Opere Uffizi 1200-1300 - iissbojano.gov.it · La Maestà di Santa Trinità è un'opera di Cimabue,...

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Opere Uffizi 1200-1300

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Opere Uffizi 1200-1300

La Madonna Rucellai, è una Madonna col Bambino in trono e sei angeli dipinta da Duccio di Buoninsegna. È una tempera su tavola, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, è conservata alla Galleria degli Uffizi dove è collocata in una sala scenografica con altre grandi maestà: la Maestà di Santa Trinità di Cimabue e la Maestà di Ognissanti di Giotto.

Sono molti gli elementi di stile gotico presenti nell'opera: mancano le lumeggiature dorate dell'agemina, sostituite da delicate modulazioni di colore e pieghettature spesso cadenti. Inoltre Duccio vi immise un nervoso ritmo lineare, come sottolineato dal capriccioso orlo dorato della veste di Maria, che disegna una complessa linea arabescata che va dal petto fino ai piedi. Le aureole della Madonna e del Bambino sono decorate da raffinati motivi che creano un'aura di trasparenza. I sei angeli che circondano la Madonna sono perfettamente simmetrici e stanno irrealisticamente inginocchiati uno sopra l'altro ai lati del trono.

La Maestà di Santa Trinità è un'opera di Cimabue, dipinta su tavola, databile tra il 1280 e il 1300, conservata agli Uffizi di Firenze. Raffigura la Madonna in trono con il Bambino, contornata da nove angeli, e presenta in basso, quattro profeti a mezzo busto.

Il trono è raffigurato secondo una visione frontale innovativa, con una grande cavità al centro e visto in una prospettiva intuitiva e crea un vero e proprio palcoscenico dove sono inquadrati, al di sotto di archi, quattro profeti. Dietro di loro, anziché generare la consueta piattezza, sembra suscitare la sensazione di vuoto, facendo sì che paiano affacciarsi da delle finestre piuttosto che stare schiacciati contro una parete. Le teste degli angeli sono inclinate ritmicamente verso l'esterno o l'interno, evitando la rappresentazione di profilo, riservata allora solo alle figure secondarie o negative.

La Maestà di Ognissanti è un dipinto a tempera e oro su tavola di Giotto, databile al 1310 circa e conservato agli Uffizi di Firenze, dove è scenograficamente collocato a poca distanza da analoghe pale di Cimabue e Duccio di Buoninsegna. Anticamente si trovava nella chiesa di Ognissanti a Firenze, da cui il nome.

La Madonna e il Bambino hanno un volume solido, ben sviluppato in plasticità, dal netto contrasto tra ombre e lumeggiature. Il peso così terreno delle figure è evidenziato dalla gracilità delle strutture architettoniche del trono. Maria accenna quasi un sorriso, dischiudendo appena le labbra e mostrando da uno spiraglio i denti bianchi. Le figure sono incorniciate da un raffinato trono cuspidato, creato secondo una prospettiva intuitiva ma efficace, che accentua la profondità spaziale, nonostante il fondo oro, esso si ispira a Cimabue. Tutti gli sguardi degli angeli convergono verso il centro del dipinto, con l'innovativa rappresentazione di profilo di alcuni di essi, loro hanno in mano doni per la Madonna.

L'Adorazione dei Magi è un dipinto a tempera e oro su tavola di Gentile da Fabriano, datato 1423 e conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. L'opera è stata firmata sopra la predella: "OPVS GENTILIS DE FRABRIANO". Capolavoro dell'artista e del Gotico internazionale in Italia in generale, conserva l'elaborata cornice scolpita in legno dorato, in larga parte originale.

Il corteo dei Magi si dispiega su tutta la parte centrale del dipinto, sfruttando la forma tripartita nella parte alta per dare origine a più focolai d'azione, arricchiti da una miriade di dettagli naturalistici e di costume, che creano un effetto vibrante dove l'occhio dello spettatore si sposta da un particolare all'altro.

Vi è una grande profusione di applicazioni in oro e argento, nelle vesti, nei finimenti dei cavalli, dei cani da caccia, nelle corone, nelle spade e nei doni. I metalli, applicati in foglie sottilissime, venivano poi incisi a mano libera, punzonati o coperti da leggere velature, che creano un effetto di luce diffusa. Lo spazio prescinde da qualsiasi regola prospettica, nonostante la profondità della scena, con i personaggi che si sovrappongono in maniera caotica e festosa, creano un insieme irreale e fiabesco.