UN POETA: EUGENIO MONTALE

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UN POETA: EUGENIO MONTALE Renato Guttuso, Ritratto di Eugenio Montale, 1939. © EDIZIONI il capitello

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Renato Guttuso, Ritratto di Eugenio Montale, 1939.

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NON CHIEDERCI LA PAROLA: UNA DICHIARAZIONE DI POETICA

1. squadri: definisca in modo preciso.2. informe: privo di una forma definita, che avrebbe quindi

bisogno di essere squadrata, resa regolare.3. croco: fiore dello zafferano; di colore giallo, cresce con un

piccolo calice, quasi senza stelo, direttamente dal terreno.5. sicuro: tranquillo e senza nessuna preoccupazione; dal la-

tino sine cura, senza preoccupazione; nel verso 7 non curasignifica appunto «non si preoccupa».

6. amico: senza problemi con gli altri e con se stesso, perchésicuro della propria identità e della propria esistenza.

7. canicola: le ore più calde di un giorno d’estate; deriva dacanìcula, cagnolino, termine con cui veniva chiamata Si-rio, stella della costellazione del Cane, che in agosto sorge insieme al sole.

8. stampa: proietta in modo chiaro; l’ombra appare evidente sul muro sgretolato, ormai privo dello strato di calcina(scalcinato); scalcinato potrebbe anche indicare un muroa secco, tipico della Liguria, cioè privo di calcina, fattosolo di pietre accostate.

10. sì … ramo: bensì qualche parola appena accennata (stortasillaba) e semplice, priva di musicalità (secca); l’espressio-ne è in antitesi con lettere di fuoco del verso 2.

Non chiederci la parola che squadri da ogni latol’animo nostro informe, e a lettere di fuocolo dichiari e risplenda come un crocoperduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,agli altri ed a se stesso amico,e l’ombra sua non cura che la canicolastampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

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Eugenio Montale e l’upupa, in una celebre foto di Ugo Mulas.

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Questa poesia, scritta nel 1923, venne posta da Montale in apertura di una serie di ventidue poe-sie, dal titolo Ossi di seppia, che poi diede il nome all’intera raccolta. Essa equivale a una dichiara-zione di poetica. Nella prima e nella terza strofa il poeta enuncia la propria concezione del ruolo del poeta: questi non ha verità da rivelare agli uomini e la sua parola non può rendere luminoso ciò che non lo è. Non ci sono formule – né scientifiche né magiche – che possano svelare il senso profondo dell’esistenza.Nella doppia negazione – ciò che non siamo, ciò che non vo-gliamo – il poeta afferma un’identità in negativo, che costituisceuna netta presa di posizione: definisce la distanza del poetarispetto agli altri e delinea e suggerisce un’idea di uomo e diintellettuale diversa da quella che dominava la scena culturaledell’epoca. In contrapposizione alla figura del poeta-vate, incar-nata con successo da D’Annunzio, Montale propone un’idea dipoeta che non può e non vuole affermare certezze, ma che sa evuole affermare la propria presa di coscienza rispetto alla realtàin cui vive.Al rifiuto di una poesia dotata quasi di poteri magici si aggiungequello di un certo tipo di linguaggio retorico (lettere di fuoco),sostituito da parole essenziali (sillaba), poco accattivanti (seccacome un ramo), che rappresentano la realtà in modo oggettivo.

Nella seconda strofa il poeta traccia le linee base della propria concezione dell’esistenza: la realtà che gli uomini vivono è illusoria e lo strumento della ragione non può dare ad essa una spiegazione, un senso. Alla figura del poeta e dell’uomo lucidamente consapevole della negatività della situazio-ne esistenziale viene contrapposta quella dell’uomo che vive tranquillo, che se ne va sicuro, perché inconsapevole di non vivere una vita vera; da questa lo separa metaforicamente un muro, di cui egli però non si accorge e di cui quindi non si preoccupa. L’atteggiamento del poeta nei suoi confronti è espresso dalla particella esclamativa Ah, che, se può indicare riprovazione per la sua ottusità, può anche far emergere quasi un sentimento di invidia per chi vive contento perché inconsapevole.La dichiarazione del poeta non riguarda solo lui, ma tutti gli uomini che come lui si pongono in modo problematico rispetto alla vita e trovano una personale identità proprio nella capacità di riconoscere i propri limiti e di affermare una posizione di rifiuto.

Il ruolo del poeta e della poesiaAll’epoca in cui venne pubblicata, il 1925, la poesia Non chiederci la parola fu soprattutto conside-rata un’affermazione di forte dissenso rispetto al fascismo, che da tre anni era salito al potere: alle dimostrazioni di forza e alle dichiarazioni roboanti del regime le parole di Montale sembravano opporre l’impossibilità di ogni certezza. Le asserzioni perentoriamente negative che percorrono il testo furono sentite come la testimonianza di un non celato antifascismo e molti lettori contem-poranei trovarono nelle parole di Montale una significativa consonanza con le loro idee politiche. Nel 1925 Montale aveva anche firmato un manifesto antifascista sottoscritto da molti intellettuali; ci fu così chi negli anni dell’immediato dopoguerra rimase deluso per l’assenza da parte di Montale di un maggiore impegno politico, di una presa di posizione a fianco delle forze antifasciste. Ma l’intenzione di quei versi non era chiaramente antifascista; essa piuttosto coincise con uno stato d’animo diffuso tra tanti: era il segno di una moralità, di una posizione etica che non aveva colore politico. Nel 1951 in un’intervista radiofonica il poeta rispose alle accuse e chiarì quelle che erano invece le origini e le motivazioni della sua poesia.

Ossi di seppia: la copertina di un’edizione rara del 1941 (a destra) e una

pubblicazione recente.

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Montale rivendica per il poeta il ruolo di testimone consapevole del proprio tempo: il suo compito può essere solo quello di vivere in modo coerente ai valori e ai princìpi in cui crede e quello di avere il coraggio di guardare la realtà senza finzioni. Argomento della sua poesia, afferma Montale è «la condizione umana in sé considerata; non questo o quell’avvenimento storico».Ciò non significa che il poeta non si occupi della realtà storica; la sua poesia nasce sempre da uno sguardo attento e lucido sul mondo e sulla società che lo circonda: dalla realtà oppressiva e tragi-ca degli anni del fascismo e della guerra a quella, diversamente drammatica della società di massa, che egli ritrae sommersa dagli oggetti e dall’inutile e di cui rileva il non-senso. Il poeta osserva con attenzione la nuova caotica realtà, incerto «se sia festa o macelleria».Nel discorso pronunciato in occasione del conferimento del premio Nobel nel 1975, egli affrontò il problema delle possibilità che la poesia ha oggi di far ascoltare ancora la propria voce: «Se […] ci limitiamo a quella che rifiuta con orrore il termine di produzione, quella che sorge quasi per miracolo e sembra imbalsamare tutta un’epoca e tutta una situazione linguistica e culturale, allora bisogna dire che non c’è morte possibile per la poesia».

La poesia non è fatta per nessuno,non per altri e nemmeno per chi la scrive.Perché nasce? Non nasce affatto e dunquenon è mai nata. Sta come una pietrao un granello di sabbia. Finiràcon tutto il resto.

Asor, Diario del ’71 e del ’72, vv. 7-12

I vincitori del Premio Nobel dell’anno 1975: quarto da sinistra Eugenio Montale, accanto a lui Renato Dulbecco, Premio Nobel per la medicina.

Già del resto nel 1946 il poeta aveva pubblicato sulla rivista «la Rassegna d’Italia» un lungo testo, Intenzioni (Intervista immaginaria), in cui delineava le proprie scelte di vita, rivedeva e metteva in discussione la propria opera poetica. In questo ambito con molta sincerità riconosceva che il suo antifascismo si era svolto solo sul piano intellettuale, mentre altri avevano combattuto a rischio della loro vita.

Ho vissuto il mio tempo col minimum di vigliaccheria ch’era consentito alle mie deboli forze, ma c’è chi ha fatto di più, molto di più, anche se non ha pubblicato libri.

Io non sono stato fascista e non ho cantato il fascismo; ma neppure ho scritto poesie in cui quella pseudo rivoluzione apparisse osteggiata. Certo, sarebbe stato impossibile pubblicare poesie ostili al regime di allora; ma il fatto è che non mi sarei provato neppure se il rischio fosse stato minimo o nullo. Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia. Non nego che il fascismo dapprima, e la guerra più tardi, e la guerra civile più tardi ancora mi ab-biano reso infelice; e tuttavia esistevano in me ragioni d’infelicità che andavano al di là e al di fuori di questi fenomeni.

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La concezione dell’esistenzaLa disarmonia con la realtà è all’origine della concezione esistenziale del poeta.Al centro della poesia di Montale c’è l’idea dell’esistenza umana come prigionia in un luogo chiuso, in una realtà ne-gativa, che limita l’uomo; questa idea viene espressa attra-verso una serie di immagini, a partire da quella ricorrente di un muro, che esprime l’impossibilità per l’uomo di uscire da una condizione di vita non autentica. Negli Ossi di seppia il poeta esprime più volte la speranza di trovare un passaggio, un varco, una maglia rotta nelle rete / che ci stringe, che consenta di arrivare nel mezzo di una verità. Spesso questa possibilità è consentita a figure femminili, a volte personag-gi concreti, come quello di Esterina nella poesia Falsetto, a volte invece evanescenti, come il fantasma che ti salva di In limine, la poesia con cui inizia la raccolta.Nella raccolta Le occasioni il discorso di Montale si fa più complesso e meno decifrabile, perché più oscuro è il mon-do attorno a lui; la ricerca di una verità avviene attraverso la memoria, che tenta invano di recuperare momenti del passato, e la figura femminile di Clizia, un’immagine salvatrice che si oppone al degrado, alla perdita dei valori. Nella Bufera e altro la ne-gatività del mondo trova espressione tangibile nella realtà della guerra, che rappresenta la sconfitta della ragione e l’impossibilità di ogni realizzazione, di ogni salvezza.Nelle raccolte successive la visione della realtà si fa più cupa e subentra un tono sempre più duro e ironico; se durante il fascismo la distinzione tra bene e male era evidente e facile da comprendere, ora secondo il poeta i piani si fondono e confondono. Diventa difficile se non impossibile pensare a una via di fuga, a una salvezza, che si poteva intravedere o sperare nelle prime raccolte.Nella visione priva di illusioni dell’esistenza che la poesia di Montale esprime non c’è però un pessimismo radicale, quanto piuttosto la ricerca costante di comprendere, di decifrare i segni della realtà. Ai cambiamenti profondi introdotti dalla società di massa, alla cancellazione progressiva della natura, alle difficoltà di un mondo sempre più affollato da uomini e oggetti, egli oppone te-nacemente la resistenza della ragione. Giorno dopo giorno senza eroismi l’uomo deve affrontare la realtà, attento che non venga mai meno la decenza quotidiana, la fedeltà cioè ai propri principi e valori, che sola consente di rendere accettabile e dignitosa la propria vita.

Posso così vivere nella gloria(per quel che vale) con fede o senza fedee in qualsiasi paesema fuori della storiae in abito borghese.

Intercettazione telefonica, Satura I

Dida

Il linguaggio poeticoUno dei motivi per cui la raccolta Ossi di seppia non incontrò immediatamente il favore della cri-tica fu anche il fatto che i versi di Montale non si discostavano, come era avvenuto invece per le liriche del primo Ungaretti, dalla metrica tradizionale: i versi usati sono gli endecasillabi e i sette-nari, sono presenti strofe e rime, spesso celate all’interno dei versi (possiamo/siamo) o nell’accosta-mento di una parola piana con una sdrucciola (amìco/canìco-la). Nelle raccolte successive il poeta ricorre con maggiore libertà, e grande sapienza, alle tecniche metriche della tradizione, senza

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Le opere maggioriL’agave sullo scoglio, Riviere, Accordi

sulla rivista «Primo Tempo» (1922)Ossi di seppia (1925)Le occasioni (1939)Finisterre (1943)Quaderno di traduzioni (1948)Farfalla di Dinard (1956)La bufera e altro (1956)Auto da fé: Cronache in due tempi (1966)Fuori di casa (1969)Satura (1971)Diario del ’71 e del ’72 (1973)Sulla poesia (1976)Quaderno di quattro anni (1977)

La prima antologia di Montale in edizione

tascabile(1976). In copertina L’upupa,

di Eugenio Montale, 1966.

comunque mai staccarsene del tutto. Nella poesia Le rime dice che per quanto il poeta cerchi di allontanarle, esse prima o poi «bussano ancora e sono sempre quelle».«All’eloquenza della nostra vecchia lingua aulica volevo torcere il collo, magari a rischio di una controeloquenza» afferma nell’Intervista immaginaria; di fatto il lessico di Montale è lontano dalla tradizione, ma non può certo essere definito semplice o poco letterario.Le parole nella poesia di Montale sono sempre precise, puntuali: il poeta si avvale di un ricchissimo repertorio lessicale, fatto di parole colte, scientifiche, letterarie, straniere, ma anche parole comuni e a volte del tutto inventate, che gli consente di nominare ogni cosa in modo definito, anche quan-do si tratta di sensazioni e sentimenti.Montale stabilisce infatti una corrispondenza precisa tra stato d’animo e oggetti; i sentimenti han-no una rappresentazione concreta negli oggetti, secondo un procedimento definito correlativo oggettivo dal poeta inglese Thomas Stearns Eliot (1888-1965), e acquisiscono così un’evidenza immediata. Il rivo strozzato, il cavallo stramazzato, il muro sono elementi reali che rendono, meglio di ogni parola astratta e soggettiva, il senso del male di vivere, la sensazione di soffocamento e di prigionia nella quale si dibatte l’uomo contemporaneo.Negli Ossi di seppia il tipo di lessico è già annunciato nel titolo; gli ossi di seppia rimandano a un lessico essenziale, ripulito da ogni elemento superfluo, così come sono le cose che la forza del mare deposita sulla spiaggia dopo averle ripulite da ogni impurità. Montale riprende una linea po-

etica, attenta alle «piccole cose» e dal linguaggio vicino alla prosa, che era iniziata già con Giovanni Pascoli e con Guido Gozzano, ma aveva sott’oc-chio anche la poesia dell’amico Camillo Sbarbaro, che ugualmente ricorreva a un lessico scarno, di-messo.Nelle poesie della Bufera (1956), di Satura (1971) e delle raccolte successive Montale ricorre sempre meno all’uso delle strofe e delle rime e la sua poe-sia si fa più vicina alla prosa; il lessico è sempre più realistico e riproduce, attraverso la figura dell’accu-mulazione, la ridondanza degli oggetti, che sem-brano avere preso il sopravvento sulla realtà.

Correlativo oggettivo è l’espressione con la quale il poeta di lingua inglese Thomas Stearns Eliot (1888-1965) definì la tecnica di ricorrere a oggetti o ele-menti comuni della realtà per esprimere in modo artistico emozioni e sentimenti. In questo modo, at-traverso un’immagine oggettiva ed esplicita, chia-ramente riconoscibile dal lettore, viene espresso e comunicato ciò che sarebbe inesprimibile. Lo stesso Eliot definì il correlativo oggettivo: «un insieme di oggetti, una situazione, una catena di avvenimenti che sarà la formula di quella particolare emozione». Attraverso l’esperienza dei sensi, afferma il poeta, «l’emozione è immediatamente evocata».

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VISSI AL CINQUE PER CENTO:LA BIOGRAFIA

Genova, una giovinezza tranquillaEugenio Montale nacque a Genova il 12 ottobre 1896. La sua famiglia era benestante: la madre era figlia di un notaio e il padre aveva un’impresa commerciale; la scelta di un indirizzo di studi tecnici e il diploma in ragioneria nel 1915 erano quindi in linea con la tradizione familiare. L’amore per la letteratura era invece condiviso con la sorella Marianna, iscritta alla facoltà di lettere e filosofia, che appoggiò fortemente le sue inclinazioni letterarie. La passione del giovane Montale era però la mu-sica lirica, tanto che studiò privatamente come baritono e pensò in un primo tempo di intraprendere una carriera in tal senso; la morte del suo maestro di canto nel 1923 avrebbe messo fine a questa aspirazione. La sua fu una giovinezza tranquilla, divisa tra la scuola e le vacanze estive a Mon-terosso al Mare, alle Cinque Terre, in una casa di famiglia, insieme ai fratelli e ai genitori. Proprio il paesaggio della Li-guria, con la sua asprezza e le luminosità del mare, domina lo sfondo della prima raccolta di poesie, Ossi di seppia.Nel 1917 venne arruolato per il servizio militare e iniziò a frequentare un corso come allievo ufficiale a Parma, dove fece amicizia con Sergio Solmi, che sarebbe diventato un raffinato critico letterario e un poeta, con cui ebbe poi una lunga amicizia.Partecipò alla Prima guerra mondiale, offrendosi come vo-lontario per una missione in Trentino; ma le vicende della guerra rimasero marginali nella sua vita.Congedato nel 1920, tornò a Genova dove riprese la vita di sempre. Iniziò un periodo, durato quasi una decina d’anni, in cui conobbe e frequentò, grazie all’amico Solmi, intellettuali e poeti del suo tempo, come Camillo Sbarbaro. Lavorò pres-so case editrici e cominciò a scrivere su alcune importanti riviste torinesi, sia come critico di poesia sia come poeta, ma sempre in una situazione di grande precarietà economica. In quegli anni in vacanza a Monterosso conobbe una ragazza, figlia di amici, che sarebbe diventata, con il nome di Arletta, una delle principali figure femminili della sua poesia.Nel 1925 pubblicò un articolo, Omaggio a Svevo, di cui aveva appena letto i romanzi, facendo così conoscere lo scrittore, rimasto fino ad allora inosservato da critici e lettori. Nello stesso anno pubblicò la sua prima raccolta di poesie Ossi di seppia che, come scrive Montale all’amico Solmi, cadde, «com’era prevedibile, nell’indifferenza generale».Nonostante ormai il suo nome fosse abbastanza conosciuto, non riusciva a trovare un lavoro stabile e le sue lettere di quegli anni testimoniano l’incertezza tra dedicarsi alla lette-ratura e trovarsi un impiego in banca.

Monterosso, Villa Montale (La casa delle due palme): Marianna Montale, sorella del poeta (a destra) con una cugina, inizio Novecento.

La villa, una pagoda giallognola e un po’ stinta, vista di sbieco, con due palme davanti, simmetriche ma non proprio uguali. Gemelle erano nell’anno di grazia 1900, quando furono piantate…

E. Montale, Farfalla di Dinard, 1956

Monterosso, Villa Montale: il muro di cinta della villa dove, tra il 1920 e il 1924, trascorse le vacanze la ragazza che diventerà Arletta. Sulla targa alcuni versi del poeta:

La casa delle mie estati lontanet’era accanto, lo sai,là nel paese dove il sole cuocee annuvolano l’aria le zanzare…

E. Montale, Ossi di seppia, 1923

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Firenze, la poesia e la guerraNel 1927 si trasferì a Firenze, città che ebbe un ruolo fondamentale nella sua vita. Vi conobbe infatti Drusilla Tanzi, sopran-nominata «Mosca», con cui avrebbe vis-suto più di vent’anni; ebbe anche modo di conoscere e di frequentare alcuni tra i maggiori intellettuali e scrittori del tempo, come Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo, Mario Luzi, che si incontravano in un fa-moso caffè fiorentino, Le Giubbe Rosse, così chiamato per il colore della giacca dei camerieri. All’inizio lavorò presso una casa editrice, finché nel 1929 arrivò un lavoro stabile come direttore del Gabinetto Scientifico Lette-rario Vieusseux, un importante centro culturale fiorentino. Montale ebbe nel gruppo degli scrittori che lo frequentavano un ruolo di primo piano: con la sua voce pacata riusciva a mettere a fuoco una lucida visione della realtà, che univa motivi esistenziali e considerazioni legate alla realtà storica e politica. Costante fu la sua critica al fascismo, vissuto come offesa all’intelligenza e alla moralità.Conobbe nel 1933 una giovane studiosa americana di religione ebraica, che sarebbe poi comparsa nelle sue poesie con il nome di Clizia, con la quale intrecciò una relazione resa difficile dalla lonta-nanza e interrotta quando le leggi razziali costrinsero la donna a lasciare l’Italia. Nel 1938, proprio a causa delle sue posizioni antifasciste, gli venne revocata la carica di direttore del Gabinetto Vieusseux. Lo spettro di un nuovo periodo senza lavoro, la grave situazione politica con l’alleanza sempre più stretta tra Mussolini e Hitler gli fecero balenare la possibilità di trasferirsi negli Stati Uniti. Restò invece a Firenze, dove dal 1939 andò a vivere con Mosca. Gli anni della guerra, alla quale il poeta non partecipò, perché messo in congedo per motivi di salute, furono difficili: visse grazie al lavoro di traduttore e alle collaborazioni ad alcune riviste. Nel 1939 uscì la sua seconda raccolta, Le occasioni, che lo impose all’attenzione del mondo letterario.Firenze nel 1943 fu occupata dai tedeschi; Montale riuscì a far arrivare e pubblicare in Svizzera una serie di poesie, Finisterre, in cui erano chiaramente leggibili i riferimenti alla guerra e la condanna del fascismo. Nel 1944 accolse a Genova il poeta Umberto Saba e lo scrittore Carlo Levi, costretti a nascondersi a causa delle leggi razziali.

Milano, una vita da scrittoreAlla fine della guerra, nel 1945, Montale con Mo-sca si trasferì a Milano, dove avrebbe dovuto diri-gere un quotidiano del Partito d’Azione, al quale si era iscritto. Il giornale non uscì; iniziò tuttavia un periodo di soddisfazioni sul piano lavorativo. Venne assunto infatti nel 1948 come redattore al «Corriere della Sera», dove cominciò la sua carriera di giorna-lista durata sino al 1973. Dal 1955 al 1967 fu critico musicale e inviato del quotidiano milanese. Viaggiò molto per lavoro: a Londra poté conoscere il poeta Thomas Stearns Eliot, del quale condivideva la visio-ne pessimistica della vita; negli anni Cinquanta assi-stette alle sedute del Consiglio d’Europa a Strasburgo; seguì papa Paolo VI in un viaggio in Medio Orien-te. Molti furono anche i viaggi in compagnia della moglie, legati al suo lavoro di scrittore. Nel 1956 usci-

Montale con Elio Vittorini (a sinistra).Sopra, scrittori al caffè Giubbe Rosse negli anni Trenta: Eugenio Montale è il primo da destra.

Il poeta al lavoro.

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rono la raccolta La bufera e altro, che raccoglieva testi scrit-ti tra il 1940 e il ‘54, e Farfalla di Dinard, una serie di brevi racconti, già pubblicati su alcuni quotidiani, che costituisco-no i suoi unici testi narrativi.La sua fu in quegli anni una vita tranquilla, borghese: la passeggiata da via Bigli, dove abitava, sino alla sede del «Corriere della Sera» presso cui lavorava; le serate al teatro alla Scala; le estati con Mosca in Versilia a Forte dei Marmi, dove coltivava anche la passione per la pittura. Montale ha infatti realizzato oltre un centinaio di opere, oli su tavola e cartone, disegni a pastello e a matita, chine e taccuini. Que-ste opere sono proprietà degli eredi e di alcune collezioni private di personaggi della cultura italiana (o dei loro eredi) che frequentarono il poeta. Alcune di esse illustrano questa unità e la poesia Caro piccolo insetto, a p. 134.Nel 1963 morì la moglie. Le poesie pubblicate in sua me-moria confluirono nella quarta raccolta, Satura, uscita nel 1971.Gli anni che seguirono furono anche quelli dei riconosci-menti ufficiali. Nel 1967 venne nominato senatore a vita dal presidente della repubblica Giuseppe Saragat e nel 1975 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura.Anche se guardava con disincanto al suo lavoro di poe-ta, Montale continuò a scrivere poesie: nel 1973 pubblicòDiario del ‘71 e del ‘72 e nel 1977 Quaderno di quattro anni. Nel 1976 era anche uscita una raccolta di saggi, inti-tolata Sulla poesia.Visse i suoi ultimi anni sempre in via Bigli a Milano, accudi-to dalla governante Gina Tiossi, che viveva nella casa con il poeta e Mosca sin dagli anni Quaranta. Morì nel 1981 ed è sepolto vicino a Firenze, accanto alla moglie.

In una poesia di Diario del ‘71 e del ‘72 Montale ha fatto una sintesi della propria vita, con l’ironia e la consapevolez-za critica che gli erano propri.

Per finireRaccomando ai miei posteri(se ne saranno) in sede letteraria,il che resta improbabile, di fareun bel falò di tutto ciò che riguardila mia vita, i miei fatti, i miei nonfatti.Non sono un Leopardi, lascio poco da ardere.Ed è già troppo vivere in percentuale.Vissi al cinque per cento, non aumentatela dose. Troppo spesso invece piovesul bagnato.

Eugenio Montale, Autoritratto, 1952.

Montale con la scrittrice Fernanda Pivano.

Eugenio Montale, Pescatori a secco, 1950.

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1. meriggiare: passare le ore del meriggio, cioè del mezzogior-no; è una voce letteraria; assorto: del tutto intento con l’at-tenzione e l’animo.

3. pruni: prugnoli, piante spontanee molto diffuse, che fiori-scono all’inizio della primavere e producono piccoli frutti.

4. schiocchi: rumori secchi e vibranti.5. veccia: pianta erbacea spontanea.8. a sommo … biche: in cima a minuscoli mucchi di terra pro-

dotti dallo scavo delle loro tane; le biche sono propriamentei covoni di grano.

10. scaglie di mare: il mare sembra formato da scaglie mobili e scintillanti sotto il sole.

11. scricchi: suoni secchi e ripetuti; sono i versi delle cicale,tremuli, perché appena accennati nella calura del meriggio.

12. calvi picchi: alture spoglie di vegetazione, aride.15. travaglio: fatica.16. seguitare: continuare a seguire; muraglia: solido e impo-

nente muro di fortificazione.17. cocci … bottiglia: pezzi di vetro messi sui muri di recin-

zione per impedirne lo scavalcamento, soprattutto aglianimali.

Meriggiare pallido e assortopresso un rovente muro d’orto,ascoltare tra i pruni e gli sterpischiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la vecciaspiar le file di rosse formichech’ora si rompono ed ora s’intreccianoa sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitarelontano di scaglie di marementre si levano tremuli scricchidi cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbagliasentire con triste meravigliacom’è tutta la vita e il suo travaglioin questo seguitare una muragliache ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Eugenio Montale

MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTOOssi di seppia, 1925

Eugenio Montale scrisse questa sua celebre poesia quando aveva solo vent’anni, nel 1916. La situazione dell’io lirico, immerso in un paesaggio estivo, assolato e arido, diventa emblema della condizione umana: una condizione di cui viene colta con triste meraviglia la problematicità e la pena. La fatica del vivere viene rappresentata attraverso immagini al tempo stesso concrete e simboliche. Si impone, in particolare, la presenza del muro, correlativo oggettivo di un limite invalicabile per l’uomo: un semplice elemento del paesaggio sembra chiudere l’esistenza umana, della quale è difficile trovare il senso.

Metrica: quattro strofe di diversa lunghezza di versi liberi

1 Il verbo all’infinito può riferirsi siaal poeta, che trascorre le ore del meriggio in meditazione (pallido e assorto), siaal paesaggio, chiarissimo (pallido)per la luce del sole e silenzioso e fermo (assorto) per il caldo delle ore meridiane.

9-10 Il mare, nella poesia di Montale,è un elemento positivo, che richiamala vita, come sottolinea il verbo palpitare.Rappresenta la possibilità di una vitavera, autentica.

13 Il sole abbagliante sembra confondere più che illuminare.

16 L’immagine del muro ritornain chiave più drammatica.

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Analizzare e comprendere

1. Dove si trova il poeta?

2. Individua in ciascuna strofa che cosa fa il poeta, che cosa vede, che cosa sente, che cosa pensa.

Trascrivi i verbi che indicano le azioni del poeta e individuane modo e tempo verbale.

Individua quale strofa esprime la riflessione del poeta.

3. Individua e trascrivi nella tabella quali elementi caratterizzano il paesaggio e la stagione.

Quale tipo di paesaggio costruisce il poeta?

Quali aspetti della stagione sono sottolineati?

4. Il linguaggio del poeta unisce parole colte e parole comuni. Individua le une e le altre e trascrivile inuna tabella.

5. Individua le figure retoriche foniche indicate, le parole fonosimboliche e completa la tabella.

Individua e trascrivi lo schema delle rime.

Quali aspetti del significato sottolineano le figure retoriche e le rime individuate?

elementi del paesaggio elementi della stagione

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figura retorica parole del testo

allitterazione

onomatopea

consonanza

parole fonosimboliche

strofa che cosa fa, vede, sente, pensa verbi modo/tempo del verbo

1

2

3

4

LAVORARE SUL TESTO

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Page 12: UN POETA: EUGENIO MONTALE

310

Riflettere

6. L’insieme dei verbi all’infinito che caratterizzano la poesia esprime:

il ripetersi di comportamenti e azioni umane fuori dal tempo

il ripetersi di comportamenti e azioni inutili

l’assenza di uno scopo nelle azioni umane

una dimensione interiore e fuori dal tempo

7. Quale ruolo svolge la natura nella poesia?

Condiziona lo stato d’animo e la riflessione del poeta

Rappresenta l’aridità della vita umana

Rimane estranea allo stato d’animo del poeta, ma ne rappresenta il disagio esistenziale

Esprime lo stato d’animo del poeta

8. La poesia si chiude sull’immagine della muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia, un correlativooggettivo che esprime:

l’impossibilità per l’uomo di accedere alla vita che desidera

il dolore che attraversa la vita umana

l’impossibilità di conoscere e comprendere il senso della vita

la negatività della vita umana

9. Quale significato ha secondo te, nella poesia, il mare che si vede palpitare in lontananza (lontano)?

La possibilità, seppure remota, di poter vivere una vita autentica

L’impossibilità assoluta di poter vivere una vita autentica

Il desiderio di essere in un altro luogo

Il desiderio di una vita autentica

Scrivere

10. Scrivi un testo espositivo di circa 200 parole sul seguente argomento: «La rappresentazione e il si-gnificato della natura nella poesia Meriggiare pallido e assorto». Per approfondire il discorso puoileggere la poesia Scirocco, ONLINE.

Paul Cézanne, Maisonsau bord d’une route, 1881 circa.

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Page 13: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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2. il rivo strozzato: il ruscello con poca acqua, che scorre a fa-tica.

3-4. l’incartocciarsi … riarsa: l’accartocciarsi della foglia ina-ridita.

5. Bene non seppi: non conobbi altro bene.6. schiude: fa intravedere, concede.8. meriggio: le ore immediatamente successive a mezzogiorno,

particolarmente calde nei mesi estivi.

Eugenio Montale

SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATOOssi di seppia, 1925

L’espressione male di vivere usata da Montale per questa poesia ha trovato un’ampia accoglienza nel linguaggio, anche quotidiano, per indicare un malessere esistenziale, un’inquietudine che rende difficile vivere.Montale fissa il senso del male di vivere in alcuni correlativi oggettivi, immagini concrete che rimandano a sensazioni, a concetti inesprimibili. Alla percezione del male di vivere, si contrappone una visione del bene molto più incerta, che sfugge a una chiara definizione.La poesia fa parte della sezione Ossi di seppia dell’omonima raccolta.

Metrica: due quartine di versi endecasillabi, tranne l’ultimo che è un doppio settenario

6 Il prodigio è reso possibile dall’Indifferenza, divina perché sembra sospendere per un momento la consapevolezza della realtà.

Eugenio Montale, Roccolo, 1959.

5

Spesso il male di vivere ho incontrato:era il rivo strozzato che gorgogliaera l’incartocciarsi della fogliariarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigioche schiude la divina Indifferenza:era la statua nella sonnolenzadel meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

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Page 14: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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Analizzare e comprendere

1. Individua i correlativi oggettivi della prima strofa: inserisci nella tabella a quali elementi della realtà ilpoeta associa l’idea del male di vivere e spiega quale significato evoca ciascuna immagine.

2. Individua i correlativi oggettivi della seconda strofa: inserisci nella tabella a quali elementi della realtàil poeta associa l’idea della divina Indifferenza e spiega quale significato evoca ciascuna immagine.

3. Individua per ciascuna strofa le figure retoriche indicate nella tabella e le parole fonosimboliche; spiegaquale effetto producono sul piano del significato.

Quale differenza puoi notare sul piano fonico tra la prima e la seconda strofa?

4. Individua il particolare schema di rime presente nella poesia.

Individua le rime semantiche presenti e spiegane il significato.

5. Quali elementi tipici del lessico di Montale puoi individuare in questa poesia?

correlativi oggettivi significato

correlativi oggettivi significato

strofa figure retoriche parole del testo significato

1 anafora

rime

onomatopee

accumulazione

parole fonosimboliche

2 allitterazione

assonanza

accumulazione

LAVORARE SUL TESTO

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Page 15: UN POETA: EUGENIO MONTALE

IL MALE DI VIVERE

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Riflettere

6. Le immagini con cui il poeta evoca il male di vivere sono strettamente legate a situazioni di sofferenzafisica. Come puoi definire questo senso di sofferenza? Puoi scegliere due opzioni.

Una sensazione di schiacciamento Un dolore come quello di una ferita

Una sensazione di svenimento Una sensazione di soffocamento

Un dolore intenso e improvviso Una sensazione di sofferenza

Spiega la tua risposta.

7. A quale significato comune rimandano le immagini che rappresentano l’idea dell’Indifferenza?

8. Il male di vivere è una condizione esistenziale che rende difficile avere un rapporto positivo con la vita.All’origine può esserci una situazione storica, una sensibilità spiccata o una particolare condizione dell’ani-mo. Rileggi la biografia di Montale; quale può essere stata secondo te l’origine del suo male di vivere?

Nella poesia il poeta si riferisce:

solo a se stesso agli uomini in generale

a tutti gli esseri viventi alla natura in generale

9. A quali immagini del mondo contemporaneo assoceresti l’idea del male di vivere?

Scrivere

10. Scrivi un testo espositivo di almeno 150 parole spiegando che cosa intende Montale con l’espressionemale di vivere.

Giacomo Leopardi si è spesso interrogato sul problema della felicità degli uomini e sul senso della vita. Nella poesia Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (1829-1830), di cui sono qui riportati gli ultimi versi, il poeta rileva l’impossibilità di conoscere il fine ultimo della vita dell’uomo e degli altri esseri viventi. La consapevolezza di ciò è il vero dolore della vita umana. Nei versi la voce del pastore, che è la voce del poeta, si rivolge al suo gregge e alla luna, dei quali invidia la serenità.

Forse s’avess’io l’aleda volar su le nubi,e noverar le stelle ad una ad una,o come il tuono errar di giogo in giogo,più felice sarei, dolce mia greggia,più felice sarei, candida luna.O forse erra dal vero,mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:forse in qual forma, in qualestato che sia, dentro covile o cuna,è funesto a chi nasce il dì natale.

G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, vv. 133-143,Canti, Garzanti, Milano 1975

TESTICONFRONTOa

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Page 16: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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1. un’aria di vetro: un’aria limpida, trasparente come il vetro,e asciutta (arida).

2. rivolgendomi: voltandomi vedrò compiersi (compirsi) il mi-racolo; la parola miracolo deriva dal latino mirāri, che signi-fica meravigliarsi.

4. terrore di ubriaco: è il terrore di chi non è certo se ciò che sta vedendo sia reale, e pertanto spaventoso, o se sia solo fruttodella propria immaginazione, alterata nel caso dell’ubriaco.

5. schermo … di gitto: le immagini della realtà tornerannoimprovvisamente, di getto (di gitto), ad apparire, come sesi sistemassero (s’accamperanno) su uno schermo cinema-tografico. In una poesia della raccolta Quaderno di quattroanni Montale ricorre ancora al linguaggio cinematograficoper definire la propria vita, che paragona a una pellicola daquattro soldi.

Eugenio Montale

FORSE UN MATTINO ANDANDO IN UN’ARIA DI VETRO

Ossi di seppia, 1925In questa breve poesia, scritta nel 1923, il poeta rappresenta, attraverso il racconto di un’ipotetica esperienza, la rivelazione dell’inconsistenza del mondo. Anche se non si tratta di un’esperienza reale, essa viene narrata con estrema precisione per quanto riguarda sia i fatti che la costitui-scono sia gli stati d’animo che la accompagnano. La scoperta che alberi case colli sono soltanto pure immagini non può che lasciare sgomenti.

Metrica: due quartine di versi lunghi

6 Tutto ciò che circonda l’uomoè un inganno: la natura e il mondo che lo circondano, e nel quale egli crede di vivere, in realtà non esistono, sono pure immagini, prive di concretezza.

Eugenio Montale, Spiaggia, 1956.

5

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:il nulla alle mie spalle, il vuoto dietrodi me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gittoalberi case colli per l’inganno consueto.Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zittotra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

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Page 17: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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Analizzare e comprendere

1. Individua e trascrivi la sequenza di immagini che costituisce l’episodio narrato.

Quale funzione hanno i due punti che chiudono il verso 2?

2. In che cosa consiste il miracolo, cui il poeta immagina di assistere?

È il miracolo che egli si attende?

Si tratta di qualcosa di positivo che il poeta desidera o di negativo che il poeta teme?

Con quale delle seguenti parole potresti sostituire nella parafrasi la parola miracolo?

rivelazione

prodigio

meraviglia

allucinazione

Spiega la tua scelta.

3. L’esperienza del poeta avviene in un’atmosfera di sospensione, quasi irreale. Individua attraverso qualielementi questa viene costruita.

4. Qual è la differenza tra il poeta e gli uomini che non si voltano?

5. Individua lo schema delle rime.

Quale rima particolare viene usata nei versi 2/4?

6. Quali elementi del testo, sia metrici sia linguistici, costruiscono l’andamento narrativo della poesia?

Riflettere

7. Quali sono gli stati d’animo del poeta prima, durante e dopo la sua esperienza?

8. Secondo te l’atto di voltarsi da parte del poeta è volontario o è casuale?

Perché il poeta non rivela agli altri (col mio segreto) la sua scoperta?

Quale ruolo del poeta emerge dalle parole di questa poesia?

9. Secondo te il suo è un segreto doloroso o confortante?

10. Il concetto dell’inesistenza della realtà viene reso attraverso l’immagine dello schermo cinematografi-co. Secondo te perché il poeta ha scelto proprio il cinema per rappresentare l’inganno in cui vivonogli uomini che non si voltano?

Scrivere

11. Scrivi un testo espositivo di 200 parole sul seguente argomento: «Il ruolo del poeta secondo Montale».Nella progettazione del testo devi tenere presente le poesie Non chiederci la parola (p. 300), I limoni(ONLINE) e le parole di Montale.

LAVORARE SUL TESTO

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Page 18: UN POETA: EUGENIO MONTALE

LA VANITÀ DELLA VITA

TESTICONFRONTOa

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La scoperta dell’inconsistenza, della vanità, della vita umana e dell’uomo, che improvvisamente si rivela una fragile ombra, emerge anche in questi versi di Giuseppe Ungaretti, tratti dalla raccolta L’allegria. Se in Montale è una rivelazione angosciosa, in Ungaretti essa dà luogo piuttosto a un senso di calmo stupore.

VanitàVallone il 19 agosto 1917

D’improvvisoè altosulle macerieil limpidostuporedell’immensità.

E l’uomocurvatosull’acquasorpresadal solesi rinvieneun’ombra

Cullata epianofranta.

G. Ungaretti, Vita di un uomo, Mondadori, Milano 1986

Eugenio Montale, Senza titolo, 1955.

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Page 19: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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LE FIGURE FEMMINILI La poesia di Montale è attraversata da figure femminili. Adombrate a volte da nomi fittizi – Ar-

letta, Clizia, Volpe, Mosca – compaiono donne che il poeta ha incontrato, in alcuni casi amato, e alle quali egli attribuisce un potere salvifico nei confronti dell’uomo. Esse hanno la capacità di trovare un significato all’esistenza, hanno la forza morale necessaria per affrontare la realtà.Le donne non sono mai descritte fisicamente, se non per piccoli ma significativi particolari, come «gli occhi di acciaio» di Clizia, il modo di camminare di Volpe, la miopia di Mosca. La mancanza di una vera caratterizzazione fisica e la funzione che la donna ha nei confronti dell’uomo riman-dano alle immagini stilnovistiche della donna-angelo: le figure femminili create dai poeti tra il Duecento e il Trecento, come Dante o Guido Guinizzelli, non avevano una precisa identità ma piuttosto caratteristiche fisiche simili, come la pelle chiara e lo sguardo luminoso; tutte avevano la capacità di migliorare, di affinare le qualità dell’uomo e di avvicinarlo così a Dio.

Da Clizia a MoscaNelle prime raccolte, Ossi di seppia e Le occasioni, Montale attribuisce ad alcune figure femminili la capacità di trovare il varco, la maglia rotta nella rete, la capacità di superare i limiti che impediscono agli uomini di dare un senso alla loro vita.Già in Falsetto, una delle prime poesie degli Ossi di seppia, spicca la figura di Esterina che con i suoi vent’anni, s’avanza sul ponticello, esita, ride e poi si tuffa in mare, il divino amico, simbolo della realizzazione di sé, mentre la osservano il poeta e gli altri, della razza di chi rimane a terra.Alcune figure, come quelle di Esterina, Liuba o Dora Markus, compaiono ciascuna in una sola poesia, altre invece ricorrono in più testi.Nelle Occasioni domina la figura di Clizia, il cui nome, indica-to dal poeta solo nella raccolta successiva, La bufera e altro, è ripreso dalle Metamorfosi di Ovidio: Clizia, una ninfa abbando-nata dal dio Sole, Apollo, di cui era innamorata, si trasforma in girasole, il fiore che volge la sua corolla seguendo gli spostamenti dell’astro solare. Clizia è nelle Occasioni una presenza intermit-tente: la sua comparsa è motivo di attesa e di speranza per il poeta, che vede in lei la possibilità di un superamento della condizione terrena, la possibilità di una risposta alla ricerca di dare un significato alla vita umana; mentre nella raccolta La bufera e altro diventa anche simbolo di una lotta, di una resistenza intellettuale contro i tempi segnati dalle dittature fasciste. Nella conclusione di quest’ultima raccolta Clizia scompare, come se la sua funzione si fosse esaurita, come se la sua perfezione non potesse scontrarsi con la negatività del presente, quella del fascismo e della guerra. Di lei rimangono tracce, come la scia argentea della lumaca, barbagli della sua luce, ma il poeta è consapevole che non tornerà più:

Irma Brandeis, la Clizia di Montale.

ti rivolgesti e con la mano, sgombrala fronte dalla nube dei capelli,

mi salutasti – per entrar nel buio.La bufera, in La bufera e altro

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Nella sezione Madrigali privati della Bufera compare la figura di Volpe, il carnivoro biondo, molto diversa da quella di Clizia: è una donna terrestre e sensuale, dotata di una grande carica di vitalità, che avvicina alla vita. La sua presenza non è lontana né è affidata al ricordo, ma appartiene al presente, che la donna condivide con il poeta. La sua funzione salvifica non abbraccia tutti gli uomini, ma, dice il poeta, è «per me solo». A lei il poeta chiede di rimanergli accanto perché, come scrive in Anniversa-rio, dal giorno in cui l’ha conosciuta sente di avere vinto il male, di avere espiato le proprie colpe.La poesia di Satura propone infine il personaggio di Mosca, la moglie di Montale, morta nel 1963. A lei sono dedicate due sezioni, Xenia I e Xenia II, scritte come forma di omaggio dopo la sua morte. L’immagine della moglie è quella di una persona dotata di spirito di osservazione e di grande ironia, dal carattere dolcemente tenace, in grado, attraverso le sue spesse lenti da miope, di vedere con grande chiarezza la realtà e di discernere ciò che ha un senso da ciò che è inutile e falso. Mosca rappresenta un guida per addentrarsi nel-la vita e nella modernità del presente, che appa-iono al poeta sempre più incomprensibili, quasi un ammasso di rifiuti, un sedimento di qualcosa che c’è stato:

Non torba m’ha assediato, ma gli eventidi una realtà incredibile e mai creduta.Di fronte ad essi il mio coraggio fu il primodei tuoi prestiti e forse non l’hai saputo.Xenia II, in Satura

Mosca è la compagna di una vita e la relazione con lei continua anche oltre la morte, con la piena consapevo-lezza del ruolo di filtro con il mondo che ella ha svolto; il poeta ne cerca le tracce nella memoria, negli oggetti di lei, nelle persone che l’hanno conosciuta, per il desiderio di riaverla fosse pure in un solo gesto o un’abitudine.

La poetessa Maria Luisa Spaziani, la Volpedi Montale.

Montale con la moglie Drusilla Tanzi, detta Mosca.

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5

3. nebulose: addensamenti di materia interstellare, che appa-iono simili a nubi.

4. cicloni: complesso di fenomeni atmosferici, venti violenti epiogge torrenziali, legati alla bassa pressione.

5. riquadro: è il riquadro della finestra attraverso la quale unnespolo proietta in casa la propria ombra.

7. scantonano: girano rapidamente l’angolo della strada (can-tone).

Ti libero la fronte dai ghiaccioliche raccogliesti traversando l’altenebulose; hai le penne laceratedai cicloni, ti desti a soprassalti.

Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolol’ombra nera, s’ostina in cielo un solefreddoloso; e l’altre ombre che scantonanonel vicolo non sanno che sei qui.

UN TESTO SPIEGATO

Eugenio Montale

TI LIBERO LA FRONTE DAI GHIACCIOLILe occasioni, Mottetti, 1939

I Mottetti costituiscono la seconda sezione delle Occasioni : sono una serie di poesie brevi, in cui emerge la figura di Clizia. La sua lontananza è motivo di sofferenza per il poeta: l’assenza della donna lo getta nello sconforto e nella disillusione. La sua presenza rimanda infatti alla possibilità di indicare agli uomini, e in particolare al poeta, una via di salvezza. Clizia incarna l’idea della donna angelicata, che interviene a favore dell’uomo.In questa poesia la donna appare anche fisicamente come un angelo, come un essere che giunge dalle profondità dei cieli.

Metrica: due quartine di endecasilalabi sciolti.

Eugenio Montale, Paesaggio, 1962.

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Page 22: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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IL TESTOLa poesia appare nettamente divisa nelle due strofe anche sul piano dei contenuti.Nella prima l’arrivo della donna ha qualcosa di irreale: è un essere straordinario, che arri-va dagli spazi celesti, dotata di ali, come un angelo. La sua presenza appare nello stesso tempo molto concreta: il viaggio sembra es-sere reale come testimoniano i ghiaccioli, che si sono formati tra i capelli attraversando gli spazi siderali, e le ali lacerate dalla furia delle tempeste cicloniche. È stato un viaggio che ha quasi stordito la donna, che si muove a scatti, come se si risvegliasse da una fase di iberna-zione, e spinge il poeta ad andare in suo aiuto, togliendole i residui di ghiaccio dai capelli.Nella seconda strofa l’ambiente è invece quel-lo di una casa, nell’ora cara al poeta, quella del mezzogiorno, in cui il sole proietta le ombre degli oggetti. È la casa in cui è giunta la don-na, la cui presenza è nota però solo al poeta: gli altri uomini non sanno, non si sono accor-ti del suo arrivo.

I TEMI E IL POETAIn questa poesia la natura extraterrena della donna e il legame con le figure di donne ange-licate della poesia stilnovistica sono dichiarati apertamente. La donna è un angelo, ne ha an-che le fattezze; essa costituisce una speranza di salvezza per l’uomo e il poeta ne vive la presen-za anche nella lontananza.L’arrivo miracoloso e la sua presenza sono rive-lati solo al poeta. Gli altri uomini girano l’an-golo e non si accorgono di nulla, inconsapevoli non solo di quanto sta accadendo, ma anche del fatto di vivere una vita a metà, in cui man-ca una realizzazione piena di sé. Sono ombre, come gli uomini che non si voltano di Forse un mattino andando e quelli che non si accorgono

del muro lungo il quale camminano e vivono in Non chiederci la parola.La dedica che Montale appose in edizioni più tarde alla raccolta Le occasioni consente di ri-conoscere in Clizia una donna amata dal poeta: una studiosa americana di letteratura, che lo conobbe durante un viaggio in Italia, dove poi tornò più volte; nel 1938, in quanto ebrea, fu costretta a tornare negli Stati Uniti per sfug-gire alle leggi razziali promulgate dal regime fascista. La lontananza della donna era quin-di anche concreta e l’arrivo da alte nebulose può essere l’eco di una realtà vissuta. Il dato biografico è però poco significativo al fine di comprendere il ruolo di Clizia nella concezione della vita che Montale esprime nelle Occasioni.

LA METRICAI versi endecasillabi non sono legati da rime, ma moltissimi sono i rimandi fonici. Monta-le, mentre da una parte sembra allontanare le forme della tradizione, dall’altra ricorre a tut-ti gli artifici della metrica. Nella prima strofa tre versi sono legati da assonanze e consonan-ze: alte/lacerate/soprassalti. Una rima interna lega il primo e l’ultimo verso della seconda strofa, mezzodì/qui. L’allitterazione del suo-no -ol/-lo attraversa le due strofe (ghiaccioli/nebulose/cicloni/nespolo/l’ombra/cielo/sole/freddoloso/vicolo), richiamata anche dall’allit-terazione della -elle.Gli enjambement sono molto numerosi. Nel-la prima strofa quelli tra i versi 2/3, 3/4 evi-denziano le parole nebulose e cicloni, che ri-mandano alla provenienza extraterrena della donna; nella seconda quelli tra i versi 5/6, 6/7 mettono in posizione forte le espressioni om-bra nera e freddoloso, che sottolineano l’atmo-sfera incerta, anche un po’ inquietante, che si è andata creando.

RACCOGLIAMO LE IDEE

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2. incimurrito: malato di cimurro, malattia infettiva dei cani, simile al raffreddore; qui l’aggettivo indica un cane vec-chio, non più nel pieno del suo vigore.

5. blabla: parola onomatopeica che riproduce un chiacchie-riccio inutile, futile.

8. zimbello: oggetto di scherzi, di presa in giro; lo zimbelloè propriamente un uccello che durante la stagione dellacaccia viene legato con un filo a un palo perché funga darichiamo per altri uccelli.

9. al buio: con una vista scarsa, come quella della moglie; si ri-ferisce anche alla capacità dei pipistrelli di vedere nel buio,di cui parla nei versi seguenti.

11. radar: sistema di orientamento dei pipistrelli, basato suemissione di ultrasuoni, che gli uomini non possono sen-tire, e sul ricevimento degli echi di ritorno, che consente la localizzazione di oggetti.

Eugenio Montale

NON HO MAI CAPITO SE IO FOSSIXenia I, 5, 1966

Nel 1963 moriva Drusilla Tanzi, con cui Montale aveva condiviso più di vent’anni della propria vita. Le poesie degli Xenia, prima pubblicate autonomamente e poi confluite nella raccolta Sa-tura, sono un omaggio alla moglie: xenia sono, in latino, i doni per gli ospiti che se ne vanno. La moglie, una donna piccola e molto miope, e per questo soprannominata «Mosca», rappresenta nella vita e nella poesia di Montale una presenza fortemente positiva; era infatti una persona molto vitale, che sapeva muoversi con distacco e ironia tra i mille inciampi della realtà. Gli Xenia costituiscono un ritorno alla poesia, dopo un lungo periodo di silenzio da parte del poeta.

Metrica: una strofa di undici versi di varia lunghezza

Eugenio Montale, Fiori bianchi e merlo, 1951.

5

10

Non ho mai capito se io fossiil tuo cane fedele e incimurritoo tu lo fossi per me.Per gli altri no, eri un insetto miopesmarrito nel blabladell’alta società. Erano ingenuiquei furbi e non sapevanodi essere loro il tuo zimbello:di esser visti anche al buio e smascheratida un tuo senso infallibile, dal tuoradar di pipistrello.

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Analizzare e comprendere

1. Nei primi versi, dicendo che non ha mai saputo se fosse lui un cane fedele per la moglie o viceversa,il poeta vuole dire che:

non sa chi di loro due abbia avuto una funzione di guida nei confronti dell’altro

non sa se la moglie gli sia stata fedele

non sa chi dei due abbia voluto più bene all’altro

non sa chi di loro due abbia avuto una funzione di sostegno nei confronti dell’altro

2. Individua ed elenca le parole attraverso le quali il poeta costruisce l’immagine della moglie.

3. Le persone che non la conoscono quale immagine hanno della moglie del poeta?

4. Individua quali significati sottolineano le rime indicate nella tabella.

5. Quale tipo di lessico è presente nella poesia?

Riflettere

6. Quale giudizio esprime il poeta sulle persone che circondano la moglie attraverso l’espressione blabladell’alta società?

7. Che cosa era in grado di vedere secondo te la moglie con il suo radar di pipistrello?

Ciò che è importante e ciò che non lo è

I difetti degli altri

Quello che c’è oltre la realtà

Le cose che al buio non si vedono

Gli sbagli degli altri

8. Ti sembra che l’immagine della moglie abbia elementi di somiglianza o di differenza con quella diClizia?

9. Qual è il tema della poesia?

Scrivere

10. Riporta in un testo espositivo di 200 parole l’analisi della poesia. Inizia il testo enunciando il tema dellapoesia.

rime significato

blabla/società

zimbello/pipistrello

LAVORARE SUL TESTO

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GLI XENIA

Le poesie degli Xenia tracciano un ritratto non solo della moglie di Montale ma anche della loro vita in comune, fatta spesso di viaggi e di incontri con altre persone, in occasione di presentazioni di suoi libri o di conferenze. In questa poesia, che ricorda un viaggio a Lisbona, emergono l’ironia della moglie, per nulla impressionata, anzi divertita, dagli onori tributati al poeta, e la sua capacità di affrontare in modo pratico le situazioni della realtà.

Dopo lunghe ricerche

Dopo lunghe ricercheti trovai in un bar dell’Avenidada Liberdade; non sapevi un’accadi portoghese o meglio una parolasola: Madeira. E venne il bicchierinocon un contorno di aragostine.

La sera fui paragonato ai massimilusitani dai nomi impronunciabilie al Carducci in aggiunta.Per nulla impressionata io ti vedevo piangeredal ridere nascosta in una follaforse annoiata ma compunta.

Xenia II, 10 in Satura

La città di Lisbona su azulejos, piastrelle di ceramica smaltata tipiche dell’architettura portoghese e spagnola, Museu dos Azulejos, Lisbona.

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2. vuoto … gradino: la sensazione di cadere, di non saperebene dove mettere i piedi, è metafora di un senso di smar-rimento interiore, ora che la moglie non gli è più accanto.

4. Il mio: contrapposto a il nostro del verso precedente; indicache la vita del poeta continua (dura).

5. le coincidenze: come le prenotazioni sono elementi concre-ti di un viaggio.

6. le trappole, gli scorni: i contrattempi beffardi, le vergognedi chi si scontra con la realtà senza capire che si tratta solodi apparenze.

11. offuscate: oscurate, deboli per la forte miopia.

VERIFICA FORMATIVAEugenio Montale

HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIOXenia II, 5, «Strumenti critici», 1968

Questa è una delle poesie più famose degli Xenia. Il poeta ritrae se stesso e la moglie in una situazione quotidiana vissuta insieme per anni, emblematica delle piccole e grandi difficoltà affrontate in una lunga convivenza.

Metrica: due strofe di versi liberi

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scalee ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.Il mio dura tuttora, né più mi occorronole coincidenze, le prenotazioni,le trappole, gli scorni di chi credeche la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccionon già perché con quattr’occhi forse si vede di più.Con te le ho scese perché sapevo che di noi duele sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,erano le tue.

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Eugenio Montale, Giardino e colombe,particolare, 1965.

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Page 27: UN POETA: EUGENIO MONTALE

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Analizzare e comprendere

1. Il poeta paragona la lunga vita in comune con la moglie a un viaggio. Che cosa rappresentano inquesto percorso comune le coincidenze e le prenotazioni cui accenna il poeta?

2. Nel primo verso di entrambe le strofe il poeta dice che ha sceso milioni di scale «dando il braccioalla moglie». Quale significato dà il poeta a questo gesto comune di cortesia? Rispondi citando leparole del testo.

3. Individua le seguenti figure retoriche e spiegale.

4. La miopia di «Mosca» la rende capace di vedere meglio le cose vicine o le cose lontane?

5. Individua ed elenca attraverso quali elementi metrici e retorici il poeta ottiene l’andamento collo-quiale che caratterizza la poesia.

Riflettere

6. Il poeta quale capacità, che egli non ha, riconosce alla moglie?

Vedere oltre la realtà

Saper destreggiarsi tra i diversi ostacoli della vita

Saperlo aiutare quando ne aveva bisogno

Sapere che cosa è davvero importante nella vita

Spiega la tua risposta facendo riferimento al testo.

Quale relazione esiste tra questa capacità e la miopia di cui soffriva la moglie?

7. Che cosa ha significato per il poeta la morte della moglie?

8. Quale rapporto tra il poeta e la moglie viene suggerito nei versi? Puoi indicare due opzioni.

di fiducia di supporto di amicizia

di sopportazione di stima di ammirazione

9. A quale concezione della realtà si riferisce il poeta con le parole gli scorni di chi crede / che la realtàsia quella che si vede?

In quale altra poesia enuncia la medesima concezione?

Scrivere

10. Scrivi un testo espositivo di almeno 150 parole sul seguente argomento: «La figura e il ruolo delladonna nella poesia di Montale».

figura retorica parole del testo spiegazione

iperbole

ossimoro

accumulazione

antitesi

VERIFICARE LE COMPETENZE

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