Un seul monde · Aramachay sull’altipiano peruviano, a quote che vanno dai 3500 ai 4000 metri, 14...

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N. 3 SETTEMBRE 2000 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE Un seul monde Eine Welt Un solo mondo L’ONU, lo sviluppo e la Svizzera : una collaborazione molteplice e consolidata Tanzania: esotica Zanzibar, Kilimangiaro innevato ed un tocco di stabilità « Non lavoriamo per i governi, ma per la gente ». Un dibattito

Transcript of Un seul monde · Aramachay sull’altipiano peruviano, a quote che vanno dai 3500 ai 4000 metri, 14...

N. 3SETTEMBRE 2000LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONE

Un seul mondeEine WeltUn solo mondo

L’ONU, lo sviluppo ela Svizzera : una collaborazione

molteplice e consolidata

Tanzania : esotica Zanzibar,Kilimangiaro innevato ed un tocco

di stabilità

«Non lavoriamo per i governi,ma per la gente».

Un dibattito

Sommario

Dietro le quinte della DSC

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«Non lavoriamo per i governi, ma per la gente»Cooperazione allo sviluppo : abbandonare il lavoro per singoli progetti ed approdare ad un lavoro perprogrammi settoriali ? Un dibattito rivela insidie eopportunità di questo nuovo approccio

26Carta biancaHelmut Maucher, per molti anni Presidente edAmministratore delegato della Nestlé, ci parla dimultinazionali e paesi in via di sviluppo

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Maputo e il rap marrabentaUno straordinario progetto musicale in tournée in Svizzera

30Calda musica dalle metropoli d’AfricaAfrica in Svizzera :un CD da incanto

32Editoriale 3Periscopio 4L’opinione della DSC 21Che cosa è… accountability ? 25Servizio 33Agenda 35Impressum e tagliando d’ordinazione 35

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione, l’agenzia dello sviluppo inseno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) è l’editrice di «Un solomondo». La rivista non è una pubblicazione ufficiale in senso stretto; presentainfatti anche opinioni diverse. Gli articoli pertanto non esprimono sempre ilpunto di vista della DSC e delle autorità federali.

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SVILUPPO E COOPERAZIONE SVIZZERA

ONULa cooperazione svizzera e i suoi partner all’ONUDa anni la collaborazione tra la cooperazione allo svilupposvizzera e l’ONU si presenta particolarmente intensa, variegatae di successo

6Una storia ancor più vecchia della pioggiaIn Mozambico la collaborazione tra la Svizzerae l’ONU è particolarmente proficua

12Contatti per lo sviluppoUn giorno nella vita di Olivier Chave, consigliere d’ambasciataal servizio della missione svizzera d’osservazione pressol’ONU

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TANZANIAL’ala protettrice di MwalimuLa Tanzania, paese dell’Africa orientale, con ben 120 gruppi etnici, si distingue per una notevole stabilità

16Qui i conti non tornanoIl libero giornalista Adam Lusekelo ci offre uno stralciodi quotidianità tanzaniana

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Il sapere – molto più che semplici informazioniGrazie alle tecnologie moderne in tutto il mondo è sempre piùsemplice accedere ad un numero sempre maggiored’informazioni. La DSC vi pone un accento particolare

22TV impegnataUna serie televisiva per ragazzi, firmata dai produttori della celebre«Sesam Street», educa i bambini macedoni alla non-violenza

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GENTE E PAESI CULTURA

FORUM

DOSSIER

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Con la globalizzazione, il mondo in cui viviamo ha defi-nitivamente assunto le dimensioni di un villaggio. Il con-tenuto della nostra rivista ne è, in tal senso, una prova.Helmut Maucher, che per quasi 20 anni è stato ai mas-simi vertici operativi della Nestlé, ci parla delle espe-rienze da lui vissute in molte parti del mondo, quale CEOdi una grande multinazionale e nell’ambito delle istan-ze di sviluppo; un articolo affronta il tema della collo-cazione del sapere in seno ai popoli del Sud e dell’Est,mentre il dossier si occupa di quello che è il nostro con-tributo nell’ambito delle organizzazioni dell’ONU.

Il rapporto tra l’ONU e la Svizzera è stato stigmatizzato– lo scorso 8 giugno, in occasione di un discorso pro-nunciato davanti ai membri dell’Associazione svizzeraper Wilton Park e della Società svizzera per la politicaestera – dal Consigliere federale Joseph Deiss, capo delDipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e dun-que responsabile politico della cooperazione allo svi-luppo, per il quale : « I tempi sono ormai maturi per un’a-desione della Svizzera all’ONU!».

Noi della DSC, che siamo parte del DFAE, sappiamodall’esperienza del nostro quotidiano operare che nu-merosi compiti della cooperazione internazionale pos-sono essere realizzati soltanto nell’ambito delle attivitàdell’ONU: i processi di democratizzazione, il migliora-mento della posizione della donna e del bambino suvasta scala, la buona gestione degli affari pubblici,un’ampia possibilità di intervento in situazioni di emer-genza o di catastrofe, la lotta a livello mondiale controla povertà. Quale centro competente della Confe-derazione per le istanze internazionali della coopera-

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zione allo sviluppo, coordiniamo gli sforzi di diversi uf-fici federali attivi in questo specifico ambito. Contem-poraneamente, rappresentiamo la Svizzera in numero-si organi dell’ONU, ai quali forniamo anche personalequalificato e considerevoli contributi finanziari. Tutto ciòconsente alla Svizzera di fornire il suo contributo – ac-cettato con molta gratitudine – teso a fronteggiare leistanze poste dalla cooperazione internazionale allosviluppo.

A proposito di lotta alla povertà : quanto essa sia pre-minente in seno alla popolazione svizzera è mostratoda un sondaggio, effettuato nell’anno in corsodall’UNIVOX, che si è occupato della politica della pacee della sicurezza: le svizzere e gli svizzeri identificanonella povertà dei paesi del Sud e dell’Est del mondo lamaggiore minaccia per la sicurezza del nostro paese.Quale efficace rimedio, i nostri connazionali propongo-no l’aiuto umanitario civile e la cooperazione allo svi-luppo. Per noi della DSC, tali risultati diventano esorta-zione e sfida. Accetteremo entrambe, sotto la guida delConsigliere federale Joseph Deiss, cercando di opera-re al meglio, sia per ciò che ci consente la cooperazio-ne bilaterale allo sviluppo come pure in seno agli orga-ni dell’ONU.

Il mondo è un villaggio, l’ONU ne è il Consiglio comu-nale, la Svizzera sarà accettata con piacere quale mem-bro di questa grande comunità di stati : « I tempi sonomaturi ! ».

Harry SivecResponsabile Media e Comunicazione della DSC

Terra per le donne(bf) In un prossimo futuro ilgoverno dello Zambia ha inten-zione di assegnare alla donna ildieci percento dei terreni dispo-nibili. Come nella maggior partedei paesi africani anche inZambia fino ad oggi solo agliuomini era permesso di posse-dere terreni, cosa questa cheha portato notevoli effetti,soprattutto nelle successioniereditarie. In molti casi, allamorte del marito, la donna sivedeva infatti esclusa da ogniproprietà e poteva addiritturaessere scacciata. Inoltre le donnenon potevano ricevere alcuncredito bancario in quanto senzail possesso di terreni venivano a mancare le garanzie richiestedalle banche. Anche se le orga-nizzazioni femminili si oppon-gono al limite del 10 percento, la decisione del governo delloZambia suscita interesse ancheoltre confine, soprattutto perchépotrebbe aprire la strada adanaloghe misure in altri paesiafricani.

I rifiuti garantiscono il futuro(bf) Da sempre in America latinai più poveri fra i poveri – e traP

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ioOro verde(bf) Nel Parco Nazionale diSokoke, in Kenia, sulla costa che si affaccia sull’Oceano Indiano, si trova una delle ultime forestevergini dell’Africa orientale. Unaforesta che in passato si estendevadalla Somalia fino al Mozambico.Oggi questo territorio, ultimorifugio per timide antilopi edelefanti delle foreste, oltre che perun gran numero di volatili, è inpericolo. Novantamila personevivono ai confini del parco e moltitra di loro chiedono l’abbatti-mento degli alberi per rendereabitabile la regione. Al momentole speranze di riportare la pace tral’uomo e la natura sono affidate alprogetto Kipepeo. Tradotto dalloswahili Kipepeo significa farfalla.E’ormai da anni che l’ornitologoIan Gordon ha dato inizioall’allevamento di farfalle localidestinate alle voliere di mezzomondo. Un’iniziativa che si èrivelata un vero successo com-merciale. Il risultato è che oggi leben 153 fattorie di Kipepeo dellaregione del Parko Sokoke offronolavoro a parecchie migliaia dipersone, svolgendo contem-poraneamente una funzioneprotettiva nei confronti dellaforesta vergine. « In altri tempi non ci curavamo di questebestiole. Oggi, invece, rappre-sentano per noi una specie di oroverde», dice Baya, che con ilricavato di questo commercio hapotuto garantire alla più grandedelle sue figlie gli studi superiori.

questi molti bambini – riesconoa risolvere i problemi della loromisera esistenza frugando nellediscariche di rifiuti. Di recente in molti paesi dell’America latinasono stati introdotti programmidi riciclaggio che hanno nonsolo l’intento di migliorare le condizioni di vita di questipoveracci, ma anche la lorosituazione igienico-sanitaria oltre che di limitare il livello di inquinamento ambientale. I migliori fra questi programmiperseguono obiettivi di tipoeconomico ed ecologico. Un esempio molto promettente lo offre la città di Fortalezza,capoluogo della provincia diCeará, nel Nordeste brasiliano.Ancora pochi anni fa circa unmigliaio di persone – un terzo di esse, bambini – viveva inprossimità delle giganteschediscariche di rifiuti di Jangurussú,alle porte della metropoli da due milioni di abitanti. Oggimolte di quelle persone adultelavorano alle dipendenzedell’azienda urbana di smalti-mento dei rifiuti ; gli impianti atti alla riutilizzazione degli scarti si rivelano redditizi, neiprogrammi scolastici si affronta il tema del riciclaggio dei rifiuti e molti fra gli ex jangurusseirossi organizzano in cooperativa per costruirsi case popolari.

Sacra semente(bf) La gente della regione diBangalore, nell’India meridi-onale, considera la semente deicereali e di piante spontanee unasacra dispensatrice di vita, degnadi essere venerata. Sono le

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donne, in questo ambito, agiocare un ruolo del tuttoparticolare : esse compiono sacrirituali e badano a che il maggiornumero possibile di sementidiverse siano parte di quei riti.Nel corso di un cerimonialevecchio di secoli, nove diversesementi di cereali locali,leguminose e piante oleosevengono poste, con una sostanzafertilizzante, per sette giorni inuna conchiglia, per la venera-zione della gente ed in onoredelle Sette divinità del villaggio.Se dopo questo tempo i germo-gli risulteranno troppo piccoli,allora la semente sarà da consi-derare inutilizzabile. In tal caso, i contadini lasciano che siano gli agricoltori dei villaggi vicini a fornir loro le buone sementi.Rituali che mostrano di avere,anche oggi, una loro straor-

dinaria logica : non solo permet-tono di utilizzare le migliorisementi, ma consentono pure di mantenere le bio-diversità nelsettore agricolo.

Arte veterinaria delle Ande(bf) Quando i lama e gli alpacadei campesinos degli altopiani

andini si ammalano – in genereperché infestati da parassiti -succede che la stessa soprav-vivenza dell’intera famigliacontadina corre un granderischio. Le distanze e la povertàimpediscono spesso che si possaricorrere a medicamenti. Edinoltre la medicina veterinaria

di impronta occidentale, comedimostra un’approfondita ricerca, in questi casi è spessoimpotente. Nella regione diAramachay sull’altipianoperuviano, a quote che vannodai 3500 ai 4000 metri, 14 villaggi si sono associaticon l’intento di scambiare le rispettive conoscenze veteri-narie. I risultati – che vengonodagli incontri delle donne diqueste comunità montane,perché in Perù sono esse adoccuparsi tradizionalmentedell’allevamento del bestiame –non si sono lasciati attendere :grazie ad una sostanza estratta da foglie di tabacco selvatico si è riusciti a controllare gli effettidi uno dei parassiti che colpiscecon maggiore frequenza ilbestiame andino.

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La collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite(ONU) consente ad un donatore bilaterale come la Svizzera dicontribuire a programmi che non potrebbe realizzare con le suesole forze. La DSC ha versato lo scorso anno circa 200 milionidi franchi ad agenzie dell’ONU attive nel settore dello sviluppoe dell’aiuto umanitario. Di Jane-Lise Scheeberger.

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La cooperazione svizzera

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e i suoi partner all’ONU

Gli anni’90 sono stati contrassegnati dalle grandiconferenze mondiali delle Nazioni Unite quali il Vertice di Rio sulla Terra, il Vertice sociale diCopenaghen, la Conferenza del Cairo sulla po-polazione o la Conferenza di Pechino sulle donne.Questi consessi hanno adottato dei piani d’azioneche forniscono un quadro di riferimento alla coo-perazione internazionale allo sviluppo. La Svizzera– che con il Vaticano è l’unico paese al mondo a

non far parte dell’ONU – è stata invitata a tuttequeste conferenze, dove ha potuto far valere leproprie idee. Grazie al suo impegno ha notevol-mente contribuito alla ricerca di soluzioni per iproblemi legati allo sviluppo. Ma contrariamenteai 189 Stati membri, invitati d’ufficio, la Svizzeraha sempre dovuto insistere per essere ammessa.Essa ha pure chiesto di essere invitata alle confe-renze dette « del seguito », indette per valutare iprogressi realizzati cinque anni dopo questi verti-ci. Ma con scarso successo : le si è infatti spesso ri-fiutata la possibilità di partecipare a pieno titolo,con la motivazione che le conferenze del seguitosono considerate sessioni speciali dell’Assembleagenerale dell’ONU. Un’arena, quest’ultima, nellaquale la Svizzera dispone solo di un seggio da os-servatore.Pur essendo esclusa dai principali organi dell’ONU quali l’Assemblea generale o il Consiglioeconomico e sociale, la Svizzera è ben presentenelle organizzazioni specializzate, nel Gruppo dellaBanca mondiale e in numerosi organi sussidiari accessibili agli Stati non membri. Essa siede neiconsigli d’amministrazione dei principali fondi eprogrammi che rappresentano le braccia operati-ve del sistema delle Nazioni Unite. Su iniziativadella DSC i paesi donatori hanno creato tra di loroun sistema di rotazione che assicura attualmentealla Svizzera una presenza di sette anni su dodiciin questi consigli. Essa deve tale regolarità al pesoche ha acquisito in seno a queste agenzie, sia sulpiano finanziario – infatti figura generalmente trai dodici maggiori donatori – sia rispetto agli sti-moli che vi trasmette.

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Partner nello sviluppoDa diversi anni la ripartizione dei fondi della coo-perazione allo sviluppo corrisponde alle proporzio-ni seguenti : due terzi finanziano attività bilaterali eun terzo viene versato a organizzazioni multilatera-li. La quota multilaterale – 336 milioni di franchinel 1999 – rappresenta, da un lato, un contributo alsistema finanziario internazionale (Banca mondialee banche regionali di sviluppo) e, dall’altro, un con-tributo alle organizzazioni specializzate dell’ONU(OMS, FAO, UNESCO ecc.), nonché ai loro fondie programmi. Questi ultimi rappresentano i princi-pali canali di finanziamento non rimborsabile dellosviluppo. Forniscono un’assistenza tecnica e contri-buiscono all’attuazione dei piani d’azione adottatidalle grandi conferenze. I principali partner dellaDSC sono il Programma delle Nazioni Unite perlo sviluppo (UNDP), il Fondo delle Nazioni Uniteper l’infanzia (UNICEF) e il Fondo delle NazioniUnite per le attività in materia di popolazione(UNFPA).La DSC versa a queste agenzie dei contributi ge-nerali annui destinati a finanziare i loro program-mi. L’utilizzazione di questi fondi compete all’agen-zia mentre tutte le sue attività sono sottoposte allasupervisione da parte del consiglio d’amministra-zione intergovernativo. In taluni casi la DSC versaa questi fondi e programmi dei contributi supple-mentari con una precisa destinazione d’uso. «Lofacciamo sia per rafforzare l’azione di queste agen-

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zie in settori specifici, sostenendo per esempio delleanalisi e delle valutazioni, sia per cofinanziare deiprogetti che possano completare e rafforzare i no-stri programmi bilaterali », spiega François Rohner,capo della sezione multilaterale della cooperazioneallo sviluppo. Nel 1999 la Svizzera ha fornito alleistituzioni di sviluppo dell’ONU quasi 90 milionidi franchi a titolo di contributi generali e circa 20milioni sotto forma di contributi specifici.

Avanza il settore umanitarioPer quanto concerne l’aiuto umanitario i partnerdella DSC all’ONU sono essenzialmente l’AltoCommissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati(UNHCR), il Programma alimentare mondiale(PAM), l’Ufficio di soccorso delle Nazioni Uniteper i rifugiati palestinesi (UNRWA) e l’Ufficio dicoordinamento degli affari umanitari (OCHA). Nel1999 i contributi generali della DSC ammontava-no a 38 milioni di franchi e i contributi specifici a49 milioni. Questi ultimi fluttuano da un anno all’altro, dato che sono direttamente connessi a crisi ecatastrofi. Sono per esempio aumentati sensibil-mente in seguito alla guerra in Kosovo.Nel corso dell’ultimo decennio l’aumento dei con-flitti e delle catastrofi nel mondo ha fatto lievitarei bisogni umanitari, determinando anche un forteaumento dell’aiuto d’emergenza. Le attività delleagenzie dell’ONU hanno risentito di questa ten-denza. Operativo sia nel campo dell’aiuto umani-

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Contributi dellaDSC nel 1999Cooperazione allosviluppo(contributi generaliin franchi)UNDP : 52 milioniUNICEF : 17 milioniUNFPA : 11 milioniOMS - programmispeciali : 4,8 milioniUNAIDS : 2,2 milioniFondo di sviluppo delleNazioni Unite per la donna(UNIFEM) : 0,7 milioniVolontari delle NazioniUnite (VNU) : 0,5 milioniAltri : 1 milione

Aiuto umanitario(contributi generali e specifici)UNHCR: 36,3 milioniPAM: 35,7 milioniUNRWA: 8,4 milioniOCHA : 2,6 milioniAltri : 4,8 milioni

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tario che della cooperazione allo sviluppo, il PAMha per esempio visto rovesciarsi le proporzioni : an-cora pochi anni fa destinava i due terzi dei proprifondi allo sviluppo e un terzo alle situazioni di crisi,oggi queste ultime assorbono il 75 percento del suobudget.Dal canto loro i donatori sono sempre più solleci-tati a fornire aiuto d’emergenza. Dato che le sommedisponibili non sono aumentate, molti di lorohanno trasferito verso il budget umanitario unaparte delle risorse tradizionalmente riservate allo svi-luppo. Di conseguenza le agenzie impegnate nellacooperazione a lungo termine hanno visto dimi-nuire le loro risorse generali.Un altro fenomeno sta modificando le relazioni trale istituzioni dell’ONU e i donatori. Questi ultimiriducono infatti i loro contributi generali a benefi-cio dei contributi specifici, mostrando sempre piùapertamente che preferiscono finanziare progettipiuttosto che un’organizzazione. Nel settore uma-nitario accade così che talune operazioni trovanorapidamente dei finanziamenti persino oltre leaspettative, come si è avverato per il Kosovo. Percontro, le agenzie ricevono solo pochissimi fondiper i paesi che godono di minori simpatie.Attualmente l’85 percento delle risorse del PAMsono sottoposte a condizioni più o meno preciseper quanto riguarda il tipo di beneficiari. «Questatendenza ci complica la vita », deplora WernerSchleiffer, direttore dell’ufficio del PAM a Ginevra.La DSC è uno dei rari donatori che contribuisco-

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9Lo sviluppo su videoDal 1996 la Svizzera è il principale partner di Azimuts, una sezionedell’UNDP che producefilm documentari. Conbase a Ginevra, Azimutsrealizza ogni anno unatrentina di reportage sulleazioni intraprese perlottare contro la povertà.«Questa serie vuoleessere umanitaria epositiva. Attraverso dellestorie vissute mostra ciòche un progetto disviluppo può cambiarenella vita della gente ».Le emissioni vengonodiffuse da oltre 60 retitelevisive di tutto ilmondo. Un numerocrescente di scuole hainoltre inserito questireportage nei propriprogrammi d’insegna-mento.

no alle risorse generali, un fatto che Schleiffer ap-prezza : «La Svizzera dà prova di una grande flessi-bilità. È proprio grazie a questo tipo di contributiche possiamo svolgere a tutti gli effetti il nostroruolo di agenzia multilaterale e fornire un aiuto ba-sato sui bisogni, senza considerazioni di ordine po-litico. Questo denaro ci consente di aiutare i paesiche pur attraversando gravi crisi non attirano l’at-tenzione dei media ».

Troppo sensibile o troppo complessaLa cooperazione multilaterale presenta numerosivantaggi per la DSC, la quale concentra i proprisforzi bilaterali su una ventina di paesi. Attraversol’ONU essa può fornire un aiuto a tutti i paesi invia di sviluppo. Può inoltre contribuire a risolvereproblemi che sia per il volume finanziario sia per lacomplessità superano le sue possibilità.Il loro carattere universale fa sì che le organizza-zioni multilaterali possano operare in campi moltosensibili. L’UNFPA si occupa per esempio di salu-te riproduttiva, di contraccezione e di pianificazio-ne famigliare. « I paesi in via di sviluppo preferi-scono collaborare con un’organizzazione multila-terale poiché fanno parte del club. Alcuni nonaccetterebbero che un paese del Nord intervengada loro per quanto riguarda la loro popolazione»,spiega Erik Palstra, responsabile delle relazioni ester-ne dell’UNFPA a Ginevra. Altro tema sensibile : laristrutturazione delle politiche nazionali e delle isti-tuzioni. « I governi dei paesi in via di sviluppo sol-

Cambogia 1993 : Prime elezioni sotto la protezione dell’ONU

L’oftalmologia è un tema importante perl’Organizzazionemondiale della sanità(OMS)

lecitano sempre più spesso l’UNDP per riformarele loro istituzioni. Nel corso degli anni abbiamo sta-bilito dei rapporti di fiducia grazie alla nostra pre-senza sul posto, alla nostra neutralità e all’azione con-dotta al loro fianco », sottolinea Odile Sorgho-Moulinier, direttrice dell’ufficio dell’UNDP aGinevra.Tra tutti i fondi e i programmi dell’ONU sostenu-ti dalla Svizzera, l’UNDP si ritaglia la parte del leone,con un contributo generale di 52 milioni. « Fintanto che le altre agenzie hanno mandati specificilegati all’infanzia, ai profughi o all’alimentazione,l’UNDP svolge un ruolo di catalizzatore e coordi-natore per l’insieme del sistema dell’ONU», spiegaFrançois Rohner.L’UNDP cerca di coordinare su un piano generalel’attuazione dei principi enunciati dalle grandi con-ferenze. Nella maggior parte dei paesi in via di svi-luppo il rappresentante dell’UNDP assume la fun-zione di « coordinatore residente » per le attività disviluppo. Laddove situazioni di crisi esigessero inol-tre l’intervento di più attori umanitari è lui che, perprincipio, viene nominato « coordinatore umanita-rio ». Il diplomatico svizzero Dominik Langen-bacher, rappresentante dell’UNDP in Somalia dal1996 al 1999, ha svolto queste tre funzioni : «Ciòmi andava benissimo perché ritengo che non si possaseparare lo sviluppo dall’aiuto umanitario ». Tuttequeste funzioni vengono affidate all’UNDP in virtùdella sua presenza quasi universale : conta infatti deirappresentanti in ben 134 paesi.

Ristabilire la fiduciaLa DSC sostiene finanziariamente gli sforzi dell’UNDP in materia di coordinamento.Essa aiuta per esempio i coordinatori residenti ad al-lestire degli inventari dei bisogni dei singoli paesi.Questa operazione, che coinvolge le diverse agen-zie attive nel campo dello sviluppo, rientra nellariforma avviata dalle Nazioni Unite con lo scopo dievitare i doppioni e lavorare in modo più raziona-le.Nel campo umanitario la Svizzera attribuisce inol-tre un’importanza primordiale al coordinamento.

Prevenzione dell’AIDSin RuandaL’UNFPA ha elaborato un progetto di preven-zione delle malattiesessualmente trasmissibili(in particolare dell’AIDS)per gli adolescenti delRuanda. Lo scopo èquello di rafforzare leconoscenze dei giovani in materia di saluteriproduttiva e sessuale.Esso prevede una forma-zione specifica per glieducatori, nonchél’apertura in quattro cittàruandesi di centrid’informazione riservatiagli adolescenti. Oltre al contributo generale, la Svizzera ha già versatoquest’anno all’UNFPA 1 milione di franchi per ilfinanziamento di questoprogetto.

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Alcuni anni fa, quando l’UNRWA ha dovuto af-frontare una grave crisi di fiducia, essa aveva presol’iniziativa di mettere in rete i donatori. Ha pertantoconvocato una conferenza a Montreux per discu-tere i problemi creatisi tra l’agenzia e i suoi vari part-ner. Una volta superate le tensioni è stato possibi-le avviare un processo in vista di migliorare le pre-stazioni dell’UNRWA.La DSC ha anche deciso di fornire nei prossimi anniun sostegno sostanzioso all’OCHA, ritenendo chequesta entità di coordinamento funzioni in modoottimale. In caso di crisi di ampia portata l’OCHAvaluta i bisogni umanitari, crea un meccanismo dicoordinamento e lancia appelli globali a nome dellevarie agenzie dell’ONU. Nel 2000 la parte dell’aiuto svizzero legato ad una destinazione d’uso spe-cifica è riservata a varie attività di coordinamentodell’OCHA quali la creazione di un sistema di te-lecomunicazioni d’emergenza oppure la formazio-ne di esperti mobilitabili in caso di catastrofi natu-rali o tecnologiche.Ma i contributi della Svizzera non sono versati soloin denaro. La DSC mette regolarmente degli esper-ti a disposizione dell’ONU: specialisti nel ramodella logistica, della comunicazione, delle costru-zioni, medici ecc. Queste risorse umane sono spes-so richieste per operazioni d’emergenza o per la ri-costruzione. Il nostro paese fornisce anche aiuto ali-mentare che consiste essenzialmente in cereali eprodotti lattieri. E a volte fornisce del materiale : daiveicoli ai mezzi di telecomunicazione, passando perle tende, le coperte, le latrine, le docce, i medici-nali, l’olio per friggere e le candele.

(Dal francese)

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La Svizzera e l’ONU

L’organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è l’unica organizzazione che possa occuparsi a livellomondiale di qualsiasi problematica. L’ONU gioca pertanto un ruolo importante nei seguenti settori :pace, sicurezza, diritti dell’uomo, sviluppo ed aiuto umanitario. Conta 189 Stati membri e gli unici paesia non farvi parte sono a tutt’oggi la Svizzera e il Vaticano. La DSC che collabora già attivamente conl’ONU in diversi settori è parte integrante del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

L’ONU in breve

Gli organi principali :

Assemblea Generale

Consiglio di Sicurezza

Consiglio Economicoe Sociale

Segretariato

CommissioneEconomica per

l’Europa

Corte Internazionaledi Giustizia

- La Svizzera non partecipa

- La Svizzera partecipa

- Direttamente coinvolta con lo sviluppo e la cooperazione ; collaborazione con la DSC

Fondi, programmi, istituti

- UNAIDS – Aids

- UNCTAD – Commercio

- UNHCR – Rifugiati

- UNDP – Sviluppo

- UNFPA – Popolazione

- UNICEF – Infanzia

- UNEP – Ambiente

- PAM – Alimentazione

- VNU – Volontari

- UNIFEM – Donne

- ecc.

Organizzazioni speciali

Lavoro – OIL

Alimentazione, agricoltura – FAO

Cultura, educazione – UNESCO

Salute – OMS

Industria – UNIDO

Aviazione civile – ICAO

Poste – UPU

Telecomunicazioni – ITU

Meteorologia – WMO

Navigazione – IMO

Proprietà intellettuale – WIPO

Agricoltura – IFAD

Le istituzioni di Bretton Woods

Fondo Monetario Internazionale – FMI

Banca Mondiale – BM

Kenia 1992 : Rifugiatisomali nel campo diHagadera

(jls) Quando il ciclone Eline si è abbattuto sulMozambico a fine gennaio, la Svizzera è stata unodei primi paesi a mettere a disposizione mezzi fi-nanziari alle due agenzie dell’ONU che hanno lan-ciato programmi d’emergenza : il Programma ali-mentare mondiale (PAM) e il Fondo delle NazioniUnite per l’infanzia (UNICEF). Il primo ha forni-to derrate alimentari alle 650000 persone colpitedalle inondazioni e noleggiato gli elicotteri neces-sari per le operazioni di soccorso. Il secondo si è

concentrato sulla prevenzione delle epidemie, in-stallando latrine e portando l’acqua potabile neicampi che accolgono i sopravvissuti.Thomas Greminger, coordinatore della DSC aMaputo, spiega perché tutto ha potuto svolgersi cosìcelermente : «Queste due agenzie dispongono dirappresentanze in Mozambico, dove finanzianoprogetti di sviluppo. Le conosciamo bene. Lavoranoin modo molto professionale. Ecco perché abbia-mo fornito loro immediatamente il nostro appog-gio ».Come negli altri paesi nei quali è attiva, la DSC in-trattiene contatti molto intensi con i rappresentan-ti delle agenzie dell’ONU. In Mozambico questerelazioni sono particolarmente strette poiché laSvizzera è impegnata a fianco dell’ONU in vari pro-getti d’ampia portata. Dalla fine della guerra civilenel 1992 ha infatti costantemente appoggiato concontributi specifici le agenzie coinvolte nel proces-so di democratizzazione e di riconciliazione nazio-nale.

Ritorno alla vita civileDapprima la Svizzera ha sostenuto l’Operazionedelle Nazioni Unite in Mozambico (ONUMOZ).Le forze dell’ONU dovevano infatti sorvegliarel’applicazione degli accordi di pace, firmati a Romanell’ottobre 1992, assicurare il rientro dei profughie preparare il paese alla democrazia. La DSC ha inparticolare finanziato l’unità tecnica incaricata dismobilitare i soldati governativi e quelli dell’arma-ta ribelle RENAMO. I 95’000 ex militi hanno inseguito ricevuto un aiuto materiale e fruito di corsidi formazione o di consulenza professionale per po-tersi reintegrare nella vita civile. Questo processo direinserimento, condotto dal Programma delleNazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), è duratodal 1993 al 1997 e la Svizzera vi ha stanziato 12 mi-lioni di franchi.La tappa successiva consisteva nel dotare il paese d’i-stituzioni democratiche. Le elezioni presidenziali eparlamentari si sono tenute nel 1994. La Svizzeraha sostenuto l’UNDP per i preparativi e l’organiz-zazione di questo scrutinio. Essa ha poi fatto dinuovo la stessa cosa per le elezioni locali del 1998e per le elezioni generali del 1999. Ed inoltre ha so-stenuto la trasformazione della RENAMO in par-

Una storia ancor più vecchia

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In Mozambico la collaborazione tra la Svizzera e l’ONU si configura partico-larmente intensa. Instauratasi alla fine della guerra civile ha consentito a que-sto paese di non ricadere nella violenza, di dotarsi d’istituzioni democratichee di ritrovare una vita normale.

ne per esempio un programma del Fondo delleNazioni Unite per le attività in materia di popola-zione (UNFPA), il cui scopo è di sensibilizzare ifunzionari alla problematica dei rapporti tra donnee uomini. Essa finanzia un programma dei Volontaridelle Nazioni Unite (VNU) : dodici volontari vi-vono nelle comunità di base e si sforzano di raffor-zarle affinché partecipino allo sviluppo.Nel settore sanitario la Svizzera coopera conl’UNICEF per quanto riguarda il sostegno budge-tario e con l’UNDP per quanto riguarda il finan-ziamento di medici specialisti negli ospedali di pro-vincia. Un contributo è concesso anche alla Bancamondiale per un programma di approvvigiona-mento di acqua potabile.Tutte le collaborazioni con l’ONU rientrano inuno dei quattro settori privilegiati dalla DSC inMozambico : promozione della società civile,buona gestione degli affari pubblici, sanità, e acqua.«Se versiamo un contributo a un’agenzia multila-terale lo facciamo sempre con l’intento di realizza-re un progetto che rientra nel nostro programmasettoriale », precisa in merito Greminger.

(Dal francese)

tito politico. Ma la pace ritrovata è stata seriamen-te scossa nel 1996 da un’ondata di criminalità e diviolenza, nel corso della quale è pure stata assassi-nata una collaboratrice della DSC. I donatori hannosollecitato Maputo a ristabilire la sicurezza. Conl’aiuto della comunità internazionale il governomozambicano ha incominciato a ristrutturare, for-mare ed equipaggiare le forze di polizia. La Svizzerapartecipa in particolare alla creazione di un’accade-mia di polizia.

Più o meno sensibiliLa collaborazione con l’ONU si rivela indispensa-bile in tali situazioni, spiega Thomas Greminger :«La riforma della polizia e il sostegno alle elezionisono programmi che un’agenzia bilaterale non riu-scirebbe a realizzare da sola. Anzitutto perché si trat-ta di operazioni molto sensibili sotto il profilo po-litico. In secondo luogo perché numerosi sono i do-natori interessati ed è richiesto un grande lavoro dicoordinamento. Il governo del paese beneficiarionon ha le risorse necessarie per negoziare con cia-scun donatore ».Alcune collaborazioni sono state realizzate anche insettori politicamente meno esposti. La DSC sostie-

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Ai confini della povertàIl Mozambico è uno deidieci paesi più poveri delmondo. Oltre il 70 percen-to degli abitanti vivononelle campagne e la mag-gior parte di essi dipen-dono dall’agricoltura, siaper la sussistenza che peril reddito. Ma la produt-tività rurale è bassa. Inoltreil paese è molto soggettoagli sbalzi climatici. La sottoalimentazionecolpisce il 63 percentodella popolazione e lasperanza di vita è di soli42 anni. Nella classifica in base all’indicatore dellosviluppo umano allestitadall’UNDP il Mozambicooccupava nel 1997 il 169posto su 174 paesiconsiderati.

In Mozambico l’impegno internazionale si concretizza sia a livello di aiuto umanitario sia per quanto concerne la promozione della società civile

Olivier Chave è uno dei nove diplomatici che alla sede centralenewyorkese delle Nazioni Unite rappresentano gli interessi e leaspettative elvetiche. Il diplomatico losannese si occupa es-senzialmente di questioni legate allo sviluppo. Un ritratto di BeatFelber.

Ora di punta mattutina a Manhattan. Milioni di per-sone si muovono con passo lesto, come piccoli robot,verso mete immaginarie. Manco una che scambi unosguardo. «Stop ! » al semaforo rosso, «go ! » quando siaccende il verde. Decine di migliaia di tassì gialli for-mano con centinaia di migliaia di altre automobilistrombazzanti dei serpenti di lamiera che strisciano susei corsie. Tra loro si trova anche Olivier Chave, con-sigliere d’ambasciata al servizio della missione svizzerad’osservazione presso l’ONU, responsabile delle que-stioni inerenti allo sviluppo. Egli non conosce solo illabirinto di strade che si snoda nella giungla di gratta-cieli di New York, bensì anche le viscere di quell’or-ganismo mammutiano che è l’ONU. Presso la sua sedenewyorkese il quarantatreenne diplomatico losannesetrascorre infatti una buona parte del tempo di lavoro,sempre impegnato a difendere gli interessi dellaSvizzera e fare in modo che trovino ascolto. E questosia operando nell’ambito di dibattiti plenari, trattativeo consulenze informali e innumerevoli colloqui con irappresentanti di altri paesi, sia occupandosi di delega-ti giunti dalla Svizzera – infatti la Svizzera è pur sem-pre l’ottavo donatore per ordine di importanza, ecome tale marca una forte presenza nei consigli di am-ministrazione del Programma delle Nazioni Unite perlo sviluppo (UNDP) e del Fondo delle Nazioni Uniteper l’infanzia (UNICEF) –, oppure, come nel corso diquesta mattina, organizzando convegni durante i qualisi presentano e discutono in un ambito informale leaspettative della Svizzera.

Convegni informali per unire le forzeIl motivo dell’incontro è dato dal convegno della«Commission on Sustainable Development » CSD(Commissione per lo sviluppo sostenibile), il conses-so ambientale del Consiglio economico e socialedell’ONU. Essa si riunisce in una delle innumerevolisale plenarie al primo piano interrato del grattacielodell’ONU. I delegati e le delegate dei 53 Stati mem-bri, nonché di dozzine di nazioni con statuto di osser-vatore si incontrano una volta l’anno per mettere apunto le strategie per uno sviluppo durevole che con-sideri i bisogni delle generazioni future. Pur non es-sendo membro dell’ONU, la Svizzera è stata nomina-ta questa primavera in seno alla CSD. «Non certo a

caso», spiega Olivier Chave, «visto che dal Vertice sullaTerra del 1992 a Rio il nostro paese si è costituito unareputazione come fautore credibile e innovativo di unosviluppo durevole, in particolare anche delle regionidi montagna. » In quanto tale, in occasione del con-vegno di quest’anno, ha anche organizzato insieme alKirghistan un convegno parallelo assai ben frequenta-to sul tema «Montagne e boschi ». Oltre a vantare ec-cellenti relazioni il convegno ha pure consentito aiquasi 100 partecipanti, tra i quali tutta una serie di ca-pidelegazione, di discutere tra loro in modo informa-le. E questo è proprio quanto hanno per esempio fattoil ricercatore forestale Lhakpa Sherpa, il norvegeseTage Michaelsen dell’Organizzazione delle NazioniUnite per l’alimentazione e l’agricoltura FAO o la sta-tunitense Elizabeth Byers dell’organizzazione non go-vernativa Mountain Institute. «Si tratta proprio diquesto», sottolinea OIivier Chave, « fare incontrarepersone e paesi per sensibilizzarli agli interessi comu-ni. Insieme avremo più peso e noi otteniamo nel con-tempo che gli interessi svizzeri ricevano maggiore con-siderazione nei vari programmi dell’ONU. I contattisono pertanto estremamente importanti per il nostrolavoro, non da ultimo perché le relazioni internazio-nali si fanno sempre più intense».

Lavoro interdisciplinareInfatti una cosa è certa, se le decisioni si prendono nelcorso delle votazioni, le opinioni in merito si forma-

Contatti per lo sviluppo

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Svizzera alla pariLa Svizzera insieme al Vaticano è l’unicanazione a beneficiare dello speciale statuto diosservatore. La missionesvizzera di osservazioneall’ONU esiste da 50 annie «per quanto non mem-bro, funziona in moltisettori al pari degli Statimembri dell’ONU»,spiega Peter Maurer,capomissione supplente.Complessivamente sono21 le impiegate e gliimpiegati che lavorano al ventinovesimo piano del grattacielo al numerocivico 633 della ThirdAvenue di Manhattan. La missione è direttadall’ambasciatore JenöC.A. Staehelin. Novediplomatici specialisti sisuddividono i settori dilavoro : disarmo, sicurezzainternazionale, operazionidi mantenimento dellapace, questioni finanziarieed economiche, coopera-zione allo sviluppo, socia-lità, ambiente, questioniumanitarie, affari politici,finanze e personale, dirittointernazionale pubblico ediritti umani.

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Olivier Chave

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no durante innumerevoli incontri e convegni infor-mali. Inoltre all’ONU non c’è assolutamente nulla chevada da sé : troppo diversi sono i problemi e troppointerdisciplinari le tematiche.Il lavoro interdisciplinare si riflette chiaramente anchesulla missione svizzera d’osservazione all’ONU (vedicolonna a lato). Se da un canto ognuno dei nove di-plomatici si occupa di un settore lavorativo ben cir-coscritto, dall’altro il capomissione, ambasciatore JenöC.A. Staehelin, sottolinea: «Qui lavoriamo con un ap-proccio assolutamente interdisciplinare. Lo svilupponon è mai solo sviluppo; esso concerne infatti sia i di-ritti dell’uomo che l’ambiente, l’esercito, il sociale ec-cetera ». Olivier Chave, al pari della sua collega, la di-plomatica Monika Rühl, ce lo può confermare: «Sonoormai passati i tempi in cui si poteva considerare unsettore isolato da tutto il resto. Il mio campo di atti-vità, che è quello umanitario, si interseca per esempionel contempo con questioni inerenti allo sviluppo, allaparità tra i sessi, ai diritti umani e all’economia».Se Olivier Chave non si trova nel palazzo dell’ONU,è garantito che questo laureato in antropologia sorve-glia l’operato delle numerose istituzioni attive nelcampo della politica di sviluppo alle quali la Svizzeracontribuisce finanziariamente, prepara altri convegnio sedute e stende rapporti sui più recenti sviluppi inSvizzera. Oppure studia come potrebbe avvicinarsi diun altro passo alla sua meta dichiarata : «Vorrei riusci-re a far in modo che i programmi dell’ONU tragga-

no un maggiore profitto dalla grande esperienza pra-tica in materia di cooperazione allo sviluppo che laSvizzera indubbiamente possiede e che rappresenta unapreziosa risorsa per la comunità internazionale ».

(Dal tedesco)

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L’ a l a p r o t e t t r i c e d iM w a l i m u

Per Henri Ngotezi non c’è spazio per il minimo dubbio :dopo aver imbiancato il suo negozio di attrezzi da lavoroalla periferia della cittadina tanzaniana di Arusha, le dueimmagini sarebbero tornate al posto che avevano occu-pato prima. La più piccola, una foto del presidente in ca-rica Benjamin Mkapa, sarebbe tornata accanto allo scaffa-le ; l’altra, un po’più grande, sulla parete dietro il banco-ne, là dove cade spontaneo lo sguardo del cliente appenaentrato. «Questo posto è dovuto al Mwalimu».In Tanzania non è davvero necessario spiegare a chi si al-luda, quando si parla del «Mwalimu». Il termine, tradot-to dall’idioma kiswahili, significa maestro, ed è titolo co-munemente attribuito, con grande rispetto, al primo pre-sidente della Tanzania, Julius Nyerere, morto nel mese diottobre dell’anno scorso. Nei paesi industrializzati

Nei paesi industrializzati si conosce più che altro il Kilimangiaro,con la sua cima ricoperta di neve, e Zanzibar, per quell’aloned’avventura che accompagna questo luogo esotico. Per il resto,la Tanzania fa solo raramente notizia sulle pagine dei giornalidel resto del mondo. Si tratta senz’altro di un segnale positivo :questo paese dell’Africa orientale si distingue in effetti per unanotevole stabilità. Di Peter Baumgartner.*

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cannibali » come succede invece in Kenia. Questo gene-re di auto-valutazione serve per fornire la dovuta conso-lazione a chi deve accontentarsi del secondo posto dellaclassifica, alle spalle del possente Kenia, ma non contri-buisce a guarire il paese dalla corruzione, una grave ma-lattia che lo consuma, proprio nello stesso modo in cui stalogorando il Kenia.Eppure la Tanzania fa parte del piccolo e felice gruppo dipaesi africani che sino ad oggi sono stati risparmiati da con-flitti di natura etnica. Certo la carta geografica di questopaese con le sue molte etnie assomiglia anche in questocaso ad una collezione di francobolli di diversa grandez-za : la Tanzania si compone di 120 etnie che parlano unnumero di idiomi quasi altrettanto grande. Nessun grup-po etnico è però così grande da potersi assicurare un in-

dell’Occidente Nyerere venne principalmente conside-rato il padre dell’Ujamaa, una specie di socialismo all’a-fricana, in parte fallito. In Tanzania egli è considerato ilpadre della nazione, colui al quale si deve l’unità del paesee, soprattutto, i notevoli sentimenti di affinità nazionaleche contraddistinguono questa nazione.Una natura pacifica, questa è la caratteristica principale cheviene spontaneamente messa in relazione con il popolodella Tanzania. Di norma, la gente si interpella recipro-camente con un affettuoso Ndugu, che vuol dire fratello ;e quando i tanzaniani hanno voglia di caratterizzare le pro-prie peculiarità, allora vanno volentieri sull’esempio iro-nico, dicendo di sé che «non siamo certo una società di

flusso politico-sociale prevalente a livello nazionale.Inoltre le comunità etniche più vaste, come i Sukuma nelNordovest e gli Chagga nella regione del Kilimangiaro,risiedono in territori periferici del paese, cosa questa cheriduce notevolmente l’instaurarsi di un eventuale predo-minio politico. La lingua nazionale imposta da Nyerere,il kiswahili, rappresenta ovviamente un ulteriore ele-mento di unità.

Temerari cercatori d’oroOvviamente, anche la Tanzania ha l’occasione di imbat-tersi a volte in generalizzazioni basate più su pregiudiziche su fatti veri e propri, e che perlopiù vengono espres-

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se con toni di leggera ironia ; come ad esempio quandogli abitanti della fascia costiera definiscono il popoloChagga – noto per il suo zelo e la sua parsimonia – comeuna comunità di avidi ; per Henri Ngotezi, uno chagga,la gente che abita sulla costa è pigra, mentre che le co-munità più ad ovest sono « semiselvaggi, che l’anno scor-so hanno messo al rogo oltre 300 donne con l’accusa diessere streghe».Ngotezi ha saputo ciò da suo fratello, uno che è andatoa cercar fortuna nel « selvaggio west », come Ngotezi de-finisce la regione a sud del Lago Vittoria.Una regione che è considerata l’Eldorado prossimo ven-turo, da quando le industrie internazionali dell’oro, come

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la ghanese Ashanti o la sudafricana Anglo-American,hanno iniziato in grande stile ad estrarre il prezioso mi-nerale. Del resto nemmeno i tempi in cui molte migliaiadi piccoli cercatori d’oro popolavano la regione sono de-finitivamente tramontati : ci sono ancora, e scendono te-merariamente nelle profondità, a scavare le loro gallerie,come talpe dall’aspetto umano, sempre in pericolo, sem-pre più o meno poveri, ieri, oggi e domani.Nel 1999 la quantità d’oro estratta è stata di 11 tonnella-te. Quasi il doppio dell’anno precedente. Per l’anno pros-simo le autorità minerarie tanzaniane contano su unaquantità pari a 40 tonnellate. Ma lo Stato dovrà impegnarsimaggiormente per realizzare quei guadagni che ci si at-

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tende dalle imprese minerarie : si calcola infatti che pie-tre preziose e oro per un valore di circa 300 milioni difranchi svizzeri – una cifra che è il doppio del totale cheviene invece regolarmente dichiarato – vengano con-trabbandate, in uscita dal paese e quasi sempre in dire-zione del Kenia.

Micro-agricoltura e turismoHenri Ngotezi non ha risposto, come suo fratello, al ri-chiamo dell’oro. I contadini che acquistano nel suo ne-gozio gli procurano un reddito modesto ma regolare, e laregione attorno al Kilimangiaro è ricca d’acqua e fertile.I quattro quinti della popolazione tanzaniana vivono diagricoltura, perché costretti a farlo. Posti di lavoro nel-l’industria e nell’artigianato sono rari. E come pratica-mente dappertutto in Africa, sono proprio la piccola e lamicro-agricoltura – ricche dell’inventiva e della laborio-sità dei piccoli contadini – ad essere penalizzate dal pessi-mo stato delle strade e da una ingombrante burocraziacommerciale. Come se i temibili capricci meteorologicinon fossero già di per sé devastanti abbastanza, in parti-colare per la siccità che colpisce le regioni del nordovest.Il mercato è liberalizzato soltanto nei settori agricoli dipunta : caffè, tè e cotone, che con il settore minerario (oroe diamanti) assumono un ruolo preponderante nell’in-cremento dell’attuale tasso annuo di sviluppo economi-co nazionale, salito ad oltre il cinque percento. Il terzopilastro economico del paese è il turismo, con mete dalnome celebre : Serengeti, Kilimangiaro, Zanzibar.

Sempre meno spezieÈ ormai da anni che la quantità di denaro speso dai turi-sti sull’isola di Zanzibar supera quella che il commerciodi chiodi di garofano, cannella, pepe ed altre spezie portatradizionalmente in questa regione della Tanzania. I tempiin cui i tre quarti della produzione mondiale di chiodi digarofano provenivano da Zanzibar sono definitivamentetramontati.

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L’oggetto del quotidianoUna giraffa in ognitascaAppena eletto capo delloStato, Benjamin Mkaparicevette, cinque anni fa,la visita dei funzionari della Zecca dello Stato.Avrebbe dovuto scegliere– questo il motivo dellavisita – l’immagine chesecondo lui era piùappropriata ad appariresulle nuove banconotetanzaniane. Una richiestache generò da parte diMkapa una precisa presadi posizione : la Tanzaniaha raggiunto già da lungotempo la sua unitànazionale, non è piùnecessario chel’immagine del capo delloStato figuri sulle banco-note quale simbolo di quell’unità. Consigliòquindi i funzionari dicercare un soggetto la cuiessenza fosse nel tempopiù costante di quella diun presidente della repub-blica. Tornarono con unaproposta che Mkapaaccettò immediatamente,e quando essa venne resa pubblica, suscitòl’approvazione dellagente, felice per il fattoche il presidente avessespontaneamente rinun-ciato ad un gesto divanità. Da quel tempo è la stupenda immagine di una giraffa a figuraresulle banconotetanzaniane.

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Ma queste sono di certo le più piccole fra le preoccu-pazioni che il paese nutre nei riguardi della maggioredelle sue isole. Quando Nyerere, nel 1964, realizzò unodei suoi sogni panafricani, trasformando la fusione traTanganika e Zanzibar nella nascita della Tanzania, nonseppe evitare l’assegnazione di speciali privilegi all’iso-la. Con il tempo, problematici si rivelarono non tantoil super dimensionato diritto consultivo dell’isola nel-l’ambito delle istituzioni centrali dello stato, quanto ivantaggi economici, soprattutto quelli riguardanti i dazicommerciali – più bassi che non sulla terraferma – chefinirono per rivelarsi un vero invito alla truffa nello spe-cifico settore dell’importazione.Ma il fenomeno che nel frattempo ha spinto numerosistati europei a recedere dalla loro politica di aiuto neiconfronti delle isole di Zanzibar e Pemba, e che negliultimi tempi si è rivelato un serio motivo di crisi poli-tica interna, è legato agli sviluppi autoritari della politi-ca del governo isolano. Come in molti altri stati africa-ni, anche in Tanzania la prima fase della democratizza-zione fu più apparente che reale. Sono nati moltipartiti, ma quello dell’Unità nazionale, il Chama ChaMapinduzi, conserva la sua schiacciante maggioranza, ri-manendo pertanto un distributore di favori, di posti dilavoro e di prebende. A ciò si aggiunge, in quel diZanzibar, una vera e propria persecuzione nei confron-ti della minoranza politica. Il governo centrale, nel ri-spetto dei delicati meccanismi che regolano le relazionitra la possente terraferma e le piccole isole, ha taciuto alungo ; troppo a lungo, come sottolinea, in parte a giu-sta ragione, Henri Ngotezi : «Mwalimu avrebbe agitocon maggiore tempestività. » E forse no. La Tanzania halasciato da tempo l’ala protettrice di Mwalimu. Anchese la stabilità politica di cui oggi può godere la deve tuttaa lui, al vecchio Maestro.

* Peter Baumgartner è corrispondente dall’Africa per il «TagesAnzeiger ». Vive a Nairobi, Kenia.

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Nel mutevole passato di Tanganica e Zanzibar, un im-portante ruolo hanno giocato i sovrani di Oman, gli in-glesi ed i tedeschi : tutti costoro avevano mostrato uncerto qual interesse verso le fertili regioni attorno alKilimangiaro e verso la produzione di spezie dell’isola diZanzibar. Non di minore importanza erano ovviamen-te, nell’ottica dei commerci verso l’estremo oriente, iporti naturali dell’isola e delle regioni costiere continen-tali. Al contrario di quanto avvenne per il Tanganica, lastrada che portò all’indipendenza di Zanzibar fu ardua eamara, soprattutto perché la contesa tra i colonizzatoriarabi ed inglesi si giocò direttamente sulla pelle degliisolani.

1961 Il Tanganica, che è posto sotto amministrazio-ne fiduciaria dell’ONU, diviene politicamenteindipendente. Primo ministro è Julius Nyerere.Dopo appena due mesi Nyerere abbandona lacarica, iniziando una serie di viaggi all’internodel paese, per rendere comprensibile al popoloil concetto di repubblica. Nel 1962 lo statistaassume nuovamente funzioni politiche, questavolta in qualità di capo dello Stato.

1963 Zanzibar diventa indipendente. L’isola si tra-sforma in una monarchia costituzionale con acapo un sultano.

1964 Ribellione contro il sultano. Zanzibar diventauna repubblica popolare sotto la presidenza diAbeid Karume.

1964 Tanganica e Zanzibar si uniscono dando vitaalla Repubblica della Tanzania. Julius Nyerereviene eletto presidente.

1967 Nyerere pubblica la Dichiarazione di Arusha,nella quale espone le sue idee riguardanti il so-cialismo di tipo africano : le comunità rurali do-vrebbero essere riorganizzate sull’esempio dellegrandi strutture famigliari (Ujamaa). Negli anni70 si arriva ad imporre, in certi casi con l’usodella violenza, trasferimenti di massa.

1978 Guerra contro le truppe del dittatore dell’Uganda Idi Amin. Gli enormi costi che neconseguono accelerano la rinuncia all’attuazio-ne dei concetti dell’Ujamaa, considerata dalpunto di vista dell’economia un fallimento.

1985 Per l’uscita dalla pesantissima crisi economica,le istituzioni di Bretton Woods pretendonoriforme economiche molto severe. Misure cheJulius Nyerere non condivide ; lo statista si di-mette. Suo successore è Ali Hassan Mwinyi.

1995 Per la prima volta nella storia del paese si ten-gono elezioni cui partecipano diversi partiti po-litici. Il presidente della repubblica eletto èBenjamin Mkapa. Brogli elettorali sull’isola diZanzibar (a favore del partito di governo delChama Cha Mapinduzi, che in passato era statoil Partito dell’Unità) sfociano in una lunga crisipolitica interna, che mette a dura prova la ca-pacità di reagire dell’Unione.

2000 Ottobre : Elezioni presidenziali e delParlamento.

La Svizzera e la TanzaniaStrutture sanitarie, strade e riforme

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Cifre e fattiForma istituzionale :Repubblica

CapitaleCapitale politica : DodomaCapitale economica : Dares Salaam

Superficie945’087 km2

Il Kilimangiaro (5’895 m)è la montagna più alta delcontinente africano. Ilfondo del Lago Tanganicaè, con i suoi 358 metrisotto il livello medio delmare, il punto più bassodell’intera Africa.

Popolazione28,8 milioni di abitanti ;27,5 milioni vivono nelterritorio continentale ;il resto, sulle isole di Zanzibar e Pemba ;Densità demografica :30 abitanti/km2

Sviluppo demografico :ca. 3 percentoPopolazione rurale :70 percentoAspettative di vita :Donne : 51,9 anniUomini : 49 anni.

LingueKiswahili (lingua nazionale),inglese

EtnieCirca 120 gruppi etnici. I maggiori :Sukuma (ca. 14 percento)e gli Chagga (5,2 percen-to).

ReligioniUn terzo musulmani, unterzo cristiani ; il resto pra-tica religioni di tipo animi-stico-naturale.

Uganda

Kenia

Zaire

Zanzibar

Dar es Salaam

Mozambico

Ruanda

Burundi

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Cenni storici

(bf) La cooperazione allo sviluppo tra Tanzania eSvizzera ha antiche tradizioni, infatti, ebbe inizioverso la metà degli anni 70. Nel 1981 la Tanzaniadivenne uno dei paesi di concentrazione della DSC,e dal 1986 a Dar es Salaam esiste un apposito Ufficiodi coordinamento. L’attuale piano operativo 1999-2003 applica un programma comune della DSC edel Segretariato di Stato dell’economia (seco), conun budget annuo totale di circa 30 milioni di fran-chi. Questi fondi sono prevalentemente impiegatiper la realizzazione di progetti in tre diversi settorioperativi :Sistema sanitario : insieme a numerose altre or-ganizzazioni umanitarie, e con la collaborazione delMinistero tanzaniano della Sanità, si procederà allariforma dell’intera struttura sanitaria.A livello di progetto, la collaborazione tra l’Istitutosvizzero di malattie tropicali ed il tanzaniano IfakaraResearch Center promette di essere molto interes-sante. La priorità è assegnata alla ricerca sulla mala-ria. Il motivo : questa patologia è responsabile del44 percento dei decessi nelle regioni agricole della

Tanzania, un tasso che figura come uno tra i più altial mondo.Infrastrutture e trasporto : insieme ad altri dona-tori si sta realizzando sull’intero territorio nazionaleuna funzionale rete di collegamenti stradali. Una reteche permetterà incrementi nel settore agricolo econsentirà un migliore accesso ai servizi economicie sociali. La Svizzera sostiene in primo luogo la co-struzione di strade in territori attualmente molto iso-lati.Aiuti economici : nonostante i progressi compiu-ti in questi ultimi anni, la Tanzania resta comunqueal quinto posto nel gruppo dei paesi più poveri almondo. Con sostegni nell’ambito della bilancia deipagamenti e compensazioni finanziarie, si cerca digarantire al paese una certa stabilità, sulla via di rifor-me economiche e sociali.Accanto a queste tre priorità assolute, il programmaoperativo sostiene anche altri progetti, nell’ambitodi un attento sviluppo della sessualità e, in campopolitico, volti all’incremento della decentralizzazio-ne e della democratizzazione.

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Uno si sveglia, ma non si alza. La ragione è eviden-te, infatti, là fuori è tutto così caro, e le tue taschenon è che siano poi così rigonfie di soldi. E allora,non ti resta che fare affidamento sul tuo unico con-tatto con il mondo esterno : il cellulare.La Tanzania non è violenta e non ci sono rivoluzioniin corso. Forse sarà interessante stare a vedere cosasuccederà ad ottobre, quando ci saranno le elezioni.Allora sì che potremo ricevere lavoro dai media stra-nieri, per descrivere loro cosa sta succedendo.E dunque, uno se ne sta a letto, ad ascoltare per l’en-nesima volta le notizie della BBC. Timor East, l’oc-cupazione delle proprietà fondiarie in Zimbabwe, gliultimi giorni di Bill Clinton alla Casa bianca.Qualcosa di molto importante ti butta giù dal letto.Il tè. Ridevi come un pazzo un tempo, per l’osses-sione che la tua defunta nonna mostrava nei confrontidel tè. Adesso, forse senza nemmeno saperlo, anchetu hai l’idea fissa del tè.Qualche articolo ? Sì, l’ecosistema del SerengetiMasai Mara è alterato. Ci sono problemi legati alleproprietà fondiarie in Kenia, e così i coloni stannoinvadendo il Masai Mara Park in Kenia. C’è ancheil turismo di massa in Kenia. E ciò turba la faunabrada. Troppi sono i turisti che la bersagliano con leloro macchine fotografiche e gli animali sono stres-sati. La puoi vendere alla BBC questa, pagano bene.Mah, vedremo. Mio fratello, il più piccolo, dice cheha la febbre. Un incubo, perché ciò significa una solacosa : soldi. Ed è una cosa che tu non hai mai in ab-bondanza. Gli ospedali ci sono. Ma dall’addetta allareception al medico, ciò che i loro occhi riescono amettere a fuoco è soltanto una cosa, i soldi.E intanto, il tetto della casa fa acqua. È stato tartas-sato dalle piogge di El Niño. Può aspettare. Per ilmomento non hai soldi. O almeno, non così tanti

soldi, visto che per un lavoro del genere ti occorro-no almeno un milione di shilling.Il fratello si sta anche lamentando che non gli hai an-cora pagato la retta scolastica. Ma dove li trovi 500 dol-lari? Forse dovresti chiedere un prestito.Il direttore della banca è molto gentile, dice che a volteti vede in quel talk show alla televisione. Tu corrughila fronte e gli dici che hai bisogno di 2000 dollari eche glieli restituirai appena inizierai a pubblicare la tuarivista. Lui ti ascolta e parla di garanzie. Ma che ga-ranzia? Una casa, una ditta, o magari dei titoli statali.Non ne hai. Allora il direttore cortesemente ti ac-compagna alla porta. Ma tu ringrazi il Signore. Almenosei in buona salute e puoi andare in giro alla ricerca dialtri possibili prestiti per poter sopravvivere.Una lustra Mercedes ti sorpassa. Poi è la volta di unfuoristrada Toyota, eppoi un’altra Mercedes. Ma doveprende i soldi ‘sta gente? E senti i leader governativiche blaterano circa la povertà della Tanzania. E com’èallora che essi vivono nel lusso?E com’è che qualcuno è ricchissimo e molti sono cosìpoveri ? Il tutto mi puzza proprio d’inganno. Il go-verno dice che sta legiferando con l’intento di favo-rire le piccole aziende mediante piccoli crediti privi-legiati, ma sono soltanto parole. Parole e null’altro.E allora vai al bar, ti siedi e fai esattamente ciò che fail governo. Parli. Poi fai un salto in palestra per leni-re lo stress. Non hai soldi, ma almeno puoi fare unpo’ di moto e sperare per il meglio. E poi, a dormi-re. Che è davvero la cosa che costa meno in Tanzania.Chissà, forse il cellulare squillerà, e qualcuno ti daràun po’ di lavoro. Ma per il momento, di soldi nonc’è nemmeno l’ombra.

Adam Lusekelo Lusekelo è giornalistafreelance a Dar esSalaam, in Tanzania. Ha lavorato per dieci anniper l’allora unico quoti-diano in lingua inglese, il Daily News. Natural-mente ciò è stato dopoaver finito gli studiuniversitari a Dar esSalaam nel 1982. Per gli ultimi 12 anni haregolarmente collaboratocon la BBC, ed è oraredattore dell’edizionetanzaniana di Private Eyeche nel paese africano si chiama Eye Spy.È anche il conduttore di un talk show televisivosettimanale molto popo-lare, che tratta per lo piùargomenti di natura so-ciale.

Qui i conti non tornanoTanzania

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L’opinione della DSC

L’aiuto umanitario è un compito affidato prima-riamente ad operatori civili. Soltanto quando si èconfrontati con l’impossibilità di prestare aiutoumanitario da parte di operatori civili – ed è spes-so il caso quando si è in presenza di conflitti bel-lici –, il soccorso può essere affidato ad unità mi-litari. Per il resto, un coinvolgimento dei milita-ri è ammissibile anche quando le capacitàd’intervento di unità civili si rivelano insufficien-ti ad affrontare la specifica situazione di crisi. Taliconcetti sono stati ampiamente ribaditi nel corsodel Forum internazionale di Friburgo, al qualehanno preso parte 52 paesi, in maggioranza euro-pei e della Comunità di Stati indipendenti (CSI),oltre a 25 organizzazioni internazionali.

Lo speciale organismo OCHA (Office for theCoordination of Humanitarian Affairs) del-l’ONU, che ha organizzato, il 15 ed il 16 giugno2000, il « Fribourg Forum» – la Svizzera, che hasvolto la funzione di padrona di casa, era rappre-sentata dal Consigliere federale Joseph Deiss –, ègiunto ad una ulteriore, primaria constatazione :per incrementare gli effetti dell’aiuto umanitarioè necessario un miglioramento nell’ambito dellacooperazione e della coordinazione.

Un primo passo verso questo obiettivo dovrebbeessere l’effettuazione di un censimento delle po-tenzialità esistenti, reso accessibile a paesi ed ope-ratori attivi nel settore. Inoltre, si dovrebbero mi-gliorare a tal punto i presupposti istituzionali ditutti i partner, da giungere ad un effettivo incre-mento funzionale del sistema globale d’interven-to. Per fare ciò saranno necessari mezzi finanzia-ri adeguati e soprattutto una precisa volontà ope-rativa. Occorrono nuove strutture, strumenti dicomunicazione molto ben funzionanti e operato-ri preparati in maniera completa. Nel caso in cuila cooperazione internazionale fosse chiamata ad

esplicarsi in situazioni di crisi o catastrofi, sarà ne-cessario disporre di dispositivi già pronti e proce-dure sperimentate. Tutto ciò che non è già pron-to e sperimentato, può fallire all’approccio conuna situazione di crisi. Ma ciò non deve succede-re, in quanto si parla qui di salvare vite umane, al-leviare stati di disagio estremo e garantire il mas-simo di sicurezza ai sopravvissuti. Il soccorso allevittime deve essere neutrale, al di sopra delle parti,senza limitazioni o favoritismi razziali, etnici o re-ligiosi. Esso non deve subire condizionamenti po-litici o economici.

Per questi motivi è particolarmente importanteche l’aiuto umanitario non venga politicizzato.Tale concetto corrisponde all’atteggiamento dibase della Svizzera. Un concetto sperimentato, perribadire il quale il Forum internazionale diFriburgo si è rivelato una gradita piattaforma.L’idea di un aiuto umanitario esente da strumen-talizzazioni politiche suscita crescente riconosci-mento. Che in questo ambito la Svizzera consi-deri il suo un ruolo primario, è fenomeno anco-rato nella tradizione umanitaria del nostro popoloe nella storia del nostro Paese. E queste sonoquelle tradizioni che la nostra gente vuole con-servare intatte anche in futuro.

Walter FustDirettore della DSC

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L’aiuto umanitario non puòessere politicizzato

Grazie alle tecnologie più moderne, in tutto il mondo è semprepiù semplice accedere ad un numero sempre maggiore d’infor-mazioni. Per la cooperazione allo sviluppo si tratta di una gran-de opportunità che tuttavia nasconde qualche insidia. È uncampo molto vasto, sul quale in futuro la DSC vuole mettere unaccento particolare.

(gn) Alla seconda conferenza «Sapere e sviluppo»(Knowledge and Development), tenutasi la scorsaprimavera a Kuala Lumpur, il Presidente della BancaMondiale James Wolfensohn è intervenuto daWashington via satellite. Un segno del tempo – per-fettamente integrato nella tematica «Opportunità erischi dell’era dell’informazione in vista di uno svi-luppo durevole », discussa intensamente per una set-timana dal migliaio circa di partecipanti alla confe-renza.Che educazione e sapere giochino un ruolo im-portante nella lotta contro la povertà e il sottosvi-luppo, non è una novità. Ma i cambiamenti travol-genti degli ultimi tempi hanno posto l’aspetto della« società del sapere » sempre più al centro dell’inte-resse generale. Grazie ad Internet e alla telefonia mo-bile, sembra che presto il mondo intero sarà riuni-to in un unico villaggio globale. Sembra. Per moltepersone, soprattutto nei paesi più poveri, continuainfatti ad essere difficile, se non impossibile, acce-dere alle nuove tecnologie con le loro possibilitàquasi infinite.

Opportunità e rischiLa «Global Knowledge Partnership» (GKP) è un’or-ganizzazione di cui anche la DSC fa parte, e che haorganizzato la conferenza di Kuala Lumpur insiemeal paese che l’ha accolta – la Malaysia. Il suo obiet-tivo è quello di arginare il più possibile gli influssinegativi sui più poveri, e di sfruttare in modo effi-cace e mirato le opportunità che le nuove tecnolo-gie offrono alle nazioni del Sud. Infatti, un’analisidella situazione mostra che oggi le nuove tecnolo-gie dell’informazione sono un fattore fondamenta-le dello sviluppo futuro.La GKP parla di «digital divide », ossia un fossatosempre più profondo fra chi, grazie alle nuove tec-nologie, può accedere ad un « sapere globale » e chiinvece viene sempre più sospinto verso la margina-lità e la povertà, poiché non ha nessuna possibilitàdi parteciparvi. Per contrastare questa tendenza e

permettere anche ai più poveri di prendere parte al« sapere globale » è necessario prendere provvedi-menti – in primo luogo, creando le necessarie in-frastrutture.Benché l’accesso alla rete globale sia una premessaimportante, esso non è sufficiente. Il fattore decisi-vo – così si è espressa la DSC – è « tradurre seletti-vamente in sapere le informazioni rilevanti ». Di re-gola, per essere veramente utili alle persone cui sonodestinate, le informazioni devono essere seleziona-te, preparate, tradotte, convertite o interpretate.Un semplice cittadino, per esempio, non sa che far-

Il sapere : molto più che

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Quel saperedeterminanteLa Global KnowledgePartnership è nata nel1997 dalla prima con-ferenza globale sul saperee sullo sviluppo diToronto. L’organizza-zione, strettamente legataalla Banca Mondiale, ha la sua sede aWashington, e nel marzodel 2000 in collaborazionecon la Malaysia haorganizzato a KualaLumpur la 2a conferenza«Sapere e sviluppo».Alla base delle sue attivitàv’è la convinzione che il « sapere » sia di capitaleimportanza per unosviluppo durevole, e che rappresenti ancheuna risorsa globale chepuò essere sfruttataopportunamente.

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semplici informazioni

sene di una mappa tecnica meteorologica immessanella rete dai servizi satellitari. Soltanto l’interpre-tazione e la formulazione della previsione meteo-rologica forniscono agli interessati il sapere di cuihanno bisogno.

Tema trasversale della cooperazione allosviluppoOggi le nuove tecnologie dell’informazione carat-terizzano il nostro quotidiano, e nemmeno la coo-perazione allo sviluppo può ormai più farne ameno: esse giocano infatti un ruolo più o meno im-portante in tutti i programmi e a tutti i livelli.Perciò, in futuro la DSC intende accordare lorol’importanza che meritano : «Sapere e sviluppo»deve inserirsi nelle attività della DSC come tematrasversale importante e con un avvenire.Soprattutto, ci si preoccupa che anche le esigenzelocali della popolazione siano tenute in considera-zione : Internet non deve soltanto trasferire infor-mazioni dal Nord al Sud, bensì diventare uno stru-mento con cui anche chi fino ad oggi è stato menoprivilegiato possa far sentire la sua voce in ogni an-golo del pianeta. Formazione e istruzione intendo-no permettere alle popolazioni locali di utilizzarele nuove tecnologie in modo attivo e autonomo, e

di impiegare le possibilità che offrono a vantaggiodelle proprie, peculiari esigenze. Concretamente si-gnifica che la diversità, le culture locali, le lingue ei contenuti devono scorrere nella rete ; Internet nondeve essere una via a senso unico.La DSC dà un peso particolare all’integrazionedelle nuove tecnologie nell’offerta già esistente dimezzi di comunicazione come la radio, la stampae la televisione. In questo senso, nella cooperazio-ne internazionale con altre organizzazioni per lo svi-luppo la Svizzera offre già il suo sapere tecnico : allaconferenza di Kuala Lumpur è stato varato un pianod’azione che fissa i più importanti ambiti di lavoroper un impiego durevole delle nuove tecnologie,e alla cui realizzazione la Svizzera parteciperà atti-vamente.I temi centrali sono gli stessi che James Wolfensohnha citato nel suo discorso : l’accesso alle tecnologie(« access »), la capacità di sfruttarle (« empower-ment ») nonché il giusto rapporto con esse («go-vernance »). Il piano d’azione prevede inoltre im-portanti temi collaterali : la partecipazione delledonne e dei giovani, nonché l’integrazione del sa-pere locale e dei media.

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TV impegnataIn un paese in preda al pericolo di guerra, la tolleranza non èuna caratteristica innata. La pacifica convivenza tra persone didiverse etnie va imparata. Una serie televisiva plurilingue per ra-gazzi, firmata dai produttori della celebre «Sesam Street», vuoleeducare i bambini macedoni alla non-violenza.

(mr) Il piccolo Dime è cotto di Biba e farebbe ditutto per attirare l’attenzione della ragazzina che in-vece non sembra ancora interessarsi alle vicende dicuore. Mangiare gelati e giocare con le amiche sonogli svaghi preferiti della ragazza macedone. Ma Dimenon demorde, ed ecco che un giorno ruba un co-niglio ad una sua compagna di classe per regalarlo aBiba.I piccoli telespettatori capiscono subito : Ciò cheDime fa nel film non promette nulla di buono. Perfortuna nella cantina del caseggiato di Dime c’è unvecchio computer, sempre pronto a dare buoni con-sigli, grazie ai quali all’ultimo momento si riesce adevitare una bella scazzottata tra le due bande rivalidel palazzo.

Apprendere la non-violenza dalla tvLa serie televisiva trasmessa in Macedonia, in linguamacedone ed albanese, dal titolo « Il nostro vicina-to », propone in forma adeguata ad un pubblicoadolescente storie di vita quotidiana di una societàmulticulturale che anche se non direttamente coin-

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Il succeso impegnaDopo aver girato in unaprima fase del progetto,da ottobre ’98 a dicem-bre ’99, otto puntatedella serie televisiva, unaequipe televisiva mace-done con il sostegno dialcuni esperti americanista girando le prossime26 puntate di « Il nostrovicinato ». Questa volta,oltre al macedone el’albanese, si gira anchein turco e rom. Come già per le prime puntate a firmare responsabiledella produzione e la «Children’s TelevisionWorkshop» (CTW) diNew York. La CTW è unimportante nome nelsettore cinematografico,che ha segnatoimportanti successiinternazionali con lacelebre «Sesam Street ».

volta nelle vicende belliche è comunque confron-tata con il dramma della guerra. « Il progetto cofi-nanziato dalla DSC vuole promuovere uno spiritodi tolleranza e di pacifica convivenza tra i popoli inun paese come la Macedonia in cui convivono di-verse etnie », dice Stefanie Burri, responsabile delprogramma per la Macedonia della DSC. Tre quar-ti della popolazione macedone è di origine slava or-todossa mentre il rimanente 25 percento e albanesemusulmano. Dall’inizio del conflitto nei balcani laMacedonia è ritenuta paese chiave per il manteni-mento della pace. Se si riesce a stabilizzare la situa-zione in Macedonia si avranno riscontri positivianche nei paesi circostanti.Ecco perché « Il nostro vicinato », programma tele-visivo per bambini con forte carattere pedagogico,ha riscosso un grande successo ed è molto guardatosia dai bambini albanesi sia da quelli macedoni. Nelprogramma i bambini imparano a conoscere la lin-gua e la cultura dell’altro gruppo etnico in un con-testo positivo e soprattutto apprendono a risolveresituazioni di conflitto senza l’uso della violenza.

La promozione delle donnenelle mani di una laureata inagronomia(bf) Dal 1° maggio, Elisabethvon Capeller è la nuova delega-ta della DSC per la «promozio-ne della donna». Fra l’altro, saràchiamata a porre particolare at-tenzione alle pari opportunitàdelle donne sul posto di lavoro,alla composizione dei gruppi dilavoro e all’equa ripartizione deiposti direttivi. Il sapere necessa-rio alla molteplicità dei suoicompiti Elisabeth von Capellerlo ha acquisito nell’ambito dellasua attività professionale (studisulla tematica legata alla condi-zione della donna) e della pro-pria biografia. Diplomata in in-gegneria agraria e specializzatanella coltivazione di piante,l’esperta ha scritto la sua tesi dilaurea all’ETH di Zurigo nell’ambito di un progetto DSCriguardante la protezione inte-grata delle piante nelle coltiva-zioni di riso del Madagascar. Altermine di un periodo di praticapresso l’International Center forResearch in Agroforestry(ICRAF) in Camerun,

dalla Fondazione STEP.La Sezione del personale ha ap-pena pubblicato un opuscoloche riguarda le professioni dellaDSC (in italiano: «Le professionidella DSC»), uno strumentoche fornisce numerose informa-zioni circa le possibilità profes-sionali interne. È possibile otte-nere l’opuscolo, così come ladocumentazione necessaria aduna candidatura per la parteci-pazione ai programmi di prati-cantato, presso il Centro diinformazione, di consulenza eformazione delle professionidella cooperazione internazio-nale e dell’aiuto umanitario(cinfo), casella postale 7007,2500 Bienne 7 ; tel. 032365 8002, [email protected].

Ufficio di coordinamento aKijev(ftg) Il prossimo 15 settembresarà inaugurato ufficialmente aKijev il nuovo ufficio di coor-dinamento gestito congiunta-mente dalla DSC e dal seco(Segretariato di Stato dell’eco-nomia). Perché un ufficio delgenere in Ucraina? Si tratta di

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Elisabeth von Capeller ha lavo-rato, in qualità di responsabiledi progetto, presso il SacrificioQuaresimale.

Posti per praticanti(dls) Ai giovani universitari edai diplomati di scuole superioriè data la possibilità di effettuareuno « stage» di diciotto mesipresso la DSC o una ONG adessa collegata. Avranno così lapossibilità di conoscere da vici-no gli obiettivi ed il funziona-mento di tali organizzazioni enel contempo di compiere unaprima esperienza professionalenei settori della cooperazioneallo sviluppo e dell’aiuto uma-nitario.Sono undici le persone chehanno intrapreso uno stage all’i-nizio dello scorso mese di gen-naio. Una parte di essi è entratain funzione presso la DSC, nel-l’ambito delle diverse sezionidella cooperazione allo svilup-po, dell’aiuto umanitario e dellacooperazione tecnica con ipaesi dell’Europa dell’Est ; glialtri, sono stati assunti daInfosud, Terre des Hommes o

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DSC interna

Che cosa è ... accountability ?(bf) Il dizionario traduce il termine inglese « accountability » con« responsabilità ». Nella cooperazione allo sviluppo, il termine èutilizzato ogni qualvolta si ha che fare con l‘« accountable », inaltre parole, il responsabile, colui che dirige un progetto, un pro-gramma o una misura d‘intervento. E dunque, tale accountablepuò essere un governo o un ministero, così come la Banca mon-diale, la DSC, un manager o il singolo responsabile di un pro-getto. La DSC, ad esempio, per quanto concerne la lotta allapovertà, è da considerare accountable nei confronti del parla-mento. Essa è tenuta a dichiarare in che modo viene eseguitol‘incarico, come viene impiegato il denaro, in quale misura sonostati raggiunti gli obiettivi e quali aspettative sono state soddi-sfatte.Accountability è, in fondo, l‘esatto contrario di arbitrio, essa pre-suppone trasparenza, garanzie, assunzione di responsabilità e ren-diconto sulle attività svolte. Inoltre, l‘impegno a dichiararsi. Daciò consegue, per tutti coloro che partecipano al progetto, latrasparenza, la condivisione e la capacità di fornire prestazioni.

una scelta che si inserisce nellanuova strategia che la Svizzeraapplica nei confronti dei paesidell’Est europeo: rinforzare lapresenza della nostra coopera-zione internazionale sul posto,ed in particolare nei paesi dellaComunità di Stati indipendenti(CSI), comunità scaturita comenoto dallo smembramento del-l’ex Unione Sovietica. InUcraina l’ufficio di coordina-mento dovrà occuparsi preva-lentemente di un nutrito venta-glio di programmi, che vannodalla riqualifica professionaleper i disoccupati, alla reintegra-zione di deportati che ritorna-no in Crimea, fino alla forma-zione di quadri bancari. Senzaovviamente dimenticare – delresto, si trova proprio da questeparti il martoriato paese diCernobyl – un progetto pilotadi sicurezza nucleare. Tra iprogrammi a lungo termine ri-cordiamo, invece, il sostegnoalla società civile per un pro-getto mediatico e per la pre-venzione delle catastrofi natura-li nella regione della Transcar-pazia.

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Un pozzo isolato in una terra martoriata dalla siccità contribuisce benpoco allo sviluppo della popolazione interessata. Esso assume unsenso solo quando diventa parte integrante di un insieme di maggiorrespiro. Questo è il principio basilare delle strategie di sviluppo cheattualmente vengono dibattute in seno alla Banca mondiale e allaDSC. Anche se le visioni del nuovo «approccio per programmi» sonoevidenti, la loro concretizzazione non è priva d’insidie. Un colloquiocon Walter Hofer della DSC e Werner Külling, direttore dell’organiz-zazione di sviluppo Helvetas. Moderazione: Gabriela Neuhaus.

Walter Hofer : Nelle cerchie che si occupano disviluppo è in corso dalla metà degli anni Novantaun ampio dibattito sull’efficacia della cooperazioneallo sviluppo. Una delle conclusioni tirate finora èche il lavoro per progetti produce risultati solo se sisvolge in un « contesto favorevole allo sviluppo»,ossia quando sussistono condizioni quadro idonee avari livelli. Si vuole perciò abbandonare l’aiuto aiprogetti a favore di un lavoro generale e settoriale.Il sostegno deve essere fornito in un contesto inte-grale, partendo da strategie definite per interi setto-ri, quali per esempio la sanità, la formazione o la pro-mozione dell’economia privata.

Un solo mondo: Werner Külling, le organizza-zioni di sviluppo private sono scettiche di fronte aquest’evoluzione. Perché?

Werner Külling : Per noi ciò che ha detto WalterHofer è cosa acquisita. La cooperazione allo svilup-po sta effettivamente andando in questa direzione.Se vent’anni fa le organizzazioni private realizzava-no in un gran numero di paesi i progetti più dispa-rati, nati in parte in modo del tutto arbitrario, oggidobbiamo anche noi specializzarci e concentrarci su

determinati compiti. Nella sua strategia dei pro-grammi di lavoro con l’estero Helvetas si limita peresempio a tre settori : infrastrutture in ambito rura-le, sfruttamento durevole delle risorse naturali, non-ché formazione e cultura. La critica o il timore prin-cipale espresso dalle organizzazioni private è che l’ap-proccio per programmi (noto anche come« sectorwide approach») comporta il pericolo che ilpaternalismo riprenda il sopravvento nella coopera-zione allo sviluppo ispirandosi al motto : chi paga,comanda. In altri termini, che la DSC o la Bancamondiale dicano : noi questo lo facciamo solo cosìe se tu, paese in via di sviluppo, vuoi qualcosa da noinon ti rimane che accettare le condizioni imposte.

Hofer : Il problema del « chi paga, comanda » nonè ovviamente estraneo nemmeno ai progetti. Iosono convinto che un dibattito sulle condizioni ne-cessarie per realizzare dei programmi condotto inmaniera aperta con i rappresentanti dello stato schiu-da loro persino maggiori possibilità. Pur essendoquelli che pagano, noi non siamo necessariamenteanche quelli che comandano. Siamo disposti ad as-sumere un certo rischio e ad anticipare delle presta-zioni nella misura in cui cogliamo dei segnali che cipermettono di capire che anche la controparte è di-sposta ad impegnarsi, per esempio nel campo dellabuona gestione degli affari pubblici.

Un solo mondo: Quali sono le premesse per si-mili programmi settoriali ?

Hofer : Il punto cruciale è che la realizzazione deiprogrammi sia imperniata su un partenariato a lungotermine, nell’ambito del quale si instauri un dialogodurevole sulle politiche e le strategie globali delpaese in questione. Il contesto nel quale si svolge un

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«Non lavoriamo peri governi, ma per la gente»

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simile dibattito fornisce a tutti i partner – dalla DSCalla Banca mondiale, che è 210 volte più grande, maanche a Helvetas e alle organizzazioni minori – lapossibilità di trovare, con cognizione di causa, unanicchia collegata al tutto tenendo conto della spe-cializzazione dei vari partner. Oggi un’organizza-zione di sviluppo non si occupa più di tutto indi-stintamente, ma deve avere precise conoscenze delsuo campo d’attività specifico, conoscenze che puòin seguito far valere nell’ambito della concezione set-toriale.

Külling: Il coordinamento dei donatori rappresentaun grande problema per simili programmi. Ci sor-prende sempre di vedere quanto siano diverse le po-litiche di sviluppo dei vari paesi e delle varie orga-nizzazioni. È difficile riunire tutti all’insegna di undenominatore comune. Ciononostante ritengo chesia essenziale riuscire a coordinare i donatori. Levarie organizzazioni dovranno in seguito subordi-narsi alla scelta comune. Importante è che tutti ipartner ricerchino insieme delle soluzioni.

Un solo mondo : Voler condurre tutti i donatorie i beneficiari ad accordarsi su una politica, un pro-gramma rappresenta una meta molto ambiziosa.Qualcuno deve perciò assumere la responsabilità diportare avanti il discorso, altrimenti si arena. A chispetterebbe un simile compito ?

Hofer : Vorremmo che la direzione generale fosseaffidata ai nostri partner, i governi dei paesi interes-sati. Questo mostra anche quanto elevate siano leesigenze dell’approccio programmatico. Per attuar-lo è necessario un minimo di buona gestione degliaffari pubblici, delle condizioni quadro stabili incampo politico ed economico, il paese deve prati-care una gestione finanziaria ragionevole e traspa-rente… È insomma necessaria tutta una serie di pre-messe e noi tutti sappiamo che esse si riscontranosolo in pochissimi paesi. Ecco perché, nel caso dell’approccio settoriale e programmatico, ci si devecontinuamente chiedere : che cosa è possibile, checosa è parzialmente possibile, possiamo fornire noistessi un contributo per preparare il terreno ?

Külling : Noi organizzazioni private – contraria-mente a quanto fanno la DSC o la Banca mondia-le – non lavoriamo di regola con i governi dei paesi

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in via di sviluppo, bensì direttamente con le orga-nizzazioni non governative presenti sul posto, conpartner della società civile. È importante che l’ap-proccio per programmi non releghi nel dimentica-toio queste istituzioni. Noi dobbiamo cogliere leloro visioni e i loro impulsi per integrarli opportu-namente nel dialogo. Vi sono paesi dove questo èdifficile. Spesso infatti le organizzazioni della societàcivile si trovano in opposizione al governo.

Hofer : Io non vedo contraddizioni di fondo tra laconcezione settoriale e la scelta del partner. Ma con-cordo sul fatto che non lavoriamo per dei governiqualsiasi, bensì per la gente. La scelta del partnerdeve essere compiuta con la massima consapevo-lezza.

Külling : E cosa possiamo fare in un paese, comeper esempio il Camerun, che ha un governo cor-rotto e repressivo ? Poco tempo fa il presidente delmaggior partito d’opposizione camerunese si tro-vava in Svizzera e ha pregato le nostre autorità dinon versare denari per lo sviluppo al governo, dovesarebbero comunque scomparsi, bensì di aiutare di-rettamente la popolazione svantaggiata. La maggiorparte della gente di quel paese sta oggi infatti peg-gio che vent’anni fa. Dobbiamo forse abbandonar-la al suo destino solo perché il governo non rispet-ta le condizioni quadro globali ?

Hofer : Per noi l’approccio per programmi o set-toriale non rappresenta una panacea ma uno stru-mento fra tanti. Se le condizioni per un approccioprogrammatico non sono date, dobbiamo cercareun’altra via. Vogliamo infatti fare qualcosa perchéla situazione lo richiede. Dopotutto non si tratta diopporre il programma al progetto. La questione èunicamente quella di sapere che cosa è fattibile, ra-gionevole e necessario, e com’è possibile realizza-re nel migliore dei modi gli obiettivi di sviluppo.Se è necessario siamo pronti ad operare puntual-mente, per progetti, ma anche in questo caso sem-pre nell’ottica di una visione di maggiore respiro.Essa determina sin dal principio il nostro approcciosettoriale e i partner con i quali vogliamo collabo-rare.

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Helmut Maucherè stato a capo dellaNestlé per quasivent’anni, fino al 1997 –da ultimo nelle vesti diPresidente e Delegatoin seno al Consigliod’amministrazione –facendo del Gruppo diVevey ciò che è oggi : lapiù grande multinazionalealimentare al mondo, consocietà di vendita e diproduzione sparse in tuttie cinque i continenti. Il presidente onorario dellaNestlé, nato nel 1927nell’Allgäu e membro dellaPresidenza della Cameradi commercio internazio-nale ICC (Parigi), viaggiamolto anche dopo il suo«pensionamento» – nonda ultimo nei paesi in viadi sviluppo.

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Multinazionali e sviluppoNegli ultimi vent’anni ho avuto il privilegio di poter assistere ad unprofondo mutamento dell’opinionepubblica – e pubblicata – ed anched’influenzare quest’evoluzione.Quando nel 1981 ho rivestito lacarica di Delegato in seno alConsiglio d’amministrazione dellaNestlé SA, in molti ambienti le multinazionali erano ancoraconsiderate crudeli sfruttatrici deipaesi in via di sviluppo, e in alcuneorganizzazioni internazionalil’abituale insulto rivolto a questeaziende faceva parte delle buonemaniere.

L’azienda di cui assunsi la direzioneera ritenuta la multinazionale pereccellenza, e i miei numerosi viagginei paesi in via di sviluppo mi hannomostrato in tutta chiarezza comestigmatizzare le multinazionali inmolti casi fosse ingiustificato, e comesul posto quest’atteggiamento fossechiaramente rifiutato. Al contrario,in numerosi paesi gli investimentidiretti delle grandi aziende erano piùche i benvenuti, e non ho incon-trato un solo presidente o ministrodell’economia che abbia criticato lanostra presenza o le nostre attività.Sapevano che la Nestlé impianta sedied apre fabbriche soltanto laddove alungo termine c’è un interesse sia per il paese d’accoglienza che perl’azienda, e si rendevano conto cheproprio l’elaborazione di prodottiagricoli in generi alimentari conser-vabili rappresenta la prima, ragione-vole tappa verso l’industrializza-zione.

La Nestlé era presente ormai su tutti i continenti, ed erano soltantopoche grandi nazioni d’Asia ed’Africa a non avere una sede.Rapidamente siamo giunti anche inEgitto, Pakistan, Bangladesh,Marocco, Senegal, Vietnam eCambogia, e l’apertura politico-economica dell’Europa centrale edell’Est, ma anche e soprattutto della Cina, ci ha permesso disviluppare ulteriormente la nostrapresenza geografica.

Un simile insediamento non èpossibile senza l’accordo e la colla-borazione delle autorità nazionali…

e ovunque eravamo i benvenuti.I governi sono perfettamenteconsapevoli che gli investimentidiretti d’aziende straniere danno uncontributo durevole allo sviluppoeconomico locale – senza gravareil paese ospitante con nuovi debitied interessi. Esse portano posti dilavoro, nuove tecnologie e nuoviprodotti, pagano tasse ed imposte.Ma, soprattutto, danno un impulsoall’economia locale confrontandofornitori, commercio, sistemabancario e non da ultimol’amministrazione con esigenze enecessità attuali, ed imponendostandard internazionali. Un’aziendadella Nestlé insediata nella Costad’Avorio produce secondo norme di qualità e di sicurezza valide intutto il mondo – in questo campo,un’azienda internazionale non puòpermettersi di scendere a nessuncompromesso.

Gli effetti di un simile insediamentosono enormi : i concorrenti devonoallinearsi in fatto di qualità e diservizio, o saranno esclusi dal mer-cato ; i fornitori devono adeguare i loro prodotti per soddisfare uncliente esigente, ma solvibile. I collaboratori e i quadri ottengonouna formazione alla quale altrimentinon avrebbero accesso e vengonopreparati in modo mirato adassumere responsabilità sempremaggiori. Vi è un transfer di saperedifficilmente attuabile in altro modo.Infine, azienda e collaboratoririversano tributi allo Stato.

Non si tratta di un idillio, ma delladescrizione realistica di un processoche avviene tutti i giorni. E lamaggior parte dei paesi del mondoha riconosciuto chiaramente che inquesto modo è possibile soddisfarebuona parte delle esigenze impostedalla politica di sviluppo. Per questomotivo molti governi hanno ancheaccettato il fatto che si debbanoeliminare leggi e regolamentazioniobsolete o motivate da ideologie,che non sia possibile favorire aziendelocali e creare con decisioni am-ministrative arbitrarie un ambientein cui gli investitori stranieri nonsono più disposti ad assumere alcunrischio.

Ciò implica un’apertura, un sistemagiuridico affidabile e meno abusi daparte dello Stato – tutti elementiche, nel complesso, non fanno chegiovare allo sviluppo economico e che contribuiscono ad accelerareil processo di sviluppo. Negli ultimianni è stato dimostrato moltochiaramente che questo processofunziona veramente ; lo dimostraanche l’elenco degli standard di vitanel mondo stilato da organizzazioniinternazionali. I progressi più rapidivengono registrati in quei paesi chepuntano sulla propria apertura.Non mi sorprende che questenazioni siano al primo posto anchein fatto di diritti di libertà e diistituzioni democratiche.Quest’evoluzione ha fatto sì che la discussione sulle aziendemultinazionali fosse più razionale e tollerante. Dal canto loro, questeultime hanno capito che ipregiudizi possono essere abbattutisoltanto con un atteggiamentoragionevole e un’informazioneaperta. Sono molto felice di averpotuto dare il mio piccolocontributo.

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Chi è fortunato, è abbastanzagrande o si è arrampicato sultetto della scuola, ha di chemeravigliarsi : un vecchio stacantando. E quando non è lui a cantare, allora c’è il giovaneche « rappeggia ». Qui s’incon-trano mondi musicali e gene-razioni. Come si chiama questamusica ? Rap marrabenta.Marrabenta ? Benché spessodefinita la forma musicalecaratteristica del Mozambico, il caso è un po’ più complicato.Il sessantunenne Lisboa Matavelè cantante nel gruppo Mabulu,e nemmeno lui conosce conprecisione le origini del marra-benta. È vero, ricorda che« all’inizio degli anni Sessanta,allorché avevo ancora unpiccolo club musicale in un

Il preside è indignato : a chi è saltato in mente d’organizzare un concerto in pienogiorno? Le sue aule sono tristemente vuote : fuori, all’angolo della strada, tuttistanno ballando attorno ad una band molto più interessante di qualsiasi lezio-ne. La band porta il nome di Mabulu, e dal 31 agosto è in tournée nel nostropaese. Jodok Kobelt* riferisce da Maputo, Mozambico.

sobborgo di Maputo, suona-vamo musica tradizionale chechiamavamo marrabenta ».Secondo un’altra interpre-tazione, il marrabenta trarrebbele sue origini dalla danza. Fra ipartner, la danza esprime spessoun linguaggio del corpopiuttosto chiaro, ed è sempreparte integrante di un concertomarrabenta tradizionale. Inportoghese vi è l’espressione« rebentar », che significaqualcosa come « spaccarsi », edesprime la sensazione che assalechi danza in modo intenso.L’etnologo Wolfgang Benderfornisce invece una spiegazionescientifica : « È una musica daballo nata in modo simile intutte le colonie portoghesid’Africa, una sintesi di musica

da ballo portoghese ed elementiafro-brasiliani e locali ».Lo sviluppo della musica ingenerale e del marrabenta deveessere visto sullo sfondo storico.Una volta la cosiddetta «musicalegeira » era soprattutto lamusica dei colonialisti, recepitadalle popolazioni locali tutt’alpiù in un contesto urbano.Nelle città nacquero orche-strine da ballo che, però,durante i decenni dellarivoluzione e della guerra civilefurono considerate « borghesi ».Al termine della guerra civile il governo cercò addirittura divietare questo tipo di musica,argomentando che ad incarnarela musica della rivoluzioneerano le canzoni dei lavoratori.Molti musicisti emigrarono

perciò verso il Portogallo o in Sudafrica. In questo modo, i grandi nomi della vecchiamusica marrabenta fecerocarriera soprattutto in Sudafrica,dove allora vi erano le solepossibilità di registrazione. Per ciò che concerne la musicaleggera in Mozambico, lalacuna fu colmata soprattutto da musicisti zairiani. Comequasi dappertutto in Africa, glistili musicali high life e, piùtardi, il soukous la fecero dapadrone.

Rap e tradizioneLisboa Matavel si è dato allamusica relativamente tardi. Neipanni di giovane impiegato deitelefoni, spesso metteva incomunicazione anche musicisti

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tematizzano la quotidianità.Questa collaborazione è uninsegnamento reciproco.« Mabulu è un progetto, nonuna band. Si tratta di far sì chele generazioni si riavvicinino, si ascoltino e si riscoprano »,rileva Roland Hohberg,produttore del gruppo.Così, in un rapporto reciprocoi due personaggi centrali deiMabulu fungono alternativa-mente da maestro e da allievo.Lisboa trasmette i ritmi tradi-zionali, nei concerti sua mogliee sua figlia mostrano che ilmarrabenta è soprattutto danza,Chiquito attira il pubblicogiovane ed è la prova viventeche tradizione e nuovi stilimusicali non debbono per forzaescludersi a vicenda. L’obiettivodi questo progetto è perentrambi lo stesso : divertirsidurante i concerti, e – attra-verso la musica – riusciremagari a dare un contributo ad una società mozambicana in cerca di una nuova, propriaidentità culturale.

* Jodok Kobelt è giornalista liberoper conto di Radio DRS ed altrimass media

in Sudafrica, venendo perciò a contatto con loro. Da questicontatti nacque una collabora-zione musicale e da essa, neglianni sessanta, una carriera –che, tuttavia, si congelò durantela guerra civile e la lotta allamusica leggera degli anni cheseguirono. Inoltre, per legenerazioni più anziane – comedappertutto in Africa – lamusica non è considerata unmestiere o una possibilità diguadagno, ma parte integrantedell’esistenza.Il rapper ventiquattrenneChiquito ha precedenti musi-cali di tutt’atro tipo. È cresciutoin mezzo a forme musicalimoderne d’importazione, frarap e hip hop. Con la sua gang« Mad Level », nelle città ha già

fatto registrare più di unsuccesso. Nel suo quartiere èuna star, per il resto frequentala scuola. Alla domanda se nondesideri utilizzare ritmi tradi-zionali come base per le sueacrobazie freestyle, Chiquitorisponde : « Ci ho già pensato,ma non ci ho ancora lavoratoconcretamente ». Ad ognimodo, il suo ultimo successo« Fatality » già spezza ritmica-mente i rigidi schemi 4/4americani.

Un insegnamentoreciprocoChe cos’hanno in comune il vecchio e il giovane ?S’incontrano nei testi delle lorocanzoni. Con il loro messaggio,sia il marrabenta che il rap

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MabuluIl gruppo Mabulu è nato l’annoscorso grazie a «Promusic »,un’organizzazione a sostegno dei musicisti con sede a Moputo,nel Mozambico. Dopo la creazionedi Promusic, il responsabile del-l’organizzazione Roland Hohbergha consolidato anche lo studioMozambique Recording, tra-sformandolo in uno standardprofessionale. Grazie a questeistituzioni, la scena musicalemozambicana può ora sperare in un futuro più roseo. La DSC ha sostenuto lo studio conl’apporto di capitale iniziale, e sostiene l’Helvetas nel finan-ziamento di Promusic.

Mabulu on TourMabulu è in tournée da agosto anovembre, e farà tappa anche inmolte scuole. Il tour è presentatoda DSC ed Helvetas. Le date :31 agosto : Bienne, conferenzaannuale della DSC1° settembre : Neuchâtel2 settembre : Frick6 settembre : Coira15 settembre : Winterthur16 settembre : Langnau29 settembre : Ginevra30 settembre : Sion6 ottobre : Jona7 ottobre : Zugo8 ottobre : Thun12 – 14 ottobre : Expo diHannover27 ottobre : AarauPer maggiori informazioni : stampalocale o www.africanow.ch/

la scena musicale. Le compagniestraniere esitano ad investire inAfrica, e i consumatori nonpossono permettersi l’acquisto di prodotti legali così costosi.Ecco perché convogliamo leentrate generate dal copyright di questa produzione nellacreazione di solide società per i diritti d’autore.Con il CD «Urban AfricaNow», prodotto in collabora-zione con il label lucernese« trace von cod-music », la DSCintende esportare oltre Mediter-raneo alcuni nuovi tasselli dellastraordinaria storia della musicaafricana. Quegli originali chetrasmessi (in una qualitàscadente) da spesse radio oggirisuonano in cortili, strade episte da ballo all’aperto. Eroilocali ruvidamente vitali cheforse non lavoreranno mai alivello internazionale. Le hit piùhippy dei giovani di Jo’burg,Maputo, Dakar, Lagos,Ouagadougou e quali che sianotutti questi bei nomi. Quest’as-saggio mostra in musica lacreatività del continente daimille colori – e ti rimandaall’altra Africa.

* Beni Güntert è collaboratore pressola sezione Media e comunicazionedella DSC.

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Calda musica dalle metropoli d’AfricaNegli ultimi tempi la Svizzera è attraversata, almeno per quanto concerne lapubblicità, da un’insolita voglia d’Africa. Allo scopo di diffondere nel nostropaese anche buone nuove sonore dall’Africa, in collaborazione con un labellucernese a metà agosto la DSC ha lanciato il CD «Urban Africa Now». Di BeniGüntert*.

L’Africa del 2000 non è più unasavana piena di leoni, elefanti ecapanne di paglia. Più della metàdegli 800 milioni d’africanivivono ormai in città ! Nonsoltanto in afose metropolicostiere soffocate dal traffico, ma anche in piccole città attivee grossi paesi in cui tutti cercano– e per lo più trovano – di chevivere. Le città sono fulcri, polid’attrazione ; lì c’è il lavoro, lìconfluiscono il denaro, i beni di consumo, e soprattutto iparenti. Persone che ce l’hannofatta e persone che hannobisogno d’aiuto. Le personesono ancora mobili, le famigliedislocano in modo mirato i lorogiovani e chiunque sia in gradodi lavorare.E loro sono felici di mettersi inviaggio, lontano dal villaggio.Nelle città li attirano la musica, i divertimenti, l’elettricità, le

possibilità d’istruzione, una vitamoderna. I giovani voglionoqualcosa di diverso da un’esi-stenza fatta di legami tradizionali,di scarso nutrimento strappato aduna natura dura, di chilometripercorsi in cerca d’acqua.La musica è urbana. La musica(da ballo) africana è un simbolocentrale della modernità – i suoimusicisti pop sono degli eroi.Non c’è soltanto la musicalocale ; la musica d’importazioneriveste pari importanza. CélineDion è amata tanto quanto inEuropa, il black pop fa strageanche sulle emittenti africane.Ma per questi protagonisti nonci sono grandi problemi, anchese dei loro CD e delle loromusicassette si vendono copiepirata. Per i musicisti africani,invece, è molto più difficilecombattere la pirateria, che inmolti paesi ha ridotto sul lastrico

Un’altra AfricaAffinché oltre ai titoli negativi inSvizzera vengano recepiti anchealtri aspetti e sviluppi positividell’Africa, la DSC ha sceltoquesto paese come tema portantedell’anno. Nel mese di luglio, condiversi cartelloni pubblicitari hapreso il via un’ampia azioned’informazione, che proseguiràcon cartoline postali, la conferenzaannuale, la tournée di Mabulu e il CD «Urban Africa Now». Questo e molto di più sull’altra Africa lotroverete sul sito :www.africanow.ch.

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L’opuscolo «Lavoro contro lapovertà » è ottenibile presso : DSC,Media e comunicazione, 3003Berna, tel. 031322 31 09,[email protected]

Sradicamento(bf) I Bobo-Fink, una popola-zione rurale del Burkina Fasooccidentale, esprimono lapropria spiritualità prevalente-mente attraverso delle danzemascherate. Danzando con lamaschera il danzatore si lasciapossedere dallo spirito di unantenato per poter trasmettereun messaggio. Ma come tantialtri popoli anche i Bobo-Finksono vittime del saccheggio deibeni culturali. Adama Millogo,griot (una specie di mago) edanzatore bobo-fink, al propo-sito dice : « Il saccheggio dellemaschere, nella nostra cultura,porta alla morte dell’interovillaggio. Ciò significa burlarsidella nostra dignità e del nostroonore. Senza maschere siamocome un albero senza radici :esso cade e muore. La nostraesistenza spirituale sulla terra enell’aldilà non è più assicurata. »Lo straordinario albo difotografie «Déraciné –Entwurzelt », dedicato al temadel saccheggio culturale nelBurkina Faso, illustra in modoesemplare e impressionanteattraverso le immagini scattatedal fotografo Patrick Darlot inche modo il furto di maschere estatue feticce contribuisca allosradicamento di popoli interi.

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Fondo culturale per il Sud(bf) Una buona notizia per lepersone attive in campo cultu-rale. Oltre a promuovere lacinematografia, la DSC sostieneanche il teatro e l’arte figurativadel Sud nell’ambito di festival,tournées e produzioni. Per age-volare le presentazioni anche daparte di organizzatori minori,nel 1991 aveva creato conl’organismo «Cultura e svilup-po» il «Fondo del Sud», dotatodi un budget annuale di 65’000franchi. A questo si sono oraaggiunti altri 45’000 franchi e ilfondo è stato ribattezzato in«Fondo culturale Sud ». La DSCsi concentra dall’inizio dell’annosu progetti di una certa entità efigura come sponsor di mani-festazioni quali l’Afropfingstendi Winterthur o il Paléo-Festival di Nyon. Grazie aimezzi finanziari supplementari,«Cultura e sviluppo» può orasostenere anche produzioni,festival minori e tournées.Scheda illustrativa e informazioni :«Cultura e sviluppo», 3000Berna 7, tel. 031311 62 60oppure www.coordinarte.ch

«Lavoro contro la povertà»(bf) A livello mondiale oltre900 milioni di persone sonodisoccupate o sottoccupate. IlVertice sociale mondiale di finegiugno a Ginevra ha perciòconcentrato la sua attenzionesulla riduzione della povertà, lacreazione di sufficientipossibilità di occupazione e lemisure di integrazione sociale.In vista di questo vertice laDSC ha pubblicato l’opuscoloinformativo «Lavoro contro lapovertà », nel quale illustra ciòche essa stessa intraprende percreare posti di lavoro, peresempio promovendo laproduzione della seta in India,centri di formazione professio-nale in Perù o progetti nelsettore del piccolo credito inBenin o in Bolivia.

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L’albo fotografico bilingue (francesee tedesco) «Déraciné – Le vol debiens culturels au Burkina Faso,Entwurzelt – Kulturgüterraub inBurkina Faso » costa 30 franchi edè ottenibile presso : VerlagMuseum Schwab, 2502 Bienne, tel. 032322 76 03,[email protected]

Troppo sole uccide l’amore(bf) Zamakwé, o semplicemen-te Zam per gli amici, è giorna-lista in una delle repubblichefrancofone d’Africa. Egli indagaper smascherare la corruzione,lotta attraverso i suoi articolicontro l’abbattimento delle fo-reste tropicali, e ama Elisabeth,detta Bébète, anche se lei, disanta ragione, gli dà del beone.Lo scrittore sessantottennecamerunese Mongo Beti, damolti anni esiliato in Francia, èuno degli autori classici dellaletteratura africana. Nel suoultimo romanzo «Trop de soleiltue l’amour » descrive l’Africacome un continente duro, grot-tesco, dilaniato. Egli raccontal’avvincente storia con un umo-rismo pungente, spietatamentepreciso, ma dietro il qualeaffiora un barlume di speranza :la capacità di imporsi di unastampa votata alla resistenza.«Trop de soleil tue l’amour »,Editions Julliard, Parigi ; o inversione tedesca : «Sonne, Liebe,Tod», Unionsverlag 2000,Zurigo.

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abbraccia solo il Mediterraneo,ma si spinge con grandevirtuosismo strumentale emusicale fino all’America latina.Se da un lato questa complessacarrellata parrebbe procurare levertigini, dall’altro il crossovermediterraneo-caraibico suscitail ricordo nostalgico di luoghiremoti lungo una costa ventilata, dei profumi dei saloni da tèmagrebini e della vita febbrilenei vicoli dei porti e dei loroquartieri cinesi, come appunto il Barrio Chino di Barcellona.Barrio Chino, «Mediterra Nostra »(Meldom/Disques Offices)

Una cascata di suoni(er) Trappel-chetrappel-chetrappel vibra la percussione.Gli fanno eco lo scacciapensierikhomuz e il basso shanzi,mentre la lira mongola yat-kha e il violino bicorde a testa dicavallo moorin-huur distribui-scono gli accenti melodici. Poicon la voce del trentacinquennecantante Albert Kuvezin e i suoisuoni armonici giunge all’orec-chio una cascata di suoni inau-diti, che spaziano dalle sommitàappena udibili alle profonditàgutturali, pronunciati nellalingua tuvanese «karigiraa ».Kuvezin proviene infatti daTuva, un paese della Siberia

meridionale, al confine conla Mongolia. Chitarrista e

contrabbassista di formazioneclassica, ha fondato cinque anni fa il trio Yat-Kha. Giàallora il suo CD di debutto«Yenisei Punk» si piazzò inbreve nelle charts europee della world music, e lo stesso ha fatto l’attuale album «DalaiBeldiri ». Quest’ultimo è statoregistrato con l’accompagna-mento di tre percussionisti dimatrice rock-groove, il tuttonello spirito di quel «Pavarottiasiatico » che è appunto Kuve-zin, un nomade fra tradizione e modernità.Yat-Kha, «Dalai Beldiri »,Wicklow/BMG

Premiato(bf) «Pianeta Blu » è il nome del premio che ogni due anni la Fondazione Educazione eSviluppo conferisce aglistrumenti didattici di eccezio-nale qualità. Il primo premio,del valore di 8’000 franchi, èstato assegnato quest’anno a«Zünder », una rivista bimestralegiovanile concepita da uncollettivo di autori. Dopo avervalutato complessivamente 23strumenti didattici, la giuria hastabilito che «Zünder » rispon-deva a tutti i criteri dell’edu-cazione globale. L’educazioneglobale abbraccia lo scambioNord-Sud, la multiculturalità, la pace e i diritti della persona,temi che affronta con unapproccio pedagogico integrale.Al secondo posto, con un pre-mio del valore di 2’000 franchi,si è piazzato il libro «Pangolinaux Pays des Crocodiles »(edizioni Loisirs et Pédagogie di Losanna). Il volume, pren-dendo l’esempio di un corag-gioso ragazzo africano, tratta inun linguaggio adeguato algiovane pubblico tematichequali quelle di un governodespotico, dell’esilio e dellasolidarietà.

Il libro è disponibile anche in tedescocon il titolo di «Lumina undPangolin ». Per informazioni :Fondazione Educazione eSviluppo, Monbijoustrasse 31,3001 Berna, tel. 031389 20 24.

L’ONU al centro di tre film(dg) Tre film sulla stessa tema-tica : la gente in Medio Oriente,in Africa e in Asia cerca da annidi sopravvivere in un contestosegnato dalle guerre. Deveabbandonare la propria casa eaffrontare un futuro incerto neipaesi vicini oppure vieneevacuata con la forza. La perenne incertezza, la perditadi famigliari e la nostalgia dellapatria diventano per questepersone una tortura. Il ruolo dell’ONU è illustrato e messo in discussione in mododiverso in ciascuno dei tre film.« Intezaar » : ad Al-Shati, unodegli otto campi profughi nellaStriscia di Gaza, vivono 700’000persone. Il regista cresciuto sulposto funge da guida in unviaggio attraverso il campo.«Die Sonne scheint weiter » :i terreni che circondanoMalanje, capitale della provincianordorientale dell’Angola, sonocompletamente minati. Gliabitanti dipendono pertantoquasi integralmente dalleforniture di derrate alimentarieffettuate dall’ONU.«Die Geschichte der FamilieTan» : dopo 13 anni trascorsi nel campo profughi la famigliacambogiana Tan vive in uno dei nuovi villaggi di sviluppocreati nel paese.I tre film di Rashid Masharawi,Mariano Bartolomeu e Rithy Panh(La sept-arte/Formation Films1994/95) durano 30 minuti e sonoottenibili nella versione tedesca.Informazioni e consulenza :Fachstelle «Filme für eine Welt »,Berna, tel. 031398 20 88,www.filmeeinewelt.ch

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Svizzera Terzo Mondo(bf) Il fallimento dellaConferenza di Seattle neldicembre 1999 ha messo a nudole debolezze del sistemaeconomico mondiale riguardoalla riduzione degli scompensieconomici e politici, nonché allapartecipazione dei paesi in via disviluppo. Ora è in gioco la stessacredibilità del Nord di fronte alSud. Essa può essere garantitasolo armonizzando la politicacommerciale del Nord conquella che esso stesso racco-manda ai propri partner del Sud.Per questa ragione l’«AnnuaireSuisse-Tiers Monde 2000» èinteramente dedicato alla tema-tica di una maggiore coerenzadelle relazioni svizzere con ipaesi in via di sviluppo. Anchenel suo ventesimo anno dipubblicazione questo manualecopre gran parte dei rapporti trala Svizzera e i paesi in via disviluppo e rappresenta un testomolto utile per tutte le personeinteressate alla politica disviluppo.L’annuario è disponibile nelleversioni francese e tedesca :«Annuaire Suisse-Tiers Monde2000» risp. « Jahrbuch Schweiz-Dritte Welt 2000». Entrambi sonoottenibili in libreria oppure pressol’Institut universitaire d’études dudéveloppement IUED, tel.022906 59 50.

Una vivace carrellata(er) Si tratta di salsa, flamenco ofado? Di rai, folclore arabo-andaluso o rumba orientale ?Sono melodie rom o sefardite ?Una musica difficilmentecatalogabile quella dei figli di un«pied noir » spagnolo : GilAniorte-Paz, bandleader, e suasorella Sylvie, cantante. Insiemeal loro vivace gruppo marsigliese«Barrio Chino» essi tendono unaffascinante arco musicale.Contrariamente a quantosuggerisce il titolo del loro CD«Mediterra Nostra », esso non

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informativo alle varie sfaccettaturedell’Africa e ai suoi rapporti con laSvizzera. Per l’approfondimentovengono suggeriti numerosi linkinteressanti.

AgendaFestival « Integration»Anche quest'anno la cultura africanaè al centro dell'ancor giovane«Festival Integration», che offreworkshop, animazioni per bambini,concerti (fra l'altro con Les Go deKotéba e reggae) e produzioniculinarie.8 – 10 settembre allo Zeughaus 5 diZurigo

www.africanow.ch(ursn/gnt) Da luglio si svolge inSvizzera la campagna d’informazione«AFRICANOW» della DSC. Con manifesti, il CD «Urban AfricaNow», manifestazioni culturali, la tournée di Mabulu e cartolinepostali (v. allegato) si cerca ditematizzare l’altra Africa.Contrariamente a quanto accade con i reportages sul continente nero diffusi quotidianamente, non ci si sofferma sulla povertà, la guerra, la fame o l’AIDS, bensìsugli slogan positivi, gli approccipromettenti che emergono dallasocietà, dalla politica e dall’econo-mia africana. L’azione diinformazione viene completata e sostenuta attraverso il sitowww.africanow.ch. Quest’ultimocontiene soprattutto notiziecostruttive e fatti provenientidall’Africa, si rivolge a un pubblicogiovanile, offre spunti d’interesse e un approccio facile per l’utenza.Una navigazione agevole conduce ai settori « Info », «Show up/Events »e «Paesi », consentendo diavvicinarsi in modo dilettevole e

Conferenza annuale DSC/seco elancio di un CDL'altra Africa : sull'esempio delMozambico si discuterà sulleprospettive di un «paese in via disviluppo modello » e sulle possibilitàdella cooperazione allo sviluppo fraSvizzera e Mozambico. Con ilConsigliere federale Joseph Deiss, la ministra delle finanze e dellapianificazione Diogo e lo scrittoremozambicano Mia Couto.La serata sarà animata da un doppiospettacolo – gratuito e dal vivo suDRS 3 – con il concerto d’avviodella tournée del gruppo Mabulu econ la band svizzera The Shoppers.Occasione, questa, per lanciare ilCD della DSC «Urban AfricaNow».31 agosto al Palazzo dei congressi diBienne

Offerta cinfoCinfo, il centro per l'informazione,la consulenza e la formazione nellacooperazione internazionale e negliaiuti umanitari, organizza diversieventi :Forum 2000 : in occasione di Forum2000, oltre 60 organizzazioni eistituzioni informano su professioni,esigenze, possibilità, formazione eperfezionamento, impegno epolitica della cooperazioneinternazionale. Oltre a ciò sarannotenute relazioni sul tema«Cooperazione internazionale epace – Una sfida per organizzazionie specialisti ? ».

9 settembre 2000 al Palazzo deicongressi di BienneGiornata informativa sulla coope-razione internazionale – Domanda e offerta. Presso la sede cinfo diBienne.4 novembre in tedesco e 18 novembre infrancesePer ulteriori informazioni :www.cinfo.ch o presso il Segretariatocinfo di Bienne, tel. 032365 80 02

Donne in NigeriaLa mostra fotografica «Donne inNigeria » al Käfigturm di Bernapresenta ritratti di donne nigerianefuori dal comune e si aggancia alprogramma nazionale svizzero inNigeria.Per informazioni : www.africanow.chFino all'11 settembre a Berna

Remix the worldIl fulcro di «Remix the world »,nuovo evento lucernese, sta nelloscambio culturale fra Nord e Sud.Scambio che non avviene soltantocon le band dal vivo, le bancarelleed i consueti workshop. Infatti,«Remix the world » va un passooltre, invitando accanto a band dalvivo anche remixer e DJdall'emisfero sud, o che lavoranocon materiale originale dell'emisferosud. Occasione per promuovere loscambio attivo fra Sud e Nord conworkshop, remix dal vivo diprofessionisti e stazioni di lavororemix per principianti ed esperti.21 – 23 settembre al «Schüür » diLucerna

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Comitato di redazione :Harry Sivec (responsabile) Catherine Vuffray (vuc)Sarah Grosjean (gjs) Andreas Stuber (sbs)Reinhard Voegele (vor) Joachim Ahrens (ahj)Beat Felber (bf) Gabriella Spirli (sgb)

Collaborazione redazionale :Beat Felber (bf – Produzione)Maria Roselli (mr)Gabriela Neuhaus (gn)Jane-Lise Schneeberger (jls)

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