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Sommario E E d d i i t t o o r r i i a a l l e e p p a a g g . . 1 1 C C e e r r a a u u n n a a v v o o l l t t a a p p a a g g . . 3 3 I I M M e e d d e e g g o o z z p p a a g g . . 6 6 P P e e r r c c h h é é s s i i d d i i c c e e ? ? p p a a g g 7 7 L L a a p p o o e e s s i i a a p p a a g g . . 8 8 P P r r o o v v e e r r b b i i e e f f i i l l a a s s t t r r o o c c c c h h e e p p a a g g . . 1 1 0 0 I I l l n n o o s s t t r r o o d d i i a a l l e e t t t t o o p p a a g g . . 1 1 2 2 G G i i o o c c h h i i d d i i u u n n a a v v o o l l t t a a p p a a g g . . 1 1 3 3 R R i i c c o o r r d d i i a a m m o o i i S S a a n n t t i i p p i i ù ù n n o o t t i i p p a a g g . . 1 1 4 4 U U l l c c u u g g i i a a a a d d e e l l e e g g n n p p a a g g . . 1 1 7 7 U U n n a a u u g g u u r r i i o o s s i i n n c c e e r r o o p p a a g g . . 2 2 0 0

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Sommario

EEddiittoorriiaallee ppaagg.. 11

CC’’eerraa uunnaa vvoollttaa ppaagg.. 33

II MMeeddeeggoozz ppaagg.. 66

PPeerrcchhéé ssii ddiiccee?? ppaagg 77

LLaa ppooeessiiaa ppaagg.. 88

PPrroovveerrbbii ee ffiillaassttrroocccchhee ppaagg.. 1100

IIll nnoossttrroo ddiiaalleettttoo ppaagg.. 1122

GGiioocchhii ddii uunnaa vvoollttaa ppaagg.. 1133

RRiiccoorrddiiaammoo ii SSaannttii ppiiùù nnoottii ppaagg.. 1144

UUll ccuuggiiaaaa ddee lleeggnn ppaagg.. 1177

UUnn aauugguurriioo ssiinncceerroo ppaagg.. 2200

Ul Murum Inverno 2015

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Editoriale

Negli ultimi due nostri editoriali si è data voce al Presidente uscente, alla fine del suo mandato, e al nuovo Presidente. In questo numero possiamo riprendere il lavoro iniziato con l’editoriale della Primavera 2014 in cui venivano elencati tutti i ruoli che il personale ricopre durante il lavoro svolto nella nostra struttura. Buongiorno a tutti siamo Anna e Francesco,

centralinisti di Residenza Amica, centralinisti da sempre… ossia da più di 24

anni.

Amiamo il nostro lavoro!

Cerchiamo di svolgerlo con impegno e serietà, la nostra presenza permette un

contatto continuo e diretto tra tutti gli operatori presenti in struttura.

La vicinanza quotidiana agli ospiti residenti in RSA ci permette di supportarli e

confortarli con parole garbate e gentili e nello stesso tempo cercare di risolvere

piccoli problemi per allietare le loro giornate.

Ospiti, parenti, colleghi… ci siamo per tutti!

Oltre ad essere presenti al centralino nelle fasce della giornata richieste,

svolgiamo anche altre mansioni come accogliere i parenti, i fornitori e/o

chiunque abbia bisogno di qualsiasi tipo di informazione e/o indicazioni il più

precise possibile.

Come già detto in precedenza i nostri compiti sono svariati: dalla consegna delle

fatture ai parenti, al ritiro della biancheria che deve essere timbrata, alla

creazione di un archivio per registrare le domande di inserimento in struttura

ormai vecchie.

Ci preme far sapere anche a tutti i lettori de “Ul Murum” che ci siamo e siamo

sempre disponibili!

Cogliamo l’occasione per augurare Buone Feste a tutti.

I centralinisti

Ul Murum Inverno 2015

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Ul Murum Inverno 2015

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I mestieri di una volta

Arriva l’inverno: il freddo, il gelo, le nebbie e anche tanta nostalgia di una vita

passata forse povera ma piena di serenità ed armonia. Riaffiorano alla mente

tanti ricordi…

El lattée

Col carr pien de bidon, da la cassina, el vegneva in città ogni matina; poeu con duu sidej a balansa suj spall da ona cort a l’altra l’andava a portall reciamand de vos come in tucc i mestée, con monoton ritornell: “Lattée…lattée” ‘Rivaven j donn coi caldar, caldarin…tradizion durada per tanti matin.

IL LATTAIO. Col carro pieno di bidoni, dalla

cascina, veniva in città ogni mattina; poi con due

secchi a bilancia sulle spalle da un cortile all’altro

andava a portarlo richiamando con la voce come in

tutti i mestieri, con monotono ritornello:

“Lattaio…lattaio…”. Arrivavano le donne con le

pentole, lattiere… tradizione durata per tante

mattine.

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Evoluzione del servizio distributivo, norme igienico-sanitarie, leggi e disposizioni

hanno messo al bando questo mestiere ambulante; ma nell’immediato dopoguerra,

con le restrizioni che ancora vigevano e per il protrarsi del tesseramento,

venivano i contadini nei suburbi portandosi dietro le caprette e mungendole

addirittura in loco, vendendo direttamente il latte ottenuto!

(da “MESTIERI MENEGHINI d’altri tempi”

Il Carrobbio)

Mi ricordo …

Quando il lattaio arrivava nei cortili richiamava le persone suonando una

trombetta! Antonia

Non abbiamo quasi mai comprato il latte dal lattée perché avevamo una mucca

nostra che mia mamma mungeva tutte le sere. Il latte appena munto era tiepido

e molto buono! Maria Z.

Quando si lasciava a riposare il latte appena munto (con la schiuma) per un po’ di

tempo, sopra si formava uno strato di panna, che usavamo per fare il burro.

Mentre con il latte cagliato si facevano i formaggini che poi cospargevamo con

un po’ di pepe. Elisa

Spesso, anzi quasi sempre, la sera si cenava con latte e polenta gialla oppure solo

polenta calda con lo zucchero. Alcuni ospiti

Quando ero ragazzo, dopo l’oratorio tornavo a casa e andavo nella stalla di mio

nonno a mungere le mucche, il latte poi lo vendevamo anche ai nostri vicini di

casa. Anche noi con la panna facevamo il burro! Renato

Ul Murum Inverno 2015

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Spesso, quando faceva freddo, come merenda mangiavo una tazza di latte con le

castagne, in precedenza ammorbidite nell’acqua. Ornella

Quando ero ragazzino “ul lattée” non veniva a casa mia per vendere il latte ma

per comprarlo; si presentava con grossi bidoni, faceva il giro di tutte le cascine

della zona per acquistare il latte fresco da tutti i contadini, poi a fine mese “si tirava su il conto!” e ci pagava il dovuto! Quando però in cascina nasceva un

vitellino, il latte veniva usato per nutrirlo e quindi non lo potevamo vendere…

dopo però si vendeva il vitello. Renzo

Quando andavo all’asilo le suore ci davano un bicchiere di latte come merenda.

Ornella

Mi ricordo che quando mio papà non aveva soldi usava il latte come denaro per

comprare il frumento. Luigi M.

Quando ero piccola il mio nonno ha regalato a noi bambini una capretta, al

mattino facevamo colazione con il suo latte, era veramente fresco e delizioso.

Mentre ne parlo mi sembra di ricordare il suo sapore… Per Pasqua la capretta in

genere faceva due capretti che i miei genitori vendevano al macellaio del paese

“ghe diseven ul camagn!” Irma

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II MMEEDDEEGGOOZZ

Ovvero i rimedi della nonna!

IL ROSMARINO Il rosmarino è un arbusto sempreverde originario

delle regioni mediterranee; in Italia è presente in tutto il territorio, spontaneo

o coltivato. Arbusto aromatico sempreverde, compatto, con fusti prostrati o

ascendenti, ramificati. I fiori compaiono in primavera, sono azzurro-violacei,

ricchi di polline e riuniti in brevi racemi ascellari.

Si raccolgono le foglie e le sommità fiorite tagliando la parte apicale dei

rametti. Da utilizzare subito o fare essiccare in luogo ombroso e ventilato.

L’olio essenziale di rosmarino si estrae dalle foglie e dalle sommità raccolte in

piena estate e fatte essiccare al sole per 8 giorni.

Chi per qualsiasi ragione ha bisogno di uno stimolante trova nel rosmarino il suo

rimedio ideale. Esercita infatti tale azione su tutti gli apparati e in particolare

sul sistema nervoso, facendo recuperare in fretta la salute ai convalescenti,

l’energia alle persone stanche o indebolite, la capacità di concentrazione e di

memoria a chi fa lavoro intellettuale. Nell’igiene e nella cosmesi è indicato come

tonico astringente e detergente per la pelle (acqua aromatica) e per combattere

la perdita dei capelli e la forfora.

TRATTAMENTI: bagni, pediluvi e maniluvi, spruzzature, fumigazioni; assunzione

di 3 gocce con miele il mattino a digiuno.

USO IN CUCINA:

Il rosmarino viene usato per insaporire carni, pesci,

minestre, focacce, oli ed aceti aromatici.

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Perché si dice?

ACQUA IN BOCCA

Tacere accuratamente su qualcosa, conservare bene un segreto. Si racconta che all’origine di questo detto ci sia una geniale trovata di un

confessore. Una donna molto devota, ma afflitta da un ostinato vizio di

maldicenza, gli si rivolse chiedendo un aiuto drastico. Le preghiere non

servivano, i buoni propositi al momento sfumavano. E il fantasioso guaritore

d’anime offrì alla donna il suo rimedio empirico: le diede infatti una boccetta

d’acqua di pozzo e le suggerì di metterne due gocce sulla lingua ogni volta che si

fosse sentita la voglia di dir peste di qualcuno. E poi tenere solo la bocca ben

chiusa, finché la tentazione non fosse passata. Funzionò, probabilmente.

ANDARE A MONTE

Veder fallire un progetto, concludere un’operazione con un nulla di fatto, non risolvere una situazione.

Le ipotesi circa le origini di questa locuzione sono parecchie. La più probabile si

rifà al gioco delle carte, in cui il mazzo da cui si pesca, come nella briscola,

tressette, scopa, eccetera, viene definito “monte”, per cui, in caso di errore o di

disaccordo, si rimescolano le carte e si costituisce un nuovo monte. Un’altra

versione vuole che la frase risalga all’epoca in cui con il nome di monte si

indicava l’insieme di debiti che una pubblica istituzione assumeva nei confronti

dei risparmiatori che le affidavano i propri capitali, in cambio di una rendita

vitalizia. Chi si assumeva questi debiti fruttiferi, in genere, era lo Stato o il

Comune, e allora andare a monte significava essere descritto per creditore nei Libri del Monte. Una versione più recente, piuttosto cattivella, si riferisce alla

situazione di chi, avendo bisogno di un prestito, si rivolge al Monte di Pietà o a

una banca, e si sente dire che non può ottenere prestiti se non offre solide

garanzie, il che equivale a dire “non ne facciamo niente”.

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LLaa ppooeessiiaa

PENSER DE NATAL

Quand che Dicember al me porta per regall,

insèmm al giàzz, la nev e la scighera,

anmò un Natal de caregà sui spall,

de taccà là, per slungà la filera

di alter Natal che, chissà cumè mai,

diventen tanti, che se rièss pù a cuntai.

Natal d’un temp, Natal del temp andàa,

pussèe luntan e semper pussèe bèll,

cul sciòcch che brasa pian, pian, sul feguràa

e i donn in trusci, ciappàa, inturnu al furnèll;

Natal alegher, de quand serum bagai,

cun la nuvèna e la smania di regai.

Natal de guèra, Natal cun el magun,

cul pan di tèsser e cun pòcch de mangià,

cul coeur suspès, la ment in uraziun

per i suldàa luntan de la sua cà.

I gent sfulàa che rivaven cul tram,

oeucc de pagura, i laber brutt de famm.

Natal de adèss, mì, il ricunussi pù,

cambia i usanz, la tradiziun, la vita,

inveci de rivà giò ‘l bun Gesù,

riva dal nord un vècc sura ‘na slita;

e mì me ruerzi a sugutà a pensà:

se’l par mè nonu, perché ‘l ciamen papà?

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Una voeulta se riuniva inturnu al tavul,

insèma per giugà ‘na tumbulada;

adèss via tucc, luntan, a cà del diavul,

a restà a cà, se perd la maridada.

Sì che un pruverbi al dìss: Natal cui toeu,

e i alter fest, insèmm cun chi te voeu.

In fund però, resta anmò la speranza,

quand de la vita se riva in fund al vial,

de sentìss slargà’l coeur per l’esultanza

perché gh’è lì a speciamm el nost Natal.

Un Natal senza temp, né estàa, né invernu,

un Natal pien de lus, Natal eternu.

Autore sconosciuto milanese

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DICEMBRE

“Ogni ufelè fa ’l so mestè.”

Ogni pasticcere fa il suo

mestiere.

GENNAIO

“Chi laura ul prèm de

l’ann, el laura tout

l’ann.”

Chi lavora il primo dell’anno, lavora tutto l’anno.

FEBBRAIO

“I oeucc nègher fann vardà, i

oeucc ciàr fann inamurà.”

Gli occhi neri fanno guardare, gli occhi chiari fanno innamorare.

Proverbi e

filastrocche

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Oh! Gesù bambin soave

del mio cuor ti do la chiave

apri e chiudi a tuo piacer

fa di me il tuo santo voler!

ELISA

Oggi è festa, tutti i signori cambiano i vestiti e io che sono un povero figlio non cambio neanche la camicia! ELISA

Caro Bambin Gesù,

vieni in me, non tardar più,

vieni a nascere nel mio cuore

caro amabil Bambin d’amor!

Ave o Giuseppe

Padre d’amore

oggi il mio cuore

consacro a Te,

fa che il lavoro

noi tutti abbiamo

e lavoriamo pensando a Te,

di pane e riso in fondo ai cuori

e dal paradiso venga su me

Padre d’amore…

MARGHERITA

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Il nostro dialetto

Bidon del lacc e tulèta…

La tulèta era un pentolino di piccolo diametro e alto circa 20

centimetri, con coperchio e manico che si utilizzava per andare

ad acquistare il latte dal lattaio.

Poteva avere una capienza da un quarto o mezzo litro o anche

un litro.

Di latta o di alluminio in quanto serviva in genere per il solo

trasporto.

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Giochi di una

volta

Parlando con i nostri nonni spesso tra i vari racconti tornano i ricordi del

passato, tra questi i più frequenti sono i semplici giochi che facevano nel loro

tempo libero quando erano bambini. Nella maggior parte dei casi i giochi erano

costruiti con materiali molto poveri che i bambini trovavano nelle loro case e nei

cortili.

Qui di seguito vi proponiamo un elenco di questi:

belle statuine, quattro cantoni, macchina fotografica, campana (sasset o ciapel),

carriola o careta, rialzo, tiro al barattolo, ruba bandiera, nascondino, corda,

lippa, pulci, figurine, paradiso, elastici/fionda, telefono senza fili, aquilone (per

costruirlo si usava la farina bianca mescolata all’acqua, perché la colla non c’era

mai, costava troppo!), yo-yo (la cantilena che si cantava mentre si giocava era

“yo-yo ti martur e mi no”), cerchio, frullino (“firlù foch”), gioco dell’oca e

tombola.

Questi sono solo alcuni dei vari giochi indicati dai nonni e da loro descritti nei

minimi particolari… un vero piacere sentirli raccontare!

Irma in particolare racconta cosa facevano “i maschiacci”: prendevano una latta,

la foravano nella parte superiore, la riempivano di carburo, accendevano il fuoco

e si divertivano a stare a guardare l’esplosione. Di solito lanciavano la latta

lontano ed aspettavano che facesse un grosso scoppio. Si divertivano veramente con poco, mentre noi bambine ne eravamo un po’ spaventate!

Edoardo descrive lo “Sputnik”, un gioco che lui ricorda di aver fatto spesso: si

prendevano tre cerini, si avvolgevano nella carta stagnola, si aprivano

leggermente i tre bastoncini e con un altro cerino acceso si dava fuoco, come

prendevano fuoco i tre cerini saltavano in aria proprio come un vero missile!

Che meraviglia, era bellissimo!

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Santo Stefano

Primo martire

26 dicembre

Primo martire cristiano, e proprio

per questo viene celebrato subito

dopo la nascita di Gesù. Fu

arrestato nel periodo dopo la

Pentecoste, e morì lapidato. In lui

si realizza in modo esemplare la

figura del martire come imitatore

di Cristo; egli contempla la gloria

del Risorto, ne proclama la divinità,

gli affida il suo spirito, perdona ai

suoi uccisori. Saulo testimone della

sua lapidazione ne raccoglierà

l'eredità spirituale diventando

Apostolo delle genti.

Patronato: Diaconi, Fornaciai, Mal di testa

Etimologia: Stefano = corona, incoronato, dal greco

Emblema: Palma, Pietre

La celebrazione liturgica di S. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre,

subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio,

furono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a

renderne testimonianza con il martirio.

Così al 26 dicembre c’è S. Stefano primo martire della cristianità. Del grande e

veneratissimo martire S. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco,

in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e

religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”.

Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu

uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la

Ul Murum Inverno 2015

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sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di

Gerusalemme. Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni;

qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando

e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica,

perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.

Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi

disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la

predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto questo compito doveva essere

affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla

preghiera e al ministero.

La proposta fu accettata e uno degli eletti fu Stefano uomo pieno di fede e Spirito

Santo.

Nell’espletamento di questo compito, Stefano pieno di grazie e di fortezza, compiva

grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche

nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città

santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.

Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il

popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e

contro Dio”.

Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi

testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro

e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà

questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.

E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono

Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui

ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per

mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto

sempre con durezza di cuore.

Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana

nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i

vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato?

Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete

divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e

non l’avete osservata”.

Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo

Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio

dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.

Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su

di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con

Ul Murum Inverno 2015

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pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saul, che assisteva

all’esecuzione. In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà

di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza

in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un

linciaggio incontrollato.

Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli

sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non

imputare loro questo peccato”.

Dopo la morte di Stefano, la storia delle sue reliquie entrò nella leggenda; il 3

dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano di Kefar-Gamba, ebbe in sogno

l’apparizione di un venerabile vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con

in mano una bacchetta d’oro con la quale lo toccò chiamandolo tre volte per nome.

Gli svelò che lui e i suoi compagni erano dispiaciuti perché sepolti senza onore, che

volevano essere sistemati in un luogo più decoroso e dato un culto alle loro reliquie e

certamente Dio avrebbe salvato il mondo destinato alla distruzione per i troppi

peccati commessi dagli uomini.

Chiese, basiliche e cappelle in suo onore sorsero dappertutto, solo a Roma se ne

contavano una trentina, delle quali la più celebre è quella di S. Stefano Rotondo al

Celio, costruita nel V secolo da papa Simplicio.

Ancora oggi in Italia vi sono ben 14 Comuni che portano il suo nome; nell’arte è stato

sempre raffigurato indossando la ‘dalmatica’ la veste liturgica dei diaconi; suo

attributo sono le pietre della lapidazione, per questo è invocato contro il mal di pietra,

cioè i calcoli ed è il patrono dei tagliapietre e muratori.

Autore: Antonio Borrelli

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Ul cugiaa de

legn

PANETTONE (dolce tradizionale milanese)

In questo numero invece di annoiarvi con

una ricetta molto complicata e forse, al

giorno d’oggi inutile, in quanto tutti

acquistano questo dolce dalle case

fabbricanti della grande industria e/o

dagli artigiani pasticceri, abbiamo

deciso di raccontarvi le sue origini.

Il panettone è il dolce natalizio nato a Milano ma immancabile sulle tavole delle

feste di tutta Italia ed oseremo dire in tutto il mondo. Oltre al suo impasto

soffice e ricco, la particolarità del panettone è la sua forma a cupola che lo

rende inconfondibile.

Gli ingredienti per preparare il panettone sono molto semplici, l'impasto è

formato da farina, uova, latte, zucchero insaporiti da uvetta e canditi.

Preparare il panettone in casa non è complicato, è però necessario avere

pazienza e prendersi un intero giorno per la preparazione perché il panettone

richiede tempi di lievitazione abbastanza lunghi. Le origini del panettone

(letteralmente Pan del Toni) sono controverse, alcune leggende narrano che

questo pane saporito sia nato per amore. A inventare per caso la ricetta fu

Messer Ughetto degli Atellani che per conquistare la figlia del fornaio si fece

assumere come garzone di bottega, e per risollevare la bottega provò ad

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impastare questo pane dolce che ebbe un grande successo. Un'altra leggenda

vuole che durante un pranzo di Natale alla corte di Ludovico il Moro, il cuoco

fece bruciare il dolce. Vista la disperazione del cuoco, uno sguattero della

cucina, di nome Toni, propose di servire in tavola il pane dolce preparato da lui

quella stessa mattina, il dolce fu portato in tavola e riscosse l'entusiasmo di

tutti i commensali.

Commento

Se comunque qualcuno di voi decidesse di impegnarsi nel realizzare una ricetta

così laboriosa, saremo felici di poter gustare un assaggio del dolce fatto.

Precisiamo che l’assaggio dovrà essere gratuito ed abbondante e certo non

mancheremo di ringraziarvi con un nostro giudizio… sicuramente positivo!!!

oCa al forno Questa è decisamente una preparazione da riservare alle grandi occasioni,

magari per una cena speciale. L'oca ripiena al forno, nonostante non sia un

piatto diffuso in tutta Italia, rappresenta una pietanza unica nel sapore e nella

presentazione. Un piatto decisamente unico anche se caratterizzato da una

preparazione non proprio semplicissima e da una cottura abbastanza prolungata.

Ingredienti:

un’oca

carne trita mista

uovo

due fettine di bologna

sale qb

mollica di pane

grana e pane grattugiato

1 bicchiere di vino bianco

latte qb

burro

aglio

salvia e rosmarino

dado

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Preparazione:

Prendere l’oca ed insaporirne l’interno con un po’ di sale e spezie. Prima di

preparare il ripieno accendere il forno ad una temperatura di 150° circa (in base

al tipo di forno e alla grandezza dell’oca).

Per il ripieno unire la carne trita, l’uovo, le fettine di bologna tagliate finemente,

il grana grattugiato, la mollica di pane precedentemente ammorbidita nel latte.

Prendere il ripieno e passarlo in un po’ di pane grattugiato per renderlo

compatto, in seguito inserirlo nella pancia dell’oca, cucire l’apertura per non far

fuoriuscire il ripieno e con lo spago legare l’oca.

Prendere una pentola ovale, aggiungere un po’ di condimento, mettere l’oca, un

rametto di rosmarino, un ciuffo di erba salvia, due testine d’aglio in camicia e un

po’ di vino bianco.

Mettere in forno per circa un paio di ore.

Durante la cottura bucherellare l’oca con una forchetta per farne fuoriuscire il

grasso, bagnare con un po’ di vino bianco e a metà cottura girare l’oca per

evitare che bruci.

Commento

Ochetta ocona quanto sei buona quando arrivi nel mio pancione!

BUON APPETITO

A TUTTI !!!

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AAnncchhee qquueesstt’’aannnnoo èè

ggiiuunnttoo aall tteerrmmiinnee,,

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BBUUOONN NNAATTAALLEE ee

UUNN GGEENNEERROOSSOO 22001166

LLaa rreeddaazziioonnee ddeell ggiioorrnnaalliinnoo

((AAnnggeelloo,, AAnnttoonniiaa,, EEddooaarrddoo,, EElliissaa,, IIddaa,, IIrrmmaa,,

IIvvoo,, LLuuiiggii MM..,, MMaarriiaa ZZ..,, NNaattaallee,, OOrrnneellllaa,, RReennaattoo,,

RReennzzoo,, SSiillvviiaa ee ccoonnssuulleennttii))