Un Marocco invernale - Viaggi Avventure nel Mondo · 2013-08-01 · Lo intervalla con frasi in...

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. 108 - Avventure nel mondo 2 | 2012 .................. ....................................................... sporca il verde dei laghi che riprende appena ci si allontana dai corsi d’acqua. Navigando uno dei fiumi siamo giunti alla grotta di Puong. Si tratta di una cavità che perfora completamente la montagna, il fiume si getta nella grotta e la percorre totalmente. All’inizio della grotta un piccolo attracco permette di scendere e di percorrere accanto al fiume i trecento metri di lunghezza della grotta arrivando all’altra luce. Un forte odore di guano dovuto ai pipistrelli accoglie i visitatori ma è emozionante intravedere nell’oscurità l’acqua che scorre, le pareti rocciose, stalattiti, stalagmiti e le altre svariate forme dovute all’erosione della roccia calcarea. Tornati in barca e percorso all’indietro un altro tratto di fiume si giunge ad un approdo e da lì con una breve passeggiata alle cascate di Dau Dang. Durante il percorso un accorto compagno di viaggio ci fa osservare alcuni insetti tra cui un ortottero dal colore verde brillante con “rifiniture” bianche e nere e un insetto stecco lungo una quindicina di centimetri e dallo spiccato mimetismo. Il fiume si rompe in piccole e numerose cascatelle e dall’acqua fangosa e gialla si genera una dinamica schiuma bianca. Tornando alla barca ci fermiamo per uno spuntino insieme ad altri turisti per la maggior parte vietnamiti presso una palafitta adibita a “ristorante”. Sulla via del ritorno al villaggio, sul lago di giada verde con al centro un minuscolo isolotto con rocce e alberi il cui profilo si staglia nel cielo, possiamo osservare ancora pescatori, donne, bambini su esili ma solide zattere composte da sei lunghe canne di bambù legate tra loro, e sulle sponde dei fiumi bufali che silenziosamente e lentamente si rotolano nel fango color ocra, mentre il sole si avvia al tramonto. Ultima tappa è stata un piccolo tempio buddista in cima ad un basso isolotto. A cena, sulla veranda abbiamo mangiato lo spirito delle acque del fiume, il grande lottatore, colui che non ha saputo trovare giustificazioni alla prevaricazione dell’uomo. Il buio avvolse di nuovo il verde gioiello incastonato tra i monti e il mattino successivo salutammo con tristezza il lago, gli spiriti delle acque e il popolo Thay ma con la consapevolezza che presto avremmo ammirato un’autentica meraviglia: la baia di Ha Long. 03 04 01 La baia di Halong 02 Pescatore e lo spirito del fiume 03 La coltivazione del riso 04 Pescatore TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco E bbene sì. Ritorno in Magreb dopo molti anni. Nel 2001 ero stato un partecipante del Marrakech Express e un autista delle autovetture prese a noleggio, oggi sono coordinatore della versione soft, a bordo di un pulmino con autista. Quando Avventure mi ha proposto questo viaggio, non ho esitato un istante ad accettare. Il Marocco è un Paese affascinante e il tempo trascorso dal primo viaggio, ne aveva così affievolito il ricordo, che ho pensato che valeva senz’altro la pena di rinfrescare la memoria. Tornare sui propri passi a distanza di tempo è come sfogliare l’album dei ricordi, con la differenza di riscoprire i vecchi luoghi con un’ottica diversa, con un atteggiamento più maturo e con la consapevolezza di poter capire quanto un Paese sia progredito e con quale ritmo. Il viaggio, nonostante il trascorrere del tempo, non è cambiato, né si è arricchito con nuove proposte di coordinatori in cerca di scoperte. Probabilmente l’itinerario è così collaudato e intenso, che non rimane che stabilire i tempi delle tappe e cosa vedere o tralasciare. E che dire della cosmopolita Marrakech, dove si può respirare un’aria che riconduce indietro nel tempo; che riporta a quell’indimenticata atmosfera che, a qualche oramai canuto ex figlio dei fiori, fa accapponare ancora la pelle e che, a distanza di tempo, ancora riesce a far percepire (parlo di me ovviamente). Insomma, un viaggio da fare o da ripetere, per la scoperta di panorami bellissimi, di vestigia del passato più o meno recenti, non a caso assurte a patrimonio dell’umanità. Un viaggio da dedicare alla conoscenza e all’incontro con una popolazione orgogliosa del proprio “modus vivendi”, e contemporaneamente vogliosa di trasmetterlo a chiunque gli si avvicina per conoscerlo; a chiunque sia disposto a spogliarsi dei vezzi occidentali della superbia e dell’alterigia, o peggio, ad ornarsi di sgradevoli pregiudizi. Questo che segue è il racconto di questo magnifico viaggio. Testo e foto di Maurizio Fonzo Un Marocco invernale da un Marrakech Soft gruppo Fonzo 01

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sporca il verde dei laghi che riprende appena ci si allontana dai corsi d’acqua. Navigando uno dei fiumi siamo giunti alla grotta di Puong. Si tratta di una cavità che perfora completamente la montagna, il fiume si getta nella grotta e la percorre totalmente. All’inizio della grotta un piccolo attracco permette di scendere e di percorrere accanto al fiume i trecento metri di lunghezza della grotta arrivando all’altra luce. Un forte odore di guano dovuto ai pipistrelli accoglie i visitatori ma è emozionante intravedere nell’oscurità l’acqua che scorre, le pareti rocciose, stalattiti, stalagmiti e le altre svariate forme dovute all’erosione della roccia calcarea. Tornati in barca e percorso all’indietro un altro tratto di fiume si giunge ad un approdo e da lì con una breve passeggiata alle cascate di Dau Dang. Durante il percorso un accorto compagno di viaggio ci fa osservare alcuni insetti tra cui un ortottero dal colore verde brillante con “rifiniture” bianche e nere e un insetto stecco lungo una quindicina di centimetri e dallo spiccato mimetismo. Il fiume si rompe in piccole e numerose cascatelle e dall’acqua fangosa e gialla si genera una dinamica schiuma bianca. Tornando alla barca ci fermiamo per uno spuntino insieme ad altri turisti per la maggior parte vietnamiti presso una palafitta adibita a “ristorante”. Sulla via del ritorno al villaggio, sul lago di giada verde con al centro un minuscolo isolotto con rocce e alberi il cui profilo si staglia nel cielo, possiamo osservare ancora pescatori, donne, bambini su esili ma solide zattere composte da sei lunghe canne di bambù legate tra loro, e sulle sponde dei fiumi bufali che silenziosamente

e lentamente si rotolano nel fango color ocra, mentre il sole si avvia al tramonto. Ultima tappa è stata un piccolo tempio buddista in cima ad un basso isolotto. A cena, sulla veranda abbiamo mangiato lo spirito delle acque del fiume, il grande lottatore, colui che non ha saputo trovare giustificazioni alla prevaricazione dell’uomo. Il buio avvolse di nuovo il verde gioiello incastonato tra i monti e il mattino successivo salutammo con tristezza il lago, gli spiriti delle acque e il popolo Thay ma con la consapevolezza che presto avremmo ammirato un’autentica meraviglia: la baia di Ha Long.

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01 La baia di Halong02 Pescatore e lo spirito del fiume03 La coltivazione del riso04 Pescatore

TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco

Ebbene sì. Ritorno in Magreb dopo molti anni. Nel 2001 ero

stato un partecipante del Marrakech Express e un autista delle autovetture prese a noleggio, oggi sono coordinatore della versione soft, a bordo di un pulmino con autista. Quando Avventure mi ha proposto questo viaggio, non ho esitato un istante ad accettare. Il Marocco è un Paese affascinante e il tempo trascorso dal primo viaggio, ne aveva così affievolito il ricordo, che ho pensato che valeva senz’altro la pena di rinfrescare la memoria. Tornare sui propri passi a distanza di tempo è come sfogliare l’album dei ricordi, con la differenza di riscoprire i vecchi luoghi con un’ottica diversa, con un atteggiamento più maturo e con la consapevolezza di poter capire quanto un Paese sia progredito e con quale ritmo. Il viaggio, nonostante il trascorrere del tempo, non è cambiato, né si è arricchito con nuove proposte di coordinatori in cerca di scoperte. Probabilmente l’itinerario è così collaudato e intenso, che non rimane che stabilire i tempi delle tappe e cosa vedere o tralasciare. E che dire della cosmopolita Marrakech, dove si può respirare un’aria che riconduce indietro nel tempo; che riporta a quell’indimenticata atmosfera che, a qualche oramai canuto ex figlio dei fiori, fa accapponare ancora la pelle e che, a distanza di tempo, ancora riesce a far percepire (parlo di me ovviamente). Insomma, un viaggio da fare o da ripetere, per la scoperta di panorami bellissimi, di vestigia del passato più o meno recenti, non a caso assurte a patrimonio dell’umanità. Un viaggio da dedicare alla conoscenza e all’incontro con una popolazione orgogliosa del proprio “modus vivendi”, e contemporaneamente vogliosa di trasmetterlo a chiunque gli si avvicina per conoscerlo; a

chiunque sia disposto a spogliarsi dei vezzi occidentali della superbia e dell’alterigia, o peggio, ad ornarsi di sgradevoli pregiudizi. Questo che segue è il racconto di questo magnifico viaggio.

Testo e foto di Maurizio Fonzo

Un Marocco invernaleda un Marrakech Soft gruppo Fonzo

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29 Dicembre: Milano/Roma – Casablanca Il rendez-vous del gruppo è a Roma. I partenti da Milano hanno nove ore di tempo dal loro arrivo nella capitale alla partenza per Casablanca. Decidono così di impiegarlo in un centro commerciale per cercare di acquistare, per un partecipante sprovvisto, un sacco a pelo necessario per la notte nel deserto. Gran comodità poter ritirare i documenti di viaggio direttamente in aeroporto ma è inevitabilmente impossibile recuperare un ulteriore quaderno di viaggio del Marocco per chi si è iscritto ventiquattro ore prima della partenza. In questo viaggio mi farà compagnia Simone, mio figlio, e un quaderno di viaggio in due è più che sufficiente, così Rita avrà il suo. La nomina del cassiere è più semplice del previsto. Chi se non chi si chiama Cassetta ed è laureata in economia e commercio? Giorgia, sei stata nominata! Parlare del viaggio al gruppo? Sembra semplice. Pur non essendo un gruppo numerosissimo, c’è sempre chi svicola a destra e a manca e, poiché non mi piace ripetermi (dovrò farlo spesso), rimando il tutto a quando saremo in albergo a Casablanca. Il volo è senza problemi e in perfetto orario siamo a Casablanca. Prendiamo quattro “gran taxi” che sarebbero costati 250 dirham l’uno, ma non abbiamo valuta locale e così paghiamo in euro, con la solita “gabella” del cambio arrotondato. Un euro pari a dieci dirham. In albergo, assegnate le camere, finalmente parlo al gruppo che non sembra molto interessato. Stanchi? La cosa che sembra interessare di più è quando accenno alla possibilità di dover sopportare qualche disagio, nonostante il viaggio soft, dovuto al gran numero di gruppi presente in Marocco in questo periodo. L’atmosfera comunque non è preoccupata, anzi, fin troppo idilliaca! Vedremo a fine viaggio. 30 Dicembre: Casablanca – Meknès – Volubilis – Moulay Idriss – Meknès Stamattina, nella sala attrezzata per la colazione, tocchiamo con mano la consistenza dell’esercito di avventurieri presente in albergo. Non meno di cinque gruppi si contende nel buffet: cornetti, succhi di frutta,

marmellata e quant’altro. Sono sicuro che qualcuno ha dovuto farne a meno, senza peraltro accorgersene. Nella hall si aggirano cinque autisti in cerca di …coordinatore. Qualcuno ha detto al mio autista, Mohamed, che il capogruppo che cerca é calvo e con i baffi, così, quando un mio sosia me l’ha presentato, non mi sono meravigliato più di tanto. Alla fine tutto si sistema. Più difficile sarà sistemare una gigantesca Samsonite rosa shocking all’interno del bagagliaio del pulmino. Questo “reperto” era stato argomento di discussione via e-mail prima della partenza, ma avevo percepito che la legittima proprietaria, Paola, ne aveva parlato in tono scherzoso. Non potevo certo immaginare che dicesse sul serio! La mitica pink-valigia sarà oggetto di battute per tutto il viaggio. Ore 8:15, si parte. Prima di raggiungere Meknès, facciamo una breve sosta in autostrada per un caffè e in quest’occasione chiedo a Mohamed di propormi e prendere contatto con una guida per la visita della città. Alle 11:30 dinanzi alla Bab El Khemis, detta anche la porta del giovedì (per il mercatino che si teneva ogni giovedì) c’è ad attenderci il nostro “cicerone”. Avvolto in una palandrana rosso bordò, la nostra guida che parla solo inglese, ci condurrà nella visita dell’Hri Moulay Ismail (granai di Moulay Ismail), poi alla Medersa Bou Inania, antica scuola coranica che accoglie al suo interno una delle poche moschee che gli “infedeli” possono visitare. Poi ci spostiamo nella piazza El Hedim, da dove si può ammirare l’imponente e meravigliosa, porta Bab el Mansour, le cui colonne sono state realizzate con i marmi di Carrara e che immette nella città imperiale. Ci fermiamo sulla piazza per mangiare qualcosa poi di nuovo in marcia, direzione Volubilis, dove giungiamo alle 15:30. A giudizio di tutti Volubilis è un sito archeologico che non si può tralasciare di visitare. Ho fatto in modo di visitarlo al tramonto per valorizzare al meglio lo scenario al quale assistevamo e per suscitare emozioni che l’imbrunire può stimolare. Impareggiabili per bellezza e stato di conservazione, i mosaici della casa di Efebo che raffigura Bacco, della casa di Orfeo, della casa delle Nereidi e della casa delle Ninfe. Peccato che la nostra

guida assunta sul posto, nonostante parlasse un buon italiano, abbia avuto una gran fretta di terminare il lavoro per cui era stato pagato e, peccato per Giuseppe, la cui macchina fotografica ha smesso di funzionare sul più bello. Osservandola da Volubilis, Moulay Idriss con le sue bianche case, assomiglia a un candido cammello adagiato su di un prato verde. La raggiungiamo quando il sole è ormai tramontato. Mohammed ci indica di percorrere una strada in salita ma ben presto da questa se ne diramano molte altre, sicché quando un ragazzo si offre di accompagnarci accettiamo ben volentieri. Rita e Cinzia si attardano per degli acquisti, il gruppo non se ne accorge, e la frittata è fatta. Non riusciamo a ritrovarle, ma grazie al nostro accompagnatore eccole riapparire di nuovo. Raggiungiamo una terrazza da dove si può ammirare un panorama bellissimo, anche grazie ai giochi di luce del tramonto e delle nuvole che si tingono di rosso. Da qui è piacevolissimo osservarla per come appare, un presepe che si estende sotto i nostri piedi, appena illuminato dal rosso del tramonto che sta pian piano cedendo la scena ad un cielo stellato indimenticabile. E’ ora di tornare a Meknès e di andare in albergo. Ci rivediamo poco dopo per andare al ristorante Riad Bahia, dove incontriamo altri gruppi di Avventure. Prima di andarcene chiedo ai proprietari, guide storiche dei gruppi di Avventure, se conoscono qualche guida di Fez, per la visita del giorno dopo, ma tutte quelle di loro conoscenza sono già prenotate. Mi consigliano di chiedere in qualche grande albergo di Fez, loro sicuramente ne hanno a disposizione. Torniamo in albergo e prima di andare a dormire ci avventuriamo nel bar per una birra. C’è una calca terribile, assieme ad un’impenetrabile nuvola di fumo. Prendiamo delle birre e

le consumiamo nella hall. In poco meno di un’ora assistiamo all’arrivo di almeno altri quattro gruppi di Avventure. Com’è piccolo il Mondo!!!

31 Dicembre: Meknès – Fez – Ifrane – Gorge du Ziz Stamattina pioviggina, ma in direzione di Fez ci sono delle schiarite. Il prodigo Mohammed mi ha trovato una guida per Fez. Speriamo che non sia come quella di Meknès. Stavolta siamo fortunati, è uscito il sole e la nostra guida, Mohammed anche lui, sembra in gamba e parla un buon italiano. Lo intervalla con frasi in dialetto romanesco e milanese, che denotano familiarità con i turisti italiani. Se proprio devo segnalare un difetto, è quello di sembrare un po’ spocchioso e dispotico, ma va bene così. Ci fermiamo davanti alla casa reale, dove Mohammed ci invita a toccare il portone dorato. Sembra porti fortuna. Poi ci immergiamo nel quartiere ebraico con i suoi innumerevoli negozi e dove sui muri campeggiano scritte inneggianti al Real Madrid o al Barcellona (!?!?). Quindi visita ad una fabbrica di prodotti in ceramica. Ok, si poteva evitare, ma si sa, bisogna sempre pagare dazio all’ospitalità. Senza contare che alcuni oggetti, soprattutto i tavoli da giardino, erano di pregevolissima fattura e veramente molto belli. Inutile che eccepiate che ci vorrebbe il giardino! Lo so da me. Raggiungiamo la sommità di una collina e ammiriamo la città che si stende sotto i nostri occhi, ma il vento e il freddo ci fanno accorciare la presenza. E’ ora di immergersi nel suk, dove i miei partecipanti sembrano molto più interessati alle mercanzie, piuttosto che alla moschea e altre bellezze architettoniche che il nostro Mohammed ci propone. La nostra guida sembra intuire le preferenze del gruppo o, forse anche senza intuirle, ci conduce,

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Marocco

nell’ordine, in una farmacia, dove si possono trovare spezie, profumi, prodotti di bellezza, ecc.ecc. Da qui inizia lo shopping selvaggio, che si protrae nella conceria, dove comunque è interessantissimo vedere in quali condizioni di lavoro operano i lavoratori, e si conclude in un laboratorio tessile, dove si estrinseca il trionfo dell’acquisto sfrenato, parzialmente giustificato dalla necessità di dotarsi di foulard per il deserto. Abbiamo terminato la visita e usciamo dal suk, proprio quando inizia a piovere a dirotto. Fortunatamente il nostro pulmino è nelle vicinanze. Sosta per un panino da consumare sul pulmino e altra sosta per approvvigionarci di vino e spumante marocchino (!?!?) e birra. Stasera è l’ultimo dell’anno. La pioggia ci accompagna costantemente fino a Ifrane, dove decidiamo una sosta per un tè caldo. Sarà anche, come viene soprannominata, la piccola Svizzera, ma anche per la pioggia deve assomigliare all’Helvezia? Ripartiamo e ci fermiamo sul valico più alto dell’Atlante. Qualche temerario azzarda una foto sotto il cartello che indica i 2.178 metri s.l.m. Il vento e il freddo sono intensi, rimando a condizioni climatiche migliori un esigenza biologica, onde evitare il congelamento dell’organo preposto. Non si sa mai. La tappa è lunghissima e giungiamo nei pressi delle gole quando è già buio. Nonostante ciò la luna piena illumina quel tanto da lasciarci intravedere la bellezza del luogo. La strada si fa tortuosa e le nostre “sorelle Materassi”, ovvero Angela e Federica, mostrano quanto precedentemente mi avevano detto di temere. La guida sportiva di Mohammed e le vertigini per gli strapiombi che si riescono a intuire. Ovviamente è una sensazione di solo loro appannaggio e comunque siamo quasi arrivati. Alle 20 siamo in albergo, il tempo di sistemarci nelle ultime stanze disponibili (Claudio e Veronica dovranno ospitare un terzo e quarto incomodo), e ci ritroviamo nel grande salone per la cena, dove festeggeremo ben due capodanni a distanza di un ora l’uno dall’altro. Prima quello italiano e poi il marocchino. I berberi, che ci allietano con le loro percussioni, gradiscono un assaggio

del nostro panettone e torrone, ma soprattutto, mostrano di apprezzare lo spumante che dovrebbe essere proibito. Completa i festeggiamenti, un improvvisato trenino al ritmo di “Brigitte Bardot, Bardot” e sembra proprio quest’ultimo a mettere in imbarazzo gli sbigottiti e divertiti “cammellieri del deserto”.

1 Gennaio: Gourge du Ziz – Al Rachidia – Erfoud – Merzouga – Erg Chebbi Stamattina sveglia presto, ma perdiamo molto tempo per cercare una macchina fotografica misteriosamente scomparsa e poi ritrovata. Facciamo una prima sosta all’uscita dalle gole, dove fermiamo il pulmino per raggiungere le sponde del lago sottostante. Da lontano osserviamo il nostro pulmino e come questi faccia da calamita per tutti i pulmini successivi che trasportano gruppi di Avventure e che comunque si limitano a scattare foto per poi ripartire. Ci stiamo spostando sempre più a sud e le montagne che ci hanno accompagnato fino ad oggi, lasciano spazio ad aride radure, intervallate da oasi di palmeti, che fanno intuire che da lì a poco ci troveremo al cospetto dell’Erg. Ci fermiamo in un supermercato di Al Rachidia, dove compriamo il necessario per un pranzo al sacco. Una di queste oasi ospita le sorgenti di Mesky, meglio conosciute come sorgenti blu. In realtà, già la vista dall’alto non affascina molto e, scendendo, l’impressione è ancora peggiore, tant’è che vi dedichiamo non più di mezz’ora. Dopo pochi chilometri eccoci alla Kasbah Maadid, dove siamo attorniati da sedicenti guide e da torme di bambini imploranti. Qualcuno di noi ha paura, soprattutto quando, poco prima di uscire, subiamo gli improperi (e forse qualcosa di peggiore) da parte di un beduino su di un carro che crede di essere stato fotografato. La Kasba è comunque molto interessante da visitare. E’ ora di pranzo, percorriamo ancora alcuni chilometri e ci fermiamo lungo la strada in una bottega/bar, dove un gruppo di “Kasbah Marocco” ci cede i tavoli, avendo già pranzato. Quest’ultimo aspetto, assieme al fatto che molti gruppi ci avevano superato nella sosta al lago, mi fa preoccupare

circa l’affollamento che troveremo nell’accampamento berbero, e la nostra conseguente “sistemazione di fortuna”. Non trasmetto al gruppo questa mia preoccupazione che, ignaro, sta usufruendo dei caldi raggi di sole, insospettabili in questo periodo dell’anno. Mohammed invece ne approfitta per rivolgere una preghiera al suo Dio, inginocchiato verso la Mecca. Rinfrancati, ripartiamo fermandoci a Erfoud per approvvigionarci d’acqua per il deserto. La parola deserto deve incutere un certo timore. C’è chi immagina di non trovare un’oasi per dissetarsi, chi pensa di smarrirsi fra le dune, e chi (magari se lo augura) pensa di essere rapita da un maestoso e bellissimo Touareg. Sicché la scorta d’acqua assume proporzioni da catastrofe naturale. Pensate, ci sarà un cammello dedicato solo al trasporto della scorta d’acqua. Finalmente eccoci a Merzouga dove cominciamo a vedere da lontano le prime dune di un color ocra intenso. C’è un’altra preoccupazione che mi/ci accompagna per tutto il viaggio. Quella gran simpaticona di Paola (quella della Pink valigia, ricordate?), ha una gran paura di salire sul cammello, anche in considerazione della sua struttura fisica non proprio da silhouette. Gli avevo suggerito che, se possibile, avremmo potuto chiedere di utilizzare una 4x4 solo

per lei. Tanto gli è piaciuta questa soluzione che, per perorare la sua richiesta, si è improvvisata animalista e si è preoccupata della salute del cammello. Poverino! Giunti all’albergo dove lasceremo il grosso dei bagagli e prenderemo i cammelli, tutte le preoccupazioni si dimostrano infondate. Siamo il solo gruppo di Avventure in quest’albergo e lo saremo anche nel bivacco. Bene. Per quanto riguarda la 4x4, costa un occhio della testa e avrebbe dovuto pagarlo solo Paola che si convince a salire sul cammello. Non ci crederete. Paola si dimostrerà la più brava a sopportare l’andatura ondeggiante della nave del deserto, tanto che se la canta e se la ride. Che in un’altra vita sia stata la compagna di Lawrence d’Arabia? Tutto può essere. Il nostro accampamento è il più lontano di tutti e occorre circa un’ora e mezza per raggiungerlo. Le ombre lunghe dei cammelli si stagliano sulla sabbia sempre più scura. Un’atmosfera da sogno (o da incubo?) che pervade molti di noi, non certo Giuseppe e Claudio che non vedono l’ora di scendere. Cinzia ed io, avendo i cammelli vicini, scopriamo di avere la stessa passione per il mare e ne parliamo diffusamente, fino a quando Trude ci fa notare l’inopportunità in considerazione dell’ambiente che ci circonda. Che la “nave del deserto” abbia suggerito l’argomento? Finalmente 03

01 Passeggiata di gruppo su cammelli02 Passeggiata di gruppo su cammelli03 Il gruppo Fonzo

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siamo al bivacco, dove troviamo alcuni ragazzi spagnoli. Possiamo scegliere i nostri giacigli per la notte ma ci trasferiamo immediatamente nella tenda ristorante, l’unica riscaldata. Cena a lume di candela e poi patetico spettacolino dei percussionisti berberi. Meglio uscire dall’accampamento e trasferirsi sulle dune illuminate a giorno dalla luna piena. Il freddo accompagnerà il nostro sonno fino all’alba.

2 Gennaio: Erg Chebbi - Merzouga – Rissani – Gorge du Todra – Gorge du Dades Abbiamo preso accordi, ieri sera, per svegliarci all’alba e per vedere il sole che nasce fra le dune. Mi sono fatto carico di svegliare tutto il gruppo e, quando intravedo il chiarore dell’aurora, mi alzo rumorosamente per svegliare Simone, Giuseppe e Claudio che dormono nella mia tenda. Niente da fare, si girano dalla parte opposta e si rimboccano le coperte. Molto più solerti le fanciulle del gruppo (tranne Paola) che saltano subito fuori, Margherita addirittura in pigiama! Saliamo su una duna per osservare il sole che sorge. Peccato però che il nostro campo è collocato ai margini dell’Erg, e che il sole, che sorgerà alle ore 7:20, si alzerà da un orizzonte non di sabbia ma collinare e frastagliato. Torniamo all’accampamento, dove ci attende un tè caldo e che i maschi del gruppo, appena svegli, non riusciranno a sorseggiare. Si riparte immediatamente. Angela non riesce a reinserire il suo sacco a pelo nella custodia e quando chiede aiuto a un berbero, sarà convinta a lasciarglielo come obolo. Gli assonnati Giuseppe, Claudio e Simone riescono a trovare a stento i propri cammelli e i primi due ne discenderanno, provati, dopo un’ora. Non c’è tempo per una doccia quando saremo in albergo, ma quello per una ricchissima colazione certamente sì. Assorbito il fisiologico ritardo di Rita, ripartiamo. Sosta a Rissani per la visita al Ksar Abou Am, in pratica un cortiletto con piante ornamentali e la stanza del sepolcro che si può visitare solo dall’esterno, poi chiedo all’inutile (e impagata) guida, dove posso cambiare degli euro. Una perdita di tempo per il cambio da strozzini presso il dirimpettaio negozio di souvenir. Missione compiuta in città

presso la Western Union. La sosta per lo spuntino di mezzogiorno produce un incidente diplomatico con il serafico Mohammed. Lui vorrebbe fermarsi in un ristorante: “ci vanno tutti i gruppi di Avventure”, asserisce, ma noi vogliamo calarci nella realtà del paesino che stiamo attraversando (e che in realtà non offre molto), quindi ci dividiamo. C’è chi si siede per degustare del pollo alla brace in un bettola assediata dalle mosche, c’è chi compra nel supermarket delle scatolette e chi, come me, si mescola alla popolazione locale in una trattoriola dove il piatto unico (già pronto) è spezzatino con piselli, patate fritte e pane (senza mosche). Prezzo fisso 20 dhr, nemmeno due euro. In attesa del gruppo “pollo grigliato”, spendo due chiacchiere con Mohammed per ricomporre la diatriba, ma non ce n’é bisogno. Un’ora dopo siamo nelle rosse Gole del Todra e altrettanto rossi sono in Ksar, alcuni ancora abitati, costruiti con il fango ottenuto dalla frantumazione dei costoni della montagna, ferite e cicatrici ancora aperte ed evidenti sui profili delle rocce friabili dei monti. Mohammed ferma il pulmino nel punto più stretto delle gole e ci invita a percorrerle a piedi, cosa che facciamo ben volentieri, con un occhio sulle cime, se possibile ancora più rosse, inondate dal sole calante e l’altro sulle bancarelle poste sulla stretta strada. Oggi è il compleanno di Paola (pink-bag) e vogliamo fargli un regalino. Niente dolci, ingrassano. Ci incamminiamo verso le Gole del Dades, che raggiungiamo quando è già buio. Solita solfa. La visita la faremo domattina. L’albergo si trova nel punto più stretto delle gole ed anche abbastanza in alto per cui fa molto freddo. Finalmente una doccia. Il sovraccarico di corrente, dovuto ai condizionatori a pompa di calore accesa, fa saltare la corrente a tutto il secondo e terzo piano dell’hotel. La conseguenza sarà che farò la doccia “calda” nel bagno illuminato dalla torcia, mentre ad altri è andata sicuramente peggio, bagno illuminato, ma doccia “fredda”, per non parlare dei caloriferi che non riprendono a funzionare. Consumiamo la cena nell’elegante salone ristorante dell’albergo, riscaldato, oltre tutto da un camino acceso e assistiamo

alla commozione di Paola che riceve il regalo inaspettato. Sono con noi in hotel altri tre gruppi di Avventure, con i quali scambiamo due chiacchiere. Uno di questi, un non meglio identificato “discovery”, sta facendo il giro al contrario di noi e domani sera dovrebbe essere nel deserto. Parlando con loro scopro che, democraticamente, hanno deciso di saltare la notte nell’Erg per favorire altre tappe. Discovery? …. Ma de che ?

3 Gennaio: Gorge du Dades – Valles du roses – Ouarzazate - Ait Ben Haddou – Passo Tin-T-Tichka - Marrakech Stamattina possiamo ammirare le gole, proseguiamo la strada fatta ieri in salita e con dei tornanti da brivido (vero, Angela e Federica?), fino a quando raggiungiamo un punto panoramico, scelto da Mohammed, dove scattare fotografie. La strada si staglia sotto di noi come un grigio e sinuoso serpente, fino a scomparire dietro l’ultima curva che avvolge il costone della montagna. Oggi deve essere il giorno delle cose dimenticate. Giuseppe non trova la macchina fotografica, pensa di averla lasciata in camera. Poco male, tanto dobbiamo tornare dietro e potremmo fare una sosta in albergo, poi, però la ritrova, giusto in tempo per scattare la foto al “serpente”, che sarà un’immagine costante, in tutte le agenzie di viaggio che incontreremo, per pubblicizzare le escursioni nelle gole. Decisamente sfortunata questa macchina fotografica, ricordate Volubilis? Quando siamo nella Valle delle Rose, rose che non vedremo perché fioriscono a maggio, Paola immagina di aver lasciato il cellulare in albergo. Stavolta il sospetto è fondato. A nulla vale tirare fuori la pink-bag, sepolta sotto gli altri bagagli, e passarla

al setaccio. Non produce effetto nemmeno comporre il suo numero, il cellulare starà squillando in albergo. Mohammed s’incarica di contattare un autista suo amico che sarà in albergo stasera e, approfittando del fatto, che saremo due giorni a Marrakech, la riconsegna diviene possibile. Ouarzazate. Primo, acquistare qualcosa per il pranzo al supermercato. Dove consumarlo si deciderà dopo. Secondo, a scelta, visita agli studi dell’Atlas Corporation Studios (Claudio, Veronica e Simone), visita alla Kasbah di Taourirt (la gran parte del gruppo), visita allo Ksar Ait Benhaddou (che preferisco, e al quale non voglio assolutamente rinunciare). Non rinunceremo a nulla ma sulla priorità Mohammed metterà tutti d’accordo portandoci a conoscere uno dei suoi cinque figli, che vive qui in attesa di trasferirsi a Marrakech. L’ossequio e il rispetto con cui il figlio si inchina e bacia le mani del padre mi colpisce. Mi rivolgo a Simone: “Guarda come si fa!”. La sua risposta è irriferibile. E’ il turno della Kasbah di Taourirt. Non riscuote grandissimo entusiasmo, né la Kasbah, né la guida che ci accompagna, che si lascia andare a raccontare barzellette e aneddoti, e che sembra più interessato alle donne del gruppo. Comunque la kasbah è interamente ricostruita e in alcune parti restaurata con i soldi dell’Unesco. La cosa più interessante secondo me, sono i soffitti di legno di cedro, intarsiati e dipinti. Forse una delle poche cose autentiche che si possono osservare. Di fronte alla kasbah c’è il museo del cinema, con i set cinematografici di alcuni film realizzati qui. Claudio, Simone e Veronica, attraversano la strada, ma non è li che dobbiamo andare. Gli Studios sono a cinque chilometri e li raggiungiamo di lì a poco. Che cosa dire degli Studios? Una sorta

04 Il gruppo Fonzo

04

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Marocco

di Cinecittà di cui attraversiamo appena il portone d’ingresso. Il trio, invece, entra in alcuni teatri di posa e ne esce entusiasta (?!). Per raggiungere il Ksar Ait Benhaddou, occorre attraversare un torrente agevolati da alcuni sacchi di sabbia posti a interromperne parzialmente il flusso d’acqua. La vista al di qua del torrente è imponente e non deluderà nemmeno la visita al suo interno. Il Ksar è ancora abitato da alcune famiglie che vivono in simbiosi con gli animali di cortile e ci sono numerosi negozi, anche di souvenir. Dalla sua sommità si possono vedere i monti dell’Atlante che tra poco attraverseremo e le quattro torri, di cui due già restaurate con i fondi dell’Unesco, che troneggiano sul resto delle costruzioni. Quale punto migliore per consumare il nostro spuntino? Non la pensano così, Simone, Rita e Patrizia, che preferiscono qualcosa di caldo nel bar antistante all’ingresso e che dovremo aspettare, visto la lentezza del servizio. L’attraversamento del Passo di TinT-Tichka avviene senza difficoltà, è sgombero dalla neve, ma pullula di petulanti venditori ambulanti che, assieme al freddo intenso, ci convincono a ripartire poco dopo. Giusto il tempo di qualche foto. La discesa dall’altro versante propone un rosso tramonto sulle lontane e luccicanti luci di Marrakech che ne lasciano intuire la vitalità. La sosta per fare rifornimento mi da il tempo, utilizzando il cellulare di Mohammed, di mettermi in contatto con il corrispondente. Gli devo

chiedere alcune cose, tra le quali l’utilizzo del pulmino a Marrakech e a chi pagare le cene obbligatorie. Alberto mi dice che sarà domani sera a Marrakech e ci potremo incontrare. L’albergo di Marrakech è a 50 metri dalla piazza, in zona pedonale. La discussione, che sembra animata, tra Mohammed e un vigile al controllo ingresso, sembrerebbe propendere a favore del vigile, che invece, inaspettatamente, sposta la transenna e ci fa passare. Mohammed ci lascia rimanendo a disposizione per la giornata di domani, mentre gli comunicherò più tardi a che ora intendiamo ripartire dopodomani. La cena è consumata in fretta e furia tanta è l’ansia d’immersi nella bolgia della piazza, poi pensiamo di concederci una birra in un bar che affaccia nella piazza. Hanno solo quella analcolica ed è finita anche quella.

4 Gennaio: Marrakech Il piano d’azione per oggi, studiato ieri sera, prevede la mattinata, da dedicare alla visita guidata della Medina e, il pomeriggio libero, da destinare allo shopping e all’hammam per chi lo desidera. Ieri sera ho preso accordi con la reception, affinché mi rintraccino una guida che parli italiano per stamattina alle 8:30. La prima che si presenta è…. impresentabile, la seconda, con tanto di tesserino di riconoscimento (taroccato?) parla uno stentato italiano, decidiamo di fidarci. Iniziamo con il Museo dell’arte popolare Dar-El-Bacha, per raggiungere il quale ci addentriamo nelle Riad. Questo museo è senz’altro più interessante per il palazzo che lo ospita, piuttosto per quello che espone. Basti pensare che addirittura sono esposte delle borsette da donna degli anni sessanta. Mi sembra un’aberrazione. Attraversando la Medina, passando nei vicoli e nelle piazze brulicanti di persone raggiungiamo il Palazzo della Bahia. In questi giorni ospita una mostra di arte moderna ed il contrasto risulta evidente. Cortili ridondanti di antichi stucchi, pavimenti in mosaico, in alcune parti staccato dal suolo (tant’è che se ne potrebbe portar via qualche tassello come souvenir), contrastano con una serie di portiere d’automobile appoggiate l’una all’altra fino a formare un cerchio. Difficile capirne

il significato. Così come in una magnifica sala con il soffitto in cedro intarsiato, campeggiano una camera da letto, un tavolo ed una sedia, dalle dimensioni che ci fanno sentire come Pollicino nel paese delle meraviglie. Che cosa vorrà rappresentare? Nonostante questo, nulla può offuscare la bellezza del palazzo. Se vogliamo visitare le Tombe Saadiane, dobbiamo far presto chiudono alle 12:00. Giungiamo in tempo utile, ma la coda di turisti (tanti giapponesi) per entrare all’interno della sala che contiene le spoglie di Ahmed le Dorè, che le fece costruire nel XVI secolo, è interminabile. Decidiamo pertanto di visitare le stanze che contengono le tombe dei suoi discendenti. Peraltro, in perfetto stato di conservazione, anche queste sono decorate da scacchiere multicolori, ricamate finemente con arabeschi, abbellite da volte riccamente stuccate e ornate con pregiati marmi italiani. L’ultima tappa in programma prevede la visita alla Madrasa Ben Youssef, antichissima scuola coranica. Alcuni di noi sono stanchi e non hanno intenzione di visitarla ma, poiché per raggiungerla si passa nel suk, con i suoi tentacolari negozi, ci si va tutti assieme. Prima però devo raccattare qualche persona che si è fermata alla reception di un hammam per chiedere informazioni. Ah! Marrakech! Per cosa sarai ricordata? Non nutro dubbi in proposito. La visita della scuola coranica dura circa mezzora e la fanno in otto su quattordici. Non male. Il pomeriggio è libero e l’intero gruppo lo dedica allo shopping e all’hammam. Giuseppe ed io, dopo un breve riposo in albergo, ci infiliamo nel suk per tentare di acquistare qualcosa non reperibile in Italia. Non sarà facile. Il nostro peregrinare ci porta in una piazza, dove c’è un locale multipiano frequentato da turisti di tutte le nazionalità. Decisamente fa un po’ snob sorseggiare un tè in questo locale, però ha il vantaggio che, raggiungendo la terrazza, si ha un ottimo punto d’osservazione sulla piazza ed anche su tutta Marrakech. Alle 19:00 ho appuntamento con Alberto, il corrispondente, in albergo. Puntualissimo, arriva assieme alla moglie italiana. Sorseggiamo un tè, ci scambiamo delle opinioni, sistemiamo le pendenze e poi mi racconta della sua scelta, fatta otto anni fa, di vivere in Marocco.

Quindi, da gran signore, ci offre la seconda cena in albergo, durante la quale avviene la riconsegna del telefonino di Paola. Questa novità imprevista (quella della cena) non impedisce al gruppo di portare a termine il progetto di bazzicare i banchetti sulla piazza. Quelli che propongono fritture varie, per i quali nessuno vuole saper nulla circa l’olio che utilizzano, e sullo stato di conservazione dei cibi. Un po’ come si fa in Italia, quando ti siedi in una trattoria e ti apparecchiano con un foglio di carta. La fiducia è l’elemento decisivo per la scelta. Si è fatto tardi, molti di noi vanno a dormire, altri, i temerari decidono di scoprire la vita notturna della città nuova e, finalmente, di bere una birra, alcolica e ghiacciata. No comment. 5 Gennaio: Marrakech - Casablanca Alberto, ieri sera, mi ha riferito che occorrono circa quattro ore di pulmino per raggiungere Casablanca da Marrakech, così, autonomamente, ho deciso di chiamare Mohammed, per convocarlo alle 15:00 di oggi per la partenza. Ho valutato che sarebbe stato meglio, e in seguito il gruppo mi ha dato ragione, spendere una mezza giornata in più a Marrakech, piuttosto che trasferirsi a Casablanca, sostanzialmente per la visita della moschea di Hassan II. In quanto, oltre ad essere distante dall’albergo dove avremo pernottato, la moschea chiude ai visitatori alle 17:00. Se non mettevamo in cantiere un’alzataccia per stamattina, avremmo avuto poco tempo a disposizione per la visita. Pur non avendo per la mattinata programmi comuni, ci incontriamo tutti per la colazione. Poi ognuno a soddisfare i propri interessi. In sei decidiamo di visitare I giardini di Majorelle, conosciuti anche come i giardini di Yves St Laurent, per la presenza di una stele in sua memoria (sembra che abbia finanziato la nascita del giardino). I giardini sono veramente ben curati, anche se non molto estesi. Torniamo nella Medina con un gran taxi che ci ospita tutti e sei. Gli altri? C’è chi ha completato gli acquisti e chi, su suggerimento, si è deciso a farsi massaggiare in un hammam, poi, all’ora canonica, eccoci a caricare il pulmino arrivato in perfetto orario. Giorgia, la cassiera di nome e di fatto, oggi è knock out. Probabilmente è stata messa fuori

TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco

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TACCUINO DI VIAGGIO | Cuba

21/12/2011 PartenzaL’Avventura comincia a Roma Fiumicino quando, al desk ci

avvertono che a Parigi c’è in atto uno sciopero, quindi se si ha il bagaglio a mano, si rischia, per le lunghe code ai controlli, di perdere la coincidenza per l’Havana; riapri la valigia e infilaci lo zaino e tutto il suo contenuto: se per sfortuna la valigia non dovesse arrivare dovrai arrangiarti… ma noi siamo positivi. Va bene a tutti tranne ad Andrea che sarà costretto a comprarsi almeno il

costume, perché recupererà la sua valigia il giorno prima di ripartire per l’Italia. Le pratiche burocratiche per la valigia e il cambio di un po’ di soldi ci fanno far tardi per cui la maggior parte di noi va a letto senza cenare.22/12/2011 All’HavanaSveglia per tutti alle 7.00. Per me e Nadia alle 5 perché lei scambia uno squillo del cellulare per la sveglia e si accorge dell’errore alle 5.25 quando, ormai pronte, ci accingiamo ad andare a fare colazione …. nonostante il buio…Pazienza,

proviamo a riaddormentarci vestite. Alle 7.30 usciamo dalla stanza e chiediamo a Roberto come si chiude a chiave. “Dovete spingere

il pulsante all’interno della stanza e girare la maniglia piano, altrimenti si rompe….” Non finisce la parola e la maniglia è in mano a Nadia…

Relazione semiseria del viaggio a Cuba

Testo di Daniela CiminiFoto di Andrea Scova

Da un Cuba breve gruppo Scova

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presenza di una stele in sua memoria (sembra che abbia finanziato la nascita del giardino). I giardini sono veramente ben curati, anche se non molto estesi. Torniamo nella Medina con un gran taxi che ci ospita tutti e sei. Gli altri? C’è chi ha completato gli acquisti e chi, su suggerimento, si è deciso a farsi massaggiare in un hammam, poi, all’ora canonica, eccoci a caricare il pulmino arrivato in perfetto orario. Giorgia, la cassiera di nome e di fatto, oggi è knock out. Probabilmente è stata messa fuori combattimento dal cambiamento di alimentazione. Non credo per la frittura da ieri sera, la sintomatologia dei disturbi del viaggiatore dura da qualche giorno. Ha bisogno di medicinali specifici che non ha con se, così chiedo a Mohammed, non appena saremo a Casablanca, di fermarsi in una farmacia. Il lento viaggio di ritorno in direzione di Casablanca vede il gruppo giù di morale. Non si respira più nel pulmino

quell’atmosfera gioiosa dei primi giorni, persino Paola ha perso tutta la sua vivacità, ed è tutto dire. Il ritmo lento di una musica marocchina, pervade l’abitacolo e scandisce inesorabilmente che il viaggio sta per finire. Sosta in farmacia e quindi in albergo. Lo stesso del primo giorno. Molti gruppi di Avventure hanno lasciato il Marocco e di quelli rimasti, noi siamo i primi ad arrivare in hotel. Ci riservano pertanto le migliori stanze disponibili, delle vere suite, peccato che non avremo modo di apprezzarne la comodità. Domani mattina alle 4:00 suonerà la sveglia. Non ci sono ristoranti nei dintorni, inoltre, Alberto mi ha parlato molto bene del ristorante dell’albergo. Prenoto la cena, anche per Mohammed, se la merita, anche perché ha acconsentito a portarci in aeroporto domattina, anziché prendere i taxi che alle 5:00 del mattino sono difficilmente reperibili. Devo dire che la cena non è andata

male, tranne per chi si è avventurato ad ordinare piatti mediterranei come la pasta o la pizza. Poi tutti a sfruttare quelle poche ore di sonno che abbiamo a disposizione. Qualcuno della mia stanza, non faccio nomi, carica la sveglia del telefonino, interpretando male il fuso orario (un ora). In maniera tragica alle 2:00 suonerà inesorabilmente. 6 Gennaio: Casablanca – Roma/Milano Alle 4:30 siamo nella sala ristorante

a consumare la colazione. E’ troppo presto, più di un tè o un caffè non riusciamo a ingurgitare. Mohammed è già nella hall ad attenderci e alle 6:00 siamo in aeroporto. Non me la sento di raccontare il seguito, sarei retorico, o forse il groppo in gola che mi sta salendo, rischierebbe di strozzarmi. Alla prossima e…..buon Magreb a tutti!

05 Casablanca, la moschea di Hassan II

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