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N. 2 GIUGNO 2001 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE Un seul monde Eine Welt Un solo mondo America centrale: un regione in lotta – un tempo contro le guerre, oggi contro le catastrofi naturali Bulgaria: la volontà di resistere dei suoi cittadini, la democrazia rafforzata, la corruzione e i postumi della crisi finanziaria Volontariato e cooperazione alla sviluppo – una scelta ancora attuale?

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N. 2GIUGNO 2001LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONE

Un seul mondeEine WeltUn solo mondo

America centrale: un regione inlotta – un tempo contro le guerre,oggi contro le catastrofi naturali

Bulgaria: la volontà di resistere dei suoicittadini, la democrazia rafforzata, la corruzione e i postumi della crisifinanziaria

Volontariato e cooperazione alla sviluppo –una scelta ancora attuale?

SommarioEditoriale 3Periscopio 4Dietro le quinte della DSC 25Che cosa è… Global Public Goods? 25Servizio 33Impressum 35

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione, l’agenzia dello sviluppoin seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) è l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficiale in sensostretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articoli pertanto nonesprimono sempre il punto di vista della DSC e delle autorità federali.

DOSSIER

DSC

ORIZZONTI

FORUM

CULTURA

Un solo mondo n.2 / giugno 20012

AMERICA CENTRALENel regno di Sisifo si ricomincia da zeroDopo decenni di guerre civili sono ora le catastrofinaturali a mettere a dura prova la popolazionedell’America centrale

6Una rete idrica unica al mondoNicaragua, Honduras, Salvador e Guatemala - insiemeper risolvere il problema dell’acqua con un progettorealizzato nei quattro paesi

12Società civile, motore della democraziaIn America centrale una società civile sempre piùconsapevole sta rafforzando le giovani democrazie

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BULGARIAPeperoni cotti e crauti in conservaLa più recente storia della Bulgaria è caratterizzata dauna democrazia sempre più forte, una continua crescitaeconomica e la volontà dei bulgari di tenere duro

16Scherzo di primaveraIl comico bulgaro Boris Dimovski ci illustra il suo modo di concepire l’amicizia tra Bulgaria e Svizzera

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L’opinione della DSCCorruzione: una sfida, per il Sud e per il Nord

21Silos per CubaLa DSC rafforza il suo impegno nella Cuba diFidel Castro

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Le donne di VeraNonostante la Federazione Russa abbia ratificato laConvezione europea sui diritti umani, permangono casid’infrazione. A soffrirne di più sono donne e bambini.

23E ora AmmanLa DSC apre un ufficio in Giordania, il paese con il maggior numero di rifugiati palestinesi

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Volontariato: una scelta sempre più difficileTre esperti discutono su senso e attualità delvolontariato alle soglie del terzo millennio

26Carta bianca:Anne Bisang, direttrice della Comédie de Genève, ci parla del teatro che cambia il mondo

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Zoom, oltre la frontieraUn’esposizione fotografica mostra in dieci pregnantireportages frontiere, frontalieri ed eventi di frontiera

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I paesi tra Guatemala e Panama stanno lottando!Fino all’inizio degli anni Novanta erano state leguerre civili ad aver dissanguato per decennil’America centrale. Ora le sue genti sono spossate.Hanno avuto solo qualche anno per riprendere il fia-to e affrontare la ricostruzione, e già sono alle presecon le nuove catastrofi.

«Terremoti e inondazioni continuano a erodere ilmodesto benessere costruito a grande fatica».Crediamo che non si possa descrivere con parolepiù precise e dure la situazione centroamericana diquanto faccia l’autore del nostro dossier RichardBauer, che da anni scrive reportages direttamenteda quella regione. E mentre egli stava scrivendo ilsuo articolo sull’America centrale, la terra ha trema-to ancora nel Salvador. La DSC, conoscendo la vul-nerabilità della regione – sia alle catastrofi naturaliche ai terremoti politici – svolge da anni un intensoimpegno in America centrale. Una società civile for-te come motore della democratizzazione e la capa-cità di organizzarsi da sé sono due degli obiettiviposti in testa all’elenco delle priorità. Per saperne dipiù non mancate di leggere il dossier sull’Americacentrale che troverete da pagina 6 a pagina 15.

Per una democrazia più forte lotta anche la Bul-garia. Il paese balcanico si dibatte ancora con leconseguenze delle crisi finanziarie, con la corruzio-

ne e il baratro sempre più profondo che separa ipoveri dai ricchi. « I bulgari sono un popolo forte.Abbiamo attraversato innumerevoli difficoltà, manon ci siamo mai dati per vinti – proprio perché ab-biamo una volontà di ferro», dice per esempio ilmaestro panettiere Georgi di Sofia nel reportage de-dicato alla Bulgaria (v. pagina 16). E il comico bulga-ro Boris Dimovski dimostra con il suo contributo apagina 20 che i bulgari non solo hanno una volontàindomita, ma anche un umorismo mordace quantosottile.

E da ultimo un ulteriore sguardo oltre le frontierecon «Frontiere a confronto». Questo è infatti il titolodi una mostra fotografica sostenuta dalla DSC, chenelle prossime settimane girerà in tournée svizzera,presentando tramite dieci impressionanti reporta-ges il tema delle frontiere, dei frontalieri e delleesperienze legate alle frontiere. Potete farvene unaprima idea da pagina 30 in avanti.

Harry SivecCapo media e comunicazione DSC

(Tradotto dal tedesco)

Lotta contro le catastrofi euno sguardo oltre le frontiere

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Editoriale

Il nostro pianeta nel 2001(bf) 28’737 miliardi di dollari,è questa la cifra che sintetizzal’ampiezza del Prodotto socialelordo a livello mondiale. La partedel leone, con 22’543 miliardi di dollari Usa, la fanno i paesiindustrializzati.La suddivisione concernente gliinvestimenti a livello internazio-nale mostra ancora più esplicita-mente le differenze esistenti trapaesi poveri e paesi ricchi, consi-derato che il 75 percento deltotale degli investimenti ha luogotra l’Europa e gli Stati Uniti.Il 48 percento dei 6 miliardidi abitanti del pianeta Terravivono in agglomerati urbani.In Europa questa percentuale èaddirittura dell’80 percento.377 milioni di persone almondo hanno un accessoInternet; di queste, 161,3 milionivivono nell’America settentrio-nale, 105,8 milioni in Europa e4,2 milioni in Africa.Sulla Terra, sono 250 milioni ibambini, al di sotto dei 14 anni,costretti a lavorare.22 milioni di profughi si tro-vano al momento sotto la prote-zione dell’Alto CommissariatoONU per i rifugiati.Almeno 2,5 miliardi di perso-ne al mondo soffrono di malattiecausate da un carente approvvi-gionamento idrico o dall’utilizzodi acqua inquinata.Gli Stati Uniti producono il70 percento delle colturegeneticamente manipolate. Inquesta classifica mondiale gliUSA sono seguiti da Argentina(14%) e Canada (10%).

Due sessi all’ombra del karité(jls) Nel Mali anche gli uominiincominciano a nutrire interesseper la pianta del karité, dettaanche albero del burro, la cuiproduzione è stata, in passato, frale incombenze affidate alladonna. Sono in effetti le donneche si incaricano di raccogliere ifrutti di questo albero raro, che li

lavorano e li trasformano nelburro che poi esse stesse vendo-no. Ora la realizzazione di varietàdi alberi di karité con nuoviinnesti potrebbe portare cambia-menti fondamentali. Secondol’Istituto di economia rurale(IER) di Bamako, l’innesto, con-siderato per lungo tempo presso-ché impossibile, può riuscire ogginel 50 percento dei casi. Lavarietà ottenuta produce i primifrutti già dopo soli cinque anni,mentre in passato, con le piantecresciute spontaneamente, si eracostretti ad un’attesa che andavadai 15 ai 20 anni. Così, diversicontadini si sono dati alla colti-vazione del karité, vedendo inessa le possibilità di una lucrativaesportazione. Uno di essi,Dianguiné Keita, ha piantato treanni fa due ettari di terreno conalberi di karité: «Arriverà il gior-no in cui questa coltivazione mi

farà guadagnare dei bei soldi.Quel giorno, sarò io a ridere ditutti coloro che oggi ridono dime affermando che faccio unlavoro da donna…»

L’uomo bianco non dà tregua(bf) Gli incontri che gli indiosperuviani Matsiguenka hannofino ad oggi fatto con l’uomobianco sono stati tutt’altro cheidilliaci. Laddove la loro presenzaera considerata un ostacolo all’e-spansionismo dei cosiddetti con-quistatori, non si è esitato adusare le maniere forti: cacciati,ridotti in schiavitù, uccisi. E loro,fuggivano, al riparo della foresta.Ma i bianchi giunsero anche lì:dopo i raccoglitori di caucciù ar-rivarono i taglialegna, poi i cerca-tori d’oro. Soltanto dopo lunghianni, nei Matsiguenka si compre-se l’inutilità di fuggire, ed i van-taggi che sarebbero scaturiti da

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un possibile rapporto con gli in-vasori bianchi.Adesso, questi in-dios hanno costruito un loro al-bergo, l’Albergue de Matsiguen-ka. Sono dodici capanne, daltetto molto inclinato, appoggiatesu pali, in modo che né l’acquadi palude, né le forti piogge pos-sano arrecare danno. È il primoprogetto turistico del Perù dovu-to interamente all’iniziativa degliindios. I proventi di tale attivitàservono per intanto all’acquistodei libri di scuola dei bambini,anche se molte sono le carenzeper ciò che riguarda scarpe, vesti-ti, medicine, utensili e motori.

Eco-design(bf) In India per i prodotti delquotidiano si afferma sempre piùil design ecologico ovvero laproduzione di oggetti con mate-riali riciclati o riciclabili. Giàesistono apparecchi radio edaspirapolveri prodotti all’insegnadell’eco-design, e l’industria au-tomobilistica ha fatto il grandepasso: «L’obiettivo è quello diarrivare a produrre la nota vettu-

ra Maruti Zen con l’80 percentodi materiale riciclabile», affermail professor Soumitri, docentepresso l’Indian Institute ofTechnology (ITT) di NuovaDelhi. Con due altri atenei –uno olandese, l’altro portoghe-se –, l’ITT sviluppa programmidi ricerca per l’eco-design inEuropa e in Asia. Il professorSoumitri è convinto che il suc-cesso premierà questo genere diprogrammi: «L’eco-design signi-fica non solo uno sviluppo soste-nibile, ma anche migliori prodot-ti, minore quantità di scarti, mag-giore efficacia, minoreinquinamento ambientale e ri-dotta utilizzazione di materieprime. Inoltre, è proprio quellasua fondamentale attitudine eco-logica a favorire un incrementodel potenziale di vendita».

Aglio e computer(bf) Anche l’aglio può essere uncattivo affare, se lo si vende conun giorno di anticipo, come hafatto Padma Bai, una contadinadi 46 anni del villaggio di Tirla,

nella provincia indiana diMadhya Pradesh. 17 rupie alchilo, questo il prezzo. Poi, al-l’indomani, seduta davanti alloschermo di un computer delProgramma di sviluppoGyandoot (tradotto letteralmen-te: Messaggio del Sapere), con ilquale l’amministrazione provin-ciale fornisce consulenze allepopolazioni rurali, Padma Bai fusorpresa dal constatare che neicomuni limitrofi il prezzo dell’a-glio aveva fatto segnare consi-stenti aumenti. Da allora, prima

di vendere i suoi prodotti, PadmaBai controlla i prezzi riportati dalcomputer.Al momento, sono giàpiù di 600 i villaggi collegati conGyandoot-Intranet, e almenomezzo milione di persone sigiovano dei vantaggi di questoprogramma. I computer, permezzo dei quali è anche possibileoperare con posta elettronica echiedere informazioni all’ammi-nistrazione statale, sono affidatiall’iniziativa di giovani disoccu-pati, che percepiscono un contri-buto da parte degli utenti.

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Nel regno di Sisifo

Tegucigalpa, Honduras

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America centrale

L’America centrale sembra proprio il regno di Sisifo che attirasu di sé ogni sorte di catastrofe. Se non sono le guerre civili ole crisi economiche, sono gli uragani, i terremoti o le inonda-zioni a mettere a dura prova una popolazione in prevalenzapovera. Nella ricostruzione e nella prevenzione è perciò impor-tante evitare gli errori del passato. Di Richard Bauer.*

si ricomincia da zero

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Il mondo del venticinquenne salvadoregno LuisAlonso Bayre è quello della strada che attraversatutto il paese. E più precisamente:un segmento dellaPanamericana, la grande via a quattro corsie, la stra-da dei sogni, che in questo punto collega ilGuatemala con l’Honduras e il Nicaragua. Ognigiorno, con il suo autobus, egli fa la spola tra SanSalvador e la cittadina di provincia San Miguel.Quando il 13 di gennaio di quest’anno la terra simise a tremare, stava appunto facendo salire i pas-seggeri a bordo per partire. Ma il possente sismagettò tutti nel panico e nessuno pensò più a viag-giare.Così in fretta non era mai riuscito a far evacuare ilbus, racconta l’esile autista molto contento di nonessere partito. La strada dei suoi sogni è ora infattisotterrata in più punti; e in prossimità di SanVincente la carreggiata è addirittura sommersa dauno strato di terra e detriti alto quanto il campani-le di una chiesa.Anche dopo vari giorni dalla cata-strofe le escavatrici non hanno ancora liberato unautobus stracarico di gente, che al momento sba-gliato si trovava nel posto sbagliato, finendo travol-to dalla frana. È probabile che nessuno dei passeg-geri sia sopravissuto.La vita nel suo paese è già sem-pre stata pericolosa, dice pensoso Luis Alonso. Inpassato doveva fare attenzione a non finire tra i guer-riglieri e i soldati. Oggi viaggia di regola senza de-naro in tasca. I briganti della strada hanno già assa-

lito e saccheggiato due volte il suo autobus.Due an-ni fa ha avuto veramente fortuna al momento del-l’uragano Mitch.Aveva piovuto per giorni e gior-ni, ma la sua casa aveva resistito. Ciò che non è ri-uscito a fare Mitch lo ha fatto il terremoto. La suacapanna, costruita con pilastri di legno e tegoled’argilla fra boschetti di caffè e coni vulcanici e nellaquale egli vive con i genitori,è ora decisamente mal-ridotta: due pareti laterali sono crollate e le tegolespaccate sono sparpagliate un po’ovunque tutt’in-torno.Tre giorni dopo il sisma il giovane sta cercando aiutiper il suo piccolo villaggio nei pressi di Santiago deMaria, nel Dipartimento Usulután, il quale è statogravemente danneggiato. Nel comune vicino, laCroce Rossa Svizzera ha appena iniziato a distribuirecoperte, materassi in gommapiuma, fogli di plasticae lamiera ondulata.Lui vuole ottenere che i camionsi fermino anche nel suo villaggio. In fondo è unpuro caso che ora sia ancora in vita e possa aiutare,dice Luis Alonso.Solo un mese fa era rientrato con la coda tra legambe da un viaggio avventuroso alla frontiera mes-sicano-statunitense. Invano aveva cercato di entrarenegli Stati Uniti nei pressi di El Paso.Voleva infattitrovare casa e lavoro presso alcuni connazionali re-sidenti a Los Angeles.E ora,chissà se non farà un se-condo tentativo? Questo è poco ma sicuro, perchéil Salvador non offre davvero nessuna prospettiva.

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Zona pericolosa La congiunzione di varieplacche tettoniche fa sìche la lingua di terra cheunisce le due Americhe,del Nord e del Sud, siaparticolarmente soggettaai sismi. Nelle caldeacque caraibiche si for-mano ogni anno uraganiche investono in seguitole coste. Le inondazioni si alternano alle siccità.Nel 1972 un terremotodistrusse la capitale nica-raguegna Managua. Nel1976 un sisma fece23’000 morti inGuatemala e nel 1996 unaltro ne fece 1’100 nelSalvador. L’uragano Mitchlasciò dietro di sé nel1998 una regione distruttae almeno 10’000 vittime.Dopo ogni catastrofenaturale il prodotto internolordo dei paesi interessatidiminuisce del due alquattro percento.

Esteli, Nicaragua

Fine delle guerre civiliL’uragano tropicale Mitch e il disastroso terremo-to che all’inizio dell’anno ha colpito principal-mente il Salvador hanno devastato l’America cen-trale proprio in un momento in cui ci si illudevache la regione stesse finalmente risalendo la china.La fine delle guerre civili in Nicaragua (1990), nelSalvador (1992) e in Guatemala (1996) non soloaveva messo fine a una decennale carneficina orga-nizzata, ma aveva anche creato la base per unanuova convivenza in queste società profondamen-te divise per tradizione. Chi in passato si combat-teva armi alla mano siede ora fianco a fianco in par-lamento. L’elettorato non teme più di consegnarealle urne il proprio voto per gli ex guerriglieri chepromettono una vera rappresentanza degli interes-si di vaste cerchie della popolazione.Un segnale benvisibile a tutti è stato quello della riconsegna ai pa-namensi del canale di Panama. Per l’America cen-trale si è così chiuso un capitolo di decennale di-pendenza dalle decisioni della superpotenza statu-nitense.Dal Guatemala a Panama si respirava negli anniNovanta un’aria di vero e proprio rinnovamento.Rappacificazione,democratizzazione,apertura del-l’economia ai principi del mercato e profonde ri-forme dello Stato avevano segnato lo sviluppo. Glieserciti, che avevano avuto la loro parte nella guer-ra combattuta per procura fra le grandi potenze, fu-

rono ridotti a dimensioni ragionevoli, i veterani dientrambi i fronti furono reintegrati nella vita civi-le, non da ultimo grazie ai generosi aiuti interna-zionali.Con il sostegno finanziario estero si era pure ini-ziata la costituzione di corpi civili di polizia.Equipaggiati con una nuova mentalità i nuovi po-liziotti devono oggi effettivamente proteggere lapopolazione e rispettare i diritti umani.Il Nicaraguasi è ripreso con sorprendente rapidità dal marasmaeconomico di stampo sandinista degli anni Ottanta.L’economia è cresciuta dal 1995 al 1998 del quat-tro al cinque percento l’anno. Nel Salvador, dovegrazie ai generosi aiuti dell’ONU il processo di rap-pacificazione si è inaspettatamente svolto in manieraindolore, si è manifestato un grande bisogno di in-vestimenti. Anche qui l’economia ha conosciuto un boom negli anni successivi alla conclusione dellapace.Il Guatemala è tuttavia ancora lungi dal raggiun-gere la prevista crescita economica del sei percen-to annuo. In Honduras l’insediamento di «maqui-las», le camicerie che impiegano personale retri-buito con bassi salari, ha stimolato l’esportazione,riducendo la dipendenza dai prodotti tradizionali,quali le banane o il caffè. Un anno dopo, l’uraganoMitch ha comportato per l’Honduras una grave re-cessione. Il prodotto interno lordo si è ridotto diun doloroso 4 percento. Il Nicaragua ha dovuto ac-

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Inesistente: la protezio-ne contro le catastrofi«Le catastrofi sono unfatto del destino. Ma la misura nella quale la popolazione è colpitadipende dallo stato delleinfrastrutture di un paese,dalla distribuzione dei benitra i ricchi e i poveri, non-ché dall’organizzazionedelle istituzioni dello stato.Nel caso dell’Americacentrale occorre trovaredelle strategie per renderel’intera regione menovulnerabile alle catastrofinaturali. Urge anche unmigliore management delle crisi».Ludger Volmer, membrodel Partito dei Verditedeschi, dopo la visita alle aree devastate dalterremoto nel Salvador.

Esteli, Nicaragua

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contentarsi di una crescita dell’1,5 percento.In tuttal’America centrale la democrazia e l’economia dimercato sono dunque introdotte, per lo meno a unlivello superficiale,ma il loro radicamento incontraancora resistenze ovunque. Eccetto il Costa Rica,nessuno stato ha conosciuto un passato impronta-to alla democrazia di base. I cittadini delle repub-bliche centroamericane non sanno per propriaesperienza che cosa sia uno stato democratico. Per

hanno lanciato l’allarme uragano, la tendenza a mi-nimizzare le dimensioni del disastro dimostrata ini-zialmente, e la carente preparazione delle autoritàa gestire interventi di catastrofe ha contribuito in-dubbiamente a innalzare inutilmente il numerodelle vittime. In seguito si è visto che le strutturestatali dei paesi in via di sviluppo quali l’Honduras,il Nicaragua o il Salvador non erano all’altezzadelle sfide connesse alla ricostruzione. Se le auto-rità centrali e comunali faticano a funzionare a do-vere già in tempi normali, l’uragano e i terremoti

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L’impegno svizzero inAmerica centraleL’America centrale è unadelle regioni di concentra-zione della cooperazioneallo sviluppo svizzera. LaDSC considera prioritari inparticolare il Nicaragua,l’Honduras e il Salvador.Realizzando progettiregionali, che includonoanche gli altri paesi diquest’area, contribuisce apromuovere la cooperazio-ne tra i paesi. La grandefamiliarità con la regione ele istituzioni locali hannoconsentito alla DSC di for-nire rapidamente un aiutoumanitario sia all’indomanidell’uragano Mitch nel1998 che all’indomani delterremoto nel Salvador delgennaio di quest’anno. Lacooperazione allo sviluppoha intensificato dopo en-trambe le catastrofi i proprisforzi nei settori prioritaritradizionali per contribuirealla ricostruzione nellaregione. L’anno scorsol’intera cooperazione allosviluppo della DSC e delseco ammontava a 42 mi-lioni di franchi, confluitiprincipalmente in progettinei settori: produzioneagricola, acqua potabile eigiene pubblica, promozio-ne delle imprese, buonagestione degli affaripubblici, ambiente e aiutoumanitario.

troppo tempo piccoli clan dell’élite hanno abusatodello stato per perseguire i propri interessi, e pertroppo tempo dittatori e regimi militari hanno im-perversato nella regione. Oggi la povertà e la cri-minalità sono in aumento. I budget dello stato ri-dotti all’osso e il debito estero non consentonocerto ai governi di affrontare grandi progetti.

Vittime delle catastrofi sono i poveriTerremoti e inondazioni continuano a erodere ilmodesto benessere costruito a grande fatica. I piùcolpiti dalle catastrofi sono i poveri. Il Beverly Hillsdi San Pedro Sula per esempio,ossia il quartiere re-sidenziale delle classi agiate Bella Vista, che giace inaltura sulle pendici dei monti della costa, è sopra-vissuto a Mitch senza subire danni. Inondate sonoinvece state le bidonvilles che si espandono senzapianificazione alcuna lungo i fiumi, nonché le ca-panne situate nelle aree acquitrinose non idonee al-l’agricoltura. Luoghi in cui nessuna persona dota-ta di un briciolo di buon senso costruirebbe mai lapropria casa se l’imprudenza o la carenza di terre-ni edificabili non la costringesse a farlo. Gli smot-tamenti di fango e le frane sono tutti dovuti a di-sboscamenti irresponsabili e all’assenza di una po-litica degli insediamenti. Sin dall’inizio i paesidell’America latina hanno dimostrato di essere as-solutamente impreparati a una catastrofe delle di-mensioni di Mitch. Il ritardo con cui i governi

hanno completamente smascherato la loro incapa-cità di pianificare, di coordinare e di realizzare.La tenace voglia di sopravvivere dimostrata dalla po-polazione danneggiata e una solidarietà internazio-nale senza precedenti hanno contribuito a lenire im-mediatamente il bisogno malgrado la presenza diogni sorta di ostacoli burocratici.Ben di rado le rac-colte di fondi internazionali hanno – soprattutto inSpagna, Germania e negli USA, ma anche inSvizzera grazie alla Catena della solidarietà – trova-to un’eco tanto grande come nel caso di Mitch.35 milioni di franchi sono stati donati spontanea-mente dalla popolazione svizzera per l’aiuto d’emer-genza e la ricostruzione. I primi invii di aiuto sonogiunti dagli Stati Uniti, dove vivono 600’000 hon-duregni, fra i quali almeno 80’000 immigrati clan-destini.

La ricostruzione deve essere durevoleNegli ultimi due anni, fra raccolte private di fondie mezzi pubblici, sono fluiti dalla Svizzera versol’America centrale 20 milioni di franchi. La rico-struzione avanza più lentamente di quanto non au-spichino la popolazione, le autorità e le organizza-zioni umanitarie. Ma una pianificazione a regolad’arte richiede il suo tempo, dicono gli esperti, so-prattutto se l’obiettivo è quello di una ricostruzio-ne durevole e non di una mera politica tappabuchi.Gli ostacoli sono molteplici. Mancanza di parcelle

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America centrale

per la costruzione di insediamenti,mancanza di ca-pacità dei vari paesi di formulare dei programmi disviluppo,burocratismi che regolano il bando di ap-palti pubblici per le costruzioni, procedure mac-chinose per ottenere il rilascio di permessi dalle au-torità preposte alla tutela dell’ambiente.Il presidente nicaraguegno Alemán è stato il primoa utilizzare il concetto di «trasformazione dell’A-merica centrale». Secondo lui, l’uragano Mitch nonha portato solo la miseria,ma ha pure schiuso ai varipaesi un’opportunità unica: quella di ricostruirenon solo quanto è andato distrutto,ma anche di eli-minare sistematicamente le carenze del passato,come la mancanza di una pianificazione del terri-torio e di una premunizione contro le catastrofi.Nel1999 i paesi donatori del Nord hanno incontrato i

governi centroamericani a Stoccolma. Insieme sisono stabilite le priorità per la ricostruzione e sisono stanziate enormi somme di denaro. Il deno-minatore comune era quello di proteggere megliol’America centrale dalla vulnerabilità nei confron-ti delle catastrofi naturali.Ma molti donatori internazionali si mostrano reti-centi nei confronti delle autorità. Queste sono in-fatti note per la loro corruttibilità e sono totalmentesopraffatte dall’ondata di aiuti internazionali.Per ca-nalizzare i beni e il denaro, tutti cercano dei part-ner privati oppure amministrazioni comunali co-nosciute per la loro affidabilità durante le collabo-razioni avute in precedenza.Nel Nicaragua esistonoper esempio sin dai tempi del sandinismo centinaiadi organizzazioni non governative che hanno deilegami con gruppi di solidarietà attivi in altri paesi.Si prefiggono di raggiungere direttamente le per-sone maggiormente colpite dalla miseria e dalla sof-ferenza, senza ricorrere all’intervento intermedia-rio dello stato centrale.Come effetto collaterale im-portante si rafforza così la società civile. ■

(Tradotto dal tedesco)

* Richard Bauer è corrispondente dall’estero della NeueZürcher Zeitung/NZZ per l’America centrale e l’areacaraibica con sede a Città del Messico

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Schede di voto anzichépallottoleDopo la consegna dellearmi e l’integrazione nellavita politica, la guerrigliadell’America centrale haconseguito buoni risultatielettorali. In Nicaragua ilFrente Sandinista deLiberación Nacional (FSLN)spera di riconquistare ilpotere con le elezionipresidenziali di novembre.Nel Salvador il FrenteFarabundo Martí deLiberación Nacional(FMLN) sta rafforzando lapropria posizione in quantoalternativa alle forze con-servatrici. Il Frente è inoltreal governo in 80 dei 262distretti, compreso quellodella capitale SanSalvador. In Guatemalal’Unidad RevolucionariaNacional Guatemalteca(URNG) sta superando laprova. L’ex organizzazionemantello di vari gruppidella guerriglia marxista hapartecipato, per la primavolta dopo che è statasiglata la pace, alle elezioninel 1999, ottenendo undiscreto successo.

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Un solo mondo: La Rete regionale per l’ac-qua e il risanamento dell’America centrale(RRAS-CA) collega i quattro paesi più pove-ri della regione. Come mai è risultato indi-spensabile un simile coordinamento?La copertura di questi paesi in materia di acqua po-tabile e di risanamento è la più debole di tuttal’America centrale. Numerosi attori – nazionali einternazionali, pubblici e privati – cercano di sop-perire ai bisogni delle popolazioni più svantaggia-te, ma si scontrano con i limiti dovuti all’assenza diun quadro legale.E l’amalgama istituzionale che de-riva da questa situazione non svolge certo il suoruolo in modo ottimale.Nel 1992 una missione or-

Nei primi due anni la rete è stata amministrata dallaBanca mondiale. Nel 1994 questa ha trasferito laresponsabilità all’UNICEF. Il comitato esecutivocomprende attualmente l’UNICEF,la DSC,l’ONGstatunitense CARE e le istituzioni statali responsa-bili dei servizi dell’acqua potabile e del risanamen-to nei quattro paesi.

I vari attori come coordinano le loro azionia livello nazionale?In Honduras la DSC, l’UNICEF, il Ministero dellasanità e l’ONG Agua para el Pueblo hanno effet-tuato una valutazione delle latrine disponibili intutto il paese. Questa operazione ha condotto alla

Nessun paese dell’America centrale dispone di un ente unicoper i problemi inerenti all’acqua e al risanamento igienico.Ciononostante, una moltitudine di attori intervengono in que-sto campo. Una rete gestita dall’UNICEF facilita ora il lorocoordinamento fra il Nicaragua, l’Honduras, il Salvador e ilGuatemala. Sophie Delessert ne ha incontrato il segretariogenerale Tony Brand.

Tony BrandOriginario degli Stati Uniti,Tony Brand vive da 19 anniin America centrale, princi-palmente in Honduras e inGuatemala. Nel 1984 hafondato Agua para elPueblo, una ONG hondu-regna che ha diretto perdieci anni. Dal 1986 al1991 è stato corrispon-dente della rete televisivaCNN e di vari altri mediaesteri. In seguito ha gestitovari progetti nel campodell’acqua. Brand è statoinoltre consulente in mate-ria di sviluppo per la Bancamondiale e alcune ONGinternazionali. Nel 1992 hacontribuito a creare la retehonduregna dell’acqua edel risanamento igienico.Due anni dopo le agenziefondatrici della RRAS-CAgli hanno chiesto di assu-mere la carica di segretariogenerale.

Una rete idrica unica al mondo

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ganizzata da vari donatori ha recensito ben 150 isti-tuzioni, organizzazioni non governative (OGN) eprogrammi attivi nel settore dell’acqua. Aggiun-gendovi le municipalità nei quattro paesi, si conta-vano in tutto dai 1’500 ai 1’800 enti diversi.

La RRAS-CA è dunque stata creata nel 1992per porre rimedio a questa situazione. In chemodo l’ha affrontata?La rete mette a disposizione denaro, risorse e per-sonale. Ha sviluppato un sistema di scambio di in-formazioni, di tecnologie e di metodi. Partecipa aidibattiti sulla legislazione in materia di acqua, in-coraggiando l’inclusione di clausole a favore dellepersone più svantaggiate. Si tratta di un’esperienzaunica al mondo. Essa permette di ottimizzare le ri-sorse finanziarie, di evitare doppioni rispetto aglisforzi intrapresi dai governi,dalle municipalità,dalleONG locali e dalle agenzie di cooperazione.

nascita di una rete nazionale per l’acqua e il risa-namento igienico.La RRAS-CA si è ispirata a que-sto modello per stimolare la formazione di reti neglialtri paesi. Essa insiste molto sul fatto che le auto-rità nazionali e municipali ne diventino le vere pro-tagoniste. Queste quattro reti non cessano di cre-scere, e oggi contano oltre 100 membri in tutto.Esse esercitano un’influenza sulla modernizzazio-ne del settore.Attualmente tutti i paesi lavorano al-l’elaborazione di nuove leggi per riformare le loroistituzioni. Le reti nazionali non solo alimentano ildibattito in vista di giungere a un consenso, mafanno in modo che non si trascuri neppure la po-polazione rurale, per la quale il servizio dell’acquae del risanamento igienico è carente.

In che misura viene ascoltata dai governi?In Honduras si erano voluti imporre nel 1994-95dei modelli di stampo cileno o argentino. Ciò ha

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creato dei problemi, dato che erano essenzialmen-te pensati per un contesto urbano, trascuravano ipoveri, nonché le aree rurali e di montagna. LaRRAS-CA e le reti nazionali sono riuscite a posi-zionarsi in quanto interlocutrici per la causa dei po-veri.A lungo termine il nostro obiettivo è di fare inmodo che ogni paese organizzi in maniera dure-vole e indipendente il proprio settore idrico, chepossa finanziarlo grazie al proprio budget naziona-le, e che la comunità internazionale si ritiri pro-gressivamente. Ecco perché per i prossimi tre annila nostra priorità è quella di rendere le reti nazio-nali maggiormente autonome.

Nell’ambito di questa catastrofe la RRAS-CA e letre altre reti nazionali hanno fornito dei doni ehanno contribuito al coordinamento in vari campi.Personalmente, mi trovo in Salvador dal momentodel sisma e verosimilmente per una durata di seimesi in quanto coordinatore delle Nazioni Unitee della RRAS-CA per il settore dell’acqua. For-nisco un appoggio alla rete salvadoregna che devevalutare i danni a livello nazionale e allestire unpiano di ricostruzione dei servizi dell’acqua e delrisanamento igienico. ■

(Tradotto dal francese)

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I donatoriLa DSC è uno dei principalidonatori della RRAS-CA,che sostiene sin dal suoinizio nel 1991. Finora isuoi contributi sono am-montati a circa 2,5 milionidi franchi. Per la prossimafase del progetto, checopre il periodo 2001-2003, la DSC prevede unapartecipazione di 560’000franchi, il che rappresentail 33 percento del budget.Fra gli altri donatori,l’UNICEF e l’Agenzia statu-nitense per la protezionedell’ambiente (EPA) verse-ranno ognuno un contribu-to di circa il 10 percento.La parte di CARE potrebbeammontare al 20 percentodel budget. Il resto delfinanziamento sarà assicu-rato dai quattro paesiinteressati.

Come giudica la collaborazione tra l’UNICEFe la DSC?La collaborazione fra queste due agenzie, che si ri-spettano reciprocamente e perseguono degli obiet-tivi comuni, è ormai data per scontata. Senza laRRAS-CA non avrebbero mai collaborato così in-tensamente in America centrale. Nei quattro paesirealizzano insieme delle attività di educazione sa-nitaria, di formazione e di scambio nel settore del-l’acqua potabile e del risanamento igienico.Si entraa far parte di una rete sia per dare che per riceve-re.Unendosi a questo consorzio, la DSC ha in par-ticolare la possibilità di espandere le sue attività inGuatemala, dove la sua azione è ancora molto li-mitata.

Di fronte a una catastrofe come il terremo-to che ha colpito il Salvador il 13 gennaioscorso che aiuto può fornire la RRAS-CA?

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Nell’ottobre 1998 l’uragano Mitch si era abbattutosul Nicaragua, l’Honduras, il Salvador e il Guate-mala, interessando oltre 2,3 milioni di persone.Questa tragedia ha agito da catalizzatore, rafforzan-do la società civile. Il giornalista honduregnoManuel Torres ricorda:«È stata la popolazione a sal-vare l’Honduras. Il governo ha dato prova di debo-lezza sin dal primo giorno. Una debolezza che è ilfrutto di dieci anni di aggiustamento strutturale.Volendo ridurre il ruolo dello stato, questo model-lo neoliberista non lo ha affatto reso più efficace.Ecco perché lo stato ha rapidamente trasferito allasocietà civile la direzione effettiva delle operazionidi soccorso».

Sondaggi sull’aiutoAnche in Nicaragua la società civile ha reagito inmodo esemplare alla catastrofe. Il Coordinamentocivile per l’emergenza e la ricostruzione (CCER) è

stato creato all’indomani del passaggio di Mitch.Alla testa di 349 organizzazioni non governative(ONG), il Coordinamento persegue tre obiettivi:coordinare gli aiuti d’emergenza e di ricostruzione,raccogliere informazioni sulle conseguenze dellatragedia, influenzare le politiche pubbliche di ripri-stino e di ricostruzione in Nicaragua.Nel 1999 e nel 2000 questa rete di ONG ha con-dotto due sondaggi presso 16’200 cittadini persapere come giudicavano la gestione dell’aiutod’emergenza e i progetti di ricostruzione.«Abbiamopotuto identificare le difficoltà e i progressi princi-pali riguardo alla distribuzione dell’aiuto.Questo ciha inoltre permesso di definire meglio le modalitàdella ricostruzione», spiega Ana Quirós, segretariagenerale del CCER.Questi sondaggi si prefiggevano pure di rendere tra-sparenti la gestione e la destinazione dei fondi de-stinati all’aiuto umanitario e alla ricostruzione. Da

In America centrale, dove l’esperienza democratica dura da solivent’anni, il pluralismo politico non è per nulla scontato. Ma lasituazione si sta evolvendo in positivo. La società civile è oggilibera di esprimersi e di organizzarsi. Essa costituirà probabil-mente il motore di queste democrazie ancora imperfette ma invia di affermazione. Di Sophie Delessert.

Società civile, motore della democrazia

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alcuni anni la popolazione sente maggiormente lanecessità di sorvegliare l’impiego dei fondi pubbli-ci. Questo movimento si è amplificato con la paurache il denaro dell’aiuto internazionale sia oggettodi sperpero o appropriazione indebita.

Vicine alla genteI sondaggi del CCER hanno inoltre dimostrato chele popolazioni interessate apprezzano l’operato delleONG, ma giudicano troppo esiguo l’aiuto fornitodal governo.Per Ricardo Zambrana,addetto ai pro-grammi presso il CCER, questo risultato è d’im-portanza fondamentale: «Uno dei principali puntiforti delle ONG è che sono vicine alla gente.Conoscono i bisogni delle comunità di base e sonoprobabilmente le uniche strutture a sopperire a talibisogni a livello nazionale, che si tratti della costru-zione di case, dell’approvvigionamento di acquapotabile, ecc. Il ruolo delle ONG è pertanto deter-minante, soprattutto in un periodo di aggiusta-mento strutturale durante il quale lo stato si sottraealle proprie responsabilità sociali».

cietà civile ha così potuto presentare l’anno scorsouna serie di osservazioni sul budget nazionale. «IlMinistero delle finanze ha in seguito informato ilCONPES in merito a ciò che aveva o non aveva

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Un ruolo chiaveL’anno scorso le ONGhanno canalizzato oltre la metà dei fondi dellacooperazione svizzera inAmerica centrale. La DSCritiene che la società civilesvolga un ruolo essenzialeper il rafforzamento deivalori democratici, losviluppo sostenibile e lalotta contro la povertà.Ecco perché nel suooperato di cooperazioneprivilegia partner quali leONG, le municipalità, leassociazioni di base e lepiccole e medie impresedel settore privato.Nel 2000 la DSC ha avvia-to in Nicaragua un pro-gramma di promozionedella buona gestione degliaffari pubblici. Esso servea promuovere l’accessodei poveri alla giustizia, aidiritti umani e alla com-prensione dei media. Lepopolazioni svantaggiateriusciranno in tal modo aorganizzarsi meglio e a di-fendere i loro interessi.

Guatemala

Nicaragua

Le relazioni fra la società civile e lo stato sono ca-ratterizzate da una reciproca diffidenza. Ma sicco-me i governi non sarebbero mai stati in grado di af-frontare da soli la ricostruzione dei rispettivi paesidevastati da Mitch, hanno dovuto incominciare adialogare con la società civile.In Nicaragua è nella scia della catastrofe che è natonell’agosto 1999 il Consiglio nazionale di pianifi-cazione economica e sociale (CONPES), un’istan-za consultiva i cui membri provengono da ONG,sindacati, associazioni padronali, università o persi-no comunità di base. «Il CONPES raccoglie le ri-chieste in materia di politica socioeconomica, le for-mula in maniera adeguata e le trasmette al governo.Segue attentamente l’attuazione della politica eco-nomica e sociale, proponendo delle migliorie o deicorrettivi», spiega José Luis Velásquez, segretario ge-nerale del CONPES.Per la prima volta nella storia del Nicaragua la so-

preso in considerazione. Si tratta di un progressolampante,poiché il governo si è sentito in dovere direndere conto a qualcuno», constata Ana Quirós.

Forum in HondurasNell’ottobre del 2000 un’esperienza simile ha vistola luce nell’Honduras grazie al finanziamento diorganizzazioni di cooperazione multilaterale e bi-laterale, fra le quali la DSC. Si tratta del Forum dirafforzamento della democrazia, il quale intendepromuovere il dialogo e il consenso fra i settorisociali, economici e politici. Quest’anno organizzadei seminari destinati ai giornalisti con lo scopo disensibilizzare l’opinione pubblica alla tematica dellosviluppo, nonché dei dibattiti su temi quali la po-vertà o i diritti umani. Questo lavoro preparatoriodovrebbe sfociare nell’elaborazione di politiche con-crete, con il coinvolgimento di tutte le parti inte-ressate. Per Efraín Díaz, fondatore e presidente delCentro honduregno di sviluppo umano, si tratta «diun’iniziativa valida e di un nuovo strumento al ser-vizio della società civile,mediante il quale potrà faresentire la propria voce e partecipare attivamente». ■

(Tradotto dal francese)

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È mattino presto,Sofia si risveglia.Dai vicini montiVitosa soffia un vento fresco, dalla vicina panette-ria nella via Conte Ignatiev giunge l’odore del panecaldo. «Il pane deve esserci sempre», afferma il vec-chio panettiere Georgi, e con un rituale quasi re-ligioso sfila dal forno le pagnotte appena cotte.«I bulgari amano il pane fresco di panetteria»,spiega mastro Georgi.L’impresa in cui lavorava suofiglio è stata chiusa perché «non redditizia»; e così,il giovane si è ritrovato disoccupato. Padre e figliohanno quindi deciso di lanciarsi in un’attività fa-miliare. «Ci siamo fatti prestare un po’di soldi dagliamici. È stato difficile, ma credevamo nel succes-so. Ora diamo lavoro a sei persone», dice mastroGeorgi fieramente mentre dà in assaggio un paiodi dolcetti di pasta sfoglia ai clienti. Nel 1989, lepiccole imprese private erano le prime rondini del-l’avvento della democrazia in Bulgaria. Presto,però, furono altri a dettare i toni all’«economia dimercato» bulgara.

La spartizione del patrimonio nazionaleIn Bulgaria, i cambiamenti economici sono iniziatiall’insegna della spartizione delle ex imprese distato fra piccole cerchie. Mentre gente come ma-stro Georgi contava unicamente sulle proprieforze, cosiddetti Baroni Rossi – vecchi funzionaridel partito comunista e dello Stato nonché alti uf-ficiali dell’ex Stasi – iniziarono a erodere il capita-le del paese.Un noto imprenditore racconta come gli si pro-pose di riciclare «denaro rosso» nella sua azienda.In pochissimo tempo fu trasferito denaro in massaall’estero – una fuga di capitali unica addirittura fragli stati del dopo comunismo! Una volta «lavato»,buona parte del denaro fece ritorno in Bulgaria, ele banche spuntavano come funghi. Ma quest’apparente boom non durò a lungo. Nel 1996 e ‘97vi fu una grave crisi bancaria e finanziaria.Le con-seguenze furono un’iperinflazione che raggiunseanche il 600 percento e uno choc dei prezzi.Nelle crisi politiche che seguirono gli scossoni nonmancarono di certo. La sede del partito comuni-sta bulgaro s’infiammò. Il mausoleo di GeorgiDimitroff, famoso dirigente comunista, venne di-strutto. Fino al 1997, in una lotta scespiriana fra

«Montecchi e Capuleti», fra rossi e blu, fra socia-listi (ex comunisti) e Unione delle forze demo-cratiche (SDS) il governo cambiò otto volte.La vera svolta avvenne solo nel 1997. La gentediede l’assalto al parlamento. I meeting di massa ele dimostrazioni obbligarono alle dimissioni il ga-binetto rosso di Jan Widenow completamente fal-limentare.Il governo del democratico Iwan Kostow, nomi-nato di seguito dal Parlamento, è il primo in gradodi terminare il mandato quadriennale senza ele-zioni anticipate. Il governo Kostow è stato in gradodi realizzare un programma impopolare ma che haportato a una stabilità economica. Il lev bulgaro èstato legato al marco tedesco, rafforzando il siste-ma finanziario.Molte aziende non redditizie hannodovuto chiudere, e la disoccupazione è aumenta-ta fortemente, una nuova esperienza difficile per ibulgari. Molti si aspettavano che venissero pro-mosse le piccole e le medie imprese, ma si sba-gliavano.

Ogni ufficio ha il suo prezzoIl governo è stato criticato anche a causa della man-canza di trasparenza e della corruzione dilagantedurante la privatizzazione delle grandi imprese.Nella bocca del popolo, il vice primo ministro era«mister dieci percento». Ma la corruzione non hainvaso solamente le alte sfere. Il «Centro per lo stu-dio della democrazia» stima a 2300 al giorno il nu-mero dei casi di corruzione. «Pago una tangentenei ministeri, in municipio, alle dogane. Ogni uf-ficio ha il suo prezzo», dice Hristo Pejtschev, im-portatore di elettronica.Nonostante tutto, grazie alla stabilità politica edeconomica gli investimenti stranieri sono final-mente aumentati. La Svizzera, ad esempio, ha in-vestito in Bulgaria oltre 89 milioni di dollari finoal 1999, situandosi all’undicesimo posto sulla listadegli investitori. Il turismo, frattanto quasi com-pletamente privatizzato,ha mostrato lo scorso announa crescita del 13 percento. Al forum economi-co di Davos, il vice primo ministro bulgaro PeterJotew ha pronosticato per i prossimi anni unacrescita media del prodotto sociale lordo pari al-l’otto percento.

La più recente storia della Bulgaria è caratterizzata da unademocrazia sempre più forte, una continua crescita economi-ca e la volontà dei bulgari di tenere duro. Tuttavia, il paesebalcanico è ancora alle prese con le conseguenze delle crisifinanziarie, con la corruzione e con un divario fra ricchi e po-veri sempre più profondo. Di Tanja Harisanowa*.

Peperoni cotti e crauti in conserva

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Bulgaria

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stanza, per risparmiare», afferma Maria Petrowa,pensionata. «Senza l’aiuto dei miei figli non potreisopravvivere». Uno dei segreti per cavarsela inBulgaria è la cosiddetta «economia delle conser-ve». Attraversando la Bulgaria in autunno, si è av-volti dal profumo di peperoni cotti, di crauti e dialtre prelibatezze in conserva. Sia per i contadiniche per chi vive in città, è il modo migliore per farquadrare i conti.Impossibile non notare il crescente divario fra ric-chi e poveri, in particolare nei nobili quartieri diSofia Bojana, Dragalevzi o Simeonovo, dove ac-canto ai «castelli» dei boss dell’ex partito comuni-sta sorgono recenti lussuosissime abitazioni dinuovi ricchi. «Chi vive bene in Bulgaria?» chiedeuna barzelletta. L’inquietante risposta: «C’è un’i-struttoria in corso».Oggi il governo ammette uno dei suoi più grossierrori: non aver dato in pratica nessun’opportuni-tà di sviluppo alle piccole e medie imprese, impe-dendo la formazione di una classe media. Il mastropanettiere Georgi resta comunque ottimista. «Ibulgari sono un popolo forte.Abbiamo attraversa-to innumerevoli difficoltà, ma non ci siamo maidati per vinti – perché abbiamo una volontà diferro!» ■

(Tradotto dal tedesco)

* Tanja Harisanowa ha studiato germanistica e giorna-lismo a Sofia. Ha lavorato come giornalista di economiaper l’emittente radiofonica nazionale bulgara. Attual-mente vive a Mosca, dove lavora fra le altre cose per gior-nali e riviste bulgare e per la Deutsche Welle.

«È fantastico poter viaggiare per l’Europa senzavisto,ma dove li prendiamo i soldi?» È il commentodella maggior parte delle persone alla notizia del-l’abolizione del visto per i bulgari.«Molti cittadini hanno a malapena percepito icambiamenti politici ed economici – indubbia-mente positivi – degli ultimi anni», ha detto il pre-sidente Peter Stojanow in occasione della sua al-locuzione d’inizio d’anno. «I cittadini voglionosentire i successi nel portamonete, ma per la mag-gior parte di loro non è stato possibile nemmenoquest’anno». A causa del ritardo delle riforme, inBulgaria la gente deve pagare un prezzo più ele-vato che in altri paesi post comunisti dell’Europacentrale e sud-occidentale.

Oltre mezzo milione di giovani sono emi-grati«Sono stata disoccupata per due anni. Mio maritoha due lavori, e nonostante tutto i soldi non ba-stano. La metà degli stipendi è appena sufficienteper pagare l’affitto»,dice la vicina di mastro Georgi,una donna di mezz’età che gestisce un chiosco.Zdravka Gentscheva non riesce a ricordare l’ulti-ma volta che ha acquistato un vestito o un libro.«Ho perso la speranza che un giorno le cose pos-sano andare meglio». Sono molti anche i giovaniche non vedono nessuna via d’uscita. Ma nonhanno la pazienza di attendere ed emigrano. Oltremezzo milione di giovani bulgari ha lasciato ilpaese – la maggior parte con ottime qualifiche pro-fessionali.Il «brain drain» (l’emigrazione di cervelli) è untema di scottante attualità nell’odierna Bulgaria.Chi vuole vivere in un paese dove, secondo fontiufficiali, il 16 percento della popolazione è senzalavoro, secondo stime ufficiose addirittura più diun quarto? Dove i salari medi equivalgono a 210,le rendite della vecchiaia a 60 franchi? I soli costidi riscaldamento per un appartamento di tre loca-li ammontano a 150 franchi circa. «Scaldo solo una

L’oggetto della vitaquotidianaLa gajda bulgaraLa cornamusa – in bulgaro«gajda» – è un tipico stru-mento popolare bulgaro infeltro d’agnello simile allazampogna scozzese. Ilparticolare suono riecheg-gia da tempi remoti inoccasione di matrimoni edi feste popolari. Sui MontiRodipi, patria di Orfeo –cantore e poeta della mito-logia greca –, la gajda èpiù grande che in altreregioni e ha un timbro piùprofondo e pieno. Vienechiamata «kaba gajda».Nei momenti particolar-mente festosi si riunisconofino a 100 suonatori dikaba gajda. Le loro melo-die sono quanto di piùbello possa offrire la musi-ca popolare bulgara.

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(bf) La Bulgaria è uno di quei paesi con cui laSvizzera coopera attivamente da tempi relativa-mente recenti, più precisamente dal 1992, dopo lacaduta della cortina di ferro. L’ufficio di coordina-mento di Sofia amministra un budget annuo di seimilioni di franchi circa, che servono a finanziare iprogetti dei quattro ambiti d’attività.

Processo di democratizzazione, cittadinanza(citoyenneté), decentramento: Nella regionemontagnosa di Stara Planina (Bulgaria centrale) sicerca di promuovere l’efficienza e l’autonomia delleistituzioni regionali e comunali, mettendo attornoa un tavolo gli attori locali (le amministrazioni co-munali, le imprese, le associazioni,ecc.) con l’intentodi realizzare progetti volti a migliorare il serviziopubblico.Altri progetti mirano a rafforzare il ruolodei sindacati bulgari come partner sociali attivi e arestaurare edifici pubblici storici di Veliko Tarnovocon l’aiuto di disoccupati.

Biodiversità: L’introduzione e l’elaborazione dimetodi di produzione biologici favorisce un’agri-coltura sostenibile. Si punta anche a uno sfrutta-mento migliore delle risorse silvestri. Una pianifi-cazione territoriale mirata protegge la varietà bio-logica e preserva la stabilità degli ecosistemi.

Rete sociale: In primo piano vi è la creazione diun’assicurazione malattia obbligatoria con un pro-gramma di formazione per i quadri.Al contempo,esistono diversi partenariati fra ospedali svizzeri ebulgari nonché un sostegno alla lotta contro la tu-bercolosi.

Promozione delle imprese: Dato che in Bulgariail riconoscimento delle piccole e medie imprese nonha una tradizione, nelle regioni rurali viene pro-mosso lo sviluppo di PMI.

Fatti e cifre

GovernoRepubblica parlamentare

CapitaleSofia

Superficie110 993 km2

Popolazione8,2 milioni di abitanti, di cui:86% bulgari,9% turchi,4% zingari,1% altre minoranze

LinguaBulgaro

ReligioniCristiani: 87%Musulmani: 13%

Settori economiciIndustria: 28%Agricoltura: 24%Servizi: 22%Edilizia: 6%Altri settori di produzionemateriale: 20%

Attività principaliIndustria chimica: 22%Industria alimentare, delTabacco e delle bevan-de: 19%Industria meccanica: 13%Metallurgia: 6%

Materie primeMinerali di ferro, piombo,zinco, rame, miniere dicarbone, uranio e oro

La Svizzera e la BulgariaDa nove anni su quattro assi

Bulgaria

Cenni storici

681 Durante la grande migrazione dei popoli dallaregione asiatica dei monti Pamir i bulgari pri-mitivi giungono nei Balcani. Unendosi a popo-lazioni locali slave e turche fondano il primostato bulgaro, alla testa del quale c’è il primokhan Asparuch.

864 Knjaz Boris I° dichiara il cristianesimoreligione ufficiale. Per ragioni politiche ci siorienta a Costantinopoli (Bisanzio).

1018 La Bulgaria viene conquistata da Bisanzio.A se-guito della rivolta del 1186 viene fondato il se-condo regno bulgaro. Durante il XIV° secolo,le lotte fra i feudatari indeboliscono lo stato;nel 1396 la Bulgaria finisce sotto il giogo deiturchi.

1878 Dopo la guerra di liberazione fra Russia eTurchia, lo stato bulgaro viene ricostruito.Viene proclamata la monarchia parlamentarecon capitale Sofia.

1879 Il principe Alessandro di Battenberg viene elet-to dall’Assemblea nazionale principe reggente.

1912 In primavera, sotto l’influenza russa la Bulgariasi unisce all’unione dei paesi balcanici conSerbia, Grecia e Montenegro. Nella primaguerra balcanica (dall’ottobre 1912 al maggio1913) la Bulgaria porta il peso maggiore nellalotta contro la Turchia. La spartizione dei terri-

tori conquistati porta a delle discordie con glialleati ed in seguito alla seconda guerra balcani-ca.

1915/ In entrambe le guerre mondiali il paese si1941 batte a fianco della Germania, e per due volte

subisce una catastrofe nazionale.Il 5 settembre 1944 l’esercito sovietico invadela Bulgaria. Secondo il patto di Jalta, dopo il ’44il paese appartiene alla zona d’influenza sovieti-ca.

1946 Viene solennemente proclamata la Repubblicapopolare bulgara. Nell’anno successivo il paesericeve una costituzione repubblicana.

1948 La Bulgaria è costretta a siglare un patto d’ami-cizia e di reciproco sostegno con l’UnioneSovietica. Successivamente, nel 1949, liquida ilpatto con la Iugoslavia.

1950 In seguito alla nomina dello stalinista Cerven-kov a Capo del governo i rapporti diplomaticicon gli Stati Uniti vengono interrotti.

1989 Il 10 novembre prendono il via le riforme de-mocratiche. Nel 1990 Jelju Jelew diventa ilprimo presidente eletto democraticamente. Nel1991 il paese si dota di una nuova costituzione.Dal 1997 la carica di presidente è rivestita daPeter Stojanov.

Sofia

Bulgaria

Romania

IugoslaviaMar Nero

Egeo

Grecia

Turchia

Macedonia

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Noi bulgari siamo gente beneducata e non amia-mo le vacche pazze. Per quanto non siamo degliubriaconi, quando beviamo non è latte, ma vino. Equando non beviamo,significa che non abbiamo piùmézés (stuzzichini serviti prima dei pasti) da gusta-re con la rakya (alcol bulgaro) e che pertanto siamopoveri.

Dio ci ha dato la sua benedizione: abbiamo vitinida vespa senza bisogno di frequentare tante palestre.Nella nostra via, una ragazza su due è miss univer-so, ma l’Universo, lui, resta unico; è uno dei tantimisteri della vita. Questo mistero «vita» ci seguecome un’ombra, ma non ci fa paura.Al contrario!È il mistero che ha paura di noi bulgari! Un miste-ro come questo,con così tante incognite,è così com-plesso che l’Universo non ne ha sentito parlare – nétanto meno l’ha visto.

No, non abbiamo abbastanza forze da permettercidi disperare; perciò avanziamo a testa alta. Il nemi-co ci fa la posta, gli facciamo la posta anche noi.Maledetto patriottismo che ci gonfia di orgoglio!Ma perché no? Il re Capitale aiuta solo i ricchi, manoi non l’insultiamo – siamo civilizzati.

Dio non ci ha dimenticati: ci ha suggerito che laSvizzera è bella come la Bulgaria, ci ha rivelato chele nostre vette non hanno nulla da invidiare alle Alpi,così come il registro di tre ottave dei campanacciportati dalle vacche bulgare non ha nulla da invi-diare ai campanacci delle vacche svizzere… I nostripastori suonano su un ritmo sincopato, invece là,nella patria di Guglielmo Tell, il ritmo è a due, treo quattro tempi.Che noia! Ma non dobbiamo com-miserarli; non sanno ancora cos’è la tchalga (gene-re musicale apparso di recente, un orrendo ibridodi pop-folk), questa chiave di sol della noia, questocolera,quest’Aids della musica.Ma noi ormai siamo

immuni, ed è con sguardo gaudente e malvagio cheosserviamo gli ospiti svizzeri che nelle nostre tavernea due, tre, anche a cinque stelle bevono insieme allestar della tchalga. Per noi bulgari, gli svizzeri sonoanche un vero mistero: è Dio che ha inculcato loroil lavoro? Che cosa, se non un’illuminazione sacra– ora et labora –,può ispirarli e seguirli come la loroombra? Mentre noi, uccelli frivoli, cinguettiamo«Padre nostro che sei nei cieli…». Contiamo il de-naro dei ricchi per delle notti intere, poi ci mancail tempo per spalare la neve davanti ai portoni. Mala primavera si avvicina, e ci rimboccheremo ar-dentemente le maniche.

Il nostro ottimismo e la nostra pazienza sono infi-niti. Il mondo non è forse infinito? C’è posto per iconcetti più disparati, per buchi neri nell’universoe per denaro candido nelle banche. Non occorrevergognarsi di prendere lezioni dalla Svizzera – peresempio, allevare i sambernardi affinché ci portinocognac e mézés gratuiti. E noi, in cambio, gli cede-remmo ben volentieri una ventina di bastardi cheerrano per le nostre vie.

Viva l’amicizia bulgaro-svizzera!Viva la lingua svizzera! ■

(Tradotto dal francese)

Boris Dimovski è unumorista molto noto inBulgaria. Da anni per ilsommo piacere dei lettoripubblica quotidianamentenella stampa bulgaracaricature molto critichedallo humour caustico estridente.Per accompagnare il suo articolo ne «Un solomondo», Boris Dimovskiha scelto una caricatura dise stesso e qualche paroladi presentazione: «Nato 75anni fa sui Monti Rodipi,sono illustratore, caricaturi-sta, sceneggiatore. Orfeomi ha consigliato di dise-gnare e di amare, non-ostante tutto, la musica. Ilmio passatempo preferitoè la storia… ma ho cinquefigli e nipoti. Il mio sponsorè Dio».

Scherzo di primavera

Voce dalla Bulgaria

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Il tema «corruzione» mobilita – sia a sinistra che adestra – gli organi di informazione, così come ilmondo della politica. Almeno una decina di volteall’anno il Consiglio federale si vede porre in par-lamento quesiti riguardanti tale ambito. Le doman-de vanno dalla preoccupazione per una corretta uti-lizzazione degli aiuti finanziari che la Svizzera de-stina a paesi stranieri fino al ruolo svolto dal nostropaese nell’ambito dei capitali in fuga provenienti daipaesi in via di sviluppo, ed oltre, fino al quesito ri-guardante la necessità o meno di modernizzare leleggi svizzere in considerazione di una migliore emaggiormente coordinata lotta internazionale allacorruzione.Sono ormai passati i tempi in cui la corruzione eratema di attualità valido soltanto «per gli altri». Percontro, la corruzione è oggi una sfida totale, per ilSud e per il Nord, per l’Oriente e per l’Occidente.Nel corso degli anni novanta i paesi maggiormen-te industrializzati hanno dovuto riconoscere unaloro corresponsabilità nell’instaurarsi dei fenomenidi corruzione.Le imprese presenti in paesi dalle in-stabili condizioni economiche, in qualità di espor-tatori o investitori, sono particolarmente esposte allatentazione di utilizzare le scorciatoie offerte dallacorruzione per giungere alla firma di un contrattoo per poter godere di vantaggiose condizioni ope-rative. In tal modo queste imprese contribuisconodirettamente ad alterare le procedure di accesso aimercati, contribuendo inoltre a falsare le condizio-ni necessarie ad una sana concorrenza.Nel frattempo, proprio in seguito a tali considera-zioni, la comunità internazionale ha compreso chealle piazze finanziarie è di norma assegnato un ruolomolto importante in episodi di corruzione in gran-de stile.Esse si prestano alla formazione di conti ban-cari e contenitori di fondi derivanti da tangenti,chepossono quindi essere utilizzati per favorire prati-che corruttive ed altri fini illegali. Le piazze finan-ziarie sono altresì abusivamente sfruttate per il rici-claggio di denaro sporco e per la formazione degliinteressi da esso derivanti.

Cosa succede alla cooperazione allo sviluppo nel-l’ambito di questi fenomeni? Da una parte, la DSCè tenuta a impegnarsi in una utilizzazione il più pos-sibile trasparente dei fondi ad essa affidati. E ciòè quanto la DSC fa (in questo ambito, essa fa partedel gruppo di paesi che secondo l’OCSE combat-tono il problema con maggiore energia). Dall’altra,è da sottolineare che si è in quotidiano contatto conorganizzazioni internazionali e paesi partner eco-nomicamente fragili. Si è inoltre però anche rego-larmente esposti al generico rimprovero di genteche assegna alla Svizzera il ruolo di complice di cor-rotti regimi di nazioni in via di sviluppo.Anche seil nostro Paese,molto ha fatto,negli ultimi dieci anni,a livello internazionale, per impedire gli abusi per-petrati a scapito della piazza finanziaria svizzera,nonsi può sottacere che la comunità internazionaleconsideri la persistente attrattività delle nostre piaz-ze finanziarie e l’esistenza di specifici punti deboli,terreno adatto a possibili intrighi criminali.È evidente come la Svizzera debba subire, a livellointernazionale e nella problematica legata a feno-meni di corruzione, un giudizio discordante. Unapolitica estera chiaramente tesa all’incremento dellostato di diritto, della democrazia e del rispetto deidiritti umani, pone elevate istanze alla credibilitàdella propria politica interna. Un comportamentoomogeneo da parte dei diversi interpreti della po-litica estera svizzera, così come il rispetto delle esi-genze dello stato di diritto internazionale inSvizzera, è fondamentale premessa per potere pre-sentare tali esigenze in maniera convincente.Proprio la specifica problematica della corruzionerichiede non soltanto la presa di coscienza dellaDSC, ma anche l’intero peso politico della Confe-derazione. ■

Walter FustDirettore della DSC

(Tradotto dal tedesco)

Corruzione: una sfida, per il Sud e per il Nord

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(mr) «Ora a Cuba si sta di nuovo meglio», ci diceFelipe Fernandez, il tassista di Vignales.Chi gira perl’isola caraibica ottiene la stessa impressione: ilprogramma di risanamento voluto da Fidel Castronel 1990 e la decisione di aprire il paese alla be-nedizione dei dollari portatiti dai turisti, mostra iprimi frutti. La forte crisi economica in cui Cubaè piombata all’indomani del crollo dell’UnioneSovietica, quando le sono venuti a mancare i prin-cipali partner commerciali, sembra lentamente ap-pianarsi. Anche Ruth Huber, incaricata di pro-gramma per la sezione America latina della DSCè piuttosto ottimista: «Negli scorsi anni, a Cuba hapreso avvio un importante processo di trasforma-zione che ha portato a delle prime, seppure pic-cole, aperture sia a livello economico che politi-co».È per questo che la DSC ha deciso di rafforzare lagià esistente collaborazione con Cuba.Dallo scor-so settembre ha dunque preso avvio una fase pilo-ta, della durata di tre anni, per la messa a puntodi un programma di sviluppo. Il nuovo uomoall’Avana nonché coordinatore DSC è OlivierBerthoud che per il momento si è stabilito nel-l’edificio del Programma dell’ONU per lo svilup-po (UNDP) e si trasferirà nell’ambasciata svizzeradopo la ristrutturazione della stessa.

Il primo progetto che prenderà avvio prossima-mente nelle regioni di Holguin e Santa Clara è tesoad aiutare i contadini e le cooperative agricole aminimizzare le perdite post raccolto. Gli artigianilocali imparano a costruire dei silos ermetici in cuiconservare meglio i raccolti di fagioli, riso e mais.La tecnica di costruzione dei silos, conosciuta colnome di «postcosecha», è stata sviluppata e speri-mentata con successo in America centrale.Con la partecipazione di 15 tecnici cubani è giàstato eseguito un seminario di pianificazione cheha confermato il desiderio dei contadini di mi-gliorare la conservazione dei raccolti in modod’aumentare la sicurezza alimentare e stabilizzare iprezzi sui mercati rurali. «Da quanto è emerso alseminario di pianificazione,durante il primo trien-nio, potranno essere formati 14 istruttori e 136 ar-tigiani, nonché costruiti e venduti ben 11’500silos», ci racconta Ruth Huber con molta soddi-sfazione ■

(Tradotto dal tedesco)

Dallo scorso settembre la DSC ha rafforzato il suo impegno inCuba: un programma pilota della durata di tre anni permetteràuna migliore conoscenza del contesto cubano e delle sueistituzioni, in modo da poter programmare meglio i prossimiinterventi.

Gli obiettivi della fasepilota del programmaspeciale della DSC perCuba• Acquisire conoscenze sul

contesto cubano che ser-vano da base per decide-re su un futuro program-ma speciale;

• Sostegno della popolazio-ne in merito alle problema-tiche centrali sia attraversoazioni d’aiuto umanitariosia tramite progetti mirati aincentivare lo sviluppoeconomico;

• Contribuire a rafforzare lasocietà civile e le sue isti-tuzioni;

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in crisi. «Spesso qui le donne non sanno di avere deidiritti ai quali possono appellarsi»,ci spiega DorotheaKolde, vice coordinatrice dell’ufficio di coordina-mento della DSC a Mosca.La maggior parte delle donne che si rivolgono alcentro d’assistenza, sono vittime di violenze. Spessoraccontano di essere state percosse dal marito chein stato di ebbrezza ha minacciato persino i bambi-ni. Ma anche dopo il divorzio, i problemi perman-gono. Infatti, molte coppie separate, per motivi fi-nanziari sono costrette a convivere nello stesso ap-partamento. Comperare un secondo appartamentoè impensabile ed appartamenti in affitto pratica-mente non esistono. «La situazione rischia di preci-pitare»,così ci dice Dorothea Kolde,«quando il ma-rito porta in casa la nuova compagna e tutti deb-bono convivere in pochi metri quadri.Allora spes-so le donne cercano assistenza psicologica e legalepresso l’associazione di Alexandra Pyatakova». ■

(Tradotto dal tedesco)

Sostegno alle organiz-zazione dei diritti umaninella Federazione RussaAttualmente la DSC sostie-ne finanziariamente diversiprogetti per i diritti umaninella Federazione Russa,dieci dei quali nel sud delpaese, nelle regioni diRostov e Krasnodar, 15progetti a Mosca e uno nelBashkortostan. Partner delprogetto è l’associazionecon sede a Ginevra LibertyRoad. In questi giorni ègiunta a termine la quartafase del progetto. LaDivisione per la coopera-zione con l’Europa dell’Este la CSI, seppur con unnuovo indirizzo metodico-operativo, resta anche infuturo attiva sul fronte deidiritti umani nella Fede-razione Russa.

(mr) Alexandra Pyatakova, femminista e fervidafautrice dei diritti umani, è una donna piena dienergia: la 51enne avvocatessa, consigliera comu-nale, candidata alla Duma, nonché madre di dueadolescenti, è la figura chiave della prima organiz-zazione femminile della regione di Rosotv.L’associazione presieduta da Alexandra Pyatakovadal nome «Vera,Nadezhda,Lyubov» ovvero «Fede,speranza, amore» è stata fondata nel 1996, nell’excapitale dei cosacchi Novosherkassk, a sud ovest diquesta regione russa che per estensione è al sestoposto.Il lavoro certo non manca alle 15 donne che vi pre-stano servizio in gran parte a titolo gratuito.Le av-vocatesse di «Vera, Nadezhda, Lyubov» organizza-no conferenze e tavole rotonde su temi legati ai di-ritti umani, assicurano assistenza legale alle donnedella regione e scrivono articoli giuridici per lastampa locale.Nel 1998 l’associazione ha ricevuto un primo con-tributo della DSC con il progetto «Assistenza giu-ridica e sociale per donne in crisi». Grazie a que-sto progetto è stato possibile offrire alle donne,oltreall’assistenza giuridica, anche un servizio di assi-stenza psicologica ed un telefono rosa per donne

Nonostante la Federazione Russa abbia ratificato la Conven-zione europea sui diritti umani, permangono casi d’infrazione.A soffrirne di più sono donne e bambini.

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(mr) Quando Adrian Gnägi, futuro coordinatore perconto della DSC ad Amman, racconta della suanuova sfida, gli si illumina lo sguardo. Già tra qual-che settimana aprirà i battenti il nuovo ufficio dellaDSC ad Amman al quale Gnägi è preposto. Nono-stante il nuovo ufficio, l’impegno svizzero nel MedioOriente non è nuovo, infatti, il nostro paese è pre-sente con i suoi aiuti in questa regione da decenni,occupandosi soprattutto della questione dei rifugiatipalestinesi.Finora il coordinamento delle attività nella regioneera affidato all’ufficio di coordinamento del WestBank e Gaza.Ora,a causa della continua crescita delprogramma, si è reso necessario un rinforzo, assicu-rato dal nuovo ufficio ad Amman.Negli anni Novanta, nel periodo in cui l’Agenziadelle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi(UNWRA) era slittata inesorabilmente in una crisistrutturale, la Svizzera aveva immediatamente offertoil suo aiuto. Infatti, è da allora che la Svizzera ha as-sunto il ruolo di coordinatrice dei paesi ospiti e do-natori dell’UNWRA. «Al nostro paese oggi vienericonosciuto un particolare ruolo come mediatricecapace di trovare soluzioni a livello operativo in ma-

teria di rifugiati», afferma con soddisfazione Gnägi.L’ufficio della DSC ad Amman accanto ai pro-grammi per rifugiati già in corso in Giordania,Libano e in Siria assume tuttavia anche nuove fun-zioni: un nuovo forum di riflessione è destinato aincentivare lo scambio di opinioni tra donatori,paesiospiti e le organizzazioni in merito ai problemiumanitari dei rifugiati.Se in un prossimo futuro si dovesse siglare un trat-tato di pace, l’aiuto umanitario ed anche l’ufficiodella DSC ad Amman saranno investiti di un gran-de compito: si tratterebbe, infatti, del più vasto pro-gramma d’integrazione e di rimpatrio dei rifugiatidalla fine della seconda guerra mondiale. ■

(Tradotto dal tedesco)

Quest’estate la DSC apre un nuovo ufficio in Giordania, il paesecon il maggior numero di rifugiati palestinesi. La Svizzera, nelcorso degli ultimi 50 anni, ha sostenuto i rifugiati palestinesi con150 milioni di franchi ed è dunque uno dei donatori più impor-tanti.

Oltre 5 milioni di rifugiatiI rifugiati palestinesi sonouno dei gruppi di rifugiatimaggiore al mondo.Quando nel 1948, nelcorso della guerra, fucreato lo stato d’Israele,700’000 uomini e donnepalestinesi lasciarono ilpaese. Nel 1967, in segui-to alla Guerra dei sei gior-ni, quando Israele occupòil Gaza e West Bank, altrecentinaia di migliaia dipersone hanno cercatorifugio altrove. Oggi si con-tano a livello mondialecirca 3.7 milioni di rifugiatipalestinesi registratidall’ONU e circa 1.5 milionidi rifugiati non registrati. Il 42 percento dei rifugiativive oggi in Giordania,molti di loro sono divenuticittadini giordani.

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Presso la DSC si sperimenta-no nuovi modelli di lavoro(bf) La Direzione ha approvatoun progetto pilota che deveconsentire di sperimentare e verificare nella prassi quotidianala fattibilità di forme alternativedi lavoro. Fra queste rientrano inparticolare il job sharing(suddivisione di un posto dilavoro fra due persone), il telela-voro limitato a singole giornate(la collaboratrice o il collabo-ratore lavorano da casa, collegan-dosi con la centrale tramitemezzi di comunicazione infor-matici), il posto di lavoro atempo parziale per le funzionidirigenziali, la funzione dirigen-ziale con una percentuale ditelelavoro, nonché la suddivisionedella funzione di sostituto.Dovrebbe così essere possibileappurare entro la fine del 2001con quali presupposti e a qualicondizioni questi modelli alter-

nativi possano essere introdottidefinitivamente.

Premio indiano(bf) Un successo per la Divisionerisorse naturali e ambiente dellaDSC. Dal 1994 essa finanzia,tramite l’organizzazione nongovernativa indiana TERI (Tara Energy Research Institute),un progetto che ha rivoluzionatoper più di un aspetto l’industriadel vetro della città di Firozabad.Esso è stato ora insignito dell’am-bito «Certificate of Merit», unriconoscimento riservato a pre-stazioni di eccellenza nel settoreindustriale e tecnologico, cheviene conferito dal Non ProfitOrganisation ConsultancyDevelopment Center. Gli sforzicompiuti hanno avuto delle rica-dute su vari piani: il passaggio dalriscaldamento a carbone a quelloa gas per i forni fusori, nonché ilsofisticato sistema di recupero del

calore hanno comportato unrisparmio energetico di circa il50 percento. In questo modo si èridotto sensibilmente l’impattoambientale, ma si sono anchemigliorate notevolmente le con-dizioni di lavoro grazie a unariduzione della produzione dipolvere. Con l’aiuto di vari spe-cialisti internazionali in materiadi costruzione di forni si sonoinoltre concepiti in manieracompletamente nuova e piùefficiente i forni fusori. Infine, sisono cercate e, manifestamente,anche trovate le migliori soluzio-ni settoriali e interindustriali.

Slancio di generosità(vuc) Una pakistana riceveràl’aiuto inaspettato di un telespet-tatore svizzero colpito dalla suastoria. Jamila vive in un quartierediseredato di Karachi, dovesvolge opera di volgarizzazionesanitaria, divulgando alla gente

del posto il suo sapere in materiadi sanità.Avendo beneficiato diun piccolo credito, ha acquistatoun congelatore nel quale conser-va alimenti, medicinali e vaccini,che rappresentano per lei unafonte di reddito. La sua vicenda è raccontata in un filmato di unadecina di minuti, Super Jamila,girato in Pakistan nel 1998.Questo cortometraggio è statocoprodotto dalla DSC e daAzimuts, l’unità audiovisiva delProgramma delle Nazioni Uniteper lo sviluppo (UNDP), aGinevra. Proposto a 900 catenetelevisive per la giornata interna-zionale della donna, l’8 marzoscorso è stato in particolare man-dato in onda dalla Télévisionsuisse romande (TSR) al mo-mento del telegiornale.Commosso da queste immagini,un telespettatore ha contattato laTSR, proponendo di rimborsareil prestito contratto da Jamila.

Dietro le quinte della DSC

Che cosa è…Global Public Goods?

(bf) La definizione Global Public Goods è emersa per la prima voltaa livello internazionale in occasione dell’ultimo Vertice mone-tario mondiale, andato in scena a Praga lo scorso anno. Proprionella città boema, il patrimonio pubblico dei singoli stati – quel-lo che da lungo tempo è considerato oggetto di interesse dellescienze economiche – ha ricevuto una internazionalizzazioneche si cristallizza nel termine «Patrimonio pubblico globale». ibeni, che rientrano sotto questa definizione si distinguono perdue loro caratteristiche: ogni persona ha ad essi libero accesso elibera possibilità di utilizzazione; inoltre il consumo di tali benida parte di un singolo individuo non va a limitare l’eventualeconsumo di altre persone (esattamente il contrario di quanto suc-cede per beni ottenibili in quantità limitata). Modelli di GlobalPublic Goods sono ad esempio da vedere nella riduzione glo-bale del surriscaldamento climatico del pianeta, nella ricerca dibase,nel contenimento dell’estensione di malattie contagiose (frale altre, l’Aids), nella stabilità dei mercati finanziari, nella chiu-sura del buco esistente nello strato d’ozono o nella lotta alla po-vertà.Quest’ultima rappresenta anche un esempio del perché nonesista una definizione ufficiale del termine. Al proposito, sussi-stono ulteriori quesiti,ed essi si riferiscono a chi pagherà,a come

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saranno scelti, a chi ne sarà competente, a chi goderà dei van-taggi e come potranno essere delimitati nel confronto con i benipubblici di carattere nazionale.

Il 2001 è l’anno internazionale del volontariato. Anche nell’am-bito della cooperazione svizzera allo sviluppo sono all’opera deivolontari. Nathalie Fleury, antropologa nonché volontaria, PaulStadler della Missione Betlemme di Immensee e François Drozdella DSC discutono del perché e dell’attualità del volontaria-to alle soglie del terzo millennio. Un’intervista di GabrielaNeuhaus.

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Un solo mondo: Come si differenzia, nello spe-cifico ambito della cooperazione allo sviluppo, ilcosiddetto «volontariato» da un altro genere di im-pegno?

Nathalie Fleury: Il termine che mi sento dipoter collegare a quello specifico del volontaria-to è «impegno». L’esperienza che io stessa ho vis-suto non è stata una semplice parentesi nella miavita. Questo impegno ha avuto inizio in Svizzera,continuando poi in anni più recenti nella Repub-blica Centrafricana e proseguendo anche oggi, al-l’indomani del mio ritorno.

Paul Stadler: I volontari sono persone che si im-pegnano senza alcun intento di farsi una qualcheposizione. Essi mettono a disposizione il loro ta-lento, cercando fruttuosi scambi tra culture e re-ligioni diverse. Si tratta di persone spesso piùpronte di altre ad assorbire culture diverse; perquesto motivo, il loro impegno si estende di soli-to su un periodo di almeno tre anni: hanno cosìmodo di apprendere la lingua, di aprirsi alla cul-tura ed alla storia del paese in cui operano, inmodo di poter vivere in maniera adeguata quest’esperienza da loro voluta.

Un solo mondo: La DSC fornisce il suo soste-gno ad organizzazioni che inviano volontari nelSud del mondo. Per quale motivo?

François Droz: Perché quello è l’impegno dipersone competenti, che partono per il Sud delmondo per rinforzare la società civile senza averealcuna priorità di tipo economico o professiona-

le. L’altra ragione per la quale la DSC sostiene taliprogrammi sta nell’importanza delle testimonian-ze che queste persone riportano in Svizzera. LaDSC pone una grande attenzione alla professio-nalità delle persone impegnate in questi ambiti: lesituazioni che si affrontano sul posto sono moltocomplesse; una buona disposizione di spirito edun buon cuore, da soli, non bastano.

Nathalie Fleury: È importante sottolineare cheun impegno volontario nel settore della coopera-zione non corrisponde per forza ad un’azione divolontariato. Il volontario si impegna in effetti inambiti precisi: ad esempio, una ONG che dispo-ne di condizioni di reclutamento e di partenaria-to. Ci si attende ovviamente che il partner sulposto collabori e appoggi materialmente il vo-lontario.

François Droz: La DSC si aspetta dalle orga-nizzazioni che inviano dei volontari, una certastruttura,una visione chiara ed un programma co-erente.

Nathalie Fleury: Per ciò che mi concerne, misentivo parte di un movimento molto impegnatonella realtà del Sud, ma anche in Svizzera a livel-lo di sensibilizzazione e di presa di coscienza.Quest’attività di scambio consente di realizzare deiveri e propri ponti tra le società, e questo è l’aspet-to davvero interessante.

Paul Stadler: Per noi è molto importante che inostri partner del Sud ci dicano in modo moltodiretto: ci serve la vostra collaborazione.

Per il volontariato: UnitéAlla federazione «Unité»sono associate 30 istitu-zioni, che forniscono – nell’ambito della coopera-zione allo sviluppo – unaformazione specifica a vo-lontari che saranno poi impiegati in appositi pro-grammi. La maggior partedi queste organizzazioni haradici di tipo religioso. LaDSC fornisce però il suosostegno soltanto ad inter-venti che non abbiamo ca-rattere missionario e chesiano in armonia con il mo-dello svizzero di politica disviluppo «Aiuto per i piùpoveri». Per impegni di vo-lontariato si cercano per-sone che possano mettersia disposizione per almenotre anni, e che siano inpossesso di una solidabase professionale. Il sala-rio percepito consente alvolontario il sostentamentonel luogo di attività; in ag-giunta, le rispettive orga-nizzazioni si prendono acarico le relative assicura-zioni sociali. Il numero di«volontari» attualmente im-pegnato sul terreno daparte di organizzazioni fa-centi capo all’Unité variada 200 a 400 persone al-l’anno. La DSC fornisce, aquesto tipo di volontariatoattivo nell’ambito dell’Uni-té, un sostegno finanziariodi 9,2 milioni di franchi. Per ulteriori informazioni:www.unite-ch.org

Volontariato: una sceltasempre più difficile

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Un solo mondo: Lavoro di base affidato a citta-dini svizzeri nel Sud del mondo: non vi sembra unapproccio superato?

François Droz: È evidente che si dovranno asse-gnare sempre maggiori competenze al Sud. Ciònonostante,e malgrado i notevoli miglioramenti in-tervenuti, la necessità di personale qualificato nelleregioni isolate resta per certe versi di grande attua-lità.È importante integrare nell’attività di coopera-zione elementi di formazione e di preparazione allasostituzione, in modo che le popolazioni coinvoltepossano, negli anni a venire, prendere nelle propriemani e con nuove competenze, il loro futuro.

Nathalie Fleury: Uno dei punti forti che con-traddistinguono l’operato dei volontari – ben oltre

le loro competenze professionali e personali – è forsequesta loro visione dall’esterno rispetto alla culturain cui operano. Infatti, al loro ritorno in Svizzera,mostrano di aver acquisito, riguardo alla loro socie-tà di appartenenza,una distanza che gli permette unavisione più ricca e più complessa sulle cose del quo-tidiano.

Un solo mondo: A prescindere da ciò che signi-fica l’impiego di singoli volontari per le persone di-rettamente coinvolte, sorge l’interrogativo su qualesia la sua funzione nell’ambito di programmi di svi-luppo improntati ad una certa durata.

François Droz: Il nostro obiettivo primario èquello di sostenere le popolazioni del Sud, e questoè un processo realizzabile soltanto a medio o a lun-

I volontari che operanonella cooperazione allosviluppo prestano servi-zio in diversi ambiti eluoghi: distribuendogeneri alimentari dopo ilterremoto in Salvador (asinistra), in un’officinaper macchinari agricoli enelle risaie tailandesi efilippine (in alto), oppurein una cooperativa deditaalle piantagioni di caffèin Messico e nellacostruzione di cisterneper l’acqua in India(prossima pagina).

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go termine; l’esperienza che una persona acquisi-sce nel corso di tre anni è certamente notevole eimportante, ma questo tipo di impegno dovrà esse-re inserito in un programma di una delle organiz-zazioni coinvolte: non è possibile realizzare svilup-po a breve termine. È necessario lavorare con unprogramma, avere un impegno duraturo.

Nathalie Fleury: Si tratta in effetti di un elemen-to essenziale: l’impegno in un progetto non può es-sere limitato nel tempo, considerato che in esso c’èun prima ed un dopo.

Paul Stadler:Abbiamo fatto l’esperienza che dopouna buona collaborazione in un progetto, spesso simanifesti il desiderio di portare avanti il lavoro.Sapere che l’organizzazione sta cercando qualcunoin grado di dare continuità al lavoro iniziato è moltosoddisfacente.

Un solo mondo: È anche vero che è sempre piùdifficile trovare nuovi volontari; negli ultimi anni,il numero di persone che si offrono volontarie nel-l’ambito della cooperazione allo sviluppo è note-volmente calato. Per quale motivo?

François Droz: Le ragioni alle quali si può attri-buire questa diminuzione sono diverse: le compe-tenze richieste ai volontari sono sempre maggiorie, più ancora che in giovani ventenni, le si trova inpersone sulla quarantina, sovente sposate, con figli eimpegnate professionalmente. Per questa ragione èsempre più difficile trovare gente che sia pronta adaffrontare un cambiamento radicale, della propriaesistenza e di quella dei propri cari.

Paul Stadler: C’è comunque molta gente interes-sata a questo genere di impegno di solidarietà, maquando si accorgono quanto sia esigente,ci ripensa-no.Decisivo è soprattutto il fattore tempo:un impe-

gno minimo di tre anni è considerato da molti trop-po lungo. Ed inoltre non si può negare che a voltele condizioni operative sono tutt’altro che attraenti.

Nathalie Fleury: La questione del ritorno si poneancora prima della partenza. Il problema legato alreinserimento professionale può incutere giustifica-ti timori in certe persone, soprattutto se hanno fa-miglia. È dunque molto importante attribuire unmaggiore riconoscimento ed una valorizzazione aquesto tipo di impegno. Occorre valorizzarlo nelcurriculum, tenerne conto a livello delle assicura-zioni sociale,ed infine,valorizzarlo dal punto di vistadell’accettazione sociale.

François Droz: Questo vale anche per le orga-nizzazioni che devono valorizzare maggiormentel’esperienza del volontariato. Si dovrebbe poter di-mostrare che un volontario possiede l’esperienza ele qualità che oggi sono maggiormente richieste dalmercato del lavoro:flessibilità,disponibilità ad ascol-tare, adattabilità a situazioni complesse, capacità digestire persone di differenti origini culturali; tutticriteri altamente apprezzati dalle moderne aziende.

Un solo mondo: Ciò sta a significare che, nel-l’ambito dell’aiuto allo sviluppo, si dovrebbe pro-muovere l’attività di volontariato?

Paul Stadler: La richiesta di volontari che ci vienedal Sud del mondo è molto grande. Potremmo in-viare molta più gente di quanta ne abbiamo a di-sposizione. Per questa ragione, cerchiamo di moti-vare più gente possibile. Sarebbe un peccato, se fos-simo costretti a ridimensionare il tutto. Inoltre, nonpossiamo permetterci di sottovalutare la durata e glieffetti a lungo termine che questo ricambio di per-sone può comportare. ■

(Tradotto dal tedesco)

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Nel cuore della città, un alvearesi sveglia e impone il suo motivo.L’alveare è un teatro. Incrocio diparole e di idee, fabbrica di lega-mi, porta il nome sorridente diComédie e spartisce la sua utopiacon chi lo desidera.

All’epoca dello schermo onni-presente, lo spettacolo dal vivoritrova tutta la sua magia, il suosenso, la sua forza. Sulla scena, gliattori – testimoni privilegiati delnostro rapporto con il mondo –esplorano le imperfezioni dell’u-mano e trasformano in segni di-stinti gli equilibri misteriosi dellerelazioni umane. Funamboli,«atleti del cuore», ci fanno tratte-nere il fiato raccontandoci ilrespiro del nostro tempo.Ancor

più quando presentano testi diautori in vita.

Questi ultimi non sempre hannotrovato il loro posto nelle grandiistituzioni. Qui, piace far sentirele loro parole perché s’intuisceche sono le nostre, più di quelledei classici.Allora, la Comédie liaccoglie. Grazie al sostegno dellaSocietà svizzera degli autori, dueo tre autori soggiornano da noiper qualche mese. Interrogano lepratiche del teatro, sconvolgonola sua equipe braccando le ideepreconcette.

Luogo emblematico della parolapresa e data, il teatro trasformal’espressione e l’impegno in valo-ri preziosi.Attaccata allo spirito

del teatro cittadino, la Comédie deGenève inventa spazi per ospitarequesta parola.Attorno agli spetta-coli, dibattiti ed esposizioni ri-suona l’eco degli impegni e degliappelli alla resistenza.

Sclavus, mostra che denuncia loschiavismo contemporaneo incerte missioni diplomatiche, oTerres minées, concepita daHandicap international e che dàun viso alle vittime delle mineantiuomo, sono esempi di presedi posizione che hanno una lorocollocazione in questo teatro.

Nel marzo del 2001, la Comédieospita uno spettacolo avveni-mento, Rwanda 94, presentatodalla compagnia belga Le Grou-pov. Un lavoro senza concessionidurato cinque anni, per tentare di capire l’inconcepibile, il geno-cidio del 1994. Dalla narrazionepiù cruda alla fiction teatrale piùsofisticata, questo spettacolo dicinque ore batte in breccia i nostri pregiudizi, interroga ilruolo dei media nella trascrizionedi questa tragedia, ci mette difronte a un’umanità scatenata,la nostra.

Come Nuit et brouillard di AlainResnais rivelava a quell’adole-scente che ero negli anni Settantaun aspetto indelebile nel mondocontemporaneo, Rwanda 94provoca un nuovo choc. Ma nonprostrazione.Volendo ridare ladignità ai morti e alle vittime,lo spettacolo tratta lo spettatorecon lo stesso rispetto.

Una simile sfida apre spazi infini-ti alla creazione teatrale e dona aquest’arte arcaica l’eterna giovi-nezza.

La Comédie de Genève vuol essere lo scrigno di una parolalibera e fragile. Uno spazio pro-tetto che ama assumersi rischi emostrare tutto il suo anticonfor-mismo, la sua libertà di tono,

Il teatro per cambiare il mondo…

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Anne Bisang, regista, è direttricedella Comédie de Genève.Femminista impegnata, ha presole redini dell’istituzione nel lugliodel 1999, all’età di 38 anni,divenendo la più giovane respon-sabile di un teatro in Svizzera. La donna ha deciso di cambiarel’immagine della Comédie,rendendolo un teatro aperto epopolare. Anne Bisang ha trascor-so la fanciullezza a Yokohama(Giappone), poi a Beirut. È tornataa Ginevra, sua città natale, soloall’età di undici anni. Dopo unaformazione alla Scuola superiored’arte drammatica, è dapprimastata tentata dalla professione diattrice, ma si è rapidamenteconvertita alla regia. Nel 1986 hafondato la Compagnie du Revoir,e ha messo in scena una decinadi spettacoli.

il suo gusto del contatto e deldibattito in una cultura circo-stante che tarda ad abbandonare i suoi riflessi calvinisti…Semplicemente, il teatro percambiare il mondo… ■

(Tradotto dal francese)

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Manuel Bauer Julian Cardona

Z o o moltre la frontiera

«Sudafrica-Mozambico: dallaclandestinità al rimpatrio for-zato» (2000) di Jodi BieberUn viaggio in treno con i clan-destini, costretti al rimpatrio nel-la primavera del 2000, in unMozambico disastrato e pesan-temente alluvionato. Al lavoro

della sudafricana Jodi Bieber èstato assegnato il primo premiodella World Press Photo 2001.

«Tibet: in fuga verso l’esilio»(1995) di Manuel Bauer La fuga di una ragazzina e disuo padre sulle piste dell’Hima-laya, verso Dharamsala in India,all’incontro con il Dalai Lama.

«Messico/USA: La Frontera»(2000) di Julian CardonaLe conseguenze del NAFTA(North American Free TradeAgreement) come esse emergo-no al confine tra Messico e StatiUniti, un luogo in cui, come innessun altro posto, due mondicosì diversi vengono a contatto.

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Le frontiere possono decidere della nostra esistenza, delnostro destino. «Frontiere a confronto», un’esposizionefotografica realizzata da Pro Helvetia e DSC mostra, indieci pregnanti reportages frontiere, frontalieri ed eventi difrontiera.

«San Francisco/Chinatown:‘This Land is our Land’» (2000)di Thomas KernImmigrati di origine cinese a SanFrancisco.

Thomas Kern

Joachim Ladefoged Meinrad Schade

Valery Nistratov

(lit) La globalizzazione ha dato al nostro mondo la dimen-sione del villaggio; la comunicazione nello spazio ciberne-tico non ha più confini. Ma ogni giorno sorgono nuovilimiti, nuove frontiere. Il ricco può permettersi di superarecerti ostacoli, chi ricco non è si trova in difficoltà, si vedenegare l’accesso.La mostra fotografica realizzata dal fotografo zurigheseDaniel Schwartz mostra dieci di queste frontiere. Professio-

nisti della fotografia provenienti da tre diversi continentihanno immortalato località in cui mondi e culture diffe-renti entrano in collisione.Il visitatore assiste dalla fuga di una ragazzina su piste hima-layane al piccolo commercio di confine in Transnistria.Diventa spettatore del rimpatrio forzato di rifugiati clan-destini che dal Sudafrica sono ricondotti in Mozambico(un reportage, questo, che ha appena ricevuto il primo pre-

«Vivere in Kosovo» (1999-2000) di Joachim Ladefoged L’esodo verso l’Albania. Ilritorno a casa, la vita di ognigiorno nella città tagliata indue di Kosova/Mitrovica.

«Svizzera: terra d’asilo/terra di transito» (1998-2000) diMeinrad Schade Dalla Stazione centrale di Milanoal confine tra Ticino e Italia. Lavita nei centri di accoglienza edi rimpatri forzati. Il ritorno in unKosovo devastato dalla guerra,i giorni della ricostruzione.

«Transnistria: una terra difrontiera che è anche stato»(2000) di Valery NistratovLe singolari sorti di una minirepubblica auto-proclamata, nelcuore della Moldavia, su territoriogià ucraino, già romeno…

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Un libro accompagnal’esposizioneIn tempo utile per accompagnare lavernice dell’esposizione fotografica«Frontiere a confronto», sarà pubbli-cato – in tedesco ed italiano, in in-glese e francese, per le edizioni Rot-punktverlag di Zurigo – un volume, di circa 180 pagine. «Frontiere aconfronto» riporta una serie di 65contributi fotografici e testi di intro-duzione ai dieci reportages. La pub-blicazione è completata da saggi diUrvashi Butalia, Juan Goytisolo,Peter Haffner, Pedro Rosa Mendese Paul Villoro.

Randa Shaath

Roger Wehrli Don McCullin

Randa Shaath

I luoghi dell’esposizione e le date• Dal 2 giugno al 19 agosto 2001:

Premiere nel Photoforum PasquArt,Bienne.

• Dal 15 settembre al 14 ottobre 2001:Magazzini FFS, Chiasso.

• Dal 1° al 30 novembre 2001: Kunst-raum im Badischen Bahnhof (riaperta al pubblico nell’autunno del 2001),Basilea.

• Dal 4 gennaio al 28 febbraio 2002:Centre valaisan de l’image et du son,Martigny (realizzazione ancora inceta).

• Dal mese di aprile del 2002, l’esposi-zione va in tournée all’estero, in diversipaesi e continenti.

mio della World Press Photo). Si imbatte in storie quoti-diane di gente del Kosovo nei centri di accoglienza svizze-ri, di cinesi a San Francisco, e di africani sugli scogli diGibilterra.La qualità delle immagini esposte è eccellente. Pratica-mente tutti i reportages sono stati realizzati appositamenteper questa mostra. Il noto fotoreporter Don McCullin, inesclusiva per «Frontiere a confronto», ha sapientementesaccheggiato il suo archivio, traendone inedite immaginidella guerra civile scoppiata a Cipro nel lontano 1964.«Frontiere a confronto» prende il via in un luogo simboli-

«Palestina: una patria a formadi prigione» (2000) di RandaShaathVivere nel cuore di una confusio-ne cartografica, in Cisgiordania.Ostacoli ed umiliazioni presso icosiddetti «passaggi sicuri» traGaza ed Israele.

«Gibilterra: il portone dellafortezza europea» (2000) diRoger WehrliImmigrazione clandestinadall’Africa occidentale verso ilNord. Ondata turistica in dire-zione Sud.

«Cipro: la guerra civile» (1964)di Don McCullinUn reportage fotografico sullaguerra civile che insanguinò l’isoladi Cipro nel 1964. Una serie di fotostraordinarie, sino ad oggi inedite.

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Kirghistan, 23 maggio(gn) Shoro è il nome della be-vanda nazionale krighisa. È stataimmessa nel mercato e vienecommercializzata con successodai fratelli Egemberdiev. E men-tre loro sono entusiasti dellanuova era, il giovane ErnisGiamangulov lotta per riuscire asopravvivere come piccolo con-tadino nel rude clima dell’eco-nomia di mercato. «In passatonon andava poi tutto così male»,asserisce il capoallevatore VictorCerkassov dell’ultimo kolchozancora operativo nel paese, men-tre la giovane chirurga e reginet-ta centroasiatica della bellezzaKanykey Kalmurzajeva, nono-stante tutte le difficoltà, pensache: «È meglio vivere nel vorticedel ciclone piuttosto che in unapalude».Nel documentario «Kirgistan,23. Mai», sostenuto dalla DSC,otto persone di diversa estrazionesociale ci fanno conoscere alcuniaspetti della loro vita quotidianae del loro affascinante paese,rimasto per decenni nell’ombrapiù completa dietro la cortina di ferro.«Kirgistan, 23. Mai» (non è otteni-bile in italiano), un documentario diGabriela Neuhaus e Angelo Scude-letti; video, 85’ (versione ridotta 52’) Noleggio/vendita: Offroad ReportsGmbH, tel. 031/376 11 76,e-mail: [email protected] versione di 30 minuti,particolarmente indicata per le scuole,può essere noleggiata/acquistatapresso «Filme für eine Welt»,tel. 031/398 20 88,[email protected]

Shanaz – principessa in esilio(dg) La dodicenne Shanaz vivecon la madre e le sorelle in uncampo profughi in Afghanistan.Le tre dispongono di un unicolocale. Il solo «lusso» è rappresen-tato da una stufa a legna. Il menùprevede solitamente solo pane etè. I bambini contribuiscono conil loro lavoro alla sopravvivenza

nel campo (per esempio lavandoi piatti al punto di erogazionedell’acqua). Il film permette difarsi un’idea della dura vita deiprofughi ponendosi nell’otticadei bambini. Malgrado la difficilesituazione, Shanaz non perde ilsuo ottimismo e vorrebbe ungiorno diventare sarta. Pur sullosfondo della guerra e della vio-lenza, il film riesce a dare unvolto alle persone, strappandoleall’anonimato di un campo pro-fughi. La loro voglia di sopravvi-vere non manca di infondere co-raggio.«Shanaz – Prinzessin im Exil»Geneviève Mersch, Belgio, 1996.In tedesco e francese, video VHS,15’, documentario, consigliato a par-tire dai 10 anni. Per la versione tede-sca: Fachstelle «Filme für eine Welt»,tel. 031/398 20 88,[email protected], www.filmeei-newelt.ch; Per la versione francese:Cinédia, tel. 026/426 34 30,[email protected]

Irresistibile(er) È uno dei pionieri dello skae del reggae. Con lui hanno suo-nato in particolare Bob Marley,Jimmy Cliff, Monty Alexander

e Baaba Maal. Ciononostante ilsessantottenne virtuoso di chitar-ra giamaicano Ernest Ranglin èsempre ancora troppo pococonosciuto, e a torto, come lodimostra il suo CD «ModernAnswers to Old Problems».La risposta di Ranglin è chiara:Ya man – anche per gli appassio-nati del jazz – con irresistibilistorie imbastite talvolta sulloscintillante gioco di singole notee talaltra sui preziosi intrecciabbozzati dai suoni delle corde.Vi si aggiungono i ritmi incal-zanti delle percussioni e dellelinee del basso, assoli di sassofonoe suoni d’organo Wurlitzer gio-cosamente jazzistici. Nello sche-ma poliritmico del ricco afrojazze afrobeat interviene da ultimouna voce femminile con accentimorbidamente penetranti.Ranglin ha inciso il suo album aLondra con musicisti da studioaventi radici nigeriane. Fra lorofigurano l’ex percussionista deiFela Kunti Tony Allen (una leg-genda dell’afrofunk), la cantanteSylvia Tella («UK’s Queen ofReggae») e, per un brano, anchela star dei sassofonisti CourtneyPine.Ernest Ranglin, «Modern Answersto Old Problems» (Telarc/Musik-vertrieb)

Focoso e spumeggiante(er) Hanno la musica nel sangue,i loro violini e clarinetti sin-ghiozzano ed esultano nel con-tempo, le loro voci si struggonoper il dolore e la speranza. I ritmidel tamburo orientale conicodarbouka galoppano, il basso

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danza da vero gitano, melodie difisarmonica si susseguono a per-difiato. I Roma suonano insiemecon Ibro Lolov, uno fra i migliorie i più amati fisarmonicisti diBulgaria che, in quanto musicistadella terza generazione, gode diuna reputazione leggendaria. Laloro musica riflette la spesso do-lorosa centenaria odissea di unpopolo che dall’India settentrio-nale si è trasferito verso la Persiae i Balcani, raggiunti dagli zingarinel XV secolo. È piena di senti-mento e di voglia di vivere, siunisce ai canti d’amore focosi espumeggianti che accompagnanole feste di matrimonio, mettendole ali ai piedi.Ibro Lolov, «Gypsy Music fromBulgaria», vol. 2 (ARC Music /Be-Bop)

Un viaggio fantasmagorico(er) L’orgia di forme e ritmi mu-sicali afroamericani è enorme egrandiosa.Affonda le proprie ra-dici nella tragica storia della co-lonizzazione, della schiavitù, dellarivoluzione e dell’esilio. Un’an-tologia su doppio CD, corredatada un libretto informativo ricca-mente illustrato, documenta que-sta «Musica negra»: 32 gruppimusicali noti o ancora tutti dascoprire, provenienti da 19 paesi,gettano lungo 33 vibranti e tra-scinanti brani per 141 minuti e20 secondi un ponte fra l’Africae il Nuovo Mondo, fra l’Amaz-zonia e il Mississippi, la Giamaicae il Perù, Curaçao e Cuba, ilBelize e il Surinam… Compionoin tal modo un viaggio fantas-magorico attraverso il son, lasalsa, il merengue, il reggae-roots,lo zouk, il calipso, la samba, ilsangeo, il kaseko, il cumbia, ilblues, il gospel e tant’altroancora! Unirsi al viaggio, rispet-tivamente penetrare nello spiritodi questa megacompilation – in-signita del premio della Criticadei dischi tedesca e issatasi permesi in testa alle classifiche euro-pee della world music – causa di-

pendenza da altra e più «musicanegra».«Musica Negra in the Americas»(Network Medien / COD Music)

Conferenza annuale: l’Indiaal centro dell’attenzioneL’India è al centro della Confe-renza annuale sulla cooperazioneallo sviluppo della DSC e delseco. L’India è uno dei paesi diconcentrazione della Direzionedello sviluppo e della coopera-zione (DSC). Impegnata dall’inizio degli anni Sessanta, laDSC investe attualmente circa 30milioni di franchi l’anno in pro-getti di sviluppo e di aiuto uma-nitario.A essi si aggiungono icontributi del Segretariato distato dell’economia (seco).La Conferenza sulla cooperazioneallo sviluppo avrà luogo il pomeriggioe la sera del 24 agosto presso ilCentro dei congressi della Fiera diBasilea.

L’ONU come tema(cg/gnt) «Zur Zeit:» è una colla-na didattica di stretta attualità perla formazione politica nelle scuo-le medie e medie superiori. Dapoco è uscito il suo ultimo nu-mero, intitolato «Zur Zeit:UNO». Esso si compone come alsolito di un quaderno per l’allie-vo e di un commento per l’inse-gnante. La tematica viene affron-tata sotto tre punti di vista: laprima parte descrive l’ONU e illavoro dei suoi vari organi e dellesue varie sottoorganizzazioni.La seconda parte è dedicata alrapporto tra la Svizzera e l’ONU.

Festival a Winterthur(gnt) La dodicesima edizione diAfropfingsten, che si tiene pressola Sulzer di Winterthur, prometteun programma di esclusivitàmusicale e di attrazioni densocome non si è mai visto finora.È già confermata la presenza distar come Sam Mangwana, HughMasekela,Africando e AwiloLongomba. Il festival prenderà

avvio lunedì 28 maggio e marte-dì con un teatro-danza presso ilTheater am Stadtgarten. Merco-ledì vi sarà una serata di galanella Salzhaus sul tema «Insiemeper l’Africa». Il 1° e il 2 giugno siterrà il mercato, famoso per lasua proverbiale colorata vivacità.I concerti si succederanno sulpalcoscenico del blocco 37 nell’area Sulzer da giovedì 31maggio fino al lunedì di Pente-coste 4 giugno, giornata in cui visarà il concerto conclusivo con lapresenza della speranza nigerianaLagbaja. Il programma collateraleprevederà come sempre i popola-ri workshop e una rassegna difilm africani presso il cinemaLoge. La DSC ha assunto il pa-tronato di questo attrattivo festi-val e illustrerà nell’ambito diun’esposizione la vita delledonne nel Niger.Per ulteriori informazioni si consultila stampa quotidiana oppure il sitowww.africanow.ch

Incontri in Africa centrale(gn) Ai pigmei e al tentativo diun incontro con l’altro è dedicataun’esposizione che si prefigge difar conoscere alcuni aspetti stu-pefacenti della cultura dei Baya-ka. L’autrice e l’autore, NathalieFleury (testi) e François Riat(fotografie), hanno vissuto peroltre tre anni presso questo po-polo pigmeo d’Africa centrale.Nelle immagini e nei testi mo-strano come si vive nella savana,lasciano intuire al visitatore e allavisitatrice quanto profondamentediverse siano la cultura e le per-cezioni di questo popolo rispettoalla nostra visione del mondo, edescrivono quali sono i problemicon i quali si scontrano i pigmeioggi. Le fotografie in bianco enero sono tanto intime quantodiscrete, e i testi danno prova diun’approfondita riflessione e diun vero scambio culturale.L’esposizione «Pygmées: d’un regardà l’Autre» è aperta dall’11 maggio al12 agosto presso il Musée Jurassien

d’Art et d’Histoire a Delémont,nonché dal 3 al 31 ottobre presso ilThéâtre du Crochetan a Monthey.In concomitanza con l’esposizioneNathalie Fleury e François Riathanno pure edito in proprio un libroriccamente illustrato (ottenibile soloin francese).

Eventi di cultura mondialenell’estate 2001(gnt) Da quasi dieci anni la DSC– insieme con Pro Helvetia e,parzialmente, con il Fondo per leculture del Sud di Cultura eSviluppo – sostiene la presenzadell’arte e della cultura del Sudin Svizzera. Una presenza che sifa udire e si lascia vedere soprat-tutto nei mesi estivi tramite levarie manifestazioni open-air.I contributi federali consentonoper esempio la realizzazionedecentralizzata dei piccoli e sim-patici festival delle culture delmondo: così a Sion dal 31 mag-gio al 2 giugno, Monde deCouleurs a Porrentruy dal 15 al17 giugno e a Martigny dal 22 al24 giugno, la festa della solidarie-tà a Delémont di sabato 30 giu-gno, a Château d’Oex dal 9 al 12agosto. La DSC si presenta inol-tre al grande festival Caliente diZurigo, nonché al Paléo diNyon, cogliendo così l’occasionedi mettere in evidenza la molte-plicità e la ricchezza culturale deipaesi «poveri».

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Servizio

«Svizzera oltre», la rivista del Dipartimentofederale degli affari esteri (DFAE), presentatemi di attualità della politica estera dellaSvizzera. È pubblicata quattro volteall’anno in italiano, tedesco e francese.Il dossier del n. 3/2001 (che uscirà all’iniziodi luglio) presenta gli attori della politicaestera del nostro Paese: chi svolge qualifunzioni nell’ambito della politica estera?L’ultimo numero, uscito in aprile, èincentrato sulla questione dell’immaginedella Svizzera.L’abbonamento è gratuito e può essereordinato presso:«Svizzera oltre» c/o Schaer Thun AGIndustriestrasse 12 3661 Uetendorfoppure tramite E-Mail:[email protected]

Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Harry Sivec (responsable)Catherine Vuffray (vuc)Andreas Stuber (sbs)Sarah Grosjean (gjs)Sophie Delessert (dls)Joachim Ahrens (ahj)Antonella Simonetti (sia) Beat Felber (bf)

Collaborazione redazionale:Beat Felber (bf – Produzione)Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)Jane-Lise Schneeberger (jls)Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Lausanne

Litografia: City Comp SA, Morges

Stampa: Vogt-Schild / Habegger AG,Solothurn

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentita pre-via consultazione con la redazione e citazionedella fonte. Si prega di inviare una copia allaredazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente presso:DSC, Sezione media e comunicazione, 3003 Berna,Tel. 031322 34 40.Fax 031324 13 48E-mail: [email protected]

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Stampato su carta sbiancata senza cloro perla protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 48 000

Copertina: Keystone/AP Jaime Puebla

Internet : www.dsc.admin.ch

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Calendario delle manifestazioniLe date aggiornate riguardanti lamusica, la danza, il teatro, le sera-te letterarie e le arti figuratived’Africa,America latina e Asia inSvizzera si trovano sul sitowww.coordinarte.ch! È possibileeffettuare le interrogazioni inmodo da ottenere le risposteraggruppate per data, per localitàe, questo è nuovo, anche perorganizzatore. Sotto la voce «progetti» si trovano inoltremolte informazioni sulle tournéee i festival in programma.

Mabulu di nuovo in tournée Il gruppo mozambicano di mar-rabenta/rap Mabulu (dialogo),che nell’autunno 2000 avevafatto furore in Svizzera, ritorna inEuropa per una tournée grazie alsostegno della DSC. Questa voltadovrebbe riuscire a sfondare sullascena dei festival internazionali.Esso terrà inoltre concerti inscuole e club.Per le date dei concerti si consulti la stampa culturale e il sito www.coordinarte.ch

Migrazioni e cooperazione(vuc) Dopo essere state soloabbozzate alla fine degli anniOttanta, le relazioni che esistonotra la cooperazione internaziona-le e le migrazioni sono diventateuna realtà concreta e attuale du-rante le guerre balcaniche. Il nu-mero 4 della collana «Scritti sullosviluppo» è fondamentalmentededicato a questo tema. IntitolatoCooperazione internazionale e mi-

grazioni, l’opuscolo contiene ottocontributi di specialisti esterni edella DSC su vari aspetti dellaquestione, nonché una tavola ro-tonda. Cooperazione internazionalee migrazioni è disponibile in quat-tro versioni linguistiche (italiano,francese, tedesco, inglese) ed èottenibile gratuitamente presso:DSC, Sezione media e comunica-zione, 3003 Berna,tel. 031/322 44 12,e-mail: [email protected], oppuremediante il tagliando di ordinazioneannesso all’elenco delle pubblicazioniqui allegato.

Donne e islam(bf) Algerina di nascita,AssiaDjebar è la più importante autri-ce maghrebina. L’Autrice diromanzi, saggi storici e racconti è stata la prima scrittrice algerinaa tematizzare i problemi socialied esistenziali delle donne in unpaese islamico. Coinvolta nellaguerra di liberazione, dalla finedegli anni cinquanta si è fattaconoscere con «La Soif» e «LesImpatients» a cui sono seguitialtri romanzi nei quali affrontavai problemi dell’emancipazione

femminile e delle relazioni fra isessi nella società algerina.In Italia si è affermata con «Donne d’Algeri nei loro apparta-menti» (Giunti, 1988),«L’amore, la guerra» (Ibis, 1995),«Bianco d’Algeria» (Il Saggiatore,1996).

E gli uomini che c’entrano? (jls) Da un quarto di secolo aquesta parte numerosi studi sisono concentrati sull’approcciodi genere, e più precisamentesulle relazioni tra uomini edonne nello sviluppo, occupan-dosi in particolare del versantefemminile. Lo scorso annol’Istituto universitario di studisullo sviluppo (IUED) diGinevra ha dedicato un semina-rio internazionale agli uomini, epiù specificamente ai vari modiin cui si costruisce l’identità ma-schile nelle società. Ben undicigli specialisti intervenuti, fra iquali diversi del Sud, che hannocontribuito a questa riflessione.Le loro relazioni sono state riu-nite in un opera dal titolo «Quelgenre d’homme? Constructionsociale de la masculinité, relationsde genre et développement».«Quel genre d’homme?» è ottenibilegratuitamente presso l’IUED, servi-zio pubblicazioni,tel. 022 906 59 50,e-mail: [email protected]

Bilancio ambientale(vuc) L’opuscolo «GlobaleUmwelt. Partnerschaften Nord-Süd» traccia un bilancio del pro-gramma globale per l’ambiente

della DSC e presenta le opinionidei partner svizzeri e locali suglieffetti del programma. Costituitonel 1991, grazie al credito con-cesso per i 700 anni dellaConfederazione, il programmasostiene in primo luogo i paesi invia di sviluppo nella messa inpratica della Convenzione ONUin ambito dell’ambiente globale.L’opuscolo è ottenibile in tedesco efrancese, lo si può ordinare [email protected], inoltre si trovasu Internet nel sito della DSCwww.deza.admin.ch

Nella prossima edizione:

Pace, conflitti e sviluppo – i nessi,le misure concrete e l’impegnosvizzero

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