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di Leonida Pozzi 1

UN INIZIO COERENTEARTICOLI E APPROFONDIMENTIPER UN 2003 POSITIVO

Un itinerario ne l cammino di chi non ha i l donodel la vi s ta e una indagine su una de l l e malat t i e inmaggiore svi luppo ai nos tr i giorni .

Ques t i gl i ar t i co l i d i a ppro fondimento pubbl i ca t i ne lprimo numero de l 2003 di “Prevenzione Oggi” . Bel lo ,intenso e s i curamente co involgente i l lungo ar t i co lo cheLaura Spos i to ha scr i t to dopo aver vi s i tato la mostra“Dialogo ne l buio” . Un’esper ienza che la s t e s sa autr icedef ini sce s convolgente , ma che “ invi ta tut t i a fare : adden-trars i a l l ’ interno di una ser ie di sa le con l ’a iuto di unaguida non-vedente per sper imentare cosa s igni f i chi e s sereprivi de l la vi s ta” .L’al tro ar t i co lo prende spunto da una vicenda di cuihanno parlato ne i giorni s cors i tut t i i mezzi di informa-zione. Si trat ta de l la s ce l ta coraggiosa e dagl i svi luppiancora tut t i da scoprire , d i una famigl ia p iemontese cheper evi tare di dover cont inuare a curare i l f igl io di s e ianni , malato di asma al l ergica , con farmaci a base di cor-t i sone , s i è “ tras fer i ta” in mare. Abbiamo pensato ut i l eaccompagnare la not izia de l la “cura in barca” con unadet tagl iata anal i s i de l l ’asma, una malat t ia sempre piùdi f fusa e per ico losa ma poco cons iderata .Con ques to numero r iprende la preziosa co l laborazione de ldot tor Gaetano Bianchi , che trat ta de l la medic ina spor t i-va , argomento che interes sa tut t i , non so lo i g iovani comequalcuno potrebbe pensare.Al tr i s er vizi giornal i s t i c i “Prevenzione Oggi” di g en-naio-febbraio l i dedica poi ai g randi prog ress i de l la s c i en-za medica ne l s e t tore de i tra piant i . In par t i co lare vasegnalato ancora una vol ta l ’ inter vento de l dot tor BrunoGride l l i che ha sa lvato la vi ta ad un giovane malato dif ibros i e pat i ca , t ra piantando contemporaneamente i l f ega-to e i po lmoni . Si trat ta de l pr imo inter vento de l g enere inI t a l i a ed è s t a t o e s egu i t o ag l i Osp eda l i R iun i t i d iBergamo.Ci sembra , in ques to modo , di avere iniziato i l 2003 ne lsegno e ne l r i spe t to di que l l ’ impegno che abbiamo assuntodue anni fa con i l e t tor i : un’ informazione pos i t iva con laquale di f fondere la cul tura de l la donazione. E

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IPAGINA 1

BANCA DEGLI OCCHIREALIZZATO A MONZAUN RECORD MONDIALE

Editoriale del Presidente Leonida Pozzi

PAGINA 3NIKY E IL PROGETTOWALKIRYE

PAGINA 5ASMA

Che cos’è e come si sviluppa

PAGINA 8PRIMO INTERVENTO IN ITALIATrapianto di fegato e polmoni

PAGINA 9VEDERE CON GLI OCCHI DELL’ANIMAIn visita alla mostra «Dialogo nel buio»

PAGINA 14TRAPIANTO DI MANDIBOLA

Un primato tutto italiano

PAGINA 15L’ATTIVITÀ FISICA FA BENE?

Si, con cautela e nella giusta misura

PAGINA 18OTTO OSPEDALI INSIEME

PER LA PREVENZIONE DELLE POLMONITI

PAGINA 19NOTIZIE DALLE SEZIONI

PAGINA 22AIDONEWS

Una finestra sul sito www.aido.it

PAGINA 24POSTA DAI LETTORI

In copertina Foto di Maurilio Mazzola

TUTTI REDATTORI«Prevenzione Oggi» è il mensile dell’Associazione e come tale è aper-to alla collaborazione dei responsabili di Gruppi o Sezioni oltre che a

tutti gli amici che intendono favorire la diffusione del periodico.In particolare è importante che le Sezioni provincialipartecipino alla preparazione di «Prevenzione Oggi»

segnalando per tempo le iniziative,i convegni, le attività di sensibilizzazione in genere.

Nei prossimi numeri, inoltre, sarà avviata una rubricadi posta con i lettori che sarà curata dal dott. Pietro Poidomani

Mensi le d i cu l tura sani tar ia

de l Consig l io Regionale AIDO Lombardia

Anno XII n. 116 - gennaio - febbraio 2003Editore: Consiglio Regionale AIDO Lombardia

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Se la famiglia di Niky vincerà lasfida, avrà conseguito due suc-

cessi: riconsegnare una condizionedi vita soddisfacente al bambino eavere concretizzato una forma diinsegnamento a distanza chepotrebbe preludere alla soluzionedi moltissimi problemi per chi(soprattutto bambini) abita in areeisolate e poco urbanizzate.Chi è Niky? È un bambino di seianni, figlio di Bruno Frascisco e

Paola Giacotto. Il papà è un omonedall’aria buona capace, per amore,di costruire una barca di 26 metri.La mamma è una signora all’appa-renza esile ma dotata di unavolontà ferrea. La famiglia ha vis-suto a Bellinzago, nel Novarese, findal matrimonio fra Paola e Brunodi tredici anni fa. Anche i primi seianni Niky li ha vissuti a Bellinzago.Però la malattia che lo ha colpito(una forma asmatica piuttosto

grave, provocata dall’inquinamen-to, che lo costringe a curarsi con icortisonici) stava trasformando lasua vita in un piccolo calvario. Così,decisi a non rassegnarsi e vista l’at-tuale parziale impotenza dellamedicina, i genitori hanno iniziatoa pensare alla soluzione. “I medici -spiega la mamma - ci hanno dettoche il bambino potrebbe fare ameno del cortisone solo se vivessein un ambiente poco inquinato,

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Nikye il progetto

Walkirye

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IL CORAGGIO DI UNA FAMIGLIA

come quello del mare. Perciòabbiamo cominciato a pensare divivere proprio sul mare”. Sembrauna trovata paradossale, invecenon lo è. La famiglia di Niky, dimo-strando un’inventiva, una tenacia eun’intelligenza non comuni, hannopensato alla soluzione di tutti iproblemi che questa scelta ovvia-mente comporta. Dalle necessitàeconomiche, all’attività giornalie-ra, alla frequenza scolastica delbambino. Aiutato dal fratello Roberto, ilpapà Bruno ha costruito, comedetto, una barca di 26 metri (unagoletta), con due alberi gemelli di24 metri. La barca dispone di settecabine e sei bagni. Di queste, quat-tro sono a prua e sono riservateagli ospiti (partecipanti a corsi divela o turismo ecologico), mentrea poppa vivrà la famiglia di Niky.La goletta, in acciaio, chiamataWalkirye, è stata progettata dal-l’ing. Aldo Gatti di Milano: BrunoFrascisco ha saldato le lamiere; ilfratello Roberto ha costruito imobili.Dopo la partenza da Cremona,nagivando il Po, la famiglia si diri-gerà al mare Adriatico: Chioggia,isole Tremiti, isole Eolie (Lipari inparticolare). “Alle isole Tremiti -ha spiegato la signora Paola - con-

segneremo un computer, donatodalla Parrocchia di Bellinzago,all’unica bambina che va a scuolasull’isola. Una bambina che si chiamaMorwen e ha otto anni. Dopodichéapproderemo a Lipari e qui ilsogno dovrebbe diventare realtàattraverso il progetto scolastico.Abbiamo fondato la Walkiryeadventures per collaborare con entie associazioni e anche con univer-sità, ricercatori e documentaristi. Dopo tante ricerche e dopo avercercato di iscrivere Niky ad unascuola elementare a distanza che èaperta in Francia, sono venuta incontatto con il prof. Enzo Donato,segretario del Simi, il Consorzioche raggruppa le isole minori ita-liane. Abbiamo parlato del progetto econtattato il ministero. Con qualerisultato? La scuola elementare diLipari sarà capofila del nuovo pro-getto di scuola a distanza chepotrà poi estendersi anche a tuttele altre località dove vivono bambi-ni che hanno difficoltà di frequen-za perché le scuole sono lontanedalle abitazioni”. Evidente che ci sono tante buoneragioni per augurare buona fortunaalla famiglia del piccolo Niky.

L.C.

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quando ci si ammala

L’asma potrebbe essere la malattia del XXIsecolo. Questo è dimostrato da alcuni dati

allarmanti, recentemente diffusidall’Organizzazione mondiale della sanità,anche se le malattie cardiovascolari ed il cancrocontinuano a mantenere il triste primato dicause di mortalità.Attualmente 200 milioni di persone in tutto ilmondo soffrono di asma e - sempre secondo datidell’Oms - nel 1997 sono morti 180 mila mala-ti. Numeri che sono ancora più inquietanti se sipensa che nella maggior parte dei casi l’asma èperfettamente controllabile per mezzo di sem-plici misure di igiene e di alcuni farmaci efficaci. Diagnosticare l’asma però non è semplice.Spesso sono state prescritte cure contro questamalattia in alcuni soggetti anziani, nonostante ilsibilo e l’affanno fossero in realtà sintomi nondell’asma, bensì di malattie cardiache o di edemipolmonari. Al contrario l’asma viene a volte sot-tovalutata nei bambini, curati con farmaci percomuni infezioni (ad esempio una bronchiolite).Ovviamente gli antibiotici sono inefficaci e l’a-sma persiste nell’arrecare danni all’organismo. Ma cos’è esattamente l’asma? È un’infiamma-zione cronica delle vie respiratorie, nella qualesono coinvolte numerose cellule del sistemaimmunitario. Tale infezione scatena sibili, affan-no, oppressione toracica e tosse soprattuttodurante le ore della notte e all’alba. Sintomi chesono generati da una costrizione del flusso del-l’aria; in particolare l’infiammazione fa aumen-tare la reattività dei bronchi quando essi si tro-vano esposti a stimoli allergenici. Le manifesta-zioni della malattia variano dal semplice distur-bo respiratorio all’asfissia. Esistono soggettiche non hanno crisi gravi, risentendo però diuna limitazione permanente dovuta a un’ostru-zione irreversibile dei bronchi.Specifiche analisi effettuate in Nuova Zelanda(che con l’Austria è il Paese in cui si registra lamaggiore incidenza di questa malattia) dimo-strano che più di un adolescente su cinque nesoffre. In Europa ad esserne più colpiti sono iterritori ad Ovest. Molteplici fattori concorronoa determinare l’insorgere dell’asma; uno dei più

gravi è l’inquinamento e questo la fa collocarefra i problemi sanitari del nostro futuro. NeiPaesi industrializzati il numero di persone cheabbiano sofferto di almeno una crisi aumenta del50% ogni dieci anni. Un’ulteriore analisi com-piuta in Sudafrica tra i bambini della popolazio-ne xhosa dimostra quanto questa malattia inve-ce sia rara. Tuttavia se nelle aree rurali la per-centuale degli individui di questa popolazioneche ne soffrono è solo lo 0,15%, essa aumentatra quelli che si sono spostati nei sobborghidelle città. Polveri, acari, animali domestici epolline a volte sono ancor più pericolosi dell’in-quinamento per moltissime persone, divenendoun vero e proprio fattore scatenante delle aller-gie respiratorie mentre il ruolo dell’ambiente èsolo quello di essere un fattore aggravante.Cerchiamo ora di dare una spiegazione di come

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Asma che cos’ècome si sviluppa

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I RIMEDI POSSIBILI

insorge questa malattia, avvertendo il lettoreche, per forza di cose, alcuni passaggi devonoessere tecnicamente descritti e quindi possonorisultare un po’ difficili.L’asma è essenzialmente una malattia di origineallergica. Le reazioni infiammatorie avvengononelle mucose bronchiale, nasale, oculare egastrointestinale. La malattia inizia a manife-starsi dopo un lungo processo che ha comeprima tappa l’inalazione dell’allergene da partedell’individuo. L’allergene penetra nella mucosapolmonare e viene catturato dalle cellule chepresentano l’antigene. Queste cellule assorbonol’antigene e lo digeriscono in modo da espornesulla propria superficie frammenti peptidici dipiccole dimensioni. La particolare forma e lapresenza di specifiche molecole permette all’an-tigene di essere riconosciuto dai recettori pre-senti su dei linfociti particolari (i linfociti T hel-per) e di creare un legame che genera l’attiva-zione vera e propria dei linfociti T. Essi inizianoa produrre citochine, sostanze responsabili delleinfiammazioni respiratorie. Sono piccole mole-cole che svolgono il ruolo di messaggeri versoalcuni tipi di cellule dotati di recettori specificiper esse. Alcune come l’interleuchina 4 e l’inter-leuchina 13, una volta messe in moto, si leganoai linfociti B che così possono sintetizzareimmunoglobuline E (IgE).Il processo prevedeora che le immunoglobuline si fissino a lorovolta sui mastociti. A questo stadio l’individuonon risente di alcun sintomo, tuttavia in caso diesposizione allo stesso allergene accade che l’or-

ganismo reagisca violentemente. Le IgE pre-senti sui mastociti riconoscono subito l’allerge-ne senza che questo possa essere prima lavoratodagli antigeni. Ciò provoca la formazione diistamina che, essendo un potente agente di rea-zione allergica da un lato stimola le cellule dellamuscolatura liscia dei bronchi provocando unospasmo bronchiale che blocca la respirazione,dall’altro lato agisce sui capillari sanguigni cheirrorano i bronchioli aumentando la secrezionedi muco. Inoltre la fuga di fluido dai capillariverso la mucosa che riveste i bronchioli causaun ispessimento della mucosa e un restringi-mento del diametro utile del bronchiolo, fattoreche contribuisce a ostacolare la respirazione. Lospasmo bronchiale che si verifica dopo l’esposi-zione all’allergene è la manifestazione immedia-ta dell’allergia. Vi sono però reazioni che si veri-ficano più tardi. I linfociti T attivano gli eosino-fili, caratteristici della reazione ritardata, in unprocesso che richiede diverse ore. Gli eosinofilisi accumulano in maniera permanente sul sito diinfiammazione rendendo la malattia cronica.Essi liberano proteine basiche che distruggonol’epitelio determinando un’iperattività bron-chiale. Le terminazioni nervose che innervano ibronchi non sono più protette dalle aggressioniesterne.Purtroppo, a tutt’oggi bisogna ammettere chedall’asma non si può guarire. Tuttavia è possibi-le evitare le crisi più gravi e utilizzare farmaciche eliminano la cronicità della malattia.Per le persone che soffrono di questa malattia èopportuno fare un test non solo per curare maanche per valutare il grado di rischio allergico.Si tratta di un’analisi cutanea che prevede l’ap-plicazione di estratti purificati di allergeni sullapelle leggermente scarificata. Quindici minutidopo l’applicazione si manifestano le reazioniriferibili alla sostanza applicata. Si conosconoora gli allergeni come acari, polline, animalidomestici e muffe che dovranno non essere pre-senti nell’ambiente abitato dal soggetto allergi-co. Il medico prescrive i trattamenti termici peralleviare e prevenire le crisi istruendo il malatoa valutare la gravità dell’asma con misurazionidella funzione respiratoria tramite misuratoreportatile di debito d’ossigeno e con l’osservazio-ne di manifestazioni cliniche nel corso dellacrisi. Le più frequenti sono la colorazione blua-stra delle estremità, sudorazione, turbe dellacoscienza. Dividiamo l’asma in due categorie:intermittente e persistente o cronica. La primaè propria di persone che hanno meno di una crisila settimana, la seconda di coloro che invece nehanno più di una o la cui respirazione è difficile.

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non solo allergia

Altrettanti sono gli aspetti della terapia: tratta-mento della crisi e trattamento di fondo. Le crisisi curano con broncodilatatori che inducono ilrilassamento dei muscoli bronchiali. Sonosostanze somministrate per via inalatoria e ilsollievo che generano è immediato. Tuttaviaoccorre non farne un uso troppo frequente, èconsigliabile, infatti, una terapia di fondo chepreveda la somministrazione locale sotto formadi spray inalabili di glucocorticoidi (dipropiona-to di beclometasone, budesonide, fluticasone).Le dosi sono adattate in funzione dell’aggrava-mento o del miglioramento della malattia Ilmalato deve assumere il farmaco apparentemen-te privo di efficacia terapeutica tangibile. Essonon apporta infatti un miglioramento istanta-neo della sensazione di oppressione toracica. Lecrisi però sono rese meno numerose e la respi-razione non presenta più gravità particolari poi-ché si riesce a impedire ai meccanismi infiam-matori di innescarsi. I glucocorticoidi sonoimmunosoppressori che inibiscono il riconosci-mento degli antigeni, l’amplificazione della rea-zione immunitaria e l’avvio dei meccanismiinfiammatori. Tutto ciò contribuisce a migliorare la funzionerespiratoria senza che si verifichino effettisecondari di rilievo. Infatti, uno dei più impor-tanti aspetti della cura, soprattutto per le formeinalabili è il colpire direttamente le zone bersa-glio. Glucocorticoidi sistematici a dosaggi ele-vati sono somministrati per certi individui cor-ticodipendenti. Purtroppo i trattamenti prolungati possonoportare a diabete, osteoporosi, cataratta e riten-zione idrica. Anche per questo si stanno stu-diando farmaci alternativi che utilizzano immu-nosoppressori o anticorpi monoclonali capaci dibloccare selettivamente certe cellule o diversimediatori. Un esempio è la ciclosporina che agi-sce sui linfociti T. È impiegata nella terapia dimalattie infiammatorie croniche e sarebbe utileper quegli asmatici nei quali i corticosteroidihanno poca efficacia. Rilevanti però sono glieffetti secondari che questa terapia può causare:ha un’azione tossica su reni, fegato e sistemanervoso. Viene inoltre favorita l’ipertensionearteriosa e l’ipertricosi. È però possibile ridurregli effetti collaterali tramite una forma inalabiledi questo farmaco.Ulteriori cure possibili sono quelle a base di“vaccini peptidici”, cioè piccoli frammenti diallergeni che contrariamente a quelli interihanno la particolarità di non attivare i mastoci-ti. Sono poi in corso di sperimentazione anticor-pi anti-IgE che, somministrati per via sottocu-

tanea, riducono notevolmente le concentrazioniematiche di innunoglobuline. Ciò comporta unariduzione nell’uomo di sintomatologia asmatica.È bene precisare che i glucocorticoidi rimango-no il migliore trattamento di fondo dell’asmapoiché nonostante le nuove terapie siano piùspecifiche, non si riuscirà ad alleviare l’asma permezzo di un singolo antagonista.L’asma è una malattia multifattoriale causataanche da una predisposizione genetica, spessoaddirittura non sembra neppure avere un’origi-ne allergica. In questi casi la malattia si presen-ta in età più avanzata rispetto a quella di origi-ne allergica e colpisce i soggetti di sesso femmi-nile. Nonostante i test cutanei effettuati con gliallergeni più comuni siano negativi e basse leconcentrazioni ematiche di IgE , si ritrovano glistessi segni clinici e biologici dell’asma allergi-ca. In alcuni casi l’origine della malattia è vira-le. In ogni modo vi sono nuove terapie per l’a-sma applicabili anche a quelle di forma nonallergica, ad esempio le ciclosporine, gli anticor-pi anti-CD4 e gli agenti in grado di bloccare ilrecettore CCR3.È bene rilevare che l’asma del bambino è preve-dibile e alleviabile per mezzo di semplici accor-gimenti igienici, dall’eliminazione dell’allergenealla più importante lotta contro il tabagismopassivo.

M. C.

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PRIMO INTERVENTO IN ITALIATRAPIANTO DI FEGATO E POLMONI

Ancora un successo del prof. Gridelli a Bergamo

Si è tenuto presso gli Ospedali Riunitidi Bergamo il primo trapianto di fega-

to e polmoni effettuato in Italia. Il pazien-te, D. N., un giovane di 22 anni in gravis-sime condizioni a causa di una fibrosi epa-tica, è stato dimesso alla vigilia di Nataledopo una degenza durata solo poco più diun mese: è stato infatti operato tra mar-tedì 19 e mercoledì 20 novembre, in unintervento assolutamente eccezionale,durato 12 ore che in Italia ha avuto unprecedente simile ancora a Bergamo nel‘91, con il trapianto di cuore e polmoneeseguito dal dott. Amando Gamba (ilpaziente è ancora in vita). D. N. che eraaffetto dalla fibrosi epatica sin dalla nasci-ta, non usciva più di casa da tre anni edera costretto a respirare grazie a unabombola di ossigeno. Era in lista di attesaper questo trapianto ormai da un anno ele sue condizioni erano gravissime: eradimagrito moltissimo e oltre alla graveforma di insufficienza respiratoria, subivale complicazioni di una gravissima formadi cirrosi epatica. L’intervento è stato eseguito dall’équipedel professor Bruno Gridelli, direttoredel Dipartimento di Chirurgia clinica esperimentale del Centro trapianti degliOspedali Riuniti di Bergamo ed esponen-te di punta della chirurgia trapiantisticamondiale. Le condizioni de giovanepaziente sono attualmente molto buoneed il decorso post operatorio è stato posi-tivo, grazie anche all’applicazione di unaterapia sperimentale anti-rigetto volta aevitare l’insorgere di infezioni.Oltre a salvare la vita del giovane D.N. -che a detta dello stesso Gridelli era incondizioni disperate -, il trapianto glidarà la possibilità di tornare ad una vitanormale, di poter aspirare ad un lavoro ead una vita sociale normale come quelladei suoi coetanei. Ma già aver potutofesteggiare il Natale 2002 in famiglia, frai suoi cari, è stato il più bel regalo chepotesse desiderare di ricevere.

E.D.T.

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Un bastone bianco tra le mani, una porta che si chiude eall’improvviso il buio più totale. Potrebbe sembrare l’i-

nizio di una pellicola “horror”: niente di più falso. È inveceil ricordo dei primissimi istanti dello straordinario percor-so che la mostra “Dialogo nel buio” invita tutti a fare:addentrarsi all’interno di una serie di sale con l’aiuto di unaguida non-vedente per sperimentare cosa significhi essereprivi della vista. Un’ora di cammino al buio al termine delquale è impossibile ritornare alla luce senza sentirsi inte-riormente trasformati.Allestita nelle sale del Palazzo Reale e aperta fino al 16 feb-braio, la mostra è il frutto della genialità ideativa del tede-sco Andreas Heineke - umanista-umorista come lui stesso sidefinisce - e, a Milano, della perfezione organizzativa del“Comitato Dialogo nel buio ONLUS” che l’ha portata inItalia da Amburgo. Diventata nella città germanica unainstallazione permanente a testimonianza dell’enorme suc-cesso riscosso, Milano l’ha accolta con lo stesso calorosoentusiasmo con cui è già stata ospitata da ben tredici capi-tali europee, oltre che da Tokyo e da Montreal.Come ha detto infatti Mario Zanone Poma, Presidente diIntesa Bci (sponsor della iniziativa insieme a FondazioneCariplo, Pirelli e Telecom Italia) ma anche del Comitatopromotore, “Milano è una città che più di tante può capireDialogo nel buio perché ha imparato nella sua storia a vivere conla diversità...Ci sono molti tipi di diversità. L’handicap, peresempio, per comprenderlo bisogna provarlo e da lì siamo parti-

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VEDERECON GLI OCCHI DELL’ANIMA

IN VISITA ALLA MOSTRA «DIALOGO NEL BUIO»

La curatrice: Laura GorniConosceva già la realtà dei non-vedenti prima dellamostra?Diciamo che non penso di conoscerla neanche oggi:è una realtà talmente complessa che bisogna pro-prio viverla per capirla fino in fondo. Avevo senti-to parlare di questa mostra alcuni mesi prima divisitarla e subito ero rimasta incuriosita dal pro-getto. L’occasione concreta si è poi presentata nel1997 in Austria, vicino a Innsbruck. La mia guidaAntonio - che è tutt’oggi un amico nonché unodegli istruttori delle guide che operano alla mostradi Milano - è stata la prima persona non-vedenteche ho conosciuto e con cui ho parlato. Si può direperciò che ho iniziato a conoscere questa realtà davisitatore.Cosa l’ha spinta a coinvolgersi in prima persona?La spinta definitiva per impegnarmi è stata la gran-dissima emozione provata e la consapevolezza cheè un’esperienza che può cambiare la vita.Indipendentemente dal fatto che la mostra siadiventata per me anche un lavoro, è stata ed è unincredibile dialogo con se stessi prima ancora checon la guida e con i membri del gruppo.Qual è stato l’iter che ha portato la mostra anchein Italia?Franco Brambilla, che è la persona a cui è dedica-ta la mostra, ne aveva a sua volta sentito parlarema non era riuscito a vederla nella sua città, Roma.Riuscito nel suo intento in Austria, anche lui nel1997, ne è uscito convinto che valeva la pena difarla conoscere e, con la grinta che l’ha contraddi-stinto fino a 93 anni quando purtroppo è manca-to, è riuscito a trovare forti consensi in Pirelli cheè stato il primo grande sponsor amico di “Dialogonel buio”. Io sono entrata in contatto con lui attra-verso Andreas Heineke che avevo conosciuto aInnsbruck e così di rapporto in rapporto pianopiano si sono aggiunti tutti, compreso il nostroattuale Presidente Mario Zanone Poma che ha avutouna parte importantissima nella realizzazione delprogetto. Il Comitato si è perciò formato sponta-neamente sull’onda dell’entusiasmo di Franco. Si èverificato cioè un fenomeno analogo a quello rac-contato in una fiaba legata alla mia infanzia: erala storia di un cigno che bastava toccare per rima-nervi attaccati in una lunghissima catena, catturatidalla sua magia. “Dialogo nel buio” funziona pro-prio così: nonostante a Milano sia stata fatta unacomunicazione molto efficace e ricca di riscontri,altrettanto convincente è risultato il passaparola.

Le interviste

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ti”. Un’intuizione intelligente che ha finito per portare gliorganizzatori ben oltre il semplice intento di divulgare laconoscenza della condizione di cecità. La prima “mostra chenon mostra” ha infatti un pregio a mio parere assoluta-mente unico: far capire a chi la visita che il metodo perconoscere la realtà - di cui in fondo l’handicap è solo unaspetto - è dato dall’oggetto, non immaginato a priori dalsoggetto.Tradotto in termini personali, pur essendo arrivata aPalazzo Reale razionalmente preparata e dettagliatamentedocumentata rispetto a quello che mi attendeva, l’effettosorpresa è stato addirittura sconvolgente. Non solo nonavevo previsto la mia reazione rispetto al buio, ma nemme-no mi ero immaginata che avrei avuto a che fare con un“evento”, una parola bellissima ma che troppe agenzie dicomunicazione sviliscono a sinonimo di “appuntamentocommerciale” o nel migliore dei casi utilizzano per definireuna “iniziativa culturale”.Qui non si rientra in nessuna delle due categorie: ti accade,nel senso letterale del termine, di ritrovarti all’improvvisoal buio insieme ad altre otto persone. Non è un discorsosulla cecità, è un fatto: hai in mano il bastone e ti viene chie-sto di entrare scorrendo con la mano la parete lì accanto.Una guida che sai essere non-vedente e che non hai potutoconoscere in anticipo è già nella prima stanza ad attendereil gruppo. Pochi secondi e l’ultimo spiraglio di luce se ne vacon la chiusura della porta. Sprofondata nella paura al pen-siero di dover stare in quella situazione per un’ora, non rie-sco ad aspettare le presentazioni e mi precipito a chiedere:“Che si fa con chi ha crisi di panico?” “Saresti la prima”, rispon-de Ivano, la guida . “Beh, c’è sempre l’eccezione”, penso senzaavere il coraggio di dirlo. Maledico la curiosità che mi ha

la mostra non fa leva su un discorso ma su un’esperienza10

Quali difficoltà ha incontrato ad organizzarla?Una delle difficoltà più grandi è che è difficile spie-garla a parole. Quando si va a parlare con soggettiche potrebbero essere interessati a sponsorizzare osostenere il progetto, diventa arduo presentarlo: inumeri da vantare sono piccolissimi in termini diaffluenza e le emozioni che ti trasmette non sonofacilmente raccontabili. La difficoltà che invece nonho riscontrato - perché mi piace anche pensare inpositivo - è trovare amici e sostegno. Ovviamentenon ho organizzato tutto io; si è formato uno staffdi persone che man mano si sono unite ognuna conla sua competenza e che hanno lavorato con gran-de passione. L’aspetto più bello è che tutti si sonosentiti coinvolti totalmente nell’iniziativa ed è forsequesto l’elemento che la differenzia dalle altre. Perquel che mi riguarda non era la prima volta chemi occupavo di mostre ma questa ha avuto unospessore maggiore al punto che più che un lavoroè stato un mettersi in gioco continuo. Insomma unagrossa scommessa, sicuramente vincente per me eper tutti i membri del Comitato che ha fatto ungrande sforzo operativo. Siamo infatti partiti nelnovembre del 2000 quando abbiamo avuto ancheil sostegno del Comune di Milano che ci ha offer-to la sede più prestigiosa che potesse darci.Cosa le sta dando in termini umani e professiona-li questo progetto?Umanamente l’ho detto, professionalmente tantissi-mo perché mai come in questo lavoro ho dovutoconfrontarmi con il cambiamento che è una dellegrandi sfide per chi debba realizzare dei progetti.Il continuo cambiare di condizioni, di interlocutori,di tempi è stato un grande allenamento. Questocostante stimolo all’adattamento - richiesto anchedalle difficoltà che abbiamo dovuto affrontare nel-l’arco di questi anni - mi ha offerto una grossaoccasione di crescita ed è stato per me una gran-dissima scuola. Ad Amburgo la mostra èanche una piattaforma diopportunità lavorative nuoveper i non-vedenti. È cosìanche a Milano?Già di per sé “Dialogo nelbuio” è una opportunitànuova di lavoro per i non-vedenti per il fatto stesso cheper una volta guidano e nonsono guidati. Una delle ragio-ni che li hanno spinti infattia lavorare per la mostra èstata proprio la possibilità disperimentare qualcosa dinuovo, ovvero avere laresponsabilità di guidarealtre persone per la straordi-naria capacità di sapersimuovere nel buio. Per quan-to riguarda il discorso diAmburgo, la prospettiva dipoter realizzare anche inItalia un “Dialogo nel buio” alungo termine o permanentesarebbe un’ottima opportu-nità per sviluppare quello cheabbiamo presentato in questi

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la paura del “rischio” è superabile con la presenza dei compagni e della guida 11

portato lì e mentre mi sforzo di pensare a come uscirne,Ivano mi chiede di pronunciare il mio nome. La sua voce èrassicurante. Stringendomi il braccio mi dice di stare tran-quilla e dal modo in cui parla intuisco che mi posso fidare.Il ghiaccio è rotto e posso finalmente concentrarmi sul per-corso. Ambienti naturali e urbani che riconosco al tatto oche immagino attraverso l’avvicendarsi di rumori e diintense fragranze: tutto mi parla attraverso un linguaggionuovo, quello dei sensi. Ma non sarei in grado di afferrarlocompletamente se non sapessi di poter contare su due ele-menti fondamentali, la guida di Ivano e la presenza dei mieicompagni di viaggio. Sono loro che assicurano al mio passoincerto quella fiducia che da sola non saprei darmi e alloratutto mi appare più facile : salire su un ponticello trabal-lante, affrontare il dondolio di una barca, aggirarmi trapareti domestiche, superare le mille trappole delle affollatestrade di città e, perché no, bere un caffè al bar. Sembraincredibile, eppure è proprio questo l’ultimo ambiente chela creatività di Heineke ha pensato per accomiatare i visita-tori. Arrivati al bancone, sul sottofondo delle piacevoli notedi una canzone di Mango il barman ti dice: “Qui c’è il tova-gliolo, al centro ti metto la tazzina, di lato il cucchiaino, dietrola bustina di zucchero”. Ebbene vi assicuro che non solo siriesce a bere il caffè ma anche a pagare e soprattutto...a rice-vere il resto. Scherzi a parte, concepito come il momento incui far rilassare le persone e favorire la possibilità di dialo-gare con la guida non unicamente rispetto al percorso dafare, la stanza del bar è molto di più. Una specie di “saladella riflessione” che svela il senso di tutto il tragitto, facen-do da ponte fra lo smarrimento dell’ingresso al buio e lacertezza del ritorno alla luce. Da qui in poi nulla può esse-re più come prima anche se all’apparenza tutto ritorna alla

quattro mesi: mettere in “vetrina” le capacitàstraordinarie che le nostre guide stanno dimostran-do e che spesso non hanno uno spazio adeguatoper emergere. Il mio augurio è che le grandi dotidi comunicazione e di sensibilità che le guide stan-no manifestando nel contatto con i vari gruppi pos-sano diventare oggetto di interesse da parte delleaziende e anzi devo dire che in qualche caso ciòè già avvenuto.Come fate a organizzare le visite a distanza di unquarto d’ora l’una dall’altra?È tutt’oggi un lavoro enorme e non solo dellenostre guide. Anzi, approfitto dello spazio che lei mioffre per ringraziare tutto il nostro staff e i nostricollaboratori che fanno funzionare come un orolo-gio svizzero la sequenza degli accessi e che sipreoccupano di stabilire i turni per tutto il perso-nale. Le nostre guide poi sono bravissime: riesconoa coordinarsi talmente bene da rispettare non soloi tempi del percorso ma soprattutto i tempi dellepersone che stanno facendo il percorso, dimostran-do così oltre che un perfetto tempismo anche unanotevole sensibilità.Le prenotazioni sono tutte esaurite, segno del gran-de riscontro ottenuto: pensate di riuscire ad otte-nere una proroga?La richiesta è stata presentata e sappiamo che c’ègrande attenzione da parte di tuttal’Amministrazione nonché dell’Assessorato allaCultura che ci ha ospitato a Palazzo Reale, tantopiù che il 2003 è l’anno europeo delle personedisabili. In concreto non siamo però ancora ingrado di definire delle date perché Palazzo Reale èuna sede prestigiosa di eventi e ha un calendariodi impegni pregressi. D’altra parte spostarci nel-l’immediato in un’altra area non è possibile per-ché “Dialogo nel buio” è veramente un abito sumisura che va bene per questi spazi ma che

andrebbe completamentericostruito su altri. In ognicaso sul sito www.dialogonel-buio.it terremo tutti informa-ti delle eventuali novità.

Le guide: IvanoQual è la domanda più intel-ligente e quella più scontatache ti è stata rivolta duran-te questa mostra dai gruppiche hai accompagnato?È difficile rispondere perchétanta gente ti dice: “Ti facciouna domanda stupida” e poisono in realtà domande piùche intelligenti e valide.Forse mi riesce più faciledire quale sia stata la consi-derazione più bella: “È vera-mente importante essereinsieme ad affrontare questaesperienza!” frase che a voltesi traduce nell’opposto: “Quifacciamo il percorso insiemee ci aiutiamo ma quando tudevi affrontare una situazio-ne difficile da solo cosa fai?”

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al buio si recupera il senso di una identità profonda con gli altri e allora...12

È vero, la situazione imprevista succede ed èstressante, tuttavia mi piace sperare che lepersone escano da qui portandosi dentro quelsenso di autentica solidarietà che spessomanca nella nostra società.La domanda più brutta la collego invece a unragazzino che di rimando alla mia afferma-zione “Questo è un bel posto” ha detto “Comefaccio a sapere che è bello se non lo vedo?”Un eccesso di razionalismo che mi ha deluso,come se chi non vede non fosse in grado diapprezzare niente. Al punto che, dopo unaserie di altre obiezioni di questo tipo, nonsono riuscito a trattenermi dal dire allamadre: “Forse sarebbe meglio che questo bam-bino cominciasse a fare un po’ più suoi i pro-blemi degli altri, altrimenti finirà col cresceremale!”.Quando alla fine del percorso ti ho chiestoquanto riesci a capire di una persona attra-verso la voce mi hai risposto che la voce tiparla della “bellezza”. Cosa intendevi dire?Dalla voce si percepisce molto il modo diporsi di una persona, la dolcezza o la durez-za: il fatto che abbia disponibilità o no. È ilmodo di esprimersi che comunica se una per-sona è bella e non solo in senso fisico. Percapire l’aspetto di chi ho di fronte sonocostretto a fare un percorso inverso rispettoal normale: mentre chi vede guarda la perso-na e se ne fa una prima impressione, a voltediscriminante rispetto al fatto di rivolgerle omeno la parola, e solo successivamente inte-gra il fatto visivo con altri elementi, per meè l’esatto opposto. Io metto insieme tutta unaserie di informazioni sensoriali e poi le con-fronto con la realtà facendomi aiutare. Purpercorrendo però strade inverse, in fondo ilrisultato non è tanto diverso nel senso checoll’andare del tempo si finisce entrambi,vedenti e non-vedenti, per ridimensionare ilprimo impatto. Alcuni elementi fisici basilaririesco a intuirli quasi subito di una persona:l’altezza è infatti un’informazione che ricavomolto bene dalla voce; la conformazione possocapirla camminando un po’ al suo fianco. Peril resto il concetto di bellezza è un fatto asso-lutamente soggettivo.

Durante il percorso mi dicevi che il contattoti fa sentire la vicinanza, la disponibilità, l’ap-prezzamento delle persone. Eppure viviamo inun’era virtuale dove il contatto viene spessoevitato. Secondo te perché ?Per due motivi, a mio parere. Innanzitutto ciportiamo dietro una cultura millenaria per cuiil contatto fisico è l’anticamera di chissà qualipeccati inconfessabili, in secondo luogo abbia-mo a che fare oggi con una mentalità terri-bilmente individualista che insiste molto sulcavarsela da soli. Durante il percorso dicevi che l’importanzaper te del contatto è forse legata anche alfatto di aver vissuto gli anni dell’obbligo sco-lastico all’Istituto per i ciechi. Pensi che lamancanza del calore familiare abbia reso piùdifficoltosa la tua condizione?Sicuramente ha influito perché non c’erano imezzi di comunicazione di adesso: i miei nonavevano il telefono in casa per cui ci si limi-tava a scriversi. Di certo non era una situa-zione facile anche perché io abitavo in pro-vincia di Pisa e il Collegio scolastico per non-vedenti era a Roma. Dal momento che si tor-nava a casa a Natale, Pasqua e nelle vacan-ze estive tra compagni si era inventato ilgioco della conta delle ore e dei minuti chemancavano al ritorno, un gioco che però rive-lava molto del disagio che provavamo. D’altrocanto prima degli anni’70 - in cui si è comin-ciato a parlare di integrazione scolastica - siricorreva agli Istituti specializzati che perònon avevano tantissime sedi. La soluzione peri non-vedenti era unicamente questa e adat-tarsi a vivere lontano dalla famiglia compor-tava una certa sofferenza.Attualmente com’è la situazione?Gli Istituti non funzionano più come scuoleelementari e medie, quindi i non-vedenti ven-gono integrati nel sistema scolastico vigente.Sul piano affettivo la situazione è sicuramen-te migliorata, sul piano dell’apprendimento ciscontriamo con i problemi strutturali propridel sistema che abbiamo. Spesso gli insegnan-ti di sostegno seguono dei corsi polivalentiche riguardano vari tipi di handicap senzaperò acquisire specifici strumenti: ad esempio

mi è capitato di parlare con uno di loro emi diceva che il braille non gli era stato spie-gato. Tuttavia tutte queste disfunzioni, chepure esistono, ci spronano a lavorare perchéle cose funzionino meglio.Come vivi il disagio della limitatezza deimovimenti e quanto ti senti aiutato in que-sto da chi vede? La difficoltà maggiore che incontro è il muo-vermi autonomamente all’esterno delle muradi casa. Faccio le cose essenziali e ho gli stru-menti per affrontare anche la situazioneimprevista; è chiaro però che quando devoaffrontare un percorso nuovo che dovrà dive-nire abituale, per poterlo fare da subito conuna certa serenità devo prima studiarlo.Inciampare o fare involontariamente caderequalcosa è sempre un po’ una sconfitta per-ché scatta la paura della brutta figura, paurache a mio parere è un po’ un retaggio deglianni in Istituto dove su questo aspetto forsesi insisteva troppo. So che è il limite che hoche mi porta a fare certi errori e quindidovrei poterlo emotivamente superare, eppureuna piccola arrabbiatura resta perché tiaccompagna il pensiero che qualcuno ti abbiaguardato. Tuttavia l’aiuto arriva e spesso inmodo casuale anche se capita che tantagente, specie nelle stazioni, ti venga addossoe magari non ti chieda nemmeno scusa. Comeracconto spesso, in una percentuale di casisuperiore a quella della loro presenza inItalia, vengo aiutato più dagli extracomunita-ri forse perché sanno cosa vuol dire essere inqualche modo diversi e affrontare probleminon semplici tutti i giorni.Con la mostra noi vedenti, dopo un’ora tra-scorsa al buio, sappiamo di ritornare allaluce. Ma chi è da sempre al buio che dimen-sione vive?Non saprei risponderti perché io ho per for-tuna un minimo di residuo e devo ammette-re che mi piace molto. Quindi la mia espe-rienza è parziale rispetto alla tua domanda.Posso dire però che i tanti che sono comple-tamente al buio se le cavano egregiamenteperché imparano a convivere con questa con-dizione. Mi è capitato di conoscere persone

normalità. La sala del bar è l’anticamera di un impegno conse stessi a fare memoria di quello che si è vissuto ma soprat-tutto di quello che si è imparato e questo accade perché nonsi esce da “Dialogo nel buio” come si uscisse da una mostraqualsiasi. Dalle altre la differenzia, a mio parere, un ele-mento di grande novità: la provocazione di tipo esistenzia-le che viene lanciata al suo interno. Percorrendo al buioquelle stanze così diverse tra loro emergono riflessioni chevanno ben oltre il semplice imparare “a vedere com’è ilmondo di chi non vede” o a “risvegliare tutti i sensi”. Senzail filtro della vista e senza la luce appare più evidente che aldi là della fisicità esiste con tutti una identità profonda chesi chiama cuore, l’impeto originale con cui gli uomini ditutti i tempi e di tutte le etnie affrontano la realtà. È que-

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...ogni genere di diversità non è più un limite ma una ricchezza 13

con handicap che ritengo più gravi del mio,e quindi con possibilità di movimento moltolimitate rispetto a me, che pure con quellepossibilità facevano cose che non mi sareimai immaginato. Evidentemente si impara ausare bene quello che si ha a disposizione. Cisono sì dei corsi che aiutano a sviluppare lecapacità sensoriali ma la grande finestra sulmondo è vivere la realtà, la nostra più gran-de fonte di informazioni. Io per esempio dapiccolo toccavo tutto perché quello era il miomodo di conoscere. Chi entra a “Dialogo nelbuio” si trova proprio coinvolto a capirlo davicino, avendo cioè un punto di partenza dacui valutare il problema in modo diverso eun’occasione per imparare a non considerarei non-vedenti come “poverini”. Che si sia com-pletamente al buio oppure no, quello checonta è il livello di interiorità ed è questoche ci accomuna a chi vede. La mia luce èla relazione affettiva che riesco a stabilire congli altri ed è ciò a cui sono più attaccato.Come hai appena detto, l’idea che siete riu-sciti a sfatare con questa mostra è che ilnon-vedente sia un “poverino” come si tendea pensare istintivamente di chi è portatore diqualche handicap. Cosa ti sentiresti di dire achi vede?Intanto che con questa mostra ci teniamo afar capire che non vogliamo minimizzare iproblemi. Ci sono e non facciamo mistero aparlarne: per esempio quanto può essere com-plicato per noi vivere in una città, quantomanchino semplici accorgimenti capaci disemplificare la vita, quanto l’integrazione sco-lastica debba migliorare, quanto siamocostretti a rincorrere la tecnologia che privi-legia le immagini e rischia di impedirci diaccedere a tante informazioni. Tutte difficoltàoggettive e vere che però dipendono dai limi-ti della nostra società che segue logiche diguadagno, che studia sulle bombe intelligentie che se invece avesse studiato su altre cosemagari non sarei qui a parlare perché civedrei come te. Tuttavia il livello di comuni-cazione che vogliamo raggiungere con lamostra è più profondo, ovvero dire che nonci mancano gli strumenti per conoscere la

realtà, per capirla e soprattutto per apprez-zarla. Il fatto di usare bene gli altri sensi tipermette di farti una idea precisa di quelloche ti circonda e, cosa non secondaria, diconoscere il mondo anche attraverso ledescrizioni e le emozioni degli altri. È ovvioche preferirei avere tutti i sensi ma speri-mento che è ugualmente possibile apprezza-re a livello emotivo e affettivo tutto quelloche vivono coloro che vedono. “Dialogo nelbuio” è un momento di sensibilizzazione forteperché non fa leva su un discorso ma suun’esperienza. E tra l’altro non ha ancorasmesso di stupire anche me: dovendo conti-nuamente rispondere a delle domande, hotirato fuori aspetti di me che sicuramenteavevo dentro ma non avevo mai avuto occa-sione di esplicitare. Per esempio, con il fattoche ho un minimo di residuo, all’inizio dice-vo a Laura (Gorni, N.d.r.) che non ero sicu-ro di riuscire a fare la guida perché mi spa-ventava l’idea di stare completamente al buio.Una volta che ho provato ho capito che pote-vo farcela: oggi non me ne accorgo più, per-ché parlo, perché sono a mia volta insiemecon altre persone, perché dal gruppo ricevoproprio tanto. Insomma questa avventura stadiventando sempre di più un momento digrande crescita.

Le guide: LuigiQuanto è difficoltosa la vita per un non-veden-te? Personalmente ritengo che sia sì difficoltosa manon insopportabile perché riesco a fare tuttoquello che mi piace, sono abbastanza indipen-dente e mi muovo da solo. Comunque è unaquestione soggettiva, non tutti reagiscono nellostesso modo. Certo il fatto che non posso con-tare sulla vista mi porta a dovermi fidare deglialtri in misura maggiore di chi vede. Pensareche chi mi vuole aiutare è un malintenzionatonon mi farebbe procedere di un passo. E que-sto è sicuramente un aspetto che i visitatoridella mostra colgono subito di noi e tendonoa riscoprire anche per loro.La tua condizione risale alla nascita?

No, all’incirca all’età di cinque, sei anni. Hoavuto un incidente a un occhio e di conse-guenza l’altro si è ammalato perdendo pro-gressivamente l’uso della vista. Ho dei ricordi ese da una parte sono un vantaggio in terminidi conoscenza delle cose (hai un concetto pre-ciso dell’ambiente, degli spazi, dei colori) dal-l’altra parte sono uno svantaggio perché haiuna precisa coscienza di quello che ti sei perso. Sei aiutato da un cane-guida?Sì ma lo uso limitatamente al percorso casa-lavoro perché come dicevo sono piuttosto auto-nomo. Tuttavia è più che altro un piacere chemi concedo visto che amo molto gli animali eho un giardino in cui tenerlo.Come hai fatto per arrivare alla mostra?Ho studiato il percorso e l’ho sperimentato unpo’ di volte chiedendo informazioni alla stazio-ne e in metropolitana, prendendo di volta involta dei punti di riferimento. Del resto più faile cose più le impari. I rumori delle macchinead esempio ci aiutano a capire la direzione incui vanno e l’esperienza accumulata ci consen-te anche di valutarne i tempi di arrivo: tutteinformazioni molto utili se dobbiamo attraver-sare al strada.Chi ti ha coinvolto a fare la guida?Io sono di Brescia dove lavoro come centrali-nista in una banca e sono venuto a conoscen-za dell’iniziativa attraverso un mio amico diRoma. Quando ho capito di cosa si trattava hosubito aderito perché mi sembrava intelligentela modalità scelta per far capire alla gente dueconcetti semplici ma fondamentali: che nonvedere non è una tragedia e che gli altri sensici permettono di percepire la realtà in unmodo più profondo e meno superficiale.Cosa hai ricavato dalla partecipazione a questaesperienza e cosa ti aspetti da essa?Porto a casa la soddisfazione di essere riuscitoa instaurare un dialogo con la gente e di farcapire quello che vivo. Quello che mi aspetto èforse un po’ più di comprensione e sensibilitàda parte di chi è intervenuto alla mostra, sen-sibilità dettata dalla maggiore conoscenzaacquisita. Il più delle volte infatti non ci sirende conto delle cose non per cattiveria maper ignoranza.

sto comune nucleo di esigenze (felicità, giustizia, verità,bellezza ecc.) la radice di ogni autentica empatia con l’altro,di ogni reale tentativo di solidarietà. Partendo da questadimensione ontologica della persona, ogni genere di diver-sità non è più un limite ma una ricchezza con cui fare iconti. Lo scambio di ruoli fra vedenti e non-vedenti propo-sto da “Dialogo nel buio” lo insegna molto bene: per staredentro alla drammaticità della vita - di cui il buio può esse-re considerato una metafora - occorrono due cose moltosemplici: la mano di chi ti si fa compagno di strada e gliocchi di chi ti guida, certo della meta... ma non è assoluta-mente detto che tali occhi siano necessariamente quellireali.

Laura Sposito

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Èun recordtutto italiano

quello realizzatopresso l’Istituto Regina Elenadi Roma dall’otorinolaringoia-tra Giuseppe Spriano che, gio-vedì 16 gennaio, ha effettuato,su un uomo di ottant’anni affet-to da un tumore al cavo orale, ilprimo trapianto di mandibolaal mondo.Il trapianto è stato reso possi-bile oltre che dalla perizia deldottor Spriano, noto a livellointernazionale per le soluzionichirurgiche innovative di cui èautore, anche dalla collabora-zione fra esperti di vari ospeda-li e alla generosità di una fami-glia emiliana che ha acconsenti-to alla donazione degli organidel parente deceduto a 39 anniper un aneurisma cerebrale(alla donazione della mandibolasi sono aggiunte quella delcuore, del fegato, dei reni, delpancreas, dei segmenti vascola-ri ossei, delle cornee e dellacute). Il progetto di questo trapianto,che rappresenta un vero e pro-prio successo della trapiantolo-gia italiana a livello internazio-nale, è partito con la sensibiliz-zazione da parte della respon-sabile del coordinamento tra-pianti Luciana Ridolfi, che haallertato tutti i reparti di riani-mazione della Regione. Lamandibola è stata prelevata il12 dicembre scorso pressol’Ospedale Bufalini di Cesenaed è stata trasportata alla bancadell’osso degli IstitutiOrtopedici Rizzoli di Bolognadove è stato sottoposta ad unospecifico trattamento: l’ossoinfatti è prima stato trattato

con la radioterapia e poi con-servato nell’azoto liquido a 196gradi sottozero per riuscire arenderlo totalmente sterile,evitando eventuali crisi dirigetto. Infine l’intervento,durato undici ore, a partiredalle 9 di giovedì mattina sinoalle 20,30. I medici hannoprima inciso il paziente all’al-tezza del collo, asportando tuttii tessuti tumorali oltre allamandibola, poi hanno modella-

to l’osso deldonatore per ade-guarlo alla strut-

tura del paziente. Un lembo diperiostio (la membrana cheriveste le ossa) è stato preleva-to dall’avambraccio del pazien-te per la ricostruzione dellagengiva. Infine la mandibola èstata trapiantata. L’operazione ha avuto esitomolto positivo, tant’è che ilpaziente si trova in condizionisoddisfacenti. L’importanza deltrapianto è calcolabile soprat-tutto alla luce del fatto che iltumore al cavo orale colpisce3000 italiani all’anno (in generesi tratta di una patologia checolpisce chi è dedito al fumo eall’alcool), di cui il 15% avrebbebisogno di una mandibola. Finoad oggi questi tumori eranotrattati con la ricostruzionetramite placche metalliche outilizzando altre ossa deipazienti, prese dagli arti, ma sitrattava di operazioni comun-que soggette a rigetto nelprimo caso e comunque difficil-mente attuabili nel secondo.Da segnalare la generositàdella famiglia emiliana che,indipendentemente dalla singo-larità della richiesta e pur in unmomento così difficile, haacconsentito al prelievo dellamandibola. Per il prelievo si ècercato di non rovinare il visodel donatore e la parte preleva-ta è stata sostituita con un calcoin gesso. Con questo interventosi allunga l’elenco degli organitrapiantabili che attualmentecomprende cuore, polmone,fegato, rene, stomaco, pancreas,intestino, pelle, cornea e mano.

E.D.T.

UN PRIMATO TUTTO ITALIANO

TRAPIANTO DI MANDIBOLA

Si allargano i confini della scienza

Ha avuto succes so i l pr imo tra piantodi mandibola a l mondo. È s tato e segui to

dal dot t . Spriano pres so l ’ I s t i tutoRegina Elena di Roma

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L’ATTIVITÀ FISICA FA BENE?SÌ, CON CAUTELA E NELLA GIUSTA MISURA

Il parere del medico

“Mens sana inc o r p o r e

sano” è un anticoaforisma, risalenteprobabilmente adIppocrate, con ilquale si volevaaffermare che unavita globalmentesana prevedevanon solo un atteg-giamento psichicoed intellettualepositivo, ma esige-va anche uno statodi buona salutefisica, in un idealeequilibrio. È que-sto concetto chenegli ultimidecenni ha avutonei paesi occiden-tali un notevoleaccoglimento inlarga parte dellapopolazione, nonsolo giovanile. Inmolti casi però viè stata una premi-nenza della curadel corpo, rispettoa quella della“mente” a scapitodella cultura edella educazione. L’attività fisicar e g o l a r m e n t eesercitata, commisurata all’età del soggetto, è con-sigliata sempre più anche nelle persone anziane:rappresenta non solo un mezzo per mantenereuna forma fisica soddisfacente, ma anche unmezzo per favorire la socializzazione e quindicombattere la depressione e la solitudine. Sottocontrollo medico, anche pazienti che fino agli anniCinquanta venivano tenuti in assoluto riposo,sono avviati ad un attività motoria controllata. Èil caso, ad esempio, dei programmi di riabilitazio-ne cardiologica in soggetti che hanno subìto un

infarto miocardioo sono reduci dainterventi cardio-chirurgici ripara-tivi o palliativi.Un’attività fisicaadeguata sia ingiovane età che inetà adulta si èdimostrata infinecome un momentodi prevenzioneprimaria di moltemalattie, dallepatologie vascolaridegenerative qualil’aterosclerosi, allaosteoporosi.Meraviglia quindicome si ventili neifuturi programmiscolastici la ridu-zione delle ore dieducazione fisica,che, in alcune zoneed in piccoli centriperiferici, rappre-sentano l’unicaattività fisica edu-cativa presente sulterritorio e lapalestra scolastical’unica realtà adisposizione deigiovani e non piùgiovani.Ovviamente prima

di avviarsi ad un programma di ginnastica o aduna attività sportiva è necessario sottoporsi aduna visita specialistica eseguita di preferenza daparte del medico dello sport che ha le competenzenecessarie, non solo ad evidenziare eventualisituazioni di controindicazione parziale o totale aduna determinata attività fisca o ad uno specificosport, ma può fornire tutti quei consigli tecnici,comportamentali, dietetici che permettono diottenere dall’attività fisica i risultati migliori.Il medico dello sport non è quindi più uno specia-

Nelle persone anziane è sempre più consigliatanon solo per star bene fisicamente

ma come occasione per stare con gli altri

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L’IMPORTANZA DELLE VISITE MEDICHE

lista delle grosse ed importanti società sportive,ma è una figura che sempre più si fa carico delleproblematiche pluridisciplinari legate a qualsiasiattività sportiva amatoriale o agonistica, con lacollaborazione, nei singoli casi, del cardiologo,dell’ortopedico, del nutrizionista, del pediatra, delgerontologo, del neurologo.Per le attività di tipo agonistico le leggi nazionalie regionali prevedono una visita da parte delmedico specialista ed una serie di esami di base(elettrocardiogramma a riposo e dopo breve sfor-zo, spirometria ed urine) integrate per alcunisport ad eventuali altre indagini (neurologiche,oculistiche, EEC ecc). Viene quindi rilasciato uncertificato di idoneità della durata di un anno. Per

le attività cosiddette “ludiche” è di regola suffi-ciente un certificato medico di buona salute rila-sciato da un sanitario. Molto si discute al proposi-to se anche in questi casi non sia utile almeno unavisita cardiologica e un elettrocardiogramma,essendo alcune patologie cardiache (ad esempiosindrome di pre-eccitazione o di Wolf ParkinsonWhite, sindrome di Brugada, alcune miocardiopa-tie) non sempre manifeste, esponendo, ad esempio,il soggetto a rischi di disturbi del ritmo ancheseveri.La visita per l’idoneità ad esercitare uno sport, siaesso agonistico che ludico, rappresenta attualmen-te uno dei pochi momenti di prevenzione primariain età adolescenziale e giovanile. Ciò sarà ancorpiù importante negli anni futuri, quando venendoa mancare la visita di leva, anche per molti maschie non solo per il sesso femminile, verrà a mancareun utile controllo di prevenzione primaria.È esperienza di ogni medico dello sport, ma anchedegli specialisti che sono coinvolti in questo scree-ning, di quante patologie si osservano in questocontrollo: in campo cardiologico soffi cardiacimisconosciuti, aritmie cardiache ignorate, per for-tuna solo raramente severe, rari casi di malattiecardiache congenite (piccoli o medi difetti intera-triali, interventricolari, valvola aortica bicuspidecon o senza insufficienza valvolare ecc.); in campourologico varicocele, ritenzione testicolare, fimosi;in campo oculistico disturbi del visus ancheimportanti, in campo ortopedico alcune malfor-mazioni, ecc.Si calcola che un 10% dei soggetti visitati presen-ti una qualche anomalia, anche se i casi nettamen-te patologici per fortuna sono molto limitati.La competenza del medico dello sport va peròoltre questo aspetto “burocratico” quale il rilasciodel certificato di idoneità. Il suo compito è soprat-

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da evitare ogni forma di doping

tutto di educare ad una attività fisica e sportivasana. Sempre più si è letto sui quotidiani e suigiornali sportivi del doping da parte di sportivi diprofessione, alla ricerca spasmodica del successo,del risultato ad ogni costo, al quale è legato spes-so la fama e il guadagno.Il fenomeno doping purtroppo non è caratteristi-ca solo di alcuni sportivi professionisti. Un aspet-to preoccupante riguarda l’impiego da parte digiovani e di adolescenti di sostanze dopanti o dialcuni farmaci che, pur non classificati come tali,non si può escludere possano portare danno aduna normale crescita, intesa non solo come svi-luppo corporeo ma anche come crescita psicologi-ca ed educativa. Recenti segnalazioni hanno evi-denziato come ragazzini di soli 10-11 anni fannoricorso sistematico, senza controllo medico quali-ficato, a sostanze che possono seriamente nuocerealla loro salute futura. Vi è ormai il mito della per-fezione del corpo, dei muscoli evidenti e taloraabnormemente ipertrofici, della magrezza, dellabellezza che spinge molti giovani, mal consigliati,a ricercare con farmaci quello che si può otteneresolo con programmi di ginnastica gradualmentecrescenti, con molta fatica, con costanza ed intempi non rapidi.Anche gli integratori così diffusamente impiegatidagli sportivi, ma anche da coloro che svolgonoun’attività fisica ludica regolare, non sono indi-spensabili se si seguisse una dieta corretta edequilibrata, salvo poche e ben determinate condi-zioni del tutto particolari sia cliniche che sportive,ma comunque limitate nel tempo. In una recente intervista apparsa sul Giornaledegli ordini medici ed odontoiatrici, il dr.Michelangelo Gianpietro, un medico dello sportdi provata esperienza, sintetizza bene la proble-matica qui affrontata: “Dalla professione del medico

sportivo ci arriva un grande monito sulla pericolositàper la salute collettiva, anche culturale, della ricercacontinua di primati senza più considerare che è l’uomonella sua biologica interezza che li deve sostenere, nonsingoli pezzi di corpo... È una battaglia culturale atutto campo per la salute, che investe tantissimi aspettidella vita quotidiana, della alimentazione, degli stilidi vita, dei miti e dei riti collettivi con comportamentie convinzioni contrapposti al benessere, sui quali pro-spera il mercato dei consumi inutili se non dannosi.”Mi sembra che si possa concludere con il medesi-mo aforisma iniziale: “Mens sana in corpore sano”.

Dott. Gaetano Bianchi

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In un convegno nazionale che siè tenuto a Palermo, il professo-

re Salvatore Di Rosa, presidenteuscente della Fadoi e primariodell’Unità operativa di MedicinaInterna dell’Ospedale “VillaSofia” di Palermo ha presentato ilprogetto “Fadoi-Gsk” Federa-zione delle Associazioni deiDirigenti Ospedalieri Internisti edella GlaxoSmithK-line. Lo scopodel progetto è trovare un rimedioall’aumento dei casi di morte perpolmonite e a quello dei ricoverisul territorio nazionale. In questoambito la Lombardia è fra leregioni protagoniste grazie alcoinvolgimento di otto unità ope-rative di medicina interna degliospedali di: Erba, Busto Arsizio,Suzzara, Mon-tichiari,Casalpusterlengo, Zingo-nia,Magenta e Sesto San Giovanni. Fra gli intenti, quello di migliora-re la vita dei pazienti, evitando deiricoveri inutili o degenze troppolunghe; di garantire l’assistenzaanche dopo la dimissione e di coo-perare sia con i medici di famiglia

che con tutti i cittadini, anche perfornire chiarimenti e informazionisul tema della polmonite. In occasione del convegno sonostate diffuse le cifre ufficiali delMinistero della Salute sulla pol-monite in tutte le regioni. InLombardia, nel 2000, fra ricoveriveri e propri e day hospital siparla di 23.587 ricoveri, con unamaggioranza di uomini sulledonne (13.313 contro 10.274). Lafascia di età più colpita da questamalattia è quella degli anzianioltre i 65 anni, sia per quantoriguarda la polmonite senza com-plicanze che quella con compli-canze. Dati statistici sono statiforniti anche relativamente alladurata delle degenze, che inLombardia è mediamente di 13.2giorni per le polmoniti con com-plicanze (ovvero leggermentesuperiore alla media nazionaleche invece calcola 13.1), e di 10.5per quella senza complicanze(contro i 10.6 della media nazio-nale). Anche in termini di durata idegenti più anziani hanno tempi

di recupero più lunghi rispetto aipazienti giovani. Al di sotto dei18 anni si calcolano mediamente5.64 giorni. Quanto ai dati suidecessi per polmonite, i datidell’Istituto Superiore dellaSanità sono aggiornati solo al1998 ed in Lombardia sono stati1664 con un tasso di 18,47 percentomila abitanti, tenendo contoche il totale in Italia per quellostesso anno era di 8915 con untasso del 15,48.Degli otto ospedali lombardi chehanno aderito al progetto Fadoi ireferenti sono il dottor GiovanniMaggi e la dottoressa Sciasceraper l’Unità operativa di MedicinaInterna dell’Ospedale Fatebene-fratelli di Erba, il dottor Caprioliper il reparto di Medicina InternaII dell’Ospedale di Busto Arsizio,il dottor Giancarlo Pascaldell’Unità operativa di MedicinaInterna del Presidio OspedalieroMontecchi di Suzzara, il dottorLuciano Fugazza dell’Unità ope-rativa di Medicina Internadell’Ospedale di Codogno diCasalpusterlengo, il dottorMaurizio Pietrogrande dell’Unitàoperativa di Medicina Interna delPoliclinico San Marco Zingonia(Comune di Osio Sotto), il dottorOttavio Di Stefano dellaDivisione di Medicina Internadell’Ospdeale di Montichiari, ildottor Roberto Biasioli dell’Unitàoperativa di Medicina Internadell’Ospedale Fornaroli diMagenta e il dottor Vezzolidell’Unità operativa di MedicinaInterna del Presidio ospedalierodi Sesto San Giovanni. IlPresidente della FadoiLombardia è il dottor EttoreMalacco.

E.D.T.

OTTO OSPEDALI INSIEMEPER LA PREVENZIONE DELLE POLMONITI

Lotta ad una malattia diffusissima

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SE

ZIONIBen cinquecentomila sono

state le lattine consegna-te nell’ambito della 30.maedizione della giornata ecolo-gica promossa dall’Aido.L’iniziativa - che quest’annoha ottenuto anche il patroci-nio della Provincia - ha regi-strato un aumento di parteci-pazione e del materiale rac-colto. La sezione Aido piùgenerosa si è confermataquella di Villa di Seri con 40mila lattine, seguita da quelladi Filago con 35 mila. Nellaclassifica dei sostenitori c’èda segnalare la novità di duepartecipanti: Riccardo eDonato Colombo di Villad’Adda che hanno donato ben30 mila lattine. Tra i parteci-panti c’è da segnalare anchela presenza della scuola ele-mentare di Brembilla. Glialunni e gli insegnanti sonogiunti a Bergamo in autobusper consegnare personalmen-te le loro 22 mila lattine. Achiudere la hit parade deidonatori non potevano man-care il Gruppo Aidini diAmbivere con 20 pezzi el’Aido di Zanica con quasi 19mila. In cambio, per tutticoloro che hanno consegnatole lattine, sono stati distribui-ti gadget dell’Atalanta, libri,magliette, materiale scolasti-

co e giochi. Il tutto attraver-so gli amici dell’Aido e idipendenti della Sesaab, lasocietà editrice de “L’Eco diBergamo”.“Siamo soddisfatti dello svol-gimento dell’iniziativa - haspiegato il vice presidenteprovinciale dell’Aido berga-masca, Leandro Mora - ancheperché abbiamo registratouna maggiore partecipazionerispetto alle ultime edizioni.Gli obiettivi di questa inizia-tiva sono una sensibilizzazio-ne ecologica, un risparmio

dell’alluminio e, infine maimportantissimo, lo scopobenefico. I fondi raccolti dallosmaltimento e dal recuperodell’alluminio servirannoinfatti a finanziare macchina-ri e terapie antirigetto delreparto di trapianti pediatricidegli Ospedali Riuniti”.L’alluminio raccolto saràsmaltito e riciclato dalla Cisal(Consorzio italiano smalti-mento alluminio) di Milanoche da anni si presta all’ini-ziativa dell’Aido.

D.A.

Nell’opinione pubblica ilproblema della donazio-

ne e prelievo di organi è quel-lo che, col varo della legge91/99, tutto è risolto in temadi espressione di volontà neldonare.Purtroppo però ciò nonrisponde alla realtà e, fra l’al-tro, ad oggi mancano ancoraall’approvazione alcunidecreti attuativi.Malgrado ciò gli ultimi datidicono che i trapianti sonoaumentati e l’Italia si piazzaal quinto posto nella gradua-

toria dei paesi che concretiz-zano la loro azione in talsenso.La lista dei pazienti in attesadi trapianti è ancora moltolunga poiché, affinandosi latecnologia, è di pari passoaumentato il ricorso a talelinea terapeutica.Molto ancora dobbiamo fareper tentare di risolvere que-sto problema di carenza nelsalvare vite umane donandocial prossimo dopo la nostramorte.Due sono le azioni che dob-biamo cercare di concretizza-re il più presto possibile:informare e formare.L’informazione nei confrontidella cittadinanza per aumen-tare la sensibilità e quindi ladisponibilità a questo gesto èassolutamente latente.La legge afferma che, perconsentire ad ogni cittadinodi poter esprimere con ragio-ne la propria volontà o menoalla donazione, occorre farconoscere allo stesso il pro-blema con una informazione

Molte adesioni alla raccolta delle lattineBBeerrggaammoo

Il difficile compito dell’AidoMMeelleeggnnaannoo -- MMeellzzoo

Bergamo: la raccolta delle lattine

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Il gruppo Aido di BustoArsizio compie 25 anni.

È con orgoglio che abbiamofesteggiato 25 anni di fondazio-ne del nostro gruppo. Nel lon-tano 1977 un gruppo di alpini ,sensibili alle necessità dellepersone sofferenti, ha deciso difondare all’interno della loroassociazione il gruppo Aidointitolandolo a Don CarloGnocchi, alpino e primo dona-tore di cornee. Tanta acqua èpassata sotto i ponti, tante cosesono state fatte e tante ci ripro-mettiamo di fare.Solo dodici anni fa il tasso didonazioni d’organi in Italia eratra i più bassi d’Europa.Da allora molto è cambiato e ilGruppo Aido Don Gnocchi diBusto Arsizio fa il punto dellasituazione.Tanta strada fatta, è innegabile,ma ancora tanto lavoro davanti,in Italia, per garantire un orga-no a tutte le 150mila personeche attualmente sono in attesa

di un trapianto.Durante la serata medica del 25ottobre scorso, che ha aperto lecelebrazioni per il 25° anniver-sario del gruppo Aido, il dottorMarco Rossi, primario delreparto di oculistica dellanostra città, ha proiettato ecommentato il filmato di unintervento di trapianto di cor-nea. Incrementare il tasso dei

trapianti di cornea è stato,negli ultimi anni, l’obiettivoprioritario e più facilmente rag-giungibile per il nostro ospeda-le. L’assenza del reparto di neu-rochirurgia limita fortementele possibilità di donazioni mul-tiorgano. Nonostante ciò nel2002 sono stati fatti quattroprelievi multiorgano.I prelievi di lembi corneali sono

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SE

ZIONI

corretta e successivamentenotificargli il documento perpoter esprimere consapevol-mente la propria volontà.Ebbene, niente di tutto que-sto è stato finora fatto.L’azione della nostra associa-zione nei confronti dell’infor-mazione, prosegue con estre-ma difficoltà a causa degliaspetti economici che non ciconsentono di muovercicapillarmente, cosa che d’al-tro canto, spetterebbe ad entipreposti a livello istituziona-le.Credo sia opportuno ricorda-re che l’Aido non riceve nes-sun contributo dallo stato perl’attività che svolge e ciò chefa è possibile grazie al lavorogratuito dei volontari ed aicontributi che riceve dai cit-tadini ai quali va il nostro rin-

graziamento.La speranza è che oltre alsupporto economico (impor-tante) si possa concretizzareuna sempre maggior presen-za di volontari a sostegnodella nostra attività.Importante quindi rimane lapresenza dell’Aido con la suaorganizzazione (nazionale,regionale, provinciale/pluri-comunale) ed in modo parti-colare con le sue ramificazio-ni legate all’attività dei grup-pi comunali.In questo contesto è quasiassolutamente latente la for-mazione nei confronti deimedici di base che, va detto,hanno dimostrato nella mag-gioranza dei casi scarsa sensi-bilità al problema, mentre inambito ospedaliero, graziealla buona volontà di alcuni

operatori sanitari, qualcosa dipositivo si sta facendo.Alla nostra zona di riferimen-to (ASL2 territoriale) manca-no totalmente le competenzerelative alla formazione e allainformazione mentre la sensi-bilità di alcuni operatoriospedalieri nelle realtà pub-bliche di Melegnano eCernusco S.N. ha consentitoche si potesse sviluppareun’azione concreta nell’atti-vità di prelievi di cornee eorgani.Siamo coscienti delle diffi-coltà in termini organizzativiche questi operatori hannonello svolgere la loro attivitàe a loro va il nostro apprezza-mento. Un ringraziamentosincero anche a quei mass-media che ci permettono difar sentire la nostra voce.

I venticinque anno del Gruppo di Busto ArsizioMMoonnzzaa -- BBrriiaannzzaa

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ZIONI

passati dai 180 del 2001 ai 214effettuati fino ad ottobre 2002;un dato estremamente confor-tante che sottolinea l’ottimarisposta della cittadinanza allesollecitazioni di chi, come ilgruppo Aido, da anni lavora perpromuovere la cultura delladonazione.Il dottor Giorgio Servadio, pri-mario del reparto di rianima-zione del nostro ospedale ecoordinatore dei prelievi dellostesso ospedale ha detto: “Laprocedura da noi adottata, gra-zie all’abnegazione di tutta l’é-quipe e del personale infermie-ristico, ci permette di essere ilsecondo ospedale in Lombardiadopo Monza, per il numero diprelievi”.Il dottor Rossi ha proseguitocosì nel suo intervento: “Siamoriusciti a ridurre fino a duemesi la lista di attesa di un tra-pianto. Si tratta di un vero suc-cesso”.È anche evidente che tutto que-sto è possibile grazie allacostante attività di sensibilizza-zione operata dall’Aido oltreche dal notevole impegno edisponibilità dei medici.Insomma un impegno in cre-scendo che sta dando semprepiù risultati: ma che deve conti-nuare a garantire il livello diattenzione e sensibilità da partedella gente su una problematicaimportante come quella delle

donazioni d’organi. E l’Aido.sicuramente proseguirà in que-sta direzione, con iniziative eun’opera di informazionecostante. Nel corso della seratasono stati premiati i vincitoridel concorso di disegno tramiteil quale l’Aido si è fatta cono-scere nelle scuole medie infe-riori e superiori.Una commissione compostadall’assessore alla cultura prof.Luciana Ruffinelli, dal pittorebustocco Carlo Farioli e daun’insegnante di artistica dellescuola media, SilviaMascheroni, ha scelto questielaborati:Scuola media inferiore:1° Panico Dario - III D ScuolaDe Amiciis2° De Bernardi Chiara - III CScuola De Amiciis3° Cinaudo Nuccia - III CScuola De AmiciisScuole medie superiori I.I.T.I.S.1° Argentieri Cristina2° Armiraglio Chiara3° Armiraglio ChiaraI festeggiamenti sono prose-guiti domenica 27 ottobre conil ritrovo dei gruppi presso lasede degli Alpini. Con un picco-lo corteo abbiamo raggiunto lachiesa S. Michele dove è statacelebrata una S. Messa a ricor-do degli Aidini defunti. L’officiante ha avuto parole dilode per quanto svolto dallanostra associazione, in tema

anche con il vangelo di quelladomenica che parlava del donocome atto di amore.Presente alla cerimonia il sin-daco di Busto ing. Luigi Rosa,l’assessore alla cultura prof.Luciana Ruffinelli, l’assessoreai servizi sociali dott. FrancoMazzucchelli.Dopo la Messa ci siamo recatialla Villa Tosi, nel bellissimosalone cove si celebrano imatrimoni, per un pranzoall’insegna dell’amicizia e del-l’allegria: su ogni tavolo c’era larosa spezzata, simbolo dellanostra associazione. Nel suo saluto il sindaco ci hapromesso l’appoggio dell’am-ministrazione comunale anostre eventuali necessità.nel pomeriggio ci siamo recatinel salone del Museo delTessile per un concerto delCoro Monte Rosa e della bandaLa Baldoria. Per questa occasione il maestrodella banda Arturo Pacciorettiha scritto un inno per Aido diBusto: grazie maestro!Gli apprezzamenti di tutti ipartecipanti alla manifestazio-ne sono la migliore ricompensaall’impegno di tutto il consi-glio, che ringrazio vivamenteper la buona riuscita della stes-sa. Che sia uno sprone a faresempre meglio.

La presidenteGiampiera Lombardi

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AID

ON

EW

Sw w w . a i d o . i tUna finestra sul sito Aido

Già da tempo «PrevenzioneOggi» ha aperto i propri spaziall’informazione dell’Aido nazio-nale. I lettori avranno infattinotato la pagina collocata nell’in-terno di copertina, nella qualesono riprodotte alcune parti delperiodico di informazione nazio-nale «L’ARCOBALENO», con itestimonial che sostengono ladonazione d’organi.Da questo numero potenziamo ilcollegamento con l’informazionenazionale pubblicando alcunenotizie tratte dal sito (peraltromolto ben fatto e sempre aggior-nato) www.aido.it.Buona lettura.

Il fegato di una signora di ottanta anni, deceduta all’ospe-dale di Faenza, è stato trapiantato su una giovane donna di28 anni ricoverata d’urgenza al policlinico Sant’Orsola diBologna per una epatite fulminante. In attesa dell’organoera stato usato, come soluzione ponte, un fegato artificialecontenente cellule umane. Il dispositivo, impiegato per laprima volta in Italia, ha funzionato per 24 ore, depurando ilsangue della paziente. Il fegato artificiale con cellule difegato umane è stato ottenuto grazie all’attività della bancadegli epatociti di Ferrara, diretta dal Prof. AnnibaleDonini, che conserva cellule tratte da organi non utilizzati.Si tratta di un dispositivo che dura alcune ore e che puòessere riutilizzato anche se non a lungo. ‘’Con l’ importanterisultato raggiunto dal centro trapianti di Bologna - hacommentato l’ Assessore regionale alla Sanita’, GiovanniBissoni - l’ Emilia-Romagna, già capofila italiana pernumero di donazioni e qualità dei trapianti eseguiti, vedearricchire la propria rete regionale di un ulteriore pro-gramma innovativo. Questo risultato è il frutto degli inve-stimenti finalizzati degli ultimi tre anni, della grande atten-zione che è stata dedicata alla qualita’ dei centri e dei tra-pianti, e ai proficui rapporti di collaborazione che sono datempo avviati tra i diversi centri specializzati dell’ Emilia-Romagna’’. Il fegato bioartificiale era già stato usato inItalia, la prima volta a Udine e prevedeva l’impiego di cel-lule di maiale. La metodica utilizzata a Bologna è assoluta-mente innovativa e sperimentata sinora solo a Berlino. Perquanto riguarda l’utilizzo del fegato di una persona avantinegli anni il prof Antonino Cavallaro, direttore del Centrotrapianti di fegato di Bologna ha dichiarato che “sulla basedi una casistica, emerge che il fegato degli ultraottantennirisponde nel trapianto meglio di quello dei donatori dimezza età. E questo per diversi motivi: primo fra tutti laselezione naturale. Chi vive fino ad ottantanni ha evidente-mente una buona salute e ..sicuramente un fegato eccezio-nale”. Due anni fa il centro trapianti di fegato di Pisa hatrapiantato su una persona di 54 anni il fegato prelevato auna donna di 92 anni deceduta all’Ospedale di Pontremoli .

(vipas)

FEGATO ARTIFICIALE CON CELLULE UMANE UTILIZZATO A BOLOGNA

Sono tre i centri ospedalieri italiani autoriz-zati ad eseguire il trapianto di fegato neipazienti sieropositivi con patologia di cirrosiepatica. L’annuncio è stato dato alCongresso nazionale dell’Anlaids, che si èsvolto a Torino. I centri interessati sono quello diretto dalProfessore Antonio Daniele Pinna aModena, quello guidato dal ProfessoreEugenio Santoro al “Regina Elena” di Romae, infine, quello guidato dal Professore JohnJ. Fung all’Ismett di Palermo. “ È un pro-getto di grande valenza scientifica e socialee ha preso il via sull’ onda dello studio ame-ricano denominato “Host”- afferma ilProfessore Francesco Chiodo, direttoredell’Istituto di Malattie infettivedell’Università di Bologna e coordinatoredel progetto italiano. In America da qualcheanno i sieropositivi e i malati di AIDS conbuone possibilità di soravvivenza sono inse-riti nella lista di coloro che attendono untrapianto. Si apre quindi per i sieropositiviuna grande speranza, anche se per ora siparla di trapianti di organi solidi, come ilrene e il fegato. Per quanto riguarda il pro-getto italiano, si tratta di un programmasperimentale con carattere estremamenteselettivo ed è finalizzato ad individuare ilnumero di pazienti HIV candidati al tra-pianto, che sono centottanta in tutta Italia egià inseriti in lista.

(vipas)

TRAPIANTI DI FEGATO NEI SIEROPOSITIVI

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EW

SIl terzo trapianto di mano è stato effet-tuato, il 6 novembre scorsoall’Ospedale di Monza, dall’équipe delProfessore Marco Lanzetta.L’intervento è stato compiuto su unoperaio siciliano di 32 anni, residente aReggio Emilia, che aveva perso lamano destra 10 anni fa in seguito adun incidente stradale. “L’intervento èandato molto bene- ha detto Lanzetta-è durato 13 ore, 3 in meno dei due tra-pianti precedenti. Il donatore è statoun giovane di 16 anni”. I precedentitrapianti di mano in Italia erano statieseguiti il 17 ottobre 2000 su un fale-gname milanese e il 1° ottobre 2001 suun magazziniere di Teramo. Il pro-gramma italiano di trapianto di mano,approvato dal Ministero della Salute,prevede un numero di 5 casi nel perio-do di 4 anni. I criteri di selezione sonoestremamente rigidi e prevedono: -1) laperdita della mano dominante oentrambe le mani; -2) un’età compresatra i 18 anni e i 50; - 3) un’amputazio-ne traumatica a livello del polso; -4) unrifiuto motivato delle alternative pro-teiche, sia estetiche che funzionali; .-5)la capacità di esprimere un consensoinformato; -6) uno stato psicologiconon compromesso; -7) una compliancecon il periodo di rieducazione postope-ratoria.

(vipas)

TERZO TRAPIANTO DI MANO IN ITALIA

La Provincia autonoma di Trento ha aderito all’accordo dicollaborazione fra le Regioni Veneto e Friuli per la con-servazione di tessuti a scopo di trapianto. Sono tre i cen-tri oggetto dell’accordo - Treviso, Mestre-Venezia,Verona- per la custodia di tessuti relativi a valvole cardiache,cute, osso, cornee e vasi. L’accordo è stato sottoscritto a Cavalese dagli assessoriMario Magnani e Fabio Gava. Il Ministro GirolamoSirchia presente alla firma dell’accordo, l’ha indicato come“esempio di buona cooperazione fra gli enti territorialiche migliorerà gli standard qualitativi e quantitativi deiprelievi e dei trapianti di tessuti. Permette al tempo stessouna ottimizzazione dei costi a carico del servizio sanitarionazionale e consente ai cittadini, anche di piccole realtàquali il Trentino, di poter disporre di servizi di eccellen-za, anche se fuori regione, ma senza spese eccessive.” Trale strutture coinvolte anche la Fondazione Banca degliOcchi di Mestre, unica struttura europea ad aver raggiun-to gli standard qualitativi richiesti negli Usa per lagestione delle cornee e impegnata in una funzione tutoria-le di analoghi centri europei ed italiani. L’accordo - hadetto Gava - “consente di ottimizzare i costi delle struttu-re di eccellenza del Veneto, grazie ad un bacino di poten-ziali sei milioni di utenti, importante quale massa critica.Dimostra inoltre che si possono raggiungere livelli diqualità grazie ad un lavoro di squadra, reso possibile darealtà molto simili per modelli di eccellenza quali sono lestrutture di Veneto, Friuli e Trentino. Realtà dove esisteuno spirito di volontariato molto elevato e un’idea didonazione molto diffusa”. Analoga convenzione sarà conclusa con la Provincia auto-noma di Bolzano, che - ha detto Gava - “ha già manifesta-to interesse”.

(vipas)

CONSERVAZIONE TESSUTI DA TRAPIANTARE: ACCORDO VENETO - TRENTINO

Riuscire ad instaurare una buona convivenza con gli organi donati, e quindi migliorare la qualità di vita dei pazienti,è uno degli obiettivi primari di un’operazione di trapianto. È in questo ambito che, alla Università di Stanford inCalifornia, lavora il gruppo guidato da Samuel Strober il quale ha finora arruolato quattro individui candidati al tra-pianto renale. L’ingegnoso sistema messo a punto dalla équipe è volto a liberare i pazienti dall’uso di farmaci immu-nosoppressori ai quali, come indica il professor Strober, sono associati rischi di infezione e di suscettibilità a patologiecardiovascolari e oncogene. Le fasi iniziali del nuovo approccio al trapianto renale sono le solite: dopo l’operazione isoggetti sono trattati con immunosoppressori. A questo punto, però, allo scopo di abituare l’accettore al nuovo orga-no, i pazienti - ancora sotto trattamento immunofarmaceutico - sono stati soggetti a piccole dosi di irradiazioni, alfine di uccidere le cellule immunitarie più aggressive. Il passo successivo è stato di infondere ai pazienti le cellulestaminali ematopoietiche del donatore. Queste cellule risiedono nel midollo spinale e maturano diventando cellule delsangue o cellule del sistema immunitario: quando infuse in un soggetto immunosoppresso, producono nuove celluledella linea bianca, lasciando così l’individuo con un misto di cellule immunitarie alcune delle quali originali dell’indi-viduo stesso e altre provenienti dal donatore. Dopo qualche mese il sistema immunitario dell’ospite ha di nuovo ilcontrollo completo sull’organismo, ma le cellule che sono cresciute alla presenza di ambedue i sistemi immunitarihanno sviluppato una tolleranza per entrambi i tipi tissutali. Dei quattro pazienti arruolati dal gruppo di Stanforduno ha rigettato le cellule donatrici immediatamente, uno ha ridotto la dose di immunosoppressori e due si sono libe-rati completamente dei farmaci nel giro di un anno. Il professor Strober stesso ha successivamente riferito che uno diquesti ultimi due pazienti ha dovuto iniziare nuovamente il trattamento con i farmaci ed è ancora un’incognita preve-dere quanto a lungo l’altro paziente resisterà senza alcun trattamento. Tuttavia si ritiene che probabilmente la dosedi immunosoppressori necessaria sarà ridotta e gli studi stanno proseguendo variando dosi e tempo di trattamentocon le cellule ematopoietiche staminali.

(Nicoletta Vesentini)

RIGETTO: UN AIUTO DALLE CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE

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Lettere e messaggi dai lettoriSE USATA CON RISPETTO

L’INFORMAZIONE PRODUCE BENEFICI EFFETTI

Spett.le “Prevenzione Oggi”,siamo le maestre dell’Ospedale San Raffaele di Milano e

vogliamo ringraziarvi per lo spazio che il vostro giornale ha messoa disposizione, nel numero di dicembre, per raccontare il lavoroche svolgiamo con i bambini della Pediatria.

Le parole usate per descrivere il nostro modo di stare inospedale ci hanno commosso, anche perché nulla era stato prepa-rato. Il tutto è nato da un incontro. Infatti, la signora Sposito hadeciso di intervistarci dopo averci conosciute durante una espe-rienza reale di ospedalizzazione. Oltre a ciò, vogliamo rendervipartecipi di un fatto molto bello che ci sta accadendo. Il signorMantelli Massimo, imprenditore di Binasco, dopo aver letto di noiha deciso di sostenerci nell’acquisto di giochi e di materiali per ipiccoli pazienti del reparto. Per ringraziarlo gradiremmo vederepubblicata questa lettera.

Cordiali saluti.Fulvia Daghetti

Marirosa LucianiDonata Coltoni

————Gentilissime Fulvia, Donata, Marirosa

colgo l’occasione offertami dalla vostra lettera per espri-mervi tutta la mia gioia sia per il bel gesto del sig. Mantelli sia perle parole che avete speso nei miei riguardi. A questo proposito citengo a sottolineare che concordo perfettamente con il vostro giu-dizio: tutto è nato da un incontro. Se mia figlia non fosse stata rico-verata in reparto probabilmente non avrei avuto la possibilità diconoscervi e di apprezzare con quanta abnegazione svolgete ilvostro compito. Il resto è venutodi conseguenza e mi ha dato l’op-portunità di una verifica sulsenso del mio lavoro, cosa di cuivi ringrazio. Grazie allo spazioche generosamente mi vieneofferto mese per mese dalConsiglio regionale AidoLombardia, ho potuto capirequanto sia importante che esista-no organi di informazione prontia offrire spaccati di una umanitàdiversa, capace di misurarsi conla sofferenza e di superarla innome di un amore alla vita cheoggi sembra non far più notizia.

In questo senso alla rivi-sta “Prevenzione oggi” devo dav-vero molto, perché ha aiutatoinnanzi tutto me a mettere afuoco che fare giornalismo non èaffermare la propria firma mamettere a disposizione le propriecapacità per un Bene più grande.Per questo voglio unirmi a voinel ringraziare il sig. Mantelli,perché non c’è ricompensa piùbella del sapere che quello che faiè di utilità agli altri.

L.S.

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Grazie a voiCarissime signore,

non abbiamo molto daaggiungere a quanto così ben espres-so dalla nostra preziosa collaboratri-ce signora Laura Sposito. La vostralettera conferma che il nostro obiet-tivo principale, e cioè dare un sensopositivo al fare comunicazione, èstato raggiunto. In questo modo, conpochi mezzi (in Redazione siamodavvero in numero esiguo) ma contanta buona volontà, riusciamo a par-tecipare a quella diffusione della “cul-tura della vita” di cui c’è tanto biso-gno.

Leonida PozziLeonio Callioni

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