse sull’acqua per lo sviluppo e lamanutenzione delle loro aziende. Ciò nonostante, la Banca mondiale esige in ambi-to idrico partenariati pubblici-privati – cosiddettiPPP – dove lo Stato mantiene la soprintendenzasull’acqua, mentre l’approvvigionamento è de-

mandato a privati. «Siamo soltanto degli esecutorie ci orientiamo al capitolato d’oneri e alle dispo-sizioni tariffarie dei nostri committenti», rispondealle critiche sui PPP Gérard Payen, presidente diAquaFed, la Federazione internazionale delle im-prese idriche private. «Il vantaggio è che i parte-nariati con imprese private si basano su contrattivincolanti, il che spesso non è il caso per i forni-tori di servizi pubblici», aggiunge.

Regolamentazione e controllo «L’opinione secondo cui un governo non possa de-legare al settore privato l’approvvigionamento idri-co è un malinteso diffuso o un’interpretazioneideologica del diritto umano ad acqua potabile pu-lita e a installazioni sanitarie di base», afferma Fran-çois Münger. «Di fatto il governo può cedere ser-vizi idrici ad autorità comunali, alla società civileo al settore privato, ma resta sempre responsabiledella regolamentazione e del controllo».«L’elemento decisivo è l’assunzione di responsabi-lità», conferma Urs Manser della Società Svizzeradell’Industria del Gas e delle Acque SSIGE. Que-st’ultimo indica chiari vantaggi nel modello elve-tico – dove il settore delle acque è quasi intera-mente in mani pubbliche. «I grandi gruppi indu-striali hanno un forte potere negoziale con il qualeun singolo comune non può competere», precisaManser.In Svizzera, la responsabilità di assicurare l’approv-vigionamento idrico è dei comuni. Anche i forni-tori privati sono legati al principio di copertura dei

La crisi idrica Lo sfruttamento eccessivodelle riserve d’acqua, l’in-quinamento ambientale e imutamenti climatici sonosoltanto tre dei fattori chenei prossimi anni acuirannoulteriormente la crisi idrica.Gli esperti per il clima el’acqua stimano che, senon si adotteranno drasti-che contromisure, nel2025 due terzi della popo-lazione mondiale vivrannoin regioni povere d’acqua.Il consumo d’acqua negliinsediamenti è pari all’8per cento del totale. Il 70per cento è legato all’agri-coltura e il 22 per cento all’industria. Alla luce delleriserve idriche in calo, l’at-tuazione del diritto umanoall’acqua e a installazionisanitarie si trova di fronte auna duplice sfida. Occorreurgentemente un uso piùaccurato e uno sfrutta-mento più sostenibile del-l’oro blu affinché le limitaterisorse disponibili sianosufficienti per tutti.

Oltre ai fornitori d’acqua pubblici, anche le multinazionalihanno dimostrato interesse nei confronti del dirittodell’uomo a questo bene prezioso.

Guillaum

e Bon

n/laif

29Un solo mondo n.1 / Marzo 2013

costi e non possono fare utili. La sfida centrale nonrisiede nella tecnica, spiega Manser, ma nell’orga-nizzazione di una gestione sostenibile. «Tutta la questione si riduce a un problema dibuongoverno», ribadisce Rosmarie Bär, la qualeesige che la cooperazione allo sviluppo si concen-tri sul sostegno dello Stato nell’edificazione e ge-stione di strutture di approvvigionamento idricoefficienti. E che informi le persone sui loro diritti.

Intrecci critici Anche Maude Barlow si augura che agenzie comela DSC veicolino il modello della responsabilità in-dividuale dello Stato. «La Svizzera potrebbe mol-tiplicare il suo sistema esemplare di partenariatipubblico-pubblico», commenta la Barlow. La cittàdi Zurigo, ad esempio, sostiene da anni la metro-poli di Kunming attraverso un partenariato diret-to. Losanna, a sua volta, è impegnata – con altriquattordici comuni – per migliorare l’approvvi-gionamento idrico della capitale mauritanaNouakchott. «La piattaforma Solidarit’Eau Suisse,grazie alla quale i comuni possono impegnarsi inprogetti solidali nel Sud, è lo strumento perfettoper sviluppare collaborazioni dirette di questotipo», sostiene Münger. Ci sono anche grandi multinazionali che dimo-strano il loro interesse per il diritto umano all’ac-qua – non solo imprese per la gestione dell’acqua,ma anche società d’investimenti e produttori di ali-menti e bibite come Nestlé o Coca-Cola. Tutta-via, queste ditte specializzate nell’imbottigliamen-

to dell’acqua traggono vantaggio da reti idrichemancanti o desuete. È dunque lecito aver delle ri-serve quando il 2030 Water Resources Group WRG,cui aderiscono fra gli altri Syngenta e Nestlé, offreconsulenze in ambito di politica idrica ai governidi Paesi emergenti e in via di sviluppo. Il suo pre-sidente, il presidente del consiglio di amministra-zione di Nestlé Peter Brabeck, si presenta in tuttoil mondo come esperto del ramo. Gérard Payen,presidente di AquaFed e direttore di lunga data del-la multinazionale dell’acqua e dell’ambiente Suez,è consulente ufficiale per l’acqua del Segretario ge-nerale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Con si-mili strategie, i rappresentanti delle multinaziona-li cercano di favorire l’adozione di una risoluzio-ne ONU da cui trarre un vantaggio economico.Così, la presenza di organizzazioni per i dirittiumani e di agenzie per lo sviluppo in queste com-missioni è sempre più fondamentale affinché l’ap-plicazione del diritto umano all’acqua favorisca lagente e non le multinazionali e i loro azionisti. ■

(Tradotto dal tedesco)

Losanna e altri quattordici comuni svizzeri si impegnano a favore di un migliore approvvigionamento idrico nella capi-tale della Mauritania Nouakchott.

Dialogo mondiale Anche se non esiste un or-gano centrale, sono innu-merevoli le piattaforme e lereti impegnate nella proble-matica dell’acqua. C’è unprofondo fossato tra, dauna parte, le organizzazioniper i diritti umani e le co-munità di persone impe-gnate per il riconoscimentodell’acqua come benepubblico e, dall’altra, igruppi d’interesse per iquali l’acqua è un oggettodi mercato. La Svizzera siimpegna per il dialogo poli-tico internazionale affinchési trovino soluzioni comuni.A livello nazionale, la DSCha promosso la piatta-forma Solidarit’Eau Suisse,che mette in relazione ero-gatori d’acqua svizzeri conprogetti nel Sud e che conla sua iniziativa più recente,lo Swiss Water Partnership,intende riunire attorno allostesso tavolo i vari rappre-sentanti del settore dell’ac-qua. Tra i partecipanti ci sono ONG, istituti di ri-cerca o rappresentanti del-l’economia privata. www.solidariteausuisse.chwww.swisswaterpartners-hip.ch

Naftali Hilger/laif

Un solo mondo n.1 / Marzo 201330

Carta bianca

Per Boru Helleke, pastore del-l’Altopiano di Borana, niente è più come prima in Etiopia.Boru è riuscito a sopravviverealle varie siccità che colpisconoil Paese dal 1999. La più grave è stata quella del 2005/2006.Quest’ultima ha fatto strage deisuoi animali. Fortunatamente èriuscito a vendere alcuni capiprima del lungo periodo senzaprecipitazioni e ha potuto rifarsiuna mandria. Sua moglie Amina,membro della cooperativa localedi allevamento di bestiame, si èinventata una nuova fonte direddito: alleva e vende bestiameminuto. Boru si cimenta anchecon la coltivazione del mais, male probabilità di arrivare al rac-colto sfiorano appena il 6 percento. «Non bisogna metteretutte le uova in un paniere, cosìil rischio resta gestibile», sostieneBoru. Oggi è proprietario di trecammelle, 70 bovini e 45 ovini ecaprini. Le sue condizioni finan-ziarie gli danno la possibilità dimandare i figli a scuola. Comemolti altri membri della comu-nità agricola e agropastorale, an-che Boru vive nei territori arididell’Etiopia.

«Non bisogna mettere tutte le uova in un paniere»

Getachew Gebru, è cofonda-tore e amministratore di MARIL– un ente privato di ricerca esviluppo con sede in Etiopia. Al momento è presidente dellaEthiopian Society of AnimalProduction, l’associazione degliallevatori di bestiame. Da annisi occupa di ricerca e attività disensibilizzazione nei vari territoridei pastori dell’Etiopia e delNord del Kenya ed è un affer-mato conoscitore della gestionedel rischio nel settore della pa-storizia.

Il 40 per cento circa dei territorisecchi del mondo è abitato daoltre duemila milioni di per-sone, ossia da quasi il 30 percento della popolazione globale.In Africa, 325 milioni – quasi unabitante su tre – vivono in zonearide. Anche se gli antenati dibuona parte della popolazioneafricana erano dediti alla pastori-zia, l’allevamento di bestiame ètutt’altro che statico. I pastori siadeguano alle nuove tendenze e possibilità economiche o ainuovi mezzi di comunicazione.

I pascoli coprono un’ampia fettadel territorio nazionale e l’alle-vamento di bestiame e le attivitàcorrelate contribuiscono con al-meno il 50 per cento alla produ-zione commercializzata e al so-stentamento della popolazione.Inoltre, è proprio la pastorizianomade a permettere di sfruttareal meglio le limitate risorse dis-ponibili, proteggendole e salva-guardandole anche per le gene-razioni future. Se consideriamola produzione diretta, il sistemadi pastorizia è da due a diecivolte più produttivo rispetto allazootecnia industriale, operante

nelle stesse condizioni. I pastoriforniscono pertanto un contri-buto importante all’economianazionale e generano considere-voli redditi da esportazione.

La cultura delle comunità di pa-stori è variegata. Alcune comu-nità sono sedentarie durantegran parte dell’anno: restano neipropri villaggi fino a quandoscarseggiano acqua ed erba per ilbestiame. Altri gruppi praticano,invece, la transumanza e sonosempre in cammino con le man-drie. La varietà delle società dipastori etiopi si rispecchia anchenel diverso grado di vulnerabi-lità di fronte alle condizioni cli-matiche estreme. Di conse-guenza pure le strategiesviluppate da loro nel corso deisecoli per gestire queste situa-zioni o per riprendersi dopo lecalamità sono molto diverse especifiche.

In Etiopia, la maggior parte deiterritori destinati alla pastoriziasi trova nelle zone circostanti leterre delle comunità agricole situate più in alto. I loro pascoliconfinano con quelli di altri

gruppi di pastori transumantidei Paesi limitrofi. Di conse-guenza, il sistema di produzionetradizionale presuppone unamobilità periodica, a volte anchetransfrontaliera. Al momento, lo spostamento continuo dellemandrie è reso difficile dalla situazione sempre più tesa.

La migrazione con il bestiameha un ruolo centrale per la pastorizia, la salute e la sosteni-bilità dell’ecosistema dei pascoli.L’allevamento porta vantaggi al settore turistico e fornisceun’ampia gamma di prodotti naturali, consumati anche oltre iconfini nazionali. Quest’attivitàumana è al servizio dell’interoecosistema, di cui beneficiamotutti. ■

(Tradotto dall’inglese)

Un solo mondo n.1 / Marzo 2013 31

CULTURA

I nostri vicini, questi sconosciuti

Per rilanciare gli scambi culturali tra le Repubbliche dell’Asia centrale, la DSCsostiene coproduzioni teatrali regionali. Troupe di professionisti provenienti daUzbekistan e Kirghizistan hanno già messo in scena quattro spettacoli, accolticon molto favore dal pubblico di entrambi i Paesi. Di Jane-Lise Schneeberger.

Dopo la frammentazionedell’URSS e la successiva crea-zione delle frontiere, gli scambisono diminuiti in modo signifi-cativo tra le cinque Repubblichedell’Asia centrale. In campo cul-turale, le collaborazioni dell’e-poca sovietica sono state sman-tellate e da allora gli artistisoffrono di un crescente isola-mento. L’obbligo del visto tra al-cuni Paesi, la mancanza di colle-gamenti stradali e aerei e lascarsità di risorse finanziarie sonoi principali ostacoli al dialogo. Igoverni, molto gelosi della lorosovranità, sovvenzionano la cul-tura soltanto se è al servizio deldiscorso nazionalista ufficiale.

Patrimonio nazionale rivisitato Come risposta a questa logica di ripiego su se stessi, la DSCsostiene attività culturali a livelloregionale. Nel maggio 2011, halanciato un progetto di copro-duzioni teatrali. «L’obiettivo è difar conoscere meglio la culturadei Paesi vicini al pubblico e aiprofessionisti», spiega BarnoTurgunova dell’Ufficio della co-operazione DSC a Tashkent, inUzbekistan. «Nonostante la divi-sione politica dell’Asia centrale,condividiamo valori comuni. Lenostre lingue e tradizioni sonosimili. Sfortunatamente, la mag-gior parte della gente non ne è

consapevole».Per ora, solo il Kirghizistan el’Uzbekistan prendono parte a questo progetto chiamato«Dialogo attraverso il teatro», mapresto vi si unirà il Tagikistan. Il direttore artistico è OvlyakuliKhodjakuli. Questo noto registad’avanguardia turkmeno ha ri-unito attorno a sé 36 professio-nisti del teatro. Ha dato così vitaa troupe multiculturali e le haaiutate a creare delle coprodu-zioni. I quattro spettacoli giàmessi in scena rivisitano e rein-terpretano opere classiche uzbekee kirghise, recite arricchite dacanzoni popolari, danze e im-provvisazioni. Tutte le rappre-

sentazioni sono interattive. «Gli attori dialogano con il pubblico e lo coinvolgono nel-l’azione che si svolge sul palco»,spiega Khodjakuli. Ogni pièce è seguita da un dibattito.«Abbiamo affrontato temi sociali, anche molto complessi. Gli spettatori hanno la possibi-lità di discuterli con i registi egli attori», continua il direttoreartistico.Nel 2011 e 2012, le quattro co-produzioni sono state presentatenelle capitali e in varie città delKirghizistan e dell’Uzbekistan.Ovunque hanno ricevuto unacalorosa accoglienza da parte delpubblico.

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32 Un solo mondo n.1 / Marzo 2013

Parabola sulla spirale dellaviolenza Uno degli spettacoli si intitolaKamalak Nidosi (Il gemito dellacorda dell’arco) ed è tratto daun’opera tragica di un dramma-turgo kirghiso, trascritta in com-media da un regista kirghiso einterpretata da sei attori uzbeki.I protagonisti sono tre fratelliche alla morte del padre litiganosulla divisione dell’eredità edanno origine a una vera e pro-pria guerra. Gli attori distribui-scono dei bastoni agli spettatoriinvitandoli a scegliere da cheparte stare. Improvvisamente il padre torna in vita, calma glianimi, recupera le armi e invita i figli e gli spettatori a prenderecoscienza della stupidità delconflitto. Alla fine, gli attori in-tonano una canzone kirghisa ilcui testo rammenta che la veraricchezza risiede nei valori spiri-tuali.Questa parabola è stata presen-

tata al pubblico circa un annodopo un sanguinoso conflittoche ha opposto kirghisi e uzbekinella città kirghisa di Osh.Benché il contesto politico siaancora piuttosto teso, la pièce ha riscosso molto successo. «Glispettatori hanno individuatodelle analogie tra gli scontri et-nici e lo spettacolo, rendendosiconto di quanto sia semplicefarsi coinvolgere dalla violenzaanche senza essere direttamenteinteressati», osserva DjamiliaMoldakhmatova dell’Ufficiodella cooperazione DSC aBishkek, in Kirghizistan.«Abbiamo bisogno di questerappresentazioni perché pro-muovono la riflessione su comecostruire un futuro insieme». Il progetto non ha l’ambizionedi placare i conflitti che insan-guinano l’Asia centrale, «è troppomodesto per riuscirci», affermaBarno Turgunova. «Per contro,possiamo creare un modello

comportamentale. Se gli artistiiniziano a collaborare, forse ciproveranno anche altre personein altri ambiti».

Rimedio all’isolamentoIn ogni caso, i partecipanti sonomolto soddisfatti di questa espe-rienza. «L’approccio è assoluta-mente innovativo. Si tratta di unprogetto molto interessante checi ha permesso di ampliare lenostre competenze», spiegaUlanbek Omuraliev, uno dei seiattori kirghisi che interpretanoShok Bala (Cattivo ragazzo), ri-duzione teatrale di un’opera diun grande poeta uzbeko messain scena da un regista uzbeko. La commedia racconta la storiadi un ragazzo di campagna cheparte alla scoperta del mondo,matura vivendo ogni sorta di av-ventura e fa ritorno a casa in etàadulta. All’inizio, gli attori dubi-tavano che fosse possibile inter-pretare in kirghiso un capola-

voro della letteratura uzbeka.«Poi abbiamo iniziato a dialo-gare con i colleghi e le barrieresono cadute rapidamente. Ècome se avessimo sempre attesoquesto momento», ricordaOmuraliev. «Non porta a nullarinchiudersi nel proprio guscio,rifiutandosi di conoscere i pro-pri vicini». ■

(Tradotto dal francese)

33Un solo mondo n.1 / Marzo 2013

ServizioMusica

Film e DVD

Piccoli contadini scacciatidalla soia (dg) I grossi gruppi agroalimen-tari puntano sempre più sull’in-gegneria genetica per assicurareil crescente fabbisogno di fo-raggi per l’allevamento inten-sivo. Le conseguenze sono la diminuzione di terra fertile, ne-cessaria ai piccoli contadini persopravvivere, e il massiccio im-piego di pesticidi che pregiudical’equilibrio ecologico. Il film«Raising Resistance» dimostra,attraverso l’esempio del Paraguay,come le grandi monocolture disoia mettono in pericolo l’esi-stenza della popolazione contadi-na, tra cui il campesino GeronimoArevalos e la sua famiglia. Ed èproprio Geronimo a raccontarela crescente resistenza dei conta-dini contro il dominio dellemultinazionali agrarie e il loro

impiego senza scrupoli dell’in-gegneria genetica. Il documen-tario percorre inoltre il conflittosociale e politico sempre più acceso. Nel 2011, il film ha ottenuto il premio SRG SSR al Festival Visions du Réel diNyon.«Raising Resistance» di BettinaBorgfeld, David Bernet, film docu-mentario Germania/Svizzera2011; per noleggio e vendita: éduca-tion21; in spagnolo con sottotitoli intedesco o inglese. Prezzo di vendita: Fr.35.– ; permaggiori informazioni: www.filmeei-newelt.ch o 031 321 00 30

Colori delle luci del Nord (er) Sono voci femminili po-tenti. Sono il ponte che unisceimpegno sociale e politico conritmi e suoni straordinari. Questiultimi affondano le loro radicinelle antiche forme musicali au-toctone, testimoni della riccatradizione dei Paesi nordici. Leartiste, presentate dalla norvegeseDeeyah, produttrice e nota pala-dina dei diritti delle donne, sonooriginarie di Norvegia, Svezia,Danimarca, Finlandia e Islanda.

L’unico brano noto dei 18 pezzidella selezione musicale è proba-bilmente il bellissimo canto diMari Boine, cantante norvegesedi discendenza sami. Il resto è un universo musicaletutto da scoprire e gustare. Sonoopere tranquille di cantautriciserene, screziate di groove appas-sionanti o di irruenti suoni folk,animate da un pop allegro esempre accompagnate da vocimagnifiche e inaspettate. Various: Deeyah presents «NordicWoman» (Fuuse Mousiqi/GalileoMC, online)

Ritmi messicani (er) Qui si sposano i groove dellacumbia, i suoni delle trombemariachi seguiti da passaggiquasi ludici di xilofoni, di sinuosechitarre, vibranti linee di basso,

éducation21 – educare al futuroDal 1° gennaio, la Fondazione Educazione allo sviluppo soste-nibile (ESS) ha una nuova piattaforma internet: www.educa-tion21.ch. Il portale web riunisce tutte le offerte e le iniziativeESS previste dal sistema di formazione svizzero. Il centro na-zionale di competenza «Fondazione éducation21» è stato fon-dato da DSC, UFAM, UFSP, dalla Conferenza svizzera dei diret-tori cantonali della pubblica educazione (CDPE) e dalle duefondazioni «Educazione e Sviluppo» (FES) ed «EducazioneAmbientale» (FEA). Su incarico dei cantoni, della Confedera-zione e della società civile, éducation21 sostiene l’applicazionee l’integrazione dell’ESS nella formazione. La nuova strutturasubentra alle fondazioni che finora si erano occupate di ap-prendimento globale e formazione ambientale. Fra i numerositemi trattati, figurano la salute, la formazione politica, i dirittiumani e l’economia. éducation21 intende contribuire a prepa-rare i bambini e i ragazzi a un mondo che si prospetta semprepiù complesso. A tale scopo fa leva sull’elaborazione di piani di studio che perseguano gli obiettivi dell’ESS. La nuova fondazione conta circa quaranta collaboratori e in

beat potenti di hip hop e polka.Le note sono accompagnate dasintetizzatori, sampler e sloganinsistenti, scanditi in chiave rap e spesso alterati dal megafono. Ilmix selvaggio e contagioso ci èproposto dal «Mexican Instituteof Sound», abbreviato MIS. Ilproprietario e unico impiegatodi questa piccola azienda auto-gestita è Camilo Lara, trenta-seienne produttore e dj. Il suo sound è masterizzato secondo approcci poco conven-zionali, così come i brani criticie provocatori delle sue canzoni.Un modo sarcastico per richia-mare l’attenzione sulla situa-zione che paralizza il suo Paesedi 112 milioni di abitanti, sullacorruzione e sulla guerra com-battuta fra i signori della droga.

quanto centro di prestazioni di servizio nazionale è presentein tutte le regioni linguistiche della Svizzera. Su éducation21,insegnanti, direttori di scuole e altri operatori del ramo trove-ranno media didattici sperimentati e in linea con la pedagogiamoderna, indicazioni e consulenza, aiuti finanziari per pro-getti scolastici. A livello di formazione e di aggiornamento,éducation21 cura una stretta collaborazione con le Altescuole pedagogiche e con altri istituti del mondo della didat-tica. Le équipe di éducation21 sono interdisciplinari e colla-borano con gli attori dell’ESS di tutti i livelli del sistema edu-cativo e della società civile. Il finanziamento è garantito dacontributi federali, cantonali e della società civile, nonché daiproventi generati dalla fondazione stessa. Per informazioni: www.education21.ch

Un solo mondo n.1 / Marzo 201334

Libri e opuscoli

niente dalla Mongolia interna,dotata di una voce straordinariacapace di coprire quasi quattroottave. È una raccolta che docu-menta in modo eccelso l’e-norme potenziale di variazionedel sublime canto di Urna: ele-gante, fluido, poetico, ma anchefuriosamente intenso e tagliente.Canta della vita e dei sogni dellapopolazione nelle infinitesteppe, ambiente che copre granparte del territorio della sua patria, con montagne a nord ead ovest e il deserto del Gobi asud. Con le sue note condensacon accenti moderni le anticheforme musicali del suo Paese. A darle man forte ci sono bande grandi maestri, che padroneg-giano con inedita e impressio-nante virtuosità la fisarmonica, la viola, il violino mongolo a testa di cavallo o il sassofono.Urna: «Portrait» (NetworkMedien/K-tel)

Il brano «México» è diventatoun inno ironico alla sua patria,canzone che vale davvero lapena ascoltare.Mexican Institute of Sound:«Político» (ChusmaRecords/Nation Music)

Canti della steppa (er) I loro album sono pressochéirreperibili da noi. I responsabilidella piccola casa discografica tedesca worldmusic NetworkMedien sono riusciti, tuttavia, ascovare le registrazioni e i CDpiù rari e più belli di UrnaChahar-Tugchi. In un ambizioso«Portrait» presentano al pubblicooccidentale questa fantasticacantante quarantatreenne, prove-

Aiuto alla ricostruzione e architettura (gn) Negli interventi di aiutoalla ricostruzione dopo una cala-mità naturale non basta rimet-tere in piedi case e infrastrutturedistrutte. Il libro «Post-DisasterReconstruction and Change» il-lustra, attraverso esempi concretitratti dai programmi di ricostru-zione realizzati in Nicaragua,India, Sri Lanka e Argentina, leconseguenze nefaste di progettiattuati senza prendere in consi-derazione le necessità locali. Èsuccesso, ad esempio, a TamilNadu. Nello stato a sud-estdell’India, le abitazioni tradizio-nali sono state sostituite da co-struzioni in cemento e le palmedi cocco sono state rase al suolo,senza alcun riguardo per la loroimportanza economica e il lorosignificato culturale. Nelle zone in cui i beneficiarihanno potuto gestire autonoma-mente la ricostruzione, questierrori non sono stati commessi.Inoltre, le nuove abitazioni sonocostate meno, sono state reali-zzate più rapidamente e hannorispettato le esigenze culturali edeconomiche locali, a piena sod-disfazione della popolazione.«Post-Disaster Reconstruction andChange» di Jennifer E. DuyneBarenstein e Esther Leemann(hrsg.), CRC Press 2012; disponi-bile solo in inglese

Oltre i cliché dei campi profughi(bf ) Di solito, le immagini checi giungono dai campi profughisono caratterizzate dalla miseriae dall’indigenza delle personecostrette a viverci. Nel suo libro«From Camp to City», l’archi-tetto Manuel Herz ha scelto unaprospettiva diversa, proponen-doci una chiave di lettura urba-nistica e architettonica. Herz èresponsabile della sezione didat-tica e ricerca presso l’ETHStudio Basel. Accanto a questaattività si adopera per un’archi-

tettura impegnata a livello uma-nitario. Prendendo ad esempio icampi profughi nel deserto alge-rino, dove il popolo dei sahrauiproveniente dal Sahara occiden-tale vive da oltre tre decenni, illibro si sofferma sugli elementiurbani di questi accampamenti.La pubblicazione descrive come vivono, lavorano, si muovono, sidivertono e dove abitano le per-sone e ci mostra quali spazi estrutture riescono a creare. I testie le immagini spiegano vari aspetti della vita nei campi pro-fughi, fornendo un’accurata ana-lisi e andando oltre gli stereotipiche vogliono questi luoghi teatridi miseria e disperazione.«From Camp to City – RefugeeCamps of the Western Sahara» di Manuel Herz; ETH StudioBasel/Lars Müller PublishersZurigo, 2012; disponibile solo in inglese

Favole dell’Africa occidentale(bf ) Lo scimpanzé, il gorilla e lapantera guardano con l’acquo-lina in bocca le prelibate nocinascoste fra le foglie delle palme.Eppure, alla fine tutti e tre ri-mangono a mani vuote. Quandola tartaruga regala a ogni ani-male un paio di corna, il maialenon ne approfitta e da allora tra-scorre le giornate a frugare conil muso nella terra... Questa ealtre storielle simili, tanto parti-colari quanto poetiche, sonoraccolte nel libro «Warum dasSchwein keine Hörner hat»

(Perché il maiale non ha lecorna?). Gli animali delle favolehanno caratteristiche umane:sono saggi, coraggiosi o egoisti,ma anche esuberanti, spiritosi osognatori. I brevi racconti, re-datti secondo l’antica arte narra-tiva dell’Africa occidentale, sonoadatti a bambini e adulti e sonoopera di due africani che vivonoin Svizzera: l’autore dei testi è ilcamerunense Henri Mbarga,mentre il senegalese Billy Djitéha realizzato le illustrazioni. «Warum das Schwein keine Hörnerhat» di Henri Mbarga e Billy Djité;Baobab Books Basilea, 2012; non èdisponibile in italiano

Dodici candidati all’emigrazione ( jls) Dopo il successo ottenutocon il bestseller Taxi, che rac-conta la vita quotidiana al Cairovista con gli occhi dei tassisti,nel 2009 lo scrittore egizianoKhaled Al Khamissi ha pubbli-cato L’Arche de Noé (L’arca diNoè), un nuovo libro di suc-cesso. Il romanzo è appena statotradotto in francese. Narra idestini incrociati di dodici per-sonaggi, che per trovare lavoroemigrano o tentano di lasciare il Paese. Vi incontriamo un lau-reato in diritto, un restauratore,un commerciante, un passatore,una prostituta, un chirurgo e uninsegnante. Tutti vogliono im-barcarsi su quest’arca di Noèdell’esilio per sfuggire al diluvioche si abbatte sull’Egitto. «Sipensa solo a partire. Qui, in que-

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Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Martin Dahinden (responsabile) Catherine Vuffray (coordinamento globale) Marie-Noëlle Bossel, Marc-André Bünzli, Beat Felber, Sabina Mächler, André Marty,Pierre Maurer, Özgür Unal

Redazione:Beat Felber (bf – produzione)

Gabriela Neuhaus (gn), Jane-LiseSchneeberger (jls), Mirella Wepf (mw), ErnstRieben (er), Luca Beti (versione italiana)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia e Stampa:Vogt-Schild Druck AG, Derendingen

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentita previa consultazione della redazione e citazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso:

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860215346

Stampato su carta sbiancata senza cloro per la protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 52 200

Copertina: Dimostrazione in Libia, primavera 2011; Hollandse Hoogte/laif

ISSN 1661-1683

sto ambiente in cui regnanocaos e corruzione, progredire èimpossibile. Per noi, non vi è al-cuna luce alla fine del tunnel,nessun progetto», dice uno diloro. Scritto prima dellaPrimavera araba, questo ro-manzo colpisce per la sua forzapremonitrice. Descrive una so-cietà prossima all’esplosione, mi-nacciata dalla corruzione, dallerappresaglie politiche e dalle di-scriminazioni religiose o etni-che.«L’Arche de Noé», Khaled AlKhamissi, ottobre 2012; Actes Sud;non è disponibile in italiano

Bombay sfrenata(bf ) Nessuno riesce a descriveremeglio di Kiran Nagarkar l’ariache si respira a Bombay. Quasitutti i suoi romanzi, le sue piècedi teatro e le sue sceneggiaturesono ambientati nella metropolidi 18 milioni di abitanti, in cuilui stesso è nato e cresciuto. Ilsuo primo romanzo «SevenSixes Are Forty Three» è consi-derato una delle pietre miliaridella letteratura indiana dopol’indipendenza. Di recente è

Nota d’autore

Fra musica classica e reggaeton

La pianista Luisa Splett ha conse-guito il diploma di concertista aSantiago del Cile e il diploma disolista a San Pietroburgo. Oggil’artista originaria di Winterthurriempie le platee dei teatri più pre-stigiosi al mondo.

Per me la valigia e il lavoro di pianista sono sinonimi di libertà.Sono in viaggio spesso e volen-tieri. Mi sento a mio agio dapper-tutto, finché ho un pianoforte accanto. All’età di 16 anni ho partecipato a un programma discambio e mi sono recata aSantiago del Cile, dove sono ri-masta un anno. Dopo lo studio aZurigo, sono tornata in Cile percontinuare la mia formazione. Daallora, sono quasi sempre in giroper il mondo. L’anno scorso hodato concerti in Argentina,Ecuador e Brasile. Oggi, graziealla mia formazione, ai continuiviaggi e al mio profondo interesseper le altre culture, parlo corrente-mente sei lingue. Ho trascorso piùdi un terzo della mia vita all’e-stero. La cultura che sento più vicina è quella sudamericana. Mi piace molto ballare la salsa.Quando devo pulire o rigovernareascolto invece la musica del duoportoricano reggaeton «Calle 13»;un disco che consiglio.

(Testimonianza raccolta da Beat Felber)

stata pubblicata la traduzione intedesco della sua opera più re-cente «The Extras», ambientatanella Bombay degli Anni ‘60 e‘70. Attraverso le avventure deidue protagonisti Ravan e Eddie– uno tassista, l’altro buttafuoridi un bar clandestino – lo scrit-tore dipinge un’immagine pla-stica e sensuale di Bombay, con i contrasti, le culture, i colori, le religioni e i profumi checontraddistinguono la mega-lopoli. Il romanzo è pure unariflessione filosofica sul postoche occupiamo nel mondo:siamo i protagonisti o piuttostole comparse in questo film chia-mato vita?«Die Statisten» («The Extras») di Kiran Nagarkar; A1 VerlagMonaco 2012, per il momento nonè disponibile in Italiano

Gender, giustizia, globalizzazione (bf ) Dall’11 aprile, il Centro in-terdisciplinare di ricerca sui sessiIZFG dell’Università di Bernapropone la seconda edizione del corso di perfezionamentoCertificate of Advanced Studies(CAS) «Gender, Justice, Globa-lisation». In 7 moduli (dall’aprile2013 all’aprile 2014), i corsisti sioccupano dei processi della glo-balizzazione e imparano a capirecome si formano gli standardglobali etici e legali. Ancora unavolta, il corso vanta la partecipa-zione di rinomati esperti sviz-

zeri e stranieri, fra cui RaphaelF. Crowe, Senior Gender Specialistpresso l’Ufficio internazionaledel lavoro (ILO), o il professoreYakin Ertürk, già corrispon-dente speciale delle NazioniUnite per la violenza contro le donne. Termine per le iscrizioni all’interocorso: 1° marzo 2013, l’iscrizioneai singoli moduli è possibile anchedopo tale data; i corsi si svolgono in inglese. Per informazioni:www.izfg.unibe.ch,[email protected]

DFAE: esperti a vostra dispo-sizioneDesiderate ottenere informa-zioni di prima mano su temi dipolitica estera? Le specialiste egli specialisti del Dipartimentofederale degli affari esteri DFAEsono a disposizione di scuole, associazioni e istituzione perconferenze e discussioni su numerosi temi di politica estera.Il servizio è gratuito, ma è of-ferto solamente in Svizzera.All’incontro devono parteciparealmeno 30 persone. Per informazioni: servizio delle con-ferenze DFAE, Palazzo federaleovest, 3003 Berna; telefono; 031322 31 53 o 031 322 44 12;e.mail:[email protected]

Varie

Artem

Bruk

«Le rivoluzioni arabe hanno frammen-tato un sistema politico che si era rifiutato di promuovere i cambiamentivolti a dare lavoro e una base esisten-ziale alla popolazione».Vicken Cheterian, pag. 9

«Abbiamo bisogno di un contratto sociale che dia le stesse opportunità atutti i cittadini, che remuneri il durolavoro e si prenda cura delle personebisognose».Ahmed Galal, pag. 16

«La vecchiaia non mi preoccupa perché ho educato bene le mie figlie eso che mi aiuteranno quando ne avròbisogno». María el Rosario Barahona, pag. 22