Un - USPUR · penalizzare l'Ateneo? «Al contrario! ... Intendo battermi con forza ... n-dr).Anche...

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Università aL voto

Parla Mancarella« o '' ordinee Ateneo motore'sviluppo»

n A pagina 7

I IL PRIMO TURNO L'EVENTUALE SECONDODELLE ELEZIONI SI VOLGERA' TURNO Si SVOLGERA'DAL 6 AL 9 GIUGNO PROSSIMI TRA IL 13 E 16 GIUGNO

FACCIA A FACCIA CON PAOLO MANCARE L LA

Abbiamo i conti in ordineo motore dï cambïaniento»

LO DEFINISCONO il `delfino'di Augello. Una categorizzazioneche però a lui, Paolo Mancarella,ordinario di informatica e fino aqualche mese fa prorettore alla di-dattica, va stretta. «Ho una mia au-tonomia - ha confidato più volte,in questi mesi, ai docenti a lui piùvicini - ma certo non si può nega-re di aver fatto parte di un percor-so e averlo condiviso». Di certoc'è che a due settimane dal primoturno è riuscito ad amalgamaregli altri tre candidati che, mercole-dì sera, hanno siglato un'intesaper unirsi «nel segno della discon-tinuità» subito dopo la prima tor-nata elettorale. Insomma, un can-didato contro tutti gli altri.

Professore qual è oAg l sfi-da prioritario per l' teneo pi-sono?

«Magari fosse una sola la sfidaprioritaria! La realtà è che un ate-neo come il nostro si trova ad af-frontare sfide complesse e molte-plici: individuare una sola ricettasarebbe semplicistico. Una priori-tà sarà comunque quella di diven-tare sempre più pronti nel rispon-dere alle nuove sollecitazioni diun mondo che cambia con rapidi-tà ed anzi, dirò di più, di essere`motore' del cambiamento in tut-ti campi di attività dell'Ateneo edella società. Un'altra priorià saràquella di mettere in condizioneogni persona, in qualunque ruolosia impegnato - di docenza, di ri-cerca, di ausilio amministrativo etecnico, di studio - di svolgere almeglio il proprio compito. E' il ca-pitale umano il principale patri-monio della nostra università».

Perché si è determinata que-sta situazione?

«Non c'è dubbio che le difficoltàdi questi ultimi anni siano ingran parte dovute alla Legge Gel-mini, un vero e proprio terremotoche ha imposto a tutte le universi-tà una riorganizzazione comples-siva in tempi stretti. La situazio-

ne si sta normalizzando solo ades-so: man mano che ci assestiamo,l'esperienza maturata ci deve gui-dare nella verifica di cosa ha fun-zionato bene e di cosa non ha fun-zionato, per mettere mano a cam-biamenti significativi dove si puòfare di meglio, per consolidare leesperienze positive e per indivi-duare nuove linee di sviluppo».

Solo col dei tagli ministeria-li o c'è una minor capacità dipuntare investire in ricerca?

«I tagli ministeriali certamentehanno influito moltissimo. Inten-do battermi con forza in tutte lesedi istituzionali perché si invertaquesta tendenza: il sostegnoall'università pubblica, alla ricer-ca e alla formazione deve essereprioritario nell'azione del gover-no del Paese, così come già avvie-ne in molti altri paesi a noi moltovicini. Dobbiamo aumentare ulte-riormente le nostre percentuali disuccesso sui bandi europei, chegià ora sono di tutto rispetto mache possono crescere ancora».

Eppure ad ascoltare il rettouscente, Massimo Au ello,g zie alle politiche deg' ulti-

anni si possono avv iarelitiche espansive?

« uesto è vero: siamo una dellepoche Università in Italia ad ave-re un bilancio solido e un bilan-cio solido è condizione indispen-sabile per portare avanti politicheespansive oggi e nei prossimi an-ni. Siamo fra i pochi atenei chehanno fatto o stanno facendo mol-te operazioni di reclutamento checolmano in parte il vuoto lasciatodai tanti pensionamenti, insiemead operazioni di passaggi di ruoloper rispondere alle legittimeaspettative di chi da anni lavoraintensamente in ateneo. Una poli-tica espansiva è necessaria, anchesolo per recuperare capacità opera-tiva in settori che ormai sono ri-dotti ai minimi termini. Ricordia-moci che altri Atenei sono statisoggetti agli stessi tagli, e ora non

Le novíta«Essere pronti a risponderealle nuove sollecitazioni diun mondo che cambia conrapidità ed anzi, dirò di più,di essere 'motore' delcambiamento in tutti campi»

«Mettere in condizione ognipersona - docenti,ricercatori, amministrativi etecnice, studdenti - disvolgere al meglio il propriocompito»

lbandíeuropeí«Dobbiamo aumentareulteriormente le nostrepercentuali di successo suibandi europei, che già orasono di tutto rispetto ma chepossono crescere ancora»

R® „í u '.condMso un progetto»Lo definiscono it'detfino' diAugello. Categorizzazioneche però a Paolo Mancarellava stretta . « Ho una miaautonomia - chiosa - macerto non si può negare diaver fatto parte i unpercorso e averlocondiviso»

sono in grado di adottare politi-che espansive. Non voglio giocareallo sfascio, non è vero che va tut-to sempre male: su questo frontePisa si è difesa bene».

Neìprossimi mesi ci sa ranno200 assunzioni?

«Si sbaglia, ce ne saranno 201!Scherzi a parte, credo che ci saràsicuramente un buon numero dipromozioni di colleghi che datempo hanno raggiunto la qualifi-cazione necessaria e che hanno su-bito gli effetti dei vari blocchi del-le assunzioni e promozioni impo-ste da varie leggi finanziarie. Ecredo ci sarà anche un buon nu-mero di assunzioni di giovani,che rappresentano, alla fine, il ve-ro rinnovamento del personale.Le scelte però dipenderanno inlarga parte dalle decisioni dei sin-goli Dipartimenti: è bene infattiche tali scelte siano affidate prima-riamente alle diverse strutture sul-la base delle loro specifiche priori-tà e strategie di sviluppo».

Scuola Normale e ScuolaSant'Anna hanno una ran-de capacità attrattiva di inve-stimenti , Questo finisce perpenalizzare l'Ateneo?

«Al contrario! Pisa è una città uni-ca che ospita, oltre alle tre Univer-sità, numerosi istituti ed enti di ri-cerca - CNR, INFN, INGV soloper citarne alcuni: un sistema in-tegrato straordinario di ricerca eformazione. Lavorare in rete èuna forza. Non c'è una torta da di-vidersi, non si tratta di lottare peraccaparrarsi la fetta più grande: alcontrario, se lavoriamo insiemefacciamo crescere la torta, e tuttiavranno fette più grandi».

Eccessiva accentramento deipoteri decisionali, quale auto-nomia peri singoli D iparti-menti?

«Intendiamoci bene: i Diparti-menti sono i luoghi - fisici e isti-tuzionali - in cui si svolgono lemissioni primarie dell'Universi-tà: ricerca, didattica, oltre a tuttoquel complesso di attività che ven-gono di solito chiamate terza mis-sione. La cosiddetta amministra-zione centrale deve fornire il ne-cessario supporto ai Dipartimentie coordinare le loro azioni. A vol-te centralizzare delle funzioni cirende capaci di offrire servizi mi-gliori, ma a volte la centralizzazio-ne rende tutto più burocratico edelefantiaco. A mio modo di vede-re, la situazione `normale' deve es-sere quella in cui il Dipartimentoè il più autonomo possibile, sianella gestione del quotidiano sianelle scelte più strategiche e dilungo periodo, in primis le lineedi sviluppo e le politiche di reclu-tamento».

Rìforma 'dannosa '

«Non c'è dubbio che ledifficoltà di questi ultimianni siano in gran partedovute alla LeggeGelmini, un vero eproprio terremoto cheha imposto a tutte leuniversità unariorganizzazionecomplessiva»

Fondi tagtiati«I tagli ministeriali, alnostro come a tuti gliAtenei, certamentehanno influitomoltissimo. Intendobattermi con forza intutte le sedi istituzionaliperché si inverta questatendenza»

Lnw assunzioni«Ci sarà anche un buonnumero di assunzioni digiovani, cherappresentano, allafine, il verorinnovamento delpersonale. Le scelteperò dipenderannodalle decisioni deiDipartimenti»

«i )Oce ml»Cipriani (Aidu): negli atenei la vera sfida è la formazione

ENRICO LENII

no sguardo capace di supe-rare le divisioni per aree di-sciplinari, che promuova il

confronto e il dialogo tra diverse pro-fessionalità, e abbia a cuore il futu-ro degli studenti. Un programma dilargo respiro quello che l'Associa-zione italiana docenti universitari(Aidu) si appresta a portare nel mon-do accademico italiano. Nata nel1999, in questi primi anni di vita hainiziato a mettere radici nelle singo-le università e oggi dà vita a un con-vegno nazionale all'università di Ro-ma Tre (inizio alle 10)che «vuole es-sere un colpo d'ala per ridare slan-cio a questa nostra intuizione» spie-ga Roberto Cipriani, ordinario seniordi sociologia e da qualche mese nuo-vo presidente nazionale dell'Aidu.Quali obiettivi si pone ilvostro con-vegno nazionale Università 2020?Riportare all'ordine del giorno nelmondo accademico una modalità diapproccio nuova. In questi anni l'Ai-du ha messo radici e il convegnovuole essere l'occasione per dareslancio al nostro lavoro, che è aper-to al dialogo con tutti. I nostri valoridi riferimento, anche se non esplici-tati nella sigla dell'associazione, so-no quelli della cultura cattolica, chenonvengono certo meno in un con-testo di dialogo con chi appartienea posizioni culturali differenti. Delresto anche nel nostro convegno vi

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sono relatori che non sono dell'areacattolica.Perché ritenete utile la presenza diun'associazione di docenti univer-sitari?L'associazionismo esiste anche tra idocenti universitari, ma si trattaspesso di realtà limitate all'area di-sciplinare della propria materia. Ilnostro obiettivo comeAidu è di ave-re un approccio a carattere interdi-sciplinare, che superi anche la di-mensione individualista in cui undocente universitario può rifugiarsi.Eppure restiamo convinti che il con-fronto interdisciplinare abbia rica-dute anche sul proprio specifico. Siainsomma un valore aggiunto.Altra novità del convegno l'atten-zione che ponete al tema degli stu-denti. Perché?È vero, a loro dedichiamo la metà dei

lavori (in particolare la mattinata, n-dr). Anche questo rientra nell a nostraconcezione di associazione, che nonvuole essere legata soltanto alla con-testazione degli aspetti critici dellaburocrazia accademica, ma intendesuperare l'approccio esclusivamen-te scientifico o sindacale. Uno sguar-do più ampio attento alle persone.Un confronto ampio con tutti senzaesclusioni e, ovviamente, senza di-menticare i problemi che viviamonegli atenei.Dunque coinvolgendo anche glistudenti?Ma questo è il compito dell'univer-sità e dei suoi docenti. Noi dobbia-mo partire dai ragazzi, dagli studen-ti, che sono al centro dell'università.È lì che bisogna lavorare, per far cre-scere la loro formazione e prepara-zione. È fondamentale, a questo ri-guardo, analizzare e riflettere sulladidattica e la ricerca che si compio-no in università. La qualità dell'in-segnamento risente oggi dell'assen-za o della diminuzione della ricercascientifica universitaria. E su questodobbiamo riflettere.Lei parla di attenzione alla didatti-cain università. Si può forse ipotizz-

percorsodiforazione alladi-dattica per i docenti universitari?Non si tratta di utopia pura. Bastipensare che nelle vicine Slovenia eCroazia negli atenei sono state spe-rimentate forme di aiuto nella di-dattica tra docenti universitari. Una

collaborazione tra di loro, anche perimparare. A volte penso che le mi-gliori idee nascono anche nelle caf-fetterie degli atenei, e non solo nei la-boratori. Incontrarsi, dialogare condocenti di altre discipline, confron-tarsi permette di allargare lo sguar-do, la mente e le idee.Nel titolo del convegno indicate lad ata de12020 . Avete già idea di qu al-che traguardo da riungere?Senza voler anticipare le conclusio-ni, si può, però, dire che vi sono al-cune questione dirimenti. Pensiamoall'offerta formativa: noi abbiamolaureati ben preparati sul lato scien-tifico e nozionistico per le loro pro-fessioni, ma nel loro percorso di stu-di non abbiamo mai aiutato loro aporre la loro professionalità in con-tatto con gli altri. Prendiamo un lau-reato in medicina: sa tutto del corpoumano, ma nessuno gli ha detto co-me relazionarsi con i pazienti. E gliesempi potrebbero continuare an-che per altre professioni. Un secon-do aspetto è la necessità di una pro-grammazione amministrativo-bu-rocratica chiara e condivisa che noncambi le carte in tavolo all'ultimomomento. Infine la valorizzazionedel patrimonio rappresentato daquei docenti che sono giunti allapensione, ma che potrebbero dareancora molto, senza togliere spazioai giovani professori. Le sfide, comevede, sono molte.

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Atenei tra innovazione e tradizione, sfida possibileMARINA ToMARRORo1vIA

na università che sente la necessità di tro-vare una innovazione nei metodi di inse-gnamento, ma che nello stesso tempo vuo-

le cercare di conservare le stesse regole proponen-do, però, differenti strategie. È questa la sfida im-pegnativa affrontata nel seminario di studi «Co-noscenza, trascendenza e verità. Dialogi de ratio-nibus scientiae etcaritatis», che si è svolta ieri a Ro-ma alla Pontificia Università Lateranense. L incon-tro, promosso dall'Ufficio diocesano per la pasto-rale universitaria di Roma, è stato organizzato inpreparazione al Giubileo delle università e dei Cen-tri e delle Istituzioni dell'Alta formazione artisticae coreutica che si svolgerà dal 7 all'11 settembreprossimo a Roma sul tema «Conoscenza e miseri-cordia».«Noi docenti - ha spiegato Paolo Colombo che in-segna all'Università Cattolica del Sacro Cuore diMilano - abbiamo una grande responsabilità etica

Colombo (Cattolica): docenti hanno responsabilitàversoi giovani . Inguscio (Cnr): migliorare la vita dellepersone . Il vescovo Raspanti : teologia non sia astratta

verso gli studenti, e quindi diventa fondamentalecapire quali valori vogliamo trasmettere attraver-so il nostro insegnamento». E mettendo in evidenzauna visione spesso sbagliata della generazione gio-vanile, rappresentata come distratta e disinteres-sata a tutto, il docente ha sottolineato. «Non è ve-ro che i giovani non hanno più in cosa credere - haspiegato Colombo -: io trovo che loro possiedanoun bagaglio di conoscenze amplissimo confronta-to al nostro, sanno probabilmente molte più cosed quanto immaginiamo, però tocca a noi aiutarli atirarle fuori, a dare a questo bagaglio un ordine euna forma. Con loro non servono lezioni che sonoin realtà noiosi monologhi, ma costruttivi dialo-ghi, solo così potremo aiutarli davvero».Fondamentale per le università sono anche lo svi-luppo sempre maggiore della ricerca. «Il nostro sco-po - ha spiegato Massimo Inguscio presidente delConsiglio nazionale delle ricerche (Cnr) - è quellodi migliorare la vita delle persone. Non si fanno stu-di su cose astratte ma sulla quotidianità dell'uo-mo». E una delle basi più importanti, è una sem-pre più stretta collaborazione tra il Cnr e gli atenei,per favorire anche una multidisciplinarità tra lematerie. «Noi - ha continuato Inguscio - stiamo la-vorando molto per ottenere questo risultato, per-ché solo interagendo insieme si potrà trarre un u-tile beneficio per la conoscenza e per la ricerca».E proprio sul tema specifico dell'incontro, mode-rato da Gianfranco Marcelli, già vicedirettore diAv-venire, è intervenuto Antonino Raspanti, vescovodi Acireale, presidente della Commissione episco-pale per la cultura e le comunicazioni sociali. «Percomprendere la fede e perciò la verità della ragio-ne teologica - ha spiegato Raspanti - è necessarioindirizzarsi verso lo studio di una struttura tra-scendentale della persona umana, e perciò dellacoscienza credente. Ma non bisogna fermarsi aduna ricerca solo teorica, è necessario infatti che lostudio della teologia diventi il progetto di un cre-dente, che però fa partire la sua analisi con lo sguar-do di colui che non crede, ma in grado di apprez-zare la ratio di un senso universale della fede».

Il Rettore Gianmaria Ajani presenta il progetto di scuola e lavoro all'interno dell'Ateneo

ELAK rirà le sue porte«L'Università apanche agli allievi delle superiori»

L'Università degli Studi di Tori-no si prepara ad aprire le porteagli allievi delle superiori con unprogetto di «alternanza» tra teoriae pratica, «scuola e lavoro», perduecento ore che gli studentidovranno passare, negli ultimi treanni del ciclo, in un'aziendaoppure tra uffici, biblioteche, la-boratori di qualche facoltà, perfarsi un'idea concreta di quantopotranno scegliere una volta con-seguita la maturità. Il Rettore,Gianmaria Ajani, sta definendo icontorni del progetto con la dire-zione dell'Ufficio scolastico re-gionale.

Professor Ajani, oltre a "tiro-cini" nelle aziende , gli stu-denti che ci si potrebbe au-gurare di avere come futurematricole , potranno non solotastar con mano il lavoro maavere anche una sorta diorientamento preliminare?

«Esatto, l'idea ha questi duevantaggi: da un lato renderliconsapevoli di quale è il lavoroche si svolge all'Università degliStudi e dall'altro fornire loro unprimo orientamento. Il progetto acui stiamo pensando è quello dioffrire le nostre aule, bibliotechee laboratori per spendere le due-cento ore che si prevede passe-

ranno in aziende o in altri luoghinegli ultimi tre anni delle superio-ri».

Non che vi manchino glistudenti, visto che negli ulti-mi cinque anni il trend diiscritti al primo anno è incostante aumento, dai17.931 del 2011 ai 19.009 del2015. L' offerta formativa chemettete a disposizione è suf-ficientemente considerata inquella che si dice, con fie-rezza , "città universitaria"?

«Torino ha un'offerta culturaleampia in una dimensione che nonè quella di una metropoli, disper-siva come può essere Romaspecie per uno studente cheviene da fuori: 100mila studentisu 900mila abitanti è un rapportoottimale. Il tema da risolvere èquello degli spazi, un problemache condividiamo con il Politecni-co, perché va bene aumentare leimmatricolazioni, ma servono lestrutture, come quelle sportive,altra questione su cui lavoriamo

molto con il Cus Torino. Non insecondo piano vengono i traspor-ti: gli studenti devono poter con-tare su una rete efficiente perspostarsi. Sono tre grandi coseda tenere in considerazione perattirare gli studenti, che scelgonoanche in base all'offerta di infra-strutture».

Non si può più dire che alivello di numeri , visti anchegli ultimi dati di Almalaureache vi indicano con ottimepercentuali di laureati in in-gresso nel mondo del lavoroe in tempi rapidi , siate incompetizione con il Politec-nico...

«Non può esserci nessuna sfida,perché offriamo percorsi formati-vi diversi, come differenti sono lecompetenze. Loro formano inge-gneri e architetti, noi tutti gli altri.Siamo complementari, nel caso.Noi abbiamo quello che loro nonhanno, loro hanno quello che noinon abbiamo».

Enrico Romanetto

d'Università aprirà le sue porteanche aylf allievi delle superiori„

UN OBBLIGO ANCHE PER CHI VA NEI LICEI E ALL'UNIVERSITÀ

Il segreto tedesco si chiama PracticumOpto settimane in uffici e fabbriche

di ROBERTOGIARDINA

ffi BERLINOMESI fa sono andato a trovareun'amica in ospedale. Alle 18 èarrivato un ragazzo a portarle lacena. Un liceale che svolge unpracticum. Vuoi fare il medico?gli ha chiesto la mia amica, ol'infermiere? Non lo so, harisposto lui, ma intanto faccioesperienza. Questo è il sistemaduale tedesco. Nessun giovaneviene mandato allo sbaraglio olasciato a se stesso. Gli studentisono tenuti a svolgere un'attivitàpratica durante il liceo, ol'università. E uno dei segreti delsuccesso tedesco, un misto diteoria e di pratica. Anche graziea questa combinazione ladisoccupazione giovanile è dipoco superiore al 6Y ,,, contro ilnostro 40. La scuola tedesca ècompetenza dei Länder, e quindivaria molto di regione in regione.La selezione avviene presto e giàdopo le elementari l'allievo vieneindirizzato verso il ginnasio chegli apre le porte dell'Università, ole scuole professionali.

MA IN ogni caso la scuola rimanesempre collegata al mondo dellavoro. Il giovane primadell'Abitur, la nostra licenzaliceale, o del diplomaprofessionale, seguirà diversicorsi pratici, secondo le sueinclinazioni, o in base alle offertedelle aziende, che cercano -iselezionare in anticipo i lorodipendenti. In genere il practicumdura otto settimane, scaglionate

durante l'anno scolastico:secondo la regione, possonoessere raggruppate, oppure ilragazzo si divide tre o quattrogiorni alla settimananell'azienda e due a scuola. Ealla fine del practicum supera unesame e riceve una sorta dipatentino. Non tutti potrannogiungere all'Università. E alcunefacoltà sono a numero chiuso,come quella di medicina, mal'aver seguito un corso dainfermiere durante il liceo faguadagnare punti e renderepossibile l'iscrizione, sia pure inritardo. Anche all'Università lostudente dovrà seguire corsipratici. A chi vuole iscriversi afilosofia, ad esempio, verràchiesto già al primo giorno ilperché . Nessuno potrà giungerealla laurea non preparato asvolgere un'attività anche nondirettamente collegata agli studiseguiti. `Vrei Alonate Uni, dreiMonate Biiro", è il sintetico titolodel settimanale, Die Zeit", tremesi università e tre mesi iníficio. In Germania mancanoaOmila posti di apprendista, e leaziende offrono condizioniparticolari per attirare i giovanipiù promettenti. Nelle imprese siha bisogno di almeno un milionedi lavoratori all'anno per iprossimi 5 anni.

CHI HA una laurea in ingegneriameccanica si può mettereall'asta: ne mancano ZOmila, puòscegliere l'azienda e il luogo chepiù gli piace. E il tedesco non èrichiesto.Igiovani europeiarrivano aBerlino, ma non hannola preparazione richiesta eignorano spesso la lingua. LaGermania ha lanciato ilprogramma Jobs of mÿ Life, perreclutare" i ragazzi dai 18 ai 27

anni in Italia o altrove. Perquattro anni riceveranno ancheun compenso, 818 euro al mese,potranno seguire corsi di tedescogratuiti, e se vanno in Germaniaper uno stage, avranno anchel,'alloggio, e i viaggi gratis perandare a casa durante levacanze.

IL NOSTRO ATENEO ESESTO DOPO LA BOCCONI, IL POLITECNICO, LA CATTOLICA, LA LUISS E TOR VERGATA

laureati a ll'Università di Parmatra i più pagati di tutt'ltal iaII rettore Borghi: «L°otti o risultato è legato alla scelta di premiare il merito»

tt L'Università di Parma si col-loca al sesto posto in Italia per laretribuzione media dei laureatinel primo decennio dal conse-guimento del titolo.

Lo decreta l'University Report2016 dell'Osservatorio JobPri-cing, recentemente pubblicato.

Per i laureati dell'Università diParma la retribuzione media è di30.636 euro, il 3,6% in più dellamedia nazionale.

Ottime notizie dunque per l'A-teneo, che rispetto al decimo po-sto del 2015 (con retribuzionemedia di 29.894 euro) ha gua-dagnato cinque posizioni in clas-sifica.

Davanti a Parma la Bocconi, ilPolitecnico di Milano, la Catto-lica di Milano, la Luiss di Roma eRomaTorvergata: tre universitàprivate e due statali.

L'Università di Parma ha mi-gliorato il proprio punteggio an-che nel ranking relativo agli anninecessari da parte dei laureatiper ripagare il proprio corso distudi.Parma, con 13,4 anni per gli

studenti in sede (14 nella clas-sifica dell'anno scorso) e 14,3 an-ni per gli studenti fuori sede (15nel ranking 2015), si colloca alquinto posto in Italia, dopo ilPolitecnico di Milano, la Bocconidi Milano, la Cattolica di Milano,il Politecnico di Torino.

«L'ottimo risultato conseguitodall'Università di Parma - com-menta il rettore Loris Borghi - èsenz'altro legato alla politica in-clusiva condotta in questi armidall'Ateneo: alla scelta di dare lapossibilità di studiare a tutti, an-che a chi ha meno possibilità, e di

premiare il merito. Tutto questoviene apprezzato dalle imprese,che premiano i nostri laureaticon retribuzioni medie piuttostoalte: è un riconoscimento allaqualità della nostra offer-ta». 4 r.c.

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I laure#i alf'Vnlverslcz di Parolara i vi. pagatl di WfiItaf

Piero Carninciwww.lespresso.it - [email protected]

Prosegue sulle nostre pagine il dibattito sul progettomilanese: l'intervento di uno studioso del genoma

Perché ci servelo Human TechnopoleHO SEGUITO CON ESTREMO INTERESSEda Yokohama la discussione attorno alloHuman Technopole e all'opportunitàche questo progetto offre all'Italia dientrare, finalmente, nella ricerca scienti-fica sul genoma. Creando, allo stessotempo, una piattaforma di conoscenzepoco sviluppate in Italia, che ci portereb-bero finalmente al livello dei Paesi guidanella scienza e nell'innovazione. Ho la-sciato l'Italia 21 anni fa per seguire ilsogno di decifrare il genoma. Ho avutola fortuna di iniziare il mio "postdoc" alRiken, un istituto indipendente suppor-tato dal governo giapponese che si foca-lizza su grandi temi, tra cui neurobiolo-gia,genomica e biologia rigenerativa. Hopotuto partecipare alla costruzione delcentro in cui abbiamo sviluppato tecno-logie per mappare su larga scala geniumani, studiando in particolare le condi-zioni in cui l'attività del genoma diventadifettosa, causando malattie.

Per il successo di questi progetti è statoessenziale importare conoscenze nonpresenti in Giappone, costruendo il Fan-tom, un consorzio internazionale con piùdi 250 ricercatori da oltre venti Paesi, cheha proiettato il Riken a livello mondialee promosso un vivissimo scambio di ri-cercatori: il 62 per cento di quelli coin-volti oggi sono giovani talenti stranieri.

Ma torniamo all'Italia e allo HumanTechnopole che dovrebbe sorgere a Mi-lano, e chiediamoci il perché di una pro-posta il cui senso è stato oscurato dallepolemiche. Prima di tutto bisogna dirciuna verità. Le conoscenze relative al ge-noma e la drammatica evoluzione tecno-logica stanno cambiando la medicina piùvelocemente di quanto molti scienziati

pensano: ottenere la mappa di un geno-ma per una diagnosi è fattibile. Il costo disequenziamento di un genoma sta preci-pitando, avvicinando questa scienza allecure sanitarie in un orizzonte compresotra 5 e 10 anni. La ricerca promette disconfiggere i tumori e altre malattie,come quelle neuro-degenerative, anchese c'è molto da fare: è necessario costru-ire database genomici connessi alle car-telle cliniche di migliaia di persone. Vanotata l'importanza delle mutazionigenetiche specifiche di una popolazione:sebbene i genomi umani siano per il 99,9per cento identici tra loro, ci sono diffe-renze che accomunano specifiche popo-lazioni, come quella italiana.

DA QUESTA PRIMA VERITÀ ne deriva unaseconda, altrettanto scomoda: la cono-scenza in questo campo non progredisceautomaticamente. Stati Uniti, Giappo-ne, Cina stanno programmando grossiinvestimenti. In Italia non ci sono pro-getti comparabili per creare conoscenzecomparabili, database, ricercatori emedici competenti. Per ottenere questetecnologie vedo due scenari possibili:iniziare a lavorarci anche noi il primapossibile; oppure - e sarebbe una sceltacatastrofica - importare soluzioni pre-parate da altri, pagandole a caro prezzoed esponendoci al rischio di essere ilsoggetto debole di una distribuzionedelle scoperte non egualitaria. Uno sce-nario che, peraltro, non comprendereb-be l'uso di varianti genetiche italiche ealtre influenze ambientali particolari.Attuare questi grandi progetti in Italiasecondo standard internazionali è dun-que imperativo. Non avendo tutte le

expertise necessarie, bisogna attrarledall'estero. Questo tipo d'investimentoha una natura diversa dalla ricerca uni-versitaria. I grandi progetti richiedonoanni di organizzazione, centinaia di per-sone e un'essenziale continuità per co-struire linee di produzione coordinate frateam diversi. Giustamente, lo HumanTechnopole propone il coordinamentotra la produzione di dati e di analisi tradiversi centri ricerche, finalizzati perprogetto. È vero che per questi progettiservono molti fondi ma il ritorno è enor-me: 141 dollari ogni dollaro investito,hanno calcolato negli Stati Uniti.

UNA SIMILE ORGANIZZAZIONE va mol-to al di là di un laboratorio accademico,dove la libertà di condurre ricerca esplo-rativa è più centrale. Chiaramente, inparallelo agli investimenti nei grandiprogetti, investire nella ricerca di base ènecessario per le idee del futuro. Ma lanatura di questo genere di ricerca è di-versa da quella, altrettanto essenziale,che dev'essere sviluppata in grandi pro-getti come quello dello Human Techno-pole. Perciò trovo paradossale la discus-sione che si è sviluppata tra l'accademiae i sostenitori del Technopole. Franca-mente, spero che l'Italia superi i dubbi eattui questo grande progetto, essenzialenon solo per la scienza ma per applicarein modo massiccio nella società cono-scenze che stanno diventando mature.Gli italiani se lo meritano.

Piero CarninciDirettore della Divisione

di Tecnologie del GenomaCentro per le Tecnologie della Vita

RIKEN Y okohama Campus

Rícerca essen ziale per la buon.a curaAnelli: «Preziosa per l'intera società». M onsignor Zani : unire scienza e coscienza

ALESSIA GUERRIERIRomA

- 1 cibo come cura, non solo co-me nutrimento per vivere. Ruo-tano intorno al valore del man-

giare per stare in salute alcuni deiprogrammi di ricerca, conclusi oin itinere, della facoltà di Medicinae chirurgia dell'università Cattoli-ca e della Fondazione PoliclinicoGemelli, presentati in occasionedellaV edizione della Giornata perla ricerca. Si va dalla genetica cheaiuta a costruire diete personaliz-zate per prevenire malattie renalied epatiche, a nutrienti "amici" delbambino fin dal grembo materno,ai cibi migliori per rallentare i na-turali processi dell'invecchiamen-

to. Tutte ricerche portate avanti dagiovani "cervelli", che ieri nell'o-spedale romano hanno dato soloun accenno dell'impegno del Ge-melli sul fronte dell'innovazionebiomedica: 700 programmi attivi,253 nuovi progetti non profit e ol-tre 19 milioni di euro di finanzia-menti in ricerca nel 2015 (per il2016 si prevedono più di 570 spe-rimentazioni).Il progresso delle conoscenza, in-fatti, «è prezioso per l'intera so-cietà». A ricordarlo il rettore dell'a-teneo del Sacro Cuore Franco A-nelli, insieme all'impegno di «chidedica il proprio tempo a realizza-re la nostra missione» con studi dieccellenza. Menti brillanti premia-te accanto alla Fondazione Ferrero

di Alba, che ha ricevuto l'onorifi-cenza dedicata a Giovanni Paolo II«per il suo spirito sociale». Quel chenon va dimenticato, perciò, è che«la buona ricerca è essenziale perlabuona cura - gli fa eco il presiden-te Fondazione Gemelli, GiovanniRaimondi - ponendo sempre lapersona al centro» e rafforzando lerisorse economiche «che pubblicoe privato devono destinare ai ricer-catori». Anche perché la ricerca èl'inizio di una buona assistenza.«Non è possibile fare un'assistenzamoderna e aggiornata - sottolineail preside di Medicina, Rocco Bel-lantone - se gli stessi operatori me-dici non sono coinvolti in ricerchedi altissimo livello».Se non ci fosse la ricerca «l'istitu-zione universitaria non raggiunge-rebbe la sua natura e vocazionespecifica». Il segretario della Con-gregazione per l'educazione catto-lica monsignor Angelo VincenzoZani, cita la costituzione apostoli-ca Ex cordeEcclesiae per ribadire co-me «il dialogo e l'unità dei saperinel campo della ricerca fanno del-l'ambiente accademico un luogo dicollaborazione fra le persone, nelcontinuo dialogo fra scienza e fe-de», unendo scienza e coscienza.In più, aggiunge l'assistente eccle-siastico generale dell'ateneo catto-lico monsignor Claudio Giuliodo-ri, la ricerca «fatta con impegno epassione è espressione eminentedella misericordia».

GIULIANOALIIFFI

Virtualmentegli italianievadono il fiscocome gli svedesiNonostante lo stereotiponazionale, di fronte alle tassenon siamo più disonestidi un popolo che ha una famadecisamente migliore dellanostra: gli svedesi. Almenoquesto sostiene uno studiopubblicato su Frontiers inPsychology da un team diitaliano (Istituto universitarioeuropeo di Fiesole, UniversitàMilano-Bicocca e Universitàdi Alessandria) e svedese. Lostudio ha coinvolto 638 soggettiappartenenti alle due nazioni,ai quali è stato assegnato uncompito pagato con 10 monetevirtuali per riga. Poi è statochiesto loro di «riportare quantoguadagnato, per motivi fiscali»(avvertendo che il 5 per centodelle dichiarazioni sarebberostate verificate, e chi mentivaavrebbe subito una multa parial doppio del guadagnato).Risultato: l'onestà mediadi italiani e svedesi è identica.Anche se gli italiani, rispettoagli svedesi, tendevanoa mentire di più per piccolesomme. Gli svedesi, invece,per le grandi.