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Periodico trimestrale delle Suore Francescane di Cristo Re - N. 2-2020 / Aprile - Giugno Anno LIV Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46), art. 1, comma 2, DR Venezia Un Seme per il Regno Un Seme per il Regno

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Periodico trimestrale delle Suore Francescane di Cristo Re - N. 2-2020 / Aprile - Giugno Anno LIVPoste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46), art. 1, comma 2, DR Venezia

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Un Seme per il RegnoPeriodico trimestrale delle Suore Francescane di Cristo Re

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DIREZIONE E REDAZIONE : Istituto delle Suore Francescane di Cristo Re Castello 2758 - 30122 VENEZIA - c/c n. 19250307

DIRETTORE RESPONSABILE : G. Rosara

Autorizzazione del Tribunale di Venezia n. 396 del 5-4-1966Impaginazione e stampa: Grafiche Pietrobon srl - Castello 6472 - VENEZIA

In questo numero

Segni di Cristo 2Respirare il profumo di Dio

Santa Chiara 4La santità feriale di S. Chiara

Suor Serafina 8I santi sono con noi!

La nostra Casa Comune 10Possiamo cambiare...

Un messaggio 12Non lasciamoci rubare... la speranza!

Dio in mezzo a noi 1425 anni di AlbaniaGrazie, popolo albaneseDove tu mi vuoi ... io andrò ...Noi, francescane di Cristo Re, albanesiDove abita Gesù, oggi?Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre maniDiscepola di Gesù, oggi

Ricordiamo 28Laudato sii, mi’ Signore per suor Maria Fabia

Continuiamo nel cammino che ci siamo pro-poste all’inizio di quest’anno: guardarci attor-no, nelle varie aree geografiche dove siamo presenti, per vedere dove Dio abita, oggi.

Un cammino che la pandemia non ha ferma-to, ma anzi ha motivato ancora di più. Oggi più che mai abbiamo bisogno di sentire che Dio è nostro compagno di viaggio, condivide le nostre ansie e paure, ci infonde coraggio e ci spinge alla speranza.

Distanti ma vicini, lontani ma connessi: questo gioco di opposti ci aiuta a cogliere il lato positi-vo di quanto sta accadendo. Qualcosa di buo-no c’è sempre in quello che ci succede: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio e sono da Lui amati” (Rm 8,28). Questa è la certezza che dà senso ai nostri giorni. Non è facile, ma una volta capito, ci rende felici.

Allora, nonostante il virus o meglio per vincere questo virus, noi ci mettiamo anche la nostra voglia di osservare la realtà per evidenziare il bello della vita.

La teologa Giuliva Di Berardino ci aiuta a co-gliere come intorno a noi sia abbondante il pro-fumo di sé che Dio ha effuso perché lo possia-mo percepire, respirare come vicinanza, prossi-mità, certezza in tempo di tante incertezze.

Santa Chiara ci mostra come rendere signifi-cativa la nostra quotidianità trovando e valoriz-zando i gesti più comuni che ci aiutano a met-terci in relazione con chi ci sta vicino. Rispetto, tenerezza, prendersi cura e valorizzare l’altro… rendono le nostre giornate migliori.

Era così che viveva suor Serafina, trasmetten-do a chi le stava vicino il suo grande impegno nel vivere la santità dei figli di Dio. Amava le

cose semplici, gustava la vita, piena di stupore perché sapeva scorgere Dio ovunque. L’amore per la vita è testimoniato da quanto ci ha raccontato una mamma, che ora attraverso il suo bambino ogni giorno ringrazia Dio e suor Serafina per la grazia ricevuta.

In tempo di pandemia, è diventato più chiaro quanto sia necessario prenderci cura della nostra casa comune. Finora abbiamo fatto poco o niente, ma possiamo sempre cambiare e migliorare. Per tutti e specialmente per oggi un messag-gio da papa Francesco: con la speranza pos-siamo credere che il meglio deve ancora venire.

“Come vivere da discepoli di Gesù risorto in un mondo con realtà tanto contrastanti?” Lasciamo che i nostri passi si incrocino con quelli di Gesù nell’ospitalità, nella misericor-dia, nella pace.Dio abita i nostri cammini. Lui è al tempo stesso il passo e l’orizzonte. È là ed è accanto a noi. Si fa compagno e ci precede. Abita il cielo e fa diventare sacra la terra. Il cammino lo facciamo con Lui e in Lui.

Questo è il messaggio che le nostre sorelle ci trasmettono dalla terra d’Albania e ci inco-raggiano a mettere in atto. Chi ha superato tempi difficili e sta guardando a un futuro migliore, costruendolo giorno dopo giorno con pazienza, aiuto, attenzione, … sa che la vera speranza del domani è Dio nella nostra vita.

Ricordiamo con affetto la sorella suor Maria Fabia. È stata per noi e con noi un segno chiaro della vicinanza di Dio. Ci ha lasciato come preziosa eredità la sua vita francescana ‘serena’, la sua capacità di ringraziare sempre e per tutto il Signore della vita.

Un’attenzionesempre presente

AI LETTORIA cura della Redazione AI LETTORIA cura della Redazione

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 32 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Siamo in un tempo di pandemia, un tempo in cui domina la paura e l’incertezza, immobilizza-ti dal timore di un virus che ci toglie il respiro e ci paralizza. Eppure abbiamo imparato a ricava-re del positivo anche in questa situazione, una situazione unica nella storia, inedita e impreve-dibile. Abbiamo imparato a vedere con occhi buoni il presente, abbiamo imparato a conside-rare gli altri, a stare loro vicino. Fosse anche so-lo con la preghiera o col pensiero, ci siamo tutti fatti vicino a chi soffre, a chi si è tanto donato per i malati, a chi ha subito dei lutti. Ora però, nonostante la situazione sia mi-gliorata, la pandemia ancora non è finita.

C’è ancora qualcosa che possiamo impa-rare in questo tempo, non tanto aprire gli occhi al presente, ma percepire il futuro, imparare ad accogliere il nuovo mondo, la nuova umanità che ci attende e che non conosciamo. Anche questo può farci paura, forse anche più del contagio di questo virus, perché tutti avvertiamo che non sarà tuttocome prima, ma sarà tutto nuovo. L’unica via per accogliere ciò che non si conosce è aprirsi allo Spirito, accedere a un grado di profondità ulteriore. È lo Spirito che farà percepire in noi quello che ci attende, dal di dentro. Perciò, quello di cui abbiamo davvero bisogno, è respirare, ossigenare il nostro corpo, la nostra vita, la nostra ani-ma, liberandoci dall’aria viziata, che è en-trata in noi. Abbiamo bisogno di depurarela nostra vita dalle scorie che si sono accu-mulate in questo tempo di paura e di ten-sione. Abbiamo bisogno di respirare, per essere purificati e rigenerati totalmente. Nella Bibbia il respiro umano è la neshamàh ma spesso appare insieme alla ,(הָמָׁשְנ)

parola rùakh (חור), che significa “vento, soffio, aria, respiro, forza vitale che Dio “for-ma” all’interno dell’essere umano”. Rùakh, parola femminile in ebraico, è il termi-ne più utilizzato per indicare il respiro, ma è anche il soffio di Dio che produce le capacità artistiche nell’uomo oppure governa le forze della natura. La rùakh, quindi, è la forza crea-trice di Dio presente in ogni realtà vivente, ma che, nell’essere umano, viene armonizzata e interiorizzata fino a diventare qualità di pre-senza, qualità di azione. Così, le parole nèfesh e rùakh, utilizzate in correlazione, possono anche descrivere gli stati d’animo dell’uomo che influenzano le azioni. Nel Libro dei prover-bi, per esempio, è scritto: “Chi è lento all’ira è abbondante in discernimento, ma chi è impa-ziente esalta la stoltezza” (Pr 14, 29). Qui l’ag-

gettivo “impaziente” traduce l’ebraico ־רַצְק-che letteralmente vuol di ,(qtzàr-rùakh)ַ חּורre “corto di spirito”, la persona con il respiro corto, agitata. Ecco perché abbiamo bisogno di respirare, per far entrare in noi, nei nostri modi di essere e di agire, Dio stesso. Abbia-mo bisogno non solo che Lui ci metta in movi-mento, ma che ci faccia entrare in una relazio-ne dinamica dell’esistenza che sia in armonia con Dio e col cosmo. Abbiamo bisogno che Dio ci spinga alla novità, con la dolcezza dello Spirito, del Suo respiro in noi.

Solo il respiro di Dio in noi apre la profondità dei nostri sensi: apre le orecchie del cuore, permettendoci di ascoltare la musica profonda che armonizza il cosmo, il ritmo della vita che ci pulsa dentro. Il respiro di Dio in noi rigene-

ra anche il senso del tatto, facendoci percepire la brezza leggera che ci circonda e mettendoci in armonia col creato. La rùakh di Dio, inoltre, rigenera in noi il senso del gusto, facendoci sentire la dolcezza che si fa vita in noi. Respi-rare Dio è, quindi, anche rigenerare in noi l’ol-fatto, perché solo in questo respiro accoglia-mo il profumo del Nome, come è scritto nel Cantico dei Cantici 1,3: “Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profu-mi, profumo olezzante è il tuo nome”, dove in ebraico, “nome”, shem, suona come la paro-la “profumo”, shemen. Il nome, per la cultu-ra biblica, è la persona stessa, la sua presenza, la sua realtà profonda, perciò in questo ver-setto biblico, la donna dice al suo amato: sei tu il profumo più affascinante, la tua presenza stessa è profumo per me.

Ma nella Bibbia e in tutta la cultura ebrai-ca il Nome è Dio stesso, perciò il profumo ricorda qualcosa di Dio, la Sua bellezza, la Sua bontà. Abbiamo bisogno, quindi, di respirare Dio attraverso il Suo profumo, perché si apra-no gli occhi del nostro cuore e perché la Sua fragranza ci catapulti nel ricordo di un evento, quello in cui la presenza di Colui che ci ha amato fino al dono totale di sé, ci ha permesso di accogliere in noi una nuova possibilità di esistenza. Respirare il profu-mo di Dio è, perciò, ricordare, che etimo-logicamente significa tornare al cuore.

Ci farà bene allora lasciar tornare dal pro-fondo del cuore l’evento che ci ha cam-biato la vita, la persona che ci ha amato, l’incontro che ci ha portato a Gesù. Gio-vanni Climaco insegnava: “Bisogna che il ricordo di Gesù si unisca intimamente al tuo respiro, e conoscerai il segreto della pace interiore”. Nel respirare il profumo di Dio, dunque, troveremo la pace e la gioia, quella che nessuno ci potrà toglie-re. Lo crediamo: in questa pace, in questa gioia, impressa nel passato a cui torna la memoria, risvegliata dal profumo del No-me, in questa pace è, già da ora, per noi e per tutti, il futuro che ci attende.

Tutti speriamo passi presto questo tempo di prova e possiamo tornare a ‘respirare’ un’aria diversa, pura, sana. Abbiamo bisogno di certez-za, di sentirci protetti, al sicuro. Dio lo sa e per questo ha profuso il suo profumo in abbondan-za attorno a noi per riempirci di Lui.

Respirare il profumo di DioRespirare il profumo di Dio

LO STILE DI GESùSEGNI DI CRISTO

Giuliva Di Bernardino,teologa

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Tante volte in questo tempo di pandemia abbia-mo avuto occasione di capire quanto sia difficile vivere la quotidianità con serenità.Stare gomito a gomito tanto tempo, ci ha fatto verificare che o ci si comprende e ci si aiuta o la vita diventa davvero difficile.

I nostri santi non sono diversi da noi, hanno fat-to fatica e hanno trovato la strada giusta.Santa Chiara può suggerirci come fare, quale strategie usare per rendere la quotidianità pie-na di senso.

2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 54 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Il 19 marzo 2018, solennità di S. Giuseppe, il Santo Padre Francesco, nel sesto anno del suo pontificato, ci ha donato una nuova perla che si aggiunge al suo Magistero: “Gaudete et exsul-tate (= GE)”. Essa, come è detto esplicitamente nel sottotitolo, ha come argomento la “chiama-ta alla santità nel mondo contemporaneo”.

L’Esortazione non vuole essere un trattato sul-la santità, con tante definizioni e distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema. L’umile obiettivo del Papa è quello, e lo dice al n. 2 della GE, di “far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità”. E in questo senso “spera che queste pagine siano utili perché tut-ta la Chiesa si dedichi a promuovere il desiderio della santità” (GE n. 177).

Guardando alla vita della nostra madre S. Chia-ra, alla sua vita “mirabile”, ciò che colpisce è l’incontrarla nelle occupazioni quotidiane, sen-tirla accanto nello scorrere dei giorni. La sua santità passa attraverso il fare semplice del quotidiano. Anche di Chiara possiamo dire che è una santa della “porta accanto”.

La vediamo mentre lava le “comode” delle so-relle ammalate. La vediamo alzarsi la notte per andare a coprire le sue sorelle. La vediamo nella vita ordinaria vivere la vita fraterna inserita nel mistero di Dio. Perché è Dio stesso la sorgente della vita e della comunione. “Non ricusò nessu-na incombenza delle serve, al punto che versa-va l’acqua sulle mani delle sorelle, assisteva quelle costrette a stare sedute e le serviva a tavola mentre mangiavano. Malvolentieri dava qualche comando, anzi li adempiva spontanea-mente, preferendo fare le cose lei stessa piutto-sto che ordinarle alle sorelle” (FF 3180).

Insieme alle sorelle, Chiara a S. Damiano de-sidera vivere fraternamente, stare davanti a Dio in preghiera e diventare sorella povera (cfr. GE 6-11).

Insieme, Chiara e le sorelle sono responsabili le une delle altre del cammino di santità intra-preso. L’organizzazione della vita quotidiana traduce questo loro desiderio; la Regola della comunità lo favorisce.

Chiara a S. Damiano vive con le sorelle una co-munione semplice, intrisa dell’amore che animava Gesù stesso. Un amore che si esprime attraverso gesti concreti ma anche con gesti di tenero amore.

Nella GE al n. 6 il Papa ci dice: “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fede-le di Dio, perché «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo conoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità»”.

È nella fraternità, nel “piccolo gregge” di S. Damiano che Chiara esprime gesti di santità, parla e si comporta con parole di santità, di amore verso il Signore.

Le sorelle vivono insieme, affinché “la carità, l’umiltà e l’unità che hanno tra loro cambi in dolcezza tutto ciò che è penoso e amaro”.

Continua il Papa ai nn. 19 e 20 della GE: “Per un cristiano non è possibile pensare alla propria mis-sione sulla terra senza concepirla come un cammi-no di santità, perché «questa infatti è la volontà di Dio, la vostra santificazione». Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare in un momento determinato della storia un aspetto del Vangelo. Tale missione trova pienez-za di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unio-ne con Lui i misteri della sua vita”.

Chiara a S. Damiano esorta le sorelle ad “amarsi reciprocamente nella carità di Cristo, e a dimostrare l’amore che è nel cuore al di fuori con le opere, affinché le sorelle, provocate da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità” che è santità.

La santità feriale di S. ChiaraLa santità feriale di S. ChiaraLO STILE DI GESùSANTA

CHIARADa Blog Santa Chiara in

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 76 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Questa esortazione della madre Chiara ci in-vita a dare forma a fatti, gesti, silenzio, parole, all’amore deposto nei nostri cuori.

L’amore, gli esempi di santità quotidiana, fe-riale, sembrano avere fretta di espandersi per dire la grandezza dell’amore di Dio.

Rispetto, discrezione, premura e tenerezza manifestano nel corso della gior-nata, di giorno e di notte, la sol-lecitudine di Chiara per ognuna delle sue sorelle.

Il suo biografo dice che “la Santa non limitava il suo affetto all’ani-ma delle sorelle, ma si applicava anche con meravigliosa carità a curare i loro corpi”.

Quelle sorelle che testimoniano a questo proposito dopo la morte di Chiara ne ricordano gesti semplici che manifestano l’atten-zione discreta, la cura premuro-sa, l’umile servizio (cfr. FF 2925).

Nella Regola viene riassunto quanto detto: “L’una manifesti all’altra le sue necessità. E se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta mag-giore cura deve una sorella ama-re e nutrire la sua sorella spiri-tuale” (FF 2798).

Chiara è la madre che nutre, è sorella che ama. Non basta condividere il pane, versare l’ac-qua, alleviare il dolore e lavare i piedi. Occorre anche dare al cuo-re il suo nutrimento indispensabile e prezioso, capace di rivelare il valore unico di ogni volto.

“Essa stessa lavava i sedili delle inferme con quel suo nobile spirito, senza schifare la sporci-zia né inorridire per il cattivo odore. Quando le sorelle serventi ritornavano da fuori, spesso la-vava loro i piedi e, dopo averli lavati li baciava”.

“Ogni santo – ci ha ricordato il Papa nella GE al n. 19 – è una missione, è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento della storia, un aspetto del Vangelo”.

E, lavare i piedi e baciarli è puro Vangelo! Gesù nell’Ultima Cena, ci racconta S. Giovanni, “si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciu-gamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò

dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.” (Gv 13,4-6).

E ancora ci raccontano le Fonti: “C’era una volta in mo-nastero un solo pane, mentre si avvicinava l’ora della fame e del pranzo. Chiamata quella che do-veva servire, la santa le comanda di dividere il pane in due parti: una da mandare ai frati e l’altra da conservare dentro per le so-relle. Della metà che era stata conservata ordina che se ne fac-ciano cinquanta fette, secondo il numero delle “signore” e che vengano loro servite alla mensa della povertà. Al che la figlia de-vota rispondeva: «Qui sarebbero necessari gli antichi miracoli di Cristo per far sì che si riesca a fare cinquanta parti di un pezzo di pane tanto piccolo». Ma la madre rispose dicendo: «Figlia, fa’ con fiducia quel che ti dico». Si affretta la figlia a eseguire i comandi della madre, mentre la madre rivolge più sospiri al suo Cristo per le figlie. Per intervento divino quella piccola quantità

crebbe tra le mani di quella che la divideva, cosicché ciascuna nella comunità ricevette una porzione abbondante” (FF 189).

Sempre S. Giovanni ci racconta che “Gesù passò all’altra riva e lo seguiva una grande folla. Sono affamati ma non c’è niente da dare loro da mangiare. «C’è un ragazzo che ha cinque

pani e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Si misero a sedere, Gesù prese il pane e dopo aver reso grazie li diede a quelli che erano seduti. Quando furono saziati, raccolsero i pezzi avanzati e riempirono dodici canestri.” (cfr. Gv 6,1-13). Chiara come Gesù si affida al Padre, anche lei nella preghiera rende grazie, si abbandona fiduciosa al suo amore provvidente. E il Padre non delude la sua preghiera, ma l’a-scolta e l’esaudisce.

Chiara a S. Damiano consola le afflitte, è l’ultimo rifugio di quelle che sono nella prova. E le sorelle diranno: “Madonna Chiara prende-va parte alle pene delle sorelle”. È lei che invi-ta le sorelle a un amore di reciprocità, al servi-zio della vita, in un clima di fiduciosa apertura all’altra. Affidate le une alle altre, le sorelle possono “camminare sulla via della beatitudine”.

Come si fa allora per arrivare a essere un buon cristiano?

Al n. 63 della GE papa Francesco ci addita le beatitudini (cfr. Mt 5,3-12; Lc 6,20-23): “Esse sono come la carta d’identità del cristiano. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita”. E al n. 64: “La parola “felice” o “beato” diventa sinonimo di “santo”, perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua parola raggiunge, nel dono di sé, la vera beatitudine”. Come ci ricorda Chiara nel Testa-mento: “Perciò, se avremo vissuto la suddetta forma, lasceremo agli altri un nobile esempio e con una fatica di brevissima durata ci guada-gneremo il premio della beatitudine eterna” (FF 2830).

Chiediamo come ci augura il Papa al n. 177 della GE: “che lo Spirito Santo infonda in noi un intenso desiderio di essere santi e incoraggia-moci a vicenda in questo proposito. Così condi-videremo una felicità che il mondo non ci potrà togliere”. Così sia per tutti noi.

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 98 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

«Sono Jenny Galletta, mamma di un meravi-glioso bambino di cinque anni di nome Seba-stian, che frequenta la scuola dell’infanzia Cri-sto Re a Venezia.

La fede e la gioia di diventare mamma mi ha dato la forza per affrontare ciò che mi è succes-so in gravidanza.

Alla ventitreesima settimana di gestazione ho contratto il virus dell’influenza suina, che in-taccò i miei bronchi impedendomi di respirare. I medici dovettero indurmi in coma farmaco-logico per 12 giorni, sperando di poter salva-re la mia vita e quella del bimbo che portavo in grembo. Furono giorni molto lunghi e tristi per tutti i miei familiari. Di colpo la gioia di allarga-re la famiglia si trasformò in paura di perderne una parte, soprattutto alla notizia che, esatta-mente nello stesso periodo, un’altra gestante morì a causa del medesimo virus a Napoli. Io, ovviamente, non mi rendevo conto di quello che mi stava succedendo attorno. Tutto quello che ricordo sono frammenti di vita, spezzoni di un film, come il sentiero luminoso di montagna ricco di felci, di alberi verdi e rigogliosi che mi sembrava di percorrere.

Io stavo bene, mi sentivo serena, ricordo la vo-ce di un uomo che recitava l’Ave Maria. Seppi poi che era mio padre. I miei famigliari non abbandonarono mai il mio letto d’ospedale in quei giorni.

Mi raccontarono che il mio piccolo amore stava

combattendo con tutte le sue piccole, grandi forze per poter nascere, tant’è che la mia pan-cia non smetteva mai di muoversi.

Mi dissero che ci furono un paio di notti criti-che: penso siano stati i momenti in cui sentii un freddo pungente. Tranne questo, ricordo bene una sensazione di serenità e calore: sembrava che qualcosa di caldo mi accarezzasse di conti-nuo la pancia.

Al mio risveglio, la voce rassicurante di un me-dico mi diceva: “Stia tranquilla, tutto è anda-to bene”. Accanto a lui, io vedevo una suorina che mi sorrideva e mi accarezzava. Trovai tutti i miei cari vicino a me. Non riuscivo nemmeno ad accarezzarmi la pancia e rassicurare in qual-che modo il mio piccolo Sebastian. Ma non ce n’era bisogno, lui era lì, vispo come sempre! Lo sentivo!

Rimasi in ospedale altri due mesi per la mia riabilitazione e per monitorare il mio bambino.

La preoccupazione dei medici, ora, era rivol-ta verso di lui. Sebastian, fortunatamente, non ha riportato alcuna conseguenza, e oggi è un bambino meraviglioso, affettuoso, dolce.

Abbiamo deciso di iscriverlo in questo istituto, il Cristo Re, memori di esperienze di altri geni-tori che si sono trovati benissimo. Un episodio, però, mi ha fatto pensare che forse la nostra scelta sia stata in qualche modo guidata dal-la stessa mano che aveva protetto il mio bimbo durante la malattia.

Un giorno le maestre portarono i bambini nel-la stanza di suor Serafina, una suora morta in concetto di santità che le suore invocano tanto e alla cui protezione affidano i bambini. Duran-te la visita, mentre tutti gli altri bambini se ne stavano tranquilli in ascolto delle maestre, Se-bastian si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto di suor Serafina, tranquillo e sereno.

Quel giorno, quando mio padre e io andammo a prenderlo a scuola, suor Leontina, la coordi-

Suor Serafina ha sempre amato i bambini, de-dicando loro cure e attenzioni speciali. Forse perché aveva perso otto fratellini e visto la mamma soffrire… Sappiamo che è particolar-mente vicina alle mamme in attesa e le sostie-ne fino alla nascita di una nuova vita. Anche se non la si conosce, lei si fa vicina. Ecco una bella testimonianza ricevuta.

natrice, ci raccontò il divertente episodio e ci diede il santino di suor Serafina come ricordo.Mio padre guardò la foto di suor Serafina e sbiancò. Ci disse che era la stessa suora che tanto li aveva confortati in chiesa durante i giorni bui. Ma questo lo lascio raccontare a lui».

«Mi chiamo Valter Galletta, sono il padre di Jenny e, come riportato da mia figlia, il periodo di gestazione dal quinto mese in poi, è stato il momento più brutto della nostra vita. Ogni giorno mia moglie e io eravamo al capezzale di nostra figlia, in attesa di una qualche notizia rincuorante, che non veniva mai. L’unica cosa che ci restava era la fede, così ogni giorno ci recavamo nella chiesetta dell’ospedale di Padova.

Una mattina, mentre camminavo nel corridoio della chiesetta, presi d’istinto da uno stand un santino e lo guardai con stupore perché non era la solita icona della Madonna o di Gesù, ma l’immagine dolce di una suora. Non sapevo chi fosse, ma la pregai con tutto il cuore affinché vegliasse su mia figlia e sul mio piccolo nipote. Poi mi recai all’altare della Madonna e, piangendo, le chiesi di aiutarci perché stavamo perdendo le cose più belle che avevamo al mondo. Quando ritornammo in reparto, ci dissero che mia figlia si era svegliata e stava lentamente migliorando. La sua pancia continuava a muoversi perciò anche il piccolo stava bene! Io e mia

moglie abbiamo subito ringraziato sia la Madonna-che la dolce suora: ci avevano ascoltato e aiutato!

Ho voluto scrivere queste righe perché, a distan-za di cinque anni, quando mia figlia mi ha fatto vedere il santino di suor Serafina, mi è venuta la pelle d’oca: era la stessa suora che io e mia mo-glie abbiamo tanto pregato in quella chiesetta a Padova. Ora, che sia un caso oppure un miraco-lo lascio trarre le conclusioni agli altri. Per me e mia moglie quella suora rimarrà sempre nei no-stri cuori: è stata la nostra Santa protettrice».

I santiI santisono con noi!sono con noi!

Venezia, 23 ottobre 2019

LO STILE DI GESùSUORSERAFINA

Jenny e Valter GallettaVenezia

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 1110 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Manifestazioni oceaniche in tutto il mondo per il clima: milioni di persone hanno sfilato da New York a Londra per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Soprattutto i giovani sono scesi in campo per supportare questa battaglia. Ben vengano ini-ziative su scala globale di questo genere, ma si può agire concretamente e nella direzione giusta già facendo le cose giuste nella pro-pria quotidianità. E l’enciclica di Papa Fran-cesco, Laudato Sii, offre dei suggerimenti effi-caci e pratici. Eccone sette.

1) Differenziata e cultura dello scarto

Differenziare umido, carta e cartone, plastica, alluminio, vetro, metalli ferrosi, significa prima di tutto diminuire l’estrazione delle corrispon-denti materie prime e dei processi produttivi collegati: ciò che una volta si considerava scarto, insomma, oggi può diventare “ma-teria prima seconda”.

2) Gli allevamenti e la cura degli essere viventi

Trattare con cura gli altri esseri viventi, si legge nella Laudato sii. Gli allevamenti intensivi, fab-briche di carne dove gli animali sono tenuti in condizioni innaturali, sottoposti a privazioni e sofferenze, sono tra le attività che più contri-buiscono al degrado del pianeta. Secondo la Fao l’impatto di queste strutture è insoste-nibile: sono responsabili del 14,5% della produzione globale di gas serra (Ghg).

3) I consumi dei condizionatori

Un passaggio della Laudato sii, paragrafo 55,

cita il crescente uso dei condizionatori d’aria come esempio di «abitudini nocive di consu-mo». Più che una condanna dell’oggetto è un esempio di come, nella ricerca di un «profitto immediato», i mercati stimolano la domanda di oggetti il cui abuso può far danni. Nel caso dei condizionatori le controindicazioni non so-no poche. Un piccolo impianto produce il 40% delle emissioni domestiche di CO di un’abita-zione in cui vive una sola persona. Anche con-siderando i modelli a basso consumo (a pompa di calore, con inverter) l’energia necessaria per abbassare la temperatura di un grado è fino a 4 volte superiore a quella che serve per alzarla di un grado.

4) Spegnere le luci

Quante luci utilizziamo quando siamo a casa? È una delle domande che papa Francesco invita a porsi. Il tema è quello del risparmio energetico. Utilizzare solo la luce di cui abbi-amo bisogno, e non sprecarla, significa infatti dover produrre meno energia, impiegare meno risorse energetiche e, siccome il mix energetico mondiale vede ancora una larga prevalenza del-le fonti fossili, produrre meno emissioni di CO . Non si tratta solo di spegnere lampade e lam-padari quando si esce, ma di prendere quei piccoli accorgimenti che possono fare grandi differenze: l’utilizzo di lampadine a Led, che abbattono fino al 90% il consumo di energia.

5) Usare meno acqua

L’acqua, ha sottolineato il Papa nell’enciclica, è un bene prezioso ma limitato e sempre più persone rischiano di non averne a sufficien-za. Negli ultimi decenni i consumi mondia-li di acqua sono aumentati di quasi dieci

volte: il 70% è impiegata per l’uso agricolo, il 20% per l’industria, il 10% per usi domestici. Nei Paesi occidentali una persona utilizza 162 litri al giorno, di cui 80 per l’igiene personale e 24 per la nutrizione, quando secondo diversi studi ne basterebbero 50.

6) Carta e foreste

Risparmiare sulla carta è un piccolo gesto che può produrre enormi benefici.Per ottenere una tonnellata di carta nuova servono infatti 15 al-beri, 440mila litri d’acqua e 7.600 Kwh di ener-gia elettrica. Un processo che comporta in-nanzitutto il disboscamento delle grandi foreste e quindi l’aumento delle emissioni inquinanti che queste sono capaci di as-sorbire. La produzione di carta riciclata invece,

oltre a risparmiare la vita agli alberi, richiede il 60% in meno di energia e l’80% in meno d’ac-qua rispetto alla carta vergine, e genera il 95% in meno di inquinamento atmosferico.

7) Troppo cibo perduto

Cucinare solo quanto ragionevolmente si po-trà mangiare, come suggerisce Francesco, non è solo un modo per rispettare chi ha me-no, ma per creare le condizioni perché gli alimenti possano entrare in un circolo di ridistribuzione. Ogni anno 1,3 miliardi di ton-nellate di alimenti, un terzo del cibo prodotto, va perduto o sprecato (stime Fao). La gran par-te degli sprechi alimentari, oltre il 40%, avven-gono tra le mura domestiche, il resto in fase di produzione o distribuzione.

Quanto stiamo vivendo, ci ha fatto capire che non possiamo proprio trascurare la cura della nostra casa comune. Noi viviamo in essa e da essa dipende la qualità della nostra vita. Rispettare la natura, il creato non è un lusso, ma una necessità.

Possiamo cambiare...

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LO STILE DI GESùLA NOSTRACASA COMUNE

Gelsomino Guercioin www.aleteia.org

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Non lasciamoci rubare...

la speranza!

UN MESSAGGIO papa Francesco

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 1514 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Nella faticosa riedificazione della fede del po-polo albanese, rimasto per tanti anni oppres-so dal regime ateo comunista, la Chiesa alba-nese per mezzo del vescovo di Pult mons. Ro-bert Ashta ha chiesto la presenza della nostra Congregazione. Fu nel 1995 che la neoeletta superiora generale madre Leonzia Rosara, ri-spondendo a questo invito, inviò tre suore in Albania: suor Maria Giuseppina Merlo, suor Lucrezia Bottero e suor Maria Celestia Penaz-zo. Si stabilirono a Kir, diocesi di Pult, tra le montagne del Dukagjin. L’inserimento tra il popolo è stato lento, sempli-ce, feriale come il camminare in salita, tra quei sentieri rocciosi. Una presenza, quella delle so-relle, che si è andata costruendo e qualificando attraverso gesti di accoglienza, di condivisione, di vivere insieme la fede, di sostegno nelle diffi-coltà. Quasi spontaneamente si sono evidenzia-te le priorità del loro stare tra il popolo: privile-giare i piccoli ed i poveri e farsi vicine alle don-ne nel promuoverne la dignità. Ben presto avvertirono la necessità di un’abi-tazione a Scutari in vista soprattutto della for-mazione delle aspiranti.

Al chiudersi del 1999 la nuova dimora era feli-cemente ultimata. È stata inaugurata dall’arci-vescovo di Scutari, mons. Angelo Massafra, che ha presieduto l’Eucaristia celebrata nell’acco-gliente cappella alla presenza delle religiose che nel frattempo avevano raggiunto il numero di sei, delle tre giovani postulanti, di confratelli

Minori francescani e di amici del luogo.

Al centro della casa, cuore pulsante di vita, la presenza di Gesù e della sua Parola rigeneratrice.

Gli orizzonti del loro essere presenza si sono aperti, poi, a Trush, nelle periferie di Scutari. Era urgente portare anche lì il Vangelo, unica parola di salvezza.

Oggi, infatti, siamo presenti a Scutari e a Trush.

Davvero il Signore che si fa piccolo, servo perché noi lo incontriamo nei poveri e nei piccoli ha continuato e continua a guidare, sostenere e rafforzare i nostri passi con la sua certa presenza tra questo amato popolo.

Nel fare memoria della fedeltà e benevolenza del Signore che ha guidato e sorretto il nostro cammino, con gioia eleviamo riconoscenti la nostra lode.

25 anni di Albania25 anni di AlbaniaLa nostra ricerca di dove e come Dio abita in mez-zo a noi, oggi, continua in questo numero in terra d’Albania. A 25 anni dal nostro arrivo in questa nazione, possiamo solo raccontare le meraviglie che il Signore opera sempre, ovunque.

La copertina di questo numero mostra il pon-te di Mes a Scutari, Ura e Mesit in albanese, scenografico ponte di origine ottomana collo-cato a 8 chilometri a Nord-Est della città, lun-go quella che era l’antica via carovaniera che univa l’Albania al Montenegro e al Kosovo. È lungo 103 metri che respirano su nove campate (13 arcate), attraversando il fiume

Kir dalle acque cristalline immerse nel verde.È espressione dei tanti valori di questo popolo: desiderio di unità, apertura, collaborazione, …

Anche il bambino in abiti tradizionali che grida fiero a squarciagola, ci ricorda che in questa terra vive gente da noi amata e sempre pronta a offrirci tutta la ricchezza della loro cultura.

LO STILE DI GESùSEGNIDEL REGNO

a cura della RedazioneLO STILE DI GESùDIO IN MEZZO A NOI

a cura della Redazione

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 1716 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Da 25 anni sei in Albania: quali sono per te i principali motivi che ti hanno accompa-gnato in questo tempo e aiutata ad anda-re avanti.

Quello che mi ha attratto e fatto gioire in que-sti 25 anni in terra albanese sono stati, prima di tutto, i bambini e i giovani incontrati nelle varie realtà di Kir, Scutari, Trush. Nelle attività svolte insieme - catechesi, giochi, corsi, grest, recital, uscite...- abbiamo gioito tutti, anche nelle piccole cose superando difficoltà e priva-zioni di mezzi, strumenti , ambienti …. Oggi questi bambini e ragazzi/e sono cresciuti e chi è rimasto qui senza emigrare ha frequentato la scuola professionale ed è diventato idraulico, elettricista, esperto di tecnologia e internet … Oggi ho la gioia di vederli papà e mamme che accompagnano i loro figli alla nostra acco-glienza di bambini. Dopo le loro ore di lavoro, sono sempre disponibili a venire per le ripara-zioni di cui abbiamo bisogno nei nostri am-bienti. Vengono volentieri, dicendoci con rico-noscenza: “Ci avete fatto crescere voi”. Incon-trando questi giovani, oggi adulti, ricordo con loro il passato e la vivacità che avevano per cui spesso dovevo richiamarli all’ordine. Una sera a uno di questi ragazzi che riparava la nostra tivù, ho detto scherzando “Se avessi saputo che un giorno avrei avuto bisogno di te, ti avrei sgridato di meno” e scoppiammo insieme in una grande risata.

Un secondo motivo forte e che mi ha coinvolto tanto sono state le famiglie. Entrare nelle loro abitazioni era ed è portare la presenza di Dio. Loro si sentono molto privilegiati. Nelle nostre visite sia nei momenti di dolore, di malattia come nelle gioie, ci dicono: “Voi fate parte della nostra famiglia” e per me questo è una gioia grande.

Uno di questi giorni mi sono recata in una fami-glia per un servizio sanitario. Una vicina, veden-doci passare, ci ha aspettato al suo cancello per donarci un’offerta e una bibita. Poi ci ha fatto entrare nel suo orto a prendere cipolle, aglio, … tanto eravamo “di famiglia”! Questa donna vive lavorando il suo orticello e ha approfittato per chiedere preghiere per i suoi figli che si trovano all’estero.

Il terzo motivo che mi ha sostenuto in questo tempo è stata l’evan-gelizzazione per la quale le suore si fanno presenza nel villaggio in vari modi. Le fami-glie si sentono come protette nelle varie necessità: soccorso sanitario, promozione ed educazione umana, religiosa, sociale … servizi e animazione liturgica e Liturgia del-la Parola in mancanza del sacerdote, ... Tutto questo mi fa vivere e mettere a disposizione i doni che Dio mi ha dato e mi aiuta a offrire la mia vita al Signore nel ser-vizio ai fratelli e sorelle dove mi trovo.Molto ho donato, ma molto ho ricevuto.

Cosa puoi dire di aver ricevuto dal popolo albanese per cui desi-deri ringraziarlo?

Dal popolo albanese ho imparato solida-

rietà, accoglienza, condivisione, costanza nel donare il mio tempo nei momenti di gioia co-me in quelli di sofferenza e soprattutto di dolore.

Desidero ringraziare la gente albanese perché mi ha fatto sentire parte delle loro famiglie. Oggi, in qualunque bisogno abbiamo, sono pronti a soccorrerci sempre. Inoltre, apprezzo molto il loro amore e rispet-to verso gli anziani: sono assistiti fino all’ul-

timo momento dalla famiglia e ricevono cura e affetto.

Per tutto questo e tanti altri momenti impor-tanti di vita, ringrazio le famiglie albanesi per l’esempio che mi hanno dato e auguro ai gio-vani che sappiano mantenere questi grandi va-lori. Li porto nel cuore, nella mia preghiera e li affido alla Madonna del Buon Consiglio perché continuino a essere fedeli a Dio e alla famiglia secondo le loro buone tradizioni.

Grazie, popolo albaneseGrazie, popolo albaneseAbbiamo intervistato una delle prime sorelle italiane arrivate in Albania e che, ancora oggi, continua a dedicare la sua vita tra questo ama-to popolo.

LO STILE DI GESùsuor M. Celestia Penazzo, fcrDIO IN MEZZO A NOI

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 1918 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Per chi parte per la missione vengono fatti fe-steggiamenti, auguri … oppure la persona con-divide la notizia con pochi amici e famigliari e se ne va alla chetichella.

Così è stato per me. Alla propo-sta di madre Leonzia se mi suo-nava bene il nome “Albania” ho dato subito la mia disponibilità senza tentennamenti chiedendo

solo di condividerla con la mamma, i mie fami-gliari e pochi amici. Si realizzava il mio sogno. Pochi giorni per fare i bagagli e partire: era il 26 giugno 1997. L’Albania, in quel tempo, era in subbuglio per la guerra civile innescata tra i due maggiori partiti politici che riversavano la responsabilità sulle tre religioni professate paci-ficamente e nel rispetto reciproco.

Al mio arrivo ho trovato l’a-eroporto di Tirana in asset-to di guerra: poliziotti ovun-que, incappucciati e con il mitra. Ad accogliermi c’era suor M. Giuseppina e i due custodi. Un gruppo di bam-bini gridando ‘liretta… liret-ta’, ci toglievano i bagagli di mano per avere qualcosa. Lungo la strada per Scuta-ri si vedevano bunker ovun-que: erano il ricordo amaro del dittatore, costruiti per difendere la nazione da ipotetici nemici occidentali. Finalmente arrivai a Scuta-ri. Una breve sosta per tele-fonare alla madre generale del buon viaggio e riparten-za per Kir, la meta agogna-ta. Ricordo molto bene che fatta una svolta, suor Maria Giuseppina mi disse: “Ve-di, suor Sandra questa è la nostra valle, la nostra mis-sione!” Io rispondo “Final-mente!”. Ad accogliermi ci sono suor M. Celestia e tre giovani aspiranti. Era tanta la gioia che avrei desiderato baciare quella terra santa e bagnata da tanto sangue di sofferenza e martirio.

Non c’è tanto tempo per riposare perché le at-tività estive sono già cominciate. Infatti il gior-no seguente arriva uno stuolo di bambini/e, ragazzi/e per lavoro di ricamo, di pittura e tra-foro. Lungo la strada avevo imparato due pa-role: Mirdita (= buongiorno) e Mirupafshim (= arrivederci). I centri di lavoro per questa esta-te erano : Kir–centro, Kasnes e Pog che si rag-giungevano a piedi.

Dopo i festeggiamenti di santa Prenda, pa-trona di Kir, un po’ di relax. Ma non si ferma lo studio della lingua con l’aiuto delle aspi-ranti. Come sussidio una piccola grammatica per conoscere le regole, un vocabolario per le nuove parole e come libro di lettura il vangelo in lingua albanese. Molto bene!

Con settembre ci attende qualche novità. Arri-va con noi suor M. Terenzia e così la comunità è divisa: suor M. Giuseppina, suor M. Teren-zia e le aspiranti formano una nuova fraternità a Scutari per dare modo alle giovani di avere una adeguata formazione catechetica.

Rimaniamo a Kir suor M. Celestia ed io. Non ci perdiamo certo d’animo e programmiamo la nostra settimana: lunedì studio della lingua e preparazione della catechesi che verrà svol-ta: martedì a Plan, giovedì a Xhan, venerdì a Sum. Vi andiamo sempre con il ‘cavallo di san Francesco’ (= a piedi) e la letizia in cuore per essere poveri strumenti nelle mani del buon Dio. Il giorno più bello era il giovedì quando, tornando dal villaggio, potevamo scorgere il fumo che usciva dal camino di casa: segno della presenza delle suore e delle giovani che venivano da Scutari e restavano con noi fino al pomeriggio della domenica. Nei due gior-ni che restavano a Kir svolgevano la catechesi a Kir. E’ con emozione e profonda gratitudine che ricordo gli inizi in terra albanese. Anco-ra oggi, dopo tanti anni, ripeto al Signore con gioia: “Dove tu mi vuoi... io andrò...”.

Dove tu mi vuoi ...Dove tu mi vuoi ...

... io andrò ...... io andrò ...

Andate in tutto il mondo. Io sarò con voi!” aveva detto Gesù. Questa certezza sostiene e dà senso. Anche oggi!

LO STILE DI GESùsuor Sandra Bortolotto, fcrDIO IN MEZZO A NOI

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 2120 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Quest‘anno celebriamo 25 anni di presenza delle suore francescane di Cristo Re in Albania.

Ringraziamo il Signore con un inno di gioia per la presenza del nostra carisma in Albania. Oggi vediamo il cammino fatto e dove siamo arrivate grazie alle suore venute in mezzo a noi. Con il loro grande amore, la loro fran-chezza e dedizione hanno fatto crescere il ger-moglio della fede che esisteva in noi, ma era stato soffocato dal regime comunista.

Le sorelle arrivate dall’Italia hanno vissuto passo passo con il popolo di Dio, con rispetto e molta delicatezza per non perdere il buono che era in ogni persona. Hanno donato la loro vita nell’andare di villaggio in villaggio per por-tare l’annuncio del vangelo, senza lamentarsi, gioiose anche se stanche di ore e ore di cam-mino a piedi.

Oggi noi suore albanesi siamo in sei; una vive in Guinea Bissau e una è novizia. Ci siamo pre-parate per l’annuncio del Vangelo e per inse-rirci in questa nostra società albanese, che sta cambiando di giorno in giorno. Desideriamo ripetere il nostro “Sì” insieme a Maria, madre di Gesù, tutti i giorni e sull’esempio di Gesù, nostro Signore e maestro, delle nostre sorelle in missione e camminare passo a passo con il popolo di Dio con rispetto, pazienza e amore. Il nostro impegno è rivolto a rispettare il tempo di ognuno, conoscere il meglio e il buono che ci circonda, amare e servire il nostro popolo al-banese, accompagnare ciascuno con le proprie

debolezze e cadute, annunciare Gesù e aiutare purificando le tradizioni, evangelizzando con amore e pazienza, inculturare il carisma usando il linguaggio del luogo e nell’oggi.

Madre Teresa diceva: “Molti parlano dei po-veri, ma pochi parlano con i poveri”. Ecco noi desideriamo mettere in pratica questo, come il nostro carisma francescano ci spinge a fare. Le nostre sorelle ce ne hanno dato esem-pio: parlare, stare e servire i poveri, aperte a tutte le persone povere non solo di pane, ma di ogni tipo di povertà.

La Chiesa in Albania è consacrata dal sangue dei 38 martiri già riconosciuti. Essi sono morti gridando “Viva Cristo Re” e “Viva l’Albania”.

Noi siamo frutto anche del sangue di questi martiri che hanno amato la Chiesa e il popo-lo di Dio fino alla fine e non possiamo fare a meno di donare la nostra vita nelle piccole cose di ogni giorno per il bene di tutti, come ci ricorda Madre Teresa “Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore”. E ancora: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo, l’oceano avrebbe una goccia in meno”.

Come suore albanesi ci sentiamo sempre in cammino, imitando nostro Signore Gesù Cristo nelle piccole cose quotidiane, seguendo le sue orme sull’esempio di questi grandi martiri e della grande figura di Madre Teresa. Grazie e lode a Dio.

Noi, francescane di Cristo ReNoi, francescane di Cristo Realbanesialbanesi

Diceva Gesù: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga...». Questo è accaduto in Albania e noi oggi ringraziamo il Signore per i frutti che ha fatto germogliare.

LO STILE DI GESùSuore fcr in AlbaniaDIO IN MEZZO A NOI

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 2322 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Sono Rozart Gjondrekaj , un giovane della parrocchia Santa Prenda a Trush dove da anni prestano servizio le suore Francescane di Cristo Re. Sono cresciuto con loro e sono molto grato della loro presenza nella mia vita. In seguito con la mia crescita e prepara-zione ho cominciato a dare il meglio di me aiutando le suore nella catechesi e anima-zione con i bambini durante l’anno e, so-prattutto, nel tempo estivo.

Conoscendo bene anche la lingua inglese, ho aiutato i bambini a migliorare la cono-scenza di questa facendo dei corsi, sempre in collaborazione con le suore.

Dove abita Gesù oggi? Questa è una do-manda che noi giovani ci poniamo spesso, almeno io di sicuro lo faccio tuttora. Subito ci viene da rispondere che Gesù abita in cielo. È vero, ma penso che possiamo dare anche altre risposte.

Quando avevo 15 anni chiedevo a Gesù: “Dove sei”, lo cercavo incessantemente, senza sapere dove lo stavo cercando. Lo cercavo in Chiesa o nella persona del sa-cerdote, ma non lo trovavo neanche lì. Lo cercavo nel Vangelo, nella preghiera, ma niente. Mi erano finite le forze, perché non riuscivo a trovarlo. Non avevo più voglia di

pregare, di andare avan-ti, di andare a messa, di incontrare e perfino di amare gli altri. Ero immerso in un buio in-teriore dove prevaleva il rumore e la confusione. Così stanco delle mie tante ricerche inutili, de-cisi di fermarmi e di non cercare più.

Ma proprio in questi momenti mi sono ricor-dato gli insegnamenti del catechismo dove ci dicevano che Gesù abitava nei nostri cuori. Mi sembrava una risposta preconfeziona-ta, perché la Chiesa è da duemila anni che lo dice.

Ma proprio in questa ri-sposta ebbe inizio il mio incontro con Gesù, per-ché ho iniziato a pensa-re: “Se Egli vive nel mio

cuore, significa che ha trovato una buona dimora, o che egli la rende tale”.

Quando ho iniziato a capire ciò, sono en-trato più in me stesso e, con l’aiuto di due sacerdoti, ho compreso meglio come posso trovare Gesù nella mia vita, o meglio ho capito che io mi dovevo lasciare trovare e raggiungere da Lui. Quanto più conoscevo Gesù tanto più conoscevo me stesso, la ve-rità della mia vita, perché Egli è la Verità.

Ho anche iniziato a conoscere le mie virtù, come l’amore verso gli altri, la generosità, l’umiltà, … Spesso però mi dicevo: “Ma a cosa servono queste virtù in un mondo che le sfrutta, le schiaccia, le odia?” Allora pensavo a quello che ha fatto Gesù. Egli, umile, mite, misericordioso, amore, è venu-to in questo mondo per salvarci dai nostri peccati, che sempre più ci soffocano e ci al-lontanano da Lui: è Lui che viene da noi per cercarci e per salvarci.

Leggendo il Vangelo, poi, ho capito che Gesù stava con i poveri, gli oppressi, gli emarginati, i peccatori. Quindi ho iniziato a guardare con un altro sguardo queste per-sone, quelli che si erano arresi ai fallimenti della vita, i miei coetanei che erano preda della droga, della violenza ed esclusi da quella che possiamo chiamare la comunità sana. Ho iniziato a guardarli con gli occhi di Gesù, come mi diceva un mio amico: «Vedendoli con i Suoi occhi, ti unisci con la loro sofferenza, parli con loro senza giudi-carli, diventi luce per la loro vita».

Così, nel mio cuore ho trovato Gesù, anche se non lo vedevo, l’ho trovato nel cuore di questa gente, anche se nei loro occhi non lo vedevo, perché Egli è nei cuori di tutti e nelle loro sofferenze per salvarli.

Dove abita Gesù, oggi?Dove abita Gesù, oggi?“Dove abiti, maestro?” avevano chiesto i pri-mi discepoli attratti da Gesù. “Venite e vedete” la risposta. Sempre importanti per la nostra vita queste domanda e risposta. Se ci mettiamo in ricer-ca, qualcosa di sicuro troviamo. Come Rozart...

LO STILE DI GESùSEGNIDEL REGNO

suor Djonsinca Lopes, fcrLO STILE DI GESùRozart Gjondrekaj,giovane di Trush

DIO IN MEZZO A NOI

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 2524 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Lode a Gesù Cristo e alla Beata Vergine Maria!

Sono Arbeni, cresciuto nella parrocchia di Trush, Scutari, Albania dove c’è la presenza delle suore francescane di Cristo Re. Mi sono trasferito a Ti-rana, insieme alla mia famiglia per esercitare la professione di medico. Assieme a mia moglie Risi, ostetrica, abbiamo collaborato con le suore a Trush promuovendo con loro diversi incontri per fidanzati per la preparazione di giovani cop-pie al matrimonio.

Desidero condividere qualche considerazione che ho fatto in questo tempo. Oggi il mondo sta attraversando momenti difficili a causa di questa pandemia da coronavirus che ha deter-minato l’interruzione della routine della vita quotidiana. Spero che tutto questo sia per cia-scuno di noi una opportunità per riflettere, ritornare a entrare in un nuovo rapporto con noi stessi, con gli altri, con la natura e soprat-tutto con Dio. Noi tutti rischiavamo di arrivare in un punto critico perfino a non onorare più Dio, a non obbedire ai suoi comandamenti…

Anche l’esempio di Gesù che ci ha amato ed è morto per noi e il comandamento che ci ha lasciato di amarci, di avere con le persone un cuore amorevole come il suo, sembra sia stato dimenticato.

Quest’anno, ancor prima che si verificasse la pandemia, è stato scelto come l’anno degli in-fermieri. È da domandarci se questa professio-ne sia stata apprezzata nel nostro Paese, e… forse in molti altri Paesi. Dall’esperienza che ho sembra proprio di no. In seguito all’urgenza

sanitaria durante il coronavirus, papa France-sco ha elogiato così tanto il ruolo dell’infermie-re che ha detto: “Se Dio vivesse in mezzo a noi sulla terra, oggi, l’unica professione che sceglierebbe sarebbe quella dell’infermiere”. I malati, come ogni categoria di poveri, sono i privilegiati agli occhi di Dio. E l’infermiere di servizio altrettanto è chiamato nella sua pro-fessione a prendersi cura dei malati, ad usare umanità. L’esempio di Gesù, di come avvici-na-va gli ammalati, ci interroga fortemente. Abbiamo molte persone che compiono questo servizio con il cuore. Per noi in Albania è chiaro ciò che ha fatto a tutti Madre Teresa.

Mi domando: perché in molti casi, in tutto il

mondo, spesso i malati e le altre persone biso-gnose non sono visti con gli occhi di Dio, ma con gli occhi del guadagno, del profitto economico? Molto spesso, in primo luogo, il lavoro è fatto per ricevere un interesse economico, lasciando da parte altre dimensioni molto necessarie per svolgere con umanità il proprio compito nella società come la preghiera quale fondamento di tutto. Oggi questa dimensione lascia molto a desiderare e manca. Gesù ci chiede di fare ogni cosa, compresi i servizi sanitari, con amore, co-me ha fatto Madre Teresa con i malati, perché in tutti i malati c’è Gesù, indipendentemente dalla religione, dalla condizione sociale. Tutti abbiamo la medesima dignità. Gesù è venuto nel mondo e fu sacrificato sulla croce per tutta

l’umanità e risuscitò dai morti per la felicità di ogni uomo.

Com’è bello il giorno e la vita quando iniziamo e finiamo tutto con Gesù e lo facciamo per Gesù! Questo anche nelle nostre famiglie, piccole chie-se domestiche, insieme, uniti sotto l’azione dello Spirito Santo.

Potrebbe essere un invito rivolto a tutti di iniziare la giornata con il segno della croce e ringraziare Dio per il nuovo giorno che ci ha dato. Ringrazio personalmente la Santissima Trinità e la Beata Vergine per tutte le gioie e le benedizioni, ma anche le croci che sono inevitabili nella mia vita quotidiana. Se posso, ogni giorno partecipo all’Eucaristia.Prima di iniziare a lavorare, faccio il segno della croce con l’acqua benedetta e una preghiera per le sofferenze che incontrerò nell’ambito del mio lavoro. Cerco di servire e guardare a Gesù in tutti gli ambienti ospedalieri in cui svolgo la mia professione e nelle facoltà dove insegno. Sono sicuro che questi comportamenti diventano un bene per le persone ed è ciò che a Gesù piace, specialmente da noi cristiani che riconosciamo Gesù come Dio.

Gesù ama molto le persone ed oggi io, con le mie mani nel lavoro, con i miei passi nell’andare verso..., con la mia bocca nell’ annunciare la sua presenza viva in ogni situazione, con la mia lingua nel proclamare Gesù Re e Signore... posso testimoniarlo. Ringrazio Dio e lo Spirito Santo ogni volta che posso esprimere la mia fede ed evangelizzare in ospedale, nelle facoltà in cui insegno e nella società, ovunque io sia. Nelle piccole cose, nel quotidiano, Gesù mi chiede di essere e mostra-re il Suo cuore in mezzo all’umanità assetata e affamata di Lui.

Sono sempre attuali le parole di questo canto. Ci ricordano quelle di Gesù: “Qualunque cosa avete fatto al fratello più piccolo, l’avete fat-to a me!”.Qualsiasi gesto, anche il più insignificante, ma fatto con amore e tenerezza trasmette tutto l’amore di Dio per ciascuno.

Cristo non ha mani,Cristo non ha mani,ha soltanto le nostre maniha soltanto le nostre mani

LO STILE DI GESù Dr. Arbeni Gjonejmedico a Tirana

DIO IN MEZZO A NOI

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 2726 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

“Un giorno,mentre Gesù camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono...” (Matteo 4,18-22)

Era l’agosto del 1996, quando nella chiesa del mio villaggio, Xhan nel nord-Albania, durante la liturgia della Parola tenuta dalle suore francesca-ne di Cristo Re, fu letto questo brano del Vangelo di Matteo. Avevo 18 anni e ricordo il commento fatto da suor Celestia. Alla fine della spiegazione, rivolgendosi alla gente, disse: “Se scegli di segui-re Gesù, devi rinunciare a tutto, e questo ‘tutto’ vuole dire smettere di seguire il proprio “ego”. In quel tempo non conoscevo Gesù e non avevo chiarezza del mio “ego”, anche se tutti e due questi aspetti erano presenti dentro di me.

Da quel giorno, stimolata dalla provocazione che avevo ricevuto da suor Celestia, mi sono messa alla ricerca per conoscere sempre meglio e Cristo e il mio “ego”. Sempre più chiara diventava la con-sapevolezza che per seguire l’Uno dovevo smet-tere di seguire l’altro, e per scegliere di seguire l’Uno dovevo propormi di conoscerli tutti e due. In questa ricerca, non ero sola perchè nella mia vita ho avuto la fortuna della presenza delle Suore Francescane di Cristo Re, che mi hanno sempre accompagnato. Da loro ho cominciato pian piano ad apprendere chi sia realmente il Signore e parallelamente ho iniziato un percorso di conoscenza di me, ma anche di quell’“e-go”che contrasta con il far vivere Gesù in me.

Capire ed andare sempre più in profondità nella conoscenza e nell’amore di Gesù e nella compren-sione di quanto mi distoglieva da Lui, è stato per

me come trovare la chiave per poter scegliere di condurre una vita da discepola di Gesù.

L’esempio delle Suore Francescane di Cristo Re, delle quali posso citare i loro nomi con grande rispetto e gratitudine: suor Lucrezia, suor Giusep-pina, suor Celestia, suor Sandra, suor Terenzia, suor Consiglia e suor Linda, e altre ragazze alba-nesi,-ora suore di questa Congregazione-, mi ha fatto capire che essere discepola di Gesù non è soltanto una questione di attività religiose, ma prima di tutto è dare un orientamento, una qua-lità interiore alla mia intera esistenza. Attratta dal loro esempio, accompagnata dal loro sostegno e dalla loro guida, passo dopo passo ho potuto fare l’esperienza personale di incontro con Dio, entrare nel mio santuario interiore, nel silenzio del mio cuore e scoprire la Sua Presenza Divina dentro di me. Ho approfondito il messaggio della buona notizia di Gesù, e per poter incarnare que-sto messaggio fino a desiderare che diventasse atteggiamento di vita mi nutrivo del Vangelo.

Nella preghiera e nella meditazione ho sperimen-tato quella pace e quella profonda vibrazione d’a-more, quella presenza divina che scorreva in me. Il Signore mi ha donato la sua Grazia e la sua forza d’amore. E dal cuore sgorgavano adorazione, esal-tazione e gratitudine verso questo Dio stupendo.

Riconosciuto in me Dio e la sua presenza, non ho potuto fare a meno di riconoscerLo anche nell’al-tro, nelle persone che incontravo. In un continuo divenire, l’altro è diventato un ‘tu’. Non c’era sepa-razione, ma unione con l’altro, nella presenza divi-na che mi abitava. Questa è autentica comunione.

In questo cammino di ricerca dentro di me, ho anche incontrato paure, dubbi, rabbia, frustrazio-ne, ribellione, impazienza ...

A mano a mano che ne prendevo consapevolez-za, queste zone buie di me si trasformavano: la mia stanza interiore veniva gradualmente illumi-nata e il caos si transformava in ordine armonico.

Tutto questo è stato un processo che mi ha chie-sto impegno e pratica quotidiana, ascolto costan-te di Gesù, del suo amorevole invito. Anche nel relazionarmi con l’altro, nell’avvicinarmi alle per-sone mi sono trovata trasformata, chiamata ad avere gli atteggiamenti di Cristo, del suo amore incondizionato. Essere discepola di Gesù, essere discepola d’amore.

Le circostanze mi hanno condotto ad incontrare, in Scutari l’Associazione “Progetto Speranza”, un’associazione che si occupa di ragazzi disabili in servizi residenziali. Ho compreso che quel desi-derio di vivere da discepola di Gesù poteva incar-narsi in concreto in questo “Progetto Speranza”.

Sono13 anni che lavoro in questa realtà. Il mio ruolo è soprattutto nel tenere la contabilità dell’o-pera, ma nella nostra Associazione ciascuno dà il proprio apporto in ogni servizio necessario. Giorno dopo giorno sono stimolata a praticare quello che Gesù ci ha insegnato: servire con amore. La vici-nanza quotidiana con loro mi ha dato la possibilità di cercare e vedere questi fratelli con gli occhi di Cristo, e anche vedere Cristo nei loro occhi.

Non nascondo il continuo incessante impegno che mi è chiesto: amare è innanzitutto imparare ad accettare l’altro così come realmente è, senza giudicarlo... Ho compreso che la persona è sem-pre un dono che mi offre la possibilità di servire con amore, e quando servo con amore, l’amore diventa il mio Vangelo che mi conduce sempre al servizio. Grazie a questi fratelli ho capito che seguire Gesù vuol dire anche avere il coraggio di sfidare ogni forma di disugualianza o di abuso dei diritti umani e della dignità di ogni persona, perchè in ogni vita umana scorre quella Presenza Divina, che va adorata e amata. L’amore che ho ricevuto nella mia famiglia e da tante persone che ho incontrato mi hanno resa capace di tra-smettere amore. Questa è la mia esperienza di discepola di Gesù.

Progetto Speranza

Discepola di Gesù, oggiDiscepola di Gesù, oggiSeguire Gesù è sempre impegnativo, ma ren-de felici e aperti al mondo e agli altri. Soprattutto, rende capaci di assumere il suo stile di vita e metterlo in pratica.

LO STILE DI GESù Vera Potigiovane albanese

DIO IN MEZZO A NOI

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2/2020 UN SEME PER IL REGNO - 2928 - UN SEME PER IL REGNO 2/2020

Laudato sii, mi’ SignoreLaudato sii, mi’ Signore

per suor Maria Fabiaper suor Maria FabiaSuor M. Fabia - Favro Agnese

È andata incontro al Signore in maniera ina-spettata e quasi improvvisa all’ospedale di Conegliano il 29 aprile 2020. Nata a San Mi-chele al Tagliamento (VE) il 30.11.1936, en-tra in Araldinato a Padova il 22.10.1949. Dopo la Professione temporanea emessa il 10.10.1956, va con lieta prontezza ovunque l’obbedienza la invia.

Nelle varie case in cui è passata come inse-gnante, superiora, sorella, ed anche consi-gliera generale (Venezia Casa madre, Trevil-le, Ancona, Padova, Tavernelle, Cortina, Fiu-me Veneto, Roma Gelsomino e Torre Rossa, Assisi S. Chiara, Le Grazie) ha sempre svolto il suo diligente servizio con gioiosa disponibilità e generosità. Era giunta a Tarzo nel settembre del 2015 e qui si è preparata giorno per gior-no all’incontro con il Signore, accompagnan-do e servendo le sorelle malate, e soprattut-to nell’ultimo mese, reduce da un intervento, serena e pronta, senza far pesare i lancinanti dolori fisici…

Ci piace ricordarla con la preghiera di ringra-ziamento scritta da lei ad Assisi in un corso di Esercizi Spirituali, il 23 marzo 2012: “Signore Gesù, mio Dio, non finisci mai di sor-prendermi per ciò che ogni giorno mi riservi. Non so perché mi hai riservato questo ritorno ad Assisi, luogo che amo per quanto mi ha da-to in spiritualità: so che tutto ha una finalità, tutto ha un perché, niente avviene per caso.

Tu guidi persone ed eventi a fine di bene, ed io cerco di leggere… il senso del dono offertomi. Essere ad Assisi, nel silenzio e nella preghiera di questi giorni (20-27) nell’ascolto della paro-la e nella contemplazione del mistero della tua misericordia in Porziuncola è davvero per me un privilegio. Forse mi chiami per far memoria del bene ricevuto nell’esperienza di sequela.La mia vita è sempre più acciaccata e pre-caria, i giorni passano veloci, le forze fisiche vengono meno ogni giorno più, la fragilità della salute appare più evidente.

In questi giorni di grazia, di silenzio e di pre-ghiera, già comincio a contemplare il volto di

sorella morte che mi viene incontro, muove qualche passo verso di me. Non ha sembian-za spaventosa, ma aspetto mite, accogliente e rassicurante. Signore, le vicende della mia vita mi passano davanti agli occhi come le sequenze di un film. Il mio grazie abbraccia tutta l’esistenza…Grazie, Signore, per i miei genitori che mi hanno testimoniato la fede e che penso in paradiso; grazie per i miei dieci sorelle e fra-telli: nella loro diversità mi hanno dato lezioni di vita… e mi hanno amato sempre. Grazie perché mi hai chiamato a stare con te. Gra-zie per le persone che mi hai messo accan-to nei miei anni giovanili. Grazie per la testi-monianza di tante sorelle. Grazie per le gio-ie, le fatiche, le prove del vivere quotidiano. Sempre mi hai fatto sentire la Tua presenza: hai ascoltato il mio grido di angoscia e mi hai preso per mano per ricominciare con serenità le giornate difficili. Grazie perché non hai mai permesso che il sole tramontasse sulle mie amarezze. Grazie di avermi fatto comprende-re fin dagli inizi che dalla fraternità non pos-so pretendere più di quanto mi dona, perché la fraternità sono io stessa: che il volto della fraternità è quello che anch’io contribuisco a darle con i miei comportamenti. Grazie per tutti coloro che mi hanno stimata, voluta be-ne e perdonata”.

Nel giorno del suo ottantaduesimo comple-anno (30.11.2018) aggiunge:

“La memoria va lontana… Signore! Con emozione e gratitudine ti dico: Grazie! Per ogni giorno di questa mia lunga vita!Grazie! Per le tante e varie esperienze vissu-te che mi hanno insegnato a viverla nella lo-de, nella gioia, nell’impegno, nell’offerta, nel-la continua volontà di conversione, nel distac-co, nel dono a Te e a coloro che ho incontrato nel mio cammino!Grazie! Per il bene con cui hai cosparso i miei giorni alla tua sequela!...Grazie! Perché hai vegliato sui miei errori e le mie fatiche!...Grazie! Che mi hai offerto occasioni di ripre-sa e di novità!...Grazie! Per questa ultima stagione di vita che sento abitata e sostenuta dalla Tua Grazia e dai doni del Tuo Spirito!Grazie! Perché godo dei pensieri e dei senti-menti che mi abitano e che oggi mi ricolma-no di serenità e di gratitudine.

Poi… Signore, ti dico anche questo: non è una lamentela (a questa età tutto può accadere), ma una supplica fiduciosa… questo dolore che continua e si intensifica sempre più non mi lascia tregua! Se questo… è destinato ad ac-compagnarmi fino all’incontro definitivo con Te, ti prego, Signore: rendimelo “amico” ed aiutami a guardarlo con benevolenza e grati-tudine. Ti prego, Signore, ti prego con fiducia.

Grazie!”

LO STILE DI GESùRICORDIAMO suor M. Giuseppina Merlo, fcr

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Puna e sotme Puna e sotme nuk e lë për nëser.nuk e lë për nëser.

Il lavoro di oggiIl lavoro di ogginon lasciarlo per non lasciarlo per

domani.domani.

Shërim i mirë!Shërim i mirë!Buona ripresa!Buona ripresa!