Uffizi Sale

12

Click here to load reader

Transcript of Uffizi Sale

Page 1: Uffizi Sale

Sala 1 Archeologica

La sala, attualmente chiusa, ospita alcuni importanti marmi archeologici.Tra questi il Torso del Doriforo in basalto verde, è una copia romana del primo secolo d.C. dell'originale bronzeo di Policleto, modello supremo delle proporzioni del corpo umano.

Sala 2 del Duecento e di Giotto

Nella sala sono esposti dipinti, databili tra la prima metà del secolo XII e gli inizi del secolo XIV, provenienti da chiese toscane. La tecnica è quella della tempera su tavola, con fondo oro.Nel vasto ambiente spiccano le tre tavole cuspidate di Duccio di Boninsegna, Cimabue e Giotto, chiamate Maestà perché raffigurano la Madonna col Bambino in trono, circondata da angeli e santi.Sono opere fondamentali per capire gli orientamenti della pittura in Toscana fra Duecento e Trecento e il profondo rinnovamento che ebbe inizio in questo periodo.La tavola di Cimabue, pur conservando molti caratteri formali della pittura bizantina, la rinnova per forza plastica; quella di Duccio esprime una felice sintesi tra le tendenze più classicheggianti della tradizione orientale e l'arte gotica.La Maestà di Giotto con la sua rappresentazione dello spazio, l'attenzione alla luce che modella le figure, l'interesse per il naturale, rappresenta uno dei più significativi punti di partenza per lo sviluppo dell'arte italiana.Sono inoltre presenti nella sala due esemplari di Croce dipinta, un arredo sacro tipicamente italiano, un dossale di Meliore, un dittico di scuola di Bonaventura Berlinghieri e il Polittico di Badia di Giotto.

Sala 3 del Trecento senese

La sala accoglie una preziosa selezione di capolavori senesi del Trecento.I due straordinari dipinti che si fronteggiano provengono dal duomo di Siena.L'Annunciazione di Simone Martini e Lippo Memmi e la Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti, sono forse i primi esempi di pala d'altare che hanno per soggetto un episodio dei Vangeli, invece che un'icona da venerare, in quanto nel duomo senese l'immagine della Madonna, protettrice della città, era raffigurata nella grande Maestà dipinta da Duccio.Le due opere testimoniano diverse tendenze dell'arte senese: una, qua rappresentata da Simone Martini, che sviluppa tutte le raffinatezze lineari e cromatiche del gotico, e un'altra, interpretata dai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti, attenta alle novità giottesche.Di Pietro Lorenzetti la sala espone un'opera di grande interesse, il Polittico della Beata Umiltà, che nei suoi pannelli dedicati alla vita della Beata, illustra numerosi aspetti della vita nel medioevo.

Sala 4 del Trecento fiorentino

Nella sala dedicata a maestri della pittura fiorentina del Trecento, troviamo, accanto ai grandi polittici, purtroppo incompleti e privi delle loro cornici, dipinti di piccole dimensioni, che erano usati per devozione domestica.Del Maestro della Santa Cecilia, collaboratore di Giotto, in un fase giovanile della sua attività, possiamo ammirare la tavola con storie della Santa, da cui l'ignoto pittore ha preso il nome. L'eredità di Giotto è qui rappresentata da Taddeo Gaddi, un maestro lungamente attivo nella sua bottega, e qualche decennio più tardi da Andrea Orcagna, autore del trittico con San Matteo e storie della sua vita. Se ne discosta Giottino, un raro pittore che con la sua bellissima Pietà, introduce caratteri più moderni, mostrandosi sensibile all'espressione dei sentimenti, e utilizzando un colore variato in sottili passaggi cromatici.A Giovanni da Milano, un artista forestiero, che sa unire la tradizione nordica a quella toscana, appartiene invece il frammentario Polittico di Ognissanti.

Sala 5-6 del Gotico internazionale

Opere di artisti originari da diverse regioni italiane contribuiscono ad illustrare la cultura figurativa dei primi decenni del Quattrocento che fa riferimento al cosiddetto Gotico internazionale.Oltre a quelle fiorentine sono infatti presenti opere del senese Giovanni di Paolo, del veneziano Jacopo Bellini e di Gentile da Fabriano.Tra i fiorentini spicca Lorenzo Monaco con la grandiosa Incoronazione della Vergine , dipinta nel 1414 per la chiesa del convento degli Angeli dell'ordine dei Camaldolesi, cui il pittore apparteneva.Le forme allungate delle figure e l'andamento dei panneggi, insieme ai colori freddi, cangianti sotto la luce, illustrano bene le tendenze dell'arte fiorentina all'inizio del secolo XV.A Gentile da Fabriano, considerato, tra il terzo e il quarto decennio del Quattrocento, uno dei maggiori pittori italiani, appartengono due delle opere più famose della sala: Quattro Santi dal Polittico Quaratesi e l' Adorazione dei Magi, entrambe eseguite durante un soggiorno fiorentino del pittore.

Page 2: Uffizi Sale

Sala 7 del primo Rinascimento

Sono qui raccolte alcune delle opere emblematiche del Rinascimento italiano, universalmente note.Il loro raggruppamento, oltre all'emozione estetica, produce un forte effetto didattico in quanto tutti i dipinti, pur nella diversità dei soggetti e dei caratteri formali, sono espressione della cultura dell'Umanesimo, della riscoperta dell'antico, della ricerca di uno spazio prospetticamente definito.Masaccio nella Sant'Anna Metterza, opera di collaborazione con Masolino, raffigura una nuova umanità, austera e solenne, la stessa che ritroveremo sulle pareti della Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine.L'esaltazione dell'uomo, celebrato attraverso le sue virtù, è fortissima nel ritratto dei Duchi d'Urbino di Piero della Francesca. La Battaglia di Paolo Uccello ci mostra un'interpretazione originale della prospettiva e un sentimento fiabesco del racconto. Nella Pala di Santa Lucia de'Magnoli Domenico Veneziano crea una delle prime pale d'altare nel nuovo formato rettangolare. Forse per la prima volta, eliminato il fondo oro della tradizione medievale, i personaggi sacri appaiono immersi in una chiara luce mattutina.

Sala 8 dei Lippi

La sala raccoglie numerosi dipinti di Filippo Lippi, eseguiti nei decenni centrali del Quattrocento e di suo figlio Filippino attivo negli ultimi due decenni del secolo.Filippo Lippi, frate carmelitano, si era formato, come uomo e come artista, nel convento fiorentino del Carmine, a diretto contatto con gli affreschi di Masolino e Masaccio.Se l'influenza di quest'ultimo fu determinante per l'artista nella sua giovinezza, nel corso degli anni Filippo mostrò grande attenzione agli sviluppi della contemporanea scultura fiorentina, in particolare alla produzione di Donatello e di Luca della Robbia. Dalla pittura fiamminga derivò il gusto dei materiali preziosi resi con straordinaria efficacia, come possiamo constatare nell'Incoronazione della Vergine o nella Madonna col Bambino e due angeli, uno dei dipinti più famosi della Galleria.Nella sala sono esposti anche alcuni capolavori di Filippino, come la grande pala con l'Adorazione dei Magi, e opere di Alesso Baldovinetti.

Sala 9 dei Pollaiolo

La sala raccoglie in prevalenza dipinti dei fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo, interpreti nella seconda metà del Quattrocento di una pittura dal forte risalto lineare, ma anche molto attenta alle suggestioni fiamminghe, come testimoniano due dei loro capolavori, il Ritratto muliebre, opera di Antonio, e la pala con i Santi Giacomo, Vincenzo ed Eustachio, lavoro di collaborazione tra i due.Si segnalano inoltre le sette tavole con Virtù, sei delle quali eseguite da Piero del Pollaiolo e la settima raffigurante la Fortezza, da Sandro Botticelli, in età giovanile.

Sala 10-14 del Botticelli

La grande sala, ricavata come le precedenti dal vano dell'antico teatro mediceo, conserva la copertura originaria. E' una delle più famose della Galleria perché ospita alcuni tra i capolavori del Rinascimento eseguiti negli ultimi decenni del Quattrocento.Tra le quindici opere di Sandro Botticelli le più famose sono La Primavera e La Nascita di Venere, i primi dipinti di soggetto profano di grandi dimensioni del Rinascimento italiano, che testimoniano del clima culturale di Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico.Di straordinaria intensità sono anche i suoi dipinti di soggetto sacro come la Pala di San Barnaba, o i mirabili tondi come la Madonna del Magnificat.Un lato del vasto ambiente è occupato da uno dei capolavori della pittura fiamminga, il Trittico Portinari di Hugo van der Goes, un'opera che, giunta a Firenze nel 1483, esercitò una grande influenza sugli artisti fiorentini, a partire dallo stesso Botticelli. Le suggestioni della cultura nordica agirono anche su Domenico Ghirlandaio, che è presente con tre dipinti nella stessa sala.

Sala 15 di Leonardo

Entrando nella sala il visitatore si trova di fronte tre opere fondamentali per ricostruire la formazione e l'attività giovanile di Leonardo da Vinci. Nel Battesimo di Cristo, eseguito in gran parte dal Verrocchio, nella cui bottega Leonardo ebbe la sua prima educazione artistica, la presenza del giovane allievo è limitata alla testa di un angelo, alla ridipintura del paesaggio e forse al modellato del corpo di Cristo.Nell' Annunciazione riconosciamo un suo lavoro giovanile, già connotato nel paesaggio da una pittura attenta alle vibrazioni atmosferiche, che sarà sviluppata dal pittore nelle opere successive.

Page 3: Uffizi Sale

L'Adorazione dei magi è opera rimasta incompiuta, ma di grande complessità concettuale e formale.Accanto a quelle di Leonardo troviamo esposte importanti pale d'altare di tre maestri attivi tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo: Perugino, Luca Signorelli e Lorenzo di Credi.

Sala 16 delle carte geografiche

L'ambiente, originariamente una loggia, che venne in seguito chiusa, fu affrescato, per iniziativa del granduca Ferdinando I, con carte geografiche che illustrano il Dominio vecchio fiorentino, lo Stato di Siena e l'Isola d'Elba. Ne fu autore Ludovico Buti che utilizzò disegni del cartografo Stefano Bonsignori.Nella stanza anticamente erano collocati un mappamondo e una sfera armillare e in seguito strumenti scientifici. Per il soffitto furono adattate alcune tele, dipinte da Jacopo Zucchi, di soggetto mitologico, rimosse da Villa Medici, la residenza romana di Ferdinando de' Medici.Attualmente nella sala sono presenti alcuni manufatti di arte romana del II e III secolo d.C. e importanti dipinti del Rinascimento come la Deposizione di Roger van der Weyden, che mostra interessanti punti di contatto con un'opera dell'Angelico dello stesso soggetto.

Sala 17 Stanzino delle Matematiche

La piccola stanza, cui si accede dalla Tribuna, fu realizzato per iniziativa del granduca Ferdinando I come “Stanzino delle Matematiche” per accogliere strumenti scientifici. Il soffitto fu decorato con la figura allegorica della Matematica e con episodi celebrativi della cultura scientifica antica.Attualmente nella saletta sono esposti numerosi piccoli bronzi moderni e alcune sculture appartenenti alla collezione archeologica.

Sala 18 La Tribuna

A partire dal 1581, per volontà del granduca Francesco I, Bernardo Buontalenti costruì nel braccio lungo degli Uffizi, la Tribuna, un ambiente destinato ad accogliere i tesori delle raccolte medicee.L'edificio, a pianta ottagonale, si ispirava alla Torre dei Venti di Atene, descritta da Vitruvio nel primo libro dell' Architettura.La struttura, la decorazione, gli oggetti contenuti nella tribuna alludevano ai quattro elementi dell'universo: aria, acqua, fuoco e terra. L'aria era evocata dalla rosa dei venti posta nella lanterna, collegata all'esterno con una banderuola, il fuoco dal rosso delle tappezzerie di velluto, l'acqua dalle conchiglie di madreperla che decoravano volta e pareti, la terra dal mosaico di marmo del pavimento. C'erano inoltre statue di divinità e oggetti che richiamavano gli stessi elementi.Nel corso del tempo la Tribuna ha subito numerose trasformazioni, divenendo di volta in volta sede dei pezzi più importanti delle raccolte medicee.Attualmente il centro è occupato da un tavolo a commesso di pietre dure, mirabile lavoro dell'opificio granducale (1633-1649) su disegno di Jacopo Ligozzi. Intorno sono disposte alcune statue antiche tra cui l'Afrodite Medici, copia del primo secolo a.C. dall'Afrodite Cnidia di Prassitele, i Lottatori, copia del primo secolo d.C. da un originale in bronzo del terzo secolo a.C., il cosiddetto Arrotino, parte di un gruppo statuario che illustrava il mito di Apollo e Marsia, copia del primo secolo a.C. da un esemplare ellenistico.Alle pareti sono disposti numerosi ritratti, di mano del Pontormo, di Andrea del Sarto, di Agnolo Bronzino e altri dipinti documentati anticamente in questa sala.

Sala 19 del Perugino e di Signorelli

La saletta, come le successive, faceva parte dell'Armeria, una sezione della Galleria voluta dal granduca Ferdinando I alla fine del Cinquecento per l'esposizione delle magnifiche armature di proprietà della famiglia.La volta originale, distrutta, venne ridipinta da Agnolo Gori nel 1665 con allegorie di Firenze e della Toscana, trionfi, battaglie e stemmi medicei.Nella sala sono documentati, con opere di piccolo formato, artisti provenienti da scuole diverse dell'Italia settentrionale e centrale, attivi tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento.Si segnalano, tra gli altri, il Ritratto di Francesco delle Opere del Perugino e due tondi di Luca Signorelli con l'Allegoria della Fecondità e dell'Abbondanza.

Sala 20 di Dürer

Il soffitto ha mantenuto la decorazione originaria cinquecentesca solo nelle grottesche. Le quattro scene, raffiguranti feste e spettacoli cittadini, sono state inserite nel Settecento.La sala raccoglie opere di alcuni pittori tedeschi del Rinascimento, tra i quali emergono Albrecht Durer e Lukas Cranach il Vecchio. Tra i dipinti del primo ricordiamo la famosa Adorazione dei Magi e il Ritratto del padre; del secondo le due grandi tavole raffiguranti Adamo ed Eva.

Page 4: Uffizi Sale

Dal Durer dipende anche Il grande Calvario del fiammingo Jan Bruegel il Vecchio

Sala 21 del Giambellino e di Giorgione

La sala conserva l'originaria decorazione della volta dovuta a Ludovico Buti (1588). Tra i motivi “a grottesca” sono inserite figure di indiani e di animali del Nuovo Mondo, che testimoniano gli interessi del granduca Ferdinando I.I dipinti appartengono in gran parte ai maggiori esponenti della scuola veneta fra quattrocento e Cinquecento, con l'aggiunta degli emiliani Cosmè Tura e Lorenzo Costa.Giovanni Bellini è l'autore di due opere molto diverse tra di loro, ma significative per comprendere gli interessi artistici del pittore: l'Allegoria Sacra, ambientata in un vasto paesaggio, e il Compianto sul Cristo morto, che indaga sull'espressione degli affetti.Il bellissimo Guerriero con scudiero (detto Gattamelata) è ormai quasi universalmente riconosciuto come opera di Giorgione.

Sala 22 dei Fiamminghi e Tedeschi del Rinascimento

Il soffitto di Ludovico Buti (1588) presenta vivaci scene di battaglie.La sala contiene dipinti di piccolo formato di pittori tedeschi, come Albrecht Altdorfer e Hans Holbein il Giovane e di pittori fiamminghi come Hans Memling, autore tra l'altro del Ritratto di Benedetto Portinari e del San Benedetto, già laterali di un trittico eseguito per la nota famiglia fiorentina, attiva nel banco mediceo di Bruges

Sala 23 di Mantegna e di Correggio

Nel soffitto gli affreschi di Ludovico Buti (1588) illustrano officine per la produzione di armi, polvere da sparo e modelli di fortezze.La sala è dedicata a pittori del Rinascimento attivi nell'Italia Settentrionale tra Quattrocento e Cinquecento, tra i quali emergono Andrea Mantegna e il Correggio.Tra le opere più famose del Mantegna sono la piccola Madonna delle Cave, cosiddetta dal paesaggio roccioso che fa da sfondo al gruppo sacro, ispirato alla pittura fiamminga e le tre tavolette con l'Adorazione dei Magi, la Circoncisione e l'Ascensione, eseguite per i Gonzaga di Mantova nel settimo decennio del Quattrocento e solo nell'Ottocento riunite a formare un trittico.Del Correggio sono presenti tre dipinti riferibili a diverse fasi della sua produzione: alla giovinezza appartengono la piccola Madonna col Bambino tra angeli musicanti e il Riposo durante la fuga in Egitto entrambe espressioni di quella cultura figurativa che si era sviluppata nell'Italia Settentrionale sulla scia delle invenzioni di Leonardo e di Giorgione; la Vergine in adorazione del Bambino è opera del terzo decennio del Cinquecento, che appare ispirata a ideali classici nella solenne composizione.

sala 24 Gabinetto delle miniature

La sala voluta da Ferdinando I per ospitare la glittica portata in dote dalla moglie Cristina di Lorena, ha accolto nel tempo collezioni diverse di bronzetti, oreficerie, oggetti messicani, gioielli, gemme, oggetti che ora sono in gran parte conservati nel Museo degli Argenti.La forma ovale della sala e la sua la ricca decorazione risalgono alla fine del Settecento, quando l'ambiente fu ristrutturato per volontà del Granduca Pietro Leopoldo dall'architetto Zanobi del Rosso.Attualmente vi sono esposte circa quattrocento miniature di varie epoche e scuole, tutte raffiguranti ritratti, che sono state collezionati da vari personaggi della famiglia Medici, e in particolare dal Cardinal Leopoldo, grande conoscitore, cui si devono anche le straordinarie raccolte di disegni e degli autoritratti dei pittori, entrambe conservate nella Galleria.

Secondo corridoioMentre le volte decorate “a grottesca” del primo corridoio si ispiravano liberamente al mondo antico, quelle della loggia che si affaccia sull'Arno, affrescate con soggetti religiosi o celebrativi delle virtù granducali, testimoniano la volontà della dinastia medicea di esaltare se stessa per le benemerenze acquistate nella difesa e diffusione della fede cattolica.Gli affreschi furono eseguiti tra il 1696 e il 1699 da Giuseppe Nasini e Giuseppe Tonelli, per iniziativa del granduca Cosimo III.Tra le statue disposte nel corridoio vi sono importanti sculture antiche come Amore e Psiche, copia romana da originale ellenistico, delicata interpretazione della favola di Apuleio, e il cosiddetto Alessandro morente, ritenuto lavoro di arte ellenistica.Dalle finestre si gode di una splendida vista sull'Arno e le colline circostanti e si può osservare parte del percorso del Corridoio vasariano.Corridoio di ponente

Page 5: Uffizi Sale

Questa parte dell'edificio venne utilizzata come galleria solo a partire dalla seconda metà del secolo XVII.Tra il 1658 e il 1679, al tempo del Granduca Ferdinando II, fu decorato il corridoio di ponente con soggetti che esaltavano uomini e istituzioni che avevano dato fama a Firenze.Parte delle pitture, eseguite da Cosimo Ulivelli, Angelo Gori, Giacomo Chiavistelli, furono distrutte in un incendio avvenuto nel 1762 e sostituite grazie all'intervento dei pittori Giuseppe del Moro, Giuliano Traballesi e Giuseppe Terreni.Al tempo di Cosimo III, in analogia con il corridoio di levante, anche quello di ponente venne allestito con ritratti e sculture antiche, molti dei quali appositamente acquistati sul mercato antiquario romano.Proprio all'inizio troviamo il Marsia Bianco e il Marsia Rosso, copie da un gruppo tardo ellenistico che illustrava il mito di Apollo e Marsia. Chiude il corridoio il Loocoonte, copia di Baccio Bandinelli dal mirabile marmo venuto alla luce a Roma nel gennaio del 1506, che suscitò una grande ammirazione negli artisti del tempo.

Sala 25 di Michelangelo e dei fiorentini

Di fronte all'ingresso della sala è collocato il Tondo Doni, uno dei dipinti più famosi della Galleria, opera giovanile di Michelangelo, che ebbe l'incarico da Agnolo Doni.Raffigura in primo piano la Madonna seduta che si volge a prendere il bambino Gesù dalle mani di Giuseppe, sullo fondo alcune figure maschili ignude e tra i due gruppi Giovanni Battista fanciullo.Il Tondo è sorprendente per la vivace gamma cromatica che ispirò tanta pittura manieristica, per l'impianto compositivo, che ricorda nei moti delle figure i gruppi scultorei dell'artista, e per la complessa iconologia. Nelle figure ignude sullo sfondo è stata vista un'allusione al mondo pagano, prima della Grazia, e nel Battista il tramite tra vecchio mondo e il nuovo, che inizia con la nascita del Redentore. Nel dipinto sono presenti numerose citazioni da sculture antiche, il cui studio favorì lo sviluppo della “maniera moderna”, secondo la definizione di Giorgio Vasari.Nella sala sono esposti anche dipinti di Fra Bartolomeo e di Mariotto Albertinelli, interpreti di un'arte religiosa devota e comunicativa, ispirata agli insegnamenti del frate domenicano Girolamo Savonarola.

Sala 26 di Raffaello e di Andrea del Sarto

Si possono qui ammirare un gruppo di capolavori giovanili di Raffaello, come l' Autoritratto, i R itratti dei duchi d'Urbino Elisabetta Gonzaga e Guidubaldo da Montefeltro, quello di Francesco Maria Della Rovere, ancora adolescente. Sono lavori che si collocano nei primi anni del Cinquecento, mentre la celebre Madonna del Cardellino, che si ispira per la composizione a dipinti coevi di Leonardo, è datata al tempo del soggiorno fiorentino del maestro e precisamente tra il 1505 e il 1506.Appartiene invece alla maturità la grande tavola con LeoneX e i cardinali Giulio de'Medici e Luigi de'Rossi, (1518), splendida per il trattamento del colore e attenta alla resa dei particolari come nei dipinti fiamminghi amati dal pittore. L'opera, che forse in origine raffigurava soltanto il papa, era stata da lui invita a Firenze in occasione del matrimonio di Lorenzo Duca d'Urbino.Nella sala sono presenti anche opere fondamentali di Andrea del Sarto. Il pittore, che si era formato sull'insegnamento dei grandi maestri che si erano trovati a lavorare a Firenze nei primi anni del secolo XVI, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, ma anche sensibile all'insegnamento che Fra Bartolomeo diffondeva dal convento di San Marco, fu uno dei maggiori pittori fiorentini dei primi decenni del Cinquecento. Lo testimoniano tra l'altro la famosa Madonna delle arpie e la Pala Vallombrosana, qui esposte.

Sala 27 del Pontormo e del Rosso Fiorentino

I dipinti della sala documentano gli sviluppi della pittura fiorentina nella prima metà del Cinquecento e in particolare di quella corrente, che, pur muovendo dal classicismo di Andrea del Sarto, diede vita a un linguaggio nuovo, per molti aspetti di rottura.Il Pontormo fu pittore eclettico che trasse ispirazione dalla cultura fiorentina e in particolare da Michelangelo, ma anche dall'arte tedesca, conosciuta attraverso le incisioni di Durer.Il suo stile personalissimo si può ammirare nella Cena in Emmaus, in alcuni ritratti, e nel desco da parto con la Natività di San Giovannino.Tra le opere del Rosso Fiorentino la piccola pala con la Madonna e Santi detta “dello Spedalingo”, ben testimonia del linguaggio anticonformista del pittore, mentre la tela raffigurante Mosè con le figlie di Ietro è occasione di ricerche originali sulla rappresentazione dinamica del corpo umano.Seguono alcune opere del Bronzino, l'allievo prediletto del Pontormo, inventore di una pittura raffinata e preziosa, adatta a interpretare le esigenze della corte fiorentina.

Page 6: Uffizi Sale

Sala 28 di Tiziano e di Sebastiano del Piombo

La pittura veneta dei primi decenni del Cinquecento è qui illustrata da numerosi capolavori di Tiziano, alcuni dei quali giunti nelle collezioni dei Medici grazie all'eredità portata in dote da Vittoria della Rovere, ultima discendente dei duchi d'Urbino.In ricordo della provenienza è chiamata Venere di Urbino la splendida tela che è stata a lungo il dipinto più amato della Galleria. L'affiancano i Ritratti di Francesco Maria Della Rovere e di Eleonora Gonzaga.L'attività giovanile di Tiziano, ancora sensibile alla pittura di Giorgione, è documentata dal Ritratto del Cavaliere di Malta, dal Ritratto virile detto “uomo malato” e dalla Flora.All'arte veneziana del primo decennio del Cinquecento ci riconduce anche l'affascinante Morte di Adone di Sebastiano del Piombo, che qui si mostra influenzato anche dall'insegnamento di Michelangelo.

Sala 29 del Dosso e del Parmigianino

La sala e il contiguo Gabinetto ospitano dipinti di pittori emiliani della prima metà del Cinquecento. Nella prima sala emerge la straordinaria Madonna dal collo lungo del Parmigianino, opera per molti aspetti misteriosa e inquietante, che unisce l'eleganza delle forme, ottenute attraverso l'allungamento anomalo delle membra dei personaggi, alla complessa simbologia del soggetto.Dell'artista possiamo anche ammirare la cosiddetta Madonna di San Zaccaria, caratterizzata dalla stessa grazia formale e dalla presenza nel paesaggio di monumenti antichi, ricordo del soggiorno romano del pittore.Sono anche presenti alcune opere del ferrarese Dosso Dossi, come il Riposo della Sacra Famiglia in Egitto, che rievoca nel bel paesaggio la formazione giorgionesca del pittore, e un dipinto dall'iconografia ancora incerta, chiamato Stregoneria o Allegoria di Ercole, lavoro della maturità.La presentazione continua nel vicino Gabinetto, che ospita dipinti di piccolo formato del Garofalo e del Mazzolino.Sala 30 Gabinetto degli Emiliani del Cinquecento

Sala 31 del Veronese

Sono qui esposte in prevalenza opere del grande maestro veneto attivo nella seconda metà del Cinquecento.Tra i dipinti che documentano meglio i caratteri della sua pittura si segnala la Sacra Famiglia con Santi dove i gesti affettuosi dei personaggi creano un'atmosfera intima, mentre la veste della Santa Barbara risplende della ricchezza cromatica tipica dell'artista.La grande tela con l'Annunciazione, ambientata nel primo piano di una costruzione spaziale dilatata fino all'ultimo orizzonte, ci ricorda i grandi cicli di affreschi della maturità del Veronese.

Sala 32 del Bassano e del Tintoretto

La pittura veneta della seconda metà del Cinquecento è qui rappresentata da alcuni dei suoi maggiori protagonisti.Di Jacopo Bassano possiamo ammirare tra gli altri il dipinto che raffigura Due cani, dove il pittore, sempre attento agli aspetti quotidiani della realtà, ha reso protagonisti i due animali ponendoli in primo piano e raffigurandoli con viva naturalezza.Varia e di alta qualità è la presenza di opere del Tintoretto. Tra le più significative la Leda e il cigno, dove il soggetto mitologico è interpretato con grazia sensuale, accentuata dall'ambientazione domestica dell'episodio. Sono esposti anche alcuni suoi importanti ritratti, sia di tono aulico, come il Ritratto di ammiraglio veneziano, sia più intimi e capaci di approfondimento psicologico come il bel Ritratto di Jacopo Sansovino.Mirabile ritrattista è anche Paris Bordon come documentano alcune tele presenti nella sala.

Sala 33 Corridoio del Cinquecento

Nello stretto Corridoio sono state allestite recentemente opere di scuole diverse, italiane e straniere, per lo più databili nella seconda metà del secolo XVI.Sulla destra troviamo alcuni dipinti di artisti spagnoli, tra cui un bellissimo El Greco raffigurante i Santi Giovanni Evangelista e Francesco. Seguono opere di maestri francesi tra le quali spicca per il soggetto erotico e l'eleganza cortigiana la tavola con le Due donne al bagno della Scuola di Fontainebleau. Il fiammingo Frans Floris è presente con Susanna e i vecchioni.Sulla sinistra sono disposti numerosi quadretti di maestri toscani, quali Agnolo Bronzino, Giorgio Vasari, Alessandro Allori, Jacopo Zucchi, interpreti di quel manierismo prezioso che fu esemplificato al massimo livello nello Studiolo, che il Granduca Francesco I fece realizzare in Palazzo Vecchio, e che da qui si diffuse in tutte le maggiori corti europee.

Page 7: Uffizi Sale

Il mutamento avvenuto nelle arti sul finire del XVI per effetto della Controriforma, si può riscontrare nell'ultima parte del Corridoio dove troviamo opere di Jacopo Ligozzi, dell'Empoli, del Boscoli, e di Santi di Tito, tra i più significativi esponenti del rinnovamento della pittura in Toscana.

Sala 34 dei Lombardi del Cinquecento

Nella sala sono esposte opere molto diverse per destinazione, soggetto, tipologia. Numerosi maestri vi sono rappresentati, alcuni attivi nella prima metà del secolo, altri nella seconda.Ricordiamo subito Lorenzo Lotto, veneziano di nascita, ma operoso per molti anni in Lombardia, dove seppe elaborare elementi della cultura locale e di quella d'oltralpe. Del maestro possiamo ammirare il piccolo Ritratto di giovinetto, la Susanna e i vecchioni e una piccola pala con la Sacra Famiglia e Santi. Del bresciano Savoldo, formatosi nella tradizione lombarda arricchita del cromatismo veneto, è presente la Trasfigurazione, dove la luce, originata dalla figura di Cristo produce mirabili effetti, diffondendosi nell'ambiente circostante.Numerosi sono i ritratti che documentano la vasta produzione del lombardo Giovan Battista Moroni, come quello molto noto del Cavaliere Pietro Secco Suardo.Una grande pala d'altare di Gerolamo Figino che domina l'ambiente, raffigurante la Madonna col Bambino tra le Sante Margherita e Maddalena, introduce alla cultura della Controriforma.

Sala 35 del Barocci e della Controriforma Toscana

La sala, allestita di recente, riunisce un interessante gruppo di opere di pittori “riformati” toscani intorno ad alcuni dipinti di Federico Barocci, artista che fu essenziale per la loro formazione.Si pensa soprattutto alle pale d'altare come la Madonna del Popolo, nelle quali Barocci seppe trovare un linguaggio eloquente e comunicativo, capace di toccare con immediatezza il cuore dei fedeli.L'adesione ai precetti della Controriforma aveva portato artisti come Santi di Titi, Alessandro Allori, Bernardino Poccetti a una semplificazione delle forme, a una normalità nella rappresentazione che aveva aperto la strada al rinnovamento, che fu attuato pienamente dal Cigoli, dall'Empoli e dal Passignano, come testimoniano gli importanti dipinti presenti nella sala.

Vestibolo di uscita

Deposito

Sala 42 della Niobe

La sala, di gusto neoclassico, adorna di stucchi e rilievi dorati, venne allestita nel 1781 dall'architetto Gaspare Maria Paoletti per ospitare un gruppo di sculture antiche che provenivano da Villa Medici a Roma.Le statue, rinvenute a Roma nel 1583, erano state acquistate dal cardinale Ferdinando dei Medici e da lui collocate nel giardino della sua villa romana. Raffigurano il mito di Niobe, moglie di Anione re di Tebe e madre di sette figli e sette figlie, che vide tutta la sua prole sterminata da Apollo e Artemide, intervenuti per vendicare la madre Latona, che era stata derisa da Niobe.Si tratta di copie di età romana di un gruppo la cui datazione è tuttora incerta.

Sala 43 del Seicento italiano ed europeo

I numerosi membri della famiglia Medici nel corso del Seicento furono appassionati collezionisti di opere dei maggiori artisti italiani del loro tempo. I dipinti esposti nella sala costituiscono soltanto una piccola scelta della grande raccolta che attualmente è divisa tra la Galleria Palatina, il Corridoio Vasariano e le sale del primo piano degli Uffizi.Abbiamo qui alcuni dei maggiori rappresentanti della scuola emiliana, come Annibale Carracci, Domenichino, Guercino, e inoltre il fiorentino Sigismondo Coccapani, il genovese Bernardo Strozzi e il francese Claude Lorrain. Quest'ultimo, che fu uno dei maggiori paesaggisti del secolo, nello straordinario Porto con Villa Medici, inserisce in una veduta ideale la villa romana dalla quale provengono molte statue antiche della Galleria.

Sala 44 di Rembrandt e dei Fiamminghi del Seicento

Due straordinari Autoritratti e un Ritratto di vecchio di Rembrandt ci introducono nella sala dedicata ai pittori olandesi del Seicento. Ne furono appassionati collezionisti diversi membri della famiglia Medici e in particolare Cosimo III, che visitò in due occasioni i Paesi Bassi, e suo figlio Ferdinando.Le opere della sala costituiscono solo una selezione della raccolta, ma sufficiente a documentare il visitatore sulla varietà dei generi in cui si erano specializzati artisti e botteghe olandesi: la veduta, il paesaggio, la scena galante, la scena di genere, gli interni domestici, la natura morta.

Page 8: Uffizi Sale

Sala 45 del Settecento italiano ed europeo

Dipinti di diversi pittori italiani e stranieri contribuiscono a suggerire un'idea del ricco e variato Settecento europeo. Tra gli italiani non potevano mancare, per la fama universale che circondò il loro lavoro, i veneziani Giambattista Tiepolo, Canaletto, Francesco Guardi, Rosalba Carriera.Tre tele di Giuseppe Maria Crespi ci ricordano l'apprezzamento di cui godette il maestro bolognese presso la corte toscana.Due altissimi ritratti di Francisco Goya si affiancano a opere di timbro molto diverso, come i limpidi e affettuosi lavori di Chardin, La fanciulla col volano e Il fanciullo con le carte, o il Ritratto di Maria Adelaide di Francia vestita alla turca, di Liotard, di sconcertante modernità.

Verone sull’Arno

Disceso al primo piano, il visitatore attraversa alcuni ambienti ancora da restaurare per giungere infine nella splendida sala che si affaccia, attraverso grandi finestre, da un lato sull'Arno e dall'altro sul piazzale degli Uffizi.Si tratta di un ambiente di passaggio che ospita solo tre sculture monumentali. Al centro è collocato il Vaso Medici, un cratere a calice, di officina neoattica, della seconda metà del primo secolo a.C., straordinario per qualità e dimensioni, decorato con scene a bassorilievo raffigurante gli eroi Achei che consultano l'oracolo di Delfi prima della partenza per Troia.Alle due estremità del verone si trovano due imponenti statue in bronzo: il Marte gradivo, di Bartolomeo Ammannati, che rappresenta il dio della guerra in atto di procedere davanti all'esercito, e Sileno con Bacco fanciullo di Jacopo del Duca, opera derivata da una statua romana, ora al Louvre, a sua volta copia da un bronzo del IV secolo, forse di Lisippo.Queste due sculture erano in origine collocate a Villa Medici a Roma, davanti alla loggia prospiciente il giardino.

Sala del Caravaggio

La sala ospita tre importanti dipinti del Caravaggio.Sulla parete di fondo è collocato il Bacco che ci accoglie con la sua offerta di una coppa di vino e con frutti imbanditi su una mensa frugale. Si fronteggiano, quasi in successione ideale il Sacrificio d'Isacco, dove il gesto cruento viene miracolosamente sospeso, e la Medusa, la cui testa, mozzata dall'eroe Perseo, viene esibita su uno scudo rotondo.Il tema, che per la sua drammaticità fu molto sviluppato nella pittura del Seicento, è ripreso nel dipinto di Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne e in quello di Battistello Caracciolo, Salomè con la testa del Battista. L'allestimento di questa sala è di grande efficacia didattica, perché consente di confrontare artisti del seguito di Caravaggio, impegnati nella trattazione di soggetti simili, in un rapporto diretto con i modelli del maestro.

Sala di Bartolomeo Manfredi

Nella sala si possono ammirare quattro tele di Bartolomeo Manfredi, uno dei pittori più prossimi al Caravaggio. Una quinta, raffigurante un Concerto, che era presente nelle collezioni della Galleria, è stata distrutta nel corso dell'attentato del 1993, è testimoniata da una copia antica.

Sala di Gherardo delle Notti

Sono qua esposte quattro tele dell'olandese Gerard van Honthorst, un artista che soggiornò a lungo in Italia e che si ispirò al Caravaggio per le sue scene al lume di candela che gli valsero il nome di Gherardo delle Notti.Fu molto apprezzato dal Granduca Cosimo II de' Medici. La Galleria possedeva un altro dipinto dell'artista, una Adorazione dei Pastori che è stata gravemente danneggiata nell'attentato del 1993.

Sala dei Caravaggeschi

Nella sala si conclude la sequenza di opere di maestri caravaggeschi, con quattro dipinti di pittori provenienti da diverse aree geografiche: il senese Francesco Rustici, il romano Spadarino, il francese Nicolas Regnier e un maestro ancora anonimo, ma di eccellente qualità.

Sala di Guido Reni

Attualmente si conclude qui il percorso di visita della Galleria.

Page 9: Uffizi Sale

La sala è dedicata a Guido Reni, forse il maggior esponente del gusto classicistico nella prima metà del Seicento. Eppure una sua opera, David con la testa di Golia, si colloca idealmente nel seguito caravaggesco, collegando questo ambiente ai precedenti.Vi si contrappone l'Estasi di Sant'Andrea Corsini, (dipinto entrato in Galleria nel 2000), che, rifiutando ogni riferimento alla realtà, introduce invece a un mondo ideale, puro e luminoso.