Un seul monde - Eidgenössisches Departement für ... · Autostrade informatiche...

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N.1 FEBBRAIO 1999 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE Le Nuove Tecnologie dell ’ informazione Opportunità, rischi e limiti nei paesi in via di sviluppo e nella cooperazione allo sviluppo Ritratto del Kirghistan L’ex repubblica sovietica dal kolchoz all’economia di mercato Latticini svizzeri nelle zone sinistrate Un’esportazione sensata? Un dibattito Un seul monde Eine Welt Un solo mondo

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N.1FEBBRAIO 1999LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONE

L e N u o v eT e c n o lo g i e d e ll’ i n f o r m a z i o n eOpportunità, rischi e limiti nei paesi in via di sviluppo e nella cooperazione allo sviluppo

Ritratto del KirghistanL’ex repubblica sovietica dal kolchoz all’economia di mercato

Latticini svizzeri nelle zone sinistrateUn’esportazione sensata? Un dibattito

Un seul mondeEine WeltUn solo mondo

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

Sommario

A macchia d’olio nella paludeIl lago Vittoria è oggetto di un eccellente progetto diricerca, frutto di una collaborazione fra svizzeri e ugandesi

22Dietro le quinte della DSC

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«Rischiamo di sostenere le eccedenze dell’UE e degli americani»Melchior Ehrler, Bruno Gurtner e Walter Fust dibattonosul senso dell’esportazione del latte svizzero nelleregioni sinistrate

24Carta bianca:Il gruppo rap Sens Unik di Losanna si esprime sulla fine del millennio

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Una carovana kirghisa sulla Via della SetaUn progetto culturale davvero particolare

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Editoriale 1Periscopio 2L’opinione della DSC 19Cos’è... la partecipazione? 23Servizio 31Lettere alla redazione 32Agenda 33Impressum e tagliando d’ordinazione 33

La direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dello

sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), è

l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficiale in

senso stretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articoli non esprimo

pertanto sempre il punto di vista della DSC e delle autorità federali.

DOSSIER

SVILUPPO E COOPERAZIONE SVIZZERA

NUOVE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE ECOOPERAZIONE ALLO SVILUPPOAutostrade informatiche planetarie – davvero per tutti?In futuro gli uomini beneficeranno delle nuove tecnologiedell’ informazione anche negli angoli più isolati della terra?

4Satelliti scrutano il SahelLe tecnologie più moderne consentiranno una migliorpianificazione dei raccolti e consentiranno di prevenireefficacemente i danni nel Sahel

8Africa: la tentazione del WebVincent Traoré del Togo, esperto in comunicazione, sullarivoluzione dei «bits» in Africa

10Icone e topi nelle favelasCorsi d’informatica per adolescenti in difficoltà nellebidonville brasiliane

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KIRGHISTANL’anno venturo, appuntamento a Bishkek!Altynai Abdieva ci parla della sua vita a Bishkek

14Dal kolchoz alle azioni e al disincantoKirghistan, la «Svizzera dell’Asia centrale» e la sua lotta per la democrazia e l’economia di mercato

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Dall’alto giunge aiuto, ma non chiarezzaUn resoconto sulla situazione dell’aiuto umanitario nel Sudan

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GENTE E PAESI

CULTURA

FORUM

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1È la solita storia: non viviamo ancora in un solo mondo, ma in mondi diversi. A quello del superfluocorrisponde infatti quello dello stomaco vuoto, a quello del «numerus clausus» in universitàsovraffollate corrisponde quello popolato da 840 milioni di analfabeti, a quello della salute,costosissima, per tutti quello abitato da 800 milioni di persone prive dell’accesso ai servizi sanitari odal miliardo e duecento milioni di individui che neppure sanno cosa sia l’acqua potabile. Il baratro èprofondo anche nella ricerca (30 scienziati al Nord contro uno nell’emisfero meridionale) e nellenuove tecnologie d’informazione e di comunicazione. Permetteteci un ultimo paragone. 90 milioni dinavigatori Internet vivono nel Nord, 22 milioni nel Sud, di cui soltanto un milione in Africa.

Un mondo più equilibrato, più giusto, quindi più stabile e più sicuro per tutti, un solo mondo dunque,dove tutta l’umanità e non soltanto una minoranza, possa vivere in modo decente, è possibilesoltanto rimpicciolendo i baratri, incluso il più recente.

Sopratutto perché, lo sappiamo tutti, l’informazione è potere. Le nuove tecnologie sono nel con-tempo seducenti e pericolose. Possono abbattere barriere, avvicinare ma generare nuove dipen-denze, nuove disuguaglianze. Possono favorire il decollo dei più sfavoriti ma esacerbare il dominiodei ricchi. Possono promuovere ma pervertire la democrazia. Possono incrementare ma indebolire lasolidarietà. Possono coltivare ma minacciare la pluralità linguistica e culturale.

Quali sono allora le opportunità e i rischi per i paesi in via di sviluppo? Cosa si può fare affinché essesiano o diventino uno strumento formidabile e non una minaccia al progresso di tutta l’umanità? Aqueste e ad altre domande cerchiamo di rispondere nel dossier che trovate da pagina 4.

Buona lettura!

Marco Cameroni, Capo media e comunicazione DSC

Ed itor ia le

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lavori di fucinatura alla pesca inalto mare. «Ne consegue», scriveCarolyn Israel-Sobbritche nelsuo nuovo studio antropologicosul mondo della pesca nelleVisayas («Fishers of the Visayas»,University of the PhilippinesPress), «un’imprevista crescitadel potere femminile sullerisorse familiari esaurite e sullavita personale. Gli schemi dicomportamento tradizionali e laripartizione del lavoroimprontata ai ruoli sessualihanno subito profondimutamenti. Le donne di questivillaggi di pescatori hannocompiuto un deciso passo versola parità tra i sessi.»

Parco nazionalemodello(bf) In Cina, nella remotaregione di Lijiang, è in progettola creazione di un parconazionale modello. Il parconazionale Grandi fiumi delloYunnan dovrebbe averedimensioni pari al quadruplo del parco nazionale Yellowstone,situato negli Stati Uniti,estendendosi, a nord,dall’altopiano tibetano diQinghai nella catena innevatadell’Himalaya fino alla forestapluviale birmana, a sud, edessere attraversato da quattro deipiù famosi fiumi asiatici: loYangtse, il Mekong, il Salweene l’Irrawaddy. I responsabili delprogetto – ambientalisti

Emittenti «pirata» sullacresta dell’onda(bf) In America latina le radioalternative sono in pienaespansione. In Brasile sembra checi siano oltre 8000 «radioscomunitarias», in Colombia oltre4000; centinaia di esse vanno inonda anche in Bolivia, ElSalvador, Cile e in altri paesi. Siindirizzano soprattutto allagioventù e rappresentano unospettro ideologico eterogeneo.Già da molto tempo fornisconoun contributo all’identitàlinguistica e culturale, inoltrerafforzano l’autoconsapevolezzadelle popolazioni marginalizzate.Dato che il loro legame con iltessuto locale e regionale è moltoforte, e poiché spesso operanosenza alcuna licenzanell’illegalità, a livello nazionalela loro influenza politica è statafinora limitata. Ma ora, questeradio squalificate come emittenti«pirata», tendono sempre più aunirsi in associazioni d’interessenazionale. In Bolivia, Perù,Venezuela e nella RepubblicaDominicana stannoconquistandosi una crescenteimportanza a livello nazionale.

Meno pesci – più parità(bf) La pesca praticata senzascrupoli e la conseguentedecimazione del patrimonioittico nella regione delle Visayas,nelle Filippine, produceconseguenze a doppio taglio.Dato che gli uomini migranoverso le città per sottrarsi allapressione della dilagante povertà,un numero crescente di donnefinisce per occupare i posti dilavoro nel ramo della pesca edella lavorazione del pesce: dai

statunitensi dell’organizzazionenon governativa NatureConservancy e le autorità cinesi– sperano di creare così,essenzialmente nel settoreturistico, 1,5 milioni di posti dilavoro a beneficio dellapopolazione che vive nell’areadel futuro parco nazionale. Tral’altro prevedono anche dipromuovere la raccolta di erbemedicinali utilizzate nellamedicina tradizionale cinese etibetana.

Tam-tam con risvoltinegativi(bf) I tamburi djembé africanisono in voga. Tra le musiciste e i musicisti europei enordamericani i tam-tam rivestitidi pelle di capra vantano infattiuna grande popolarità. Variemigliaia di strumenti lascianoogni mese Dakar racchiusi neicontainer delle navi. Nella solacapitale senegalese centinaia di persone, soprattutto giovani, si guadagnano da vivereproducendo djembé inpiccolissimi laboratori. Ma ancheil boom dei djembé ha un suorovescio: i tamburi vengonoscavati tradizionalmente in pezzi

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di legno possibilmente grandi,prelevati da tronchi di alberi giàmorti. Ma dato che oggi ladomanda supera l’ offerta, neconsegue un abbattimentoillegale di centinaia di alberi.Esso si aggiunge al giàpreoccupante disboscamentodella rada foresta senegalese(800’000 ettari di boschi in soli10 anni).

Schiave dell’«orobianco»(bf) Nel Tuy, la regionecotoniera del Burkina Faso, lapoligamia fa parte delletradizioni. A 250 km a ovestdella capitale Ouagadougou nonè affatto insolito che uncontadino abbia fino a diecimogli. In passato, la poligamiacomportava prestigio sociale eanche responsabilità nei riguardidelle donne sposate. Ora questosenso della responsabilità sta

svanendo. Le pseudomogli conla loro prole finiscono per esseresemplici schiave addette allacoltivazione del cotone, l’«orobianco». Alcuni contadini sisono conquistati la reputazionedi essere dei sovversivi poichéhanno osato denunciare similiabusi. Essi condannano losfruttamento, organizzanoincontri informativi per ledonne, le incitano al sabotaggionei confronti dei rispettivimariti, e mostrano ai contadinicome guadagnarsi da vivere epersino come lavorare in modopiù redditizio senza sfruttare lemogli: tutto questo grazie alreciproco aiuto.

Assimilazione ascapito della salute(bf) Appello a tutti i figli diimmigrati – o per lo meno acoloro di essi che vivono negliStati Uniti: l’assimilazione almodo di vivere americano puònuocere alla salute! Questo è ilrisultato sorprendente di unostudio ufficiale statunitensecondotto dal Consiglio nazionaledella ricerca e dall’Istituto dimedicina. Vi hanno contribuitoesperti nel campo della sanità,della medicina, della sociologia edella demografia. Lo studio haevidenziato, nell’ambito diun’indagine transgenerazionalesui giovani immigrante di origineprevalentemente latinoamericanae asiatica, che «i figli di famiglieimmigrate, pure essendotendenzialmente più poveri,sono fisicamente e psichicamentepiù sani dei bambini nati negliStati Uniti» e che «la salute dei

figli delle generazioni successivediminuisce sensibilmente». Glistudiosi riconducono la miglioresalute a diversi «fattori e normeculturali, quali la coesionefamigliare, il cibo più salubre, lamaggiore disciplina, regole piùrestrittive per il consumo dialcolici e tabacco e riguardo airapporti sessuali prematrimoniali».

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Sistemi satellitari, Internet e telefonia mobile: in futuro gli uominibeneficeranno delle nuove tecnologie dell’informazione anchenegli angoli più remoti della terra, dove non vi sono né elettricitàné collegamenti telefonici. Di Gabriela Neuhaus.

Autostrade informdavvero per tutti?

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Penny Tweedie / Network

Hartmut Schwarzbach / Still Pictures

Uragani, inondazioni e siccità sono catastrofi natu-rali che, grazie a sistemi di alta tecnologia possonooggi essere previsti per tempo. Se l’allarme giungetempestivamente a destinazione, spesso si può evi-tare il peggio. Anche le nazioni povere possono spe-rare: grazie all’impiego di sistemi satellitari semprepiù sofisticati e di apparecchi mobili di ricezione, saràpossibile raccogliere, elaborare e spedire i risultati diimportanti osservazioni ambientali nel più remotoangolo del mondo, in tempi brevissimi e a costimolto ridotti.

«Presto, anche i paesi più poveri potranno benefi-ciare di queste tecnologie. Si tratta di un grande pro-gresso per il Sud», afferma Adigun Ade Abiodun,dell’ufficio ONU «Outer Space Affairs» di Vienna.«Per impedire il verificarsi di crisi e catastrofi dob-biamo migliorare in continuazione il flusso di in-formazioni globale», conferma Tara Vishwanath,coautrice della relazione 1998/99 della BancaMondiale, ispirata al motto «Knowledge forDevelopment» («Conoscenza al servizio dello svi-luppo»).

Sostegno grazie a ingenti crediti I sistemi di trasferimento delle informazioni e delleconoscenze diventano sempre più veloci e globali:anche nell’ambito della cooperazione allo sviluppo– in particolare nelle organizzazioni internazionaliquali le Nazioni Unite e la Banca Mondiale – siripongono grandi speranze nelle nuove tecnologieinformatiche. Con ingenti crediti, tali istituzionifinanziano e promuovono lo sviluppo di infrastrut-ture sempre più sofisticate, quali sistemi satellitari oaccessi Internet. In particolare, si intende sostenerela realizzazione di infrastrutture di telecomunica-zione in Africa: per la fine dell’anno, si prevede chetutti i 53 stati del continente – ad eccezione diEritrea e Congo – saranno collegati al www. Allafine del 1996, solo 16 paesi lo erano. Il numero degliafricani che attualmente usufruisce dei serviziInternet è stimato oggi tra i 700000 ed un milione:600000 dei quali solo in Sudafrica. Nel resto delcontinente vi sono altri 100 mila utenti, ciò signi-fica che un utente su 5000 è allacciato ad Internet.Per fare un confronto: la media mondiale è di un«collegamento» ogni 40 persone, mentre in Europae in Nordamerica 1 persona su 4 è collegata adInternet.

Oltre a differenze tecniche, l’allacciamento alle au-tostrade informatiche planetarie, non è certo acces-sibile a tutti allo stesso modo: un conto Internet è,in molti paesi del Sud, notevolmente più caro ris-petto ai paesi industrializzati. Per questa ragione, ilsemplice allacciamento e-mail, che consente una te-lecomunicazione veloce ed economica, è così dif-fuso. Mentre gli utenti del Nord dispongono di so-lito di un allacciamento individuale alla rete Internet,nel Sud si promuove la realizzazione di centri tele-fonici e di «Cybercafé».

atiche planetarie:

La tecnica satellitaria lo rende possibile: chi saleggere e scrivere edispone di una cono-scenza tecnica minimapuò accedere ad Internetanche dagli angoli piùremoti del mondo

Le nuove tecnologie dell’informazione

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In questo modo in futuro, anche la popolazione deivillaggi, potrà beneficiare sempre più delle nuovetecnologie. In India, ad esempio, la società nazio-nale di software Nasscom ha allestito, in piccoli ne-gozi telefonici pubblici, conti e-mail per 5 rupie(circa 15 centesimi); la gente può spedire con 15rupie messaggi video di 3 minuti.

Al servizio degli analfabeti, dell’ambientee dei diritti dell’uomoSecondo Dewang Mehta, direttore della Nasscom,tale servizio è pensato in particolare per gli analfa-beti e gli abitanti poveri di piccoli villaggi. Tali of-ferte, espressamente indirizzate ad una specifica ca-tegoria di popolazione, sono però rare. Colui cheintende comunicare tramite Internet, deve di normasaper scrivere e leggere, oltre che disporre di un mi-nimo di know how tecnico. Come al Nord, ancheal Sud gli scienziati sono stati i primi a sfruttare ivantaggi di una connessione planetaria: istituti di ri-cerca e di formazione del Sud hanno oggi, graziealle autostrade informatiche, un accesso diretto a bib-lioteche riccamente fornite e collegamenti interna-zionali nell’ambito delle loro specifiche attività.Via satellite si riesce addirittura ad avere, sugli scher-mi degli auditori, la presenza di qualificati scienzia-ti. Con l’aiuto del programma «INFODEV» dellaBanca Mondiale, in Sudafrica è stata realizzataun’università virtuale. Anche nel settore della sanitàle sinergie scientifiche internazionali sono di fon-damentale importanza: organizzazioni quali «Health-Net» permettono a medici e paramedici di regioniperiferiche l’accesso a conoscenze e possibilità dia-gnostiche esistenti in centri medici più avanzati.Connessioni anche fra centro e periferia di uno stes-so paese: negli ospedali provinciali del Mozambicole diagnosi complesse ed operazioni vengono ef-fettuate grazie ad un collegamento Internet con l’os-pedale universitario della capitale.Il www è di fondamentale importanza anche per leorganizzazioni ambientaliste e per quelle che si oc-cupano dei diritti dell’uomo: grazie alle nuove tec-nologie, possono comunicare in maniera più effi-cace e senza censure. Ad esempio, in Bosnia esisteoggi grazie ad Internet una fitta rete di organizza-zioni che lottano insieme per la pace.Anche organizzazioni non governative attive inambito ambientale hanno scoperto per tempo l’en-orme potenziale che offre la «rete» internazionale.In definitiva, non sono solo i grandi ad approfittaredelle nuove tecnologie: un numero sempre maggioredi piccoli produttori del Sud cercano, via Internet,un contatto diretto con il mercato internazionale.

«In tutto il mondo è in corso una rivoluzione dellatecnologia informatica», il titolo che appare sulla«Homepage» del programma di sviluppo della BancaMondiale per le tecnologie informatiche «INFODEV» sembra un inno. Dove ci porterà questa ri-voluzione? Chi favorirà? Nonostante le innumere-voli possibilità di utilizzazione, ci sono anche vocicritiche nei confronti dell’euforia tecnologica nelcampo della cooperazione allo sviluppo. «Con il de-naro necessario per un solo allacciamento Internetè possibile sfamare, per un anno, un’intera famigliadel Bangaldesh», scriveva già nel 1996 nel suo libro«Cyberfutures» il noto giornalista e studioso di in-formatica anglo-pakistano Ziauddin Sardar.

Internet, un’ arma economica?Più Internet si sviluppa – questa, la diagnosi diSardar – più diviene un’arma del potere economi-co. Il pericolo, considerata l’attuale commercializ-zazione della struttura Internet, non è da sottova-lutare. Anche Adrian Kübler, esperto della DSCnell’ambito della Banca Mondiale, mette in guar-dia: «Quali vantaggi trarranno gli analfabeti daInternet? Quale utilità ne verrà alle donne africane?Interi strati di popolazione rischiano di essere esclusi,

e sempre più emargina-ti, da questa sofisticataevoluzione tecnologi-ca».Kübler teme che il mas-siccio incremento dellenuove tecnologie infor-

matiche favorirà soprattutto le forze economichedominanti, non certo le fasce povere delle popola-zioni.Punti critici vengono esposti anche dalla Fondationdu Devenir di Ginevra nella sua analisi sulle nuovetecnologie: pericoli, come l’aumento del dominiodel Nord sul Sud tramite Internet, o una crescentedifficoltà decisionale in seguito a dati poco indica-tivi, dovranno essere riconosciuti ed affrontaticonsapevolmente. Comunque il consenso affioraaddirittura nel coro delle voci critiche: all’utilizza-zione delle nuove tecnologie informatiche nessunovuole rinunciare, sia al Nord che al Sud. Perché esse,qualora saggiamente usate, potranno dimostrarsi, quicome là e specialmente nella cooperazione allo svi-luppo, utili e benefiche.

(tradotto dal tedesco)

http://www.peoplink.org Cestini colorati, intrecciatida donne ugandesi,oggetti ornamentali perl’albero di Nataleprovenienti dalle Filippine,artigianato cambogiano,del Bangladesh, delGuatemala e dell’India: è quanto si puòacquistare al «mercatovirtuale» di PEOPLink. «Se ordinate un prodottotramite Internet,PEOPLink ci trasmettel’ordinazione e noiforniamo il prodotto alcliente» (Lisa Cruz, CommunityCrafts Association of thePhilippines, CCAP).

http://netcafeguide.com/Nel mondo esistono ben2000 «Internet-Café»(gennaio 1999); di questi, il Messico ne ha 59,l’Argentina 7, il Brasile 14;poi: Guatemala 8,Cambogia 2, India 68,Vietnam 11, Filippine 36,l’intera Africa 45 (22 in Sudafrica), Svizzera 45.

http://www.worldbank.org/infodev/«In tutto il mondo è incorso una rivoluzione dellatecnologia informatica»:tutto è possibile, dalpiccolo commercio sinoalla prognosi concernenteil raccolto. Il programmaINFO DEV della BancaMondiale comprendel’intero ventaglio dellepossibilità d’interventodelle nuove tecnologieinformatiche.

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L’ambiente sotto sorveglianzaDurante tutta la campagna agricola, da maggio a ot-tobre, Agrhymet osserva l’ambiente. Collegandol’informazione di tipo convenzionale a quella delleimmagini satellitari, analizza le condizioni meteoro-logiche e climatiche. Sorveglia inoltre le risorse na-turali e la resa dei raccolti. Ogni dieci giorni elabo-ra una carta con le precipitazioni stimate ed un’altrasullo sviluppo della vegetazione. Questa permette,nel corso del tempo, di misurare la progressione, oil decremento, del fronte della vegetazione.Agrhymet diffonde inoltre bollettini d’informazio-ne ogni dieci giorni, ogni mese edogni anno. Questi dati sono tras-messi sia tramite posta che permezzo di e-mail, Internet o ser-vendosi del sistema di telecomu-nicazioni Inmarsat. Le carte delleprecipitazioni sono invece inviateper espresso.

Sconfiggere le cavalletteQueste informazioni sono destinate principalmen-te ai paesi membri del CILSS, e le autorità politiche– secondo quanto afferma Abdoulkarim Dankoulou,responsabile del marketing presso l’Agrhymet – netengono conto formulando le istanze di aiuto ali-mentare che, in caso di necessità, indirizzano ai loropartner occidentali. Tali informazioni sono unostrumento di lavoro per i servizi responsabili dell’agricoltura, dell’allevamento o della protezione dellespeci vegetali. Le carte con i dati sullo stato dellavegetazione servono a guidare il percorso del bes-tiame. Esse permettono di identificare nel desertole zone di riproduzione delle cavallette migratrici edi agire di conseguenza. Gli uffici preposti all’agri-coltura utilizzano i dati di Agrhymet per pianifica-re le loro attività e fornire indicazioni ai contadini.Le popolazioni rurali, e dunque quelle direttamen-te coinvolte, sarebbero in effetti incapaci di decifra-re le informazioni molto mirate provenienti daAgrhymet, e se l’amministrazione non si incaricassedi tradurle in un linguaggio accessibile, i piccoli col-tivatori continuerebbero a seminare il loro migliosenza accorgersi della minaccia che comporta uncielo troppo avaro di nubi o troppo ricco di caval-lette sul sentiero di guerra…«A volte – aggiunge Abdoulkarim Dankoulou –queste nuove tecnologie sono scarsamente accessi-bili agli stessi specialisti dei paesi saheliani. A mag-

A Niamey, sulla sponda destra del fiume Niger, ilCentro regionale Agrhymet occupa una superficiedi 71 ettari e dispone dei più moderni mezzi tecni-ci: tre stazioni di ricezione di dati satellitari, un sis-tema informatico di raccolta ed elaborazione dati,computer ad alta velocità, una stazione meteorolo-gica automatizzata… senza dimenticare le aule, i la-boratori ed un servizio di documentazione inter-amente su base informatica.Agrhymet è stata fondata nel 1974. Il Sahel stava al-lora appena riprendendosi dalla catastrofica siccitàche aveva avuto il suo culmine nel 1972 e nel ’73.

L’obiettivo era quello di garantire la sicurezza ali-mentare, ponendo la meteorologia e l’idrologia alservizio dell’agricoltura. Agrhymet è una istituzio-ne speciale del Comitato interstatale di lotta controla siccità nel Sahel (CILSS), che raggruppa novepaesi: Burkina Faso, Capo Verde, Guinea Bissau,Gambia, Mali, Mauritania, Niger, Senegal e Ciad.

Da vicino e da lontano…Il Centro raccoglie i dati misurati al suolo nei diversipaesi. Essi si riferiscono allo stato delle colture o allapresenza di insetti predatori, quali ad esempio le ca-vallette. Vengono inoltre registrati i dati delle semi-ne, quelli relativi alla resa del miglio e del sorgo equelli riferiti alla portata dei corsi d’acqua.L’altra fonte d’informazione è più remota. Agrhymetriceve, quattro volte al giorno, le immagini del sa-tellite statunitense AVHRR, situato in orbita ter-restre, a 850 chilometri di altezza. Si tratta di im-magini di dettaglio dell’atmosfera, delle nubi e dellasuperficie del globo. Per contro, il satellite meteoro-logico europeo Meteosat, in orbita geostazionaria a36 mila chilometri dalla Terra, fornisce immaginiaggiornate ogni 30 minuti. Esse danno indicazionisulla quantità ed il tipo delle nuvole, sulla quota cheesse raggiungono e sull’umidità della troposfera, cioèla parte dell’ atmosfera dove avvengono forti muta-menti (da 6 a 17 km di altitudine). Il movimento dellenuvole che risulta dalla serie di immagini permettedi calcolare la velocità e la direzione del vento.

Il Sahel non è al riparo da un nuovo periodo di siccità; si èperò dotato di una tecnologia sofisticata, che gli permette difar fronte a certi rischi legati all’incidenza della pioggia. Uncentro di agro-meteorologia capta ed analizza le immaginifornite da diversi satelliti. Di Jane-Lise Schneeberger.

I satelliti scrutano il Sahel

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Prevenire le catastrofiAgrhymet si incarica dicoordinare dal 1985 unsistema d’allarme rapidoche scatta in presenza dicondizioni agricolesfavorevoli. I paesi del Sahel sonoimmediatamente avvertitidell’imminenza di unacatastrofe naturale o diuna affezione che puòminacciare i raccolti. Essi sono egualmenteinformati nel caso in cui siregistrino cambiamenti neivalori di umidità del suolo,fatto questo che potrebbeavere effetti negativi sullaproduzione agricola.

gior ragione esse appaiono incomprensibili ai conta-dini». D’altra parte, è questa la ragione che spinge ilCentro a fornire le sue informazioni in forma scrit-ta : «Si cerca, insomma, di raggiungere il maggiorenumero di utenti».È comunque l’interpretazione delle carte a porre imaggiori problemi, in quanto le persone chiamatead utilizzarle non hanno sempre una formazione ade-guata. Agrhymet si incarica del perfezionamentodelle conoscenze degli esperti locali, che vanno

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espressamente a Niamey per seguire corsi di forma-zione in agro-meteorologia, climatologia, idrologia,protezione delle speci vegetali e gestione delle risorsenaturali.

(tradotto dal francese)

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Stato della vegetazione in data 10 agosto 1998

Le nuove tecnologie dell’informazione

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I satelliti fotografono ognidieci giorni lo stato dellavegetazione nel Sahel.Le immagini satellitariesono un preziosostrumento di lavoro perl’agricoltura e l’alleva-mento di bestiame.

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Le nuove tecnologie dell’informazione potrebbero rappresen-tare per l’Africa una scorciatoia verso lo sviluppo. Il continenteinizia a scoprire le insospettate risorse di Internet e del multi-mediale. Le industrie d’informatica sorgono un po’ dappertutto,ma le banche africane esitano a finanziare questo nuovosettore. Di Vincent Traoré.

Vincent Traoré è espertonel settore della comuni-cazione presso la BancaOvest-Africana di sviluppoBOAD di Lomé, nel Togo.

L’Africa, di cui il filosofo Hegel nello scorso secolodisse che era un continente al di fuori della storia, èoggi direttamente coinvolta nella «rivoluzione deibits». È da tre o quattro anni che Internet ha fattobreccia nella cultura dei popoli africani. Quasi tuttii paesi d’Africa sono in rete, anche se l’evoluzionedella rete resta limitata a causa delle labili infrastrut-ture di telecomunicazione e della ridotta distribu-zione dell’energia elettrica, così come per gli scarsimezzi economici a disposizione.Malgrado ciò, sono circa 200 mila i computer col-legati ad Internet ed almeno 700 mila gli africani cheutilizzano la rete. Si tratta di cifre minuscole, seconfrontate con quelle che stimano a 50 milioni gliutenti attivi oggi sul pianeta Terra. Occorre inoltreaggiungere che il Sudafrica, da solo, conta circa 600mila «navigatori», il che significa l’85 percento deltotale. Questa la situazione degli altri stati: Egitto(20000), Zibabwe (10000), Marocco (6000), Kenya(5000), Tunisia (3500), Senegal (3000). L’Africafrancofona conta poco meno di 4000 computer col-legati alla rete.

Una sfidaÈ un ritardo che per gli africani rappresenta una sfida.Internet e la multimedialità possono infatti rivelarsiuna vera scorciatoia sulla strada che porta allo svi-luppo. A condizione di riuscire a dominare questinuovi strumenti, che devono essere utilizzati non inqualità di fruitore/spettatore, bensì come produtto-re/attore. Per quale motivo, ad esempio, gli africa-ni dovrebbero aspettare che siano gli operatori del

Nord ad andare in Africa a realizzare CD-Rom spe-cifici per questo continente? Nel settore dell’istru-zione, l’Africa potrà beneficiare di risultati impre-visti dall’uso di strutture quali Internet, Intranet,Extranet e dal multimediale in genere. L’universitàvirtuale dell’Agenzia universitaria della francofoniaè un esempio di applicazione nell’insegnamento. Lariunione della Conferenza africana sulla ricerca in-formatica, nello scorso mese di ottobre a Dakar, hapermesso di costatare che ricercatori africani sonocoinvolti a livello di ricerca. Essi sono coscienti chel’informatica contribuisce allo sviluppo tecnologico,alla conoscenza dell’ambiente ed alla gestione dellerisorse economiche. Nell’Africa attuale è un mezzoper accelerare la crescita ed incrementare la ric-chezza. Intanto, imprese di informatica si stabilisco-no in Senegal, nella Costa d’Avorio, in Camerun,Gabon e Benin. Si moltiplicano i centri di forma-zione, mentre gli specialisti di informatica sviluppa-no software che a loro parere si adattano maggior-mente all’Africa, mentre alcune aziende di assem-blaggio spiccano per la loro presenza sul mercato.Tuttavia, i finanziamenti di queste iniziative sono an-cora ridotti, e le banche africane non sembrano perora pronte ad investire in maniera massiccia in unsettore che, in tutto il mondo, appare in piena fasedi crescita.

(tradotto dal francese)

Africa: la tentazione del Web

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Le nuove tecnologie dell’informazione

(gn) «Il rapido sviluppo delle nuove tecnologiedell’informazione è affascinante, ma non sappia-mo dove finirà per condurci. Saremo in grado dipadroneggiare queste tecnologie, o saranno loroa prendere il sopravvento su di noi?», si chiedeHenri-Philippe Cart, Vicedirettore DSC, che non ècerto l’unico membro della DSC a metterci inguardia dall’euforia tecnologica ampiamente dif-fusa. «Internet, così come le altre recenti tecno-logie dell’informazione, è semplicemente unostrumento in più, che ci consente di affrontare, inmaniera più efficiente ed efficace, i compiti concui siamo confrontati in molti ambiti operativi»,afferma Véronique Hulmann, dall’agosto del 1998responsabile in seno alla DSC per le questioni le-gate alle nuove tecnologie dell’informazione. Ciòcomporta la rinuncia allo sviluppo di propri «pro-getti di tecnologia informatica». Il ricorso a ques-

Né euforia, né timori particolari: è la sintesi della dichiarazione d’intenti dellaDirezione dello sviluppo e della cooperazione, DSC, rispetto alle nuove tecno-logie dell’informazione.

Limitare i rischi, sfruttare le opportunità

to nuovo strumento dovrebbe, laddove è sensa-to, essere integrato nel lavoro già compiuto.Empowerment indica come la formazione dellagente del posto sia l’obiettivo principale. Con ciòsi intende limitare il rischio di una sempre mag-giore esclusione dei gruppi marginali e di un «dik-tat» culturale del Nord (al momento, sempre piùattuale). In seno al dibattito internazionale apertosulle nuove tecnologie dell’informazione, laSvizzera – conformemente a quanto afferma ilcollaboratore della DSC Adrian Kübler – si oppo-ne a che Internet offra privilegi informatici alle giàsolide potenze economiche internazionali e com-porti sempre maggiori svantaggi per i gruppi mar-ginali. La politica della DSC nei riguardi dellenuove tecnologie informatiche sarà indicata dauna specifica presa di posizione che verrà pub-blicata nella primavera/estate del 1999.

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Emarginati sul piano sociale, gli abitanti delle favelas sonopersone ignorate anche dal progresso tecnologico. Nellebidonville brasiliane, dove anche il telefono è considerato unlusso, un sognatore offre corsi di informatica agli adolescenti;un bagaglio di conoscenze che potrebbe aprire ai giovaninuovi orizzonti professionali. Di Jane-Lise Schneeberger.Rodrigo Baggio è stato insegnante d’informatica aRio de Janeiro, in una scuola frequentata da giova-ni di alto livello sociale. È lui che ha creato suInternet un forum riguardante la criminalità e le di-visioni sociali, ma solo ragazzi di famiglie benestan-ti hanno partecipato a queste conversazioni interat-tive.È stato a questo punto che Rodrigo Baggio ha in-iziato a sognare, e si è visto impegnato a comunica-re via Internet con i ragazzi delle favelas. Deciso arealizzare il suo sogno ponendo la tecnologia allaportata dei giovani più svantaggiati, ha fondato nel1995 il Comitato per la democratizzazione dell’in-formatica (CDI). Una grande industria ha messo asua disposizione numerosi computer usati e lui hapotuto aprire una scuola a Dona Marta, bidonvilledi 100 mila abitanti a Rio. Una favela come le altre,controllata da trafficanti di droga, che sul posto re-clutano i loro piccoli «dealer». Una favela in cui sidiventa delinquenti per sfuggire alla miseria.I giovani di Dona Marta sono accorsi numerosi.Hanno scoperto delle «macchine» che sino a quelmomento avevano visto solo in televisione, edhanno imparato a servirsene. In seguito, altre co-munità si sono rivolte al CDI per avere la loro scuo-la. Condizione essenziale: esse dovranno disporre diun locale sicuro, conosciuto dagli abitanti, dotato diallacciamento elettrico e gestito da membri della co-munità. In tal caso, il Comitato le aiuta ad otteneregratuitamente (di norma, si tratta di donazioni) icomputer, fornisce supporto logistico e forma gli is-truttori, reclutati fra i giovani delle favelas. Sino adoggi, sono state aperte 76 scuole: 46 a Rio e 30 spar-se in otto altri stati brasiliani.

Reclutamento superfluo«Non avevamo previsto un’espansione così rapida.Sembra proprio che la gente abbia terribilmente bi-sogno di questo genere di formazione», annotaShannon Walbran, una giovane americana che operaper il CDI nell’ambito del volontariato. Il successodell’iniziativa è tale che non occorre reclutare gli al-lievi: di recente, all’apertura di una nuova scuola, giàalle 6 del mattino erano più di 300 le persone che sierano presentate.

La maggior parte degli allievi ha tra i 14 ed i 20 annie sa leggere. Pagano l’equivalente di 12 franchi sviz-zeri al mese. Ogni scuola è amministrata in manie-ra autonoma e tutto lascia intendere che tale pro-getto potrebbe essere riprodotto anche altrove.«Stiamo lavorando alla creazione di partenariati confondazioni straniere, in modo di esportare il nostromodello», spiega Rodrigo Baggio.

Niente linea telefonica, niente WebTutte le scuole operano con i programmi basati suWindow 95, quali Word ed Excel. Alcuni propon-gono corsi più avanzati. Un gruppo di allievi parti-

Icone e topi n

«Mi domandano spessoperché non porto lorocoperte, roba damangiare o oggettiessenziali. La verità è chela gente delle favelas nonnecessariamente è inprocinto di morire di fame.Ci sono diverseorganizzazioni religiose ecaritative che organizzanola distribuzione diprovvidenziali minestroni.Per contro, questa gente«muore» per carenza dipossibilità. Io applico lafilosofia di Confucio e diGesù: se gli insegni apescare, avranno damangiare per tutta la vita.Noi insegnamo loro adoperare nella tecnologiadell’informazione, un marein cui essi sono sicuri dipescare pesci grandi. È così che essi acquistanofiducia in sé stessi, e unavolta tanto nutrono unaqualche speranza,penetrando in un mondodal quale si sentivanoesclusi, per sempre. Tutto ciò di cui avevanobisogno, era una chance.»Rodrigo Baggio

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colarmente dotati ha seguito un corso per la realiz-zazione di pagine Web. Su incarico di un fotografoamericano che intendeva pubblicare foto di suo fra-tello morto di Aids, i ragazzi, dopo aver passato perlo scanner le immagini, hanno realizzato una pro-pria Homepage. Soltanto otto scuole hanno accesso ad Internet, e ciòper il fatto che la rete telefonica è in pratica quasiinesistente nelle favelas e che l’istallazione di unalinea costa circa 1000 dollari. Il CDI mette a dispo-sizione alcuni siti, permettendo così agli allievi difamiliarizzare con Internet anche senza essere connessi.I giovani scoprono l’informatica occupandosi ditemi cruciali per le loro favelas: i diritti del cittadi-no e dell’uomo, la criminalità, la carcerazione, la sa-lute, la non-violenza, ecc. Inoltre, pubblicano bol-lettini d’informazione, ad esempio sulla situazioneeconomica e la disoccupazione. Una scuola ha stu-diato la dengue, malattia tropicale favorita dalla pun-tura delle zanzare. Gli allievi hanno realizzato alcu-ni poster e lanciato una campagna locale d’informa-zione circa la prevenzione di questo genere diepidemia, favorita dalla presenza di acque sporche,canalizzazioni inquinate e rifiuti.

Meglio idraulici e muratori…Contro questo progetto si sono levate in Brasileanche voci critiche: operare con computer supera-ti, non permette a questi giovani di avere chance inun mondo in cui la concorrenza è feroce: il CDI fa-rebbe meglio ad avviarli verso mestieri manuali.Shannon Walbran non raccoglie. «Dal momento incui sanno utilizzare un elaboratore di testi, un siste-ma di calcolo, una base di dati o le possibilità gra-fiche, questi giovani hanno quasi le stesse chance dicui godono altri ragazzi delle scuole medie», dicel’americana. Il «quasi» c’è in quanto bisogna tenerconto delle discriminazioni razziali e culturali.Secondo un’inchiesta condotta dal CDI, il 60 per-cento degli allievi trovano rapidamente un impiegointeressante. Per tutti gli altri, i corsi si sono co-munque rivelati positivi, sia a riguardo della loro at-tività attuale sia in previsione di studi futuri o ma-gari anche solo per il fatto che il giovane si sente inqualche modo valorizzato.

(tradotto dal francese)

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Gli allievi di RodrigoBaggio si informano viaInternet su temi qualisalute, diritti dell’uomoe del cittadino. E sipresentano con unapropria Homepage:http://www.ax.opc.org/~cdi

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L’ a n n o v e n t u r o ,a p p u n t a m e n t oa B i s h k e k !

Altynai Abdieva :«Il mio nome è Altynaiche in kirghiso significa«luna dorata». Come laluna anche io non volgolo sguardo in tutte ledirezioni! Ho 22 anni, equest’anno ho terminatogli studi di filosofiaall’università di Bishkek.Mia madre lavora al«Kirgyz Film CinemaStudio» ed anche miopadre è un artista delcinema. Così, fin dallamia più tenera età sonostata a stretto contattocon cultura ecinematografia delnostro paese. La culturaè un mondo in cui gliuomini si incontrano ecomunicano su un pianomolto più elevatorispetto alla giunglaquotidianarappresentata daldenaro e dai consumi.»

Che autunno dorato, quest’anno! Il boulevardErkindik, che attraversa la città da nord a sud finoalla stazione – dalla quale partono i treni diretti perMosca e per Novosibirsk –, si presenta in tutto il suosplendore, sotto un limpido cielo blu. Con le sue duetonnellate, sulla piazza Ala Too anche la statua diLenin sembra indicare, con un gesto entusiasta delbraccio destro, le montagne già innevate del sud:«Proletari di Bishkek, ammirate questo magnifico au-tunno! Il sole è ancora caldo, „davaite“ – per il finesettimana andate, fate un bel picnic ad Ala Archa(parco nazionale nelle vicinanze di Bishkek)!»

A volte, passeggiando per il parco Erkindik o il parcoPanfilova mi chiedo cosa mai pensano le possentiquerce e gli immensi olmi di questi tempi nuovi. Orala maggior parte delle persone veste meglio, o portaabiti più moderni. Il loro passo è un po’ più rapidocome lo esige la nuova, quotidiana lotta per la vita.Le donne sembrano avere lo sguardo più vivo chegli uomini. Anche d’autunno si incontrano coppiette– sempre la stessa, vecchia storia: incidono stupidicuori sulla corteccia dei poveri alberi. Però l’aria ècambiata: c’è meno cattivo odore dei gas di scaricodelle Schiguli, Wolga e Moskowitsch, in compen-so c’è più profumo fino di carburante delleMercedes, BMW e Volvo. Sono molti i giovanigiunti di recente in città da sperdute regioni rurali.In definitiva, i vecchi hanno un aspetto afflitto, piùpovero e triste che in altri tempi. Nessun cambia-mento, invece, nel comportamento dei cani: conti-nuano ad urinare dappertutto.

Sono una vera figlia della città e amo la mia città. Èbello vedere come cambia in fretta: vecchi edificivengono ristrutturati, nuovi costruiti. Sulla viaSowjetskaja aprono ogni giorno nuovi commerci,boutique, bar e ristoranti. Oltre a piatti kirghisi erussi, oggigiorno a Bishkek si possono gustare anchespecialità coreane, turche, pachistane, indiane, afga-ne, italiane, americane ed europee.

È pur sempre buono a sapersi che, se avessimo il de-naro necessario, sarebbe possibile acquistare tuttiquei bei vestiti e prodotti occidentali. La maggiorparte delle persone ha però a malapena di che so-pravvivere – in città ci sono i segnali di una crescentepovertà. Mi rende triste constatare che la pensione

dei vecchi, che hanno lavorato tutta la vita, chehanno costruito la nostra città, il nostro paese, nonbasta loro nemmeno per vivere.

La vita è divenuta così cara che la gente non puòpraticamente più permettersi nulla. Il passaggio al li-bero mercato ha generato molto più perdenti chevincenti. Ma sappiamo che non c’è altra soluzione.Recentemente, un filosofo mi ha detto: «Quando siè nel deserto, camminare verso un miraggio è unasensazione piacevole – fintantoché non ci si rendeconto.»

Eppure, la maggior parte dei miei amici ed io cre-diamo che ce la faremo. Perché no, poi? Prendiamol’esempio dell’arte e della cultura. Naturalmentequesto settore ha molto sofferto dell’improvvisoblocco degli aiuti statali. Contemporaneamente sononate però molte nuove iniziative private e produ-zioni creative che hanno dato nuovo slancio alla cul-tura. Spesso la gente lavora e crea senza nessun com-penso. Il Teatro della mia giovinezza, l’Opera e ilBalletto, sono stati chiusi a causa delle precariecondizioni architettoniche. Malgrado ciò sono moltii cantanti lirici e i ballerini che vengono nel Kirghistanper condividere con noi la loro arte.

Attualmente il museo di storia offre una mostramolto interessante sulla Via della Seta, dove c’èmolto da scoprire su storia e cultura dell’Asia cen-trale. Penso che i popoli di questa regione abbianomolto in comune. Anche la molteplicità delle opereesposte ha un fascino particolare. Ma per essere sin-cera, il resto del museo è veramente un museo.Soprattutto il secondo piano. La sua mostra perma-nente di storia socialista e sovietica è piuttosto de-primente, con le sue eroiche sculture in bronzo dirivoluzionari e soldati e la sua raccolta standardizza-ta di foto e di documenti sulla rivoluzione. La luceè tetra e in ogni angolo c’è un polveroso tappeto divelluto rosso.

Attualmente penso spesso al mio futuro. Vorrei in-vestire più energie nella mia istruzione e mi piace-rebbe studiare sociologia in un’università europea.Poi vorrei rientrare e lavorare nel mio paese. Quic’è ancora molto da fare. La mia amica Jamilia vor-rebbe migliorare il suo inglese e avviare un’attività

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turistica. In questo ambito, per il Kirghistan i pre-supposti sono eccellenti. Jamilia ha il temperamen-to di un Gengis Khan, riuscirà certamente ad otte-nere ciò che vuole.

Ci sono molte leggende sul perché Bishkek vennechiamata così. Una di esse racconta che qui, unavolta, c’era un piccolo villaggio nel quale viveva losciamano Bishkek. Egli salvò la vita di molte perso-ne, infondendo loro nuova speranza. Divenne cosìcelebre che anche gli abitanti degli altri villaggi ve-nivano da lui. Spesso si sentiva dire: «Devo recarmida Bishkek». Così la città venne chiamata con il suonome.

Perché non vieni anche tu, il prossimo anno, aBishkek? Ti piacerà!

Altynai Abdieva (tradotto dall’inglese)

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L’anziano tosatore di pecore non sa più che cosapensare: in passato era un eroe dell’Unione sovie-tica ed era molto richiesto in tutta l’Asia centrale,quale profondo conoscitore della sua arte e avevaricevuto molti riconoscimenti. Oggi nessuno ha piùbisogno di lui. E i suoi figli, anch’essi specialisti inmateria di tosatura delle pecore, subiscono la stes-sa sorte. Dei circa 10 milioni di pecore che un de-cennio fa ancora brucavano sui pascoli kirghisi nesono rimasti a malapena 4 milioni. Le bestie nonvengono più allevate come una volta in grandiaziende, ma appartengono oggi a piccoli contadi-ni. Allo stremo delle loro forze economiche pro-ducono ora autonomamente lana: purtroppo, permancanza di esperienza e di tecniche adeguate conun risultato che non è certo dei migliori. Il fatto èche non possono più permettersi di sollecitare i ser-vizi di un tosatore professionale come ai tempidell’Unione sovietica. Le profonde conoscenze diquesto specialista in materia di allevamento, qua-lità della lana e tosatura scompaiono nel caos crea-to dal nuovo sistema economico. Una storia di or-dinaria amministrazione nell’odierno Kirghistandiventato uno stato indipendente otto anni fa dopola perestroika e il crollo del sistema sovietico. Oggi,il paese del poeta Cinghiz Aitmatov è consideratoin Occidente il modello promettente di uno svi-luppo positivo nelle ex repubbliche sovietiched’Asia centrale. Il presidente Askar Akajev, chegoverna sin dalla sua fondazione questo statorelativamente piccolo, ha coniato l’immagine delKirghistan quale «Svizzera dell’Asia centrale». I pa-rallelismi sono evidenti: in entrambi i paesi convi-vono (più o meno) pacificamente vari gruppi etni-ci, entrambi non godono di un accesso diretto almare e sono privi di grandi giacimenti di materieprime, ma in compenso vantano suggestivi paesaggi

montuosi e lacustri che in parte presentano effetti-vamente notevoli somiglianze.

Retaggi dell’era sovieticaIl raffronto diventa invece difficile se si considera ilsistema statale: due democrazie, ma nessuna ugua-le all’altra. In Kirghistan, in base alla costituzionedel 1993, il popolo elegge ogni cinque anni il pre-sidente e il parlamento. Per una vera democratizza-zione della società kirghisa occorrerebbe tuttavia in-tensificare sensibilmente le riforme. I governatoridelle regioni sono nominati dal governo centrale.Inoltre non esiste una vera separazione dei poteri.Persino il massimo tribunale è nominato dal presi-dente. La posizione del parlamento è debole e, inmancanza di partiti forti, i deputati faticano a far sen-tire la loro voce nel dibattito pubblico. Se il gover-no non ottiene la necessaria approvazione dal par-lamento, i progetti di legge vengono imposti me-diante referendum popolare. Questo è successoanche nell’autunno del 1998, quando il presidenteha sottoposto in votazione un pacchetto referenda-rio che contemplava la libertà di stampa, la sop-pressione dell’immunità dei deputati e la proprietàprivata della terra. Stando alle informazioni ufficiali,il referendum fu accettato da oltre il 90 percentodei votanti con una partecipazione al voto pari al97 percento. «Nessuno crede nell’esito di questoscrutinio. Cifre irrealisticamente alte ricordano inqualche modo l’era sovietica», questo il commentodi Asiya Sasykbaeva, direttrice di Interbilim, unagrande organizzazione non governativa delKirghistan. Ma nessuno ha protestato per questo.Nonostante tutto, il governo del presidente Akajeve la democrazia reggono bene il confronto con altripaesi dell’Asia centrale.

Si dice che il Kirghistan sia la Svizzera dell’Asia centrale. Maper ora le differenze rispetto al suo modello europeo sonomaggiori delle similitudini. Di Gabriela Neuhaus.

Da tosatore di pecore delkolchoz a piccolo imprenditore

«Il prezzo dellademocrazia è alto:eravamo abituati a unadottrina e a delle regolesevere. Tutto era presta-bilito. Oggi vi è chi abusadelle nuove libertà equesto ci crea problemi.»Cinghiz Aitmatov, scrittoree ambasciatore delKirghistan a Bruxelles

Stefan Joss

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Le differenze tra la Svizzera e il Kirghizistan sono par-ticolarmente evidenti quando ci si sofferma sulla vitaquotidiana. «Come si vive in Europa?», chiede unvenditore ambulante che sul suo minuscolo bancomette in vendita kumis (latte di giumenta), yogurt,vodka e sigarette. Come altri e altre undici com-mercianti che al pari di lui attendono i clienti all’ul-tima curva prima del passo del Dolon a 3000 metridi altitudine, ha sollevato il bavero e tenta di pro-teggersi alla meglio dal vento freddo e pungente.Da cinque anni attende qui, giorno dopo giorno, siad’estate che d’inverno, l’arrivo di passanti intenzio-nati a effettuare qualche acquisto. Se la fortuna gliarride, in una giornata può incassare fino a 150 som(circa 7 franchi). Ma qualche volta non riesce a ven-dere nulla. «Per tirare a campare con la famiglia mibasta», dice l’ex specialista di trivellazioni alzando lespalle.

Un inizio difficile L’improvvisa svolta del 1991 ha costretto la gentedel Kirghistan a imboccare nuove strade per guada-gnarsi il pane. «La vita ci ha insegnato che dobbia-mo essere diligenti», dice la trentaduenne AsisaSciamangulova che nel suo villaggio di origine la-vora come bibliotecaria.Figlia di un allevatore, la giovane donna aveva com-piuto gli studi in economia delle grandi aziende agri-cole. Una volta laureata, la sua formazione non erapiù richiesta: le grandi aziende agricole, fino alloramolto diffuse, vennero liquidate in brevissimotempo. Il kolchoz (una cooperativa di produzioneagricola) nel quale era integrata la sua famiglia, dis-tribuì la terra tra i membri, tentò ancora per qualchetempo di sopravvivere come società anonima, mapoi fallì. Grazie alla terra che Asisa Sciamangulovaaveva ricevuto insieme a genitori e fratelli e sorelle(mezzo ettaro per persona), la famiglia può oggi perlo meno produrre quanto occorre per nutrirsi.L’autoapprovvigionamento, il piccolo commercio ouna combinazione di lavori e lavoretti consentonoa molta gente di vivere. Nel contempo, gli edificidelle grandi aziende vanno in rovina, le fabbriche sisono ridotte in macerie, mentre i sistemi di irriga-zione (assolutamente indispensabili per l’agricoltu-ra) richiedono urgentemente di essere sottoposti amanutenzione e rinnovamento. Oltre che nel campoeconomico, anche nel settore sanitario e della for-mazione si è registrato un notevole degrado: i ser-

vizi sanitari sono sensibilmente scaduti in termini diqualità e i medicinali non vengono più distribuitigratuitamente. I medici non riescono a vivere con iloro magri salari (circa 25 franchi al mese), emigra-no o si cercano altre fonti di guadagno.

Tradizione e rinnovamentoLa stessa cosa vale per le insegnanti e gli insegnanti,molti dei quali si convertono in piccoli imprendi-tori. Ma il passaggio all’attività indipendente si confi-gura difficilissimo: la disoccupazione è elevata, so-prattutto tra la gioventù. Mentre gran parte della po-polazione kirghisa ha subito una perdita per le menomateriale con il cambiamento di sistema, esiste non-dimeno una piccola cerchia che ne trae profitto,come d’altronde esistono coloro che nonostantetutte le difficoltà hanno conseguito dei successi conil passaggio all’economia di mercato. Sono i clientidei negozi di Bishkek, dove si vendono le costosemerci occidentali. È a loro che appartengono le im-ponenti nuove automobili che da poco circolanonelle strade di questa città. L’abisso che separa ric-chi e poveri si sta manifestando anche nel Kirghistane nei prossimi anni tenderà a aumentare. Ma no-nostante tutte le difficoltà, nel Kirghistan si è fieridel paese e della sua storia. Le kirghise e i kirghisiraccontano con piacere una delle innumerevoli leg-gende del loro popolo nomade, venuto dai montidella catena del Tien-Shan e dalla regione del lagoIssyk-Kul. Fieri sono pure della città di Osh, chevanta una storia di ben 3000 anni e che, dopo esse-re stata una tappa lungo la via della seta, è oggi ilcentro per eccellenza del Kirghistan meridionale.Fieri sono infine soprattutto anche della storiadell’eroe popolare Manas che, con oltre un milionedi strofe, vanta il primato di essere il racconto epicopiù lungo del mondo.E mentre in quest’era postsovietica ci si rammentapiù spesso e apertamente dei vecchi e gloriosi tempi,il tosatore ormai superfluo, ex eroe del lavoro, nonsi stanca di far sentire la sua voce: vorrebbe poter tras-mettere le sue conoscenze, vorrebbe fare in modoche l’allevamento e la produzione di lana di qualitàsiano anche in futuro assicurati nel Kirghistan, per-ché, a suo modo di vedere, quanto si è raggiuntonegli ultimi cinquant’anni non può e non deve an-dare semplicemente perso.

(tradotto dal tedesco)

Cifre e fatti

NomeKirghistan

Forma dello statorepubblica presidenziale

CapitaleBishkek (vecchio nome: Frunse)

Superficie198’500 km2

Popolazione4,6 milioni di abitanti (1995), di cui il 57% kirghisi, il 17% circarussi (dall’indipendenza in poi vi è stato un forte calo dellapercentuale dei russi), 13% usbechi e varie altreminoranze

Speranza di vita: 69 anni

Crescita demografica: 1,6%(media 1985-1993)

Analfabeti: 3%

LingueKirghiso (lingua nazionale): russo (lingua ufficiale):

EconomiaProdotto interno lordo: 850 $ USA pro capiteSettori d’impiego: 33% agricoltura, 28% industria, 39% servizi Disoccupazione(secondo le cifre ufficiali): 13%

Principali rami di produzione:allevamento di bovini e ovini,tabacco, cotone, frutta e verduraMaterie prime:miniera aurea di Kumtor

Gabriela Neuhaus

Kirghistan

Kazakistan

Russia

CinaIran

India

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La Svizzera e il KirghistanSostegno sulla via verso il mercato

La Cooperazione svizzera è impegnata dal 1993 inKirghistan. Dal gennaio 1997 il lavoro delle orga-nizzazioni svizzere (oltre all’UFEE e alla DSC, ancheHelvetas, Caritas e Intercooperation) viene coordi-nato dall’ufficio esterno della DCE (Divisione per lacooperazione con l’Europa dell’Est e la CSI), situa-to a Bishkek. I progetti sostenuti rientrano nei set-tori: energia, sanità, agricoltura e selvicoltura, consu-lenza aziendale e elaborazione di catasti.Markus Müller, responsabile dell’ufficio di coordi-nazione, ritiene che la Svizzera possa svolgere inKirghistan anzitutto il ruolo di consulente in campotecnico e finanziario. «Il Kirghistan riceve dalla Bancamondiale, dalla Banca asiatica di sviluppo e dallaBanca europea sufficiente aiuto finanziario. Ciò dicui il paese invece ha urgente bisogno è la capacitàdi sfruttare in modo più efficace tale aiuto. Il soste-gno della Svizzera quale partner bilaterale in questoambito è richiesto e bene accetto.»Di un simile transfer di competenze il Kirghistan hapotuto beneficiare anche da parte dell’Ufficio fede-rale di statistica nei preparativi per il censimento dellapopolazione previsto per il 1999, e da Daniel Kaeser,ex direttore svizzero presso l’FMI. Questi fu nomi-nato nel 1998 dal presidente Akajev alla carica diconsulente personale, funzione nella quale compieregolarmente dei viaggi nel paese per poi trasmette-re le sue osservazioni e i suoi suggerimenti pratici algoverno kirghiso.

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Dalla storia del popolo kirghiso

Le distese dell’Asia centrale sono state abitate per secoli dadiversi popoli nomadi, nessuno dei quali è rimasto di «razzapura». La parola «kirghiso» significa d’altronde proprio «40tribù». Il popolo nomade turco-mongolico dei Kirghisi vienemenzionato per la prima volta attorno all’anno 2000 avantiCristo in una cronaca cinese.

Dal VI al La regione dell’odierno Kirghistan si trova X secolo sotto il controllo di varie leghe turche.

Con il dominio dei Turchi l’islam giunge in Asia centrale.

XIII secolo Il Kirghistan, come altre aree occupate dapopoli turco-mongolici, è sottomessodall’impero di Gengis Khan. Sotto lapressione dei Mongoli, molti kirghisi migranoverso sud e le montagne del Pamir,spingendosi fino nell’odierno Tagikistan.

1758 Il Kirghistan diventa di fatto un bagliaggio deiCinesi, ma conserva le sue tradizioni nomadi.

XIX secolo Vari condottieri kirghisi si alleano con i Russiche si spingono verso ovest.

1862 Bishkek cade nelle mani di una coalizionerusso-kirghisa.

Dal 1865 Il Kirghizistan è integrato nelle province russedi Ferghana e Semireche.

1916 L’armata russa soffoca una rivolta kirghisa.

1918 La regione entra a far parte della Federazionerussa.

1936 Il Kirghstan diventa una repubblica sovietica asé stante. A seguito delle riforme agrarie, giànegli anni Venti molti nomadi sono costrettialla sedentarietà. Le campagne dicollettivizzazione degli anni Trenta si rivelanoancor più costrittive e violente.

1990 Prime elezioni nell’ambito della perestroika.

1991 Dopo il tentativo di golpe, compiuto inagosto a Mosca, il Kirghistan diventa unarepubblica indipendente sotto la guida diAskar Akajev.

1993 Il Kirghistan si dota di una nuovacostituzione.

1995 Prime elezioni democratiche.

L’oggetto dellavita quotidianaLa yurta – casa dei nomadiLa tenda circolare in feltroè il simbolo dei popolinomadi dell’Asia centrale.Benché gran parte dellekirghise e dei kirghisiabbiano abbandonato ilnomadismo nel primoterzo del XX secolo, unaparte degli allevatori dibestiame continua arecarsi d’estate suipascoli di montagna conla propria yurta. Ma anchenei villaggi e nelle città lavita senza la yurta èinimmaginabile: per leoccasioni speciali, qualiun matrimonio o unfunerale, si accolgono gliospiti nella tradizionaletenda circolare. Di recente, le yurte hannotrovato impiego persinonell’ambito dell’economiadi mercato: si sonotramutate in ristorante onegozio, oppure, indimensione miniaturizzata,fungono da souvenir.

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L’opinione della DSC

Nelle sessioni primaverile ed estiva del 1999, il Parla-mento dibatterà su due importanti progetti: agliStati, nel mese di marzo, e al Nazionale, nel giugnodel ’99, è previsto infatti il dibattito relativo al cre-dito di progetto per il proseguimento della coope-razione tecnica e del sostegno finanziario – 4 miliardidi franchi – da parte della cooperazione allo sviluppo.Entrambi i progetti gettano le basi di un eventualeimpegno finanziario e contenutistico che sarà vin-colante per i prossimi quattro anni. Di anno in annoil Parlamento vaglia il volume dei crediti in occa-sione del dibattito sul budget. Nei due casi specifici si tratta di importanti somme,dell’espressione di una volontà politica, del contri-buto che il nostro paese è disposto a dare solidal-mente e a investire negli sforzi di trasformazione odi sviluppo dei nostri partner. Queste decisioni ven-gono seguite con interesse sia in Svizzera che all’es-tero, e riscontrano una notevole eco. Perché? Perchéesse rappresentano il metro che permette di valuta-re se e in che modo il nostro paese è solidale, se alleparole seguono anche i fatti, e in che modo – nelsenso di una ripartizione degli oneri – ci compor-tiamo di fronte agli obblighi assunti nei confrontidella comunità internazionale.La nostra economia si colloca in un contesto di eco-nomia mondiale: la Svizzera acquisisce il 40 percentocirca del suo reddito nazionale all’estero. Per ogni100 franchi di reddito nazionale la Svizzera ufficia-le destina lo 0,32 percento (cioè 32 centesimi) allacooperazione allo sviluppo e lo 0,04 percento (4 cen-tesimi) all’aiuto ai paesi dell’est. Questo impegno sipone nella media dei paesi industrializzati; con il suoimpegno finanziario la Svizzera si muove al di sottodella media dei membri dell’Unione Europea, bendistanziata dai paesi nordici e dall’Olanda, ma davantiai giganti industrializzati USA, Giappone e RFT. I mezzi finanziari investiti nella cooperazione inter-nazionale sono certamente un importante metro, maciò che importa maggiormente è cosa facciamo diquesti soldi, quanto efficace è il loro impiego. È diquesto che noi della DSC e i nostri partner, bilate-ralmente e multilateralmente, dobbiamo rendere

conto. Vogliamo soddisfare severi criteri, e siamopienamente consci delle nostre responsabilità. Inquesto modo non possiamo certamente risolvereogni problema, ma in molti casi possiamo fare la dif-ferenza e offrire a migliaia di persone l’opportunitàdi rendersi autonomi laddove non avrebbero altri-menti nessuna speranza di poter prendere nelle loromani il loro destino. Sviluppo e trasformazione sono processi a lunga sca-denza che devono comprendere obiettivi e mete mi-surabili. Comportano anche dei rischi, cui devonoconfrontarsi i paesi partner, i loro governi e le lorosocietà, poiché, in fin dei conti, sviluppo significacambiamento. In molti casi essi possono provocaredelle insicurezze; per gli uni possono rappresentaredelle opportunità, per gli altri un rischio. Il pendo-lo può oscillare fra ottimismo e speranza, ma anchefra fiducia e timori. Dobbiamo lavorare a questecondizioni, capire il contesto culturale locale ed es-sere convinti del senso che riveste il cambiamento,dei suoi effetti. Così si espresse, con parole indovinate, il presiden-te cecoslovacco e scrittore Vaclav Havel: «Speranzanon vuol dire ottimismo. Non è la convinzione chequalcosa finisca bene, ma la certezza che qualcosaabbia senso, senza preoccuparsi di come andrà a fi-nire.» Nel lavoro di sviluppo e di trasformazionenon ci vuole «politics» (nel senso di attività politi-ca quotidiana o di corsa a vantaggi tangibili), bensì«policies», orientamenti riconoscibili, intenzionichiare e concetti cui le «politics» dovrebbero alla finegiovare.I messaggi sui crediti di programma rappresentanoil terreno su cui sviluppare e concretizzare i «poli-cies». Questo è ciò per cui vogliamo essere ponde-rati, è quello a cui politica e contribuenti, ma anchei nostri partner del Sud e dell’Est, hanno diritto.

Walter Fust, Direttore della DSC(tradotto dal tedesco)

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Opportunità per gli uni, rischio per gli altri

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Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

In Sudan sta diffondendosi un sentimento di stanchezza neiconfronti della guerra, anche se qua e là le lotte continuano.Segnali di cambiamento si notano anche presso le organizzazioniumanitarie. Talune hanno sollecitato l’ONU affinché assuma unruolo più attivo nella ricerca della pace, altre sono sommerse dalledifficoltà create da un impegno protrattosi fin troppo a lungo neltempo. Il futuro appartiene a progetti a lungo termine checomportino anche la formazione della popolazione locale. Maecco il resoconto della situazione fornito da Christian Bernhart*.

Aiuto svizzero alSudan: lotta contro lafame e per la saluteLa Direzione dellosviluppo e dellacooperazione (DSC) èpresente dal 1994 per il tramite di membridell’ASC nella provinciadel Sudan meridionaleBahl al Ghazal, colpitadalla recente carestia.L’équipe collabora alprogetto dell’Unicef«Operation Lifeline». Dellacostruzione e dellamanutenzione dellepompe idricheapprofittano sia lapopolazione che migliaiadi sfollati. Attualmente sista finanziando la fornituradi 3364 tonnellate diderrate alimentari (sorgo,leguminose, latte inpolvere, zucchero, sale) afavore delle vittime dellaguerra e della carestia.Vista l’attuale penuria dicibo che regna nellaprovincia di Bahl alGhazal, raggiungibilespesso solo attraverso vied’acqua e paludi, sistanno finanziando imotori per quattrorimorchiatori.1,5 milioni di sfollativivono in condizioniumanamente indegne allaperiferia della capitaleKhartoum. Per assicurareloro un tetto, un focolare eper migliorare l’aiutosanitario, l’ASC sostieneun progetto dell’ACES.Dall’inizio del 1996 a oggil’aiuto umanitario dellaConfederazione per ilSudan ha raggiunto 17,1milioni di franchi.

«È ridicolo», dice durante la discesa su Marial Lunella provincia sudandese di Bahl al Ghazal il pilo-ta statunitense rivolgendosi al reporter seduto allesue spalle, «è assolutamente ridicolo ciò che stiamofacendo qui. Guarda un po’ giù», e intanto dirigeverso il basso il suo bimotore Antonov, «vedi tuttequelle vacche. Ma ti pare che la gente debba patirla fame?». Sotto di loro, quattro recinti circolari: inognuno pascola un centinaio di bovini. Tutt’intornole case d’argilla indigene col tetto in paglia. Cinquegiorni dopo, durante il volo di ritorno, quando ilreporter risponde infine alla domanda, il pilota du-bita almeno per un attimo di ciò che aveva pensa-to all’arrivo. Il reporter gli dice infatti che un suda-nese, giungendo a Los Angeles, sarebbe indubbia-mente colpito dalle molte automobili. Vedendotanta ricchezza in movimento escluderebbe a prio-ri la possibilità che negli Stati Uniti vi sia anche solouna persona povera. La vista dall’alto non crea ne-cessariamente chiarezza, ciò vale in particolare peril Sudan. Per 15 anni il paese ha conosciuto unaguerra ininterrotta e la logica occidentale non è piùapplicabile. Piloti statunitensi volano con Antonovrussi sopra un paese nel quale ci sono più piste peraerei che strade. Dei 32 milioni di abitanti che contail Sudan, 2,6 milioni sopravvivono solo grazieall’aiuto del Programma alimentare dell’ONU.Imballate in sacchi, ogni mese vengono scaricatefino a 15000 tonnellate di derrate – talvolta fino a300 tonnellate al giorno – in oltre 150 destinazio-ni, raggiunte a stragrande maggioranza per via aerea.

In talune regioni i bovini sono più numerosi dellepersone, ma le bestie rappresentano anzitutto labase esistenziale, la dote, un bene culturale e unafonte di latte durante i mesi di carestia. Un sudane-se uccide un manzo per la sua carne solo in caso diestrema necessità.

Un mese in cammino per raggiungerel’ospedaleLa provincia di Bahl al Ghazal lo scorso anno è statacolpita da una delle peggiori carestie. Dall’estateregna una tregua. La situazione raccapricciante è unpo’ migliorata per quanto riguarda la fame. Le per-sone attualmente assistite nei centri sanitari di MarialLu o di Panthou si sono di regola ammalate a se-guito della denutrizione. La sezione svizzera deiMédecins Sans Frontières (MSF) offre con il suo os-pedale, nel quale ha investito 360000 franchi, unaiuto adeguato. I malati ricevono medicamenti, ibambini vengono vaccinati, e l’ospedale conta duepazienti per ognuno dei suoi 55 letti. Il medico pri-mario Antony Abura osserva a un anno dall’apertu-ra: «Anche se sembra poco più di un dispensario dicampagna, deve essere uno dei migliori della regio-ne. Il 20 percento dei nostri pazienti proviene daAweil a est, da Rumbeck a sud, dall’Abyei a nord odal Kordofan meridionale, compiendo un tragittoche li vede in cammino fino a un mese.Accompagnate dall’infermiera vodese MartineChamorel, le infermiere indigene aggiornano la lorocarente formazione di base.

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Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

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21Lokichokio Jacques Bovier osserva: «Siamo partitidall’idea che questo non doveva essere il progettodell’Unicef o dell’ASC, bensì un progetto sudane-se, di cui i sudanesi stessi si sarebbero fatti carico».Formati dall’Unicef, 400 tecnici indigeni e circa 100aiutanti si prodigano oggi nei villaggi affinché circala metà delle 4000 pompe per l’acqua installate nelSudan meridionale rimangano operative. Eccettuatoqualche caso isolato, per ora le pompe esistenti nonsono state distrutte.Con altrettanto successo è operativa la sezione sviz-zera di Vétérinaires Sans Frontières (VSF-CH), sos-tenuta dalla DSC (Divisione Aiuto umanitario eASC). Attualmente due collaboratori formati da ve-terinari locali stanno vaccinando nel Sudan meri-dionale i bovini contro l’epizoozia parassitaria Antraxe contro la peste bovina. Grazie al loro aiuto, i ve-terinari godono di grande stima nella popolazione.I Vétérinaires Sans Frontières si sono dati l’obietti-vo di formare 140 collaboratori per l’assistenza me-dica a 700000 bovini del Bahl al Ghazal e dell’alto-piano del Nilo. Questo progetto a lungo termineavrà buone probabilità di riuscita non appena inSudan ritornerà una certa stabilità.

* Christian Bernhart è libero giornalista a Berna.(tradotto dal tedesco)

Il perfezionamento delle infermiere e degli infer-mieri nel Sudan si è rivelato un investimento pro-ficuo per l’opera umanitaria losannese Medair.Come spiega Barbara Leuenberger, responsabile diun progetto di Medair nella località keniota diLokichokio, – base logistica dell’«Operation Lifeline»(OLS) del Programma dell’ONU per l’alimenta-zione – dopo l’alluvione gli esperti stranieri hannolasciato il centro per l’alimentazione Yomciir per ra-gioni di sicurezza. Ma il funzionamento del centroha potuto essere assicurato dal personale locale cheera stato formato. Tutte le attrezzature erano rimastesul posto e grazie al ponte radio si sono mantenutii contatti con la centrale di Medair a Lokichokio.

Collaborazione da parte dei ribelliLa comunicazione e la collaborazione con le auto-rità sudanesi sono rese difficili dalla scissione in varigruppi ribelli. Rimangono però una premessa in-dispensabile per attuare progetti a lungo termine.Nel 1994 il Corpo svizzero di aiuto in caso di ca-tastrofe (ASC), ponendosi al servizio dell’Unicef,assunse a nome dell’OLS la direzione del program-ma di approvvigionamento idrico. Ma si vide cos-tretto a abbandonare l’idea di creare magazzini dibase in Sudan, che con la guerra aveva già subito ladistruzione di un magazzino a Waat. Il successo ar-rise solo con l’adesione al programma di un’équiperesponsabile in rappresentanza di ciascuno dei tregruppi ribelli del Sudan meridionale.A questo proposito il responsabile dell’ASC a

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

Un progetto avviato da ricercatrici e ricercatori svizzeri eugandesi è assurto a modello per tutta la regione del lagoVittoria. Di Gabriela Neuhaus.

Gli occhi di Corinna Wacker brillano di entusias-mo mentre racconta del «suo» progetto. Poi si in-terrompe; dà uno sguardo attorno e domanda: «Ma,le paludi, vi paiono belle? Davvero belle?». Nessunoriesce a darle una risposta convincente. Magari nonsono belle, ma sicuramente piene di un fascino in-descrivibile e, soprattutto, importantissime per la so-pravvivenza. Ce lo dimostra l’esempio delle paludidi Jinja, la seconda città per importanza dell’Uganda.Questo centro industriale in espansione, situato inprossimità delle sorgenti del Nilo e sulle rive del LagoVittoria, è circondato da tre aree paludose che ilcrescente inquinamento ambientale stava seriamen-te minacciando.Una minaccia dovuta anzitutto allo scarico di acqueluride industriali, cui si aggiungevano i problemicreati dal saccheggio delle risorse delle paludi a operadei senzaterra immigrati in città. Così si presentavala situazione quando nel 1995 il Fondo nazionalesvizzero e la DSC stanziarono, nell’ambito del pro-gramma prioritario riservato all’ambiente, dei fondiper i programmi di ricerca nord-sud. La sociologaCorinna Wacker e il fitofisiologo Markus Wolf, en-trambi dell’Università di Zurigo, elaborarono concolleghe e colleghi ugandesi un progetto comune per

salvare le paludi di Jinja. Un progetto che fu in se-guito approvato.

Fitofisiologi e donne senzaterra Oggi, a quattro anni dall’inizio del programma in-terdisciplinare, le autorità cittadine di Jinja, in col-laborazione con gli industriali e il movimento delledonne senzaterra, si impegnano a favore della conser-vazione delle aree palustri. L’opera di ricerca e di sen-sibilizzazione viene effettuata a vari livelli: i fitofi-siologi studiano le acque luride e elaborano propos-te di miglioramento per l’industria e la città. Conl’aiuto del teatro e di mostre, gli altri partecipantifanno conoscere il valore delle paludi.Le donne senzaterra si sono unite per trovare unequilibrio tra sfruttamento e conservazione del sis-tema ecologico, e da poco godono perfino di dirit-ti sulle terre che coltivano. Il successo del progettodelle paludi è talmente strepitoso che la Banca mon-diale intende trasferire il «modello Jinja» a dodici altrecittà situate sulle rive del Lago Vittoria. I pionieri diJinja accompagneranno i nuovi progetti con i loroconsigli e il loro aiuto.

(tradotto dal tedesco)

A macchia d’olio nella palude

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Linee direttrici per lalotta alla corruzione(sbs) Ancora un tabù soltanto

qualche anno fa, oggi la corruzione

è ritenuta da tutti un grave

ostacolo allo sviluppo.

Per l’ennesima volta, quando la

concorrenza viene stravolta, lo

stato ingannato e i diritti

fondamentali compromessi, a farne

le spese sono soprattutto i più

poveri. La corruzione rappresenta

una minaccia per le condizioni

politiche ed economiche

indispensabili a uno sviluppo

durevole. Con la recente

pubblicazione delle Linee direttrici

per la lotta alla corruzione la DSC

prende posizione su questo tema.

È innanzitutto necessario garantire

un impiego adeguato degli introiti

fiscali; si intende poi contribuire al

miglioramento delle condizioni

generali favorevoli allo sviluppo.

Gli sforzi dei partner devono in

primo luogo essere appoggiati con

misure positive. È però altresì

importante rammentare loro il

proprio ruolo e la responsabilità

che compete loro sul piano del

controllo costante. Le linee

direttrici si rivolgono in particolare

alla DSC e ai suoi partner. Ne

viene comunque consigliata la

lettura a chiunque sia interessato a

questa tematica complessa.

Dalla DSC all’UFR (bf) Dal 1° gennaio Jörg Frieden,

finora Direttore della Sezione

Africa orientale della DSC, ha

assunto nuovi compiti. Liberato

dalle sue funzioni per un periodo

transitorio di tre anni, egli si

occupa ora dei settori

Pianificazione finanziaria e

Assistenza in seno all’Ufficio

federale dei rifugiati (UFR).

Con questo incarico Jörg Frieden

assume anche la direzione

dell’UFR. Il temporaneo esonero

avviene non da ultimo in sintonia

con la politica della DSC a favore

di una politica dei rifugiati

svizzera umana e politicamente

accettabile.

Da Berna a Roma(bf) Il Fondo internazionale per lo

sviluppo agricolo (IFAD) di

Roma ha chiamato negli uffici

della Direzione Luciano

Lavizzari, che assumerà la guida

dell’Ufficio per la valutazione e

gli studi. Fondato in seguito alla

Conferenza mondiale

sull’alimentazione del 1977,

l’IFAD è un istituto specializzato

delle Nazioni Unite impegnato

nella lotta alla povertà nelle zone

rurali e alla fame nei paesi in via

di sviluppo. Luciano Lavizzari

appartiene ai quadri della DSC e

vanta una vasta esperienza di

collaborazione allo sviluppo e di

attività sul campo (è stato

coordinatore in diversi paesi

asiatici). Egli è inoltre direttore,

in seno alla DSC, delle istituzioni

di Bretton Woods.

Premio per la culturaattribuito a una nostra organizzazionepartner(gnt) L’importante Premio per la

cultura del canton Berna 1998 è

stato attribuito alla centrale

Cultura e sviluppo (Kultur und

Entwicklung, K&E),

un’organizzazione partner della

DSC con sede a Berna.

Il riconoscimento apprezza i

meriti dell’organizzazione per la

presenza in tutta la Svizzera di

artiste e artisti dell’emisfero sud.

Il premio è stato consegnato il

5 febbraio al Kornhaus Bern,

inaugurato di recente, durante

una splendida festa interculturale.

L’incontro ha permesso a Cultura

e sviluppo di presentare il suo

nuovissimo servizio «Coordinarte

– La rete interculturale».

Questa banca dati, visionabile su

carta e presente anche sul web,

informa non soltanto su artiste,

artisti e dati, ma segue anche un

intento politico-culturale: quello

di mostrare la qualità degli artisti

del Sud residenti nel nostro paese

e di valorizzarli.

Da otto anni la DSC sostiene

l’organizzazione (fondata nel 1986

da diverse organizzazioni

umanitarie), dal punto di vista

finanziario e concettuale, nello

sviluppo di una struttura nazionale

che incoraggi la cultura del Sud in

Svizzera. La DSC si rallegra tanto

più degli onori resi alla sua

organizzazione partner, in quanto

la K&E sembra proprio esserci

riuscita!

Per ulteriori informazioni su

K&E / Coordinarte:

www.coordinarte.ch oppure al seguente indirizzo: Kultur und Entwicklung, Bollwerk 35,Casella Postale 632, 3000 Berna 7.

Che cos’è… la partecipazione?(bf) Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, l’idea di basedella partecipazione è il sostegno all’auto-aiuto. Tale sostegno nondeve venire né dall’esterno, né dall’alto; piuttosto, esso deve es-sere sviluppato e concretizzato congiuntamente. È la conclusio-ne alla quale si giunge quando la molteplicità culturale e la di-versità – che rappresentano una potente realtà – vengono accet-tate come valori, quando ci si rende conto che le attività disostegno allo sviluppo sono «democratizzate». In questo senso lapartecipazione rappresenta sia il mezzo che la meta.La condeterminazione e la compartecipazione del target – cioèdei diretti interessati, delle persone alla base – devono essere ga-rantite dall’inizio alla fine, a partire dall’analisi della situazione,passando attraverso la definizione degli obiettivi e l’impiego deimezzi, sino al monitoraggio e all’analisi finale. La condetermina-zione congloba così sia la partecipazione alla fase di progettazio-ne, alla realizzazione, al controllo, sia la partecipazione ai risulta-ti degli sforzi profusi per lo sviluppo. Da un lato il ruolo attivo di tutti gli interessati garantisce uno svi-luppo durevole (poiché ciò che nasce dal basso e dall’interno èanche durevole); d’altro canto esso impedisce lo sviluppo di unamentalità in cui si muovono un donatore e un beneficiario, in ungiuoco di assistenzialismo.

Dietro le quinte della DSC

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Eine Welt Nr.1/Februar 1999

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

Lo scorso anno la Confederazione ha acquistato in Svizzera2177 tonnellate di latte in polvere, latte per bambini e formag-gio per l’aiuto umanitario. «Troppo caro» affermano i critici.Ma l’importanza degli aiuti alimentari è fuori discussione.Melchior Ehrler, Direttore dell’associazione svizzera deicontadini, Bruno Gurtner, economista presso la Comunità dilavoro delle organizzazioni umanitarie e l’ambasciatore WalterFust, Direttore della DSC, hanno fatto il punto della situazione.Dibattito moderato da Marco Gehring.

Un solo mondo: Signor Fust è vero che noi espor-tiamo latticini svizzeri nelle zone sinistrate del mondounicamente per opportunità di politica interna?

Fust: No. Il latte è generalmente considerato un ali-mento di base. E se in Svizzera vi sono delle ecce-denze di questo ottimo prodotto, siamo volentieridisposti a favorirne la distribuzione. Sarebbe tutta-via sbagliato se, per questa ragione, i contadini neincrementassero la produzione. In caso di catastrofil’aiuto alimentare è di fondamentale importanza.Non deve tuttavia essere un modo per risolvere ipropri problemi sulle spalle degli altri.

Un solo mondo: Continuiamo a produrre troppolatte. Senza tale eccedenza interromperemmo la for-nitura di latticini svizzeri nelle zone sinistrate?

Fust: Acquisteremmo certamente i latticini altro-ve. Sono sempre molto richiesti, soprattutto negliospedali.

Un solo mondo: Signor Gurtner, sarebbe d’ac-cordo di sostituire, per motivi di costo, i latticini conaltri alimenti ad alto contenuto energetico?

Gurtner: Che ci sia bisogno di latte è un fatto.Tuttavia bisogna essere prudenti, come per i medi-cinali. Il latte in polvere presuppone che vi sia anchedell’acqua pulita, e purtroppo sappiamo che lemamme preferiscono il latte in polvere al latte ma-terno naturale. Occorre dunque prevenire i proble-mi di lattosi. Il latte è inoltre un prodotto caro è deveessere utilizzato a piccole dosi. La DSC ha senza dub-bio emanato delle direttive ragionevoli. Anche al-cune organizzazioni umanitarie private si occupanodella distribuzione dei latticini finanziati dallaConfederazione.

Fust: Dubito che la definizione di «medicinale» siaappropriata per il latte. Il latte in polvere non vieneutilizzato unicamente quale sostituto del lattematerno, ma viene generalmente dato alle personeanziane e alle persone malate. La domanda di lattecresce su scala mondiale. Il problema è che inSvizzera i costi di produzione sono molto elevati.Dobbiamo trovare un prezzo ragionevole ed esclu-dere che vi sia una doppia sovvenzione del latte.

Un solo mondo: Affinché le sovvenzioni deicontadini siano completate dai soldi per l’aiuto allosviluppo?

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Formaggio e latte svizzeri nelle zone sinistrate –

un lusso?

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13 volte il giro dellaTerraLo scorso anno lemucche svizzere hannoprodotto più di tre milionidi tonnellate di latte. Pocoa livello internazionale, mache rappresenta tuttaviauna catena immaginaria di confezioni di latte da unlitro che fa il giro dellaTerra per ben tredici volte.Il latte utilizzato a scopiumanitari rappresentacirca l’1 %.

Walter Fust Bruno Gurtner Melchior Ehrler

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

Fust: Non possiamo pretendere dall’industria ali-mentare svizzera che ci dia i suoi prodotti a metàprezzo. Se non acquistiamo più niente dalla Svizzerae ci limitiamo a fornire aiuti finanziari, diventiamoin ultima analisi i riciclatori delle eccedenze dell’UEe degli americani. I contadini svizzeri non lo capi-rebbero. Le organizzazioni internazionali hannobisogno di soldi per coprire i loro costi d’esercizio;non possono vivere unicamente dei cosiddetti «aiutialimentari», tuttavia non si deve abusare dei nostricontributi.

Un solo mondo: Fra i contadini si discute di ques-to tipi di abuso dei mezzi?

Ehrler: I contadini svizzeri sono contenti se dis-pongono di possibilità di smercio nel campo uma-nitario. Sono convinto che a breve o lungo termi-ne saremo confrontati con altre questioni: se osser-viamo la crescita della popolazione mondiale e comevengono perse le superfici agricole fertili, allora, –questo è ciò che penso io – vi sono problemi ditutt’altro tipo.

Un solo mondo: Nell’economia lattiera globale?

Ehrler: No, mi riferisco alla situazione alimentaregenerale. Ci troviamo in una situazione in cui tuttinoi possiamo essere «schizzinosi». «L’amore per ilprossimo» rimane comunque lo stimolo migliore peraiutare gli altri. I problemi dei paesi poveri sonoanche i nostri, è nel nostro interesse contribuire allaricostruzione di questi paesi. Anche da noi le entra-te dei contadini diminuiscono. I prezzi agricoli si av-vicinano a quelli dei paesi vicini.

Gurtner: Per assicurare globalmente l’alimentazio-ne è indispensabile che la produzione locale vengaassicurata. Inoltre sappiamo che l’aiuto alimentaredovrebbe servire esclusivamente a superare situazionid’emergenza. Non appena l’aiuto si protrae – ques-to vale per i latticini nonché per i cereali o la fruttasecca – la produzione locale viene danneggiata.

Fust: I prezzi crollano! I contadini non possono piùvendere i loro prodotti ed acquistare sementi.Occorre essere attenti anche a queste situazioni.L’aiuto alimentare va fornito unicamente in situa-zioni d’emergenza, altrimenti occorre migliorare laproduzione dei contadini sul posto! Se da un latonoi al Nord produciamo delle eccedenze a prezzielevati, d’altro lato, il Sud produce troppo poco e aprezzi bassi. E cosa succederà a lungo termine? Vi è

«Molti svizzeri noncapiscono il motivo percui la DSC nondistribuisce anche inSvizzera prodottialimentari alle personepovere. Devo tuttaviasottolineare che il nostronon è un compito diprevidenza sociale. A questo ci pensano icantoni e i comuni.Sarebbe bello che – a questo scopo – le eccedenze venisseromesse a disposizioneanche di altre organizza-zioni umanitarie.»Walter Fust

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Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

inoltre il problema dell’acqua in generale, dei tra-sporti. È comunque significativo il fatto che i conta-dini europei capiscano il contesto generale e che noicerchiamo, in qualità di intermediari, di mantenereprezzi adeguati nelle regioni colpite dalla crisi.

Un solo mondo: Vorrebbe che i nostri contadinicalcolassero l’aiuto alimentare in modo diverso, av-vicinando i prezzi a quelli dell’Italia meridionale odel Portogallo?

Fust: Non possiamo pretenderlo. In Svizzera ab-biamo i costi fissi più alti rispetto al resto dell’Europa,quindi anche i prodotti sono più cari. Tuttavia,quando nelle situazioni d’emergenza dobbiamo ac-quistare molta merce al miglior prezzo, siamo inconflitto. Secondo me, tuttavia, è giusto acquistareparte degli aiuti in Svizzera. Un aiuto di questo tipoè d’altronde condiviso dalla popolazione. Unconfronto: le forniture vincolate dell’economiadell’esportazione vengono pagate con aiuti finan-ziari. Perché il contadino non dovrebbe approfittar-ne? Mi dà fastidio che vi siano due pesi e due misu-re. Evidentemente alcune cerchie sono più vicineall’industria che alla cooperazione allo sviluppo o agliagricoltori.

Gurtner: L’economia dell’esportazione ha certa-mente le lobby più forti. Tuttavia noi siamo di prin-cipio contro l’aiuto vincolato e l’abbiamo semprecombattuto, anche nell’ambito del nuovo creditoquadro per l’Europa dell’Est.

Fust: Infatti la commissione del Consiglio naziona-le per la politica estera ha rifiutato la soppressionedel vincolo nell’analisi del nuovo credito per l’aiu-to ai paesi dell’Est.

Gurtner: Attraverso i crediti vincolati, il prezzodelle prestazioni aumenta, e i soldi per i nostri pro-getti di sostegno non sono sufficienti. Dobbiamo im-

piegare i nostri mezzi nel modo più efficiente pos-sibile. Sono tuttavia dell’idea che nel settore dell’aiu-to alimentare – e anche in quello dei latticini –abbiamo trovato un modus vivendi accettabile. Daparte nostra abbiamo sostanzialmente cercato di li-mitare la distribuzione di latte in polvere a finiumanitari. Dalle nostre prese di posizione sono poiscaturite le direttive della DSC che riteniamo es-tremamente ragionevoli.

Ehrler: I prossimi negoziati dell’OrganizzazioneMondiale per il Commercio (OMC) saranno im-portanti: se le decisioni relative ai luoghi di produ-zione verranno prese unicamente in base al princi-pio dell’efficienza, gli agricoltori svizzeri spariran-no dalla scena e sicuramente anche i contadini deipaesi poveri. Qui si impone una discussione checoinvolga tutta la società e noi dovremo pondera-re bene le direttive che daremo alla delegazione chesi recherà alle trattative. Abbiamo già il triste esem-pio dell’UE, che con il dumping degli alimentaridanneggia l’economia agricola nell’Europa dell’Est.

Fust: L’origine delle crisi alimentari non è da ri-cercare unicamente nella natura, ma anche in unapessima politica globale.

Un solo mondo: Non si impone quindi un’al-leanza tra l’associazione dei contadini svizzeri e icontadini dei paesi poveri che possa contrastare i gi-ganti del business agricolo su scala mondiale?

Ehrler: Certamente, cercando insieme di concor-rere a definire le premesse politiche ed economiche.Su un altro piano dobbiamo riflettere sul know-howche siamo in grado di fornire. Spesso noi, rispettoad altri paesi, siamo confrontati con problemi chehanno un’importanza relativa per non dire super-flui.

Non bisogna dimenticareche la produzione diprodotti alimentari e ilconsumo dipendonoanche da fattori culturali.Inoltre se non si rispetta la divisione dei ruoliall’interno della società o il contesto di un paese, la distribuzione di prodottialimentari a una popo-lazione, in determinatecircostanze, può rivelarsidi scarsa utilità.Bruno Gurtner

«Oggi i contadini generanogià due miliardi di franchi dientrate in meno rispetto al1990. Alcuni dei qualivanno a beneficio dellaConfederazione, altrispariscono nel commerciodi intermediazione ovengono immolatisull’altare del consumo.Nella nuova politica dimercato lo Stato intervienemeno, e i contadini devonopensare a come possonoaprire da soli canali divendita favorevoli edistribuire una determinataproduzione di eccedenza.»Melchior Ehrler

Keystone

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

Prima parteImmagini vacillanti vengono a ravvivare i confini del mio spirito

Una realtà derivata occupa il posto, info o intox

sconfiggere l’impostura. Analisi della forma e della struttura

Lascio pura la mia obiettività, la mia attività primaria consiste nel relativizzare

I miei occhi si fissano d’im-

provviso sull’NBC, l’iride si

strizza sull’asse delle liriche

Ed è come un serpente di

numeri che si snodano sullo

schermo

La borsa è una corsa che

si disputa nella corte dei

grandi

A che serve voler conquis-

tare questo mondo se si

perde poi la propria anima

La storia di una recita senza

trama, la storia delle civiliz-

zazioni perdute a causa

di tesori che spostiamo,

tonnellate d’oro che

ammucchiamo

Un solo Dio: la grana, il denaro

e non è questione di dare, io intendo lodare, qua e là, il valore dell’economia

ma se essa ha un valore per noi,

allora ditemi un po’, si è forse as-

sopita?

Buenas noches, la ragione si ad-

dormenta

la tentazione di ricchezza prende

decisamente il volo.

Carlos

Sens UnikIl gruppo rap Sens Unikcompie 8 anni quest’anno. È stato fondato da tre giovaniappassionati di hip hop chevivevano a Renens, allaperiferia di Losanna. Hannoinciso il loro primo 45 giri,Nouvelle politique, nel 1991.

L’anno scorso i Sens Unikhanno prodotto il loro quintoalbum, Pole Position. Comegià agli inizi, anche oggi icomponenti denotanodifferenti orizzonti culturali.Carlos, il rapper spagnolo, eJust One, il DJ svizzero, sonoi soli membri fondatori ancorapresenti. A loro si sonoaffiancati la corista franceseDeborah, il percussionistasvizzero Bio ed il rappercongolese Mike.

La fama del gruppo ha ormaida tempo superato i confinielvetici. Dopo averconquistato il pubblicofrancese, i Sens Unik sonoandati in tour in Germania,Canada ed Africasettentrionale. «Sens Unik siconsidera come un gruppoeuropeo di base a Losanna,piuttosto che un complessorap svizzero o vodese», fanotare Carlos, che aggiunge:«Vogliamo evitare di caderenella trappola dei regionalismielvetici…».

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La fine di unmillennio

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Seconda parteSembra che l’oggi diventi un passato

E che lo choc sarà più duro della roccia, per colui che non sarà pronto

Io stesso metto le mie rime in magazzino e non le baratto che con pesanti

contanti

Se non paghi, mi arrabbio e non avrò orecchio per te

Si chiude un secolo ed esiste ancora la schiavitù

Se non fosse che brucia le piste ma fa lo stesso percorso

Ed io sono sempre là, svelo quei vizi e li scarico fra le mie paure (raps)

Anche se scomparissi, tutto ciò rimarrebbe inciso

La situazione peggiora, si può anche dire che si sta facendo ciò che va fatto

per evitare che le predizioni di alcuni non facciano più ridere

Il tuo tempo ti sarà contato, nella ventunesima ripresa, Babylone si è tolto i

guanti

Ma questo, tu lo sapevi già.

Mike

Terza parteFalso potere, bisognerebbe potere cambiare tuttoTornare alla sorgente e ricominciare da zeroRiprendere il cammino, di nuovo, dalla base, ma suona falsoBisognerebbe riprendere tutto da zeroNon mi resta che accorgermi del potere che il denaro ha sulla genteMi resta un solo rammarico: poterlo vedereE realizzare la forza che si acquisisce con i franchiÈ cosa che in effetti io deploro, potere veroLa fine d’un millennio, laTerra è un mucchio disporciziaLa fine d’un millennio edè sempre l’oro a regnaresulla sporciziaDeborah

«Da ragazzino, guardavo i libri di scienza e ne ero affascinato. A quell’epoca, in essi c’erano sempredisegni con i quali si poteva illustrare l’avvenire, l’anno 2000!Eccolo, a portata di mano e di sguardo di ognuno. I disegni ingenui ed asettici ci svelano una certaarmonia, ma la realtà è semplicemente diversa.L’uomo non è stato capace di sbarazzarsi della sua cupidigia, ed è lei che ora lo accompagna, in ognipagina della nostra storia.La fin d’un millénaire è testimonianza, è uno di quei disegni, riveduti e corretti da Sens Unik.»Carlos(tradotto dal francese)

Carta bianca

Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

«Tipicamente kirghiso», affermaridendo Ulan, il traduttore,mentre abbandona la salariunioni. «Si mettono in marcia.Come solevano già fare i kirghisi sulla Via della Seta.» Il 15 dicembre 1998 sono partitida Bishkek, la capitale kirghisa, abordo di un autocarro, di untorpedone e di una vettura.Seguendo dapprima la Via dellaSeta, che attraversa l’Uzbekistane il Turkmenistan, essi giungonoin Iran. Da qui attraversando laTurchia, l’Egitto e gli stati delMaghreb, toccando in seguito laSpagna sarebbero dovuti arrivarein Europa centrale. Infine, il 12 marzo 1999 era previstol’arrivo in Svizzera della modernacarovana. In effetti, il gruppo di 45 personesi prefigge importanti obiettivi.«Innanzitutto», dice Murat Aliev,produttore cinematografico,«vogliamo mostrare che ora suimappamondi c’è un nuovo stato.E poi viaggiamo anche perconoscere il mondo. La spedizione, che porta il titolo

Questo mese di marzo, per qualche giorno, un’importante delegazione culturale ecommerciale proveniente dal Kirghistan avrebbe dovuto fare tappa in Svizzera.Con questa iniziativa la DSC intendeva permettere al Kirghistan – il paese diconcentrazione della cooperazione svizzera più recente – di farsi conosceremeglio. La giovane repubblica della CSI ha molto da offrire, come dimostrano isuoi rappresentanti in spedizione. Per il nostro cronista Beni Güntert, il progettodella spedizione è la dimostrazione di una buona dose di coraggio e di originalità,ma purtroppo la carovana ha dovuto interrompere il suo viaggio ante tempo.

«La grande Via della Seta e la vitamoderna», ci permetterà discattare un’istantanea sullamolteplicità delle forme diesistenza dell’uomo alle sogliedel nuovo millennio, chedesideriamo poi pubblicare sotto forma di libri,videocassette, e forse anche di un CD – dapprima per il nostropubblico kirghiso, ma anche perpersone di altre nazioniinteressate. Ci interessa lo stadiodi sviluppo dell’umanità – 1000anni fa eravamo ancora tutti allamercé del feudalismo! E oggidove siamo? – Ci interessanoanche i personaggi importanti,intellettuali e politici, e la vitaculturale.»

Di narratori, donne d’affari e modelleOsmon Satkeev, direttore dellaspedizione, è anche direttoredella fiera commerciale di Osh,per la quale è alla ricerca dipartner. Il prossimo anno Osh festeggerà il suo 3000°compleanno. Dopo Bishkek, essa

è la seconda città più grande delpaese, centro della regionemeridionale e importante tappasulla Via della Seta fra Kashgar eSamarcanda. «Perciò per noi èimportante stabilire molticontatti», aggiunge Satkeev.«Contatti con uomini d’affari,mass-media, ma anche con lagente semplice, di cui vorremmoconoscere la quotidianità.Vogliamo mostrare loro che ilKirghistan ha molto da offrire.»Conoscendo questi obiettivi lacomposizione del numerosoteam non ci sorprende affatto: cisono giornalisti, fotografi,scienziati, donne d’affari e unasquadra di operatoricinematografici. Ci sono anchedodici artiste ed artisti, fra cuialcuni virtuosi di strumentitradizionali provenientidall’Accademia musicale diBishkek, un noto pittore e un«Manastshi», un narratore dellagrande epopea kirghisa: la vitadell’eroico Manas, unificatoredel paese. Le quattro modelledella carovana, che presentano

con professionalità e con untocco di charme asiatico leultime creazioni degli stilistikirghisi, sono la dimostrazionevivente che il progetto nonintende presentare unicamentel’aspetto «tradizionale» di unpaese ormai da lungo temposotto l’influsso modernizzatoredell’Unione Sovietica. Oltre alpersonale tecnico, non mancanemmeno un medico.Dal 1997 il Kirghistan è l’ultimopaese di concentrazione dellacooperazione svizzera nell’Est.Da quando il Kirghistan – che hamolti punti comuni con laSvizzera – ha aderito al grupposvizzero con diritto di voto dellaBanca Mondiale, diverseorganizzazioni umanitarie hannocominciato a organizzareprogetti. Dalla proclamazione diindipendenza della Russia, ilgoverno liberale del Kirghistandeve affrontare molteplici nuoviproblemi. Sostenendol’agricoltura e la silvicoltura estanziando piccoli crediti, laSvizzera aiuta la fetta più povera

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della popolazione ad affrontare lenuove sfide poste dall’economiadi mercato. Anche la riforma e il decentramento della sanitàsaranno, nei prossimi anni, untema centrale della cooperazione(vedi anche la descrizione apagina 18).

Sogno e realtàL’importantissima comitivamonta la sua «jurte» in ognicapitale presente nel suoitinerario. La tenda rotonda, infeltro di crine di pecora, montatasu bastoni, è il vero simbolo dellacultura kirghisa. Essa incarna lanatura nomade dei Kirghisi, che

per secoli hanno vissuto sui«djeelo», i pascoli dellegigantesche montagne delKirghistan, dedicandosiall’allevamento di pecore ecavalli e occupandosi delcommercio creato dalla Via della Seta. Che alla fine del nostromillennio non sarebbe statopossibile viaggiare come ancoraalcuni secoli fa, la carovana lo hadefinitivamente constato inTurchia: i problemi finanziarihanno avuto il sopravvento e lacarovana si è dovuta metteresulla via del ritorno. Anche icontatti precedentemente

realizzati e le conoscenzemanageriali necessarie per larealizzazione di un progetto cosìambizioso si sono dimostratiinsufficienti. La DSC, percontro, non ha potuto accollarsil’intera responsabilità finanziariadel progetto. Un contributo perle spese del viaggio di ritorno ècommunque servito a mitigare ibisogni finanziari. Entrambe leparti hanno dovuto constatarecon rammarico che i rischi delprogetto erano maggiori delprevisto.

Scoprire il KirghistanSituato nei pressi della catenamontuosa del Tien-Shan, ilKirghistan, paese povero dimaterie prime, punta sul turismoda trekking. Per appassionati dimontagna e per gli amantidell’avventura, il Kirghistan e lasua popolazione offrono moltosotto ogni aspetto. La cooperazione tedesca eHelvetas aiutano a realizzare dellestrutture sociali, economiche edecologiche durevoli per un turismoalternativo. Si cercano investitorie naturalmente viaggiatori. Diverse agenzie locali offrono giàattualmente buoni servizi: da guide a traduttori e viaggiorganizzati. Informazioni dettagliatesi travano su Internet:http://ourworld.compuserve.com/homepages/travelsystem/kyrgyz.htmD

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L’arrivo in città: «jurte» a Bishkek per unacommemorazione funebre.

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furono organizzati dal Centrod’informazione e documentazioneginevrino sui popoli indigeni(doCip), la Fondazione burmeseper la pace e il Gruppo di lavoroTurismo & Sviluppo (AkT&E). Ildossier riporta le varie prese diposizione espresse dalle delegate edai delegati dei popoli indigeni ditutti i continenti. Ai contributidei workshop si aggiungononotizie sulle diverse esperienzefatte dai popoli indigeni nelcampo del turismo.Ottenibile presso: ArbeitskreisTourismus & Entwicklung,Missionsstrasse 21, 4003 Basilea,tel. 061 261 47 42

Il tassista, la giornalista e ilpresidente(bf) Il CD-ROM educativo-ricreativo «Isle of Right», puressendo imperniato sui dirittiumani, lo è in modo giocoso. È idoneo per adolescenti,genitori, famiglie e insegnanti.Esso fa vivere a livello epidermicoil contesto politico nel qualepossono prodursi azioni lesive deidiritti umani, fa scoprire leproprie possibilità ma anchesentire la propria impotenza,regala successi concreti epermette di conoscere le variesfumature di grigio che sifrappongono tra il bene e il male.L’esito dell’avvincente storia –che vede protagonisti il tassistaTom Driver, la giornalista NatalieSchreiber e il presidente Alposto– è aperto e, a dipendenzadell’andamento del gioco, sonopossibili diversi scenari.«Isle of Right» è ottenibile in tedesco,francese e inglese presso laFondazione Educazione e Sviluppo,Monbijoustrasse 31, 3001 Berna.tel. 031 382 80 80

Decentralizzazione(vuc) La decentralizzazione è un mezzo che può condurre auna migliore gestione degli affari pubblici. In determinatecondizioni consente di

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Microsistemi finanziari ediritti umaniIl corso postdiploma sui paesi invia di sviluppo (Nadel),organizzato dal Politecnicofederale (ETH) di Zurigo,propone nei prossimi mesi iseguenti moduli:12.4. - 16.4. La pianificazione a livello di progetto e di programmasettoriale e nazionale (t)26.4. - 30.4. I diritti umani nellacooperazione allo sviluppo,considerati dal punto di vistapolitico, culturale e operativo (t)17.5. - 21.5. Sviluppoorganizzativo nella cooperazioneallo sviluppo (t)25.5. - 28.5. Microsistemifinanziari nei paesi in via disviluppo (t)31.5. - 4.6. Sistemi di sussistenza rurali a confronto:gestione durevole delle risorse in India e in Svizzera (i)1.7. - 3.7. Seminario diconsolidamento per il corsopostdiploma di cooperazione allo sviluppo (t)5.7. - 9.7. Indagini orientate aiprogetti: strumenti e metodi perla prassi della cooperazione allosviluppo (t)I corsi si tengono in tedesco (t) einglese (i). Termine d’iscrizione:1 mese prima dell’inizio delrispettivo corso.Per informazioni e ladocumentazione d’iscrizione:Segretariato NADEL, ETH-Centro, 8092 Zurigo, tel. 01 632 42 40

Popoli indigeni e turismo(bf) In occasione del 50°anniversario della Dichiarazioneuniversale dei diritti dell’uomo ilGruppo di lavoro Turismo &Sviluppo presenta un nuovodossier dedicato al tema «Turismo– Diritti umani – Popoliindigeni”. Esso contiene i risultatidei workshop sul turismo tenutisilo scorso anno in margine allaseduta del Gruppo di lavoro per ipopoli indigeni dell’ONU. Essi

rispondere alle sfide con cui lesocietà si trovano confrontate,ma può anche essere fonte distagnazione o di illusorio ritornoal passato. Ma la decentralizza-zione non è una panaceauniversale. Il secondo numerodegli Scritti sullo sviluppo dellaDSC, pubblicato di recente, èdedicato a questa delicataproblematica. Intitolato«Decentralizzazione e sviluppo»,riunisce undici contributioriginali di esperti provenienti dal Sud, dall’Est e dal Nord.La pubblicazione è edita initaliano, francese, tedesco, inglesee spagnolo. La si può ordinaregratuitamente presso la Sezione media e comunicazione dellaDSC, 3003 Berna.

Nostalgia del paradiso(bf) «L’intero paese si eratrasformato da foresta vergine inparadiso e da paradiso in forestavergine, come lo avrei in seguitovisto ancora una volta in modoassai più crudele nella mia vita.»Il protagonista Triton, dopoessere stato per vent’anniorgoglioso titolare di un tempioper buongustai a Londra, rivivenel ricordo la gioventù trascorsanello Sri Lanka. «Un tempo eraun paradiso per sub, oggi è unaterra di contrabbandieri d’armiche riforniscono un’area dicombattimento cosparsa di

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vita intensa. La gioventù siincontra il sabato sera agghindatadi pantaloni scampanati ecamicie fiorate. Nei clubimprovvisati si balla il twist. La domenica i party a sorpresacontinuano in riva al fiumeNiger. Malick Sidibé segue comeunico fotografo gli avvenimentiin modo ravvicinato e più dacomplice che non da osserva-tore oggettivo. La sua documentazione relativa a quell’epoca è diventataaccessibile a un pubblico piùvasto solo qualche decennio piùtardi nell’ambito delle«Rencontres Photographiques de Bamako». Da pocoun’affascinante selezione puòessere ammirata anche in unvolume di pregevole fattura:«Malick Sidibé». Chi si lasciacontagiare dalla gioia di viveredei giovani maliani può ancheballare al ritmo di «Mali Twist» e di altri brani di successomaliani: il libro è accompagnatoda un CD con musiche diBoubacar Traoré.André Magnin: «Malick Sidibé»,edizioni Scalo, Zurigo, 1998

Le armi nel Sud(jls) Dalla fine della guerra freddala vendita di armi convenzionaliè diminuita. Per contro, ladomanda di armi leggere staaumentando soprattutto nel Sud,dove nella maggior parte deiconflitti si usano fucili,mitragliatrici e missili portatili.Tutte armi che mietono unacifra enorme di vittime tra lapopolazione civile.

La rivista trimestrale «CahiersAlternatives Sud» dedicaun’inchiesta all’armamento neipaesi del Sud. Essa rileval’importanza dell’armamento edel commercio di armi, edescrive le logiche che lireggono. Vari autori analizzanoalcuni casi concreti: la Cina,l’Africa australe, il Sud-Estasiatico, il cono meridionaledell’America latina.«Géopolitique militaire et commercedes armes dans le Sud», CahiersAlternatives Sud, vol. V (1998) 2.Centre Tricontinental de Louvain-La-Neuve (Belgio), edizioni L’Harmattan, Parigi.

Svizzera – Sudafrica nel cuore(gnt) Madamax è il nome cheporta un ormai vecchio progettodel famoso chitarrista svizzeroMax Lässer. Nel 1994 Lässeraveva esplorato l’Africa econosciuto Madala Kunene e la cantante Lulu Plaatjes. La complicità musicale che daallora lo lega a Madala hacomportato un intenso scambiodi registrazioni e una fortecollaborazione a distanza, connumerose composizioni firmateda entrambi i musicisti.Nell’autunno del ‘98 i duechitarristi sono finalmente riuscitia concretizzare la tanto agognatatournée svizzera, che ha riscossoun enorme successo. Madamax siè poi trasformato in un CD, nelquale – più tranquillamente chenegli straordinari concerti – gli artisti propongono uninconsueto e pacato dialogo fraNord e Sud. Max riesce adelevare i terreni ritmi sudafricanidi Madala, il canto di Lulu dàquel tocco emotivo, il tuttoavvolto da un moderno e sottilevelo creato dal tastierista svizzeroChristoph Stiefel. Si trattasenz’altro di un’opera originaletutta da scoprire!Madala Kunene & Max Lässer:Madamax (Impact, Melt 2000/Universal)

In generale«Un solo mondo» è unapubblicazione che si leggedavvero volentieri e chetrasmette in modo succinto ungran numero di informazioni.Finora i temi trattati si sonorivelati estremamenteinteressanti e sono il frutto diricerche approfondite. Anchel’impaginazione è moltogradevole. Il concetto globaledella rivista è un invito allalettura. Continuate su questastradaGabi Haussener, Strass

Buona linguaSono stato piacevolmenteattratto dalla vostra nuovarivista, sia nei contenuti, sianella grafica agile e moderna,ben illustrata. Mi ha partico-larmente rallegrato la scelta diprodurre la rivista anche inlingua italiana – anzi, in buonalingua italiana. Oltre chefelicitarmi con la redazionequindi per questo buon lavoro,vorrei permettermi di darequalche suggerimento.Sarebbe molto utile inserirerimandi bibliografici o aInternet quando si citanodocumenti ufficiali. Penso sia utile ricordarsi dellettore principiante, al qualepotrebbe interessare una«veduta da 10000 md’altezza». Per esempio figurediagrammatiche che presen-tino chi fa che cosa. Un po’per volta ciò permetterebbe dicostituire un «sapere», creareuna coscienza collettiva che, a mio modesto avviso, oggipare assente. La rubrica «servizio» è infinemolto utile. Permette dimantenersi aggiornati supubblicazioni e corsi diformazione. Dr. Ignazio Cassis, Paradiso

Mus

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arsenali e di ‘tigri’», rammental’autore. Romesh Gunesekera,classe 1953, che oggi vive aLondra, è cresciuto nello SriLanka e nelle Filippine. ‘Barrieradi coralli’ è il suo primoromanzo, indubbiamente riccodi tratti autobiografici. Losguardo rivolto al paradisodell’infanzia è spesso disperato,ma pieno di umorismo, profumi,aromi e piaceri dei sensi. Losguardo al passato diventa unromanzo della nostalgia provataper un mondo ideale.Romesh Gunesekera: «Barriera di coralli», Feltrinelli

Economia e genere(bf) Già per la quarta volta oltrecento partecipanti di 20 paesid’Europa, Asia, Africa e AmericaLatina sono convenuti l’annoscorso a Ginevra per un simposiosul ruolo della donna edell’uomo nel campo dellosviluppo. Il contributo dientrambi i generi si rivela semprepiù importante in vista di unosviluppo efficace e durevole. Ilventaglio delle relazioni spaziavada Mirta Kennedy del Centro distudi femminili in Honduras, alla sociologa Marthe DiarraDoka del Niger, a Nancy Folbre,docente di economia pressol’Università del Massachussets /USA, e a altre ancora. Tutte lerelazioni e i temi affrontati neidibattiti si trovano oracompiutamente riuniti in unlibro di grande interesse. I variinterventi sono riportati nellaversione originale francese,spagnola e inglese.«Economie et rapports sociaux entrehommes et femmes» /«Economicsand Gender» /«Economia y género»è ottenibile gratuitamente fino aesaurimento delle scorte presso:DSC, Segretariato del Serviziorisorse umane, Berna, tel. 031 322 36 23

I ruggenti anni Sessanta(lit) Bamako, capitale del Mali,conosce negli anni Sessanta una

Lettere allaredazione

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Un solo mondo n.1/ febbraio 1999

«Un solo mondo»

Tagliando di ordinazione e di cambiamento d’indirizzo

• Desidero abbonare «Un solo mondo». La rivista della DSC esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco,francese ed è gratuita. Desidero riceverne ... copia(e) in italiano, ... copia(e) in tedesco, ... copia(e) in francese.

• Desidero ricevere gratuitamente delle copie supplementari del numero 1/1999 di «Un solo mondo»:... copia(e) in italiano, ... copia(e) in tedesco, ... copia(e) in francese.

• Ecco il mio nuovo indirizzo:

Cognome e nome:(p.f. in stampatello maiuscolo)

Ev. nome dell’istituzione o organizzazione:

Via e numero:

N. d’avviamento postale, località:

In caso di cambiamento di indirizzo, vogliate p.f. allegare l’etichetta di spedizione con il vecchio indirizzo.

Spedire il tagliando a: DSC/DFAE, Sezione media e comunicazione, 3003 Berna.

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Impressum«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano,tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) delDipartimento federale degli affari esteri (DFAE)

Comitato di redazione:Marco Cameroni (responsabile) Catherine Vuffray (vuc)Sarah Grosjean (gjs) Andreas Stuber (sbs) Maya Krell (km) Reinhard Voegele (vor) Stefan Kaspar (kst) Marco Rossi (rm) Beat Felber (bf)

Collaborazione redazionale:Beat Felber (bf – Produzione) Marco Gehring (mg)Maria Roselli (mr)Gabriela Neuhaus (gn) Jane-Lise Schneeberger (jls)

Progetto grafico:Laurent Cocchi, Losanna

Litografia: City Comp SA, Morges

Stampa: Vogt-Schild / Habegger AG, Solothurn

Riproduzione:La riproduzione parziale o integrale dei testi èconsentita purché si menzioni la fonte. Si sollecital’invio di un esemplare all’editore.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente presso: DSC,Sezione media e comunicazione, 3003 Berna, Tel. 031 322 34 40. Fax 031 324 13 48E-mail: [email protected]

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Copertina: Laurent Cocchi

Internet: www.sdc-gov.ch

Svizzera oltre, la rivista delDipartimento federale degli affariesteri (DFAE), presenta temiattuali della politica esterasvizzera. Esce cinque volteall'anno in italiano, tedesco e

francese. Ci si può abbonaregratuitamente rivolgendosi a«Svizzera oltre», c/o Schaer Thun AG, Industriestrasse 12, 3661 Uetendorf.

delle giornate del cinema Nord/Sud.Per tre sere verranno presentatenuove pellicole sui temi migrazione, asilo, pregiudizi, lavoro minorile, solidarietà e storie di vita girate negli ultimi anni comeausilio didattico per scuole eparrocchie.La manifestazione si rivolge in primoluogo a formatori e insegnanti, machiunque sia interessato alle varietematiche è naturalmente ilbenvenuto.11/18/25 marzo a Lucerna(Romerohaus)15/22/29 marzo a Berna (Schulwarte)16/23/30 marzo a Basilea (Museumder Kulturen) 17/24/31 marzo a Zurigo(Völkerkundemuseum)Ulteriori informazioni e programmadettagliato possono essere richiesti a«Servizio film per un solo mondo», tel. 031 398 20 88

Festival dell’amiciziaAppassionanti melodie e ritmicoinvolgenti per un mondo senzarazzismo: a Friborgo va in scena«Mitenand Festival des potes»(«Insieme»). Organizzata nell’ambitodella giornata internazionaledell’ONU contro il razzismo (21 marzo 1999), la manifestazione,giunta ormai alla sua nona edizione,permette ad artisti e band conosciuti

e non di divulgare il loro messaggiomusicale di lotta contro il razzismo.30 aprile e 1o maggio, Friborgo, Salles des Fêtes de St. Leonard

Artisti del Sud in SvizzeraPer la prima volta artisti del Sudresidenti nel nostro paese espongonosotto lo stesso tetto. La mostracollettiva propone un’appassionantepanoramica e una visione particolareanche della Svizzera, dato che laquotidianità degli artisti si rispecchianelle opere esposte. La collettivapropone dipinti, sculture, installazionivideo e fotografie di artiste ed artistinoti e meno noti provenienti daAfrica, Asia e America latina.Dal 10 al 18 aprile 1999 allaKunsthalle di Berna

Il CICR ospite speciale alSalone del libro di GinevraEdizione dopo edizione il salone dellibro di Ginevra fa sempre più parlaredi sé anche oltre i limiti della suaregione linguistica. È ormai incostante aumento il numero degli

editori svizzeri-tedeschi chepresentano regolarmente i loro libriin occasione della maggiore fiera dellibro della Svizzera romanda.Oltre a Spagna e canton Argovia,quest’anno anche il Comitatointernazionale della Croce Rossa(CICR) è ospite speciale dellarassegna.14-18 aprile 1999, Palexpo di Ginevra

«Rencontres Médias Nord-Sud»Quest’anno «Rencontres MédiasNord-Sud» si ripropone con il motto«Himalaya – Terres, peuples etcultures». In occasione di questamanifestazione, sostenuta dalla DSC,enti televisivi provenienti da tutto ilmondo presenteranno pellicoleincentrate su temi inerenti allosviluppo politico e si contenderannol’ambito premio internazionale per laTV. Ad autori e realizzatori del Sudle molteplici occasioni di incontrooffriranno l’opportunità di entrare inaffari con acquirenti del Nord.Dal 3 al 7 maggio a Ginevra

AgendaSessione annuale ASCIn occasione della sua sessioneannuale, il Corpo svizzero di aiuto incaso di catastrofe (ASC) informa sulleultime novità, fra cui il nuovoconcetto d’intervento. La riunioneinterna è aperta a membri e amici del Corpo.5 marzo, Kursaal di Berna, ore 14.30

Friborgo apre le porte alKazakistan Siamo ormai alla tredicesimaedizione del Festival internazionaledel film di Friborgo, che mettel’accento su pellicole provenienti dapaesi del Sud. Quest’anno lamanifestazione si avvarrà dellapresenza del Kazakistan, con unarassegna speciale di pellicole giratenegli anni ‘90. In questa occasioneverrà festeggiato il decimoanniversario del distributorecinematografico Trigon. Da anniormai sia il festival che la Trigonbeneficiano del sostegno della DSC.Come consuetudine, al termine dellamanifestazione venti città svizzereproporranno una selezione di ottopellicole.Friborgo, dal 7 al 14 marzo

Giornate del cinemaNord/SudQuest’anno anche Lucerna e Basileaospiteranno l’undicesima edizione