Un seul monde - Eidgenössisches Departement für ... · o affare miliardario? . Sommario DOSSIER...

36
N. 3 SETTEMBRE 2003 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE Un seul monde Eine Welt Un solo mondo Mekong – i paesi del Sudest asiatico guardano al futuro pieni di vitalità, ma i problemi di un tempo permangono Laos, uno Stato in cerca della propria identità Acqua – bene pubblico o affare miliardario? www.dsc.admin.ch

Transcript of Un seul monde - Eidgenössisches Departement für ... · o affare miliardario? . Sommario DOSSIER...

N. 3SETTEMBRE 2003LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONE

Un seul mondeEine WeltUn solo mondo

Mekong – i paesi del Sudest asiatico guardano

al futuro pieni di vitalità, ma i problemi di un tempo

permangono

Laos, uno Stato in cerca della propria identità

Acqua – bene pubblico o affare miliardario?

www.dsc.admin.ch

Sommario

DOSSIER

DSC

ORIZZONTI

FORUM

CULTURA

Un solo mondo n. 3 / Settembre 20032

MEKONG Il libero mercato oltre la cortina di bambù In Vietnam, Cambogia e Laos, dopo decenni di guerre diinimmaginabile crudeltà, ha preso il via una nuova era

6Una speranza di nome riso L’Istituto internazionale di ricerca sul riso svolge in Vietnam un lavoro d’avanguardia che – con il sostegno della DSC – èstato esteso anche al Laos

12Riso – il cardine dello sviluppoIntervista con Ren Wang, vicedirettore dell’Istitutointernazionale di ricerca sul riso (IRRI)

14

LAOS Tra Marx e Money Il Laos è alla ricerca di una propria identità nazionale.Fortemente influenzato dai potenti vicini, soffre leconseguenze della globalizzazione

16Ritorno all’isolaViengxai Photakoon ci racconta del suo villaggio in mezzo al Mekong

20

Transizione vincente Walter Fust, direttore della DSC, illustra come coniugaresviluppo e svolta politica

21Trappole blu contro le mosche tse-tse L’entomologo svizzero Hans R. Herren sta conducendo consuccesso una lotta contro i parassiti del mais e della maniocain Africa

24

In guerra a undici anni I bambini soldato sono un fenomeno diffuso in tutto il mondo. Alla fine dei conflitti, la loro integrazionesociale risulta estremamente difficile

24

Le mani sull’oro bluA chi appartiene l’acqua? L’oro blu è divenuto motivo di conflitto non solo fra Stati. L’acqua segna sempre piùnitido il confine tra ricchi e poveri

26Soccorsa sull’altare La giornalista indiana Shoma Chaudhury ci illustra il problema delle doti in India

29

Mondializzati nella buona e nella cattiva sorte La mondializzazione sta trasformando la vitaquotidiana degli individui di tutti i continenti. Unamostra fotografica a Ginevra racconta queste nuoverealtà

30

Editoriale 3Periscopio 4Dietro le quinte della DSC 25Che cos’è...Global Compact? 25Servizio 33Impressum 35

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dellosviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), èl’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficialein senso stretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articolipertanto non esprimono sempre il punto di vista della DSC e delleautorità federali.

Da un quarto di secolo l’ex Indocina conosce una relativapace. Dal crollo del blocco orientale, questa regione cheuna volta faceva parlare di sé soprattutto per le guerre, leoccupazioni e i regimi terroristici, sta conoscendo profon-di cambiamenti. Ma sono in pochi a conoscerla veramen-te. Eppure è interessante.

Chi sa per esempio dire cos’è importante nell’exIndocina? O di che si tratta quando si parla di AgentOrange, Pol Pot e Theravada? Oppure dove scorre esat-tamente il Mekong e dove si situano Phnom Penh,Angkor o Vientiane? Tutti questi nomi, concetti o localitàsono direttamente connessi con i tre paesi Vietnam,Cambogia e Laos che sono bagnati dal Mekong, il quin-to fiume della Terra in ordine di grandezza, e ai quali èdedicato il dossier di questo numero.

Il Vietnam è forse il più noto dei tre paesi del Sudest asia-tico. Dopotutto, nell’ultimo decennio si è trasformato inuno scolaro modello in materia di economia di mercato,ragione per cui compare regolarmente anche nei nostrimedia. Il regno di Cambogia – il cui capo ha definito il pro-prio paese uno «Stato mendicante la cui sopravvivenzadipende dalla disponibilità di altri paesi, mentre le suerisorse naturali vengono dilapidate» – è per contro menonoto.

E, in tutta sincerità, chi saprebbe indicare di primo acchi-to la capitale del Laos? Ebbene, si chiama Vientiane, epoiché conta oltre mezzo milione di abitanti è più grandedella nostra.

In tutti e tre i paesi le conseguenze della guerra delVietnam sono tuttora molto presenti, in particolare nelLaos, dove i due terzi del terreno sono cosparsi di mineinesplose. Inoltre, tutti e tre i paesi sono alle prese con unprocesso di transizione difficile che comporta ingiustiziesociali, disastri ecologici e corruzione. Ma l’attenzionedella regione è rivolta al futuro. «Malgrado tutto», scriveRüdiger Siebert, autore del nostro dossier, «ciò che stu-pisce il visitatore dei paesi dell’ex Indocina è vedere conquale capacità di improvvisazione e vitalità le donne e gliuomini sappiano affrontare i loro problemi. In tutti e tre gliStati vivono oggi molte più persone che non prima dellaguerra, nonostante milioni di morti e di feriti». Il dossier sulMekong segue a partire da pagina 6, il ritratto del Laos apartire da pagina 16.

Le persone che vivono lungo il corso di quasi 5000 chilo-metri del Mekong chiamano d’altronde il loro fiume «lamadre di tutte le acque». Ma a chi appartenga veramen-te questa madre, e a cosa debba servire, è oggetto digrandi controversie in tutto il mondo. La lotta per l’acquaè in corso da tempo e alimenta il divario tra ricchi e pove-ri soprattutto laddove l’alimentazione, l’acqua potabile,l’alloggio e le cure sanitarie non sono assicurati. I partico-lari nella rubrica Forum a partire da pagina 26.

(Tradotto dal tedesco)

Harry SivecCapo media e comunicazione DSC

La madre di tutte le acque

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 3

Editoriale

Energia per l’Africa (gn) La Great Rift Valley in Africaorientale rappresenta una dellemaggiori attrazioni naturali delcontinente. Le attività vulcanicheche riscaldano il fondo rocciosodella vallata celano però anche unaltro potenziale. Infatti, il Kenyagestisce già da vent’anni a ovest diNairobi una centrale geotermica.Essa sfrutta il vapore acqueo chesi crea tra le rocce sotto la super-ficie terrestre per produrre fino a45 megawatt di elettricità l’anno.Gli scienziati stimano però ilpotenziale totale di energia geo-termica sfruttabile nella regione aben 7000 megawatt l’anno! Letecnologie più recenti riduconoora notevolmente i costi d’inve-stimento. In occasione di unaconferenza internazionale, diecipaesi africani hanno perciò decisodi aumentare lo sfruttamento del-l’energia geotermica nella regionea 1000 megawatt l’anno entro il2020. Essi sono sostenuti dalProgramma dell’ONU per l’am-biente UNEP e dalla Bancamondiale, che elogiano lo sfrutta-mento in quanto via ecologicaverso l’industrializzazionedell’Africa. Una prima centrale èin programma per la regione delvulcano Longonot. Il Kenyavuole così coprire in 15 anni unterzo del suo intero fabbisogno dielettricità.

Dal Messico all’Uzbekistan (bf) I contadini uzbeki si ralle-grano di poter coltivare il granoduro latinoamericano, omologatol’anno scorso in varie provincedel Uzbekistan. Questo frumen-to sviluppato in Messico e cheporta il nome di Dostlik vantaeccellenti qualità: le sue resesuperano del 14 per cento quelle

del frumento indigeno uzbeko, lasua maturazione è più precoce,esso è più resistente alle malattiee sfrutta in modo più efficacel’acqua e i nutrienti del terreno.Ora che il Dostlik è già statocoltivato con successo in Turchiae in Afghanistan (mentre inTagikistan si trova nella fase spe-rimentale), i contadini uzbekisperano di conseguire maggiorirese e, dunque, anche un mag-giore reddito.

I giardini sulfurei d’Akokan (jls) Dal crollo dei corsi neglianni Ottanta, l’estrazione dell’u-ranio non è più sufficiente perfar vivere la popolazioned’Akokan, una città minerariasituata nel Niger settentrio-nale.Gli abitanti si dedicano per-ciò all’orticoltura. Hanno disso-dato mezzo migliaio di parcellefuori città per coltivarvi carote,barbabietole, insalate, zucchine,sorgo ecc. Ma la pioggia si ostina

a non cadere su questa regionedesertica. Gli ortaggi vengonoperciò irrigati con le acque uti-lizzate in precedenza per il trat-tamento dell’uranio. Questa ope-razione richiede però prodottichimici, in particolare grandiquantità di acido solforico. Senzaaver effettuato alcuna analisi chi-mica, i responsabili della minieracredono di poter tranquillizzarela gente riguardo alla qualità del-l’acqua. Essi non escludono tut-tavia che contenga «alcuni ele-menti che potrebbero arrecarepregiudizio alla salute umana».Il Niger ha chiesto aiutoall’Unione europea per rendereconformi le installazioni destina-te al trattamento delle acquereflue che escono dalle miniere.

Microrganismi generano fer-tilità (gn) Acari, lombrichi, batteri,insetti e funghi infondono spe-ranza nei ricercatori. Infatti, essi

Un solo mondo n. 3 / Settembre 20034

Per

isco

pio

And

rée

Noe

lle-P

ot /

DE

ZAR

on G

iling

/ S

till P

ictu

res

Cris

pin

Hug

hes

/ P

anos

/S

trat

es

sperano di carpire i segreti deimicrorganismi del suolo nell’am-bito di un progetto scientifico divasta portata, coordinatodall’Istituto di biologia dei suolitropicali e della fertilità in Kenya.I ricercatori sono convinti che lasoluzione per i suoli diventati ste-rili stia in una migliore compren-sione dei processi e delle interre-lazioni fra gli organismi che vivo-no sotto terra. Essi sperano che lenuove cognizioni in materia dibiologia del suolo consentano dicompensare in futuro la diminu-zione delle rese senza ulterioreimpiego di fertilizzanti e pesticidi.In Brasile, Messico, Costad’Avorio, Uganda, Kenya,Indonesia e India sono state desi-gnate delle aree di test, caratteriz-zate da una biodiversità del suoloparticolarmente ricca. I ricercato-ri dei vari paesi fanno confluire illoro know-how nel progetto,consentendo in questo modo distudiare i processi che si svolgononel suolo con l’aiuto delle più

moderne tecnologie, quali la tec-nologia genetica e lo screeningdel DNA. Delle cognizioni trattedal progetto beneficeranno i con-tadini, i servizi governativi, leorganizzazioni ambientaliste ealtri specialisti nei vari paesi.

Una forma di genocidio (bf ) A Manila, capitale delleFilippine, il 70 per cento deicirca 1,6 milioni di abitanti vivein povertà. Molti di essi riesconoa sopravvivere alla bell’e megliocome venditori ambulanti,offrendo per esempio pesce,accendini o bibite. Il piccolocommercio rappresenta spessol’unica fonte di reddito e, per-tanto, l’unica possibilità di assicu-rare la propria sopravvivenza equella della famiglia.Alcuni mesifa l’autorità preposta allo svilup-po, la Metro Manila Develop-ment Authority, ha lanciato unagrande campagna contro questivenditori ambulanti. Le piccolebancarelle di vendita lungo le

strade dovranno scomparire per«migliorare l’aspetto della città enon impedire più il traffico», masono anche accusate di provocareanarchia e caos. Ora, però, sonoentrati in campo alcuni avvocatideterminati a difendere i dirittidei poveri della città. Secondoloro, il divieto di praticare lavendita ambulante non solo rap-presenta una delle controversiesocioeconomiche cruciali dellasocietà filippina, ma anche una

forma di genocidio.I poveri si difendono intantodalle retate della polizia utiliz-zando vassoi che, appoggiati alpetto con gli oggetti da vendere,consentono loro di dileguarsinella folla in caso di bisogno.

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 5

News

Dis

egno

di M

artia

l Lei

ter

M. K

ottm

eier

/ a

gend

a

Un solo mondo n. 3 / Settembre 20036

DO

SS

IE

R

Il libero mercato oltre la Indocina, i francesi avevano denominato così le terre del Sudest asiatico sottoil loro dominio coloniale. Negli scritti degli antichi viaggiatori quelle regionivenivano invece definite Dietro l’India. Oggi, dopo decenni di guerre di inim-maginabile crudeltà, in Vietnam, Cambogia e Laos ha avuto inizio una nuovaepoca. Tuttavia, i problemi d’un tempo persistono: la corruzione, l’ingiustiziasociale e la devastazione dell’ambiente. Di Rüdiger Siebert*.

Imbarcazione nel delta del Mekong

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 7

Mekong

cortina di bambùStiamo sulla sponda che sovrasta Chiang Khong,nella Tailandia del nord, e guardiamo dall’altraparte del Mekong, in direzione del Laos. Da que-ste parti, il corso d’acqua non separa soltanto gliStati, ma anche i sistemi.Tuttavia, questo è un con-fine la cui fluidità ha un senso particolarmenteesteso. L’economia di mercato, alla quale tutti e tregli Stati di quella che fu un tempo l’Indocinahanno pienamente aderito, lo rende permeabile.Alposto di attracco dei traghetti, in acque tailandesi,

accanto alle baracche di dogana e polizia, si impen-na un arco ligneo. «Gate to Indochina», c’è scritto,a grandi lettere. È sorprendente, imbattersi proprioqui, in una definizione storicamente così carica disignificati; qui, dove le potenze coloniali dovetteroa suo tempo lasciare il campo, quali perdenti di unpoker bellico che aveva come poste lucrosi bene-fici, potere e politica. I cambiamenti sono tuttaviainconfondibili.Il territorio che il Mekong attraversa in manieracosì energica, fiume che di volta in volta è ostaco-lo, o legame, a seconda della geografia e della situa-zione storica, è il risultato morfologico di duediverse culture: del mondo spirituale indiano e diquello cinese. Induismo e buddismo, confucianesi-mo e daoismo furono i nobili padrini del diveniredel Sudest asiatico, che prese a grandi mani dallaricchezza spirituale degli imponenti vicini,riuscendo però ad edificare con evidente autono-mia. Le caratteristiche regionali portarono ad evo-luzioni differenziate: idiomi, culture, mentalità, cheancora oggi improntano il quotidiano di questipopoli.

Mai più un’economia pianificata I giovani, da tutte e due le parti della grande Portasull’Indocina, si sono allontanati dalla storia. Da unquarto di secolo regna finalmente la pace! Il risul-tato è una generazione del dopoguerra, venuta almondo non certo in un qualche rifugio antiaereoo in un campo profughi, e che non soffre inmaniera traumatica del ricordo delle bombe edegli urli delle sirene, quelli che ai suoi terrorizza-ti genitori e nonni annunciavano tragedia, bensìcerca la sua soddisfazione nel frastuono consumi-stico e nel divertimento a tutti i costi.Il Sudest asiatico è nuovamente accessibile, in unamaniera che ha quasi dell’ovvio, e che ai tempidella guerra del Vietnam e poi della guerra freddanon sarebbe stata immaginabile. Con un pragma-tismo dettato dalle vacanti casse statali e motivatoda ragioni di politica economica, a Hanoi, PhnomPenh e Vientiane la cortina di bambù si è alzata suuna scena sulla quale ora un gruppo di investitoriinternazionali interpreta le pièce «Doi Moi» e«New Economic Mechanism»: la rappresentazionelocale di capitalismo e globalizzazione. Dopo ilcrollo dei paesi dell’Est ed il dissolversi del soste-gno sovietico e cinese, ai tre paesi non restò altrascelta che quella, presa verso la metà degli anni ’80,di aprirsi agli investitori occidentali (compresiovviamente Giappone e Corea del Sud) ed al lorosistema orientato al profitto.I successi, pertanto, sono diversi da paese a paese,ma il ritorno ad un’economia pianificata è daescludersi per tutti. Il Laos va considerato comun-S

elba

ch /

Lai

f

Mekong, la madre ditutte le acqueIl Mekong – con i suoi4’842 chilometri è il quintofiume per estensione –rappresenta la linea dellavita della terraferma delSudest asiatico. Il nomederiva dall’accezione MaeNam Khong, la Madre ditutte le acque. La sorgentedi questo corso d’acquache attraversa sei paesi ènel cuore dei ghiacciperenni dell’Himalaya, a4'975 metri di quota, nel-l’altopiano del Tibet. Neisuoi primi 2'395 chilometriil Mekong perde circa 3mila metri di quota, scor-rendo in profonde gole edando vita a nove cascate,fino al luogo geografico incui si incontrano quattrodiversi paesi: Cina,Myanmar (ex Birmania),Tailandia e Laos. Poi, peroltre mille chilometri ilMekong disegna la linea diconfine tra Tailandia eLaos. Al centro delle terrealluvionali del suo corsoinferiore, là dove sorgeoggi Phnom Penh, ilMekong affluisce nel TonleSap. È l’unico fiume almondo che inverte il suocorso e che, durante lastagione delle piogge,porta le sue acque in quel-le del lago Tonle Sap,come fosse un suo bacinoidrico naturale. Poi, condue possenti rami, ilMekong va all’abbracciodel suo delta, nella partemeridionale del Vietnam,prima di gettarsi, estrema-mente ramificato, nelleacque del Mar cinesemeridionale. Il Mekong èun ecosistema molto com-plicato, che riveste unarilevante importanza esi-stenziale per uno spaziogeografico che ospita unnumero di abitanti stimatoa circa 200 milioni. Perquesto motivo, ogni cam-biamento, quale ad esem-pio la costruzione di unosbarramento artificiale o ildisboscamento delle fore-ste, rappresenta un inter-vento foriero di forteimpatto per un ambienteche ha già subìto, nelrecente passato, danniirreparabili.

Un solo mondo n. 3 / Settembre 20038

que in ogni ambito come il meno progressista. LaCambogia dopo un tentativo di semi-socialismo,ha lasciato il campo a interessi di tipo privato, cosaquesta che ha portato ad enormi differenze di red-dito tra le popolazioni della campagna e quelle dicittà, tra l’élite sociale e le masse. Un’evoluzioneingiusta ed antisociale.È per contro il Vietnam a fare, nell’ambito dell’e-conomia di mercato, la parte dello scolaro model-lo. Ma anche qui non è consentito parlare di un’e-conomia di mercato di tipo sociale. Dopo la reces-sione, conseguenza della crisi asiatica della finedegli anni ’90, il motore dell’economia ha ripresoora a girare energicamente. È del sette per cento,la crescita economica nel 2002. Le privatizzazionisono in corso. Gli investimenti stranieri avanzano:quasi 5 miliardi di dollari nello scorso anno. Ciòcrea posti di lavoro, è vero, ma non è cambiatomolto nell’ambito degli squilibri sociali di questopaese. Con un reddito medio pro capite di 420dollari Usa all’anno, il Vietnam è ancora molto inbasso nella graduatoria mondiale, e quell’importo,che nasconde le diseguaglianze sociali, dice moltopoco sulle condizioni di vita e di lavoro.

Sfruttamento devastanteIl gruppo dirigente vietnamita tenta l’arditonumero politico di sempre: sfruttare dal punto divista economico la libera economia di mercato,continuando però a governare secondo il vecchiostile con un forte controllo statale. I critici segna-

lano le conseguenze: da un lato, il saccheggio dellanatura, la svendita delle risorse minerarie qualipetrolio e carbone; estese coltivazioni di riso neldelta del Mekong che a causa dell’utilizzo ricor-rente di pesticidi comportano gravi danni ecologi-ci; una forzata coltivazione di caffè che spinge alribasso il prezzo a livello internazionale. Dall’altrolato, sempre minori stanziamenti statali per la for-mazione e la sanità, per l’amministrazione e laricerca. Chi dispone dei mezzi necessari manda ipropri figli nelle scuole private e si fa curare incostose cliniche. Ma la maggior parte dei vietna-miti non se lo può permettere. Ciò vale, in manie-

And

rea

Art

z /

laif

And

rea

Art

z /

laif

Mik

e K

ollo

ffel /

Stil

l Pic

ture

s

Un mercato galleggiante...

Ecologia ed economiaIn Vietnam, i concetti diprotezione dell’ambiente epromozione della consa-pevolezza ecologica sonostrettamente legati all’atti-vità del professor Vo Quy,dell’Università di Hanoi,scienziato di fama interna-zionale e pioniere in ambi-to ecologico. «Ciò che miinteressa, è il rapporto tranatura e società», afferma,passando ad enumerare lecarenze del Vietnam: «unrapido incremento demo-grafico, un’insufficienteconsapevolezza ecologica,scarsità di finanziamentiper progetti di sviluppo neisettori socio-economici edambientali». A partire daglianni ’70 Vo Quy ha svoltovaste ricerche riguardantile conseguenze sull’am-biente causate dalla guerrain Vietnam. I risultati hannocontribuito all’avvio di pro-cedure di risarcimentosulla base di dati sicuri. Si deve del resto alla suacaparbietà il fatto che inVietnam sia stata predi-sposta una legge per laprotezione ambientale ingrado di rispettare le esi-genze dell’ecologia e del-l’economia. Tuttavia,siamo già al punto che glieffetti dell’economia dimercato si rivelano ecolo-gicamente negativi, in certiposti più ancora dei dannicausati dalla guerra. Così,le raccomandazioni delprofessor Quy diventanopiù significative che mai.

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 9

Mekong

Splenditi templi diAngkor Maestose, si elevano, sullospazio circostante e neltempo, le cinque torri diAngkor Wat. Nella pietrifi-cata dimensione di un’e-poca passata, durante laquale il Regno dei Khmernel Sudest asiatico eraforte e potente, arrivandoa dominare territori cheappartengono oggi aLaos, Vietnam e Tailandia.L’edificio più celebre dellavasta compagine di templidi Angkor fu costruito nellaprima metà del XII secolo,quando re eraSuryavarman II. L’opera èdi certo uno degli edificipiù spettacolari e perfettifra quanti siano mai uscitidalla creativa mano del-l’uomo. La ponderataarmonia, quanto puòessere compreso e quantoè invece inspiegabile, laperfetta simmetria, tuttoricolmo di spirito e fede, esete di potere: tutto ciòaffascina il visitatore. Laregione di Angkor, costel-lata da oltre 900 edificisacri, è il contributo dellaCambogia al patrimonioculturale dell’umanità.

ra analoga per Cambogia e Laos. Il prezzo di untale sviluppo sarà pagato dalle future generazioni.I tre decenni di guerra avevano in qualche modoevitato un saccheggio in grande stile delle risorsenaturali attorno al Mekong.Nel rispetto della mas-sima «i campi di battaglia si trasformino in merca-ti» si è adesso invece passati con una rapidità tra-volgente alla fase di sfruttamento. In Vietnam e nelLaos vengono edificate enormi dighe per lo sfrut-tamento idroelettrico. Un massiccio disboscamen-to sta devastando irrimediabilmente il patrimonioforestale di Vietnam, Cambogia e Laos.Ancora nel1960, prima dello scoppio della guerra contro gliUsa in Indocina, il bacino idrografico del Mekong,dal sud della Cina fino al delta, nel meridione delVietnam, presentava una fitta vegetazione arboreasul 60 per cento del territorio.Attualmente, siamoattorno al 25 per cento. Le conseguenze sono lericorrenti inondazioni nel periodo delle piogge el’aridità estrema nei periodi di siccità, oltre a danniirreparabili alle basi esistenziali della popolatissimaregione del Mekong.Problemi di questo genere non trovano pratica-mente spazio sulla stampa vietnamita, né su quellacambogiana, e tanto meno su quella laotiana. Casiisolati di corruzione vengono perseguiti dalleautorità vietnamite, ma il sistema non viene messoin questione. I disordini provocati dai contadini nelnord del Vietnam segnalano un malumore ricor-rente, ma ricevono in risposta solo la repressionestatale. In Vietnam e Laos non è consentito l’ope-

rato di sindacati liberi, in grado di denunciare leingiustizie del mondo del lavoro. In Cambogia aipotenti interessa davvero poco delle critiche pub-blicamente espresse.

Ferite di lenta cicatrizzazione Gli abitanti di tutti e tre i paesi soffrono ancoraoggi per i postumi della guerra in Vietnam. Il defo-gliante utilizzato dagli americani «Agent Orange»è ancora oggi presente nel terreno e nelle acquefreatiche di alcune regioni del Vietnam del sud.Esso ha comportato ingenti danni genetici nellepopolazioni, provocando malformazioni anche inneonati della terza e quarta generazione postbelli-ca. Inoltre, le mine restano una mortale, incalcola-bile eredità del passato.Il trauma nazionale, ereditato dal regime di terro-re dei comunisti di Pol Pot, è invece una partico-larità tutta cambogiana. I Khmer rossi scatenaronola loro furia tra il 1975 ed il ’79, e nell’intento diaffermare il loro concetto di comunismo, finironoper portare alla rovina l’intero popolo. Durantequegli anni furono uccisi circa due milioni di per-sone, ed altre morirono in seguito ai disagi impo-sti dai trasferimenti forzati. Solo l’invasione daparte delle truppe vietnamite e l’occupazione dellaCambogia da parte di Hanoi – non certo consen-tita dal diritto internazionale – valse a mettere finealla strage. Nel 1989 le truppe vietnamite dovette-ro poi ritirarsi.Da allora, i tentativi di instaurare un nuovo ordine

...e uno su terra ferma

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200310

Una mortale eredità bellicaA trent’anni dalla fine uffi-ciale della guerra inVietnam – conflitto che lagente del posto chiama la«Guerra degli americani» –sul Laos seguita a pesareuna maledizione. È la mor-tale eredità di bombe,ancora oggi presenti ecelate nel terreno sottoforma di mine e di ordigniinesplosi. Sull’entroterradel Mekong, durante laguerra, sono piovute piùbombe che durante l’interaseconda guerra mondiale.Due terzi del territorio laoti-ano sono invasi di ordigniinesplosi. E sovente acca-de l’inevitabile, con morti eferiti, perché venuti in con-tatto con quella mortaleeredità. Un programmainternazionale di sgombero– che impegna 13 Stati, un migliaio di collaboratorilaotiani e diverse organiz-zazioni ONU che mettonoa disposizione esperti emezzi – opera dal 1996alla ricerca di ordigni ine-splosi. A questi uomini siaggiungono 50 espertistranieri, civili e militari.Ogni anno, in Laos vengo-no eliminati circa 90 milaordigni inesplosi. La finedei lavori di sgombero èlontana.

democratico hanno sì portato in Cambogia all’in-staurazione di un sistema pluripartitico ed a vota-zioni amministrative svoltesi sotto il controllo delleNazioni Unite e dell’Unione Europea, ma si èancora lontani da una vera partecipazione delpopolo agli orientamenti politici nazionali. Leferite morali che il popolo si è visto infliggere gua-riscono lentamente, ed una latente predisposizionealla violenza serpeggia nel paese. Nel frattempo, laquasi totalità di quella che era stata l’élite direttivadei Khmer rossi vive indisturbata nelle regionioccidentali della Cambogia, mentre il tribunalevoluto ormai da diversi anni dall’ONU e dalle vittime di quel terrore non riesce a insediarsi. Lavolontà politica di occuparsi secondo giustiziadelle atrocità commesse dai macellai di Pol Potnon traspare. Ciò che oggi in Cambogia vienedefinita democrazia è composta da una combric-cola di uomini corrotti e avidi di potere. Il terroredei giorni di Pol Pot ha finito per devastare ognisenso di appartenenza nazionale dei cambogiani.

Stato mendicanteCultura e religione ebbero una sostanziale im-pronta dagli influssi provenienti, già a partire dal IIsecolo, dal subcontinente indiano. In questo, laCambogia si differenzia, in quelli che sono i suoifondamenti spirituali, dal Vietnam, che agli inizidella sua storia, e soprattutto nel nord, fu formatodall’influsso cinese. Furono i potenti regni Khmer– dall’800 fino al XIII secolo – a creare le enormistrutture templari di Angkor ed a fondare l’identi-tà nazionale.I sovrani Khmer, che governavano nella convin-zione di essere delle divinità, riuscirono in tempipassati a riunire sotto il loro dominio vaste partidell’attuale Tailandia, del Vietnam e del Laos.Furono essi a fare del Buddismo Theravada una

religione di stato, nella quale ancora oggi la mag-gior parte dei cambogiani si riconosce. Con la rin-novata incoronazione di Norodom Sihanouk laCambogia è divenuta ancora, nel 1993, un regno,una monarchia di tipo costituzionale. A partiredagli anni ’40, è Sihanouk la figura centrale dellapolitica cambogiana; un uomo che ha spesso cam-biato posizione e alleati e che conosce non solol’esilio ma anche gli arresti domiciliari patiti sottolo strapotere dei Khmer rossi.Oggi più che ottantenne, il re, molto malato, èconsiderato uomo del compromesso, colui checerca di comporre i conflitti tra le frazioni rivali aivertici dello Stato e la concorrenza che ad esseportano i capi delle forze armate. Un’impresaardua. Politicamente impotente e disperato, il re sirivolge sovente, quasi in termini di implorazione,

Har

tmut

Sch

war

zbac

h /

Stil

l Pic

ture

s

...e il promettente futuroIn bilico tra le nefaste conseguenze della guerra...

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 11

Mekong

Repubblica socialista del Vietnam Capitale: Hanoi (2,5 milioni di abitanti)Superficie: 331’114 km2

Clima: da subtropicale a tropicaleAbitanti: 80 milioni Etnie: ca. 90 % vietnamiti e ca. 10 % minoranze etniche(54 diversi gruppi etnici)Incremento demografico: 1,4 % Popolazione urbana: 24,5 %Aspettative di vita: 69,1 anni

Regno di Cambogia Capitale: Phnom Penh (1,3 milioni di abitanti)Superficie: 181’035 km2

Clima: monsonico, caldo umido Abitanti: 12,3 milioniEtnie: 85 % Khmer, vietnamiti, cinesi e minoranze ChamIncremento demografico: 2 % Popolazione urbana: 17,4 %Aspettative di vita: 53,8 anni

Repubblica democratica popolare delLaosCapitale: Vientiane (550’000 abitanti)Suoerficie: 236’800 km2

Clima: monsonico-tropicaleAbitanti: 5,1 milioniEtnie: 60 % Lao Loum (popolazione maggioritaria delbassopiano del Laos), 27 % Lao Theung (Mon-Khmer,popolazioni delle propaggini montane), 13 % Lao Soung(gruppi etnici sino-tibetani dell’altopiano)Incremento demografico: 2,3 %Popolazione urbana: 19,7 %Aspettative di vita: 53,7 anni

Ste

fan

Falk

e /

laif

And

rea

Art

z /

laif

all’opinione pubblica. Definisce la sua nazione«uno Stato mendicante la cui sopravvivenza dipen-de dalla disponibilità di altri paesi, mentre le suerisorse naturali vengono dilapidate». Gli investitorisi lamentano per le scarse garanzie legali offerte daun paese che presenta intrallazzi criminali di ognitipo. La Cambogia è divenuto un paese di transitodella droga, dove prostituzione e violenza aumen-tano a vista d’occhio.

Doti d’improvvisazione e vitalitàUna nuova generazione di giovani è oggi vittimadi una sete di cultura che rimane ampiamenteinappagata. Mancano i mezzi per un’adeguatarimunerazione del settore dell’istruzione. E ciòvale per tutti i settori della vita pubblica. Il bilan-cio statale è sostenuto per quasi il 50 per cento dainterventi finanziari stranieri. Le incombenzesociali, che dovrebbero essere compito delle strut-ture statali, sono invece assunte da organizzazioninon governative straniere.Malgrado ciò, ogni visitatore dei paesi dell’exIndocina si meraviglia per le doti di improvvisa-zione e per la vitalità con le quali donne e uomi-ni sanno affrontare i loro problemi. In tutti e tre ipaesi vivono oggi molte più persone di quelle cheli popolavano prima delle guerre. Nonostante

Donne in aiuto delledonneChanthol Oung, di PhnomPenh, è sopravvissuta aglianni di terrore del regimedi Pol Pot, ha soffertomiseria, persecuzione ed ildisagio della fuga, oltre allaperdita di alcuni famigliari.Un destino tipico, in queglianni, in Cambogia. Oggi,Chanthol Oung si impegnaa favore di donne oppres-se. Prostituzione, schiavitùe Aids sono i problemiemergenti. Oggi, i pedofilidi bambini evitano laTailandia e le Filippine perraggiungere la Cambogia,dove hanno meno datemere in quanto a con-trolli di polizia. Per fornireun sostegno alle vittime,aiutarle ad uscire dall’am-biente e dar loro la forza didenunciare i criminali,Chanthol Oung ha fondatoil «Cambodian WomenCrisis Center/ CWCC»,che gestisce case per ledonne, centri di consulen-za e corsi di formazione.Chanthol Oung può oggicontare su un gruppo cre-scente di collaboratrici. Illoro impegno contro lemolte resistenze esercitatenel loro stesso paese èvalso al Center l’assegna-zione di rinomate distinzio-ni internazionali.

milioni di morti e feriti. Esemplare, al proposito, èla città di Phnom Penh: attraverso i vetri dellafinestra di una vecchia scuola, che i Khmer rossiavevano trasformato nel centro di tortura ToulSleng, lo sguardo si estende, dal sacrario comme-morativo, alla strada che si intravede, dietro un filospinato. Ci sono bambini che giocano. Le lororisate penetrano nell’opprimente silenzio di que-sti spazi, che hanno ancora, posati sul pavimento,alcuni strumenti di quell’antico orrore. Unadonna, incinta, passa sulla strada tenendo un bam-bino per mano. Il piccolo ride, spensierato. ■

(Tradotto dal tedesco)

* Rüdiger Siebert, per molti anni direttore dei program-mi radiofonici per l’Indonesia di Radio Deutsche Welledi Colonia, conosce il Sudest asiatico grazie ad una fre-quentazione trentennale, fatta di svariati viaggi e incon-tri; Rüdiger Siebert è autore di numerosi libri sulla regio-ne (fra gli altri: «Der Traum von Angkor: Kambodscha,Vietnam, Laos», 2000, Horlemann-Verlag, Unkel/Rhein/D; «Vietnam – Die neue Zeit auf hundertUhren», 1997, Lamuv-Verlag, Göttingen/D).

Cambogia

Tailandia

Myanmar

Cina

Laos

Vientiane

Mekong

Hanoi

Phnom Penh

Vietnam

Mar Cinese

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200312

L’accezione laotiana «Kin khao» vuol dire «mangia-re», anche se il significato letterale è quello di «man-giare riso». Ciò dimostra quale importanza abbia inquesto paese povero il riso quale alimento di base.Ogni laotiano mangia mediamente 160 chilogram-mi di riso l’anno, quantità che copre il 67 per centodel fabbisogno calorico. Sull’80 per cento dellasuperficie agricola laotiana viene coltivato riso, per-lopiù da piccoli contadini che perseguono l’auto-sufficienza. Nonostante la sua notevole diffusione, ilpaese ne ha comunque sofferto per anni la penuria.Il Laos ha importato in certi periodi fino a 130 milatonnellate di questo prodotto alimentare di base,senza soddisfare completamente le esigenze alimen-tari della sua popolazione. Nel corso degli ultimianni grazie al sostegno della DSC e dell’IRRI, visono stati tuttavia grandi cambiamenti.

Risultati spettacolariIl Vietnam è stato il paese preso a modello per l’in-cremento della produzione di riso nel Laos. È lì chegià nel 1968 l’IRRI iniziò a coltivare qualità di risomolto produttive, sviluppate dallo stesso istituto. Da

allora, il Vietnam ha introdotto oltre quaranta nuovelinee di coltivazione, in parte sviluppate autonoma-mente. A partire dalla metà degli anni Settanta, ilgoverno del Vietnam, l’IRRI ed i ricercatori viet-namiti operano a stretto contatto. Un partenariatoche aveva l’appoggio finanziario di diverse agenzieper lo sviluppo e che ha contribuito a fare oggi delVietnam la seconda nazione esportatrice di risodopo la Tailandia. In particolare, dai giorni del cam-bio di sistema verso un’economia di mercato(1986), la produzione di riso ha avuto un incre-mento esponenziale: nel 1987 il raccolto di riso delVietnam fu di 15 milioni di tonnellate; nel 2000 siè arrivati a 32,6 milioni di tonnellate.«Il riso è un motore molto importante per lo svi-luppo della regione del Mekong», afferma PaulEgger, responsabile della DSC per i programmi disviluppo del Sudest asiatico, sottolineando gli effettidell’incremento della produzione. «Il raddoppio deiraccolti in un così breve tempo è davvero spettaco-lare.Ancora più importante è ciò che questo com-porta: la gente povera, nelle campagne e nelle città,dispone di più riso e a prezzi più vantaggiosi. Le

Ampi programmi tesi a innalzare il livello di produzione di risosono da sempre un importante fattore per la crescita econo-mica della regione del Mekong. Dagli anni Settanta, l’Istitutointernazionale di ricerca sul riso (IRRI) svolge in Vietnam unlavoro d’avanguardia che, con il sostegno della DSC, è statoesteso con successo anche al Laos. Di Gabriela Neuhaus.

Una speranza di nome riso

IRRIL’IRRI, Istituto internaziona-le di ricerca sul riso, èstato fondato nel 1960 ed è il più antico tra i 16 istituti internazionali diricerca agraria gestiti dalConsultative Group onInternational AgriculturalResearch (CGIAR), delquale fa parte anche laSvizzera. Gli obiettividell’Istituto, che ha la suasede principale a LosBanos (Filippine), sonoquelli di aiutare i paesi invia di sviluppo ad incre-mentare la produzione diriso, contribuendo così a migliorare adeguatamen-te le possibilità nutrizionali.Inizialmente, la ricercadell’IRRI puntava prevalen-temente sulla realizzazionedi varietà in grado di forniregrandi raccolti. Oggi, siconsiderano anche temiquali il grado di produttivitàdurevole e la ricerca divarietà resistenti al sale,alla siccità ed alle malattie,e lo stesso sviluppo dell’in-tero sistema di coltivazionefa parte integrante dellaricerca.

Jorg

en S

chyt

te /

Stil

l Pic

ture

s

Creare in Laos...

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 13

famiglie dei contadini hanno un reddito superiore,che possono impiegare nell’acquisto di beni e servi-zi di produzione locale. Inoltre, il paese entra in pos-sesso di valuta pregiata».

Impegno in LaosSono stati questi risultati positivi a spingere nel1990 la DSC ad impegnarsi, accanto all’IRRI, in unprogramma analogo per il Laos. Furono formulatitre chiari obiettivi: il Laos doveva raggiungere l’au-tosufficienza nella produzione di riso, bisognavapuntare alla formazioni di contadini e ricercatoriper garantire al paese le necessarie competenze edinfine andava salvaguardata la ricca biodiversità dellecolture di riso laotiane. Il primo obiettivo fu rag-giunto nel 2001. Grazie al «Lao IRRI RiceResearch and Training Project», finanziato dallaDSC e sviluppato dall’IRRI, il Laos è divenuto unpaese autosufficiente nel settore risiero. Secondol’IRRI, per lo Stato del Laos ciò significa un rispar-mio di un centinaio di milioni di dollari Usa, ottovolte di più di quelli che sono i costi totali del pro-getto per l’anno 2003. Inoltre, in tutto il paese sonostate attrezzate stazioni di ricerca sul riso e formatiricercatori e consulenti specifici; sul 70 per centodel territorio sono oggi coltivate piantine di riso disette nuove specie, particolarmente robuste e pro-duttive, alle quali faranno seguito altre qualità, ora invia di sviluppo.Per quanto siano confortanti i successi in Vietnam eLaos, essi rappresentano solo un aspetto di unavariegata problematica. L’altissima intensità della

coltivazione di riso nel bassopiano comporta infattirilevanti problemi ecologici. L’ampliamento dellezone coltivate,ma ancora di più l’elevato impiego difertilizzanti e pesticidi hanno finito per produrreeffetti negativi. Inoltre, se l’incremento della produ-zione ha causato un logico abbassamento del prez-zo, andando ad aiutare le popolazioni povere dellecittà, questo stesso fenomeno ha ridotto il redditodei contadini. Agli abitanti delle regioni di monta-gna, dove risulta impossibile realizzare raccolti cosìricchi come nelle zone di pianura, non è stato fino-ra possibile approfittare dello sviluppo economico.Per questo motivo, gli attuali progetti dell’IRRImettono l’accento sulle regioni montane. L’intro-duzione di specie adeguate ed i nuovi metodi qualiil terrazzamento, le colture ibride e la diversificazio-ne, cercano di consentire anche ai contadini dell’al-topiano un incremento nei raccolti. Il riso è basenutrizionale così importante che gli stessi agricolto-ri dell’altopiano cercano di assicurarsi l’autosuffi-cienza proprio tramite il riso. Per questo motivo,nell’altopiano si tenta oggi, utilizzando metodi dicoltivazione moderni ma appropriati, di incremen-tare a tal punto i raccolti dei piccoli terreni che aicontadini rimanga della terra sulla quale coltivarealtri prodotti, destinati alla vendita. Soltanto così saràloro possibile in futuro sottrarsi alle angustie di unaeconomia agricola di semplice sussistenza e parteci-pare pienamente ai dinamismi del mercato. ■

(Tradotto dal tedesco)

Mekong

La ricchezza del risoSpesso, nel Laos allevarietà tradizionali e localidi riso vengono attribuitinomi di alata fantasia, qualiKay Noy Hom (piccolopollo aromatico), Pa Siev(piccola carpa) o Leumphua (dimentica l’uomo). Si tratta di nomi in qualcheesile modo collegati allecaratteristiche che presen-ta quel determinato tipo diriso. Il Laos è secondosolo all’India per ciò checoncerne la varietà di risoche la sua terra produce.Ed in questo paese èmolto importante anche illavoro di ricerca e di con-servazione, in quanto molticontadini coltivano ancorain modo tradizionale.Durante le fasi di unostraordinario progetto sullabiodiversità, tra il 1996 edil 2000, sono stati selezio-nati 13'500 campioni diriso, di tipo selvatico o col-tivato, che rappresentanocirca 3 mila qualità diversedi riso. In un secondotempo si provvederà adocumentare le particolaricaratteristiche di questevarietà di riso laotiano, perrenderle accessibili ad unfuturo lavoro di selezione.

Dar

io N

ovel

lino

/ S

till P

ictu

res

...ciò che in Vietnam è già realtà

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200314

Un solo mondo: Quale importanza riveste ilriso nell’ambito della cooperazione allo svi-luppo nella regione del Mekong?Ren Wang: Per una cultura ed un sistema di pro-duzione così legati alla coltivazione del riso comesuccede ai paesi toccati dal Mekong, proprio il risorisulta essere il punto cardine di ogni vero svilup-po. In altri termini, il miglioramento della qualitàe del livello di produttività del riso è per il conta-dino il punto di partenza. L’incremento di valorecosì ottenuto, aiuta i coltivatori a superare la lorosituazione di povertà.

Quale funzione svolge l’IRRI in questo spe-cifico ambito?Il suo ruolo è molto vasto. Noi operiamo sia conle organizzazioni di ricerca nazionali che diretta-mente con i coltivatori, con le ONG e con i gover-ni. Ci consideriamo primariamente una fonte ditecnologia ed informazioni, siamo inoltre in uncerto modo anche partner e fornitori. Oltre il 95per cento delle varietà di riso utilizzate nelle risaiedel Vietnam provengono ad esempio dall’IRRI.Senza di noi, i contadini disporrebbero solo di

varietà tradizionali di riso che non gli consentireb-bero alcun incremento di reddito.

Come giudica lo stato attuale dello svilupponelle regione del Mekong?Dobbiamo osservare la situazione con attenzione.Vietnam e Laos hanno affermato di aver raggiun-to l’autosufficienza nel settore del riso. Il Vietnamè oggi uno dei maggiori esportatori di riso almondo. Ciò non significa però che oggi nel paese,ed in special modo nel nord, ogni famiglia dispon-ga di riso a sufficienza. Si pone dunque il proble-ma dell’approvvigionamento delle singole econo-mie domestiche. A tale riguardo occorrono mag-giori sforzi. Per questo motivo, sia in Vietnam chein Laos si è posto sempre più l’accento su uno svi-luppo da realizzare nelle regioni montane. Neldelta del Mekong, dove la produttività risiera è giàmolto alta, siamo oggi al conflitto tra uno sfrutta-mento sempre più intenso e la sostenibilità. Ilgrande uso di fertilizzanti e pesticidi riduce dinuovo e notevolmente il reddito dei coltivatori. Siaffaccia un altro quesito, su come sia possibile rag-giungere un equilibrio ottimale tra intensificazio-

Nella regione del Mekong i progressi compiuti nella produzio-ne del riso sono stati da sempre un passo decisivo versomigliori condizioni di vita. Ren Wang, vicedirettore dell’Istitutointernazionale di ricerca sul riso (IRRI), spiega in un colloquiocon Gabriela Neuhaus perché una migliore qualità di riso ed unincremento della produzione non siano tuttavia sufficienti adassicurare uno sviluppo sostenibile all’intera regione.

Riso – il cardine dello sviluppo

Ren Wang ha studiatobiologia presso la facoltàdi agricoltura dell’Univer-sità cinese di Shanxi, spe-cializzandosi poi in tecni-che di difesa delle colture.Ha poi operato fra l’altropresso l’AccademiaCinese di ricerche agrariee, nel 1991, ha ricevutoun’importante distinzioneper le sue «straordinarieprestazioni tese allamodernizzazione dellaCina». Dal 1993 al 1995Ren Wang è stato vicedi-rettore presso l’Internatio-nal Institute of BiologicalControl CAB in Inghilterra;dal 1995 al ’99 ha rico-perto la carica di vicepresi-dente della cineseAcademy of AgriculturalSciences. Dal 2000, RenWang è vicedirettore gene-rale per la ricerca in senoall’IRRI. I suoi ambiti spe-cialistici sono la gestionedella ricerca, entomologia,controlli biologici e tecni-che di difesa delle colture.

And

rea

Art

z /

laif

Alla ricerca di nuove fonti di reddito...

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 15

ne e sostenibilità. Negli ultimi anni l’IRRI, con ilsostegno della DSC, ha dato il via ad una campa-gna che ha lo scopo di ridurre l’impiego di pesti-cidi (vedi nota a margine). Un’iniziativa ora ripre-sa e conseguentemente ampliata dal governo viet-namita.

Quali prospettive vede per questa regionefortemente caratterizzata dalla coltivazionedel riso? Chi ne trarrà giovamento? Il governo vietnamita cerca nuovi modi per incre-mentare il reddito dei piccoli agricoltori e favori-re lo sviluppo delle campagne. Il ministro dell’a-gricoltura ha recentemente visitato Cina, StatiUniti e Brasile ed ha avuto occasione di conosce-re nuove tecnologie.Tuttavia, queste sono basate susistemi molto tecnicizzati. Secondo me, una cosid-detta agricoltura vietnamita moderna dovrebbenecessariamente prendere le mosse dal produttoree tenere in considerazione il suo benessere.Bisognerebbe chiedersi cosa può aiutare il conta-dino, cosa può portarlo un gradino più in alto. Intale prospettiva, dovremo considerare la produzio-ne di riso della regione del Mekong come fosse unsistema unitario. Non si può considerare soltanto ilriso, bensì anche gli altri prodotti agricoli e l’alle-vamento del bestiame. La produzione agricola el’allevamento da soli non sono tuttavia sufficienti.Sono infatti necessarie strutture di trasformazionee catene di produzione. Si dovrà inoltre tenerconto dei rischi di gestione, di un sistema di pic-colo credito per contadini, dell’organizzazione e ditutto ciò che può contribuire a migliorare la situa-

zione dei contadini. Questo è ciò che intendoquando faccio riferimento ad un moderno sistemadi produzione del riso o ad uno sviluppo futurodelle campagne. Due traguardi dai quali siamoancora molto lontani.

Lei intende integrare i contadini nell’econo-mia di mercato. L’evoluzione va verso untipo di mercato regionale o globale?Prendiamo l’esempio del Vietnam. È lo Stato acommercializzare il riso, riservando poca attenzio-ne ai produttori. Penso che in futuro questi agri-coltori si indirizzeranno dapprima verso il merca-to nazionale, producendo ad esempio ortaggi perla città di Ho Chi Minh. Poi, si terrà naturalmen-te anche conto dei mercati regionali, e dell’ap-provvigionamento di grandi centri come Bangkok.Ai governi risulta oggi chiaro che il loro compitoè quello di mettere a disposizione dei piccoli con-tadini tecnologie e informazioni che consentanoloro un diretto accesso al mercato. Si tratta di unlungo cammino, ed io vedo molte possibilità d’a-zione per istituzioni come la nostra. Ad esempio,l’IRRI sta cercando di realizzare per i paesi delMekong una rete per la lavorazione dei raccolti,una struttura tesa a connettere contadini, piccoliimprenditori, associazioni ed ONG. Il nostro obiet-tivo resta quello di aiutare i contadini a trovarel’accesso al mercato. ■

(Tradotto dal tedesco)

Mekong

Riduzione dell’uso dipesticidi Il delta del Mekong è, frale regioni di coltivazionedel riso, una delle piùintensamente sfruttate almondo. Con conseguentieffetti negativi: nel 1994 un gruppo di ricercatoridell’IRRI constatò chemolti contadini, già nellafase iniziale di sviluppodelle piantine di riso,utilizzano quantitàesagerate di insetticida,cosa questa che finisceper danneggiare nonsoltanto il riso, bensìanche i terreni e la salutedell’uomo. Grazie ad unavasta campagna infor-mativa, nei successivi 8anni si è potuto ridurre del53 % l’uso di insetticidi,facendo ottenere alProgetto 2002 la distin-zione di qualità vietnamitaGolden Rice Award.

And

rea

Art

z /

laif

...perché il riso da solo non basta (sopra: produzione di pasta di riso)

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200316

Johnnie Walker assume il ruolo di maître. L’ospiteche questo estimatore del whisky dal passo decisosi appresta ad accogliere dalla Tailandia attraversa il«ponte dell’amicizia » sul Mekong – in laotiano«Mitaphap». Su cartelli pubblicitari annuncia conun’aria sobria apertura al mondo, e invita a unavisita nel duty free per scegliere fra un vasto nume-ro di bevande alcoliche internazionali prima diincontrare la Repubblica democratica popolare delLaos e la sua gente.Nulla ha accelerato l’apertura economico-politicadel paese socialista in modo tanto simbolico e gra-vido di conseguenze come questo primo pontecostruito sul Mekong. Tra la stazione di frontieratailandese e quella laotiana, il ponte attraversa ilMekong su 2,4 chilometri. L’inaugurazione delponte, avvenuta nel 1994, non ha solo messo fine

La Repubblica democratica del Laos gioca un ruolo di se-condo piano nella politica dell’Asia meridionale. Lo Stato sulMekong è alla ricerca di un’identità nazionale. Incalzato, favorito, influenzato dai vicini Cina, Vietnam, Cambogia e Tailandia vive le conseguenze della globalizzazione. DiRüdiger Siebert*.

Tra Marx e Money

OR

IZ

ZO

NT

I

all’isolamento del Laos, ma ha altresì modificato lacartina dell’Asia meridionale. Il ponte funge infat-ti da fulcro e piattaforma di una rete di traffico cheda Singapore attraverso la Malesia e Bangkokgiunge fino in Cina e in Vietnam, e che è incostante evoluzione. Con l’apertura di questaporta, e con gli inarrestabili influssi politici, il Laosufficiale si è risvegliato bruscamente da una sortadi profondo sonno socialista.

Apertura a malavoglia Alla stazione di frontiera, la bandiera rossa con lafalce e il martello e la bandiera nazionale rossa, blue bianca sventolano armoniosamente l’una accan-to all’altra. Il visitatore è accolto da mille contrad-dizioni in un paese nel pieno di un interessanteprocesso di riorientamento. Gli ideali comunisti,

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 17

Laos

Jack

Pic

one

/ N

etw

ork

/ Lo

okat

(2)

mai affermati nel Laos con la stessa coerenza delVietnam o della Cina, sono oramai traballanti. Lepromesse consumistiche impregnate di occidenta-lismo e la seduzione di una presunta società liberaportata sugli schermi laotiani dalle emittenti tai-landesi, sono da tempo una sfida per le vecchiesquadre di signori del politburo nella capitaleVientiane.Stato dell’interno, da secoli il Laos è influenzatodai vicini e costretto a convivere con loro più omeno pacificamente. Il disperato tentativo di rima-nere uno Stato neutrale si sgretolò sotto le bombeamericane, gettando il Laos in balia delle potenzecoinvolte nel vecchio conflitto tra Est ed Ovest. Leconseguenze della «guerra segreta», il conflittodegli anni sessanta mai ufficialmente dichiarato,sono una bomba inesplosa nel senso proprio deltermine: proiettili inesplosi, mine, bombe ritrovateovunque nel Paese. Quando, a metà degli anniSettanta, gli americani furono costretti a ritirarsidall’ex Indocina, s’imposero i comunisti del PathetLao e i loro compagni e fratelli d’arma vietnamiti.Dopo il crollo del mondo comunista, il Laos comeil Vietnam dovette cercare nuovi partner. Nel 1986 la «New Economic Mechanism (NEM)»avviò una prima, prudente apertura verso la poli-tica di mercato, più realizzata di malanimo che effi-cace. Stato multiculturale da secoli soggiogato dallenazioni vicine, il Laos è sempre stato in conflittocon la sua identità culturale. La ricerca di una pro-pria autonomia è divenuta ancora più difficile con

l’avvento della globalizzazione, con la dipendenzadalle piazze finanziarie internazionali e con imedia di massa transfrontalieri. Il Paese partecipada tempo ad uno sviluppo sovraregionale.

Le dighe, fonti di divise Lo stretto legame con il Vietnam risale ai tempidella guerra contro gli americani e influisce inmodo determinante sui rapporti politici nel Laos.Per il potente vicino a nord, la Repubblica popo-lare cinese, il Laos rappresenta un mercato apertoai suoi prodotti a buon mercato di fabbricazione dimassa. Dall’altra parte, il fratello maggiore pocoamato, la Tailandia – dove a seguito delle frontierecoloniali vivono più laotiani che nello stesso Laos– domina l’economia quale investitore, partnercommerciale e grosso acquirente dell’energia elet-trica prodotta dalle centrali idroelettriche.Le tre principali voci del bilancio dello Stato sonol’esportazione di legname, di energia elettrica e diprodotti tessili. L’elettricità costituisce due terzicirca delle entrate di divise. Ciò spiega perché ilGoverno disdegni ogni critica pubblica alla costru-zione e ai progetti di dighe. Gli sbarramenti idroe-lettrici sono considerati la fonte più lucrativa dienergia e di divise che consentirà al Paese di solle-varsi. Pur disponendo di una quota del bacino delMekong (Mekong River Basin) di appena il 26 percento, il Laos può contare sul suo territorio sull’81per cento del potenziale idroelettrico lungo i mag-giori affluenti del Mekong.

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200318

L’oggetto della vitaquotidiana Aiuole di bombeIn tutto il Paese si puòammirare l’abilità con cui ilpopolo laotiano riesce atrasformare di tutto. Daspade nascono vomeri. Ibossoli di cartucce soprav-vivono alla guerra ormaiterminata da tempo sottoforma di portachiavi. Minedisinnescate si trasformanoin portacandele. La metàdelle ex «bombies» – quellesfere di metallo delledimensioni di un pugno lecui schegge avevano effetticosì dilanianti – funge ora-mai da posacenere.Vecchie Cluster BombUnits (CBU) trovano unimpiego particolarmentepratico. Chiamate bombemadri, nello slang dei sol-dati americani anchebombe utero, lunghe unmetro e mezzo, al lancio siaprivano a metà sputandodal ventre d’acciaio 150piccole bombe; scoppian-do, ognuna di esse scaglia-va 250 proiettili d’acciaio intutte le direzioni. Oggi s’in-contrano ancora spesso ledue metà di queste bombemadri – sotto forma di vasiper piante, riempiti di terra,collocati su due paletti dilegno e utilizzati a mo’ diaiuola. Dalle bombe cre-scono cipolle, spezie, fiori.Prospera il rugginoso ferroche in passato recavamorte.

La centrale idroelettrica di Nam Ngum, inaugura-ta nel 1971, è considerata oggi la maggiore impre-sa industriale del Paese. Il Nam Ngum è unaffluente del Mekong. Le conseguenze ecologichesono da tempo catastrofiche. Lungo tutto il fiume,la diminuzione delle riserve ittiche ha causato iltracollo della pesca. Il disboscamento delle forestelaotiane è un fiasco nazionale. Che già oltre lametà della superficie boschiva sia oramai distruttao la quota sia ancora superiore al 40 per cento per-mane un segreto di Stato.

L’opinione della popolazione non interessaLa costruzione di dighe – se mai saranno costrui-te, dove, in che numero e in quali dimensioni –determinerà in larga misura l’avvenire del Laos.Attualmente sussistono progetti per 60 sbarramen-ti, 20 sono allo stadio di dichiarazioni d’intenti.In un contesto del genere, mantenere un equili-brio ragionevole tra economia ed ecologia si rive-la un’enorme sfida per i politici e i loro consulen-ti – e per la loro disponibilità ad ammettere unprocesso decisionale partecipativo che coinvolgatutti i cittadini implicati. Finora non se ne parlanemmeno.Per la maggior parte della popolazione, costretta avivere in completa autosufficienza – l’80 percentoin regioni rurali in parte quasi totalmente inacces-sibili –, la politica della centrale del potere aVientiane è molto distante. La loro opinione nonè ufficialmente richiesta, la loro esperienza di vitaè irrilevante. Il partito unico LPRP (Partitolopopolare rivoluzionario laotiano) dirige tutti gliambiti pubblici. I pochi giornali sono organi diGoverno, così come la televisione e la radio. Leorganizzazioni non governative laotiane non sonoammesse. Non esiste la libertà di riunione o di

espressione in organizzazioni estranee all’apparatogovernativo o del partito. I gruppi d’opposizionesono perseguitati.Non vi è nessuna discussione ufficiale su temi esi-stenziali: il disboscamento, il ruolo dell’esercito nelcommercio del legname e in altri affari lucrosi, letensioni in seno al Governo centrale e il potereassoluto dei politici regionali, lo sfruttamento dellerisorse minerarie, la costruzione di dighe a discapi-to dell’ambiente. Ma con l’apertura economica si èinnescato un processo irreversibile che, per l’ap-punto, non fa confluire nel paese unicamentedenaro e beni ma anche pensieri che nessuna cen-sura e né guardia di frontiera può controllare. SulMekong si costruiscono altri ponti. ■

(Tradotto dal tedesco)

* Rüdiger Siebert conosce il Sudest asiatico da oltre tren-t’anni di viaggi e incontri; è autore di numerosi libri sullaregione (fra cui «Laos - Aufbruch am Mekong», 2002,Horlemann-Verlag, Unkel/Rhein/D)

Jean

-Léo

Dug

ast

/ P

anos

/ S

trat

es

Jorg

en S

chyt

te /

Stil

l Pic

ture

s

Jorg

en S

chyt

te /

Stil

l Pic

ture

s

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 19

(bf) Il programma nazionale della DSC per il Laosè parte integrante, con quello cambogiano e viet-namita, del Programma regionale per il Mekong.La Svizzera è impegnata nel Laos sin dagli inizidegli anni Novanta; il budget 2003 ammonta aquattro milioni di franchi. I progetti mirano inprimo luogo a rafforzare le organizzazioni e le isti-tuzioni locali, si collocano in un contesto agricoloe promuovono soprattutto lo sviluppo nell’altopia-no.

Ricerca e formazione all’IRRI: in collabora-zione con l’Istituto internazionale di ricerca sulriso IRRI e l’Istituto nazionale di ricerca agricolae silvicola viene appoggiata la creazione di un pro-gramma di ricerca e di formazione teso a miglio-rare le qualità di riso e i metodi di produzione.

Biodiversità e varietà di riso: l’obiettivo diquesto progetto è identificare e documentare i tipidi riso presenti nel Laos coltivati tradizionalmente

dai differenti gruppi etnici – un prezioso contri-buto alla conservazione sul lungo termine delladiversità delle qualità di riso.

Consulenza agraria: il Governo laotiano èappoggiato nell’istituzione di un sistema di consu-lenza agraria su misura delle esigenze dei contadi-ni e decentralizzato. Questo programma prevedesia lo sviluppo di metodi di consulenza appropria-ti, sia la formazione dei consulenti a tutti i livelli.

Sviluppo di imprese agricole: nell’altopiano,dove le condizioni di produzione sono estrema-mente difficili (povertà, erosione, problemi d’irri-gazione) e le persone poverissime, si sostengonoaziende agricole attraverso una consulenza sumetodi di produzione e di commercializzazione, alfine di accrescere il valore dei prodotti agricoli e dimigliorare il reddito delle famiglie.

Cifre e fatti

Nome Repubblica democraticapopolare del Laos

Capitale Vientiane (550’000 abitanti)

Popolazione 5,1 milioni di abitanti - oltrela metà sotto i 20 anni

Superficie 236’800 km2

Moneta kip

Etnie 60% lao loum (etnia mag-gioritaria di laotiani delbassopiano) 27% lao theung (popolimon khmer dei pendiimontani) 13% lao soung (gruppisino-tibetani dell’altopiano) Ufficialmente si distinguo-no 47 etnie

Lingue Lao (strettamente impa-rentato con il thai),minoranze etniche concinque differenti famiglieidiomatiche, il franceseperde vieppiù d’importan-za, l’inglese è assurto aprincipale lingua straniera

Prodotti d’esportazione Legname, energia elettricaprodotta dalle centrali idro-elettriche lungo il Mekong,tessili, calce e gesso, caffè

Il Laos e la Svizzera Ecologia in primo piano

Laos

Cenni storici

I-VI sec. Il regno indù di Funan obbliga i Principati del medio Mekong a versare dei tributi.

VI-VIII sec. Il regno di Chenla, il cui centro del potere èsituato sul delta del Mekong, domina Champasak con iltempio di Wat Phu nell’attuale Laos meridionale.

VIII-XIII sec. La maggior parte della penisola sudest asia-tica, Laos incluso, è dominata dal regno di Angkor, l’attualeCambogia.

1351-1438 Il Principe Fa Ngum (1353-1373), educato allacorte di Angkor, unisce i Principati dei popoli tai immigra-ti e della popolazione indigena austro-asiatica del Mekongcreando il regno di Lane Xang («Un milione di elefanti»)con sede nell’attuale Luang Prabang. Il Lane Xang si espan-de con diverse guerre e vive 350 anni di prosperità.

1638-1695 Sotto il regno di Re Suligna Vongsa il Laos viveil suo «periodo d’oro»; alla sua morte, lo Stato decade neiregni parziali di Luang Prabang, Vientiane e Champasak,costantemente minacciati dai potenti vicini Siam/Tailan-dia,Vietnam e Burma.

XVIII-IXX sec. Annessione al Siam, che soggioga il Laose scende a patti con Parigi. La Francia sottomette il territo-rio ad est del Mekong, e nel 1893 fissa il fiume quale fron-tiera tra l’Indocina francese e il Siam. Il Laos diviene pro-tettorato francese.

1945-1961 Nel 1945 il Principe Phetsarat dichiara l’indi-pendenza. Seguono anni di lotta contro i francesi e di guer-

re intestine tra gruppi rivali. Nel 1954 i francesi sono scon-fitti a Dien Bien Phu (Vietnam). Il Laos scivola nel conflit-to tra Est e Ovest.

1961-1973 La Conferenza sull’Indocina di Ginevra ribadi-sce la neutralità e l’indipendenza del Laos. L’instabilità èaccentuata dai vari governi di coalizione comunisti, monar-chici e neutrali. Il Laos diviene teatro di un conflitto paral-lelo alla guerra del Vietnam.

1975 Gli americani abbandonano la regione. Accordi dipace per Vietnam, Cambogia e Laos. Il Pathet Lao comuni-sta prende il potere a Vientiane.

1986 Durante il quarto Congresso del Partito viene adot-tata la riforma economica NEM (New EconomicMechanism) che prevede l’introduzione dell’economia dimercato. Il partito comunista mantiene il monopolio delpotere.

1994 Inaugurazione del primo ponte sul Mekong tra laTailandia e il Laos e apertura del Paese, in passato larga-mente isolato, al turismo e agli investitori occidentali.

1997 Il Laos diviene il decimo membro della Comunitàdegli Stati ASEAN.

2000 Inaugurazione a Paksé del secondo ponte sulMekong.

2001 Il settimo Congresso del Partito ribadisce il potere diPartito ed esercito.

Vietnam

Cina

Maynmar

Cambogia

Tailandia

Vientiane

Laos

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200320

Viengxai Photakoon ènato nel 1964 a HartKanxa, un villaggio su un’isola nel fiume Mekong,situato a una quindicina di chilometri a valle diVientiane, la capitale delLaos. È direttore supplentedel Centro di consulenzaper l’allevamento e lapesca di Nong Teng.Questo centro fa parte delServizio nazionale di divul-gazione agricola e foresta-le (NAFES).

Ritorno all’isola

Una voce dal... Laos

Provengo da un villaggio molto speciale chiamatoHart Kanxa. In laotiano «hart» significa isola o par-cella di terreno nel Mekong. Ogni anno, durante lastagione delle piogge, il Mekong inonda l’area checirconda il nostro villaggio separandoci dalle rive.In passato, per raggiungere la grande scuola o imercati ci spostavamo con piccole imbarcazioni.Da giovani, per recarci a scuola dovevamo remareper un chilometro e mezzo, e quindi camminareper altri tre. Quando il vento era forte, la barca tal-volta si capovolgeva, facendoci finire in acqua, allo-ra cercavamo di salvare i libri issandoli sopra latesta!

I miei genitori erano semplici contadini. Poiché ilnostro villaggio non era proprio piccolo (200 fami-glie) ed era situato su un’isola nel fiume, non ave-vamo risaie e potevamo praticare solo colture dacampo come il tabacco, la canna da zucchero, ilmais, i chili e gli ortaggi. Della ventina di bambinicon i quali andavo a scuola ero l’unico ansioso diproseguire gli studi. Prima del 1975 nel nostro vil-laggio si registravano spesso dei conflitti e la gentefiniva talvolta in prigione ingiustamente. Io pensa-vo che se fossi diventato avvocato avrei potutodifenderli.

Erano tempi duri per produrre cibo e tutti lavora-vamo sodo. Ma mio padre diceva che se non avessicontinuato a studiare la mia vita sarebbe stata altret-tanto dura della sua. Perciò, a 15 anni, lasciai il vil-laggio e andai come interno in un liceo sussidiatodal governo. Ciò mi consentì di aiutare i miei poi-

ché dopo la scuola potevo fare il facchino per icommercianti attivi nell’area d’attracco del traghet-to e riuscivo a inviare denaro a casa affinché potes-sero comperare del riso.

Fu allora che la mia vita iniziò a cambiare. Venniscelto per studiare il russo all’Università diDongdok e fu lì che mi resi conto che desideravostudiare agraria… dopotutto ero il figlio di un con-tadino! Iniziai a lavorare presso il centro di ricercheagronomiche Hatdokkeo, ma ciò era ben diversoche lavorare in fattoria, cosicché incominciai a pen-sare che mi sarebbe piaciuto diventare ricercatorein agronomia e fare esperimenti. Infine mi fu offer-ta la possibilità di studiare in Unione sovietica, mazootecnica e non agronomia. E così, provenendodall’isola di Hart Kanxa, finii per andare a studiarea Tashkent (Uzbekistan) e Kharkov (Ucraina) perquasi 6 anni.

Quando rientrai in Laos nel 1991 lavorai comericercatore presso il Centro di ricerche zootecnicheNam Suang, tenendo alcuni corsi presso l’Istitutoagrario di Nabong. Nel 1994 fui sollecitato adaccompagnare un progetto di sviluppo del bestiame,il quale mi consentì di lavorare a diretto contattocon gli allevatori. Questo mi soddisfò ben più dellemie precedenti occupazioni. Da allora mi sonooccupato sempre più di progetti di divulgazione.Ora lavoro presso il Centro di consulenza per l’alle-vamento e la pesca di Nong Teng e collaboro con ilprogetto dei sistemi foraggieri e zootecnici Lao-CIAT, sussidiato da AusAID, nell’ambito del qualesviluppiamo metodi divulgativi in campo foraggie-ro per le regioni dell’altopiano. Presto prenderàavvio un nuovo progetto di ricerca sui metodi didivulgazione, e io ne sarò il coordinatore nazionale.

Ora sono rientrato con mia moglie e tre figli a HartKanxa per vivere vicino ai miei genitori, ma ancheper verificare se potessi valorizzare la mia esperien-za e le mie conoscenze aiutando a migliorare lecondizioni di vita nel mio villaggio. Sto lavorandocon i giovani per far loro capire che una formazio-ne e il miglioramento della produzione agricola ezootecnica nel villaggio possono aiutarli a miglio-rare la loro vita. Mio padre ha ora superato i set-tant’anni ed è un anziano rispettato nel villaggio. Ilfiume continua a straripare ogni anno, e anche oggidevo talvolta attraversare le sue acque per recarmial lavoro. Ci sono luoghi in cui la vita è più facile,ma qui sono a casa mia e ci voglio rimanere. ■

(Tradotto dall’inglese)

Jorg

en S

chyt

te /

Stil

l Pic

ture

s

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 21

Il reddito pro capite è notoriamente uno dei para-metri più accettati per confrontare lo stato di svi-luppo di vari paesi. Ora vi sono Stati che, oltre aprogredire in termini di sviluppo, cambiano ancheil loro sistema politico e vogliono ristrutturare l’e-conomia secondo i principi del mercato. Si trattadi profondi cambiamenti in un breve lasso ditempo.

Nel novero di questi paesi rientra anche ilVietnam. Agli iniziali affrettati tentativi di conce-dere maggiore spazio all’economia e attirare inve-stimenti esteri ha fatto seguito la disillusione. Così,perlomeno, si presentava la situazione all’osservato-re straniero.

Il Vietnam sembra però aver rapidamente impara-to ciò che, all’inizio degli anni Novanta, aveva cau-sato problemi in alcuni paesi dell’Est. Lì il crollodel vecchio sistema politico aveva assicurato allapopolazione più diritti, ma al prezzo di pesanticonseguenze: gli introiti dello Stato non tennero ilpasso e non permisero di erogare ai cittadini leprestazioni concesse in precedenza; la ripresa eco-nomica si rivelò carente; il divario fra ricchi epoveri si allargò fortemente; la rete della sicurezzasociale e l’accesso alle prestazioni sanitarie ed edu-cative di base andarono persi senza garanzia per lasicurezza interna e senza che fosse pronto un siste-ma sostitutivo; la violenza privatizzata contendeagli Stati il monopolio della violenza; vari Statisono ancora lungi dall’aver riportato la loro forzaeconomica pro capite ai livelli del 1990. In breve:un crescente numero di cittadini non riesce a farvalere il proprio diritto al «dividendo di democra-tizzazione e transizione» per condurre una vitamigliore.

Il Vietnam ha percorso un’altra strada, simile aquella del modello cinese. In breve: non ha lascia-

to sgretolare la rete della sicurezza sociale e delleprestazioni di base garantite ai suoi cittadini.L’economia ha beneficiato gradualmente dei mag-giori spazi d’azione creati da una politica liberale.Il governo ha rigorosamente vigilato sulla sicurez-za interna e cambia il sistema solo progressivamen-te.

Il Vietnam cerca di progredire verso lo sviluppomediante una liberalizzazione dosata e un lentocambiamento di sistema, garantendo prestazionisociali minime. Esso ha manifestamente ricono-sciuto il pericolo e sa che occorre evitare lo sface-lo del capitale sociale se il cambiamento di sistemae lo sviluppo devono produrre risultati sostenibili.

Molte strade portano alla meta. La premessa pergiungervi è però che le condizioni politicheammettano la creazione di un contesto legislativosufficientemente sicuro da consentire uno svilup-po economico.

Ma a lungo termine anche uno sviluppo econo-mico positivo dipende da una società funzionantee da un accumulo di capitale sociale. Il «dividendodi transizione» non deve essere riservato a pochi.Al contrario, è importante che a fruire del nuovobenessere siano possibilmente in molti. ■

(Tradotto dal tedesco)

Walter Fust Direttore della DSC

Transizione vincente

Opinione DSC

DS

C

Iris

Kre

bs

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200322

Il cinquantaseienne Hans Herren appartiene oggialla schiera dei più importanti ricercatori del mondoper quanto riguarda il campo della lotta antiparassi-taria biologica. Herren, figlio di un coltivatore valle-sano di tabacco, aveva trovato oltre vent’anni fa unpredatore naturale della cocciniglia, che a quell’epo-

ca aveva colpito in vaste aree dell’Africa la manioca,un importantissimo alimento di base. Egli avevainfatti scoperto in America latina un minuscoloicneumonide (vespa sudamericana) capace di elimi-nare rapidamente la cocciniglia. «I parassiti nondevono essere sterminati, occorre semplicemente

Trappole blu contro

Importanti riconosci-menti Hans R. Herren è stato ilprimo svizzero a essereinsignito per i suoi meritidel Premio mondiale perl’alimentazione. Nella lau-datio si afferma che haassicurato la sopravviven-za di milioni di africani.Nell’autunno del 2002 haottenuto a Zurigo il ricono-scimento della FondazioneDr. J. E. Brandenberger(inventore del cellofan),dotato di un ricco premio.E nel marzo di quest’annogli è stato conferito inCalifornia l’importantePremio Tyler per l’ambiente. M

ark

Edw

ards

/ S

till P

ictu

res

(2)

L’entomologo svizzero Hans R. Herren sta conducendo consuccesso una lotta contro i parassiti del mais e della manioca,impiegando insetti utili. Inoltre, presso l’Istituto internazionaledi entomologia ICIPE di Nairobi, sostenuto dalla DSC, ha svi-luppato approcci efficaci nella lotta contro gli insetti che veico-lano la malaria e la malattia del sonno. Di Stefan Hartmann.*

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 23

Progetti per la moscatse-tse Il direttore della DSCWalter Fust ha elogiatoespressamente l’approcciodell’ICIPE, durante la suavisita a Nairobi nello scorsomese di settembre. LaDSC contribuisce con 1,3milioni di franchi al budgetannuale di 16 milionidell’ICIPE. La DSC sostie-ne attualmente nella valleGhibe, nell’Etiopia meridio-nale, anche un progettodell’ICIPE per il controllodella mosca tse-tse. Essodovrebbe un giorno funge-re da esempio anche peraltri paesi. Oltre all’istruzio-ne dei contadini per laposa delle trappole, con-templa anche la formazio-ne di consulenti ambientali.

le mosche tse-tseOggi l’epidemia in vaste aree del continente non èsotto controllo. E pensare che all’inizio degli annisessanta si considerava debellata. «Le guerre, i profu-ghi e la miseria sociale annientano qualsiasi sforzo dicontrollare la malattia del sonno», spiega ThomasZeller della DSC. «Per una lotta efficace occorrereb-be garantire per dieci anni in tutti i paesi interessatidelle condizioni di stabilità».Ogni anno mezzo milione di africani vengono con-tagiati dagli agenti patogeni. Senza trattamento, cheè tuttora difficile e costoso, incombe la minacciadella morte. La malattia del sonno miete di anno inanno oltre 100'000 vittime (a titolo di confronto:malaria 1,5 milioni; aids 2,2 milioni).

Raggi gamma o trappole blu?L’arma principale impiegata dall’ICIPE nella crocia-ta contro questi «succhiatori di sangue» è costituitada trappole a forma di tenda, costituite di tele blu,con l’aggiunta di urina bovina come esca. Quandole mosche entrano nella trappola scura volano in altoverso la luce, dove finiscono per essere bruciate dalsole in una nassa bianca. «Il successo si ottiene solo sel’idea viene accettata e adottata dalle comunità neivillaggi», sottolinea Herren.Le trappole costano circa15 franchi il pezzo e ne occorrono quattro per chi-lometro quadrato. La loro efficacia ha potuto esseretestata con successo negli anni Novanta nell’Etiopiameridionale. In quel paese l’ICIPE era riuscito acontrollare la mosca tse-tse al 95 per cento in un’a-rea grande come la Svizzera.Sempre nella stessa regione, l’Agenzia internazionaleper l’energia atomica (IAEA) vuole ora combatterele rimanenti mosche tse-tse con l’aiuto di individuimaschili trattati ai raggi gamma e dunque sterili, rila-sciati dagli aerei. Dato che le femmine vengonofecondate una sola volta nella loro vita, il problemaparrebbe teoricamente risolto. L’IAEA adduce l’e-sempio dell’isola di Zanzibar che nel 1997, graziealla «Sterile Insect Technology (SIT)», è stata liberatadalla mosca tse-tse. Gli specialisti ritengono tuttaviache una reinvasione possa avvenire in qualsiasimomento. Reto Brun dell’Istituto tropicale svizzerocon sede a Basilea rileva inoltre che l’isola rappre-senta un caso ideale, data la presenza di una sola delle23 specie di mosche tse-tse. Ogni specie esige tutta-via modalità specifiche di lotta. Se ora, come è il casoin Etiopia, in una stessa area sono diffuse cinque o seispecie, i costi diventerebbero improponibili, fa nota-re Brun. Inoltre, in poco tempo nuove mosche tse-tse potrebbero trovare la strada verso quell’area. ■

(Tradotto dal tedesco)

* Stefan Hartmann è giornalista freelance presso ilPresseladen a Zurigo.

controllarne la popolazione tramite i loro antagoni-sti naturali».Con l’icneumonide era riuscito anche a combatterela dannosa piralide del mais. Herren aveva inoltreosservato che il parassita viene scacciato dal profumodella leguminosa Desmodium quando la si pianta trai filari di mais.La presenza di un’altra pianta attira nelcontempo il parassita verso i bordi del campo, doveviene trattenuto dalle appiccicose foglie di un’erba, ilnapier.Questo metodo, detto push-pull, riduce in modoconsistente le perdite del raccolto. Oggi viene diffu-so fra i contadini del Kenya dai divulgatori ecologi-ci formati presso l’Istituto internazionale di entomo-logia ICIPE di Nairobi. Herren dirige l’ICIPE dal1994.

100'000 vittime l’annoHerren spera in un simile effetto anche per quantoriguarda i suoi metodi contro i vettori della malariae della malattia del sonno. Insieme all’aids queste epi-demie costituiscono i principali ostacoli allo svilup-po dell’Africa. Herren ha ritenuto importanti dueinterrogativi: sapere come si propagano le zanzareanofeli e le mosche tse-tse, e sapere in quale ambien-te prosperano. «Da 100 anni sappiamo che l’anofeleveicola il plasmodio della malaria, ma nessuno hamai studiato nei particolari il comportamento diquesta zanzara».Herren ha per esempio constatato che le zanzaredepositano le uova nelle pozze d’acqua stagnantedelle cave di argilla e ha identificato un altro vivaiodi anofeli nelle cavità degli alberi dove si raccogliedell’acqua. In entrambi i casi le zanzare si lascianocombattere con l’estratto naturale di un albero moltodiffuso, il neem.Nel caso della malattia del sonno, sono le moschetse-tse a trasmettere i tripanosomi mentre succhianoil sangue. Questi organismi penetrano nel sistemanervoso e nel cervello della vittima, che entra in unostato di confusione psichica, si indebolisce, perde laconoscenza e – a distanza di anni – muore.

Le trappole vengono trattate con sostanze atte adattirare le mosche

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200324

(mr) Sekou ha quattordici anni e nella sua vita havissuto cose che non gli daranno mai più pace. Aundici anni era stato sequestrato insieme alla sorel-la da un gruppo di ribelli. Per due anni fu costret-to a combattere nella regione di Lofa per le forzedel LURD (Liberians United for Reconciliationand Democracy). Poi riuscì a fuggire ed arrivò inSierra Leone, dove fu internato insieme a soldatiadulti nel campo di Mapeh. Gli ex combattentinon possono richiedere subito l’asilo. Prima devo-no sottoporsi ad un periodo di demobilizzazionein un campo d’internamento.Per i bambini soldato la situazione è invece diver-sa, essi hanno infatti il diritto di essere trattati comerifugiati civili. Sekou da alcuni mesi sta tentando diinserirsi nella vita quotidiana del campo profughidi Jimmi Bagbo.Traumatizzato da episodi vissuti inguerra, stenta però a integrarsi. «L’ultima volta chesono andata a trovarlo, aveva passato la notte alposto di polizia perché aveva picchiato una bambi-na con un bastone», dice Doris Mauron che lavo-ra in qualità di Child Protection Officer pressol’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per iRifugiati (UNHCR).

Ritornare a scuola«La pressione psicologica subita dai bambini solda-to è enorme. La separazione dai genitori o addirit-tura la perdita di genitori e amici, ma anche i ter-ribili episodi vissuti in guerra, talvolta eseguitidagli stessi bambini, possono creare profondi trau-mi. È dunque molto importante che nei campiprofughi ricevano un’adeguata assistenza psico-sociale», spiega Doris Mauron, l’esperta che laDSC ha messo a disposizione dell’UNHCR.Nel sud della Sierra Leone l’UNHCR gestisceotto campi profughi che ospitano complessiva-mente 53'282 rifugiati liberiani. I bambini soldatoe altri bambini senza genitori e parenti vengonosostenuti tramite appositi programmi. La scuolaoppure l’apprendimento di un mestiere sono ele-menti portanti della loro integrazione. Negli appo-siti club per ragazzi o per ragazze, questi giovaniimparano ad esprimere le proprie opinioni ed aintraprendere proprie attività.A seconda della loroetà vengono ospitati da famiglie oppure vivono indue in una capanna. Nella loro difficile strada versoun vita normale sono accompagnati da assistentisociali liberiani e della Sierra Leone che li vistanoquotidianamente. ■

Un fenomeno moltodiffusoSecondo l’UNICEF, nelloscorso decennio, oltre 2milioni di bambini sonomorti a causa di conflittiarmati e oltre 6 milionihanno riportato ferite ohandicap fisici permanenti.Sempre secondo l’Agenziadelle Nazioni Unite, i bam-bini soldato sarebbero ben300'000. Per definizione sitratta di ragazzi e ragazzeal di sotto di 18 annifacenti parte di gruppi mili-tari. Attualmente vi sonobambini soldato impegnatiin 36 conflitti, in qualità disoldati, corrieri o schiavidel sesso. Agli occhi deicomandati i bambini sol-dato valgono meno e ven-gono dunque utilizzati permissioni più rischiose inprima linea, per esempiocome sminatori o per pos-are mine.

Siti sui bambini soldato:www.unicef.orgwww.child-soldiers.orgwww.sierra-leone.orgwww. bambinisoldato.it

In guerra a undici anni

Ulu

tunc

ok /

laif

I bambini soldato sono un fenomeno diffuso in tutto il mondo.Rapiti dalle milizie e costretti ad arruolarsi, bambini e bambi-ne tra i dodici e i quattordici anni combattono in prima fila.Alla fine dei conflitti, la loro integrazione sociale risulta estre-mamente difficile, come dimostra la storia di Sekou, un exbambino soldato liberiano.

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 25

Incoraggiare e non punire (gjs) Il Consiglio federale hadeciso in aprile di modificarenelle relazioni con l’estero l’ap-plicazione della clausola dellacondizionalità. Nel 1999 avevainfatti dichiarato obbligatoriol’inserimento di tale clausola intutti gli accordi conclusi conpaesi terzi. Essa avrebbe consen-tito di sospendere la cooperazio-ne con un paese qualora que-st’ultimo non avesse rispettato iprincipi democratici, per esem-pio quelli inerenti ai dirittiumani. In virtù della clausolanon è finora tuttavia mai statosospeso nessun accordo.Alloscopo di migliorare la coerenza ela credibilità della sua politicaestera, il Consiglio federale haperciò deciso di sostituire ilcarattere limitativo, punitivo e

negativo della condizionalità conun modo di procedere positivo,nonché di gestire in futuro laclausola in modo più flessibile.Se questa fosse rifiutata da unpaese terzo si imboccherà dun-que una nuova strada e si inco-raggerà il dialogo politico, con loscopo di migliorare l’osservanzadei principi democratici.

Nuovo credito quadro (bbg) Il Consiglio federale halicenziato il 28 maggio all’atten-zione del Parlamento il«Messaggio concernente la con-tinuazione della cooperazionetecnica e dell’aiuto finanziario a favore dei Paesi in sviluppo2004-2007», tramite il quale sol-lecita, per la collaborazione dellaDSC con i paesi del Sud, un cre-dito quadro di 4,4 miliardi di

franchi per la durata di almeno 4anni. Questo importo rappresen-ta quasi i due terzi dell’aiutopubblico allo sviluppo. Il creditodeve consentire alla Svizzera direalizzare anche in futuro unacooperazione allo sviluppo pre-vedibile e pianificabile, impron-tata alla continuità, alla stabilità e alla qualità. L’impegno svizzerorientra nell’ambito degli sforziinternazionali volti a ridurre lapovertà. Il quadro di riferimentoè oggi fornito dagli obiettivi disviluppo del Millennio, i qualierano stati accettatati all’unani-mità dall’Assemblea generaledell’ONU nel settembre 2000.La DSC contribuisce al raggiun-gimento di questi obiettivi inter-nazionali cooperando a livellobilaterale con paesi partner scelti,nonché in ambito multilaterale.

Il Parlamento deciderà presumi-bilmente ancora quest’anno sulcredito quadro richiesto. Ilprimo dibattito è fissato per lasessione autunnale.Il «Messaggio concernente la conti-nuazione della cooperazione tecnica e dell’aiuto finanziario a favore deiPaesi in sviluppo 2004-2007 –Sintesi» è ottenibile presso: DSC,Media e comunicazione,tel. 031 322 44 12;[email protected] o tramite iltagliando d’ordinazione allegato.L’opuscolo è disponibile in italiano,tedesco e francese.

Dietro le quinte della DSC

(bf) Il Global Compact (patto mondiale) è un’iniziativa volutadalle Nazioni Unite per influenzare le strategie e il comporta-mento del settore privato – in particolare quello delle grandiimprese multinazionali –, allo scopo di promuovere una gestio-ne aziendale responsabile e attenta nei confronti dei dirittiumani, delle condizioni di lavoro e dell’ambiente. Il segretariogenerale dell’ONU Kofi Annan aveva lanciato il concetto nel1999, in occasione del Forum economico mondiale di Davos. Leimprese e le istituzioni (dalle università alle camere di commer-cio, passando per le organizzazioni per i diritti umani) che ade-riscono al Global Compact si attengono volontariamente a novedirettive sommariamente definite: esse si impegnano per esem-pio a non assumere bambini, a rispettare i diritti umani oppurea promuovere lo sviluppo e la diffusione di tecnologie rispetto-se dell’ambiente. L’ufficio del Global Compact a New York di-spone di tre strumenti per perseguire i suoi obiettivi: gli ufficinazionali del Global Compact, i forum d’apprendimento (lear-ning forums) organizzati mediamente due volte l’anno, nonché idialoghi sugli indirizzi politici (policy dialogues), volti a sosteneree stimolare le reti nazionali a sviluppare progetti (insieme ai paesiin via di sviluppo) oppure a trattare questioni specifiche (paesidell’OCSE). Le organizzazioni non governative giudicano inmodo critico il Global Compact perché è fondato sulla volonta-rietà, il tenore delle direttive è estremamente sommario e la loroosservanza risulta pertanto difficilmente controllabile.Alla fine del 2002 circa 700 ditte nel mondo avevano firmato il

Che cos’è... Global Compact?

Gid

eon

Men

del /

Net

wor

k /

Look

at

Global Compact, fra le quali anche alcune grandi imprese sviz-zere (fra l’altro ABB, Novartis, UBS, Serono). La Svizzera uffi-ciale è presente in seno al Global Compact a due livelli: cofi-nanziando dal 2001 al 2003 l’ufficio di New York e stipendian-do nella città americana anche uno specialista svizzero per le retidel Global Compact.

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200326

FO

RU

M

Le mani sull’oro blu

L’approvvigionamento d'acqua determina la loro vita: molte famiglie contadine percorrono ogni due giorni oltre 30 chilometri per arrivare al pozzodi Velingara nel nord-est del Senegal. Abbeverano il loro bestiame, riempiono le camere d’aria delle ruote dei camion con l’acqua per il loro fab-bisogno quotidiano e poi rientrano a piedi o con dei carretti trainati da asini nei loro villaggi.

Isole Caiman all’Olanda.Tra l’Olanda e la Boliviasussiste un accordo bilaterale sugli investimenti checonsente di intentare una causa dinanzi all’ICSID.Ma non è ancora detta l’ultima parola, affermaBruno Gurtner della Comunità di lavoro delleorganizzazioni umanitarie svizzere: «Nell’agostodell’anno scorso, numerose ONG di tutto ilmondo hanno esortato il Tribunale della BancaMondiale a rendere pubbliche le udienze – senzasuccesso: nel mese di febbraio di quest’annol’ICSID ha annunciato che continuerà a riunirsi aporte chiuse».

Affare miliardario La privatizzazione dell’approvvigionamento idricoa Cochabamba è un esempio eclatante della lottaper l’acqua quale bene pubblico. Una lotta in attoda tempo non solo nei paesi in via di sviluppo.Anche in Europa e addirittura in Svizzera, sull’on-da delle privatizzazioni delle aziende elettrichesono state convertite in società per azioni molteaziende di acqua potabile.Parallelamente, il fiorente mercato delle acqueminerali in bottiglia ha indotto Nestlé, Suez-Lyonnaise des Eaux,Vivendi-Générale des Eaux ed

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 27

Quando nell’ottobre del 1999 il gruppo industria-le Aguas del Tunari e le autorità boliviane si sedet-tero attorno a un tavolo per firmare un contrattodi quarant’anni per l’approvvigionamento idricodella terza città della Bolivia Cochabamba, le con-dizioni parevano ottimali per entrambe le parti. LoStato sudamericano aveva sempre avuto problemidi approvvigionamento idrico. Solo il 55 per centodella popolazione rurale e il 93 per cento dellapopolazione urbana ha accesso ad acqua potabilefresca. La Banca Mondiale auspicava inoltre datempo una privatizzazione, e Aguas del Tunarioffriva – almeno sulla carta – le migliori premesseper potenziare l’approvvigionamento idrico dellacittà. Secondo il contratto, la rete idrica urbanasarebbe stata riparata e ampliata, e si sarebbe svi-luppato un progetto di irrigazione agricola.Ma già dopo poche settimane il sogno dell’acquacorrente in casa era sfumato: per l’approvvigiona-mento gli abitanti di Cochabamba avrebberodovuto infatti spendere un quarto del loro redditomensile medio (60-100 dollari USA per famiglia).Immediatamente, si levarono prime grandi prote-ste contro il gruppo «americano».Aguas del Tunariappartiene alla britannica International Water Ltd,che a sua volta è controllata dal gruppo edile ame-ricano Bechtel Corp.

Richiesto risarcimento danni Cochabamba e così divenuta il simbolo della lottaalla privatizzazione dell’acqua. Alle proteste dellapopolazione boliviana, lo Stato reagì con l’eserci-to. L’8 aprile del 2000, il presidente Hugo Banzerdichiarava lo stato d’emergenza. Polizia e dimo-stranti si diedero a battaglie di strada che causaro-no centinaia di feriti. Dopo quattro giorni di resi-stenza, il governo di Banzer cedette, dichiarando larisoluzione del contratto con Aguas del Tunari.Ma recedere dal contratto si è rivelato molto piùcostoso del previsto. Il gruppo industriale hadenunciato lo Stato boliviano chiedendo un risar-cimento danni di 25 milioni di dollari per il man-cato guadagno.Aguas del Tunari deve la possibilitàdi intentare un processo dinanzi al «Centro inter-nazionale per la risoluzione delle controversie inmateria di investimenti ICSID» della BancaMondiale a un’astuzia commerciale: per prudenza,l’impresa aveva dapprima trasferito la sede dalle

A chi appartiene l’acqua? Si tratta di un bene pubblico oppu-re di un bene commercializzabile, un affare miliardario? L’oroblu è divenuto motivo di conflitto non solo fra Stati. L’acquasegna sempre più nitido il confine tra ricco e povero. Di MariaRoselli.

Conflitti per l’acqua La penuria d’acquapotrebbe causare conflittiin tutto il mondo. Più di300 fiumi attraversano dueo più paesi. Oltre 20 paesidipendono per lo più dallenazioni limitrofe per l’ap-provvigionamento idricodel loro paese. Regioni conflittuali: • bacino idrografico delNilo: secondo stime diWorldwatch, entro il 2050la popolazione di Etiopia,Egitto e Sudan passerà da150 a 340 milioni • Okavango: sfruttato daBotswana, Namibia eAngola • Giordano: sfruttato daIsraele, Palestina,Giordania e Siria • Eufrate: sfruttato daTurchia, Siria e Iraq

Sfruttamento eccessivo La rapida crescita dellapopolazione mondialepreme in modo massicciosulle riserve idriche mon-diali. Il problema non è l’acqua che uomini eanimali utilizzano per dis-setarsi; a pesare molto dipiù sul piatto della bilanciaè l’acqua vieppiù necessa-ria per irrigare le superficiagricole. Attualmente l’80per cento dell’acqua è uti-lizzato per l’agricoltura, espesso se ne consumauna quantità superiore aquella rinnovata dalle pre-cipitazioni. Già oggi il 10per cento delle superficicoltivate può essere irriga-to solo sfruttando ineccesso le riserve d’ac-qua. Ciò causa una dimi-nuzione delle riserve d’ac-qua freatica e l’inaridimen-to dei fiumi. Un esempioviene dalla Cina, dove nel1997 il Fiume Giallo nonha raggiunto il mare peroltre 200 giorni. P

eter

Stä

ger

(2)

altri gruppi multinazionali ad acquisire il control-lo sulle sorgenti. Anche a Bevaix, nel cantoneNeuchâtel, dove l’anno scorso Nestlé ha cercato diacquistare una sorgente. Ci sono voluti 120 ricor-si della popolazione per far sì che la multinaziona-le svizzera ritirasse la sua offerta.Attualmente, 1,1 miliardi di persone in tutto ilmondo non hanno accesso ad acqua potabile puli-ta, e 2,5 miliardi di persone non dispongono distrutture sanitarie. La Banca Mondiale valuta ilmercato globale dell’acqua ad oltre 180 miliardi dieuro l’anno. Benché solo una piccola fetta bene-stante della popolazione nei paesi in via di svilup-po possa permettersi dell’acqua in bottiglia, fra ifabbricanti regna un’atmosfera da febbre dell’oro:sui mercati asiatico e africano, dove l’attuale con-sumo pro capite si situa tra 0,5 e 1 litro di acquaall’anno, si prevede una crescita annua del 12 percento. Nestlé commercializza già oggi la marca«Pure Life» in dodici paesi in via di sviluppo. Entroil 2010 si dovranno fornire agli assetati 2,7 miliar-di di litri d’acqua.La privatizzazione dell’acqua è duramente com-battuta dalle ONG in tutto il mondo. «L’acqua èun bene pubblico e deve rimanerlo. L’approvvigio-namento sicuro della popolazione con acqua pota-bile pulita è un fattore esistenziale e fa parte deicompiti fondamentali dello Stato», affermaRosmarie Bär della Comunità di lavoro. Bär èdelusa dei risultati del terzo Forum mondiale del-l’acqua tenutosi a Kyoto nel mese di marzo. Il«diritto umano all’acqua» non è infatti stato iscrit-to nella Dichiarazione dei ministri.

Non paralizzare la piccola iniziativa pri-vataL’atteggiamento di Urs Heierli della sezioneLavoro e reddito della DSC è più pragmatico.Anche per lui «l’acqua deve rimanere un benepubblico». Ma in campagna la situazione è moltodifferente rispetto alla città. «In campagna non visono investitori privati interessati all’approvvigio-namento idrico – perché non è un affare. Si trattapiù che altro di consentire alle persone poverel’accesso ad acqua pulita. Perciò, l’iniziativa privatagioca un ruolo vieppiù importante», affermaHeierli.Nei paesi in via di sviluppo, attorno all’acqua il settore privato è molto dinamico: donne inBangladesh che sanno come riparare le pompe,venditori d’acqua in Africa che percorrono le stra-de con un carretto trainato da un asino, camioncisterna che forniscono acqua nelle città. Spessoquesto settore privato viene tuttavia penalizzatoperché considerato poco moderno o perché vi èun’incomprensione di fondo per il commerciointermedio.Ancora oggi, molte pompe a mano per attingerel’acqua sono acquistate centralmente e installatenei villaggi direttamente da servizi statali. Lepompe possono funzionare per qualche anno, maquando occorre un pezzo di ricambio non c’è nes-suno che ce l’abbia. Nessun commerciante tienepezzi di ricambio di cui venderà solo un pezzoogni tot anni. La situazione sarebbe diversa se lapompa venisse acquistata dal comerciante e gli siconsentisse di fare affari con la vendita e la manu-tenzione delle pompe, afferma Urs Heierli, eaggiunge: «Oggi si è consapevoli quanto siaimportante l’esistenza di catene redditizie di forni-tori, e si sta formulando una politica che consenti-rà di non paralizzare l’iniziativa privata».Nel Nicaragua la DSC sostiene da diversi anni unprogetto di fabbricazione, installazione e manuten-zione di pompe a mano, cosiddette rope pumps, tesoa stimolare il piccolo artigianato a fornire un nu-mero sempre maggiore di servizi nell’ambito del-l’acqua potabile e della sanità. In passato nel paesecentroamericano venivano installate differentipompe a mano, ma i prodotti leader del mercatoerano modelli esteri costosi. Negli anni Novanta,con il sostegno dello Stato un’impresa locale, laBombas De Mecate SA, ha migliorato e rilanciatosul mercato la pompa a mano tradizionale nicara-guense. Una storia di successi in ambito idrico chesi intende ora ripetere anche nel Ghana. ■

(Tradotto dal tedesco)

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200328

Acqua e povertàLa penuria d’acqua colpi-sce in primo luogo i paesipoveri. Laddove cibo,acqua potabile, alloggio eservizi sanitari non sonogarantiti, l’esistenza dellepersone è minacciata. Itimori esistenziali paralizza-no la gente ed impedisco-no ogni progresso – così,la povertà diventa un cir-colo vizioso. Una lotta effi-cace contro la povertà inambito idrico richiede lacombinazione di riforme einnovazioni a livello di tec-nologie, istituzioni e sistemidi gestione. L’economia dimercato può assumerefunzioni importanti, ma cheoccorre tuttavia completa-re con una conduzionesociale ed ecologica e conmisure di accompagna-mento. La DSC s’impegnaaffinché i diretti interessatipossano partecipare atti-vamente alla discussione eai processi di sviluppo –solo così è possibile unosviluppo autonomo. Dal pieghevole della DSC«Acqua e svilupponell’Anno internazionaledell’acqua»

Pet

er S

täge

r

29Un solo mondo n. 3 / Settembre2003

Pochi giorni fa, la dote, una dellebestie nere dell’India, è tornata aoccupare le prime pagine delletestate nazionali. Durante glianni Ottanta, i nostri quotidianidel mattino erano puntualmentepieni di macabri resoconti ditorture e di immolazioni dispose. Storie da incubo riguar-danti donne maltrattate e vendu-te come il bestiame. Genitoridistrutti nel tentativo di riscattarela felicità delle proprie figlie permezzo del denaro. Matrimonisacrificati sull’altare dell’avidità.Ma questa volta il copione eradeliziosamente diverso.L’11 maggio a Nuova Delhi,durante una sfarzosa cerimonianuziale, di fronte a migliaia diospiti in attesa, una sposa ventu-nenne ha chiamato con il cellu-lare la polizia per far arrestare losposo davanti all’altare, accusan-dolo di abusare della dote. Egliaveva infatti superato ogni limite.La famiglia di lei gli aveva giàregalato una vettura di lusso evari costosi apparecchi elettroni-ci. Ora egli chiedeva ancoranientemeno che 25'000 $ incontanti.La storia di Nisha Sharma èindice di come i media, i movi-menti delle donne e la globaliz-zazione hanno inciso sullo svi-luppo dell’India. Dieci anni fa,una giovane della classe mediacome Nisha si sarebbe vistaemarginare perché aveva mac-chiato l’onore della famiglia.Oggi è una star. I partiti le chie-dono di candidarsi.Varie orga-nizzazioni la omaggiano conriconoscimenti e premi in con-tanti. Inoltre viene sommersa daproposte di matrimonio, presen-tate da uomini ansiosi di sposareuna «giovane coraggiosa comelei».Nisha non rappresenta un casoisolato. Un’importante rivista hacercato di individuare altrevicende come la sua. In termininumerici sono risultate poche,ma i loro profili si sono rivelati

eccitanti. Operaie di fabbrica,avvocatesse, cucitrici, impiegate,ingegnere – donne di ogni con-dizione in tutto il paese – stava-no rompendo fidanzamenti ematrimoni disgustate dallerichieste di dote. Stavano trasci-nando le famiglie dei maritidavanti al giudice. E ciò conl’appoggio dei genitori. Le orga-nizzazioni femminili conferma-vano il trend. Le donne non sirassegnavano più a essere le vitti-me, bensì affermavano i lorodiritti. E la società le approvava.La storia ha inevitabilmente unrisvolto curioso. Prima del 1983il Codice penale indiano nonprevedeva disposizioni specifica-mente applicabili agli abusi e allaviolenza coniugali. Le pressioniesercitate dalle organizzazionifemministe hanno prodotto degliemendamenti significativi: lesezioni 304B, 406 e 498A delCodice penale indiano hannofatto sì che i reati inerenti alladote non beneficiassero del rila-scio su cauzione e hanno accol-lato l’onere della prova all’impu-tato.Tuttavia, le attuali modalitàdi implementazione di questedisposizioni hanno lasciato un’a-mara scia, fatta di delusioni, rab-

bia e risentimenti.Purtroppo, hanno creato purenuove vittime: mariti innocenti ei loro famigliari sono statidenunciati da donne senza scru-poli! Infatti, una sola settimanadopo la vicenda di Nisha, laCorte suprema di Delhi, doven-do pronunciare la sentenza in unaltro caso giudiziario, constatavache le leggi sulla dote stavanofavorendo abusi. I reati concer-nenti la dote, diceva la Corte,dovrebbero d’ora innanzi benefi-ciare del rilascio su cauzione eammettere un accordo extragiu-diziale in assenza di lesioni fisi-che gravi. «Avendo visto e speri-mentato l’applicazione di questeleggi per decenni», osservava ilgiudice, «è ora giunto il momen-to di farne un bilancio e sotto-porle a una revisione, poichésono migliaia i matrimoni sacri-ficati sull’altare di queste disposi-zioni».È dunque in corso un accanitodibattito.Azione positiva oppurestrumento di ricatto? Qual è ilvero volto delle leggi anti-dote?E di quale chirurgia correttivaabbisognano? ■

(Tradotto dall’inglese)

Soccorsa sull’altareCarta bianca

Shoma Chaudhury,trentunenne, vive a NuovaDelhi ed è critica letteraria peruna rivista indiana online. Inprecedenza ha realizzato deidocumentari per una retetelevisiva e lavorato comereporter, in particolare perOutlook e India Today, due deipiù rinomati giornali indiani.

Jonk

man

ns /

laif

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200330

Mondializzati nella buonae nella cattiva sorte La mondializzazione sta trasformando la vita quotidiana degli individui di tuttii continenti. Dieci fotografi sono andati incontro a queste nuove realtà. I lororeportage costituiscono l’esposizione «Récits d’une mondialisation» (Storiedella globalizzazione), in programma a Ginevra dal 12 novembre al 12 di-cembre 2003 sotto il patrocinio della DSC. Di Jane-Lise Schneeberger.

Da qualche anno il processodi mondializzazione sta acce-lerando. Il pianeta è divenutoun vasto spazio aperto dovetutto circola liberamente.Fonte di progresso per molti,questo fenomeno non procu-ra tuttavia vantaggio a tuttiin modo equo. E coloro chene sono esclusi vedono laloro povertà accentuarsi.Questi emarginati apparten-gono al cosiddetto «quartomondo», un termine che

congloba sia i paesi menoprogrediti che le sacche dipovertà nel cuore dei paesiricchi.Su mandato della DSC, diecifotografi del Nord e del Sudhanno realizzato reportagepartendo da un tema comu-ne: la crescente differenza disviluppo tra il mondo indu-strializzato e il quartomondo. Hanno scelto diffe-renti linguaggi fotograficiche spaziano dal fotogiorna-

aperto una mappa del mondoe mi sono chiesto in qualiregioni è possibile osservareuna o più tendenze globali,distruttive o costruttive, checaratterizzano il processo dimondializzazione». Questoesame l’ha condotto rapida-mente a fotografi che, indi-pendentemente gli uni daglialtri, avevano già lavorato sutemi del genere.L’esposizione doveva essereun progetto di gruppo, preci-

lismo all’approccio artistico,per raccontare le conseguen-ze della mondializzazione suldestino degli individui edelle società.

Dieci sguardi sulla globaliz-zazioneIl fotografo zurighese DanielSchwartz, incaricato di con-cepire e di realizzare l’esposi-zione, ammette di non averavuto nessuna difficoltà ascegliere i dieci autori: «Ho

CU

LT

UR

A

Una prostituta ammalata di aids cacciata da un bordello di Bombay, India

sa Schwartz, poiché «un solosguardo non è sufficiente percogliere gli effetti di unfenomeno così complesso».Diversi lavori illustrano ildestino degli esclusi, vieppiùnumerosi sia al Nord che alSud, fa notare il curatore:«Per una moltitudine di per-sone, la partecipazione allamondializzazione assume laforma dell’esclusione». Conuna serie di commoventiritratti, il fotografo StephanVanfleteren traduce la dispe-razione e l’isolamento socialedi questi nuovi poveri nelsuo paese, il Belgio.Frequentando vecchi caffè,Vanfleteren ha incontratouomini e donne emarginati odisadattati dinanzi alle formemoderne di lavoro.

Esplosione urbana Lo svizzero Andreas Seibertha puntato l’obbiettivo suldelta del fiume Xi Jiang, inCina meridionale, dove sta spuntando dal nulla unamegalopoli di quasi quaranta

milioni di anime. Il suoreportage mostra le condizio-ni di vita estremamente pre-carie dei lavoratori immigratiimpegnati nella costruzione sfrenata di grattacieli, ponti estrade. Questi operai proven-gono dall’entroterra agricolo.

Durante i lavori vivono neicantieri, in alloggi di fortuna.Lasciando la Cina, il visitato-re si mette in viaggio attra-verso gli Stati Uniti, a fiancodi un altro fotografo svizzero,Thomas Kern. Quest’ultimoha osservato l’anima feritadella nazione americanadopo lo choc dell’11 settem-bre 2001. Kern ha impernia-to il suo lavoro sulle interstatehighways, vie di comunicazio-ne strategiche costruitedurante la guerra fredda.«Lungo queste autostrade si èsviluppata la maggior partedei valori americani, come ilfast food, i cinema drive-in o il bisogno di mobilità indivi-duale. Sono valori oggiimposti nel mondo intero»,commenta Daniel Schwartz.

Made in Italy La spagnola Cristina Nuñezha composto un saggio foto-grafico sull’industria dellamoda, un altro vettore d’uni-formazione culturale. È

penetrata a Milano dietro lequinte di grandi griffe, dovecreatori, stilisti e modelli didifferenti nazioni definisconoil nuovo stile ibrido ches’imporrà a una determinataclasse sociale in tutte le gran-di città industrializzate. Lafotografa ha altresì visitatoalcuni atelier di cucito clan-destini, nei pressi di Napoli,che fabbricano vestiti d’imi-tazione.Altro aspetto della mondia-lizzazione: i flussi migratoriin aumento. Ondate d’immi-grati si accalcano verso ilmondo ricco, che li accanto-na alla periferia delle città alfine di preservare la sua iden-tità. Nelle banlieues parigine,l’olandese Bertien vanManen a fatto visita a fami-glie originarie del Maghreb,d’Afghanistan e d’altrove, chehanno aperto i loro album difoto pieni di ricordi dellapatria.Avvalendosi di unapproccio artistico, la foto-grafa ha collocato le immagi-

She

hzad

Noo

rani

Tim

Het

herin

gton

Ste

phan

Van

flete

ren

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 311

Povertà e solitudine – Juanita e Albert, Belgio

Un pallone fatto di stracci, Angola

32 Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003

Agenda e libro L’esposizione «Récitsd’une mondialisation» siterrà in anteprima aGinevra dal 12 novembreal 12 dicembre 2003,presso la Casa comunaledi Plainpalais. Organizzataa margine del Vertice mon-diale sulla società dell’in-formazione, che si terràdal 10 al 12 dicembre aGinevra, nel 2004 l’esposi-zione si trasferirà probabil-mente a Zurigo e in Ticino,e in seguito all’estero. I dieci reportage che lacompongono sarannoriuniti in un libro la cui pre-fazione sarà curata daDaniel Schwartz. L’operasarà pubblicata quest’au-tunno in tre versioni lingui-stiche: le edizioni Thamesand Hudson di Londra laprodurranno in inglese, laloro filiale parigina curerà laversione in lingua francese,mentre l’editore Steidl diGöttingen pubblicherà illibro in tedesco.

ni al centro di composizioniproprie.Anche le bande criminalitraggono benefici dalla mon-dializzazione. Il bengaleseShehzad Noorani si è inte-ressato alla tratta di bambiniattuata da reti di trafficantioperanti in Nepal, India eBangladesh.Venduti dai geni-tori senza risorse contro lapromessa di un impiego, ibambini sono portati nellegrandi città e costretti a pro-stituirsi.

Dopo la guerra, il calcio I giovani ragazzi fotografatidal britannico TimHetherington in Angola,nella Sierra Leone e inLiberia hanno anch’essi sof-ferto di un fenomeno con-nesso alla mondializzazione:hanno partecipato a una ol’altra delle nuove guerrefatte per il controllo dellerisorse minerarie. Oggi que-sti ex bambini soldato vannorisocializzati. Praticando losport, in particolare il calcio,scoprono altri modi di dimo-strare i loro talenti.

Il bosniaco Ziyo Gafic avevadodici anni quando nel suopaese scoppiò la guerra civi-le.A 23 anni, il più giovanedegli autori dell’esposizionepropone un saggio autobio-grafico, tentando di ricosti-tuire l’identità bosniaca chele epurazioni etniche e imassacri hanno cercato didistruggere. Le sue immaginimettono sotto accusa il ruolodelle forze dell’ONU, chenella maggior parte dei casi –così annota il fotografo inuna didascalia – si sono limi-tate a «contare i morti».Con i suoi 67 anni, il britan-nico Philip Jones Griffiths èil decano del gruppo. Resocelebre nel 1971 dal suolibro Vietnam Inc., una requi-sitoria contro l’interventoamericano in Vietnam, diritorno in questo paese cheha finora resistito ad ognitentativo di dominazione, ilfotografo ha cercato di sco-prire come i vietnamiti re-agiscono a una nuova minac-cia dall’esterno.Venderannol’anima alle multinazionaliche tentano di conquistare

questo potenziale mercato di60 milioni di abitanti? L’esposizione si conclude conuna nota storica.Attraverso ilsuo studio consacrato allareligione yoruba, il nigerianoAkinbode Akinbiyi rammen-ta che la tratta dei neri attra-verso l’Atlantico è stata unacomponente di una vecchiaforma di mondializzazione.Gli schiavi appartenentiall’etnia africana dei yorubahanno portato la loro religio-ne in Brasile, dove è ancoraoggi praticata. ■

(Tradotto dal francese)

Laboratorio di cucito clandestino a Napoli, Italia

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 33

Lettere agli adulti (dg) Ogni mese vengono uccisidalle mine nel mondo circa millecivili e 450 sono gravementeferiti. Queste armi letali uccido-no e feriscono anche quando laguerra è da tempo finita. Nellasola Cambogia sono tuttora di-spersi circa nove milioni di minenei campi. Ogni giorno vengonoposate 20 volte tante mine diquante sia possibile disinnescarnenello stesso lasso di tempo. Losminamento costa inoltre unmultiplo della fabbricazione diqueste armi. Protagonista del filmè Ria, una ragazzina cambogianadi sei anni che sogna di diventareballerina. Suo fratello è vittima diuna mina. Ria non riesce a capi-re perché le mine continuano aseminare dolore anche quandoregna la pace. E visto che vuolediventare ballerina si preoccupaper le sue gambe. Le sue «lettereagli adulti» sono un appello allarinuncia a produrre e impiegarequeste armi diaboliche.«Briefe an Erwachsene» di AliceSchmid, Svizzera, 1994/2000.Sincronizzato in tedesco, 28 minuti,cortometraggio, dagli 8 anni.Distribuzione/vendita:Bildung und Entwicklung,tel. 031 389 20 21,[email protected] e consulenza: Filme für eine Welt,tel. 031 398 20 88,www.filmeeinewelt.ch.Per la versione francese «Lettre auxadultes»: distribuzione/vendita:Éducation et Développement,tel. 021 612 00 81

Domanda e offerta(bf ) Il Cinfo, Centro d’informa-zione, di consulenza e di forma-zione per le professioni della

cooperazione internazionale allosviluppo di Bienne, organizzaprossimamente le seguenti mani-festazioni, con lo scopo di offrirel’opportunità di riflettere e dis-cutere sulle possibilità e i limitidi un impegno nell’ambito dellacooperazione internazionale svizzera.Cooperazione internazionale – offer-ta e domanda: 19 settembre e 25novembre, in tedesco; 14 novembre2003 in francese. Costo: CHF 50.–.Ulteriori informazioni all’indirizzowww.cinfo.ch.

Nuovo diploma in sviluppo (jls) Un nuovo modulo di perfe-zionamento viene ora propostoai professionisti dello sviluppoche occupano posti di respon-sabilità. Il primo corso si svolgedal 1° settembre 2003 al 30 apri-le 2004. Questo programma,realizzato al Nord e al Sud, con-duce al diploma di formazionecontinua in studi sullo sviluppo(DFD). Esso è organizzatodall’Istituto universitario di studidello sviluppo (IUED) diGinevra, in collaborazione conl’Istituto superiore di tecnologieapplicate di Bamako (Mali), ilCentro Bartolomé de las Casasdi Cuzco (Perù) e l’AsianInstitute of Technology Centrein Vietnam di Hanoi. I parteci-panti imparano ad analizzaresituazioni complesse, a condurrenegoziazioni con attori chedifendono interessi diversi e aprendere delle «buone decisioni»,tenendo costantemente presenteil nesso fra problemi locali e glo-bali, fra interessi pubblici e priva-ti, fra il breve e il lungo termine.Per ulteriori informazioni:www.unige.ch/iued/new/enseigne-ment/dfd. Iscrizioni: IUED,Secrétariat DFD, CP 136,1211 Ginevra 21,fax 022 906 59 94,[email protected]

La Svizzera e l’ONU A un anno dall’approvazione in

votazione popolare dell’adesionedella Svizzera all’ONU ilConsiglio federale ha trasmessoal Parlamento un primo rappor-to sulla collaborazione del nostropaese con l’Organizzazione delleNazioni Unite e le organizzazio-ni internazionali aventi sede inSvizzera. Esso vi traccia unbilancio positivo delle primeesperienze della Svizzera in senoall’ONU e delinea le prioritàper i prossimi anni.«La Svizzera e l’ONU – Rapportodel Consiglio federale 2003» è di-sponibile sotto forma di opuscolo illu-strato nelle versioni italiana, tedesca efrancese, ed è ottenibile gratuitamentepresso: DFAE – CoordinamentoONU, Bundesgasse 28,3003 Berna, fax 031 324 90 65,e-mail [email protected].

Politica amara e cucinasaporita (bf ) «Cuando hay, se come.Cuando no hay, se aguanta», ossiase c’è qualcosa si mangia e senon c’è niente si tiene duro. Ècosì che le boliviane e i bolivianidescrivono il loro rapporto conil cibo. Daniel Haller, profondoconoscitore della Bolivia, descri-ve nel suo pregevole ricettariodedicato alla politica amara e alla cucina saporita sia le radicidell’arte culinaria boliviana che i retroscena politici dell’odiernasituazione di penuria alimentare.Egli intercala la storia della cuci-na andina con innumerevoliricette facilmente realizzabilianche da noi, mentre descrive inparallelo la vita quotidiana inBolivia, le conoscenze che i con-tadini indigeni hanno delle risor-se agroecologiche e illustra comenella loro cultura le derrate ali-mentari non sono semplici pro-dotti agricoli, ma hanno pureun’anima.«Von bitterer Politik und würzigerKüche» di Daniel Haller è disponi-bile solo in tedesco,Verlag Edition 8,Zurigo.

Ser

vizi

o

Film

Form

azio

ne e

scu

ola

Lib

ri e

op

usco

li

Cris

tina

Nu

nez

Un solo mondo n. 3 / Settembre 200334

L’ABC del diritto internazio-nale umanitario (bf ) Quali diritti hanno i prigio-nieri di guerra? In che modosono tutelati i civili in un con-flitto armato? Quali armi sonobandite? Le risposte a queste ealtre domande sono date daldiritto internazionale umanita-rio. In un opuscolo in formatoA5, il DFAE ne spiega, in un lin-guaggio facilmente comprensibi-le, i principali concetti. L’ «ABCdel diritto internazionale umani-tario» è destinato alle personeinteressate alla politica ed è ido-neo anche quale strumentodidattico.L’opuscolo è ottenibile gratuitamentein italiano, tedesco, francese e inglesepresso «Svizzera oltre», Reparto«Diritto internazionale umanitario»,c/o Schär Thun AG,Industriestrasse 12, 3661 Uetendorf,fax 033 345 63 23,e-mail [email protected].

L’Africa in cerca d’identità (jls) Confrontando la storia a unapièce teatrale Joseph Ki-Zerboosserva che gli africani sono staticlassificati fra le comparse sin dalXVI secolo. Il continente nero,culla dell’umanità, deve ora con-quistare la sua identità e ritrovareun ruolo di protagonista nelmondo, afferma il grande storicodel Burkina Faso in un libro cheè frutto d’un colloquio conRené Holenstein, collaboratoredella DSC.All’età di 83 anni,Joseph Ki-Zerbo evoca il suopercorso di insegnante, di ricer-catore e di politico. Commentale grandi sfide che si presentanooggi all’Africa: la mondializza-zione «che finirà per aumentareil numero degli esclusi», ladecomposizione dello Stato neo-coloniale «bastonato da istituzio-ni come la Banca mondiale»,i conflitti etnici, i diritti umani,il difficile radicamento dellademocrazia, ecc. Secondo Ki-Zerbo, la frammentazione delcontinente in una sessantina di

paesi ostacola lo sviluppo e lacrescita. Il mondo globalizzatospinge l’Africa a optare per unsistema federalistico, il qualedovrebbe essere istituito sullabase delle principali lingue africane.Joseph Ki-Zerbo: «À quandl’Afrique? Entretien avec RenéHolenstein», Éditions d’en bas,Losanna, 2003.

L’UE cresce La rivista «Svizzera oltre» delDipartimento federale degli affa-ri esteri (DFAE) presenta temid’attualità della politica esteraelvetica. Il prossimo numero, cheuscirà a fine settembre, ha pertema principale il cosiddettoallargamento a Est dell’UE. Ildossier presenta i dieci nuovipaesi che aderiranno all’UE il 1°maggio 2004, ciò che essi offro-no e ciò che si attendono, non-ché le conseguenze che ne deri-vano tanto per l’UE che per laSvizzera. L’ultimo numero eradedicato alle conseguenze dellemigrazioni.«Svizzera oltre» esce quattro voltel’anno in italiano, tedesco e francese.Abbonamenti gratuiti presso: SchärThun AG, Industriestrasse 12,3661 Uetendorf, fax 033 345 6323, e-mail [email protected].

Ascolto magico(er) Anche questa volta riesce adabbracciare agevolmente con

affascinante omogeneità l’Orientee l’Occidente. Natacha Atlas, exvoce e danzatrice del ventredella band di culto anglo-asiaticaTransglobal Underground, amal-gama l’arte canora da Mille euna Notte, dub groove, brit hope suoni sinfonici per fonderli inun inconfondibile rhythm’n’blu-es cosmopolita. Pregna di sedu-zione e virtuosismo, penetra nelnostro orecchio la grande vocedi questa figlia di madre inglesee di padre egiziano sefardita,cresciuta in Belgio e in GranBretagna, e che ora fa la spola traLondra e il Cairo. Nel denso epersonalissimo mondo musicaledi Natacha Atlas, tra deserto emetropoli, tra tabla e microchipsi inserisce armoniosamente per-sino un remake di stampo soulispirato a «This is a Mans’sWorld» di James Brown. Per laregistrazione delle 14 canzonidel suo sesto album da solista, lacantante ha ricevuto supporto danumerosi ospiti, in particolare daSinead O'Connor, Kalia, PrincessJulianna.Natacha Atlas: «SomethingDangerous» (Network /Musikvertrieb)

Abbracci con la world music (er) La BBC Radio 3 è ricono-sciuta quale opinion leader dellaworld music. Ecco perché unagiuria dell’emittente londineseassegna fra l’altro i suoi «Awardsfor World Music». 28 brani suun’eccellente doppio CD conlibretto informativo documenta-no la selezione dei riconosci-menti assegnati per il 2003. Essioffrono una perfetta panoramicamusicale di quella che è oggi lascena della world music. E quiinfondono brividi non solo ilrhythm’n’sound di star e gruppifamosi (Salif Keita,YoussouN’Dour, Susana Baca,TrilokGurtu), ma attirano l’attenzioneanche le tonalità di grandezzeancora sconosciute, quali la gio-vane cantante cubana Yusa o il

rocker russo Sergey Starostin.Due aspetti che garantisconocoinvolgenti e talvolta anchemeditativi abbracci con la worldmusic di tutti i continenti!BBC Radio 3: «Awards for WorldMusic» (Manteca / Phonag)

Schizzi di sole per tutti (er) Sono in edicola ogni duemesi e già ne sono usciti oltreuna mezza dozzina. Si tratta deiCD di «Riddim», il supplementodell’omonima rivista di reggae intedesco, prodotta dall’etichetta diworld music berlinese Piranha.La rivista offre per poco meno di10 franchi il numero/CD (!) unapanoramica completa della scenadel reggae. Ma la febbre «riddi-miana» non monta tanto leggen-do quanto ascoltando i brani delCD della rivista. Questi affronta-no tutte le sfaccettature del reggae, sia che si tratti di roots,dub, ska, rocksteady, dancehallvi-bes o soundsystemsounds. Divolta in volta vengono presentatida 10 a 13 brani di big artists

(quali Bob Marley, Sizzla,Skatalites, Gentlemen, MorganHeritage, Seed ecc.) e di novelli-ni. Spesso sono attualissimi pre-release, talvolta persino registra-zioni esclusive. I CD invoglianoa penetrare nel paradiso del reg-gae: summerjam e sunsplash pertutti in qualsiasi momento! Riddim CD #07, #08, #09 ecc.(piranha medien GmbH / edicole)

Agricoltura, selvicoltura eambiente (bf ) InfoResources è il nomedella nuova collaborazione fra i

Mus

ica

Un solo mondo n. 3 / Settembre 2003 35

Servizio

Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Harry Sivec (responsabile) Catherine Vuffray (vuc) Barbara Affolter (abb)Joachim Ahrens (ahj) Fabrice Fretz (fzf)

Sarah Grosjean (gjs) Barbara Hofmann (hba) Beat Felber (bf)

Collaborazione redazionale:Beat Felber (bf – Produzione)Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia: Mermod SA, Losanna

Stampa: Vogt-Schild / Habegger AG,Solothurn

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentitaprevia consultazione con la redazione ecitazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente presso:DSC, Media e comunicazione, 3003 Berna,Tel. 031322 44 12Fax 031324 13 48E-mail: [email protected]

88896

Stampato su carta sbiancata senza cloro perla protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 59000

Copertina: Golfo di Halong, VietnamAndrea Artz / laif

tre servizi d’informazioneInfoAgrar, Inforest e InfothekCDE. Su mandato della DSCInfoResources offre gratuita-mente alle collaboratrici e aicollaboratori delle organizzazionidi sviluppo, delle opere umanita-rie, dei centri di ricerca e dellescuole, nonché a tutte le personeinteressate i servizi seguenti:InfoResources ricerca nei settoriagricoltura, selvicoltura eambiente, offre sostegno per lapianificazione e l’attuazione diprogetti, e risponde alle doman-de inerenti alle attuali politiche e strategie della cooperazioneinternazionale. La newsletterInfoResouces News informa seivolte l’anno sulle principaliattualità in campo agricolo, silvi-colo e ambientale inerenti allacooperazione internazionale.InfoResources Focus esce trevolte l’anno e si concentra su untema d’attualità, presentandolosotto diverse angolature ed elen-ca le principali pubblicazionilanciandovi uno sguardo critico.Entrambe le pubblicazioni esco-no in inglese, francese e spagnolo.InfoResources, Länggasse 85,3052 Zollikofen,tel 031 910 21 91,e-mail [email protected],www.inforesources.ch.

Campagna educativasull’acqua (bf ) Per l’Anno internazionaledell’acqua 2003 si possono trovare degli stimoli perl’insegnamento in un sito web ein una serie di poster con dossierd’accompagnamento. Il sitowww.acqua2003educazione.ch

fornisce informazione particola-reggiate, sussidi didattici ragiona-ti, link e un calendario dellemanifestazioni con indicazioniper gli insegnanti. La serie diposter consiste in dieci immaginisul tema dell’«acqua nel mondo»,accompagnate da un dossierpedagogico per tutti i gradi discuola. Un altro modulo dellacampagna educativa l’«Oro blu»,realizzata dalla FondazioneEducazione e Sviluppo su man-dato del DFAE, è rappresentatoda un quiz conoscitivo on-line(www.visumsurf.ch/wasser2003,con link alle pagine italiane), cheriprende i dieci temi inerenti aiposter.Serie di poster in italiano, tedesco efrancese per CHF 12.– (invio posta-le) o CHF 8.– (ritiro), da ordinarepresso: Fondazione Educazione eSviluppo,Via Breganzona 16,6900 Lugano,tel./fax 091 966 14 06, [email protected]

Cambio di prospettiva nord-sud (bf ) La nuova serie di film«Blickwechsel NordSüd» mostratramite sei documentari dimezz’ora come la gente delNord e del Sud lotta per impor-re il rispetto dei diritti umanieconomici, sociali e culturali.La produzione della Fondazionesvizzera per la formazione trami-te l’audiovisivo FSFA vienemessa in onda da diversi canali tv(SFDRS, SWR e 3sat) e gode delsostegno finanziario della DSC,dell’UFAFP, dell’UNESCO ecc.È idonea all’impiego in ambitoscolastico e formativo.

La serie di filmati prende lospunto dal fatto che all’inizio delXXI secolo, nel mondo le dispa-rità sociali sono più grandi chemai. Il 20 per cento della popo-lazione mondiale dispone infattidell’85 per cento dei redditi e deipatrimoni mondiali, e consumal’80 per cento di tutte le materieprime. Il resto dell’umanitàcondivide ciò che avanza. Masempre più persone facenti partedella cosiddetta società civilevogliono modificare questidisequilibri. Perciò si mettono in rete, sia al Sud che al Nord.La serie di filmati mostra comefra Nord e Sud si creano deilegami solidali in favore di unosviluppo sostenibile, e come essilottano per proporre modi divivere e modalità di gestioneeconomica che abbiano unfuturo e consentano di realizzarea livello locale ciò che ha unsenso a livello globale. Ladocumentazione cinematograficamostra giovani del Nord e delSud che, tramite le loro iniziative,dimostrano che un impegno per

un futuro migliore è possibile epagante.I temi dei sei video sono: La terra èvita – Diritto al cibo tramite l’accessoalla terra; Lo stomaco è vuoto e lapazienza è esaurita – Sicurezzaalimentare tramite un’agricoltura didimensioni contadine; Cielo e terra –Sviluppo sostenibile per la forestatropicale umida e il clima; Rompereil silenzio – Diritto a una vita senzaviolenza; Commercio equo – Baseper una vita dignitosa; Radici e ali – Diritto all’istruzione.«Blickwechsel NordSüd» è per oradisponibile solo in tedesco. Singolecassette CHF 59.–, noleggio CHF89.–; tutti e sei i filmati riuniti suun’unica cassetta VHS CHF180.–, noleggio CHF 270.–.Ordinazioni: DistributionSSAB/SMD Schmid Media,Erlachstrasse 21, 3000 Berna 9,tel. 031 791 39 46, [email protected]. Informazioni:Fondazione svizzera per laformazione tramite l’audiovisivoFSFA/SSAB - www.ssab-online.ch

Str

umen

ti d

idat

tici

Info

rmaz

ioni

Nella prossima edizione:

Tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione: utilità, potenzialità, ma ancherischi e limiti di queste moderne tecnologieper i paesi più poveri

Pet

er S

täge

r