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E’ il grido di gioia che viene manifestato il giorno di Pasqua. Do‐po 40 giorni del periodo di quaresima, ecco che la nostra voce si eleva per gridare il nostro ringraziamento: Cristo è risorto e con questo ha ridonato all’uomo la gioia e la speranza. In que‐sto periodo non ci deve essere nel nostro cuore la tristezza, per‐ché Gesù, acce ando di morire in croce, acce ando di essere rinchiuso in un sepolcro, acce ando l’amore del Padre che lo ha richiamato alla vita: ha manifestato all’uomo, ed ancora og‐gi lo manifesta, che la gioia è avere la possibilità di amarci e di perdonarci.Can amo quindi il nostro Alleluia!. Esprimiamo la nostra gioia e diciamo con la vita che Cristo è davvero risorto.Per meglio esprimere questo messaggio di speranza che ciascu‐no di noi deve portare nel mondo, rifle amo su questo esem‐pio: “Un bambino aveva spesso dalla mamma questa esclamazione: Gesù è risorto, sii sereno! Davan ad ogni dispiacere, ad ogni delusione, ad ogni difficoltà della vita, la buona donna si dava da fare, si impegnava, ma contemporaneamente ripeteva: Ge‐sù è risorto, sii serena! Anche il bambino imparò a fare altre an‐to. Se gli arrivava uno scapaccione immeritato, invece di ribellarsi, pur non sentendosi felice, ripeteva a se stesso: Gesù è risorto, sii sereno! Se un amico gli voltava le spalle, il pensiero di Gesù risorto lo rianimava e quando aveva una gioia, un bel voto, un regalo, una gita con papà e mamma, il pensiero di Gesù risorto rendeva la sua gioia più profonda. Quel bambino crebbe e si po‐se tante domande: Chi sono? Perché vivo? Dove vado? Chi è Ge‐sù? Trovò risposte valide e intramontabili nella Parola di Dio, nella preghiera e parlando con dei sacerdo . Si convinse che la mamma aveva proprio ragione e con nuò a vedere la vita con Gesù risorto nel cuore. Ogni ma na ripeteva: Grazie Gesù di essere risorto! Questa verità riempie il mio cuore di festa e di gioia, perché mi dice che la vita non mi sarà mai tolta, ma solo

mutata in un’altra più bella e serena. Grazie di avermi liberato dal peccato e di aver trasformato la morte nell’incontro defini‐vo con Te. Ora comincio la mia giornata e sarò sereno e buo‐

no con tu perché Tu sei vivo e mi ami!”.

GESÙ È RISORTO!E’ questa certezza che ci dà la forza di cantare il nostro Alleluia! È questa certezza che aiuta il nostro cuore ad essere sereno e pronto a vivere nella gioia della tes monianza.Anche noi come gli apostoli, anche noi come Maria di Magdala dobbiamo andare a dire a tu questa gioia. Il sepolcro è vuo‐to, Cristo è risorto e il nostro cuore canta il suo Alleluia! Que‐sto ci porta a cercare di far fiorire sempre di più in noi la vita che ha sconfi o al morte e di far dischiudere tu o ciò che è ir‐rigidito. Il vangelo di Giovanni ci fa capire che visione dobbiamo avere sul fa o della risurrezione. Per lui risurrezione significa: rinascere, nascere dalla Spirito, come spiega Gesù nel dialogo con Nicodemo (Gv 3,3‐8). Risurrezione significa poi compren‐dere le parole di Gesù in modo nuovo. Se capiamo le parole che rivolge a noi nel vangelo di Giovanni come risorto e innalzato adesso presso Dio, già oggi siamo passa dalla morte alla vita. Se crediamo alle sue parole, abbiamo già adesso la vita eterna in noi, una vita che non può essere distru a nemmeno dalla morte. Che la risurrezione per noi avvenga già adesso nell’in‐contro con Cristo. Gesù lo spiega a Marta, la sorella di Lazzaro: “Gesù le disse: Io sono la Risurrezione e la Vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”. La morte non può strapparci alla comunione con Ge‐sù, vivremo con Gesù anche se moriamo fisicamente. In noi già adesso c’è qualcosa che non può essere annientato dalla mor‐te. Dobbiamo credere che Gesù, il Risorto, ritorna sempre da noi per abbracciarci col suo amore. Allora siamo là dove è an‐

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Sommario

AC ‐ Sinodo "Chiesa delle Gen " 3

Chiesa universale 4

Accendi la Vita 5

Afferrare il senso 6

Prendere il largo 7

Esercizi spirituali 8

Spigolature d'archivio 9

Padre Daniele da Samarate 10

Malvaglio 11

Robecche o 11

Nosate 12

Turbigo 13

Riceviamo & Pubblichiamo 14

Anniversari defun Turbigo 20

Archivio 20

Consigli per la le ura 20

ALLELUIA!

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che Lui, allora partecipiamo già adesso della sua risurrezio‐ne. Prima però, come Maria di Magdala, dobbiamo lasciar andare Gesù, non possiamo tra enerlo: “Non mi tra ene‐re, perché non sono ancora salito al Padre” (Gv 20,17). Ri‐surrezione significa che dobbiamo prima lasciar andare il Gesù che i discepoli hanno conosciuto in carne ed ossa, per‐ché vada al Padre e poi ritorni a noi dal Padre come trasfor‐mato, come risorto. Allora già qui partecipiamo della sua risurrezione e questo partecipare alla sua risurrezione non è distru o, ma portato a compimento dalla nostra morte.

COME VIVERE QUESTO ANNUNCIO?Se davvero crediamo a questa risurrezione di Gesù e desi‐deriamo fare della nostra vita una vita nuova, oltre a dirci: Gesù è risorto, sii sereno! Riprendiamo il nostro cammino di fede in modo più deciso e diamo tes monianza vera ai nostri ragazzi e adolescen vivendo meglio:Una vita di preghiera: più siamo amici di Dio, più siamo aper al dialogo con Lui a raverso la preghiera, più sare‐mo pron a meravigliarci dell’amore che Dio ha verso di noi. La preghiera è questo rifugio sicuro dove la nostra anima sperimenta la gioia di essere amata e perdonata, di essere accolta da una persona che è capace solamente di amare e nel cui cuore non c’è mai spazio per l’odio o per la ven‐de a. Viviamo ogni domenica la nostra S. Messa, perché è a raverso di lei che potremo vivere sempre la risurrezio‐ne di Cristo. L’eucaris a è il nostro “andare al sepolcro” per meravigliarci e per credere alla risurrezione di Cristo, ossia seguire l’esempio di S. Giovanni che corse al sepolcro “vi‐de e crede e”. Noi siamo capaci di vivere bene il nostro “andare al sepolcro” ossia la nostra celebrazione Eucaris ‐ca e credere all’amore misericordioso di Dio Padre?Una vita nei Sacramen : Dio ci ha donato i sacramen per aiutarci a sperimentare la sua bontà, per donarci la sua “gra‐zia san ficante”. In modo par colare la comunione e la confessione sono i sacramen della risurrezione in quanto ci offrono l’occasione di essere sempre pron a ricomincia‐re da capo e superare il nostro peccato e la nostra superfi‐cialità.Un cammino di Catechesi: Più conosciamo Gesù e più gio‐ia avremo nel cuore in quanto saremo capaci di risponde‐re al perché vivo? Dove vado? Come per qualsiasi lavoro o per qualsiasi tecnica da imparare c’è bisogno di studiare e imparare nozioni, così anche per la nostra vita di fede ab‐biamo bisogno di approfondire il nostro credo. Vivere risur‐rezione è conoscere sempre di più questo Gesù che ci ama e che non si stanca mai di stupirci con la sua misericordia.Una vita di servizio: annunciare la risurrezione di Gesù è offrire la nostra vita e le nostre capacità al servizio dei fra‐telli più deboli e andare incontro alle loro precarietà, infon‐dendo nel loro cuore la speranza o quel: Gesù è risorto, sii sereno!. Non possiamo avere tu o solo per noi dobbiamo imparare a vivere nella gioia con tu i fratelli, anche con “gli stranieri” in cerca di speranza. Amare il Cristo risorto, proclamare questo mistero della risurrezione di Gesù è fa‐re della nostra vita un servizio ai fratelli, è arrivare a vivere questo “farsi prossimo” di ogni uomo, perché ogni uomo è tentato di cadere nello scoraggiamento o nella delusione e tu abbiamo bisogno di speranza.Ecco l’augurio che faccio anche a nome di noi sacerdo , suore e diacono: BUONA PASQUA ossia che nel vostro cuo‐re regni sempre la gioia del Cristo risorto, che vi chiama a fare della vostra vita un servizio d’amore verso i fratelli. Per fare questo, ogni ma na diciamo: Gesù è risorto, sii sereno!Can amo ogni giorno il nostro Alleluia!, can amo con la nostra vita che Cristo è risorto. Pace e bene!

Don PierLuigi

Con il Sinodo minore “Chiesa dalle gen ” l’Arci‐vescovo “ci indica una linea interessante e provocatoria per la ma‐turità ecclesiale della nostra fede oggi: accorgerci di come il popolo di Dio sta cambiando, acquisisce risorse e linguaggi nuovi, si sen‐te richiamato in mol modi a vivere la fedeltà all’unico Signore della storia grazie alla molteplicità delle culture e dei popoli che abitano il mondo, così come la vita della comunità “ possa”ripro‐vare il gusto delle parole per dire la fede, delle melodie e dei can‐ per celebrare, dei ges per condividere e comunicare la gioia

dell’appartenenza”.(1)

La presenza di persone che vengono da altri paesi ci chiede di con‐frontarci “con la realtà, le sue problema che e sfide, per scrivere insieme una nuova pagina di storia , verso il futuro”; ci chiede “di ripensare concretamente il volto della Chiesa ambrosiana, chia‐mata a mostrare in modo più profondo il suo essere ca olica uni‐versale”(2); ci invita ad acce are una logica di me cciato per abitare posi vamente la società plurale mentre ”resistere al confronto e alla contaminazione reciproca sarebbe anacronis co, segno di una visione miope e impaurita della realtà.”.(1)

Con l’obie vo di sensibilizzare e di s molare momen di rifles‐sione in tu a la comunità pastorale la diocesi ambrosiana ha pro‐posto alcune piste di riflessione (con domande aperte nelle diverse lingue) indirizzate ai giovani, ai consigli pastorali, ai migran ed a tu i fedeli. Non potendo proporvele interamente ne ripor amo alcune e vi invi amo a farle vostre, a condividerle senza temere il confronto sperando che siano “motore di riflessione e azione verso tu a la comunità”.(2)

TRACCIA PER LA CONDIVISIONE(tu o il materiale lo trovate www.chiesadimilano.it/sinodo)→ “Per l’esperienza che ho o per le idee che mi sono potuto fa‐re, i creden vivono l’incontro con l’altro e con il migrante come un bene per la loro fede , così come per la vita della comunità e della società?”→ “L’incontro tra persone diverse può rappresentare per me , ma anche per la Chiesa e la società un’occasione di rinnovamento per la nostra iden tà? Come?”→ “Quali sono i sen men /a eggiamen che provo nei confron‐ di ragazzi di origine diversa dalla mia, così come dei migran che

incontro o di cui sento parlare?”→ Se sono credente , la mia vita di fede e quella della mia comu‐nità è cambiata in seguito alla presenza di ca olici di origine stra‐niera?”→ La presenza di persone di altre lingue e culture mi sta aiutando a riscoprire il valore e la bellezza del modo cris ano di vivere le re‐lazioni, l’incontro, la festa?”→ “Come immagino ‐o desidero‐ la Chiesa (ca olica) del futuro? E quali sogni ho per la società plurale?”

“L’augurio per tu noi è che la trasformazione del cuore che il Si‐nodo minore rilancia e accelera sia processo inarrestabile e sem‐pre più pervasivo. Che possa con nuare, anche a i nerario concluso, la riflessione sul volto della Chiesa dalle gen , perché si tra a di uno sguardo che ci fa crescere nella fede e nell’amore per la co‐munità”(1)

Azione Ca olica (Comunità pastorale Santa Maria in Binda)

1) “Riflessioni per il Sinodo”Chiesa dalle gen ” ‐ Silvia Landra presidente Azione Ca olica Ambrosiana.2) www.chiesadimilano.it/ sinodo: Sinodo minore.

Traccia di condivisione.

SINODO“CHIESA DALLE GENTI“

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CHIESA UNIVERSALE

Domenica, 25 marzo 2018

Gesù entra in Gerusalemme. La liturgia ci ha invitato a intervenire e partecipare alla gio‐ia e alla festa del popolo che è capace di gri‐dare e lodare il suo Signore; gioia che si ap‐panna e lascia un sapore amaro e doloroso dopo aver finito di ascoltare il racconto del‐la Passione. In questa celebrazione sembra‐no incrociarsi storie di gioia e di sofferenza, di errori e di successi che fanno parte del nostro vivere quo diano come discepoli, perché riesce a me ere a nudo sen men e contraddizioni che oggi appartengono spes‐so anche a noi, uomini e donne di questo tempo: capaci di amare molto... e anche di odiare – e molto –; capaci di sacrifici valo‐rosi e anche di saper “lavarcene le mani” al momento opportuno; capaci di fedeltà ma anche di grandi abbandoni e tradimen .E si vede chiaramente in tu a la narrazione evangelica che la gioia suscitata da Gesù è per alcuni mo vo di fas dio e di irritazione.Gesù entra in ci à circondato dalla sua gen‐te, circondato da can e grida chiassose. Pos‐siamo immaginare che è la voce del figlio perdonato, quella del lebbroso guarito, o il belare della pecora smarrita che risuonano for in questo ingresso, tu insieme. E’ il canto del pubblicano e dell’impuro; è il gri‐do di quello che viveva ai margini della ci à. E’ il grido di uomini e donne che lo hanno seguito perché hanno sperimentato la sua compassione davan al loro dolore e alla lo‐ro miseria… E’ il canto e la gioia spontanea di tan emargina che, tocca da Gesù, pos‐sono gridare: «Benede o colui che viene nel nome del Signore!». Come non acclamare Colui che aveva res tuito loro la dignità e la speranza? E’ la gioia di tan peccatori per‐dona che hanno ritrovato fiducia e speran‐za. E ques gridano. Gioiscono. E’ la gioia.Questa gioia osannante risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per quelli che si considerano gius e “fedeli” alla legge e ai prece rituali. Gioia insopportabile per quan hanno bloccato la sensibilità davan‐ al dolore, alla sofferenza e alla miseria. Ma

tan di ques pensano: “Guarda che popo‐lo maleducato!”. Gioia intollerabile per quan‐ hanno perso la memoria e si sono dimen‐ca di tante opportunità ricevute. Com’è

difficile comprendere la gioia e la festa del‐la misericordia di Dio per chi cerca di gius ‐ficare sé stesso e sistemarsi! Com’è difficile poter condividere questa gioia per coloro che confidano solo nelle proprie forze e si sentono superiori agli altri! E così nasce il grido di colui a cui non trema la voce per ur‐lare: “Crocifiggilo!”. Non è un grido sponta‐neo, ma il grido montato, costruito, che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare tes monianze false. E’ il grido che

nasce nel passaggio dal fa o al resoconto, nasce dal resoconto. E’ la voce di chi mani‐pola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a “incastrare” altri per cavarsela. Questo è un [falso] reso‐conto. Il grido di chi non ha scrupoli a cer‐care i mezzi per rafforzare sé stesso e me e‐re a tacere le voci dissonan . E’ il grido che nasce dal “truccare” la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il vol‐to di Gesù e lo fa diventare un “malfa ore”. E’ la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi. E’ il grido fabbricato dagli

“intrighi” dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia che proclama senza proble‐mi: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”.E così alla fine si fa tacere la festa del popo‐lo, si demolisce la speranza, si uccidono i so‐gni, si sopprime la gioia; così alla fine si blin‐da il cuore, si raffredda la carità. E’ il grido del “salva te stesso” che vuole addormen‐tare la solidarietà, spegnere gli ideali, ren‐dere insensibile lo sguardo… Il grido che vuo‐le cancellare la compassione, quel “pa re con”, la compassione, che è la debolezza di Dio.Di fronte a tu e queste voci urlate, il miglior

an doto è guardare la croce di Cristo e la‐sciarci interpellare dal suo ul mo grido. Cri‐sto è morto gridando il suo amore per ognu‐no di noi: per giovani e anziani, san e peccatori, amore per quelli del suo tempo e per quelli del nostro tempo. Sulla sua cro‐ce siamo sta salva affinché nessuno spen‐ga la gioia del vangelo; perché nessuno, nel‐la situazione in cui si trova, res lontano dallo sguardo misericordioso del Padre. Guar‐dare la croce significa lasciarsi interpellare nelle nostre priorità, scelte e azioni. Signifi‐ca lasciar porre in discussione la nostra sen‐sibilità verso chi sta passando o vivendo un momento di difficoltà. Fratelli e sorelle, che cosa vede il nostro cuore? Gesù con nua a essere mo vo di gioia e lode nel nostro cuo‐re oppure ci vergogniamo delle sue priorità verso i peccatori, gli ul mi, i dimen ca ?E a voi, cari giovani, la gioia che Gesù susci‐ta in voi è per alcuni mo vo di fas dio e an‐che di irritazione, perché un giovane gioio‐so è difficile da manipolare. Un giovane gioioso è difficile da manipolare!Ma esiste in questo giorno la possibilità di un terzo grido: «Alcuni farisei tra la folla gli dissero: “Maestro, rimprovera i tuoi disce‐poli”; ed Egli rispose: “Io vi dico che, se que‐s taceranno, grideranno le pietre”» (Lc 19,39‐40).Far tacere i giovani è una tentazione che è sempre esis ta. Gli stessi farisei se la pren‐dono con Gesù e gli chiedono di calmarli e farli stare zi .Ci sono mol modi per rendere i giovani si‐lenziosi e invisibili. Mol modi di aneste z‐zarli e addormentarli perché non facciano “rumore”, perché non si facciano domande e non si me ano in discussione. “State zi voi!”. Ci sono mol modi di farli stare tran‐quilli perché non si coinvolgano e i loro so‐gni perdano quota e diven no fantas che‐rie rasoterra, meschine, tris .In questa Domenica delle Palme, celebran‐do la Giornata Mondiale della Gioventù, ci fa bene ascoltare la risposta di Gesù ai fari‐sei di ieri e di tu i tempi, anche quelli di oggi: «Se ques taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19,40).

Cari giovani, sta a voi la decisione di grida‐re, sta a voi decidervi per l’Osanna della do‐menica così da non cadere nel “crocifiggi‐lo!” del venerdì… E sta a voi non restare zi . Se gli altri tacciono, se noi anziani e respon‐sabili – tante volte corro – s amo zi , se il mondo tace e perde la gioia, vi domando: voi griderete?Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre.

PAPA FRANCESCO

CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNOREOMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCOXXXIII Giornata Mondiale della Gioventù

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Sono Francesco, catechista insieme a Samuele dei (quasi) formidabili ragazzi di prima media, con i quali ho avuto l’opportunità di trascor‐rere la domenica ma na del 4 marzo. Quella ma na ci si presenta‐va davan una giornata par colarmente insidiosa: un misto di vento gelido e della disgu‐stante sveglia alle 7:30 del ma no pur essendo fuori orario scolas co!! Nonostante l’enorme ostacolo della quasi totalità dei ragazzi delle me‐die che si presentò, un grazie ancora a tu i no‐stri ragazzi! Ebbe così inizio il nostro ri ro partendo alla volta di Arconate. Venimmo ospita dalla parrocchia e insieme ai loro ragazzi facem‐mo un breve catechismo colle vo su diversi temi cris ani: il gruppo misto di ragazzi che seguii in‐sieme a Micaela (catechista dei ragazzi più grandi,

molto in gamba!), affrontò il delicato tema del perdono, spiegato da un’educatrice della parrocchia ospitante ben preparata. Finito l’incon‐tro ci siamo dire in chiesa dove il “pimpante” ed energico parroco

ha celebrato una messa sincera e a misura di ragazzo con un’omelia davvero stupenda e mol‐to facile da seguire.Terminata la funzione ci siamo dire spedi e col sorriso a 32 den stampato in faccia, verso i furgoni per l’a eso ritorno a casa dai nostri mamma e papà. L’esperienza se pur breve è stata intensa e ben seguita dai nostri ragazzi, sono contento di aver passato in questo modo una domenica ma na e di aver legato ancora di più con i miei pargoli!

Francesco Re

La nostra storia delle predica‐zioni di San Colombano si era interro a quando il monaco irlandese era giunto in Italia, al termine una lunga peregri‐na o a raverso la Francia e la Germania. Era pieno medioe‐vo, l’Impero Romano era ca‐duto da appena un secolo so o la pressione di orde di barba‐ri, uomini di inaudita ferocia,

che avevano distru o la più grande civiltà che il mondo an co abbia visto e che con nuavano a percorrere le terre dell’impero depredan‐do e saccheggiando. Colombano, nato nel 543 in Irlanda, all’età di cin‐quant’anni era par to per ri‐evangelizzare le popolazioni del con ‐nente e, dopo aver cri cato le relazioni adulterine del re dei franchi, era stato espulso dal suo regno ed era giunto in Italia. Lì fu accolto dal re dei Longobardi, allora impegnato in una complicata disputa col pa‐pa. La popolazione italiana, di origine romana, era ca olica, mentre i longobardi seguivano l’eresia ariana e l’avevano imposta nei territori conquista . Colombano s’inserì nella disputa, a accando energica‐mente le posizioni ariane e invitando il papa a tentare una riconcilia‐zione col re barbaro. La disputa si appianò e il re, per ricompensare il monaco, gli concesse un terreno nei dintorni della sua capitale, Pavia, e lì sorse un nuovo monastero, con annesso anche il birrificio. I mo‐naci dissodarono il terreno rimasto incolto, ricostruirono edifici di‐stru e insegnarono ai contadini ciò che in due secoli di invasioni bar‐bariche avevano dimen cato. E proprio in ques anni di lavoro in cui col vava il terreno e le anime, Colombano s’imba é un giorno in un gruppo di pagani che stavano sacrificando una bo e di birra di pessi‐ma qualità a Wotan e allora puntò contro di loro il dito e in mò di fer‐marsi. I pagani si voltarono verso il nuovo arrivato e lanciarono occhia‐te os li al magro monaco dai capelli bianchi, ma a quel punto la bo e esplose improvvisamente ed essi furono inves da una pioggia di bir‐ra e di schegge di legno e restarono di sasso. Allora Colombano disse ai pagani di non sprecare la birra per sacrificarla al diavolo, ma di ber‐la nel nome del Signore. Questo episodio, oltre al merito di aver rein‐trodo o in Italia i birrifici ormai quasi scomparsi, gli valse la qualifica di patrono dei birrai.Per concludere la nostra storia, sappiate che Colombano morì il 23 no‐vembre 615, appena due anni dopo essere giunto in Italia e ancora oggi è festeggiato tale giorno nel rito romano, mentre noi ambrosia‐ni il 23 novembre festeggiamo San Clemente. Potrebbe essere lui il protagonista dei prossimi ar coli? Boh, all’ispirazione non si coman‐da! L’ispirazione arriva quando vuole lei, e quando lei arriva la mia mano inizia a scrivere da sola: il mio compito è solo quello di accen‐dere il computer e lasciare che l’ispirazione faccia il suo corso e guidi la mia mano, poi è il mio turno di rileggere l’ar colo, correggere gli er‐rori d’ortografia e inviare il risultato alla redazione. Proprio in questo

momento, mentre rileggo, mi sono reso conto di aver omesso un’in‐formazione importante. Circa cinque secoli dopo San Colombano, San‐ta Ildegarda, una badessa tedesca, scoprì che aggiungendo un nuovo ingrediente alla birra che veniva prodo a nel suo monastero questa aveva un gusto migliore e ordinò di modificare la rice a. Si tra a di un ingrediente che è presente ancora oggi e che è fondamentale per dare un lieve retrogusto amaro, una forte nota aroma ca e un lieve potere an se co alla birra. È il luppolo, il germoglio di una pianta rampicante che cresce spontaneamente anche lungo gli argini del Na‐viglio e del Villoresi. Fateci caso, la prossima estate! È impossibile non notarli! Ricordo che ogni volta in cui io e il mio amico birraio che abi‐ta a circa cinquanta chilometri da Turbigo abbiamo deciso di prende‐re la bicicle a, pedalare lungo il Villoresi e trovarci a metà strada, ci siamo sempre incontra in prossimità di enormi cespugli di luppolo! E proprio in una di queste occasioni ci eravamo messi a chiacchierare del‐le proprietà del luppolo e sono giun‐to a scoprire che i suoi antena pro‐venivano da San Colombano al Lambro ed è par ta la mia curiosità verso questo santo, che mi ha porta‐to, dopo brevi ricerche, a condividere con voi questa originale storia della birra ar gianale! Spero che vi sia pia‐ciuta, ma ricordatevi anche queste parole scri e da San Colombano. «Se l’uomo userà re amente di quelle facoltà che Dio ha concesso al‐la sua anima allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo res tuire tu quei doni che Egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi co‐mandamen . Il primo di essi è quello di amare il Signore con tu o il cuore, perché Egli per primo ci ha amato, fin dall’inizio dei tempi, pri‐ma ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo». Lui per pri‐mo ha salvato dalla distruzione e dall’oblio i libri, le biblioteche e le conoscenze tecniche che rischiavano di sparire per colpa dei barbari, ha insegnato la Parola di Dio a chi l’aveva dimen cata, ha conver to i pagani, ha risolto dispute che avrebbero potuto degenerare in guer‐re. Ha raccolto i cocci del mondo romano frantumato dalla furia di‐stru rice e dalla barbarica ferocia degli invasori giun da terre più ar‐retrate e selvagge, ha contribuito a ge are le basi per la rinascita del con nente europeo, saldamente ancorato alle proprie radici cris ane e romane. «Con la sua energia spirituale, con la sua fede, con il suo amore per Dio e per il prossimo divenne realmente uno dei Padri del‐l’Europa: egli mostra anche oggi a noi dove stanno le radici dalle qua‐li può rinascere questa nostra Europa». Così disse il nostro amato pa‐pa Benede o XVI, uomo di una cultura e di una fede straordinarie, riferendosi a questo Santo che insieme abbiamo avuto modo di cono‐scere, cari le ori.A presto! Prosit!

Andrea Colombo

IL DRUIDO, IL BIRRAIO E IL SANTO – PARTE SECONDA

SECONDA TAPPA: RITIRO

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Sono nato negli anni cinquanta, e, come tan ragazzi della mia generazione, sognavo di fare l’astronauta. Erano anni cara e‐rizza dalla Guerra Fredda tra Unione Sovie ca e Sta Uni d’America, uno dei risvol della quale inves va la compe zio‐ne nella corsa allo spazio.

A qua ordici anni seguii, minuto per minuto, sulla tv in bian‐co e nero, la lunga telecronaca del primo sbarco dell’uomo sul‐la luna. Nel nello avevo predisposto un registratore a bobi‐ne, dono di Natale dei miei genitori, per conservare la memoria di questo evento storico a raverso la voce stessa degli astro‐nau , intervallata dai famosi “bip” delle comunicazioni radio con i tecnici del centro spaziale. Ricordo la disputa, entrata a far parte della storia della televisione italiana, tra i giornalis commentatori Tito Stagno e Ruggero Orlando: mentre il pri‐mo dava la no zia dell’allunaggio dagli studi della Rai di Ro‐ma, il secondo comunicava invece, dalla sede Nasa di Houston, che il modulo non aveva ancora toccato la superficie lunare.

Non potevo quindi lasciarmi sfuggire la mostra alles ta a Mi‐lano da diverse se mane sulla storia delle conquiste spaziali, denominata: “NASA – A Human Adventure”.

Dall’ingresso, percorso un ponte mobile, replica della rampa di lancio che conduceva a bordo della navicella spaziale “Apol‐lo”, si accede alla prima sezione dedicata ad ar s e scri ori che hanno an cipato la conquista dello spazio con le loro ope‐re e la loro immaginazione, come lo scri ore francese Jules

Verne, autore nel‐l’O ocento del ro‐manzo “Dalla Terra alla Luna”. Ispirato li‐beramente a questo romanzo, nel 1902 fu girato dal regista George Méliès il pri‐mo film di fantascien‐za della storia, in to‐lato “Voyage dans la Lune”. Nelle altre se‐zioni si possono ap‐prezzare, presenta in ordine cronologico, di‐

versi modelli di missili, la replica dello “Sputnik” (il primo satellite ar ficiale inviato in orbita dai sovie‐ci), le capsule dei pro‐

grammi Mercury e Gemini, il veicolo lunare russo “Lu‐nochod”, quello statuni‐tense “Rover”, il modulo dell’Apollo 11 per la disce‐sa sulla Luna, la cabina di pilotaggio del celebre Spa‐ce Shu le.

Oltre le macchine, la mo‐stra è arricchita da mate‐riali inedi : filma , foto‐grafie, tute spaziali, kit di cibo e d’igiene personale u lizza a bordo dagli astronau durante le mis‐sioni spaziali.

Sono rimasto impressionato in par colare dagli spazi molto angus delle navicelle spaziali, e dal modesto livello tecnolo‐gico di quel tempo, tanto inaffidabile da comportare un rischio elevato per ques pionieri dello spazio, che pure consapevol‐mente, e coraggiosamente, hanno contribuito al bene e al pro‐gresso della umanità anche a costo di sacrifici personali.

Al termine del percorso, ai visitatori è stata offerta la possibi‐lità di sperimentare personalmente gli effe dell’accelerazio‐ne di gravità che gli astronau devono affrontare nel momen‐to del lancio ed in quello del rientro, grazie ad un simulatore della NASA. Ricevuta l’assicurazione che la massima accelera‐zione raggiunta sarebbe stata di 2g (nulla in confronto ai 10g affrontata dagli astronau ) ho sostenuto anch’io la prova ren‐dendomi conto dire amente delle sollecitazioni cui è so opo‐sto il corpo umano.

Ma chi è stato il vincitore della sfida per la corsa allo spazio?

L’Unione Sovie ca con Yuri Gagarin, il primo uomo nello spa‐zio, oppure gli Americani con Neil Amstrong, il pri‐mo uomo a me ere piede sulla Luna? La mostra mi ha confermato in realtà che il vero vincitore è sta‐to l’uomo.

Sei anni dopo il primo sbarco sulla luna, la spedi‐zione Apollo‐Soyuz che prevedeva l’aggancio in or‐bita della capsula americana con quella russa, se‐gnò l’inizio della cooperazione internazionale nel se ore spaziale, che portò nel 1998 alla costruzio‐ne di una Stazione Spaziale Internazionale da par‐te di cinque diverse agenzie spaziali: la statuniten‐se NASA, la russa RKA, l'europea ESA, la giapponese JAXA, la canadese CSA.

Da allora, astronau e scienzia di diverse naziona‐lità si alternano nel condurre importan esperimen‐ scien fici e biomedici su questa Stazione Spazia‐

le internazionale in orbita a qua rocento chilometri di distanza dalla Terra.

UN’AVVENTURA UMANA

Modello del rover russo Lunochod a errato sulla superficie lunare

il 15 novembre 1970 – Foto Cardani

Capsula Proge o Gemini, Usa 1963‐1966 ‐ Foto Cardani

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Forse non mol sanno che metà dei suoi mo‐duli abita vi sono sta‐ costrui in Italia, e

che se e astronau italiani hanno vi han‐no operato a turno; l’ul mo in ordine di tempo è stato Paolo Nespoli, alla sua terza impresa spaziale, rien‐trato lo scorso dicem‐bre dopo quasi cinque mesi di permanenza nello spazio.

Nel corso di quest’ul ma missione, Papa Francesco si collegò con lui e con gli altri cinque membri dell’equipaggio, ponendo loro alcune domande (va ricordato che nel 2011, il primo Papa nella storia a fare un collegamento con lo spazio fu Benede o XVI). Rivolgendosi a Nespoli, Il Santo Padre chiese il suo pen‐siero sul ruolo dell’uomo. Egli rispose:

“È una domanda complessa, io sono un tecnico, mi trovo a mio agio tra gli esperimen . Di fronte a queste domande resto per‐plesso. Penso che il nostro obie vo sia perseguire la conoscen‐za. Più conosciamo e più ci rendiamo conto di conoscere poco. Mi piacerebbe che venissero qui tu , pensatori, filosofi, poe , per realizzare cosa voglia dire avere un essere umano nello spazio”.

Queste parole m’in‐ducono a considera‐re come non sem‐pre la fragilità umana sia nega va, poiché, rendendosi conto del proprio li‐mite, si evita di sen‐rsi presuntuosi nei

confron degli altri.

L’invito di Nespoli ri‐chiama inoltre la ques one, a uale, e mai defini va‐mente risolta, dei rappor fra Scienza e Fede. Concluderei pertanto con la ri‐flessione quanto mai appropriata del‐lo scri ore e pilota francese Antoine De Saint‐Exupery:

“Il mistero non è un muro, ma un oriz‐zonte. Il mistero non è una mor ficazione dell’intelligenza, ma uno spazio immenso, che Dio offre alla no‐stra sete di verità”.

Renato Cardani

Quante volte sen amo ripetere in ques tempi frasi di stampo pessimista del po “…non è più come prima. Tu o è cambiato in peggio. Non si riesce più a lavora‐re con serenità, a sen rsi sicuri, a immaginare il futuro dei figli…” e via di seguito. In effe poche altre gene‐razioni adulte, prima della nostra, sono state capaci di elaborare ed esprimere narrazioni così buie sul mon‐do. Ovunque la litania delle cose che non vanno ci rag‐giunge e, purtroppo, i mezzi di comunicazione di mas‐sa ci me ono del loro. Tu a questa visione nera raggiunge inevitabilmente anche i più giovani.

Naturalmente è anche giusto so olineare che i pro‐blemi non mancano, ci mancano invece le chiavi per capire in quali direzioni va il mondo, il peso che mol di noi portano sulle spalle è reale, fa o di preoccupa‐zioni materiali e quo diane; però l’inclinazione al pes‐simismo è il segnale che questo nostro Paese è vec‐chio e stanco.Non sono i vecchi – non solo di anagrafe ma anche di spirito – ad essere più facilmente soverchia dalle pau‐re e dalle incertezze? Paure che di solito sono mi gate dal confronto posi vo con i giovani e con i ragazzi? Evi‐dentemente qualcosa si è inceppato. Infa alla lamen‐tela e alle preoccupazioni degli adul , i giovani non ri‐spondono, si defilano, tacciono. Sembrano disinteressa alle sor del mondo. Naturalmente non è così, ma è ve‐ro che non c’è più diale ca perché il gap generaziona‐le si sta allargando sempre di più e il confine tra matu‐rità e giovinezza ha uno spessore sempre più facilmente osservabile.

Guardiamoci allora dentro e decidiamo di sme ere di ammorbare i giovani, già pochi numericamente, del nostro pessimismo colle vo. Si tra a di un vero e pro‐prio esercizio igienico di sospensione della lamentela: “Vietato lamentarsi”. Lo ha fa o anche papa Francesco facendo affiggere sulla porta della sua stanza un car‐tello con queste parole. Sme ere di lamentarsi perciò e di trovare tu i dife possibili nei giovani che abbia‐mo intorno, del fa o che siano degli sdraia e dei ri‐nunciatari; dicerie che spesso sono dei luoghi comuni. Ogni volta che si affacciano in noi ques pensieri, rifug‐giamoli, come l’indizio della nostra vecchiaia incipien‐te. Se per caso ci sen amo raccontare da qualcuno di nostra conoscenza che il figlio ha voluto abbandonare gli studi universitari ad un passo dalla laurea per dedi‐carsi ad una sua passione, non dobbiamo condivider‐ne l’apprensione o l’angoscia, ma ribadire invece che forse il ragazzo ha scelto con coraggio il proprio bene seppur diverso dalle a ese dei genitori. Il nostro cam‐bio di a eggiamento può essere perciò genera vo e liberatorio. La gioia, la posi vità e la speranza sono oggi a di vera resistenza morale. Così potremmo tor‐nare a respirare e infondere energia negli altri senza cedere alla depressione colle va. Sarebbe una sorta di an bio co che potrebbe curare mol dei nostri mali.

(a cura di Giorgio Mira)

PRENDERE IL LARGO!

VIETATOLAMENTARSI!

Capsula Proge o Apollo,Usa 1967‐1972 ‐ Foto Cardani

Cabina modulo lunare Apollo o LemUsa 1969‐1972 ‐ Foto Cardani

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È proprio così cari amici le ori, se appena, appena lasciamo una picco‐la feritoia all’ingresso del nostro cuore, per accogliere Gesù. Egli vi en‐tra e la piccola breccia diventa autostrada che ci colma di doni d’Amore.È quello che ho sperimentato vivendo questa se mana di esercizi pre‐dica dai Padri Passionis di Cameri.Il fondatore della spiritualità Passionista è S. Paolo della Croce, un pie‐montese di Ovada nato nel 1694 e morto a 81 anni quando all’epoca l’e‐tà media di mortalità era sui 40 anni. Ci ha lasciato tan scri e tra i suoi pensieri ne evidenzio due: “Operare, Pa re, Tacere! Non gius ficare, non lamentare, non risen re! Imparate bene questa strofe a, can‐tatela bene, pra catela con fedeltà. Vi assicuro che vi farete san e di alta perfezione”. “La Passione di Gesù è la più grande e stupenda ope‐ra del Divino Amore”.Un altro grande santo della famiglia Passionista fu S. Gabriele dell’Ad‐dolorata di cui si ricorda la memoria liturgica proprio il 27 febbraio: so‐lo una coincidenza? Fu il Santo dei giovani e del sorriso e morì a soli 24 anni tra tante sofferenze. La sua vita, per tan aspe , ricorda quella di San Francesco d’Assisi e di cui era conterraneo. Per lui ogni occasione di rinuncia e di mor ficazione era buona per poter riparare Maria dei tan‐ dolori soffer per la nostra salvezza, in qualità di Corredentrice col Fi‐

glio Gesù.Ques piccoli flash ci tes moniano quanto la scelta di inserire gli eser‐cizi spirituali nel periodo quaresimale, incentra sul carisma passioni‐sta, sia stata opportuna: Grazie!Ho preso alcuni appun durante le meditazioni che desidero memoriz‐zare con voi.Da Padre Giuseppe (predicatore per Robecche o‐Malvaglio)• 26.02 Gesù chiama a stare con Lui: Gesù ci chiede “Che cosa cercate?”. Se sento l’esigenza di un incontro, se il mio cuore è inquieto, se mi me o in movimento, ecco che Gesù mi fa fare un passo decisivo, tangibile e mi dice: “Vieni e ve‐di”.• 01.03 La parabola dei talen (ai tempi il talento era un grande valore). Ho sempre pensato che i talen fossero le no‐stre do , intesi come carismi, da me ere a disposizione di Tu . Grazie a Padre Giuseppe ho realizzato che i talen sono i Doni di Gesù alla Chiesa, quindi a noi: l’Eucaris a, i Sacra‐men , la Parola… Guai a so errarli nel nostro egoismo: vanno fa fru ficare condividendo e tes moniando. Ecco perché furono servi bea coloro che li fecero fru ficare e servo mal‐vagio colui che lo so errò.Da Padre Giuseppe (predicatore per Turbigo‐Nosate)• 28.02 La gente dove vivo, dove svolgo il mio lavoro, dove studio, dove vado a fare sport o diver rmi… Vede che sono cris ano?Bella domanda, vero? Provoca e me e in crisi ma è anche di

grande aiuto per il ostro esame di coscienza! Ognuno di noi ha la sua ri‐sposta che può essere posi va, parzialmente posi va… In ogni caso ab‐biamo Tu necessità di migliorarci sapendo che il cris ano deve far vedere sul suo volto quel riflesso di Dio che è insito in ogni creatura.• 01.03 La formula della croce Considerare i due assi che accompa‐gnano la croce: ver cale e orizzontale.VERTICALE: Verso Dio – simbolo della VERITÀ. “Io sono Verità e Vita” ci dice Gesù, quindi c’è un movimento dell’uomo verso Dio.ORIZZONTALE: Verso i fratelli – simbolo dell’amore che TUTTI abbraccia.Ques due assi per formare la CROCE devono essere UNITI, messi insieme.L’elemento indispensabile per questa operazione è la CONTEMPORANEITÀEsemplificando: quando dico la Verità (non la mia ma quella che trovo nella persona di Gesù) al fratello, senza Amore, con arroganza, presun‐zione, commiserazione, ritenendomi superiore… questa Verità viene va‐nificata perché manca l’altro elemento: L’AMORE!Per contro, nel caso inverso, quando faccio prevalere l’Amore nascon‐dendo, tacendo, coprendo, gius ficando la VERITA’ (questo accade spe‐cialmente con le persone care o ancor peggio “rispe o umano”), l’Amore viene vanificato perché manca la VERITÀ. Il discepolo se vuole essere ta‐le non deve mai disunire la VERITÀ dall’AMORE. Il discepolo ha una gran‐de responsabilità: deve saper dar conto della SPERANZA che è in lui. Per far ciò è indispensabile la formazione e l’educazione religiosa.Grazie ai Padri Giuseppe, ai nostri sacerdo ed a tu e le persone che si sono adoperate per farci vivere in pienezza queste giornate.

CordialmenteLorenza

ESERCIZI SPIRITUALI DELLA COMUNITÀ (26 Febbraio ‐ 3 Marzo)“SE DONI TE STESSO… VEDRAI CHE BELLO!”

Gli adolescen , i giovani della comunità pastoraleS. Maria In Binda insieme al proge o educa vo"insieme verso la meta" propongono una serata interessante in cui i visitatori assaporeranno la Sicilia a raverso la figura di Don Pino Puglisi visitando una mostra intera va tu a creata e spiegata dagli adolescen . Inoltre, a seguire, diversi stand gastronomici con prodo pici siciliani (arancini, cannoli, sfincione...) senza nessuna

prenotazione an cipata! Quello che desideri, al momento lo acquis e lo mangi!Una serata infine per far conoscere la realtà dei nostri oratori, in par colare i proge educa vi che da anni coinvolgono numeri adolescen .

Segnate sulla vostra agenda SABATO 19 MAGGIOdalle ore 18 presso

l'oratorio di ROBECCHETTO ‐ via IV NovembreEvento culturale‐gastronomico APERTO A TUTTI!

Vi aspe amo numerosi!

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Negli ul mi anni è stato grande e signifi‐ca vo l’impegno della Comunità pasto‐rale Santa Maria in Binda per valorizzare e riportare decoro alle chiese parrocchia‐li e sussidiarie presen sul territorio di Turbigo, Nosate, Robecche o e Malva‐glio. E proprio l’idea lanciata recentemen‐te dalla parrocchia di San Guniforte di No‐sate, dopo aver già compiuto alcuni primi significa vi interven di restauro, di con‐nuare nel recupero “a piccoli passi” di

tu a la decorazione interna della chiesa, ci spinge –prima di soffermarci, nei pros‐simi mesi, sulle singole raffigurazioni che ornano le pare interne dell’edificio– a ripercorrere, seppur brevemente, le tap‐pe principali della storia di questa chie‐sa, basandosi sulle poche carte conser‐vate nell’Archivio parrocchiale, so oposto a un primo riordino ormai più di vent’an‐ni fa, integrate da quanto rinvenuto dal‐le ricerche condo e sopra u o presso l’Archivio Storico Diocesano e l’Archivio di Stato di Milano.Imprescindibile fonte di partenza è sem‐pre il Liber No ae Sanctorum Mediola‐ni, un inventario delle tolazioni di tu e le chiese e degli altari della diocesi di Mi‐lano, compilato alla fine del Duecento da Goffredo da Bussero, che ricorda a Nosa‐te la presenza di due edifici di culto: uno dedicato a Santa Maria e l’altro a San Mar‐no. Se per il primo non vi sono dubbi

circa l’iden ficazione nell’oratorio –pur rimaneggiato nel tempo– di Santa Maria in Binda, per il secondo più problema ‐ca si pone l’individuazione. Da sempre le carte d’archivio tramandano la presenza in loco del toponimo di San Mar no ma, allo stato delle ricerche, sarebbe azzar‐dato affermare che l’a uale chiesa par‐rocchiale di San Guniforte sia da iden fi‐care con certezza con quella an camente dedicata a San Mar no. Pur essendo ciò assai probabile, i documen al momen‐to “tacciono”, come pure gli interven di restauro della chiesa, avvia nel 2001 in occasione della sos tuzione della pavi‐mentazione, non ci perme ono a retro‐datare, almeno al Duecento, le tracce rie‐merse dallo scavo archeologico di una stru ura ad aula, con abside semicirco‐lare; tracce della chiesa che, comunque, corrispondono perfe amente ai disegni commissiona da san Carlo Borromeo, in occasione delle sue Visite pastorali alla diocesi milanese alla fine del Cinquecento.Il culto a San Guniforte, infa , scarsa‐mente diffuso sul territorio della diocesi ambrosiana e non antecedente al Tre‐Qua rocento potrebbe, forse, aver “scal‐

zato” anche a Nosate quello più an co di San Mar no. Ma è altre anto vero, co‐munque, che la parrocchiale, pur essen‐do dedicata a questo an co santo di ori‐gine scozzese, ne conserva due sole tes monianze iconografiche: un affresco novecentesco all’interno –di cui parlere‐mo più avan – e uno, quasi illeggibile, sulla lune a esterna di una porta latera‐le. Anche la festa patronale, che si cele‐bra la prima domenica di luglio, infa , non onora questo santo, ma la Beata Ver‐gine del Carmelo, della quale è esposta in chiesa una statua dalle graziose fa ez‐ze tardo‐barocche.La devozione mariana a Nosate ha origi‐ni molto an che. Al di là della presenza dell’oratorio di Santa Maria in Binda, già ricorda da Goffredo da Bussero, risale al 1678 la volontà dei Nosatesi di erigere nella parrocchiale una cappella dedicata alla Madonna del Rosario. La richiesta per il nuovo altare fu approvata dalla Curia arcivescovile il 2 aprile 1678 e il 17 giu‐gno successivo veniva concesso anche il permesso per la celebrazione della mes‐sa nella cappella.Il Se ecento rappresenta per la chiesa di Nosate un secolo di grandi trasformazio‐ni. L’edificio rimasto immutato –come si diceva– almeno dall’epoca di San Carlo sarà, infa , quasi interamente ricostrui‐to tra il 1738 e il 1739; già nel 1704 era

stato realizzato l’ossario, nel 1735 soprae‐levato il campanile (sulla base di una stru ura preesistente molto più an ca) e nel 1739 posto in opera un nuovo alta‐re maggiore.Una descrizione puntuale dello stato di fa o della chiesa di San Guniforte a me‐tà del XVIII secolo è contenuta negli a di Visita pastorale compiuta nel 1753 dal cardinale arcivescovo Giuseppe Pozzobo‐nelli alle parrocchie della pieve di Daira‐go e, quindi, anche a Nosate.In par colare, soffermandosi sull’altare e sulla cappella laterale della Beata Vergi‐ne Maria, è annotato: “Unica in hac ec‐clesia ad dextra Altaris Majoris erigitur minor Capella, in qua marmorea statua B. V. Mr.ae collocat. intus cellulam à pel‐lucido vitro anterius clausa”.I lavori in chiesa con nueranno anche nella seconda metà del secolo con il rifa‐cimento del ba stero nel 1765, la costru‐zione della cappella dedicata ai Magi, vo‐luta nel 1756 dal feudatario del luogo, il marchese Scaramuzza Viscon , per arri‐vare, infine, al 1777 con la commissione della nuova statua della Madonna del Carmelo realizzata dallo scultore milane‐se Giuseppe An gna da collocare, en‐tro l’anno successivo, nella cappella del 1678 già in tolata alla Madonna del Ro‐sario, la quale, dopo cento anni, veniva completamente rinnovata. (1 ‐ con nua)

PAOLO MIRA

Bibliografia

GOFFREDO DA BUSSERO, Liber No ae Sanc‐torum Mediolani. Manoscri o della Bi‐blioteca Capitolare di Milano, a cura di Marco Magistre ‐ Ugo Monneret de Vil‐lard, Milano, Tipografia Umberto Alle‐gre , 1917, p. 255.

PAOLO MIRA, Nosate: Res umani dal pa‐vimento della chiesa, in “Luce” del 4 mar‐zo 2001.

PAOLO MIRA, Nosate: Trovate le spoglie del parroco Reina, in “Luce”del 11 marzo 2001.

GIUSEPPE LEONI, PAOLO MIRA, PATRIZIA MORBI‐

DELLI, Nosate. La storia millenaria di un piccolo paese della riva sinistra del Tici‐no, Comune di Nosate 2004.

PAOLO MIRA, Giuseppe An gna e la Ma‐donna del Carmine di Nosate, Fotolito Morelli, Rosate 2012.

NOSATE: APPUNTI SULLA STORIA DELLA PARROCCHIAE DELLA CHIESA DI SAN GUNIFORTE

SPIGOLATURE D’ARCHIVIO9

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AGLI AMICI DI P. DANIELE E DEI SUOI FRATELLI LEBBROSI P. DANIELE E DEI SUOI FRATELLI LEBBROSICONVENTO CAPPUCCINI – VIALE PIAVE, 2 20129 MILANO

Carissimi Amici Pace e Bene.

Senza tan giri di parole che potrebbero suonare retoriche, so o il “Nobili Donne”, vi racconto ciò che avvenne nella Colonia do Prata in Brasile e capirete... Firmato il nuovo contra o con il Governo il 19 dicembre 1903, si tra ava di trovare le religiose che assumessero la direzione dell'is tuto femminile. Si era pensato alle Terziarie Cappucine di Genova, ad una Congregazione di origine francese con diver‐se case di educazione ad sud del Brasile e che nella maggior par‐te erano brasiliane, si prese conta o con le suore di S. Caterina, ma non si riuscì a combinare nulla. Sen te il commento di pa‐dre Daniele: “Fu una determinazione della divina Provvidenza che come altre volte così adesso nei casi difficili governava il Prata, per vie straordinarie”! C'erano a Canindé alcune donne di o mi costumi, che da pa‐recchi anni desideravano farsi religiose francescane e aspe a‐vano appunto l'opportunità dell'apertura della casa del Prata per realizzare il loro sogno. Il superiore, padre Giampietro da Sesto S. Giovanni, stanco di ricorrere inu lmente alle altre, sa‐pendo quale spirito animava queste donne, udito il parere del suo consiglio e di diversi altri missionari, dopo aver pregato, “prende la determinazione ardita, se si vuole, ma bene accer‐tata di fondare una corporazione nuova di Terziarie Cappucci‐ne modulate sullo stesso regolamento di quelle di Genova. Scrive immediatamente al Superiore di Canindé che rime esse il più presto possibile le donne postulan sudde e”.Il 14 dicembre 1904 arrivano nel Parà, provenien da Canindé, cinque giova‐ne, cresciute alla scuola dei cappuccini nel Cearà, pronte a “de‐dicarsi esclusivamente al servizio di Dio per il bene delle anime loro e dei prossimi”; queste, “erano fru o di lavoro Apostolico dei nostri Missionari”. Queste nobili donne contribui‐ rono no‐tevolmente allo sviluppo della missione e “formeranno sempre la pagina più bella della Storia della medesima in cui quella dei nostri missionari sarà tramandato ai posteri il loro nome glorio‐so”. Ospitate in una casa presso il convento dei fra a Belém, dopo alcuni giorni di preparazione, fu loro dato l'abito france‐scano e cambiato il nome, secondo l'uso. Una celebrazione com‐movente (era presente anche padre Daniele che annota nella storia del Prata: “Era la perfe a riproduzione di quella che fece il nostro S. Padre nella Chiesa della Porziuncola colla pri‐mogenita delle francescane S. Chiara di Assisi, e pochi giorni dopo colla degna sorella di questa, S. Agnese!”). Il 19 dicembre raggiunsero il Prata, accompagnate dal pa‐dre Giampietro e da padre Daniele, qui furono ricevute dal popolo in festa. C'era anche padre Carlo, il fondatore della Colonia. Padre Daniele aveva passato il 1904 recandosi con nua‐mente alla Capitale per o enere i fondi necessari alla co‐struzione del grandioso edificio che doveva servire da is tuto delle ragazze indigene, povere e abbandonate. È lui stesso che descrive nella relazione del 1905 al padre generale i passi compiu . L'opera poté essere inaugurata nel gennaio 1905. Il Governatore “dichia‐ rò pubblica‐mente di essere soddisfa ssimo d'aver consegnato l'impresa dell'educazione e civilizzazione dei popoli sel‐vicoli, ai Cappuccini, e di depositar in loro tu a la fidu‐cia”. Anche questa volta il Nostro non manca di annotare: “Sembra che S. Antonio benedica le nostre fa‐che, perché già a quest'ora [era il 10 febbraio 1905] ab‐

biamo 25 alunne interne indigene e 23 esterne figlie di emigran nazionali”. L'arrivo delle suore al Prata e il cos tuirsi proprio lì del loro no‐viziato è un fa o che contribuisce in maniera nuova allo svilup‐po della Colonia. In una nota padre Daniele osserva: “Con ciò la Missione ha fa o un grande acquisto, perché ha in queste buo‐ne Religiose un braccio forte, e dirò quasi l'elemento maggiore per la conquista del fine della Missione stessa, come dice lo sta‐tuto, fine, che non sarà mai raggiunto senza l'intervento della donna, la cui missione è indispensabile in mol ssimi casi. Ne sia una prova il Prata, il quale dopo l'entrata delle Religiose prese un aspe o tu o nuovo, che stessi secolari ammirano”. Onore e lode alla “nobili donne” che in ogni tempo si dedicano all'edu‐cazione.

fra Claudio Todeschini

BEATITUDINI DEGLI EDUCATORI Bea gli educatori “poveri in spirito” che, per educare alla fede i ragazzi, rano fuori e spendono tu o ciò che Dio ha dato loro: tempo, energie, fantasie... Bea gli educatori “mi ” che evitano la tentazione delle scorciatoie, delle minacce, dei rica e prediligono la convinzione, il dialogo, la pazienza. Bea gli educatori “affama e asseta di gius zia” che non si rifugiano nel passato, ma lo ano per un'educazione alla fede adeguata ai ragazzi di oggi. Bea gli educatori “misericordiosi” che, comprendono le difficoltà dei ragazzi e delle loro famiglie, non sen mento, ma ricercano soluzioni equilibrante. Bea gli educatori “operatore di pace” di quella pace che nasce “dalla spada e dal fuoco” del Vangelo contro tu o ciò può danneggiare il cammino dei ragazzi verso la fede. Bea gli educatori “perseguita ” dal tempo che non basta mai; da quei bambini che “se non ci fossero” e invece ci sono; dalla tentazione di lasciare, ma che ricominciano sempre. Bea gli educatori così! Avranno un posto bellissimo in cielo. E in più, la gioia di incon‐trare “lassù” qualcuno che sta lì perché anche grazie a loro ha imboccato la strada per arrivarci.

PADRE DANIELE DA SAMARATE10

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11Malvaglio

30° ANNIVERSARIO DI MORTEDI DON GIUSEPPE SORMANI

Domenica 18 marzo nella parrocchia di Malvaglio abbia‐mo ricordato il 30° anniversario di morte di don Giusep‐pe Sormani per noi parrocchiani “signor Parroco” che ci ha guida per ben 35 anni dal 1953 al 1988.Sacerdote umile e operoso sempre a ento alla relazione con le famiglie, la comunità cris ana e la società e in un’oc ‐ casione come questa è inevitabile il riaffiorare di tan ri‐cordi che io ho vissuto da bambina e ragazza.

Ricordi lega all’entusiasmo che si respira‐va in parroc‐chia, tante le inizia ve che sono sorte in quel periodo fortemente vo‐lute dai giova‐

ni e che don Giuseppe ha sempre caldeggiato e sostenu‐to in prima persona, la nascita della radio TRM, dello Sci Club, il Palio, la costruzione di un luogo dove accogliere i tan bambini e ragazzi presen in oratorio : la Casa del Giovane.Si perché quelli erano gli anni in cui gli oratori (parlo al plurale perché all’epoca gli oratori da noi erano due, ma‐schile e femminile) pullulavano di bambini e ragazzi felici di esserci e questo perché l’oratorio rappresentava un luogo dove ci si sen va a casa, dove da bambini ci si sen‐va ama e prote dai ragazzi grandi e dove da grandi ci

si sen va protagonis e custodi dei piccoli e dove lui era sempre presente.Luogo dove i ragazzi passavano con entusiasmo dalla par‐ta di calcio e al richiamo di don Giuseppe con altre an‐

to entusiasmo correvano in chiesa per i vespri con ai pie‐di le scarpe da calcio tu e infangate, dove c’era la gara a fare i chieriche anche se questo significava servire la messa nei giorni feriali alle 6,00 del ma no e accompa‐gnarlo nelle benedizioni natalizie che inevitabilmente si prolungavano perché erano per lui occasione di incontro con le famiglie, sedendosi con queste a bere un caffè raccogliendo confidenze, confortando e incoraggian‐do, dove quando combinavi qualche marachella sa‐pevi che a endeva una bella strigliata ma che avrebbe perdonato subito.Certo erano tempi diversi con abitudini diverse ma per noi che li abbiamo vissu rimarranno sempre bellissimi ricordi da custodire nel nostro cuore.L’augurio che faccio a tu i ragazzi di oggi è di poter‐si sempre sen re in oratorio e in parrocchia ama e accol come a casa e di poter incontrare anche loro sacerdo umili, dispos a guidarli per condividere in‐sieme il cammino di fede e di crescita personale. Grazie don Giuseppe per essere stato la nostra gui‐da.

Susanna

RINGRAZIAMO: Mese di FFEBBRAIO 2018

Offerte durante le SS. Messe €. 1.990,00Offerte celebrazioni Funerali € 100,00Offerte intenzioni SS. Messe €. 380,00Offerte libere €. 500,00

Un ringraziamento par colare a tu coloro che hanno organizzato e partecipato alla Festa della Famiglia il cui ricavato è stato di € 1.030,00 e di €650,00 per la Pizzoccherata.

ESERCIZI SPIRITUALI: ”VEDRAI CHE BELLO STARE CON GESÙ

PER DIVENTARE SUI DISCEPOLI”

Anche quest’anno dal 26 febbraio al 3 marzo nella nostra comu‐nità pastorale si sono svol gli esercizi spirituali guida da due padri passionis che ci hanno accompagnato nel cammino qua‐resimale.Per quanto mi riguarda è stata una bellissima esperienza, gior‐ni densi di preghiera personale ma anche di momen vissu in‐sieme: le meditazioni, i rosari, le celebrazioni e la S. messa con‐clusiva con i bambini del catechismo presso il loro santuario a Cameri.Lo slogan che ha accompagnato gli esercizi spirituali era:

”VEDRAI CHE BELLO STARE CON GESÙPER DIVENTARE SUI DISCEPOLI”

e devo dire che per me è stato veramente bello stare con Gesù in questa se mana guidata dalle coinvolgen meditazioni pro‐poste ma anche perché come mi era già successo con i missio‐nari di Villaregia due anni fa, is n vamente si è subito instau‐rato con loro un rapporto di fratellan‐za e amicizia. Ci hanno spiegato che la cara eris ca dei padri passionis è quella di predicare la passione di Gesù ma in realtà ritengo per‐sonalmente che ab‐biano fa o molto più di questo, infa il lo‐ro essere disponibili all’incontro e all’ascolto, la visita agli am‐mala , la capacità di far sen re accolta, la gioia della condivi‐sione della cena e la gen lezza dimostrata nei nostri confron mi hanno tes moniato sopra u o cosa significhi essere disce‐poli di Gesù e non a parole soltanto.Ora sta a noi far tesoro di tu gli insegnamen e i consigli rice‐vu e far si che ques con nuino ad albergare nei nostri cuori.Ai nostri sacerdo per averci offerto questa opportunità e ai pa‐dri per il loro impegno e la loro disponibilità ... grazie!

Susanna

Robecche o

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Nosate

A raverso... la ci àTu hanno qualcosain comune con noi:

sono immagine di Gesù,sono figli di Dio, sono nostri fratelli.

Mercoledì scorso ci siamo incontra‐ a Nosate per ri‐

fle ere sulla se‐conda tappa del testo “A raverso”.A chi vuole essere

suo discepolo Gesù chiede di seguirlo a ra‐verso la ci à vedendo dei fratelli nelle per‐sone che si incontrano. LA VITA RACCONTA: è la vita quo diana il luo‐go della presenza e dell’incontro con Gesù.Abbiamo rifle uto sul nostro comportamen‐to verso le persone che incontriamo ogni giorno. Le nostre giornate sono piene di tan‐ impegni che ci portano a non accorgersi

delle persone che abbiamo accanto. Nei pic‐coli paesi c’è più a enzione ai bisogni, sia materiali che spirituali, dei vicini, degli ami‐ci e dei conoscen ; nelle ci à invece c’è più indifferenza e mancanza di relazioni, diffiden‐za e paura dei diversi.Il tempo è un altro mo vo di difficoltà per‐ché quello che oggi è una sicurezza potreb‐be mutare all’improvviso a causa di una ma‐la a, la perdita di lavoro, della casa, un lu o, ecc.Il dolore è parte della nostra vita e segna i nostri vol anche se cerchiamo di nascon‐derlo. Osserviamo i vol dei fratelli che in‐contriamo e cerchiamo di capire quali pos‐sano essere le loro necessità. Anche l’emarginazione dei più deboli e dei diversi può far perdere il senso di appartenenza al‐la comunità.

AC ComunitàPastorale Santa Maria in Binda

I prossimi incontri:

Mercoledì 4 aprile: seguire Gesù meditando un brano del vangelo di Marco

Mercoledì 18 aprile: confronto e trovare ge‐s concre per cambiare la nostra vita

Un pezzo di Chiesa che mancaSono le dieci: il coro inizia il canto, Alessandro suona la campanella, il sacerdote inizia la Messa e, mentre invita alla preghiera, lo sguardo si ferma sull’as‐semblea. E’ così ogni do‐menica: mol anziani, alcuni ragazzi con i genitori, mancano i giovani. Papa Francesco ha inde o un sinodo me endo al centro i giovani e la fede: è una sfida perché sembra che i giovani siano a ra da tu ’al‐tro, il bisogno di Dio non viene alla luce. Manca un pezzo di Chiesa, il suo futuro, ma forse non è così. Da parecchi anni la Chiesa ha prestato molta a enzione alla “pastorale giovanile” , i giovani venivano invita a partecipare alle tante proposte, ma questo metodo si è rivelato in‐sufficiente, oggi viene chiesto di essere presen là dove i giovani inve‐stono le loro energie, incontrarli e ascoltarli non come una realtà ester‐na, bensì come una componente della Chiesa di oggi ed offrire loro la verità del Vangelo. I giovani sono un vino nuovo e “nessuno me e vino nuovo in otri vecchi, il vino nuovo in otri nuovi» ha de o Gesù. Otri nuo‐vi che solo i giovani possono indicare avendo già elaborato strumen nuovi per affrontare la realtà odierna. Di fronte a questo mondo in con nua evoluzione spesso si sente un la‐mento: noi siamo anziani, siamo sempre meno, siamo inadegua ad affrontare questa realtà, lasciamo dunque perdere, cerchiamo di con‐nuare sulla strada che ci hanno insegnato, teniamoci stre alle no‐

stre tradizioni e ...poi ci penseranno gli altri. Sembrano parole cariche di buon senso, ma sono cariche di amarezza e sanno di sconfi a, non hanno il sapore del Vangelo. Il Vangelo è gioia, speranza, coraggio: “An‐date e fate discepoli tu i popoli”. Si tra a di andare incontro: i giova‐ni cercano una vita che abbia senso, imparare a camminare con loro senza l’ansia dei risulta , senza le nostre teorie e solo a raverso la no‐stra fede e la nostra tes monianza, offrire la possibilità di incontrare Gesù. Dobbiamo essere gra a Papa Francesco che invita tu a la Chiesa a me ersi in ascolto: “ogni giovane ha qualcosa da dire agli altri, ha qual‐cosa da dire agli adul , ha qualcosa da dire ai pre , alle suore, ai vesco‐vi e al Papa”. Sembra che il consumismo abbia il primo posto nei pen‐sieri dei giovani, certo che consumano, ma non sono riempi da questo e se ne rendono conto: vogliono e cercano una Chiesa che non sia is ‐tuzionale ma accogliente, non lontana ma fraterna, una Chiesa che pre‐ga e sia casa, forte e coraggiosa.

Don Giuseppe

Incontrarsi e parlare

La Via Crucis è terminata e il piccolo gruppo degli Animatori della liturgia si raccoglie in sa‐cris a: Una decina di persone per coordina‐re i prossimi appuntamen . Per le Palme e Se mana Santa tu o è pronto, per il “mese di maggio” si sceglie il tema della breve rifles‐

sione, si conferma il metodo e si danno indicazioni sui cor li, poi vie‐ne proposto di dare scadenza mensile a questo incontro, ampliando la discussione anche su temi riguardan la parrocchia, proponendo come data il terzo martedì di ogni mese.Il prossimo incontro sarà

martedì 17 aprile ore 20,45

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RINGRAZIAMO: Mese di MARZO 2018

Offerte durante le SS. MESSE €. 4.160,00Offerte CELEBRAZIONI FUNEBRI €. 735,00Offerte AMMINISTRAZIONE SACRAMENTI (ba esimi) €. 50,00 (matrimoni) €. 400,00Offerte INTENZIONI SS. MESSE €. 1.130,00Offerte LIBERE €. 100,00

RESTAURO CHIESA PARROCCHIALERicevuto offerte e contributo mensile €. 1.095,00

Turbigo

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Ospedaliera di Turbigo?

È un’associazione esistente da parecchi decenni, aperta a tutti i cittadini di Turbigo e di Nosate, che a fronte di un modesto contributo annuo si prefigge di alleviare economicamente i disagi che le famiglie sopportano per le degenze ospedaliere dei propri componenti.

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Il 24 marzo 1980 Romero, Arcivescovo di El Salvador, veniva assassinato da‐gli squadroni della morte, gruppo paramilitare ideato da R. D'Abuisson ca‐po dell'esercito salvadoregno.Così venerdì 23 marzo scorso è stato celebrato il ricordo di Romero alternan‐do momen di musica la noamericana a momen di riflessione e tes monianza.Una serata con una discreta presenza di pubblico tenutasi nel salone Abba' presso la parrocchia di Turbigo, dove don Antonio Agnelli, teologo e studio‐so di Mons. Romero, ha tra eggiato l'opera del vescovo mar re, che verrà proclamato santo entro quest'anno. Difensore della causa degli oppressi, Oscar Arnulfo Romero ‐ha ricordato don Agnelli‐ ha individuato nell'impegno di solidarietà con i poveri il tra o più auten co del cris ano e per conseguire questo obie vo ha messo la sua vita al servizio del popolo salvadoregno, sfidando le minacce di morte, l' in‐comprensione dei confratelli vescovi e i costan pericoli che la condizione socio‐poli ca locale di effe va guerra civile determinava negli anni '70 e 80.Romero era consapevole di affrontare il mar rio e in questa prospe va era convinto che la sua morte sarebbe avvenuta per la liberazione della sua gen‐te e come segno di speranza e futuro.Anche davan alla ferocia delle esecuzioni sommarie e degli omicidi più effe‐ra si levava alta e solenne la voce del vescovo, che invitava i militari a non uccidere, a non rispe are un ordine contrario alla legge di Dio e spronava la Chiesa a non restare silenziosa di fronte a tanta ignominia.È grazie a Papa Francesco che è stato tolto il velo di incomprensione che cir‐condava la figura del vescovo Romero, che verrà proclamato santo insieme a Paolo VI , "apostolo delle gen " per le sue frequen visite pastorali e per la ha vicinanza ai disereda e agli ul mi.

Claudio Spreafico

Barman per una sera ha offerto € 550,00 per la serata"ASPETTANDO IL CARNEVALE"

e ha provveduto all'acquisto dei nuovi tappe per la palestra.

Le donne nel Vangeloe per il Vangelo

Leggendo il Vangelo vediamo la presenza di uomini e donne che incontrano Gesù e lo seguono nella sua missione di salvezza. Nella preghiera serale del prossimo “me‐se di maggio”daremo spazio alla scoperta delle figure femminili spesso capaci di co‐gliere in an cipo la presenza dell’azione di salvezza. Per facilitare la conoscenza seguiremo con ordine se manale i qua ro Vangeli, la‐sciando per l’ul ma se mana il libro de‐gli A dove la collaborazione femminile per la diffusione del Vangelo nel mondo di‐venta una collaborazione fondamentale.

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Bogotá 24.3.2018

Ciao a tu ,meno male che c’è sempre qualcuno che mi ricorda di scrivere. Questo è u le sopra u o a me perché mi obbli‐ga a guardare fino in fondo come sto vivendo.Sono chiamato a vivere intensamente ques mesi per aiutare tu a la gente qui a crescere in modo più adulto e co‐minciare a assumere la responsabilità di quello che sto facendo io. Vedo che la cosa più difficile è generare persone che con nuino, in modo anche perso‐nale, quello che hai costruito. Ma è an‐che la cosa più affascinante perché costringe a guardare l’essenziale della vita.Posso aiutare gli altri se vivo io a fondo la risposta al Mistero di Dio che mi chiama: gli altri sono richiama se vedono che io dico di sì a Dio così come Lui mi indica.

“Ciò che determina l’u lità della vita è in quello che un Altro che fa essere vede in te, non è in quello che tu vuoi di te. E quindi la vita diventa u le quando diventa obbedienza: ul ‐mamente è una Disponibilità alla presenza di Cristo, un arrendersi a quella grandezza che un Altro, in modo forse diverso da come fare‐s tu, vuole realizzare in te e con te, per il mondo. Viviamo perché Cristo sia riconosciuto ovunque, viviamo per la gloria umana di Cristo”.L’u lità della vita la determina ciò che Dio vede in me e come vuole u lizzarmi, non quello che io voglio. E per questo Dio si serve di strumen che decide Lui.

Obbedire a Dio nelle circostanze concrete costruisce la nostra persona e realizza il suo regno che è un mondo nuovo. Biso‐gna morire per risorgere con Lui e contribuire alla resurrezio‐ne del mondo.Questo è il cammino, niente scontato o automa co, è un nuo‐vo a eggiamento da ricuperare ogni giorno.

Quando si impara ad obbedire a Dio a raverso gli strumen che Lui usa, alla fine (non subito) si finisce per amare anche

gli strumen che usa perché sono segni suoi e fanno crescere.Il punto di partenza per un cris a‐no è un Avvenimento, una presen‐za viva e concreta, non una certa impressione delle cose. Tenere presente questo mi aiuta ogni giorno. Sempre par amo dalle im‐pressione sulle cose o sulle perso‐ne e rischiamo di affrontare tu o partendo da questo. Il lavoro che faccio è ricuperare la coscienza di appartenere a un avvenimento con‐creto di Cristo presente dentro un luogo, fa o di persone, e a par re

da questo affronto tu o. Così è più chiaro che è Dio che agi‐sce nella realtà a raverso di me e io mi stupisco di quello che fa. “Non dobbiamo correggere il Mistero di Dio nel suo modo di agire, dobbiamo seguire quello che fa”.Così Dio ci richiama a un lavoro, a non fermarsi alle impres‐sioni ma a stare sempre in dialogo con Lui che agisce in ogni circostanza che ci me e davan .Entrare in classe con questa coscienza è una gioia, una certez‐za e una sfida: sono curioso di vedere cosa farà Dio in questa circostanza. Tu o quello che Dio perme e è per il nostro be‐ne: sono curioso di vedere come anche in questa circostanza, che mi pare nega va, Dio sarà capace di trarre grandi cose po‐si ve per me e per gli altri.La sfida la fa Dio a me ogni giorno: seguimi e troverai il cen‐tuplo in ogni cosa. Ed io vedo che è vero nel rapporto con i ra‐gazzi e con gli adul , nelle scuole e nella comunità.Abbiamo vissuto il Natale con le celebrazioni liturgiche e “co‐lombiane” ricche di musiche. In gennaio ci sono state due va‐canze comunitarie, molto intense e ricche di esperienze posi ve. Un contesto comunitario fa risvegliare il meglio di ogni persona.A fine gennaio è iniziato un nuovo anno scolas co a San Ric‐cardo con octavo (terza media), ogni anno si aumenta. C’è un bel gruppo di professori che ha capito il nostro metodo e vuo‐le imparare, si lavora bene insieme. Nel Volta siamo a metà anno. Mi stupiscono i ges comunitari che facciamo (prime

comunioni, Cresime, messa per la festa del papà, Via Crucis) sono tu intensi e partecipa , ogni per‐sona se è aperta può cogliere qualcosa di grande. Nel Volta il lavoro grande è personalizzare i valori veri con i ragazzi delle medie e del liceo: è sempre una grande sfida.S amo entrando nella se mana santa, lunedì se‐ra vado ad Armenia e Cartago per incontrarmi con i gruppi e celebrare comunitariamente il giovedì santo. Torno a Bogotá alla sera per celebrare anche lì. Il venerdì faremo la meditazione comunitaria e la via crucis. Poi a Pasqua il pranzo comunitario con 120 persone.La liturgia ci aiuta a vivere l’avvenimento di Cristo che riaccade in noi, nella nostre famiglie e comuni‐tà, per inves re a raverso di noi il mondo.Lo vivo unito a tu voi.Buona Pasqua a tu ,

Don Marco

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SERVIZIO AFFIDIAMBITO TERRITORIALE

CASTANESE

CERCASI FAMIGLIAACCOGLIENTE

Care famiglie,siamo le operatrici del Servizio Affidi e abbiamo urgente bisogno di voi!Cerchiamo una famiglia o una persona singola disponibi‐le ad accogliere nella propria casa Paolo (nome di fanta‐sia), un bambino straniero di 8 anni durante i pomeriggi della se mana (dal Lunedì al Venerdì dopo la scuola, fino all’orario di cena o dopo cena).Paolo, che frequenta regolarmente il terzo anno della scuola elementare, ha alcune difficoltà personali e scola‐s che ed avrebbe bisogno di un supporto nelle ore in cui i genitori sono fuori casa.Non si tra a di un lavoro, ma di un’esperienza di solida‐rietà e aiuto verso una famiglia in difficoltà.

Aspe amo fiduciose una vostra risposta!

Per avere maggiori informazioni potete conta are le Do .sse Valeria Api e Valen na Satriano

al numero 320 4317502o all’indirizzo mail [email protected]

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Conserva questo volantino tra i documenti che userai per la Dichiarazione dei Redditi e ricorda di portarlo quando andrai a farla predisporre

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Il grande segno della croce comincia toccandomi la fronte con le dita della mano destra e immaginando che l'amore fluisce

nel mio pensare, affinché pensi pensieri di pace e non di distruzione.

Anselm Grün

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IL CENTRO D'ASCOLTOCARITASÈ IL LUOGOA CUI POSSONO ACCEDERELE PERSONEIN CERCA DI ASCOLTOE POSSIBILI RISPOSTEAI PROPRI BISOGNI

* CENTRO D'ASCOLTO CARITAS TURBIGOper le persone residenti a Turbigo e Nosate aperto in Via Fredda n. 9 a Turbigoil martedì dalle ore 18:30 alle 19:30 - aiuto alimentareil mercoledì dalle ore 16:00 alle ore 18:00 - centro d'ascoltoil venerdì dalle ore 18:00 alle ore 19:00 - segreteria

Ass.ne sorelle Brioschi

TELEFONO 338 8003787 ACCESO DURANTE GLI ORARI D'APERTURA

* CARITAS MALVAGLIOper le persone residenti a Malvaglio e Robecchetto aperto in Via Fiori a Malvaglio il giovedì: dalle ore 15:30/17:30 aiuto alimentare

COMUNE DI TURBIGO

Pronto Intervento Polizia Locale:

347 5230050dal lunedi al sabato 7.45/19.30

domenica e fes vi 9.30/12.30 – 14.30/17.30

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SU RADIO T.R.M.

la radiodel Castanese

tutti i giorni alle ore 20:30e tutte le domeniche alle ore 9:30

viene trasmessa la S.Messa

RADIO T.R.M. ­ Trasmissioni Radio Malvagliop.zza s. Bernardo 2 ­ Malvaglio

telef./fax 0331 875383

fm.88.00 MHz per Malvaglio e Robecchettofm.95.90 MHz per Turbigofm.99.50 MHz per Nosate

internet : www.radiotrm.commail :[email protected]

Nella preghiera comune la Chiesa fa esperienza

della propria iden tà e, pur con tu o l'impegno

poli co e sociale, la comunità cris ana non do‐

vrebbe mai dimen care di pregare insieme.

Anselm Grün

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Ognuno di noi, in quanto essere umano, è alla ricerca: ricerca di felicità, ricerca di amore, di vita buona e piena. Dio Padre

ci ha dato tu o questo nel suo Figlio Gesù.

Papa Francesco

(Angelus domenica 14 gennaio 2018)

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Al Banco libri in chiesa parrocchiale a Turbigo è possibile prenotare:

Marco Vergo ni (a cura di),Perle di Mar ni. La Parola nella ci à (1980‐2002),Edizioni Dehoniane Bologna 2018, € 19,00

“Con il suo insegnamento il cardinale Mar ni ha solleci‐tato la Chiesa e la società a riscoprire il vantaggio di un dialogo serrato, da cui trar‐re benefici per l’oggi eccle‐siale e per la ci à degli uomini”. Ad affermarlo è il teologo milanese Marco Ver‐go ni, curatore di un nuo‐vo volume, in libreria da pochi giorni; si tra a di una raccolta che si compone di

un cen naio di brevi tes dell’arcivescovo Mar‐ni, impressionan per larghezza di vedute, com‐

menta da autorevoli personalità della Chiesa, della cultura e della società civile, fra cui i car‐dinali Gianfranco Ravasi e Renato Cor , i vesco‐vi Luigi Be azzi, Franco Giulio Brambilla, teologi come Enzo Bianchi, intelle uali laici tra cui Ma‐rio Bo a, Nando Dalla Chiesa. “Credo di avere avuto una straordinaria fortuna – aggiunge Ver‐go ni – frequentando da vicino un uomo straor‐dinario” come il cardinale Mar ni “tanto so o il profilo spirituale quanto so o il profilo intel‐le uale”.

Chiara Frugoni,Le conseguenze di una citazione fuori posto,Edizioni Biblioteca Francescana 2018, € 18,00

La no ssima medievista Chiara Frugoni torna in li‐breria con una nuova fa ca dedicata a San Francesco d’Assisi. Centro dello studio è l’intricata vicenda della conferma della Regola fran‐cescana da parte di papa Onorio III, nel 1223. “Che legame esiste tra questa conferma e l’incontro di san Francesco con Innocenzo III, che le leggende situano in‐

torno al 1208‐1209? E perché una nuova “Re‐gola”, dopo che il Concilio Lateranense IV (1215) aveva espressamente vietato l’adozione di nuo‐vi tes legisla vi, invitando a u lizzare le “Re‐gole” già esisten , quelle di Benede o, Agos no, Basilio?”. A raverso l’avvincente esame di alcu‐ni affreschi della basilica di Assisi, si potrà com‐prendere il difficile percorso che portò i francescani a diventare un Ordine tra i più importan e diffu‐si nella Chiesa medievale.

CONSIGLIPER LA LETTURA

a cura di Paolo MiraMercoledì 2 maggioMorti dal giorno 30 aprile al giorno 6 maggio 2008: Capriglione Carmela; 2009: Raimondi Edgardo 2010: Vinti Vincenzo2011: Paletti Angelo, Riga Rosina2012: Dall’Agnese Luigi, Zecchini Osvalda2013: Solivardi Ermanno; 2017: Pisoni Giovannina

Mercoledì 9 maggio Morti dal giorno 7 al giorno 13 maggio2009: Polliani Valter2010: Bossetti Carlotta, Sesini Adriano, Cavaiani Carla, Busetto Luigia2011: Rega Irene; 2012: Cavaiani Marisa2015: Garavaglia Anna2016: Valenti Orlando, Carrera Paolo 2017: Spreafico Carlo

Mercoledì 16 maggio Morti dal giorno 14 al giorno 20 maggio 2009: Bondioni Giacomo, Pallaro Giovanni, Lorenzato Maria 2010: Bianchessi Giuseppe, Braggion Amelia2011: Castelli Santo, Foieni Enrico, Rainero M. Ancilla 2012: Tanzini Marco2013: Brattalotta Rocco e Salvatore, Pagliarini Fermina2015: Micheli Emilio; 2016: Ravagnani Ernesto2017: Tano Gabriele, Lino Maria Clelia, Campari Graziella

Mercoledì 23 maggioMorti dal giorno 21 al giorno 27 maggio 2008: Della Vedova Giovanni2009: Barbieri M. Rita2010: Boldini M. Grazia, Branca Luigi2011: Slavazza Teresa; 2012: Bighetti Anita2013: Milanesi Adele, Cedrati Giuseppina2014: Da Rold Emma, Bianchessi Daniele, Vetrano Concetta 2015: Corona Teresa; 2016: Merisio Marino 2017: Marson Marino, Rudoni Luigi

Mercoledì 30 maggioMorti dal giorno 28 maggio al giorno 3 giugno2009: Verde Antonio, Pistocco Rocco, Zuco Saverio2010: Baldoin Norma 2011: Pastori Francesca, Bonavera Giovanni, Fantin Jole2012: De Vecchi Santina, Meazza Giovanni, Ciocca Pierina, Scotti Mario2013: Ballarini Carlo, Donzelli Stefano, Ghianda Carlo, Merlotti Rosangela, Carni Piera2014: Catanzaro Teresa, Macchi Gianpiero2016: Dall’Agnese Maddalena, Corbetta Giovanni, Tanzini Ugo2017: Bracco Rina

Anniversario defunti TURBIGO Mese di Maggio

ARCHIVIO

TURBIGO – Marzo 2018

Battesimi6) Busin Diego; 7) Gualdoni Ivan

Matrimoni1) Ciamporcero Luca e Bonza Federica

Morti12) Motta Francesco anni 94; 13) Todaro Umberto anni 8214) Tavola Rodolfo anni 84; 15) Salmi Gabriella Chiara anni 7316) Ferrari Maria anni 90; 17) Dina Guido anni 8718) Turozzi Iole Rosetta anni 88; 19) Tirloni Rina Vittorina anni 72