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Trigger Point Therapy corso pratico – linee guida a cura della Dr.ssa L. Dalmaso ______________________________________ A causa dei ripetuti insuccessi terapeutici si è diffusa l'opinione secondo la quale responsabile dell'insuccesso è il paziente che non segue le prescrizioni, piuttosto che le errate direttive terapeutiche. e Si considera sin troppo semplicemente, che il trauma sia sempre dipendente da un brusco contatto con l'esterno, non viene documentato l'aspetto traumatizzante della tensione posturale, delle posture occupazionali non fisiologiche o delle attività meccaniche erronee della vita di ogni giorno.....Oggi l'esame del paziente è così dipendente dalle macchine e dall'equipaggiamento che l'uso del tocco, della palpazione, l'esame manuale di articolazioni, muscoli e legamento, rischia di diventare un' arte perduta ( Rene Cailliet ) Premessa Terminologia I TP sono stati nel tempo e nello spazio geografico corporeo variamente definiti. a) Sinonimi Reumatismo muscolare: usato fino agli anni '50 Mialgia come differenziazione dalla Miosite Mielogelosi per la gelificazione delle proteine Miofibrosite interstiziale per l'alterazione anatomopatologica Sindrome algica miofasciale (anni '50) Miofascite definizione del '27 di origine burocratica ad uso delle assicurazioni per i rimborsi. Punti Trigger definizione del '36 di Edeikind e Wolferth. I loro testi i più seguiti/diffusi Sindrome algico-disfunzionale miofasciale. Tuttora usato dagli odontoiatri. Schwartz 1954 col primo uso della procaina. b) Sinonimi parziali Fibrosite 1904 Punti di Vallaix 1841 Reumatismo nonarticolare 1962 American Rheumatological Association Termini dolorifici anatomici vari (es: lombaggine, sciatica, nevralgia...) dove il dolore può essere causato dal TP in sede remota e non dalla lesione in sede specifica Caratteristiche cliniche “Un TP miofasciale è una zona iperirritabile all' interno di una bandelletta contratta di un muscolo scheletrico, localizzata nel tessuto muscolare e/o nella fascia La zona è dolorosa alla compressione e può evocare un dolore proiettato Trigger Point attivo dolore in loco o proiettato Trigger Point latente (Tender Point): è silente dal punto di vista del dolore ma causante limitazioni del movimento e debolezza del muscolo colpito. Può restare silente sempre o attivarsi con qualsiasi causa facilitante: stiramenti, fatica, freddo.. Trigger Point satelliti: si sviluppano in facilitazione del TP primario su muscoli sinergici Sintomi 1.Dolore proiettato di solito con topografia comune ma con molte eccezioni soggettive. 2.Attivazione con sovraccarico, affaticamento, trauma diretto, freddo. 3.Attivazione anche indiretta: da altri trigger, dl viscerale, da artrosi, da emozioni, ecc. 4.Irritabilità variabile secondo ora/giorno al superamento della soglia di stress. 5.Irritabilità che sopravviene al raggiungimento di una soglia di latenza: es. lasciare un muscolo in

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Trigger Point Therapy

corso pratico – linee guida

a cura della Dr.ssa L. Dalmaso

______________________________________

“A causa dei ripetuti insuccessi terapeutici si è diffusa l'opinione secondo la quale responsabile dell'insuccesso è il paziente che non segue le prescrizioni, piuttosto che le errate direttive terapeutiche. “e“Si considera sin troppo semplicemente, che il trauma sia sempre dipendente da un brusco contatto con l'esterno, non viene documentato l'aspetto traumatizzante della tensione posturale, delle posture occupazionali non fisiologiche o delle attività meccaniche erronee della vita di ogni giorno.....Oggi l'esame del paziente è così dipendente dalle macchine e dall'equipaggiamento che l'uso del tocco, della palpazione, l'esame manuale di articolazioni, muscoli e legamento, rischia di diventare un' arte perduta”( Rene Cailliet )

Premessa

Terminologia

I TP sono stati nel tempo e nello spazio geografico corporeo variamente definiti.

a) Sinonimi

Reumatismo muscolare: usato fino agli anni '50Mialgia come differenziazione dalla MiositeMielogelosi per la gelificazione delle proteineMiofibrosite interstiziale per l'alterazione anatomopatologicaSindrome algica miofasciale (anni '50)Miofascite definizione del '27 di origine burocratica ad uso delle assicurazioni per i rimborsi.Punti Trigger definizione del '36 di Edeikind e Wolferth. I loro testi i più seguiti/diffusiSindrome algico-disfunzionale miofasciale. Tuttora usato dagli odontoiatri. Schwartz 1954 col primo uso della procaina.

b) Sinonimi parziali

Fibrosite 1904Punti di Vallaix 1841Reumatismo nonarticolare 1962 American Rheumatological AssociationTermini dolorifici anatomici vari (es: lombaggine, sciatica, nevralgia...) dove il dolore può essere causato dal TP in sede remota e non dalla lesione in sede specifica

Caratteristiche cliniche

“Un TP miofasciale è una zona iperirritabile all' interno di una bandelletta contratta di un muscolo scheletrico, localizzata nel tessuto muscolare e/o nella fascia”La zona è dolorosa alla compressione e può evocare un dolore proiettato

Trigger Point attivo dolore in loco o proiettatoTrigger Point latente (Tender Point): è silente dal punto di vista del dolore ma causante limitazioni del movimento e debolezza del muscolo colpito. Può restare silente sempre o attivarsi con qualsiasi causa facilitante: stiramenti, fatica, freddo..Trigger Point satelliti: si sviluppano in facilitazione del TP primario su muscoli sinergici

Sintomi

1.Dolore proiettato di solito con topografia comune ma con molte eccezioni soggettive.2.Attivazione con sovraccarico, affaticamento, trauma diretto, freddo.3.Attivazione anche indiretta: da altri trigger, dl viscerale, da artrosi, da emozioni, ecc.4.Irritabilità variabile secondo ora/giorno al superamento della soglia di stress.5.Irritabilità che sopravviene al raggiungimento di una soglia di latenza: es. lasciare un muscolo in

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posizione accorciata troppo a lungo 6.Sintomi che durano a lungo dopo l'evento precipitante. “Dopo un trauma la maggior parte dei tessuti guarisce, ma i muscoli “imparano”; essi “imparano” ad evitare il dolore. I TP attivi si “abituano a controllarsi” limitando così il movimento di quel muscolo”. Un TP attivo torna latente, il dolore sparisce MA subentra una progressiva fase disfunzionale fino alla fase distrofica.7.Fattori concomitanti:vasocostrizione locale, disturbi dell'equilibrio, tinnito, alterata percezione del peso8.Rigidità e debolezza dei muscoli coinvolti.

Esame obiettivo

1.L'allungamento passivo o attivo causa dolore2.La possibilità di allungo è limitata3.Più c'è contrazione più aumenta il dolore (tipicamente: pongo il muscolo in accorciamento e poi lo allungo: l'allungo è impedito) 4.La massima forza contrattile è diminuita5.Dolenzia profonda e proiezione del dolore6.Disturbi funzionali non sensitivi (pallore e iperemia di ritorno,sudore, pelle d'oca..)7.Il muscolo oggetto del TP è contratto.8.Esiste una bandelletta palpabile e dolente9.La pressione digitale provoca il “segno del salto”10.La palpazione a scatto del TP evoca una rapida contrazione locale.11.La pressione moderata e protratta causa dolore nella zona proiettata12.Il test del piece roulè causa dolore.(¹)

Terapia e risposta

Il TP scompare immediatamente con una terapia specifica. Non sparisce subito la bandelletta palpabile specie se il TP era vecchio.Il muscolo, se la terapia è corretta deve riprendere la sua possibilità di allungoFacilita la risoluzione un impacco caldo dopo la terapiaIl risultato permane se il pz è educato al movimento.

Diagnosi differenziale

A) Occorre cercare:1.comparsa acuta o comparsa progressiva2.distribuzione topografica3.debolezza muscolare4.bandelletta contratta5.dolenzia specifica alla pressione6.risposta di contrazione allo stimolo7.riproduzione del dolore alla pressione8.eliminazione del sintomo col trattamento

B) TP non miofasciali-cutanei (spp cicatriziali)-nelle capsule, tendini e legamenti (Nota dell' autore: Travell considera questi come non miofasciali ed è vero in senso letterale, non appartengono alla mio-fascia ma sono comunque fasciali)-nel periostio: non è un vero e proprio TP ma causa lo stesso dolore proiettato e la cura è necessariamente l'infiltrazione, quindi non ci riguarda

C) Malattie1.Miopatie (polmiosite, dermatomiosite): debolezza muscolare con dolore di bassa intensità. Aumentata creatinfosfochinasi. Alterazioni cutanee (eritema, papule, dermatiti)2.Artriti3.Tendiniti e borsiti4.Nevralgie (es. trigemino, Ménière, torcicollo spasmodico, ecc5.Infezioni e infestazioni (virus, batteri, herpes, zecche, filariosi, ecc)6.Neoplasie7.Dolore psicogeno

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Meccanismi dei TP

Esiste una disfunzione miofasciale/neuromuscolare a monte che evolve in distrofica.La disfunzione è caratterizzata da:1. iperirritabilità delle terminazioni nervose. Si assume dovuta ad agenti sensibilizzanti (serotonina, prostglandine, istamina..); le fibre afferenti dal TP e relativa zona di dolore proiettato convergono su un neurone del tratto spino-talamico e la corteccia interpreta erroneamente;2. aumento del metabolismo/diminuzione del circolo:le fibre muscolari non si adeguano prontamente ad una modificazione energetica (es. carenze alimentari, ormonali, anemia, iperglicemia, alterazioni del metabolismo lipidico, ecc. ;3. formazione di bandelletta palpabile come contrattura delle fibre muscolari.

Patofisiologia Le rotture del reticolo sarcoplasmatico avvengono a causa di sovraccarichi muscolari (per es. trauma diretto, portamento errato ecc.). Questo genera una incontrollata liberazione di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico che porta in un secondo tempo ad una contrazione continua dei sarcomeri. La contrazione che si genera crea da parte sua una compressione dei capillari adiacenti, una diminuzione dell’apporto di ossigeno e di energia richiesti. Per questa ragione si forma la cosidetta crisi energetica con una conseguente e contemporanea diminuzione del riassorbimento di ioni calcio da parte del reticolo sarcoplasmatico, facendo in modo che il meccanismo responsabile della contrazione si autoalimenti. Da qui via si avrà una liberazione di sostanze vaso-attive e neuro-attive che andranno a stimolare le fibre nervose nocicettive. Le stesse libereranno dalle proprie terminazioni nervose la sostanza P. La placca motrice dal canto suo contribuirà ad alimentare il circolo vizioso grazie all’aumento della liberazione di acetilcolina.

Questo però spiega ancora una volta ciò che avviene ma NON perchè avviene.

Proviamo a indagare i perchè partendo da questa immagine sotto:

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Vediamo la differente lunghezza dei sarcomeri: il primo è normale, il secondo è aggredito dal TP ma soprattutto vediamo come la fibra compensa: se alcuni sarcomeri non sono in grado di allungarsi, i restanti devono compensare. E' lo stesso principio di Mézières: “si allunga solo ciò che è lungo o può allungarsi”. Il resto rimane accorciato.

Qui sotto invece vediamo in sezione cosa succede alle fibre applicando una pressione.

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Oschman JL, Oschman NH: Readings on the Scientific Basis of Bodywork, Energetic, and Movement Therapies, N.O.R.A., Dover, NH, 1997 (p. 17). Riprodotto col permesso di N.O.R.A.

E allora il punto diventa questo:Gli scritti della Travell trascurano la biochimica della fascia evidenziata dai primi osteopati e da Ida Rolf (che non conosceva affatto tanto da attribuirle pratiche assolutamente non pertinenti ¹ ) e poi evidanziati da tutta l'osteopatia successiva. Essendo il suo testo del 1983 avrebbe dovuto conoscere questi ambiti della fisioterapia USA, tanto più considerando che la loro diffusione in quel paese avveniva fra gli anni '70 e '80 in ambienti elitari come il suo. Esistevano quindi delle convenienze a questo tipo di visione dei TP che pure comunque resta fondante.

Continuiamo dicendo che l'indurimento palpabile è costituito da un deposito di tessuto connettivo (reperti istologici), spesso accompagnato (ovviamente) da essudato e depositi di mucopolisaccaridi, che esiste

una gelificazione dei colloidi muscolari, il muscolo rimane accorciato e va in spasmo.

Tutto questo col trattamento diventa chiaro e ovvio se ci riferiamo alla fisiologia della fascia, al motivo per cui il collagene si addensa, crea strutture di legame che interconnettono (anche lontane del punto in questione! La fascia è the endless web!) fino ad addensarsi in strutture fibrose che impediscono la mobilità, gli scambi e il corretto metabolismo. Tant' è che ci si avvicinerà poi a questo attribuendo la formazione di bandelletta palpabile al metaboliamo del calcio/ATP sul legamento actina/miosina. Si continuerà però a perpetuare l'errore di ritenere che la causa primaria sia dove avviene la lesione. Con qualche spiraglio come vedremo.

(¹) La Travell scrive che il test del “rotolamento” o pience roulè è sinonimo di Rolfing. Sta in verità nello stesso rapporto con cui il vocabolo “divino” è relato a “di vino”.

Esame e trattamento

Ciò che maggiormente segnala l'esistenza di un TP è il dolore proiettato. Dobbiamo dunque conoscere la geografia delle zone di dolore. Ma è pur vero che riferita una zona di dolore possiamo ricercare il TP che normalmente risiede nelle connessioni anatomiche e nell'unità miotattica.Importante è la ricostruzione dell'evento (se c'è) o del gesto dannoso che ha portato alla formazione del TP.A monte però troviamo quasi sempre una struttura che non ha retto, alla “goccia che ha fatto traboccare il vaso”: sforzi eccessivi, incongrui, movimenti ripetitivi, posture, ecc vanno insidiosamente a sfociare in TP. Ma non di meno cattivi stili di vita alimentari o sportivi. (troveremo sport come il ciclismo, il podismo, la maratona, ecc che portano assai spesso ad una costellazione di TP)L'esame del paziente va fatto quindi osservando la postura, i movimenti, la struttura, la simmetria e le linee di tensione. Rapidamente vedremo quali muscoli o catene sono in posizione accorciata.L'esame manuale si farà andando nella direzione delle fibre e ricercando la bandelletta contratta. Possiamo essere distratti da una corretta verifica quando il TP comprima un nervo e il dolore si trasmette in una sede assai lontana (tipicamente lo sciatico intrappolato nel piriforme) oppure quando la palpazione è assai vicina al tendine, aponeurosi, osso, tanto che l'indurimento delle fibre può equivocarsi. Una buona conoscenza dell'anatomia, pratica e sensibilità della mano eviterà questo.

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TRATTAMENTO

I trattamenti per la Travell si basano sullo spry come lavoro principe, poi sull' infiltrazione e solo successivamente su tecniche alternative come:-compressione ischemica-massaggio-allungamento-ultrasuoni.In subordine a questi abbiamo il calore, i farmaci e il biofeedback.Riporta poi che alcuni medici hanno avuto risultati con la stimolazione elettrica e/o galvanica.(Ricordiamo che siamo nel 1983...)

NB: La compressione ischemica NON è una digitopressione ma il muscolo nella sua parte non dolente viene allungato fino a raggiungere il TP. Solo allora il TP viene pressato ma in modo tollerabilmente doloroso. La pressione si tiene 7-10 secondi e si ripete. Si usa dito, pollice, nocche, gomito, secondo zona e profondità. Se è mal calibrata causa una maggiore attivazione del TP e possibile sollecitazione anche dei Tender Points come meccanismo di difesa.

Massaggi.

Il massaggio non va fatto quando i TP sono molto/troppo dolorosi. Allora si deve ricorrere a una tecnica fasciale osteopatica e non di release. In ogni caso s'è osservato che il massaggio è il trattamento più efficace, che deve essere concreto e non “a carezza”, pesante ma non a impastamento.La Travell definisce il massaggio per i TP “a stripping”. Lo stripping è una “strisciata”, uno strofinamento lento e profondo. Il paziente deve essere in posizione confortevole, la cute moderatamente lubrificata (MAI olio!) quindi da un punto, preferibilmente fissato, si striscia verso il TP “mungendo” da muscolo, fibre e fascia i loro fluidi. In passaggi successivi si va aumentando il peso e l'ingresso nel tessuto finchè il TP sparisce.Deve però iniziare a carezza per avviarsi ad essere profondo. ( E qui il come appartiene alla parte pratica: ricordarsi che si parte da fermi, si respira col paziente, si porta il peso sul punto, si affonda dolcemente e si striscia)

Nella mia esperienza anche se non sparisce il TP, basta che si riduca: il movimento, il calore, la percezione del rilassamento, il minor dolore, lavoreranno da soli per noi.Un' altra tecnica più simile alla digitopressione è il massaggio a circoli dove si deve fare attenzione a che siano lenti e “in scarico” e non “in carico”. Tuttavia è meglio chiedere al paziente cosa sente più vantaggioso: le eccezioni sono frequenti.Non si usi invece il trasverso (e mai il trasverso tipo Cyriax) se non in extrema ratio e comunque in alternanza con le altre tecniche.La Travell poi nomina il massaggio col ghiaccio, che è stato successivamente molto contestato in quanto provoca un accorciamento delle fibre e nomina anche la terapia periostale che null'altro è per lei se non una digitopressione.

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Approfondiamo il massaggio

La tecnica si basa sostanzialmente sull'allungamento con una distrazione.Che significa: che le fibre muscolari vanno trattate allungandole ma poiché ciò è doloroso o può esserlo si ricorre ad una distrazione del paziente, al convogliare la sua attenzione su altro.Per questo la Travell usa lo spray freddo (situazioni più complesse richiedono l'infiltrazione).

Ma la Travell aveva interesse allo spray freddo: era economicamente coinvolta con l'azienda che produceva il fluorimetano mentre per le infiltrazioni di procaina pare fosse in accordo con l'AOA (odontoiatri). Inoltre è provato (ma anche intuitivo) che per rilassare vale di più un impacco caldo che non una sferzata di gelo. I chiropratici dal canto loro usano la “pistola”, gli agopuntori usano gli aghi, altri terapisti usano la parola. Ma tutto questo si bypassa se si calibra lentezza e peso del gesto terapeutico.

Il segreto sta nella relazione fra la mano e il muscolo implicato, fra la mano e le strutture fasciali. Sta nella nostra percezione di quel muscolo, del suo comportamento,Dunque lo allungo, compio movimenti attivi e passivi, stretching, dò esercizi da fare a casa con correzione delle cattive abitudini posturali e recupero della corretta fisiologia del movimento attraverso un percorso che è anche educativo. V. poi.

[ Nota psicologica: là dove si consiglia movimento attivo e passivo, esercizio a casa, autocorrezioni, ecc. si deve fare la massima attenzione alla persona che si ha di fronte: una persona attiva, energica, nel pieno del lavoro deve sperimentare la passività, non può avere altri “compiti” da fare in modo attivo, pena il fallimento terapeutico. Al contrario una persona triste, depressa, stanca, non attiva non deve essere passivizzata altrimenti si va allo stesso modo verso il fallimento. Inoltre nel primo caso avremo un paziente deluso, se non ostile o arrabbiato che ci attribuisce una incapacità, nel secondo avremo un paziente dipendente.Ciò come regola di massima ed ovviamente generalizzando poiché è assai frequente anche il passivo ostile o l'attivo depresso. Motivo per cui consigliamo da sempre a chi opera sul corpo una buona cultura in psicologia.Al 50% è la relazione che guarisce, è la relazione che ferisce. ]

Lo stiramento attivoTutti conosciamo i metodi di stretching, la messa in tensione senza creare tensione, i tempi, il ritorno, ecc.Tutti conosciamo il concetto di catene muscolari, i presupposti nati con la Mézières, ecc. quindi non ci dilungheremo nello stiramento attivo.

Lo stiramento passivoLa tecnica consiste nel mettere in tensione la parte implicata dal TP possibilmente creandoci un punto fisso. Poi agendo manualmente stiriamo il muscolo “scollandolo” dalle strutture circostanti, allungando le fibre ed agendo con la regola: più è il peso, maggiore è la lentezza; più è la profondità, più è la lentezza.Attenzione: la troppa lentezza porta a risultati che vanno

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dal grande rilassamento all'eccessivo rilassamento con problemi di gestione del paziente che sarebbe troppo lungo descrivere qui e che rientrano in tutt'altro tipo di bodywork da lasciare agli psicologi.E' dunque cosa che va evitata

Il movimentoTecnica non contemplata dalla Travell ma mutuata dal Rolfing Mouvement: stirare passivamente mentre il paziente compie un movimento di allungo e ritorno molto lento della parte trattata oppure esercita la funzione propria di quell'unità motoria (es: mentre si sta trattando uno sternocleido il paziente ci/si aiuta girando lentamente la testa dal lato opposto e poi ritorna)

L'educazione Accompagna questo una importante fase educativa di percezione del corpo e di “cosa fare” .A) educazione al rilassamentoPurtroppo a questi pazienti si deve insegnare1.come respirare. Nessun diaframma contratto permetterà alcunchè.2.Come “spegnere” l'unità motoria. Il Training autogeno è il sistema più conosciuto ma anche solo riuscire a far sperimentare una sola volta la differenza fra parte libera e rilassata e parte contratta porta ad una profonda consapevolezza fisica e non solo mentale. Come: ogni volta che trattiamo e otteniamo un risultato facciamo testare la differenza. B) educazione al gesto, alle posture, ai rimedi: questa fase, intuitiva in ogni terapista consiste nel consigliare cuscini, materassi, supporti, movimento, attività, ecc. e fa parte anche dei “segreti di bottega”.

La relazione e il tempoSono due cose fondamentali. Dobbiamo entrare in relazione con quel muscolo, quella fibra, quelle strutture. Esse hanno una tempra, un carattere, un umore e ci parlano come in natura ci parla un fiore, un albero, un paesaggio. Percepirle significa capire chi sono anche a volte indipendentemente dal paziente. Parliamo del loro carattere in relazione agli altri muscoli, parliamo di un “corpo musicale” fatto di elementi che suonano o stonano. Dobbiamo parlare con lui, lei o loro, dobbiamo indurre lo stonato a relazionarsi con l'orchestra e diventare intonato o meno stonato. Dobbiamo capire che un quadrato dei lombi facilmente è un “tipo duro”, poco ragionevole, ostinato e forse poco intelligente. Che lo psoas è un soggetto volubile, si impegna troppo o troppo poco, facilmente presenta anomalie anatomiche, questo stesso fatto lo fa essere un soggetto bizzarro, uno spilungone che si inchioda intestardito nel pretende di gestire il quadrato, i rotatori e l'equilibrio del bacino. E come tutti gli alti e lunghi è sensibile ai “colpi di vento” ossia a un intervento rapido e brusco. Liberate uno psoas a un calciatore con la pubalgia e vi sarà riconoscente. Ed ecco che abbiamo già relazionato lo poas con gli adduttori... “mettere in relazione” “avere un corpo relazionato” diceva Ida Rolf e lo sa bene chi ha fatto esperienza di schiena che non regge, gambe che tremano, piedi che non appoggiano mentre il resto magari funzionerebbe e sta cercando compensi.Purtroppo nella società occidentale questi input che noi mandiamo e che il paziente percepisce a livello concreto o subliminale, confliggono con l'eccesso di stimoli che già di suo il corpo riceve. Che significa: che un corpo regge dai 20 ai 70 minuti una correzione, una relazione di questo tipo, dopo va in overdose e non risponde più.Ebbene dobbiamo capire quando non risponde più. Da quel momento siamo perdendo tempo in due e rischiamo il peggio: lo “stretch reflex” neurologico ossia un irrigidimento e una chiusura che non sappiamo quanto durerà. Poi diremo che è colpa del paziente...

Se queste cose non sembrano o non diventano possibili c'è da domandarsi se non si sia sbagliato a scegliere un lavoro.

Bibliografia

1. Travell J, Rinzler SH. The myofascial genesis of pain. Postgrad Med. 11:425-434, 1952 2. Travell J. Introductory remarks. In Ragan C (editor) Connective Tissues. Transaction of 5th

Conference, pp. 12-22. New York, Josiah Macy, Jr Foundation, 1954. 3. Travell J, Simons DJ. Myofascial pain and dysfunction. The trigger point manual. Williams and

Wilkins, Baltimore, 1983. 4. Travell J. Myofascial trigger points. In Recent Advances in Pain Research and Therapy. Bonica JJ

and Albe-Fessard D (editors). Vol. 1, pp. 919-926, 1976, New York, Raven Press.5. Oschman JL, Oschman NH: Readings on the Scientific Basis of Bodywork, Energetic, and

Movement Therapies, N.O.R.A.6. Journal of Bodywork and Movement Therapies,

http://www.sciencedirect.com/science/journal/136085927. Ginevra L. Liptan, Fascia: A missing link in our understanding of the pathology of fibromyalgia in

Journal of Bodywork and Movement Therapies Volume 14, Issue 1, January 2010, Pages 3-12

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Questa parte finisce qui. Continua con la dispensa di Deep massage/Miofasciale. Prosegue infine con le pagine di analisi dei più comuni TP.Illustrazioni anatomiche per gentile concessione di Craddock & Associates, Farmer City, Illinois.

Principi Generali della Trigger Point Therapy

Parte pratica

Partiremo dal piede come deve essere in ogni buon corso di Deep Massage che permetta poi di avere una prospettiva evolutiva verso il posturale. ¹

Tuttavia il modello principe di cosa succede e cosa fare, lo abbiamo sul trapezio perchè come primo impatto è di grande evidenza ed è un TP estremamente diffuso.

1. 2. 3.

Le crocette segnano il punto di rilevamento del TP mentre le aree rosse segnano le zone di dolore riferito.Un paziente di questo tipo è riconoscibile anche posturalmente :

Immagine a sinistra: la prima ha le spalle arrote in avanti = aumenta la cifosi dorsaleLa seconda: col tempo collassa anteriormente e va in iperlordosi cervicale conripercussioni sulle vertebre in particolare sui dischi. Questa iperlordosi provocherà, per sostenere la testa, tutta una serie di contratture e trigger a livello dell'elevatore del capo, scaleno e soprattutto sternocleido. L'arrotamento della spalla porterà ad accorciamento dei pettorali con probabili tender point in sede.Per liberarsi del dolore fastidioso del TP cercherà istintivamente di allungare la muscolatura dorsale andando nel senso della

lesione.

Palpazione

La figura a lato è come fare una palpazione ed è da leggersi a due colonne in verticale.

Sinistra: in A il dito scivola alla ricerca del TP spostando la cute da un lato, in B lo rileva e in C trascina la cute dal lato opposto.

Destra: in A la mano “pizzica” le fibre, in B la bandelletta viene fatta rotolare sotto le dita. In C si rilascia e questo talvolta provoca una

¹ Ciò perchè, in armonia con la Mézières ma non meno con Ida Rolf, i problemi posturali sono per lo più ascendenti. Il piede, dopo il diaframma è la parte che attiviamo maggiormente.

Ricordiamo qui, en passant, che studi elettromiografici tedeschi dimostrano che il soleo si attiva al solo pensiero di un qualsiasi movimento. Della serie “l'uomo è fatto per camminare” e contrastando fortemente l'ipotesi oggi attiva, anche economicamente, che sia l'occlusione a essere dominante. I masticatori sono sì muscoli potenti ma mai come l'arco plantare, sostengono sì un considerevole numero di kg ma mai come l'arco plantare e per quanto le tensioni facciano serrare la bocca o l'occlusione essere da correggere, avremo sì un coinvolgimento ma al limite fino in cervicale e irrilevante in rapporto a ciò che è la gravità sulla struttura e il lavoro-peso portato da un piede.

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contrazione di risposta. Si notino sotto le 3 figure accostate dove:A. abbiamo una palpazione del TP di figura 1, a pizzicoB. abbiamo una palpazione a “scivolamento” del PT di figura 2 C. abbiamo la palpazione del PT di figura 3.

Notare le posizioni in figura C: il terapista con la mano sinistra stira il trapezio in senso trasverso, il paziente porta il braccio in serto per coadiuvare.Ora sappiamo che dobbiamo procedere in due modi:a) mettere la parte in stretching (se possibile) b) trattarla.

Ogni terapista utilizzerà la propria esperienza e questi di seguito sono solo alcuni modi possibiliQuesta è la posizione che introduce il metodo di trattamento. Ossia stirare le fibre in ogni senso possibile avendo ben presente inserzioni del muscolo e direzione delle fibre.

Questo è una delle possibili posizioni per stirare il trapezio superiore.La mano destra qui tiene in tensione mentre la sinistra opererà una trazione del muscolo DA UN' INSERZIONE ALL'ALTRA.

Questo è un tipico lavoro di stiramento-pressione-rotolamento che si fa con un trigger del trapezio alto ma non di meno sovraspinato, elevatore della scapola, erettore del capo, ecc. Ed èanche un tipico lavoro di Deep Massage.

A destra:un altro modo di procedere ma sul trapezio medio

Nell' immagine A metto in tensione la spalla e nell'immagine B tratto il

trapezio palpando e stirando le fibre.

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Mappa dei trigger -1-

adduttore dell'alluce e flessore breve

interossei plantari

quadrato

abduttore dell'alluce

estensore breve dell' alluce

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estensore delle dita e dell'alluce

flessori delle dita e dell'alluce

interferenza del plantare fra gamba e piede: il suo tendine,lunghissimo, si inserisce lateralmente/medialmente all'Achille.Il TP spesso si confonde con quello del popliteo.

trigger sul soleo

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tibiale post. E anteriore

peronieri

gastro

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Mappa dei trigger -2-

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trigger del gluteo

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Mappa dei trigger -3-

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