Un angelo caduto dal cielo. L'uomo misterioso

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Pronto a sfidare l’impossibile? Sicuro che tutto ciò che conosci sia reale? Le vecchie credenze crolleranno e dovrai essere pronto per il viaggio che ti porterà a scoprire nuove verità. Diventa anche tu un angelo, unisciti insieme a Luke e i suoi amici alla ricerca di Agartha, la civiltà che vive sottoterra, e scopri il segreto dell’uomo misterioso. Pasquale Gambuto nasce nel 1989 a Manfredonia. Ha scoperto la sua creatività aiutato da maestri spirituali che l’hanno sostenuto e guidato a esprimere il proprio modo di essere attraverso la scrittura. Questo è il suo primo romanzo.

Transcript of Un angelo caduto dal cielo. L'uomo misterioso

Pronto a sfidare l’impossibile? Sicuro che tutto ciò che conosci sia reale? Le vecchie credenze

crolleranno e dovrai essere pronto per il viaggio che ti porterà a scoprire nuove verità.

Diventa anche tu un angelo, unisciti insieme a Luke e i suoi amici alla ricerca di Agartha, la civiltà che vive sottoterra, e scopri il segreto dell’uomo misterioso.

PASQUALE GAMBUTO nasce nel 1989 a Manfredonia. Ha scoperto la sua creatività aiutato da maestri spirituali che l’hanno sostenuto e guidato a esprimere il proprio modo di essere attraverso la scrittura. Questo è il suo primo romanzo.

Un angelo caduto dal cielo

12,90

PASQUALE GAMBUTO

L'uomo misterioso

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n angelo caduto dal cielo

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ISBN ISBN 978-1530432950978-1530432950

auto da fé

Una storia che ha appassionato tantissimi lettori

© Pasquale Gambuto, 2016

© FdBooks, 2016. Edizione 1.0

L’edizione digitale di questo libro è disponibile online

in formato.mobi su Amazon.

iSbN 978-1530432950

Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.

È vietata ogni riproduzione, anche parziale, non autorizzata.

Pasquale Gambuto

Un angelo caduto dal cielo

L’uomo misterioso

Noi siamo gli dei antichi. Sono tanti gli errori che abbiamo

commesso in passato, ma siamo tornati qui; per rimediare,

perché sulla Terra, grazie al libero arbitrio,

possiamo scegliere

Nota dell’autore:

Un angelo caduto dal cielo è un opera di fantasia basata su alcuni eventi e situazioni reali relativi alla crescita interiore dell’autore. Se le interpretazioni di tali eventi e situazioni sono frutto della fantasia dell’autore, il back-ground storico, scientifico e quant’altro della trama è il prodotto di minuziose ricerche.

Pasquale Gambuto

Un angelo caduto dal cielo

L’uomo misterioso

Capitolo 1

Il Regno Cristallino

C’era una volta un mondo celestiale formato da nove pianeti detti i Nove Regni. Essi si chiamavano: Regno Spettrale, Regno Arcano, Regno Cristallino, Parallelo, dei Giganti, Naturale, Regno Astrale, Regno di Fuoco e Regno Spirituale.

Solo in uno di questo vivevano i buoni, nel: Regno Cristallino.

Il Regno Cristallino si trovava ai confini del Paradiso. forse è per questo che lì la vita era pacifica, gli abitanti erano in gran parte angeli. Era governato dalla regina Sara e il re Binael, e avevano un bimbo di nome Caliel, la cui età, in parametri terrestri, potrebbe essere para-gonata a un bambino di sei anni. Il Regno era di una grandezza e di una bellezza totalmente diversa dalla terra, che oggi tutti identificano come il centro della vita intelligente nell’Universo. Esso disponeva di molti luoghi incantati, paesaggi fiabeschi la cui esistenza sem-brava ispirata dai sogni stessi. C’era molta natura, laghi, tra cui uno che circondava il castello reale e che prece-deva un giardino enorme. Lì non c’erano macchine, la tecnologia era intelligente e fine alla vita stessa nel regno. Non c’era sofferenza, non c’erano malattie, tranne una: la Tinaide. Questa malattia potrebbe essere identificata

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come la comune broncopolmonite terrestre, essa aveva luogo quando una coscienza, prima di incarnarsi, veniva attaccata da frequenze energetiche basse a tal punto da influenzare la forma corporea, e purtroppo lì non c’e-rano ospedali. Non si riusciva a trovare una cura, per questo i bambini che ne morivano si incarnavano in altri mondi. Ma al di là di tutto questo lì c’era una vita che tutti quanti noi vorremmo avere. La vita trascorreva tranquilla nel regno, fino a quando la tranquillità che lì vi regnava fu turbata da una minaccia imminente. Caliel giocava con i suoi giocattoli preferiti, erano piccoli guerrieri in miniatura, il suo preferito era il guerriero di nome Calling, un leggendario personaggio del regno. I soldatini per lui erano i cattivi, mentre Calling, era l’eroe che distruggeva tutti quei soldati. Il piccolo principe si divertiva a giocare, mentre Sara, sua madre, preparava il pranzo in attesa che il re, suo marito Binael, facesse rien-tro al palazzo reale. Caliel era un bambino dagli occhi azzurro-turchese, i suoi capelli erano di un blu profondo intenso alternato con sfocature nere, il suo viso emanava un innocenza pura, mentre sua madre era la personi-ficazione della bellezza: capelli biondi lunghissimi con pettinatura a odango formando due sfere su ciascun lato della testa, e occhi color verde acqua. Il suo viso era dolce e amorevole, dopotutto, la regina, rappresentava la magnificenza in persona di quello stesso regno. Era molto generosa, disponibile, altruista, amava molto il suo piccolo principe. Binael, il re, si trovava in una zona del regno lontano dal castello. Quel luogo era immenso quanto il deserto del Sahara terrestre. Qui incontriamo il re, con un’armatura color bronzo e un mantello rosso.

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Non aveva l’elmo, si poteva benissimo riconoscere. Aveva i capelli lunghi castani, pettinati all’indietro, i suoi immancabili baffetti e un pizzetto entrambi molto curati. Il suo viso era molto ruvido, rendeva l’idea del perfetto re: guerriero, tenace e audace. Gli occhi erano di color nocciola intenso e aveva una cicatrice che par-tiva dalla fronte per scendere in verticale attraversando l’occhio destro, per poi finire sulla guancia. Binael era molto rispettato dagli abitanti, sapeva anche cogliere il senso dell’umorismo.

Il re prese la sua corona che gli era caduta e sa la mise in testa con aria da giocherellone vanitoso, a seguirlo, si udì una voce:

«Devo dire che aver creato alcuni oggetti prendendo spunto dai terrestri non è stata una cattiva idea, vero?».

Il re sorrise e replicò:«Ho sempre pensato che ai terrestri non è la materia

a fargli del male, ma l’uso che ne fanno! Sei d’accordo con me Grant?».

«Come non darti ragione vostra altezza!!».«Oh andiamo!! Chiamami compagno di squadra,

dopotutto, sai che non è facile vestire questi panni!!», disse Binael mentre si voltava per trovarsi di fronte al suo interlocutore.

«Pronto?», disse Grant mentre impugnava nella sua mano una lancia.

«Sono sempre pronto», concluse il re.Detto ciò tra di loro iniziò una lotta, sì perché quel

luogo era un campo di allenamento per i guerrieri del regno e quel giorno sua maestà, era lì per allenare uno dei suoi più valorosi guerrieri: Grant!!

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Grant era un guerriero adulto, la sue arma da com-battimento era una lancia. La sua lancia era tipica a quella da giostra terrestre; a dir la verità era identica, l’unica cosa che la distingueva era un fiocco color rosso legato al padiglione, il resto era identica. Il re invece non aveva nessuna arma, con maestria ed eleganza fer-mava gli attacchi dell’allievo usando solo il suo braccio destro, era come se il suo braccio fosse una spada. Vani, furono i tentativi per Grant di mettere in ginocchio il re, infatti fu il contrario.

«Capolinea!!», disse il re con aria da vincitore.«Oh!! Forse e meglio che mi riposi un po’!!»,

rispose Grant accettando la sua sconfitta.«Sì, lo penso anche io!!».I due si sedettero a terra.Grant slegò il fiocco rosso dalla lancia e lo strinse

al suo polso sinistro facendo un piccolo laccetto aiu-tandosi da solo con la bocca. Binael lo vide e decise di cogliere l’opportunità per chiedergli qual’era il suo significato.

«E quello?».«Questo?! Oh; questo è… un lavoretto di mio figlio

per me e mia moglie. Ha creato due di questi… uno a me, e uno a lei!!».

«Presumo abbia un gran valore per te!!», rispose il re.

«Sì!! – disse Grant sorridendo, e aggiunse: – Lei piuttosto? Come va con Caliel!!».

«Non è facile!! Sai; io ho le mie responsabilità da re, troppo spesso, passo più tempo fuori il palazzo!!».

«Oh, comprenderà questo».

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«Già, ma credo invece che la mia dama non com-prenderà il mio ritardo, perciò, andiamo campione; torniamo al palazzo!!», concluse il re e i due si diressero al castello in sella a due unicorni bianchi.

La regina Sara, dopo aver preparato la cena, osserva suo figlio giocare. Il principe si trovava fuori, sulla balconata del castello,continuava a giocare con i suoi giocattoli, quando all’improvviso, nel cielo del regno, si iniziò a vedere un’ombra nera espandersi a macchia d’olio. La regina vide l’evento e velocemente il suo volto cambiò espressione. Stava per accadere qualcosa di tragico, qualcosa che la regina conosceva bene. Tutti gli abitanti iniziavano a vedere l’evento, alcuni grida-vano per la paura, altri si preparavano all’attacco, come se sapessero cosa stesse accadendo. Caliel alzava lenta-mente la testa e vide anche lui quel mare nero in cielo che cresceva sempre più.

Il re Binael insieme a Grant si stavano dirigendo al castello, durante il tragitto anche loro videro lo stesso fenomeno e , colti di sorpresa, si fermarono.

Grant: «Di nuovo!!».Binael: «Non è possibile!».

Capitolo 2

Il regno Arcano

Panico, allarme nel Regno Cristallino, una minac-cia dominava quei cieli. Nell’evento in cui tutto ebbe inizio, la notte aveva ormai oscurato l’intero cielo.

La regina non perse tempo, con gran velocità corse da suo figlio e nella fretta di prenderlo in braccio, Caliel perse il suo giocattolo preferito “Calling” dalla sua mano, che di conseguenza, cadde dal balcone del castello. Questo momento il piccolo lo visse a rallen-tatore, non capiva cosa stava accadendo, vide il suo giocattolo cadere. Il tempo riprese, la regina con in braccio suo figlio, si mise in fuga per il castello a cercare un riparo.

Intanto Binael e Grant, dopo essersi ripresi dallo sconcerto, si misero in marcia in sella agli unicorni:

Grant: «MAESTÀ DOVE STIAMO ANDANDO! IL CASTELLO È DALL’ALTRA PARTE!!».

«GRANT; TU VAI DALLA TUA FAMIGLIA, HANNO BISOGNO DEL TUO AIUTO!», replicò il re.

«MA NON POSSO LASCIARTI SOLO!!».«VAI GRANT! NON C’È TEMPO!».«DANNAZIONE!!», disse il guerriero senza aver

altra scelta.

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Grant si fermò, vide il re proseguire come un razzo ma non capiva dove fosse diretto, ne il perché anche il re, non era tornato a difendere la sua famiglia dall’im-minente minaccia. Forse un motivo c’era, un motivo che Grant aveva capito.

«Maestà!», concluse preoccupato, mentre osservava il re andare via.

La notte ormai aveva invaso il regno, una voragine si apriva in cielo, da lì scesero miliardi di soldati con arma-tura nera in sella a carrozze trainate da cavalli, sempre neri. I cavalli avevano un’armatura grigia e maschere che coprivano il loro volto.

La guerra era iniziata!! Era evidente, quei soldati provenivano da un altro regno! Gli abitanti del regno erano nel terrore, c’era chi cercava riparo, chi invece cercava di proteggere le proprie famiglie, mentre i più coraggiosi, guerrieri incaricati di proteggere il regno, con ali bianche, si alzavano in volo per contrattaccare il nemico, ma per quanto fu grande il tentativo di pro-teggere la propria patria, il nemico aveva la meglio. Nella confusione della battaglia si vide una donna scappare da casa sua, in preda a tutto quel chiasso correndo via con suo figlio piccolo per mano che la seguiva in stato confusionale. Si dirigeva verso l’e-norme foresta incantata, forse sapeva dove andare. La regina continuava la sua fuga nel palazzo in un lungo corridoio dove a far luce erano candele di colore blu mentre Caliel nel frattempo dentro di se si faceva tante domande:

«Che cosa sta succedendo? Perché papà non è qui con noi?».

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Dopo aver salito una scala a chiocciola i due si trova-rono di fronte a un enorme portone marrone.

Intanto i soldati nemici avevano raggiunto il balcone dove il piccolo principe stava giocando con i suoi gio-cattoli. Entrarono nel castello e uno di loro disse agli altri:

«Forza troviamola, non può nascondersi per sempre!!».

Cercavano la regina.Concludendosi grandiosamente l’ascesa dei soldati,

dal il cielo apparve il capo di tutta l’opera: Socrate!! Socrate era il re del regno Arcano, fece la sua comparsa maestosa sopra un gigantesco essere dall’aspetto a metà tra un uccello e un drago,di color nero. Quel volatile era davvero disgustoso. Aveva una lingua lunghissima tant’è che l’animale non chiudeva mai le sue mascelle, una cresta nera che partiva dal suo capo e attraversa tutta la colonna vertebrale fino a concludersi sulla coda. Nessuno poteva domarlo, tranne Socrate; era il suo cagnolino domestico. Socrate era ricoperto di armatura nera fino al capo, anche il suo mantello era di colore nero, alzò la mano destra, con questo gesto diede il comando al volatile, che gli faceva da cavallo, di lanciare le sue enorme palle di fuoco dalla bocca. Il regno Arcano era l’unico regno fra tutti gli altri dotato di maggiore potenza, Socrate conosceva bene la sete di potere, forse cercava qualcosa di davvero prezioso, più che invece conquistare un territorio, forse, cercava qualcosa che solo il regno cristallino, aveva.

Sara aprì quell’enorme portone che gli si presentava davanti, entrò nella sua camera da letto, si diresse verso

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un mobiletto con sopra una statua di un piccolo angelo, aprì il primo cassetto e prese in mano un oggetto di cristallo a forma di occhio. Nascose l’oggetto nella tasca del suo vestito azzurro e lo portò con sé. Prima di riprendere la corsa verso un riparo notò l’espressione di suo figlio colma di tristezza:

«Ehi; non essere triste, non avere paura! Qualsiasi cosa accada c’è la mamma qui con te!».

«Promettilo!! Promettilo! Mammina ho… paura!! Promettimi che non mi lascerai mai!», disse con lacrime mentre abbracciava sua madre.

La regina appoggiò lentamente la sua mano destra sul capo del principino dicendogli:

«Un giorno figlio mio, comprenderai tutto!».Detto ciò, riprese la corsa, con suo figlio in braccio,

per cercare un riparo da tutto quello che stava acca-dendo, mentre fuori, lo scenario di tranquillità, si era trasformato nell’oscurità più assoluta. Caliel continuò a non capire nulla, dentro di se continuava a chiedersi sempre dove fosse suo padre.

Capitolo 3

La parete magica

La regina con suo figlio raggiunse la torre più alta del castello ed entrarono dentro. Quella stanza era parti-colarmente speciale, in realtà dentro non c’era nulla, era assolutamente vuota. A renderla grandiosa era una parete di fronte ai nostri protagonisti. La stanza era composta da tre pareti, tranne la quarta, la quale era era invisibile, chi era dentro la stanza poteva vedere ciò che c’era oltre la parete, mentre, chi era fuori, non poteva vedere l’interno della stanza. Fu così che i due si sedettero a guardare tutto l’orrendo scenario del regno. Passarono tra i due i venti minuti di silenzio più lunghi della loro vita, mentre le immagini di guerra e distru-zione si manifestarono avanti ai loro occhi. A spezzare questo silenzio di terrore era il piccolo principe che con stupore, guardò una palla in alto nel cielo del regno di colore blu:

«Mamma; cos’è quella palla enorme di colore blu, li in cielo?».

«Quella piccolo mio, è la Terra! La si può vedere solo quando cala la notte!», rispose con amore.

Il piccolo rimase stupefatto, incantato dalla bellezza della Terra, ma, gli venne un’altra domanda dentro di se in mezzo a tante altre , pensò:

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«Come fa la mamma a conoscerla? Dato che qui la notte avviene solo quando accade qualcosa di tragico? Forse in passato è capitata la stessa cosa?».

A tutte queste domande non ci furono risposte per lui, in realtà non gliene importava molto, in quel momento, era molto colpito da quella palla, come se per lui fosse un ancora di salvezza,che lo distraeva dall’or-rendo scenario. La Terra brillava in cielo donando uno spettacolo davvero magico.

«Mamma! – disse il piccolo – voglio andare sulla Terra!! Dai mamma andiamo?».

«Ehi amore!!», disse la mamma guardandolo con un viso ricoperto da un splendido sorriso.

«Ti prometto che un giorno la vedrai!», concluse; e il pargoletto, felice dalle sue parole, strinse sua madre forte a sé, abbracciandola, senza conoscere, il destino che incombeva su di loro.

La porta venne buttata giù: i soldati avevano trovato i due!!

Veloce la regina si alzò in piedi e indietreggiò verso la parete magica cercando di nascondere suo figlio dietro di lei. I soldati le bloccarono l’unica strada di uscita da dove erano entranti. Si misero avanti ai due con armi da fuoco simili a fucili.

«Fermi!», disse una voce prima di entrare nella stanza, Sara cercò di capire chi fosse l’artefice di tutto ciò, e così, all’udire di questa voce guardò l’entrata della stanza magica e vide che a varcare quella porta fu lui; Socrate!!

«Maestà!».«Tu??», rispose la regina con tanto stupore.

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Binael si trovava in un luogo sconosciuto del castello dove attorno c’erano enormi blocchi di cristalli lunghi e doppi, così grandi che sembravano formare pareti di una stanza. Al centro di quel luogo c’era un piedistallo, sempre di cristallo, custodito da due guardie. Sopra il piedistallo, c’era qualcosa di prezioso, qualcosa che Binael voleva proteggere più della sua famiglia?

«Maestà è tutto pronto!», disse una delle guardie.«Svelti non perdiamo tempo!!», replicò il re.Torniamo dalla Regina:«Ho sempre aspettato questo momento mia cara

regina, l’odore del sangue, la rivincita su mio padre!!», disse Socrate rivolgendosi alla regina con aria di sfida.

«Giunone era debole!!», affermò lei.«NON… NOMINARE… IL NOME… di mio

padre… sua altezza!», replicò Socrate con rabbia rivolto verso la regina, che, di conseguenza, restò in silenzio.

Socrate vide dietro di lei suo figlio terrorizzato che si nascondeva dietro il lungo vestito azzurro della mamma.

«Tu devi essere Caliel!! Vieni qui!!», disse con aria amichevole, sperando che il piccolo andasse da lui.

«Stai alla larga da lui!», ribatté la regina che cercava di nascondere suo figlio dietro il vestito.

Socrate guardava il viso della regina colmo di coraggio e determinazione nel difendere Caliel, così si avvicinò a lei guardandola dritto negli occhi dicendole:

«L’occhio cristallino per resuscitare mio padre; dov’è? Sai mia cara regina! Io ottengo sempre quello che voglio!».

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La regina, avendo ormai la parete magica alle sue spalle, replicò dicendogli:

«Anche io… sono disposta a tutto… per difendere ciò che amo!».

Dopo questa affermazione della regina, due enormi ali bianche uscirono dalle sue spalle. Voltandosi verso la parete, fece un salto oltrepassandola. Durante il salto ecco che accade di nuovo quella sensazione strana agli occhi del piccolo. Il tempo sembrava rallentare per dieci secondi, tutto andava lento, il salto, i movimenti di tutti, perfino il viso di Socrate che si trasformava in rabbia per la fuga della regina. Il fanciullo non capì nulla, non capì come la mamma fece a oltrepassare la parete, ma non gli importava saperlo, ciò che per lui era importante in quel momento era vedere sua madre mentre lo proteggeva a ogni costo!

La regina si diresse verso il terrazzo del castello e mentre i soldati tentavano di raggiungerla, Socrate li fermò dicendogli:

«Fermi! Tornerà!».

Capitolo 4

La promessa

Nel regno cristallino non esisteva la pioggia, eppure quel giorno mentre i dueraggiunsero il terrazzo del castello, iniziò a piovere!!

Sara aprì la mano destra, con palmo rivolto alla parallela del cielo, una goccia di pioggia le cade in mano. Era strano per lei, non poteva essere pioggia naturale così pronunciò un nome.

«Nia!!».Chi era Nia?Dopo quella goccia ne susseguirono altre incessan-

temente trasformandosi in pioggia.«Mamma cos’è? – dice anche lui guardando questo

strano fenomeno».«È il cielo che piange; cosa c’è, sei triste?», dice

abbassandosi di fronte a lui.«Mamma ho paura, ho tanta paura!!», disse in

lacrime il piccolo.«Coraggio non piangere, la mamma ora deve

andare!».«No mamma non andare, ho paura non lasciarmi

solo non lo fare!!».«Ascolta; un giorno comprenderai tutto!! Quando

sei triste non piangere, scrivi la tua storia!!», detto ciò, improvvisamente una luce bianca, avvolse i due.

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«Non temere; questa luce ti proteggerà, e finché essa sarà viva, lo sarò anche io!! Ricorda; ti ho fatto una pro-messa! Non ti lascerò! Tornerò e tutto sarà finito!».

Caliel fidandosi di quelle parole gli disse – Ok mamma; ti aspetto qui!».

«Bravo, così ti voglio e poi non dimenticarlo; devi vedere la Terra».

«Sì!», concluse con fiducia il piccolo angioletto.Con un sorriso la regina si mise in volo verso la

stanza magica, dove ad aspettarla c’era Socrate. Caliel mentre vedeva sua madre allontanarsi pensò:

«Fai presto!».Passò mezz’ora, della mamma ancora nessuna noti-

zia, nonostante ciò il principe non perse la speranza. Mentre continuava ad aspettarla assisteva al terrore nel cielo del suo amato regno. Gli angeli del Regno Cristal-lino combattevano con i soldati del regno Arcano, ma, all’improvviso a rovinare l’inquietante scenario al bam-bino fu il gigantesco volatile di Socrate. Quell’enorme mostro simile a un uccello gli apparve di fronte! Caliel rimase pietrificato alla vista dell’orrenda creatura, il mostro non aspettò ad attaccarlo, ma fortunatamente, quella luce donata prima da sua madre aveva accecato la maestosa bestia. Il principino approfittò della situa-zione per scappare: con coraggio iniziò a fuggire per raggiungere sua madre nella stanza della parete magica, ma durante il tragitto la luce bianca attorno a esso iniziò ad affievolirsi. Caliel era molto legato a sua madre, con gran velocità continuò la corsa, sperando che non le fosse successo niente. Nel tragitto gli venivano in mente tutti i ricordi trascorsi con lei.

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Primo flashback:

«Mammina guarda ho distrutto il nemico!», disse il piccolo mentre giocava con i suoi giocattoli preferiti.

«Aaaah; ma allora il mio principino è un eroe!!», rispose lei facendogli un solletico sul pancino, sapeva che suo figlio non resisteva a quel solletico:

«Ahahah!! Dai smettila mamma, mi fai male!!», disse riuscendo a liberarsene.

«Ehi, dove scappi, vieni qui!», replicò lei cercando di inseguirlo.

«Ahahahah; non mi prendi!!».

Fine primo flashback.

Secondo flashback:

Sul terrazzo del castello dopo che erano fuggiti da Socrate:

«Ho paura mamma ho tanta paura!», disse in lacrime.

«Ehi non temere! La mamma ti promette che non ti abbandonerà mai!».

«Lo prometti?».«Si! Lo prometto!!».

Fine secondo flashback.

Quelle parole di promessa riecheggiavano come un’eco nella testa del piccolo mentre si dirigeva da lei!

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«Lo prometto!», affermazione della madre ripe-tuta a eco nella mente del piccolo principe, gli dava coraggio, gli dava una speranza; una speranza che era destinata a spegnersi sempre più.

Caliel raggiunse la stanza della parete magica e vide la sua amata mamma sdraiata a terra in fin di vita con poca luce attorno. – Mamma mamma; no mamma!! – con aria disperata il principe raggiunse subito sua madre. Si abbassò e dolcemente prese il capo della mamma appoggiandolo sul suo braccio destro:

«Mamma mamma, parlami mamma rispondimi, rispondimi mamma!».

La regina con voce affaticata gli rispose:«F – figlio mio… andrà tutto bene… non… non

avere paura!! Non devi essere triste… la mamma… la mamma andrà in un posto bello… non ti… non ti abbandonerà mai…».

«NO MAMMA NO! Perché dici queste cose? DOVE DEVI ANDARE MAMMA? DI QUALE POSTO PARLI? VOGLIO VENIRE CON TE! LA PROMESSA!!?? RICORDI LA PROMESSA-MAMMA!!?», rispose disperato.

«Arrivederci piccolo mio!», concluse la regina mentre diede il suo ultimo sorriso.

La luce bianca intorno ai due si spense e la splendida regina chiuse i suoi bellissimi occhi per sempre. Caliel era lacerato dentro dal dolore, vide sua madre morire avanti ai suoi occhi:

«Avevi… avevi… AVEVI PROMESSO CHE NON MI AVRESTI ABBANDONATO

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MAMMAAAAAAA! PERCHÉ!? PER… CHÉ?!», disse urlando in lacrime.

Lentamente il poveretto, ormai preso dal dolore per la perdita di sua madre, appoggiò il capo della regina a terra, strinse i denti e si asciugò le lacrime. Dalla parete trasparente vide che il caos era passato, la pioggia era cessata e dentro di sé si faceva molte domande:

«Che ne sarà adesso di me? Perché è successo tutto questo? Che cosa è quella luce bianca che mi sta venendo incontro?», si chiese, mentre vedeva dalla parete magica una luce bianca che stava inghiottendo l’intero regno. Ma la solita domanda alla quale non riu-sciva a ottenere una risposta era:

«Papà! Dove sei?», concluse, mentre quella luce bianca aveva inghiottito anche lui.

Capitolo 5

1989

Era il 18 giugno 1989 quando sulla Terra Luke Udinov venne alla luce, la sua nascita non era stata tranquilla e normale come tanti bambini perché il piccolino era in bilico tra la vita e la morte, aveva la sindrome del bambino blu, ovvero, la tetralogia di Fallot. Giacché i suoi genitori furono avvisati già prima della sua nascita e della sindrome nel nascituro, essi non persero tempo nel portarlo alla clinica Bambin Gesù situata a Roma in Italia, dove i medici erano pronti per l’operazione. Dopo una lunga e interminabile attesa il bambino era guarito, quel giorno pioveva a dirotto, tutti i parenti, compreso i nonni del piccolo avevano preso il treno per raggiungerlo. I genitori non potevano permettersi il viaggio e l’operazione, eppure grazie alla raccolta di fonti di molti amici riuscirono nell’intento. Sua madre Natalee, una graziosa mamma verso i 30 anni con viso di una ragazzina e capelli lunghi neri, era entrata nella stanza in cui il piccolo, dopo l’operazione, fu messo in una incubatrice di vetro con dei tubi in bocca che, gli consentivano di respirare:«Signora, non può stare qui il bambino ha bisogno di riposo!!», disse il medico.

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«La prego; me lo lasci guardare solo per un po’! È il mio bambino, la prego!!», rispose la mamma.

«Signora, se ci tiene davvero alla salute di suo figlio la invito ad accomodarsi fuori, può sentire il suo dolore e questo potrebbe influenzare la situazione , la prego!!», replicò il medico con insistenza.

Mentre la madre e tutti i presenti si diressero verso l’uscita della stanza una vocina sottile e affaticata fermò tutti:

«Ma… mma!!».Natalee aveva ascoltato bene, era suo figlio, era

Luke!!«Luke!!», disse la mamma sentendo la sua voce.La donna presa dallo stupore corse verso l’incu-

batrice e abbracciò il vetro con all’interno suo figlio mentre piangeva dalla felicità. Luke aveva trascorso 4 anni li dentro, quello giorno finalmente la sua vita aveva inizio!! Tutti videro quella scena commovente, tra i presenti c’era anche il padre del piccolo: Peter, che con quei suoi occhi verdi, commosso, si diresse verso una finestra della clinica e guardando il cielo, che in quel momento era ricoperto di stelle, disse, rivolgen-dosi a Dio:

«Grazie!».

Capitolo 6

Un ragazzo strano

Era l’anno 2005, Luke aveva 16 anni, frequentava la scuola Istituito Magistrale A.G. Roncalli, era il suo primo giorno di superiori. Fuori dall’istituito c’erano un sacco di alunni pronti per essere chiamati dal diri-gente e essere indirizzati nelle aule assegnate. Luke incontrò molti suoi vecchi amici di medie che avevano preso il corso insieme tra di loro, ma lui non era mai di ottima compagnia per gli altri, per questo motivo non aveva nessuno con cui parlare e condividere l’ansia insieme, doveva affrontare da solo l’inizio di un nuovo anno scolastico con le nuove amicizie. Fare nuove ami-cizie lo aveva sempre spaventato perché Luke era un ragazzo molto timido, amava stare immerso nella sua solitudine e in essa si sentiva protetto e al sicuro; ma nonostante tutto, era un ragazzo capace di donare tutto se stesso per aiutare il prossimo. Mentre aspettava che il direttore chiamava gli alunni per nome da un mega-fono, Luke si guardava attorno, guardava gli altri con timidezza, cercava di non farsi notare, aveva paura che qualche suo amico lo riconoscesse per invitarlo a entrare in mezzo a tutta quella folla, ma inutili erano i suoi tentativi di nascondersi. Da quella folla si sentì una voce chiamarlo. Non sapeva chi fosse, cercava di

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abbassare la testa per non farsi riconoscere ma ormai era già troppo tardi. Una sua amica delle medie: Chessy, lo riconobbe, e si diresse verso di lui. – Luke! Sei pro-prio tu!!».Il ragazzo con un tono basso che comunicava timidezza le rispose di si.

«Non mi dire! Sei diventato davvero grande! È una sorpresa incontrarti qui!! Che corso hai scelto? Scienze sociali? Linguistico, o Socio-Psico-Pedagogico?».

«Pedagogico, per volere dei miei, anche se io pre-ferivo le scienze sociali!!», rispose tenendo lo sguardo rivolto verso terra.

«Ah bene!! Anche io Pedagogico!! I miei credono che le scienze sociali sono per i falliti!!», disse lei mentre cercava lo sguardo del ragazzo che lo ottenne dopo che quest’ultimo ebbe sentito ciò.

«Oh; non che tu lo sia, ma insomma lo sai, sono genitori!!».

«Si», disse Luke guardandola e con tono distaccato.Era proprio lei Chessy. Luke, non credeva ai suoi

occhi. Non solo doveva affrontare da solo la sua timi-dezza nei primi giorni di scuola ma, avanti a lui c’era anche la ragazza che sin da piccolo gli aveva rubato il cuore. Già, Luke sin da bambino aveva una cotta per lei, ma non ha mai avuto il coraggio di confessarglielo, temeva un rifiuto, e come se non bastasse i genitori della ragazza erano molto rigidi, volevano che la loro amata figlia doveva avere un partner con una bella immagine. Luke ha sempre creduto che lui non poteva mai arrivare a far parte di una classe sociale così alta, il padre di Chessy era un discendente di Costanza II

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di Sicilia, il cui padre era Manfredi di Sicilia, figlio dell’imperatore Federico II, che fondò Manfredonia nel secolo XIII dopo la distruzione dell’antica città di Siponto. Manfredonia era un comune italiano di 57.299 abitanti della provincia di Foggia, in Puglia. La città deve il suo nome a Manfredi di Sicilia. Un duro colpo per il povero Luke, che decise, di non rive-lare mai la sua cotta per lei. Nel frattempo il direttore dell’istituto Roncalli inizia a chiamare gli alunni e ad assegnarli nelle rispettive classi.

«Ci siamo, a quanto pare stiamo per entrare».«SI!!».«Luke cos’hai?», disse Chessy guardando i suoi

strani movimenti di timidezza.«Eh? No niente! È che… sono un po’agitato!!».«Ti capisco, un po’lo sono anche io. Coraggio!!

E poi chi lo sa!! Possiamo sempre capitare in classe insieme!!», detto ciò, Chessy andò via con un sorriso dirigendosi verso la folla di alunni lasciando Luke di nuovo solo.

La solitudine del ragazzo viene interrotta subito: qualcuno gli diede una spallata.

«E levati!!», disse una voce con arroganza.Dio santo questa non ci voleva. Ad amplificare il

disagio del povero Luke in quel momento ci pensarono loro: Marvin, Grey e Samanta. I tre erano amici di quar-tiere di Luke, ma per il ragazzo più che amici erano dei bulli. Erano tre ragazzi vestiti a stile punk, Luke non aveva nulla contro quel look ma loro erano così… Insopportabili per il ragazzo.

«Guardate chi c’è!!», disse Samanta.

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«Luke!!», rispose Marvin mentre l’unica ragazza del trio scoppiò in una risata che screditò il ragazzo indifeso.

«Mi sono perso qualcosa?», continuò a dire Marvin avvicinandosi a Luke.

«Come al solito non parla!!», replicò Grey.«È terrorizzato!!», aggiunse la ragazza.Grey – Io dico che tra meno di cinque minuti deci-

derà di cambiare istituto».Samanta: «Oh suvvia Marvin, non vorrai spaven-

tarlo», disse facendo un occhiolino all’amico che era vicino a Luke.

Samanta si avvicinò a Luke e sotto voce gli disse:«Ascolta Luke, hai la mia parola che non ti torce-

remo neanche un capello. In fondo, cresciamo anche noi no? Non preoccuparti!».

Luke: «O… ok!!».Il preside chiamò Luke ad accomodarsi per primo

e di attendere nell’attesa che venissero chiamati altri alunni il quale avrebbero frequentato la sua classe. Luke raggiunge il posto, attraversando con timidezza tutta quella folla mentre altri furono chiamati. Per ora lui non conosceva nessuno dei ragazzi chiamati, fino a quando il direttore non pronuncia quel nome:

«Chessy!! Chessy Hohenstaufen!!».All’udire quel nome Luke rimase euforico, ma anche

la folla a un tratto si avvolse di silenzio nel sentire non tanto il nome Chessy ma il suo cognome!!

Mentre la piccola discendente di una importante famiglia imperiale si diresse a raggiungere il sul posto in fila con altri, tra la folla si sentirono voci su di lei e

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sul suo conto. Per le ragazze Chessy era una gran fana-tica, provavano invidia verso di lei, mentre invece per i ragazzi era una bella porcona da prendere all’amo:

Ragazze:«E lei che ci fa qui?».«Guarda come si da delle arie».«Dicono che è fanatica e pettegola».Ragazzi:«Quando scommetti su quella!!».«Io non ci giurerei!!».«Amico ma mi stai provocando!!».Chessy sentì tutte queste voci ma con determinazione

e senza farsi scoraggiare andò avanti raggiungendo gli altri della sua classe tra cui Luke.

Luke: «Hohenstaufen? Il tuo cognome non era Princess?».

«Lo so Luke ma i miei decisero di nascondere il mio vero cognome, io invece ho deciso di rivelarlo proprio oggi!!».

Che dire; Luke era contendo dall’idea di dover pas-sare un intero anno scolastico con la ragazza che da sempre ha amato ma purtroppo la sua felicità fu spez-zata da un evento inaspettato. Il preside chiamò anche Marvin, Grey e Samanta. Luke cambiò subito espres-sione all’udire di quei nomi.

«No!!», disse turbato.Guardava tra la folla per vedere se il preside si rife-

riva proprio a loro; il ragazzo era incredulo.Marvin – Si può sapere che gli ha detto?».«Preparatevi; quest’anno ci sarà da divertirsi!!»,

concluse Samanta dirigendosi verso la classe assegnata.

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Era evidente che da parte sua quelle parole di prima dette a Luke, non erano vere. Povero il ragazzo, in classe con la ragazza,che da sempre ama e con i suoi più temibili nemici.

Capitolo 7

La vita reale

I genitori di Chessy se pur appartengono a una discen-denza reale, abitavano in una normale villa di 500 metri quadri con un bellissimo giardino. Per qualche strana ragione dovevano vivere nel castello di re Man-fredi situato nello stesso paese ma Marco, il padre di Chessy, voleva restare un normale cittadino. Ed è proprio per questo che non apprezzava il fatto che la figlia cercava ogni volta di reclamare i suoi diritti da discendente. Francesco, maggiordomo della famiglia, viene a sapere della rivelazione fatta dall’erede vicino l’istituto Roncalli. Come? Facebook ovvio!! Infatti nel momento che il direttore dell’istituto ebbe pronunciato il cognome della giovane ereditiera, sul Social Network impazzirono gli stati degli utenti al riguardo e alcuni di quei stati finirono sotto gli occhi di Francesco che non aspettava altro che rivelarglielo a Marco:«Signore, Chessy lo ha fatto di nuovo!!».Marco dal suo computer, collegandosi su Facebook, vide anche lui gli stati dei compaesani.

«Vuole fare di testa sua, non capisco perché si ostina così tanto.».

«Vuole che la raggiunga per un chiarimento?», rispose il maggiordomo.

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«No, cerchiamo di non rendere la notizia ancora più visibile. Se ti presenteresti non faremo altro che confer-mare la discendenza!!».

«Non se vado a piedi, mi presenterei come uno zio di famiglia.».

«Senza limousine?», replicò Marco.«Senza limousine!!», concluse Francesco.Francesco era un bravo maggiordomo, il suo mestiere

lo faceva con diligenza, se pur non comprese mai del perché Marco non voleva rivelare la sua discendenza, cercava comunque di assecondarlo in alcuni aspetti. Era un uomo all’incirca verso i 48 anni, capelli neri, legger-mente bianchi e occhi castani. Non apprezzava molto che Marco assumeva un comportamento troppo rigido con sua figlia, per questo ogni volta che si trovava in presenza di Chessy, senza il padre, cercava sempre di fantasticare insieme alla ragazza su tutti i comportamenti rigidi del padre. Marco invece era il tipico padre rigido che difende gli affari di famiglia, anche se questo gli costa a volte di andare contro un membro familiare. Il fatto che lui volesse rimanere al coperto da tutto ciò era per via che temeva un risveglio dei suoi nemici, convinti che questa dinastia degli Hohenstaufen era sepolta per sempre. Si sa; in ogni famiglia reale ci sono sempre solite lotte di potere, poli-tica e altro… e Marco, non voleva per alcun motivo che sullla figlia dovesse incombere in una grave minaccia del genere, per questo impose a sua figlia di identificarsi come una normale cittadina. Lui era un generale di polizia, sua moglie Belvel, la madre di Chessy, era una psichiatra, questo doveva già testimoniare il fatto che disponevano di tutti quei soldi. Era una gran bella copertura.

Capitolo 8

Una nuova conoscenza

Gli alunni sono tutti in classe, Samanta, Gray e Marvin erano seduti all’ultimo banco nella fila a destra, inizia-vano le loro rappresagli nel giudicare e sminuire ogni alunno della loro classe, Luke invece, era impegnato a osservare Chessy seduta al prima banco nella fila sini-stra impegnata a parlare con la sua amica di banco. Lui era al terzo posto, della fila al centro e insieme a lui c’era un ragazzo che non conosceva, il suo nome era Ted: il suo compagno di banco.

«È da mezz’ora che siamo dentro e non hai smesso di guardarla!!», disse Ted rivolgendosi a Luke che per ore osservava la sua amata.

«Come?», rispose il ragazzo cercando di far finta di nulla levando lo sguardo dalla giovane ragazza.

«Scusami non mi sono presentato, io mi chiamo Ted. Tu invece?».

«Luke, Luke Udinov».«Liskanova», replicò l’amico rivelandogli il suo

cognome».«Bel cognome!!», aggiunse Luke.«Ti ringrazio!!».Luke gli sorrise, ma la sua attenzione fu subito

spostata verso la campanella della ricreazione. Nel frat-tempo, Francesco, il maggiordomo della famiglia di

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Chessy, raggiunge la scuola e a riceverlo fu il bidello: Paolo.

«Desidera?».«Cerco un’alluna di questo istituto, si chiama

Chessy».«Gli alunni sono appena entrati, se mi dice il

cognome potrei controllare nei registi e vedere in quale classe risiede per poi chiamarla».

«Hohenstaufen», disse a bassa voce il maggiordomo dopo essersi guardato attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno ad ascoltarlo.

Paolo prende il registro e mentre cerca la sezione di Chessy viene colto da una curiosità:

«La famiglia reale Hohenstaufen?».«Magari, no!! Nulla a che fare con quella discen-

denza, glielo assicuro», disse con ironia Francesco.«Lei è?».«Lo zio».«Trovata!! 1 A, la vado subito a chiamare!!».«La ringrazio!».Prima ricreazione per gli alunni, i corridori si riempi-

rono di studenti dell’istituto, molti di essi andarono in bagno, altri parlavano con amici di altre classi, chi pas-seggiava per il corridoio, altri fumavano le loro sigarette nell’aula fumatori e altri ancora prendevano qualcosa ai distributori automatici di cibo e bevande. Luke era diretto proprio li, a quei distributori per fornirsi una piccola brioche che sfortunatamente rimase incastrata. Il ragazzo cercava di dare piccole spinte ma la brioche non riceveva un minimo spostamento e proprio in quel

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momento bizzarro arrivavano loro: Samanta e i due suoi scagnozzi.

«Bene bene!! Guarda chi abbiamo qui!!», disse la ragazza mettendo le mani braccia conserte.

Intanto il bidello insieme a Chessy raggiunse Fran-cesco che aspettava all’entrata del Roncalli.

«Che ci fai qui!!», disse la ragazza rivolgendosi al maggiordomo, quest’ultimo prese Chessy sotto braccio e la portò fuori dall’Istituto.

«Vieni!!».Fuori dall’istituto:«Sei qui per ordini di mio padre vero?».«Che ti è saltato in mente?».«Io non fatto proprio nulla!!».«Chessy esistono i Social Network, e Facebook è

reperibile per tutti!», disse Francesco.«Ci risiamo!!», ribattè lei.«Non puoi rivelare la tua discendenza a tutti!!».«PERCHÉ!», gridò la ragazza che ormai era stanca

di questa storia.«Lo sai perfettamente che tuo padre non vuole…»,

la ragazza lo interrompe:«MIO PADRE… non può decidere per me!!».«Lui cerca di proteggerti Chessy!!».«Certo, come no!!».«Ok, e allora io? Pensi che io non mi preoccupo di

te Chessy? Tuo padre, sarà anche un prepotente, usa delle maniere forti e su questo sono d’accordo con te, ma anche io, mi preoccupo, e credimi, non voglio che ti accada qualcosa di terribile!».

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«Dammi un padre migliore e ti darò un mondo migliore!!».

«Huxley?!», rispose il maggiordomo.«Se non sbaglio disse una cosa del genere!! Come

non dargli torto!!».«Coraggio, sai che quanto vorrai sfogarti, io ci

sono!!».Chessy rassegnata, sbuffando ritornò in classe,

mentre Francesco la osservava con sorriso felice per averla convinta a ragionare.

Li avevamo lasciati li, vicino ai distributori automatici.Quel posto era diventato un arena da combat-

timento; a terra c’era il povero Luke, molti alunni avevano accerchiato quel piccolo posto; al centro c’era Marvin che gliene suonava di santa ragione.

Samanta: «Vai Marvin suonale! Fagli vedere!!».Nessuno aiutava Luke, tutti lo deridevano, era solo,

non riusciva a reagire, sentiva tutte quelle risate che si ficcavano nella testa, fino a quando una voce fece fer-mare tutti:

«Che cosa sta succedendo qui?!!».Tutti rimasero in silenzio, fecero passare quel

ragazzo. Era Ted. Il ragazzo si diresse verso Luke che era a terra, ma prima venne fermato da Marvin:

«Stai rovinando la festa!».«Spostati!», disse Ted con gran tenacia. Il tono del

ragazzo fece impaurire Marvin che di conseguenza lo fece passare. Ted raggiunse Luke e lo aiutò ad alzarsi.

«Coraggio non preoccuparti!!».Luke rimase senza una parola, non aveva mai

visto qualcuno rivolgersi a lui con tanto altruismo e

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gentilezza. Nel frattempo arrivarono i bidelli che ave-vano sentito il casino ma tutti gli alunni fecero in tempo a dileguarsi. In quel momento Samanta aveva puntato Ted.

All’uscita di scuola:«Ehi tu!! – disse Samanta riferendosi a Ted – Avanti

giustiziere sono qui!», ma Ted continuava a ignorarla e a camminare.

«Perché ti sei intromesso? Mi stai ascoltando? Ti chiami Ted giusto? Non erano affari tuoi!! Mi vuoi ascoltare??», il ragazzo improvvisamente decise di fer-marsi, le disse:

«Terrò una festa a casa mia in questi giorni, saranno benvenuti tutti gli alunni del Roncalli che vogliono par-tecipare e sarei grato se ci fossi anche tu!!».

Samanta: «Eh? Io? Cosa c’entra questo?».Ted: «Non ho altro da aggiungere; a domani!!»,

concluse il ragazzo lasciando la ragazza perplessa.Intanto Chessy e Luke durante il tragitto verso casa

fecero una conversazione:«E così Ted ti ha dato una mano!!», disse con gran

felicità la ragazza mentre aveva saputo tutto da Luke.«Si!!».«Bèh, questo significa che è un buon amico!!».Luke: «Chessy!!», disse l’amico invitandola a non

andare oltre.«Luke ascolta», rispose lei fermandolo – non puoi

restare sempre solo; insomma, a parte me, chi hai come amico? È il momento anche per te di iniziare a uscire dal tuo piccolo mondo no?», disse la ragazza mentre afferrava delicatamente le mani del suo amico. Il cuore

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di Luke iniziò a battere forte, le sue guance divennero immediatamente rosse.

«Fidati di me, sfrutta questa occasione per avere un amico!!».

«D’accordo!!», rispose l’amico che non poteva non ascoltare, per lei faceva sempre tutto.

«Per quando riguarda un amica invece sai dove tro-varmi!!», concluse lei allontanandosi lentamente.

Luke osservava Chessy che si voltò per andare via. Ancora una volta non era riuscito a rivelargli il suo amore per lei. Ancora una volta, a bassa voce, disse di amarla osservandola da lontano. Non lo disse ad alta voce perché sapeva che a dirle; le cose belle non succedevano.

Capitolo 9

Uno strano messaggio

Ted viveva in una casa a due piani, aveva una sorella pic-cola di 10 anni, sua madre era molto carismatica mentre suo padre; suo padre non lo ha mai conosciuto. I suoi divorziavano quando lui era appena nato, nonostante tutto, il giovane non ne risentiva affatto, ma una cosa è certa, per lui suo padre era morto. Ted era un ragazzo da fisico medio, aveva capelli sul biondo castano, occhi marroni, patito per lo sport e pesi, passava i suoi pome-riggi nella sua cameretta a fare ginnastica con attrezzi pesanti, comprati dalla mamma, ed esercizi per gli addo-minali. Trecy la madre di Ted, lavorava in un centro di benessere, la sua passione per lo yoga manteneva la casa e la sua salute, compresa quella dei figli, in perfetto equi-librio. Dopo aver fatto i suoi soliti esercizi quotidiani, Ted, si collegò su Facebook e notò che aveva ricevuto un messaggio da Chessy. La ragazza gli aveva lasciato un messaggio con il suo numero di cellulare, un invito a chiamarla, così Ted non perse tempo e la chiamò:

«Pronto? – disse la ragazza rispondendo al suo cel-lulare – Chessy sono Ted, ho letto il tuo messaggio!!».

«Ted!! Un attimo!!».Chessy chiuse la porta della sua cameretta, temeva

che il padre sentisse la conversazione tra i due.

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«Luke mi ha raccontato tutto su oggi, volevo ringraziarti!!».

«Non devi, avrei aiutato chiunque in quelle condizioni!!».

«Ascolta – continuò a dire la ragazza – so che forse sono invadente, ma volevo chiederti un piccolo favore».

«Dimmi!», rispose curioso il ragazzo – Vedi, Luke non ha mai avuto un buon amico quindi pensavo che forse tu potevi aiutarlo in questa esperienza».

«Cosa dovrei fare?».«Perché non passi a trovarlo a casa sua? Magari ti do

io l’indirizzo, cosa ne pensi?».«Ok, per me non ci sono problemi!!».«Grazie, te ne sono grata!!».«Figurati!!».«Bene! Allora ci vediamo domani a scuola».«Certo!!», replicò l’amico.«Ok, arrivederci!!».«Arrivederci!!», concluse lui.Chessy dopo aver chiuso la chiamata vide le foto di

Ted su facebook:«Però! Carino!!», disse con tono ammirevole.Luke era in camera sua a osservare la cicatrice sul suo

petto che da piccolo si era procurato per via dell’opera-zione al cuore, dopo un po’si diresse verso la finestra di casa sua, guardò il cielo azzurro e si fece delle domande:

«Perché sono tutti così prepotenti? Questo mondo fa schifo!! Perché da piccolo mi sono salvato se ora devo subire tutto ciò?».

E a queste domande udì delle risposte che non sapeva da dove provenivano:

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Luke, svegliati!! Devi svegliarti Luke!! Tutto sta per iniziare Luke!! Svegliati!!

Il ragazzo non riuscì a capire da dove provenivano e quindi decise di ignorarle, anche perché subito dopo fu distratto da sua madre Natalee il quale lo chiamò per riferirgli che alla porta c’era un amico che lo cer-cava; era Ted:

«Ted come hai fatto a sapere che abito qui?».«Chessy si preoccupava di te, mi ha mandato lei!».«Ah davvero!! Be grazie allora che sei venuto».«Ti va di farci un giro?», disse con simpatia Ted.«Ok, un attimo e arrivo subito, queste scarpe sono

pesanti, voglio cambiarle!!», replicò ansioso l’amico.«Non ce ne bisogno!! Ho la vespa!».Luke vide la vespa di Ted, era il modello Et2 grigia:«Ah wow!! Ok!!».«Andiamo!», concluse Ted con entusiasmo.Il ragazzo non perse tempo, era contento di tutto

ciò, finalmente per la prima volta aveva un amico.Si fecero un bel giro per le strade di Manfredonia,

arrivarono sulla spiaggia vicino il castello Manfredi e si sedettero sulla sabbia a parlare:

Ted: «Come mai non hai mai avuto un amico?».Luke: «Sono tutti stupidi, guardali, si prendono

gioco di me».«Perché glielo permetti allora?».«Non sono uno che usa la violenza!!», rispose Luke.«Io anche non la pratico, è da ignoranti, ma vedi,

non permettere a nessuno di rovinare la tua pace interiore!».

«Pace interiore?».

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«Già scusami – disse Ted sorridendo lanciando un sasso verso il mare – a volte parlo come lei».

«Lei chi?», chiese l’amico.«Mia madre; una patita di yoga e buddismo, lei dice

sempre: ricorda di essere sempre tu il punto della tua felicità», Ted disse imitando la mamma.

«Ahahah, bèh dovrei conoscerla allora, non ha tutti i torti!!», rispose divertito Luke.

«Forse; la verità è che lei non vuole accettare la decisione di mio padre nell’abbandonarla!! Si rifugia in queste tecniche illusorie di felicità momentanea», spiegò Ted.

«Mi dispiace!!».«No, non preoccuparti!! Anzi che scemo, sono

venuto per tirarti su di morale e invece, ho messo te, in condizione di biasimarmi».

«Bèh, se per altro ora, so di non essere l’unico al mondo con piccole stanze di infelicità!!», disse strap-pando un sorriso a Ted.

Intanto Chessy era nel giardino di casa sua, stava bevendo una tazza di thè quando all’improvviso lesse una notizia sul giornale che era sul tavolo. La notizia parlava di lei. Quella notizia fece andare su tutte le furie la giovane ereditiera, c’era scritto: che lei soffriva di una malattia da crisi di identità così, corse subito in casa verso il padre che in quel momento era impegnato con la sua massaggiatrice. Chessy fece uscire la massaggia-trice e si rivolse verso il padre urlando:

«CHE COSA HAI COMBINATO! – Ti riferisci a quella notizia? Era l’unico modo per coprire l’errore commesso a scuola. Ho avuto una conversazione via

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telefono con il direttore ed è stato abbastanza com-prensivo nel cambiare il cognome vero con Princess, che è quello il quale devi portare per il resto della tua vita!!».

«Tu mi hai fatto passare per una pazza psicopatica!!».«Oh no! Ho solo cercato di difendere la tua

incolumità!».Ma ritorniamo ai due amici:«Quindi da piccolo hai dovuto lottare parecchio!!»,

disse Ted a Luke.«Già!!».«Allora visto; sei un guerriero nato!!».«Si come no!!», rispose sorridendo Luke che dopo

ciò ricevette un messaggio sul cellulare da un numero irreperibile con scritto:

Invece sì Luke sei un guerriero!!

Il ragazzo non capiva quel messaggio, ma non fece tanta attenzione, voleva continuava il discorso con Ted: «Dicevamo?», disse dopo aver rimesso il cellulare in tasca.

Chessy era arrabbiata con suo padre:«Hai pagato i giornalisti!! Tu ora li chiami tutti e

riveli che la notizia è falsa, sono stufa delle tue maniere prepotenti!! – ma al contrario il padre gli diede un gran bel ceffone traumatizzandola – Adesso mi ascolterai!! Qui si fa come dico io!! Chi ti ha messo tutte queste idee stupide di ribellione voglio saperlo!! È colpa di quel tuo amico? Come si chiama, Luke!? Quello che ti cresci da quando sei bambina!! Guardati; non sei capace

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neanche di difendere te stessa e ti preoccupi da sempre di lui!! Se non farai come ti dico io ti proibirò di uscire, ti vieterò di frequentare quel patetico ragazzino!! Hai già fatto abbastanza danni e per poco ci mettevi tutti in pericolo! Basta ora, e meglio per te… che inizi a fare una scelta!! E ora di crescere signorina!!».

Chessy tratteneva le lacrime; era ferita, aveva ancora la sua stessa mano vicino la sua guancia che ormai era diventata rossa. Immobile, colma di disprezzo e odio, la ragazza gli rispose: – Ti odio! – dopo avergli lanciato quel giornale in faccia, decise di andare via.

Sua madre Belvel in quel momento, aveva spiato tutta la scena, così, raggiunse il marito dopo che la figlia liberò la stanza!!

La donna raccolse il giornale sul pavimento e rivol-gendosi al marito:

«Lo sai, su certi aspetti sono d’accordo con te, ma questa volta hai esagerato!! Hai 24 ore per risolvere la questione altrimenti faccio le valigie!!», disse minac-ciosa la donna.

«Non possiamo rischiare per colpa sua!», replicò il marito che viene subito interrotto da sua moglie:

«TROVA UN ALTRO MOVENTE, per tappare la falla! Non voglio che nostra figlia risulta agli occhi della gente una malata schizofrenica; infondo, non lo è per davvero!!».

Capitolo 10

Allerta

Il tramonto sulla spiaggia accompagnava la conver-sazione tra i due amici che ormai erano giunti per rientrare:«Eppure deve esistere un senso se siamo qui non trovi?», chiese Te a Luke e quest’ultimo rispose:«È una domanda che da sempre mi faccio anche io!!».«Risposte?».Ancora niente!!», disse il ragazzo che non appena aveva finito di parlare ricevette un’altro messaggio. Questa volta con scritto:

A tutto c’è un motivo, non siete qui per caso!!

Ted guardava Luke che era perplesso, comprese che c’era qualcosa che non andava:

«Luke cosa c’è!!».A questo punto l’amico decise di rivelargli questi

strani messaggi che gli stavano arrivando!! Cercavano di trovare risposte, non capivano cosa stava succe-dendo, a ogni domanda che si facevano arrivavano risposte tramite messaggi:

«Qualcuno ci sta spiando!!», disse Luke mentre gli arriva un altro messaggio di risposta:

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Luke, ascolto e vedo tutto, ma non sono lì con voi.

In questo caso Te invita l’amico a raggiungere la vespa per andare via, ma Luke riceve una chiamata; era Chessy, stava piangendo!!

«Luke dove sei!!», disse la ragazza in lacrime mentre vagava per le strade di Manfredonia; non sapeva dove andare, sapeva solo che era fuggita dalle grinfie del padre.

«Chessy cosa ti è successo?», rispose Luke preoccupato.

«Mio padre; devo parlarti Luke!!».«Anche io! Vediamoci a casa mia!!».I tre si incontrarono tutti nella veranda, a casa di

Luke. L’accordo era di non far sospettare nulla ai genitori del ragazzo altrimenti si sarebbero preoccu-pati della situazione. Chessy era seduta su un tavolo rustico grande in legno massiccio con due panche per esterno, dove appoggiava i suoi piedi; in mano aveva una tazza di cioccolata calda che la madre di Luke aveva preparato per lei:

«Non penso di poter reggere ancora per molto!!», disse la ragazza esausta.

«Chessy devi parlargli è l’unico modo!!», replicò Luke.«Mio padre è come quegli usurai che rischiano

volentieri il capitale per incassare interessi».«Vuole proteggerti!».«No Luke, lui vuole solo proteggere se stesso. Ha

paura dei suoi nemici a tal punto da vivere un intera esistenza da codardo!! Mio padre; è solo un vigliacco, egoista, arrogante e presuntuoso!!».

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«Almeno tu lo conosci!!», ribatte Ted.La ragazza abbassò lo sguardo dispiaciuta, fece un

sorso alla cioccolata calda per fuggire dall’imbarazzo; anche se non sapeva che l’amico non aveva mai cono-sciuto il padre, aveva intuito che Te aveva una brutta storia al riguardo.

«Tu invece cosa dovevi dirmi Luke?», riprese a dire la ragazza rivolgendosi a Luke cambiando discorso.

«Qualcuno mi invia messaggi anonimi dicendo esattamente tutto quello che faccio e dico… a volte mi precede prima che dico una cosa, e come se… venissi letto nel pensiero da qualcuno».

«Oh mio Dio!!».«Tutto questo è assurdo!!», rispose incredulo Ted.«Ma quindi anche ora dovrebbe arrivarti qualcosa

se fosse così?», si chiese Chessy.Luke: «Da quando siamo qui non arriva nulla», disse

mentre fa leggere i messaggi alla sua amica.«A tutto c’è un motivo!! È la legge del Karma!!»,

affermò la ragazza.«Karma?», si domando Ted.«Sì; chi ti ha scritto questo messaggio è qualcuno che

segue questa corrente di pensiero!!».«Cos’è il Karma?», chiese Luke, e la ragazza rispose:«Il Karma è la legge di causa – effetto, ogni effetto

deve avere una causa, non per sorgere dal niente. Quando noi vediamo una pianta sappiamo che è nata da un seme, sappiamo che non è sorta dal nulla e la logica ci dice che così, è per tutte le cose, anche se a volte questo nesso causale ci sfugge, perché non è così ovvio. Tutto quello che ci accade è per una ragione precisa.