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LORENZA DALMASO Deep Tissue Massage DOCUMENTO PRE-CORSO Edizioni ATLANTIS

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LORENZA DALMASO

Deep Tissue Massage

DOCUMENTO PRE-CORSO

Edizioni ATLANTIS

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SOMMARIO

Capitolo 1

Il connettivo e la fascia pag. 1

Collagene ed elastina pag.3

Il collagene semiconduttore pag.6

Matrice e patologie pag. 7

La fascia pag 10

I recettori pag.13

I recettori sensoriali pag 14

La comunicazione sinaptica pag 18

La comunicazione cellulare pag. 20

I miofibroblasti pag 24

Biomeccanica della fascia profonda pag 25

La funzione di tensegrity pag. 28

La postura pag 28

Il ruolo dello stress pag 31

La relazione e il tempo pag 33

Allegato 1. Note sul tessuto connettivo (Langevin)

Allegato 2: Trigger point therapy

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INTRODUZIONE

Documentazione per gli iscritti al corso di Deep Tissue Massage.

Intende dare una piattaforma comune ad allievi provenienti da formazioni diverse

e in tal modo poter abbreviare la durata del corso.

Ovviamente va letto prima di frequentare.

Si ricorda che:

- il Deep Tissue Massage include Trigger Point Therapy e Joint Release in quanto

nella pratica non e' possibile fare le une senza le altre.

- parliamo di DTM americano nella formula originale, quello di base nella loro

fisioterapia come nella nostra e' lo svedese.

- e' la piattaforma su cui costuire molto altro terapeutico ma in particolare avvia

alla posturologia e, ancora piu' precisamente, quella nata questo lavoro e con esso

connaturata, che e' il Rolfing. Per il Rolfing rimandiamo alle scuole ufficiali e

www.rolfing.it.

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 Il  connettivo  e  la  fascia    

 Fino  a  ieri  il  massoterapista  si  trovava  di  fronte  ad  una  descrizione  del    corpo  come  una  struttura  ossea  tenuta  assieme  da  muscoli.    Poi,  negli  anni  70  ha  imparato  che  i  muscoli  sono  organizzati  in  catene  e  che  la  tensione  viaggia  sulle  catene  cercando  compensi.    [A  dire  il  vero  dopo  40-­‐50  anni  sono  pochi  gli  ortopedici  che  ci  credono.]  Allora  non  si  sapeva  nulla  di  fascia  o  matrici,  esse  non  esistevano  neppure  negli   atlanti   anatomici   visto   che   non   servivano   al   chirurgo   del   '900   e  dobbiamo  andare  molto  indietro  per  trovare  la  loro  descrizione.    Pero'   in  America,  era  gia’  nata   l'osteopatia.    Negli  anni  50  vari  osteopati  facevano  i  "medici  ambulanti"  e  diffondevano  conoscenze.  Piano  piano  la  fascia  prende  un  posto  di  evidenza  e  spessore  nello  studio  dell'  anatomia.  Questo  ridefinira'  gran  parte  della  terapia  manuale.      L'Europa   resiste.   Dopotutto   il   massaggio   svedese,   il  massaggio   riflessogeno   della   Dicke/Leube,     il  Mezieres,  il  Souchard..  erano  prodotti  locali,  avevano  creato   stuoli   di   terapisti,   il   mercato   conosceva   il  prodotto   e   la   fascia   fu   lasciata   ai   pochi   osteopati  inglesi.      Solo   in   anni   recentissimi,   l'osteopatia   si   diffonde.   Lo   fa   anche   in  misura  eccessiva.  Lo  fa  al  punto  che  grandissimi  osteopati  di  vecchia  scuola  oggi  la   disconoscono   tanto   e'   massificata   e   uscita   dai   canoni.   Tuttavia   gran  parte  dei  terapisti  resta  ancorata  alle  vecchie  terapie  o  tutt'  al  piu'  integra  pezzetti  di  osteopatia  nel  proprio  sapere.    Complice   in   questo   la   classe   medica   per   la   quale   l'anatomia   e'   ancora  chirurgica  e  complice  il  piu'  generale  degrado  formativo.          Ora   procediamo   per   passaggi   alla   fine   dei   quali   sara’   chiaro   perche'  lavoriamo  in  questa  maniera  e  che  senso  ha.    Conosciamo  tutti  i  tessuti  connettivi.  Lo  dice  la  parola:  connettono.    Sono  di  vari   tipi:  denso,   lasso,  adiposo,  cartilagineo,  osseo.  Anche   linfa  e  sangue  sono  tessuti  connettivi.    Il  tessuto  connettivo  e'  la  base  di  tutta  la  fascia.  Rappresenta  praticamente  il   70%   dei   tessuti   umani.   Qualsiasi   nome   abbia,   ha   sempre   la   stessa  

L'anatomia e' chirurgica. Le terapie sono muscolari

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struttura   anatomica   embrionale.   Tra   un   osso   ed   una   aponeurosi,   ad  esempio,   non   vi     e’una   fondamentale   differenza.   La   sola   differenza   e’   la  distribuzione  degli  elementi  che  li  costituiscono  e  le  sostanze  fissate.    

Embriologicamente  la  maggior  parte  dei  tessuti  connettivi  derivano  dal  mesoderma.  Alcuni   tessuti   connettivi   del   cranio  derivano  direttamente  dal  neuroectoderma.  

Quello   che   fino   a   poco   fa   era   considerato   un   tessuto   di   connessione   e  riempimento,   e’in   realta’   un   sistema   o   organo   con   innumerevoli  fondamentali   funzioni.   La   cosa   e'   stata   vista   e   sviluppata   da   Ida   Rolf  ancora   negli   anni   50   che   ha   correttamente   chiamato   questo   sistema  "l'organo  della   forma"   in  quanto  presiede  alla   forma   fisico/estetica  che  ha  un  corpo.  

Funzioni  del  tessuto  connettivo:  mantenimento  della  postura,  connessione  e  protezione  organi,  equilibrio  acido-­‐basico,   metabolismo   idrosalino,   equilibrio  elettrico   ed   osmotico,   circolazione   sanguinea,  conduzione   nervosa,   propriocezione,   coordinazione  motoria,   barriera   ai   batteri,   sistema   immunitario  (leucociti,   mastociti,   macrofagi,   plasmacellule),  processi   infiammatori.   riparazione   e   riempimento  zone  danneggiate,  riserva  energetica  di  lipidi,  acqua  ed   elettroliti,   riserva   di   1/3   delle   proteine  plasmatiche,   comunicazione   intercellulare  ed  extra-­‐intracellulare.  

 Ma  e'  la  fascia  quello  che  ci  interessa.    Che   cosa   'e   la   fascia?   Descritta   meglio   piu'   avnti,   la   fascia   e'   una   rete  ininterrotta   che   lega   tutto,   avvolge   fibre   muscolari   e   organi   e   che   si  presenta  molto  diversa:  qui  sottilissima,  la’  densa  fino  a  diventare  tendinea.    E'  una  rete  infinita,  continua,  priva  di  interruzioni  che  lega   le   strutture,   avvolge   le   singole   fibre  muscolari,  permette  a  un  muscolo  di  estendersi  e  contrarsi  come  un  pistone  in  una  camera,  si  fa  durissima  dove  deve  legarsi  ad  un  osso  e  morbida  ed  elastica  dove  deve  sostenere  visceri.  

La fascia e' una rete senza fine

Il "connettivo" sono tessuti diversi. Fascia e Matrice ne fanno parte e determinano un sistema, un vero organo, l' organo della forma.

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Questi   tessuti   sono   immersi   nella   cosiddetta   Sostanza   Fondamentale   o  Matrice  o  Matrix  o  Liquido  lacunare.    Matrix:   lo   dice   il   nome   stesso   e'   generatrice.   E'   una   sostanza,   fluida   o  gelatinosa  che  troviamo  a  partire  fin  dall'  esterno  della  cellula.  Ed  e'  uno  dei   principali   luoghi   di   trasformazione,   di   processi   metabolici,   di  nutrimento  e  depurazione.    Questa  sostanza  permette   il   funzionamento  della   fascia.  Questo   insieme:  fascia  e  matrice,  che  Ida  Rolf  chiamava  "l'organo  della  forma"  e'  un  vero  e  proprio  interessantissimo  laboratorio  biochimico.    

Questo   insieme   di   tessuti   composto   da   un   solo  elemento  ha  portato  la  nozione  di  "globalita'"  sulla  quale   si   basano   tutte   le   tecniche   moderne   di  terapia  manuale.    Dalla  globalita’  deriva  che  la  minima  tensione,  che  sia   attiva   o   passiva,   si  ripercuote  su  tutto  l'  insieme.  (il  concetto  della  maglietta  di  Ida  Rolf).      Tutti  gli  elementi  anatomici  possono  in  tal  modo  essere  considerati  solidali  gli  uni  agli  altri.    Ma  non  anticipiamo.        

   Collagene  ed  elastina    Come  tutti  i  tessuti,  il  connettivo  e’  formato  da  cellule  connettive:  i  blasti.  Vi  sono  osteoblasti  nell'  osso,  condroblasti  nella  cartilagine,  fibroblasti  nel  tessuto   fibroso.   Queste   cellule   comunicano   tutte   attraverso   i   loro  prolungamenti  protoplasmatici.    La  loro  fisiologia  consiste  nella  secrezione  di  due  proteine:    -­‐il  collagene  -­‐l'  elastina.    E  la  fascia  e'  fatta  principalmente  di  collegene  ed  elastina.        Parliamo  subito  dell'  elastina  che  e'  la  meno  interessante.    

Fascia e Matrice sono solidali

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I   tessuti   hanno   bisogno   di   tre   qualita’   per   la   propria   funzione:   essere  robusti,   resilienti   ed   elastici.   Non   basta   robusti   ed  elastici,  devono  anche  essere  resilienti,  ossia  capaci  di  adattarsi  alla  situazione.    Il  perche'  e'  ovvio:  se  noi  contraiamo  un  braccio  per  sollevare   un   peso   o   lo   allunghiamo   per   afferrare  qualcosa,  il  braccio  deve  poter  tornare  a  riposo  o  non  fara’  nessun  altro  gesto.  E  deve  poter  fare  questa  azione  con  pesi  diversi,  temperature   diverse,   stress   e   situazioni   in   generale   diverse.   Essere  dunque  resiliente.  Ovviamente  nei  limiti  comprensibili.    Le  fibre  elastiche  permettono  questo  e  sono  composte  nella  maggior  parte  di  elastina.    L'elastina   e'   una   proteina   idrofobica,   ricca   di   glicina   e   prolina,   si   trova  abbondante   nei   vasi   sanguigni   determinandone   l'importantissima  elasticita’.    E'  poi  presente  nei  legamenti,  nel  polmone,  nella  cartilagine,  nella  vescica  e  nella  cute.  Nel  derma  la  sua  densita’  e  volume  tendono  ad  aumentare  e  l'elastina  quando  e'  vecchia  appare  in  genere  ingrossata,  quasi  tumefatta,  spesso  spezzettata.    L'elastina  pero'  e'  una  proteina  di  lunga  durata  e  stabile.    Vale  a  dire  che  ci  viene  data  alla  nascita  e  non  possiamo  modificarla  con  la  terapia  manuale  come  facciamo  con  il  collagene.  Dunque  poco  ci  interessa.      Il  nostro  focus  e'  invece  il  collagene.    Facciamo  un  passo  indietro:  ogni  piccola  fibra  muscolare  e'  avvolta  dalla  fascia,   similmente   a   un   pistone   in   una   camera   di   compressione.   O   se   si  preferisce  alla  pompa  di  una  bicicletta.  Per  scorrere  la  pompa  deve  essere  lubrificata.   A   questo   provvede   la   sostanza   fondamentale   o   matrix   o  matrice   extracellulare.   Un   liquido,   fluido   o   gelatinoso,   nel   quale   tutto   e'  immerso  e  che  troviamo  a  partire  dall'  esterno  delle  singole  cellule.    La   Matrice   ExtraCellulare   e’generalmente   descritta   come   composta   da  alcune  grandi  classi  di  biomolecole:  -­‐Proteine  strutturali  (collageni  ed  elastina)  -­‐Proteine  specializzate  (fibrillina,  fibronectina,  laminina  ecc.)  -­‐Proteoglicani   (aggrecani,   sindecani)   e   glusamminoglicani   (ialuronani,  condroitinsolfati,  eparansolfati  ecc.)    Il   tessuto   connettivo   (cartilagini,   ossa,   tendini,   legamenti,   fascia)   e'  costituito  in  misura  molto  importante  dal  collagene.  Anzi,  i  collageni.    

Elastina: proteina data e non modificabile

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Il   collagene   e'   la   piu'   abbondante  proteina  del   corpo  umano.   Struttura   i  nostri  corpi,  ossia  da’   loro   la   forma  (!),  protegge  e  sostiene   i   tessuti  piu'  morbidi  (pensiamo  al  viscerale)  e  li  collega  con  lo  scheletro.  Ne  esistono  molti  e  diversi,  ne  sono  stati  identificati  circa  42  tipi.    Ognuno   ha   una   sua   particolare   localizzazione   e   si   ritiene   che   le   loro  diverse  proprieta’  strutturali  e  meccaniche  dipendano  dalla   loro  miscela  nelle  fibre.    I   collageni   sono   glicoproteine   fibrose   che   svolgono   la   loro   funzione  esclusivamente  nel  liquido  interstiziale  (o  matrix  o  matrice  extracellulare)  I  collegeni  di  tipo  I  (collagene  fibrillare)  appartengono  alle  ossa  e  i  tendini  e  sono  organizzati   in  tripla  elica,  alcuni  possono  creare  legami  incrociati  di  notevole  resistenza  strutturale,  altri  hanno  una  struttura  interrotta  che  determina  la  flessibilita’.      Importante   notare   che   alcune   proteine   di   tipo   collagene   o   simili   sono  proteine   di   membrane   e   interagiscono   con  moltissime   molecole.   Sono   fondamentali   nel  determinare   la   resilienza   e   la   capacita’   delle   nostre  strutture   a   sostenere   la   tensione,   la   resistenza,   la  compressione.    Negli  USA  lo  chiamano  familiarmente  "glue"  (colla).    E   come   tutte   le   colle   che   conosciamo   puo'   essere  densa   fino   a   dura,   fluida   fino   a   semiliquida,   poco  adesiva  o  permanente.    Chi  crea  collagene?    I  fibroblasti,  le  cellule  muscolari  liscie,  ma  anche  l'epitelo  genera  collagene  Quando?    Soprattutto  quando  e'  sottoposto  a  un   lavoro  con   lo  sforzo,   l'esercizio,   il  carico.    Il   collagene  non  si   comporta  sempre  nello  stesso  modo:  esistono   fibrille  non   orientate,   i   tendini   hanno   fasci   di   fibrille   parallele,   il   derma   le  possiede  eterogenee.    Sappiamo   che   le   fibre   di   collagene   sono   in   grado   di   caricarsi   d'acqua   e  scambiare  ioni.  Il  che  ci  porta  direttamente  alla  conduzione  elettrica  (ci  si  ricordi   della   pila   imparata   a   scuola!).   Ovviamente   e'   una   corrente  piezoelettrica  e  le  fibre  si  comportando  da  semiconduttori.            

Il collagene e' uno dei bersagli primari. E' un gel, colloso che diventa sol col calore e la pressione.

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Il  collagene  semiconduttore.    I   collageni   di   fibre   associate   con   tripla   elica   interrotta   ci   interessano  molto,  fino  ad  essere  uno  dei  focus  del  lavoro  in  massoterapia.    In  qualche  modo  il  collagene  viene  prodotto  e  rimetabolizzato  in  funzione  del   carico   meccanico   che   subisce   e   le   sue   proprieta’   visco-­‐elastiche  comportano,   come   vedremo   dopo,   un   grosso   impatto   sulla   postura  dell'uomo.    Ad  ulteriore  dimostrazione  della  capacita’  del  collagene  di  modificarsi   in  base  alle  influenze  ambientali,  assumendo  ad  es.  gradi  variabili  di  rigidita’,  elasticita’   e   resistenza:   esistono   collageni   FACIT   (Fibril   Associated  Collagen  with  Interrupted  Triple  helices)  in  grado  di  agire  funzionalmente  come  i  proteoglicani.    Per   farla   semplice:   i   proteoglicani   sono   costituenti   legati   a   proteine   e  formano  complessi  proteici  di  peso  elevato.  Si  legano  a  grandi   quantita'   di   acqua   formando   gel   idrati   con   alta  densita'   di   cariche   negative   che   attraggono   acqua   e  cationi   idrati.   (Pro   memoria:   anodo-­‐catodo-­‐elettroni..nozioni  basiche  sulla  pila).  Questa  idratazione  crea   uno   stato   di   turgore   nella   matrice   che   la   rende  capace  di   essere   resistente   alle   forze  di   compressione.  Insomma  potete  immaginare  un  materasso  di  acqua.    Non  bastasse  essendo  pososi  e  idratati  consentono  la  rapida  diffusione  di  molecole  idrosolubili  e  la  migrazione  di  cellule.  A  questo  punto  capiamo  come  le  fibre  di  collagene  possiedono  proprieta’  di  biosensori  e  bioconduttori,  come  le  loro  cariche  elettriche  comportano  una  maggior  capacita’  di  legare  acqua  e  scambiare  ioni,  quindi  hanno  una  una  maggior  capacita’  elettrica.    Sappiamo  quindi  che  qualunque  forza  meccanica  capace  di  generare  una  deformazione   strutturale   sollecita   i   legami   inter-­‐molecolari,   produce   un  leggero   flusso   elettrico   (corrente   piezoelettrica).   Le   fibre   di   collagene  distribuiscono   le   cariche   positive   sulla   propria   superficie   convessa   e   le  negative   su   quella   concava,   trasformandosi   cosÍ   in   semiconduttori  (consentono  il  flusso  di  elettroni  sulla  loro  superficie  a  senso  unico).      Per   gli   "elettricisti":   l'energia   piezoelettrica,   come   la   piroelettrica   (da  stimoli   termici)   viene   neutralizzata   dagli   ioni   circolanti   in   tempi  brevissimi   (ca.   10-­‐7   secondi).   La   propagazione   del   segnale   ha   una  velocita’  pari  a   circa  64  m/s   (corrispondente  alla  conduzione  delle   fibre  

Il colla-gel 'e idrato, carico elettricamente, bioconduttore. L' "energia" nasce qui.

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nervose   veloci)   Il   forte   momento   dipolare   e   la     capacita’   di   risonanza  facilitano  la  trasmissione  dei  segnali  elettromagnetici.    Pertanto  la  rete  di  collagene  possiede  anche  la  caratteristica  di  condurre  segnali  bioelettrici.  Questi  segnali  possono  comportare  importanti  modifiche  biochimiche.  Ad  esempio  Oschman  rileva  che  gli  osteoclasti  non  possono  aggredire  un  osso  piezoelettricamente  carico.      Matrice    e  patologie    Le  metalloproteasi  (enzimi  che  richiedono  la  presenza  di  un  metallo  per  agire-­‐un   genere   zinco)   viene   regolata   in   maniera   molto   fine   durante   il  rimodellamento   dei   tessuti.   Tale   regolazione   ha   una   specie   di   controllo  spaziale:   i   tessuti   si   organizzano   creando   un   muro   di   inibitori   dove  necessita.   Tutto   questo   sistema   difensivo   e’ovviamente   sottoposto   a  numerose   influenze.   In   particolare   lo   stress   ossidativo   e’   in   grado   di  modificare  profondamente  la  bilancia.  

La   matrice   e'   un   tipo   di   materia   composita   e   viva  che,   pur   variando   spesso   il   proprio   status   da   sol   a  gel,   resta   sempre   un   ambiente   ricco,   molto  complesso   e   sensibile   ai   fenomeni   di   base   quali  tossicosi   intestinali,   alterate   fasi   di   depurazioni  epatico-­‐renale,  acidificazioni  e  alterazioni  vascolari.  

 L'equilibrio  strutturale  e  metabolico  extracellulare  e'  fondamentale  nella  regolamentazione  degli  scambi  vitali  di  base.    

L'  alterazione  di  questi  meccanismi  di  equilibrio  e'  visibile  in  quasi  tutte  le   malattie   croniche   e   degenerative.   Molte   malattie   genetiche   sono   il  risultato   finale   di   mutazioni   primitive   di   numerose   molecole   della  Matrice.    Numerose  patologie   croniche   e   degenerative   presentano  una   tendenza  all'   acidosi   e   all'   aumento   dei   radicali   liberi,   da   cui   l'importanza   di  mantenere  il  ph  corporeo  a  ca.  7,4  cioe’  leggermente  alcalino  tramite  una  corretta  alimentazione.    

Le malattie degenerative iniziano nella Matrice

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Teniamo  presente  che  non  sempre  e'  un  problema  sistemico,  ma  talvolta  locale,  tissutale.  Mentre  nei  grandi  vasi  le  alterazioni  ossidative   e   del   pH   vengono   facilmente   tamponate,  nei   tessuti   e   nei   capillari   l'   acido   viene   spinto  immediatamente   fuori   dalla   cellula,   attraverso   le  specifiche  pompe,  alterando  i  delicati  scambi  di  gas  e  sostanze  nutritizie.  

 Nel   neurone,   la   mielina   esercita   una   protezione   dell'   assone   quasi  completa   ad   eccezione   di   brevi   spaziature:   i   nodi   di   Ranvier,   dove  l'assone   si   trova   a   diretto   contatto   con   la   Matrice   da   cui   anche   qui   l'  importanza  del  pH  extracellulare  per  la  salute  del  neurone.    

E'   poi   facile   osservare   la   connessione   strutturale   e   funzionale   degli  adipociti  e  dei  fibroblasti  con  i  canali  precollettori  linfatici.    

In  caso  di  alterazione  metabolica  tissutale,   fibroblastii  e  relative  fibrille  si   decontraggono   e   la   linfocinetica   viene   rallentata.   Linfedema   e  lipoedema  convergono  creando  un  sistema  linfo-­‐adiposo-­‐cellulare  la  cui  nox  sta  proprio  nelle  alterazioni  della  Matrice.  

La   dieta,   gia'   vista,   concorre   a   questo   con   l'eccesso   di   zuccheri   che  provoca  eccesso  di  lipidi.  L'assunzione  di  estrogeni  inclusi  negli  alimenti  (per  via  animale  o  per  correzione  del  suolo  agario)  si  sommano  a  quelli  assunti   farmacologicamente   e   vengono   trasportati   in   forma   libera   dal  sistema  vascolare  e  distribuiti  nel  tessuto  adiposo  periferico  provocando  lipogenesi  e  ritenzione  idrica.  

Le  alterazioni  disbiotico-­‐fermentative   intestinali,   in  particolare  a   livello  del   colon   per   cattiva   alimentazione,   produrrebbero   tossine   che,  attraverso  il  sistema  vascolare,  si   fisserebbero  nella  Matrice.  Le  tossine  assorbite   provocherebbero   alterazioni   metaboliche   a   causa   della   loro  azione   acidificante   e   di   ossidazione   cellulare   con   conseguente  rallentamento  degli  scambi  metabolici  e  ritenzione  idrica  interstiziale.    

Vengono   poi   a   cerarsi   scompensi   cardio-­‐circolatori   che   hanno   origine  nella  matrice  ma  che  portano  sofferenza  al  cuore.  (anomalie  strutturali  dell'interstizio   cardiaco)   La   Matrice,   ed   in   particolare   il   collagene,  giocano   un   ruolo   vitale   a   carico   dei   reni   con   lesioni   croniche   tubulo-­‐

Importanza del ph tissutale e scompensi a cascata

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interstiziali  legate  al  calo  dell'  attivita’  secretoria  renale,  che,  a  sua  volta  provoca  altri  danni.  

 Pareti  inspessite  e  tessuto  connettivo  iperprodotto,  lo  troviamo  nei  casi  di   infertilita',   osteoartrite,   discopatie,   glaucoma,   distacchi   di   retina,  steatosi,  infezioni,  necrosi.  Anche  l'apparato  respiratorio  e'  sensibile  alla  matrice  e  ,  per  es.  in  caso  di  asma  sono  presenti  modifiche  strutturali  di  varie  componenti  della  Matrice  fra  cui  collagene  e  glicoproteine.  

Ogni  molecola   ed   elettrone   dell'   organismo   presenta   una   rotazione   ed  una   vibrazione   fisiologica   propria   e   tipica,   che   viene   alterata   in   stati  patologici,   in   modo   particolare,   in   quelli   cronici   e   degenerativi.   La  Matrice  soggiace  pertanto  anche  a  leggi  fisiche  di  tipo  elettromagnetico  per  conservare   il   suo  stato  naturale  di  sol,  permettendo   la  circolazione  di  quell'  energia  che  rappresenta  il  motore  principale  di  tutti  gli  scambi  cellulari  e  tessutali  di  base.  Le  alterazioni  fisico-­‐energetiche  associandosi  a   quelle   biochimiche   innescano   patologie   croniche   e   degenerative  tramite  lo  squilibrio  funzionale  delle  metalloproteasi.    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le  fasce.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Fra  i  vari  tipi  di  tessuto  connettivo,  la  fascia    e’  il  Medium  che  ci  conduce  alla  postura.  

Prendendo  spunto  dalla   schematizzazione   in  4   fogli  proposta  da  Frank  Willard    

 

si   puo'   considerare   la   fascia   suddivisa   in   circa   quattro   strati   fra   loro  interconnessi.  

 1)  Lo   strato  piú  esterno,  presente   sotto   il   derma,   rappresenta   la   fascia  superficiale.    

A   livello   del   capo   questa   fascia   si   continua   nella   galea   capitis   (o   galea  aponeurotica),   mentre   si   fonde   con   la   fascia   profonda   a   livello   della  pianta  del  piede  (formando  i  retinacoli  del  talo)  e  del  palmo  delle  mano  (retinacoli  del  carpo).    

La  fascia  superficiale  e’  composta  da  tessuto  connettivo  lasso  e  adiposo  pertanto   il   suo   spessore,   oltre   che   dalla   localizzazione,   dipende   dalla  nostra  alimentazione.  Tramite  fibre,  tale  fascia  forma  un  continuum  con  derma  ed  epidermide  verso  l'  esterno  e,  al  contempo,  si  áncora  ai  tessuti  e   organi   sottostanti.   La   fascia   superficiale   rappresenta   un'importante  sede  di  stoccaggio  di  acqua  e  grasso  e  protegge  da  deformazioni  e  insulti  meccanici  e  termici  (strato  isolante);  e’  una  via  di  passaggio  per  nervi  e  vasi   sanguigni   e   permette   lo   scorrimento   della   pelle   sopra   la   fascia  profonda.  Come  la  fascia  profonda  presenta  poca  vascolarizzazione.  

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 2)   Sotto   la   fascia   superficiale   abbiamo   la   fascia   profonda,   detta   anche  cervico-­‐toraco-­‐lombare,   che   rappresenta   uno   strato   piuttosto   coeso  intorno  al  corpo  (tronco  e  arti).  E'costituita  da  tessuto  connettivo  denso  irregolare,   formato   da   fibre   collagene   ondulate   e   da   fibre   elastiche  (disposte   secondo   andamento   trasversale,   longitudinale   e   obliquo)   e  forma   una   membrana   che   riveste   la   parte   esterna   muscolare.   Questa  guaina   ricopre   il   corpo  estendendosi  dal   cranio  verso  gli   arti   superiori  (fino  a  fondersi  con  la  fascia  superficiale  a  livello  dei  retinacoli  del  palmo  della   mano)   e   anteriormente   passa   sotto   i   muscoli   pettorali,   ricopre   i  muscoli  intercostali,  le  coste,  l'  aponeurosi  addominale  e  si  connette  alla  pelvi.  La   fascia  profonda  gira  posteriormente  connettendosi  ai  processi  trasversi   e   poi   alle   apofisi   spinose   formando   quindi   due   comparti  (destro  e  sinistro)  contenenti  i  muscoli  paravertebrali.  

A  livello  dell'osso  sacro,  tale  fascia  forma  un  nodo  inasportabile  fuso  con  l'osso  e  dove  convergono  i  vari  compartimenti  fasciali  del  corpo  e  da  cui  si   diparte   la   porzione   di   fascia   profonda   che   percorre   gli   arti   inferiori  fino  a   fondersi  con   la   fascia  superficiale,  a   livello  della  pianta  del  piede  nei  retinacoli  del  talo.  

 Caratteristica   distintiva   della   fascia   profonda   e’quella   di   formare   dei  comparti   strutturali   e   funzionali,   ossia   contenenti   determinati   gruppi  muscolari  con  innervazione  specifica.    

Il  compartimento  conferisce  anche  delle  caratteristiche  morfo-­‐funzionali  specifiche   al   muscolo:   un   muscolo   che   si   contrae   all'   interno   di   una  guaina   sviluppa   una   pressione   che   sostiene   la   contrazione   stessa.   I  muscoli   del   trasverso,   per   es.   costituiscono   la   parte   attiva   della   fascia  toraco-­‐lombare.  A   livello   del   singolo   muscolo,   la   fascia   profonda   entra   in   contatto,  tramite   i   setti,   le   aponeurosi   e   i   tendini   con   l'epimisio,   quel   tessuto  connettivo   fibro-­‐elastico   che   riveste   l'intero   muscolo.   Questa   fascia  e’direttamente  collegata  ai  fusi  neuromuscolari  e  agli  organi  tendinei  del  Golgi.  Come   la   fascia   superficiale,   la   fascia   profonda   e’   scarsamente  vascolarizzata,   e'   connessa   con   la   fascia   viscerale   e   la   meningea   e  fornisce  vie  di  passaggio  per  nervi  e  vasi.  Riveste  un'  enorme  importanza  posturale.  

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 3)  Nella  della  fascia  profonda,   la  fascia  viscerale  e’  una  colonna  fasciale  che  forma  il  mediastino.  La  porzione  maggiore  di  questa  fascia  la  si  trova  intorno   agli   organi   toracici,   sull'asse   mediano.   Il   mediastino   toracico  continua   quindi   con   quello   addominale   fungendo   anche   da   grosso  condotto   per   i   fluidi.   A   livello   addominale   la   fascia   endoaddominale   si  diparte  dalla  colonna  per  rivestire  completamente  gli  organi  sospesi.  In  alcuni  punti  la  fascia  viscerale  tende  a  specializzarsi,  ad  es.  si  ispessisce  intorno  ai  reni  per  proteggerli.  

 Questa   fascia  presenta  quindi   il   grande  vantaggio  di  poter   creare  degli  scomparti   ma,   essendo   anche   un   deposito   di   grasso,   puo'   creare  problematiche  di  massa  deformando  la  cavita’  corporea.    

 4)  Nella  fascia  profonda,  dietro  la  viscerale,  abbiamo  la  fascia  meningea  che   racchiude   l’intero   sistema   nervoso   centrale.   La   fascia   meningea  possiede  funzione  protettiva  e  nutritiva  del  sistema  nervoso  centrale.  

 

I  recettori.  

Con  il  collagene  sono  la  parte  piu'  importante,  affascinante  e  delicata  del  nostro  lavoro.  

Per  semplicitá  di  spiegazione  e  memorizzazione,  distinguiamo  i  recettori  in  due  grandi  classi:  

-­‐  i  recettori  sensoriali  e      i  recettori  della  comunicazione  cellulare    

Pariamo  dai  primi  che  sono  quelli  noti  da  decenni.  

 

 

 

 

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I  recettori  sensoriali  e  la  funzione  sensoriale  

Tutto   il   nostro   corpo   è   costellato   di   recettori.   I   piu'   conosciuti   sono  suddivisi  in:    

-­‐esterocettori,   localizzati   sulla   superficie   del   corpo   o   in   prossimita'   di  essa;    

-­‐enterocettori,  localizzati  all'interno  del  corpo;    

-­‐propriocettori,   localizzati   nella   struttura   muscolo-­‐   tendinea   e   nelle  articolazioni.  

I  piu'  importanti  sono:    

-­‐  i  fusi  neuromuscolari  che  si  trovano  nelle  fibre  muscolari  e  registrano  i  cambiamenti  di   tensione  dando   informazioni  di  contrazione,  velocita'  e  ampiezza.   Se   il   muscolo   viene   contratto   si   pongono   a   riposo   inviando  stimoli   blandi   al   sistema   nervoso   centrale.   Quando,   invece,   il   muscolo  viene  allungato  repentinamente  causano  una  immediata  risposta  di  tipo  contrattile.   I   fusi   hanno   un   ruolo   importante   nel   mantenimento   della  postura  in  quanto  garantiscono  il  tono  ottimale  dei  muscoli  della  statica.  

-­‐  Gli  organi  tendinei  del  Golgi  che  informano  sulla  forza  di  contrazione  e  reagiscono  allo  stiramento  producendo  un  rilascio  del  muscolo  (riflesso  inverso   da   stiramento).   In   sostanza,   proteggono   le   fibre   muscolari   da  possibili   lacerazioni   dovute   ad   un'azione  troppo  brusca  e  violenta.  

 -­‐   I   recettori   di   Pacini   ed   i   corpuscoli   di  Ruffini   sono   situati   all'interno   delle   capsule  articolari.   Danno   informazioni   sulla  ampiezza,   velocita'   e   senso   del   movimento.  Quando  il  muscolo  viene  teso  eccessivamente  o  con  eccessiva  velocita'   il  SNC  risponde  con  lo   stretch   reflex   allo   scopo   di   proteggere   il  muscolo  da  lesioni  ed  evitare  un  ulteriore  pericoloso  allungamento.    

I recettori, in ogni loro forma e modo mandano al SNC informazioni alle quali il SNC risponde con esecuzioni, modulazioni, adattamenti. E questo riguarda anche gli equilibri biochimici e il vegetativo.

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 -­‐  terminazioni  libere  (informazioni  sensitive)    

 -­‐   chemorecettori   stimolati   da   sostanze   chimiche   sono   importantissimi  nella   regolarizzazione   del   metabolismo   dei   tessuti   stimolato   dal  massaggio.    

 -­‐   i   nocicettori.   Il   dolore   è   un   fenomeno   complesso,   che   include  componenti   soggettive   e   obiettive   generando   segnali   che   vengono  interpretati  dal  SNC  come  dolore.    

Per   queste   vere   e   proprie   vie   di   comunicazione   con   passaggi,   svincoli,  cancelli  e  segnali,    il  SNC  riceve  informazioni  che  sono  importanti  sia  per  la   propriocezione   in   se'   sia   per   il   il   costituirsi   ed   il   permanere   dello  schema  corporeo  e  di  tutte  le  sue  correlazioni.

A  seconda  della  natura  dello  stimolo,  i  recettori  sensoriali  sono  classificati  in  Meccanorecettori  e  Propriocettori.  

I   Meccanorecettori:   rispondono   alle   modificazioni   meccaniche   Al   loro  centro   troviamo     diramazioni   assoniche   amieliniche   che   presentano   dei  canali   ionici  meccanosensitivi.  Tra   i   più   importanti   canali   ionici,   i   canali  meccanosensitivi   sono   i   meno   compresi.   Questi,   per   essere   attivati,  necessitano   di   cambiamenti   elettrostatici   della  membrana   circostante   o  dell’allungamento  di  questa.  

 a)    I  recettori  tattili  del  derma:  

 -­‐i  corpuscoli  o  dischi  di  Merkel  che  percepiscono  il  contatto  prolungato  e  la  pressione  con  la  pelle.  

 –  i  corpuscoli  di  Ruffini  per  la  pressione  profonda  

 –  i  corpuscoli  di  Meissner,  recettori  per  vibrazioni  a  bassa  frequenza  (50  Hz)  

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 –   i   corpuscoli  di  Pacini   che  percepiscono   le  vibrazioni  ad  alta   frequenza  che  muovono  i  tessuti.  

 –  le  fibre  nervose  libere  che  rilevano  segnali  tattili,  pressori,  di  stiramento,  dolore  e  temperatura  

La   presenza   di  meccanocettori,   in   grado   di   comportare   effetti   a   livello  locale   e   generale,   e’   stata   abbondantemente   riscontrata   nella   fascia   fin  nei   legamenti   viscerali   e   nella   dura   madre   cefalica   e   spinale   (sacco  durale).   In  un  nervo  misto   la  quantita’  di   fibre  sensitive  supera  di  gran  lunga   quelle   motorie.   Nell’innervazione   muscolare   tali   fibre   sensitive  derivano  dai  noti  recettori  del  Golgi,  Ruffini,  Pacini  e  Paciniformi  mentre  tutta  la  restante  parte  ha  origine  dai  recettori  interstiziali  (fibre  tipo  III  e  IV).  Questi  piccoli  recettori,  che  per    lo  piu'  agiscono  come  terminazioni  nervose   libere,   sono   i   piu'   numerosi   nel   nostro   organismo   e   sono  ubiquitari,   pertanto   presenti   sia   negli   interstizi   muscolari   che   nella  fascia.   L'attivazione,   in   determinati   stati   patologici   di   recettori  interstiziali  sensibili  sia  a  stimoli  dolorifici  che  meccanici  puo'  generare  sindromi  dolorose  in  assenza  delle  classiche  irritazioni  nervosecome  per  es  potrebbe  essere  una  compressione  radicolare.    

Questo   network   sensoriale   oltre   ad   avere   una   funzione   di   rilevamento  afferente   del   posizionamento   e   del   movimento   dei   segmenti   corporei,  influenza   il   sistema  nervoso  autonomo.  Vale  a  dire   la   regolazione  della  pressione  sanguinea,   il  battito  cardiaco,   la  respirazione  sintonizzandole  in   maniera   molto   precisa   alle   esigenze   tissutali   locali,   inducendolo   a  variare   la   pressione   locale   di   arteriole   e   capillari   presenti   nella   fascia,  influenzando   cosÍ   il   passaggio   di   plasma   dai   vasi   alla   matrice  extracellulare   variandone   quindi   la   viscosita’   locale.  Inoltre,   la   stimolazione  dei   recettori   interstiziali,   cosÍ  come   quella   dei   recettori   di   Ruffini,   e’   in   grado   di  incrementare   il   tono   vagale   generando   cambiamento  globali   a   livello   neuromuscolare,   corticale   ed  endocrino   ed   emozionale   concernenti   un   profondo   e  benefico  rilassamento.  

 

Peso e lentezza sono determinanti nel lavoro sulla fascia.

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   I   propriocettori:   aiutano   a   coordinare   il   movimento.   Percepiscono   e  rispondono   al   movimento,   alla   tensione   muscolare,   alla   posizione   del  corpo  nello  spazio  Sono  costituiti  dalle  terminazioni  nervose  che  inviano  impulsi  i  quali,  attraverso  il  midollo  spinale,  giungono  alle  aree  cerebrali  che  elaborano  le  informazioni  sulla  posizione  e  sul  movimento  e  generano  una  risposta,  piú  o  meno  adeguata  per  l’esecuzione.  

 Sono:  –   i   fusi   muscolari,   che   identificano   il   movimento   muscolare;  –    gli  organi  tendinei  di  Golgi,  che  identificano  lo  stiramento  dei  muscoli  e  dei  tendini  che  legano  i  muscoli  alle  ossa;    

–   i   recettori   articolari   (sensori   delle   capsule)   che   identificano   il  movimento  dei  legamenti;  

–   l’apparato   vestibolare,   responsabile   del   mantenimento   dell’equilibrio  (quando   pensiamo   all’orecchio,   pensiamo   all’udito.   Invece   la   sua  principale   funzione   è   il   mantenimento   dell’equilibrio   corporeo).    

[  Abbiamo  poi  

–   i   nocicettori:   consistono   di   terminazioni   nervose   libere   che   rispondono   al  dolore  o  sensazioni  estreme.  

–  i  recettori  uditivi;  

-­‐  i  termici  che  rispondono  alle  temperature;  

-­‐   i   chemiorecettori:   rispondono   a   stimoli   chimici   come  gusto  e  olfatto;  

-­‐  barorecettori:  rispondono  alla  variazione  di  pressione;  

-­‐  igrorecettori:  rispondono  alla  variazione  di  umidità;  

-­‐  fotorecettori:  rispondono  a  stimoli  luminosi;  

–  osmorecettori:  rispondono  all’osmolarità,  quindi  alla  sete;  

I recettori sono un network che porta informazioni dalla periferia al centro e viceversa.

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-­‐   elettrorecettori:   rispondono   alle   variazioni   del   campo   elettrico   di   organismi  viventi.]    

Tutti  questi  comunicano  per  via  sinaptica.  

 

La  comunicazione  sinaptica.  

 E  la  via  di  comunicazione  standard  fra  la  periferia  e  il  SNC,  come  imparato  a  scuola.  

Abbiamo   sinapsi   elettriche     a   conduzione   velocissima   (scarse   nei  mammiferi,   per   lo   piu'   riguardano   la   retina)   e   sinapsi   chimiche   che  funzionano  con  un  mediatore.  

L'impulso,   sotto   forma   elettrica   arriva   con   un   certo   potenziale   sulla  membrana   presinaptica   ove   sono   le   vescicole   sinaptiche   contenenti  molecole   di   sostanza   trasmettitrice.   (neurotrasmettitori)     Gli   ioni   del Calcio   (Ca++)   modificano   il   potenziale   di   membrana   e   determinano  l'apertura   delle   vescicole   sinaptiche   che   stanno   addossate   alla  terminazione.   Aprendosi   liberano   nello   spazio   intrasinaptico   il  neurotrasmettitore   che   contengono   e   che   trova,   nella   membrana  postsinaptica,   i   suoi   propri   recettori.     Si   aprono   così   canali   che  permettono  un  passaggio  di  ioni  nella  post  sinapsi.  A  seconda  del  tipo  di  impulso,   del   neurotrasmettitore,   del   recettore   postsinaptico   viene  originata   una   conseguenza   che   può   essere   un   movimento   come   una  modificazione  cellulare  o  un  altro  effetto  biologico.    

Il   primo   mediatore   trovato   e   studiato   fu   l'acetilcolina.   L’acetilcolina  viene   immagazzinata   in   vescicole   nella   terminazione   presinaptica.  Quando   arriva   l’impulso   elettrico   le   vescicole   si   agganciano   alla  membrana  presinaptica  e  l’acetilcolina  viene  liberata  in  uno  spazio  detto  sinaptico.  A  questo  punto  l’acetilcolina  può  andare  a  occupare  i  recettori  situati   sulla   membrana   postsinaptica,   depolarizzandola   e   dando   il   via  alla  formazione  di  un  potenziale  d’azione  nella  fibra  nervosa  o  nella  fibra  muscolare  che  ha  stimolato.    

Nell'  immagine  seguente  vediamo  una  sinapsi.  

 

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Il   punto   essenziale  da   focalizzare   e'   che   i   neuroni  utilizzano   i   potenziali  d’azione   lungo   gli   assoni   fino   alle   sinapsi,   dove   trovano   i  neurotrasmettitori.  In  risposta  al  potenziale  d’azione  i  neurotrasmettitori  si   legano   ai   loro   recettori   sulla   membrana   postsinaptica,   scatenando  infine  un  ulteriore  potenziale  d’azione  per  poi  essere  degradati  da  enzimi  specifici  (ad  esempio  acetilcolinesterasi).  

 Notare   che   la   comunicazione   sinaptica   è   nell’ordine   di   un  millisecondo.  Questa   comunicazione   é   la   qualitá   dell’   “energia”,   la   sua   spiegazione,   la  chiave   di   volta   del   Deep   Massage,   del   Chua   k’a   e   di   lavori   psicocorporei  molto  specifici  come  il  Rolfing.  Varie  terapie  “energetiche”  troverebbero  qui  la   loro   spiegazione,   se   mai   volessero   accettarla   uscendo   dai   misticismi   e  dalle  cosmologie.

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Ecco,  diciamo  che   in  una  seduta  di  Deep  Massage  fatta  bene,   tutti  questi  elementi   vengono   coinvolti,   che   é   una   seduta   a   due   solo   apparente,   di  fatto  lo  studio  é  affollatissimo.  

Tuttavia   da   alcuni   anni   sono   stati   studiati   altri   modi   in   cui   avviene   la  comunicazione   nel   nostro   corpo..   E   passiamo   alla   comunicazione  cellulare.   Questa   non   ignora   la   via   sinaptica  ma   per   lo   piu'   avviene   via  ligandi  .  Vediamo  meglio.  

La  comunicazione  cellulare.  

Viene  definita  come   l’insieme  dei  processi   che  permettono   il  dialogo   tra  due  o  più  cellule  di  un  organismo  in  risposta  a  segnali  specifici.  

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Le   cellule   comunicano   tra   loro   a   lunghe   o   brevi   distanze   (anche  all’interno   della   stessa   cellula)   secernendo   molecole   extracellulari  (ligandi).  Queste  molecole  sono  catturate  da  recettori  che  sono  per  lo  piú  proteine  transmembrana.  

 Ne   conosciamo   migliaia   e   possono   essere  secrete   dentrola   matrice   extracellulare   o   in  fluidi  specifici  come  il  sangue.  

I   recettori   sono   proteine   che   legano   specifiche  molecole.   La   specializzazione   di   una   cellula  determina  quali  tipi  di  recettori  siano  espressi  e  quali  invece  non  vengano  espressi.  Un  recettore  può  contribuire  a  determinare  la  risposta  cellulare  ad  una  molecola  di  segnalazione  in  base  al  suo  stato  d’attivazione.    

Si  distinguono  recettori  di  superficie  e  recettori  nucleari.  

a)  I  recettori  di  superficie.      

 Legano  molecole  di  segnalazione  che  non  riuscirebbero  ad  attraversare  la  membrana   plasmatica   in   nessun   altro   modo   essendo   idrofiliche   (come  alcuni  neurotrasmettitori)  e  sono  la  tipologia  di  recettori  più  comune.  

 Si  distinguono  tre  grandi  classi    

 –  collegati  a  canali  ionici  (v.  sinapsi)  

 –  collegati  a  proteine  G  :  attivandole  legano  la  guanosina  trifosfato  (GTP)  coinvolta  nel  trasferimento  di  energia  entro  la  cellula:  per  ogni  ripetizione  del   ciclo  di  Krebs,   viene  generata  una  molecola  di  GTP  che  viene   subito  convertita  in  ATP.  

 Le  cellule  comunicano  fra  loro  attraverso  i  ligandi  catturati  dai  recettori  transmebrana

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 –   collegati   ad   enzimi,   proteine   transmembrana   a   singolo   passaggio   che  possono  agire  direttamente  come  enzimi  o  attivare  altri  enzimi  

 Esistono  poi  recettori  di  superficie  che  non  sono  associati  a  nessuna  delle  tre.  

b)  I  recettori  nucleari  .  

Legano   molecole   lipofile   che   possono   attraversare   liberamente   la  membrana   plasmatica   e   legarvisi   successivamente;   in   quest’ultimo   caso  sono  di  norma  anche  proteine  che  regolano  i  geni.    

 Una   delle   categorie   più   frequenti   di   molecole   che  scatenano  una  risposta  cellulare  sono  gli  ormoni.  

 L’unirsi  del  ligando  con  il  suo  specifico  recettore  scatena  una  attivazione  che  puó  essere  molto  variabile.  

 La   variabilitá   dipende   anche   da   fattori   quantitativi.   Alcune   cellule   per  esempio  rispondono  diversamente  a  seconda  della  concentrazione  più  o  meno   alta   di   una   determinata  molecola   di   segnale.    Una   volta   attivato   un   segnale,   a   cascata   si   attivano  più   vie   di   segnalazione   intracellulari,   i   secondi  messaggeri.  

I   secondi   messaggeri   sono   piccole   molecole   di  segnalazione   intracellulare   generate   in   risposta  all’attivazione  dei  recettori.  In  questo  modo  il  segnale  viene   amplificato,   così   che  per  una   singola  molecola  di  ligando  legata  al  recettore  siano  generate  centinaia  o  migliaia  di  molecole  di  secondo  messaggero.  

 Si  costituisce  cosí  una  cascata  o  una  rete  proteica  di  segnalazione.    

I ligandi piu' frequenti sono ormoni

Una volta partito il segnale, scattato il ligando, la comunicazione e' come una staffetta, scattano i secondi messaggeri ed avviene a cascata

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Come   nella   telefonia   ci   sono   sono   trasduttori,   amplificatori,   integratori,  diffusori,   livellatori,   trasportati   delle   proteine   verso   una   determinata  destinazione  nella  cellula  o  altre  proteine  segnale.  

 Le  vie  di  segnalazione  coinvolgono  proteine  semplici  ma  anche  complesse,  interconnesse   tra   loro   e   possono   coinvolgere   anche   ioni   inorganici,  fosfolipidi,  steroidi  e  loro  derivati.    

Queste   proteine   portano   il   segnale   a   proteine  effettrici   quelle   cioé   che   generano   una   risposta,  reazioni   chimiche   di   attivazione   o   disattivazione.  Le   effettrici   agiscono   su   altri   bersagli   scatenando   la  risposta   finale   che   può   essere   l’alterazione   genica,  l’alterazione   del   metabolismo,   la   creazione   di  complessi   proteici,   il   movimento   della   cellula   per  azione  sul  citoscheletro,  ecc.  

 La   loro   particolaritá   é   un’emivita   breve   con   alto   turnover   affinché  possano   essere   regolate   dalla   cellula   e   rimpiazzate   al   loro   esaurirsi   con  una  proteina  pronta  alla  segnalazione.  

Regolazione  del  segnale  

I   due   principali   modi   con   cui   una   cellula   regola   le   proprie   proteine   di  segnalazione   sono   il   feedback   negativo   e   il   feedback   positivo.  Nel   feedback   negativo   un   segnale   in   uscita   inibisce   la   sua   stessa  produzione   o   abbrevia   o   limita   il   livello   della  risposta.  Nel  feedback  positivo  un  segnale  in  uscita  favorisce  la  sua  produzione,  amplificandola.  In  certi  casi   la   aumenta   fortemente,   tanto   che   oltre   una  certa   soglia   diviene   improvvisamente   molto   più  attivo  e  resta  moderatamente  attivo  anche  quando  il   segnale   è   cessato.   Si   parla   in   tal   caso   di   sistema  instabile.  

NB:   I   suddetti   recettori   non   vanno   confusi   con   quelli   sensoriali   anche  quando  usano  le  stesse  vie  sinaptiche  di  comunicazione.  

la fine della cascata e' l'arrivo su proteine deputate alla risposta

La risposta puo' essere negativa o positiva. In ogni caso modula il segnale.

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I  Miofibroblasti  

 Scoperti   nel   1970,   i   miofibroblasti   sono   cellule   del  tessuto   connettivo   interposte   alle   fibre   collagene  fasciali  con  capacita’  contrattili  simili  alla  muscolatura  liscia  (contengono  actina).  Hanno  un  ruolo  importante  nella  guarigione  delle  ferite,  nella  fibrosi  dei  tessuti  e  nelle   contratture   patologiche.   I   miofibroblasti   si  contraggono   attivamente   in   situazioni   infiammatorie,  quali  morbo  di  Dupuytren,  artrite  reumatoide,  cirrosi  epatica.   In   condizioni   fisiologiche   si   trovano   nella  pelle,   milza,   utero,   ovaie,   vasi   circolatori,   setti  polmonari,  legamenti  periodontali.    

Data   la   configurazione   della   distribuzione   di   tali   cellule   contrattili  all’interno  della  fascia,  il  probabile  ruolo  di  queste  strutture  contrattili  e’  quello   di   sistema   di   tensione   supplementare   tale   da   sinergizzare   la  contrazione  muscolare   fornendo   un   vantaggio   in   situazioni   di   pericolo  per   la   sopravvivenza   (lotta   e/o   fuga).   E’   inoltre   molto   probabile   che  tramite  tali  fibre  muscolari  lisce  il  sistema  nervoso  autonomo  possa  pre-­‐tensionare  la  fascia  indipendente  dal  tono  muscolare.  

[Nota.  Queste  due  ultime  osservazioni  ci  portano:  

-­‐   alle   tensioni   come   considerate   da  Peter   Levine   nei   casi   di   trauma   e   ne  discende  l'utilita'  del  lavoro  fasciale  nei  traumi;  

-­‐alla   osservazione   (Schleip   e   Godard)   che   il   soleo   si   pretensiona   al   solo  pensiero  del  movimento]    

La   presenza   di   tali   cellule   nelle   capsule   di   rivestimento   degli   organi  spiegherebbe  ad  es.  come  la  milza  possa  rimpicciolirsi  fino  a  meta’  del  suo  volume  in  pochi  minuti.  Il  fenomeno  e'  stato  osservato  da  Schleip  nei  cani  in  situazioni  di  sforzo  strenuo.  

Il lavoro fasciale sulle cicatrici, le fibrosi, le contratture, alcune infiammazioni trova una ragione di essere.

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La   contrazione   delle   fibre   muscolari   lisce   e’  ottenuta   tramite   l’attivazione   del   sistema  nervoso  simpatico  come  per  mezzo  di  sostanze  vasocostrittrici  quali  la  serotonina  e  l’anidride  carbonica   (CO2).   Quest’ultima   crea   un  ulteriore   legame   fra   comportamento   della  fascia   e  pH  corporeo.  Risulta   significativo   che  la  maggior  parte  dei  pazienti  affetti  da  fibromialgia  o  stanchezza  cronica  presentino   una   cronica   iperventilazione   franca   o   borderline   (con  conseguente   aumento   di   alcalinita’   per   carenza   di   CO2   nel   sangue),  nonche’alti   livelli   inusuali   di   serotina   nel   liquido   cerebrospinale.     La  serotina,   infine,   abbassa   la   soglia   di   attivazione   dei   nocicettori   il   che  indicherebbe   che   il   dolore   fibromialgico   possa   essere   causato   in   parte  dalla   contrazione   della   fascia   (disfunzione   motoria)   e   ancor   piu'  dall’alterazione  della  sensibilita’  dei  nocicettori.  ]  

 

Biomeccanica  della  fascia  profonda  

La   fascia   toraco-­‐lombare,   dal   punto   di   vista   biomeccanico,   riveste   il  fondamentale  compito  di  minimizzare  lo  stress  sulla  colonna  vertebrale  e  ottimizzare  la  locomozione.  Considerando  opportunamente  la  fascia,  si  potranno   sfatare   alcune   comuni   convinzioni   basate   su   ipotesi,   seppur  suggestive,  in  realta’  mai  dimostrate.  

Gli   studi   dimostrano   che   il   disco   intervertebrale   raramente   viene  distrutto   per   pura   compressione   assiale,   in   quanto   il   corpo   vertebrale  viene   distrutto  molto   prima   dell’anulus   fibroso.   Il   piatto   articolare   del  corpo  vertebrale  si  rompe  per  pura  compressione  a  ca.  220  kg.  Il  metamero  vertebrale  si  rompe  a  ca  1.200  kg   e   l’anulus   fibroso   a  400  kg,   subisce   solo  un  10%  di  deformazione.    

Dunque  la  compressione  assiale  non  e’  in  grado  di  creare  fissurazioni  dell’anulus  e  danni  alle  faccette  articolari   a   meno   di   violenti   impatti.   Invece,   la  compressione   associata   alla   torsione   si  e’dimostrata   in   grado   di   danneggiare   le   fibre  dell’anulus   e   i   legamenti   capsulari   delle   faccette  

Il lvoro fasciale nella fibromialgia ha una forte ragione di essere per carenza di CO2 e attivazione serotoninica dei nocicettori

Le ernie non sono da solo carico ma da carico con rotazione. Nello sforzo non e' tanto implicato il disco ma il collagene che agisce come fune e leva.

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articolari;  nei  casi  estremi  vi  e’  l’erniazione.  Un’ernia  del  disco,  salvo  rare  eccezioni,  e’quindi  scatenata  da  sforzi  di  taglio  associati  a  compressione.  Tutto   cio'   fa  pensare   che   il   disco   intervertebrale  non   sia  un   sufficiente  sistema  di   ammortizzazione  e   trasmissione  di   carichi  ma,   in   realta’,   un  convertitore  di  energia.    

 Negli   anni   40,   Bartelink   propose   l’idea,   ancor   oggi   comunemente  accettata,  che,  per  sollevare  un  peso,   i  muscoli  erettori  spinali  agiscono  sulle  apofisi  spinose  delle  relative  vertebre  aiutati  dalla  pressione  intra-­‐addominale  che,  a  sua  volta,  spingerebbe  sul  diaframma.    

Il  modello  di  Bartelink  assume  un  senso  se  si  introduce  la  fascia.  Durante  il  sollevamento  del  peso,  flettendo  la  colonna  col  bacino  in  retroversione  (ossia   tensionando   al   meglio   la   fascia),   i   muscoli   erettori   hanno   poco  bisogno  di  attivarsi.   Il   sollevamento  avviene  soprattutto  per  azione  dei  muscoli  estensori  della  coscia  sulle  anche  (ischiocrurali  e  grandi  glutei)  e   della   fascia.   Nei   campioni   olimpici   si   e’verificato   che   lo   sforzo  e’suddiviso  in  80%  fascia  e  20%  muscoli.  E  quindi  il  collagene  che  svolge  gran  parte  del   lavoro,   in  quanto,  fungendo  come  un  cavo,  non  consuma  praticamente   energia;   in   piu',   grazie   alla   sue   inserzioni   creste   iliache-­‐apofisi   spinose,   si   posiziona   praticamente   al   di   fuori   del   corpo,  presentando   il   vantaggio   di   essere   lontano   dal   fulcro   della   leva   di  sollevamento  (braccio  di  leva  maggiore).  Si  tratta  di  una  scelta  evolutiva  forzata,  in  quanto  muscoli  erettori  per  essere  in  grado  di  sollevare  oltre  50   kg   avrebbero   dovuto   incrementare   la   loro   massa   occupando   cosÍ  tutta  la  cavita’  addominale.  I  supplementi  di  forza  (muscoli  e  fascia)  sono  stati   pertanto   posizionati   al   di   fuori   della   cavita’   addominale.  I  muscoli   erettori   (multifidi)   e   la   pressione   intraddominale,   insieme   ai  muscoli   psoas,   regolano   in   realta’   tridimensionalmente   la   lordosi  lombare,   assumendo   cosÍ   un   importante   ruolo   di   modulatori   del  trasferimento  delle  forze  tra  muscoli  e  fascia.  

 La   pressione   addominale   interna,   infatti,   non   comprime  significativamente   il   diaframma;   essa,   in   realta’,   agisce   sulla   lordosi  lombare  e  quindi   sulla   trasmissione  delle   forze   tra  muscoli   e   fascia.  La  pressione   intraddominale   infatti   appiattisce   la   fascia   facendo   sÍ   che   i  muscoli   addominali   trasversi   (che   costituiscono   la   parte   attiva   della  

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fascia   dorso-­‐lombare   in   quanto   alle   sue   fibre   sono   attaccati   margini  liberi  di  essa)  trazionino  sullo  stesso  piano  della  fascia.    

Quando  la  pressione  intraddominale  e’  bassa  tale  meccanismo  e’disabilitato  e  ogni  azione  dei  muscoli  addominali  (del  muscolo  retto  in  particolare)  conduce  ad  una  flessione  del  tronco.  In  altre  parole  se  la  tensione  dei  muscoli  addominali  interni  e’alta,  la  regione  lombare  va  in  iperlordosi  estendendosi,  mentre  se  la  pressione  nell’addome  e’  bassa  la  colonna  puo'  flettersi  con  il  bacino  in  retroversione,  tendendo  cosÍ  la  fascia.  Retrovertere  il  bacino  prima  di  iniziare  il  sollevamento  in  flessione  e’  un  atteggiamento  tipico  delle  persone  che  sollevano  pesi  senza  problemi.  In  quest’ultima  condizione  inoltre  vi  e’una  minore  opposizione  alla  pressione  sanguigna  sistolica,  quindi  il  sangue  scorre  meglio  verso  le  estremita’  (in  qualche  modo  il  nostro  sistema  muscolo-­‐scheletrico  fa  in  modo  che  non  vi  sia  un  a  eccessiva  pressione  interna  addominale  cosÍ  da  preservare  la  circolazione  sanguinea  periferica).  Pertanto  la  fascia  puo'  fornire  il  suo  importante  contribuito  durante  la  flessione  della  colonna  se  si  diminuisce  la  tensione  addominale  (Gracovetsky,  1985).

 

IDA  ROLF   in   Il  Rolfing  e   la  realta'   fisica,  Astrolabio,  pag.138,  dice:    "  La  fascia  e'  una  rete  di  sottile  tessuto  elastico  che  esiste   in  strati  continui   in  tutto   il   corpo.   I  muscoli   e   le   ossa   sono   organizzati   e   sostenuti   da   questa  rete,   come   pure   tutti   gli   elementi   che   costituiscono   il   corpo   umano.   La  forma  che  riconosciamo  come  “individuo”,   il  suo  aspetto  formale,  estetico  e'   dovuto   alla   fascia.   La   posizione,   il   tono   e   la   condizione   della   fascia  rendono   le  gambe  di  una  persona  riconoscibili  come  sue  o   fanno  sì  che   il  collo  e  la  testa  di  un'altra  siano  facilmente  riconoscibili  anche  a  distanza.”  

 

Quanto  sopra  e'  stato  modulato,  integrato  ,  adattato  e  corretto  prendendolo  da  testi  di  dispense,  lezioni,  appunti  in  .pdf  e  .ppt  dei  corsi  universitari.  Chi  ritenesse  che  sia  stato  copiato   da   testi   protetti   da   copy   puo'   informarci  ma   parrebbe   esseci   stato   un   unico  testo  copiato  perfino  nelle  tesi  

Il bacino in retroversione e' la chiave della lordosi e della postura. Piu' studiamo la postura piu' si capisce che il lavoro deve essere fatto sul pavimento.

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.  La  funzione  di  tensegrity  

 

Due   parole   sulla   funzione   di  tensegrity.   Dobbiamo   il   concetto   all'  architetto  Richard  Buckminster  Fuller  :   in   un   sistema   la   stabilità  dell'equilibrio   è   data   dalle   forze   di  tensione.   Questo   ribalta   in   concetto  che   invece   siano   le   forze   di  compressione.  Prendiamo   la  struttura  corpo,  essa  è  chiusa  e  legata  da  tiranti,  'e  una  tensostruttura.    Per  quanto  la   si   deformi   essa   resterà   intatta   rottura   o   una   deformazione   molto  pesante  per  fare  sì  che  essa  perda  la  funzionalità.    

La  postura  

La   postura   è   mediata   dai   recettori   posturali.   Una   funzione   così  importante  non  è  delegata  ad  un  solo  organo  o  apparato  ma  richiede  un  intero   sistema.   Per   poter   sfruttare   la   gravità,   l'organismo   deve  possedere  una  serie  di  informazioni  che  gli  provengono  da  esterocettori  che   informano   il   Sistema   Tonico   della   propria   posizione,   dello   stato,  vista,   udito,   ecc.   e   che   usano   l'orecchio  interno,   l'occhio   e   il   piede;   da   endocettori  che   riguardano   le   afferenze   interne   e   sono  divisi   in   2   grandi   categorie:   propriocettori  che   coinvolgono   la   percezione   di   sé,   es.   la  tensione   dei   legamenti,   la   posizione   delle  ossa,   ecc   ed   enterocettori   o   informatori  viscerali.  

 Il   Sistema   Tonico   Posturale   è   dunque   l'  esito  di  una  serie  di   input  che  dai  recettori  arrivano   al   SNC   provocando   una   risposta.    E'   qui   che   giace   la   ragione   per   la   quale  

Il corpo e' una tensostruttura

La postura nasce dal piede e dall' occhio/orecchio. Salvo difetti audio-oculari prevale il piede. Successivamente si forma per l'effetto "risonanza" ossia l'adeguamento all' ambiente. La struttura osteo craniale e' sporadicamente rilevante solo in caso di lesioni.

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molte  terapie  posturali  non  hanno  un  successo  stabile.  

Una  postura  nasce  dalla  sesta  settimana  di  vita  circa  quando  il  bambino  inizia  ad  estendere  il  collo  attivando  la  muscolatura  posteriore  del  collo  in   contrasto   con   la   forza   di   gravità.   Successivamente   “gattonando”  presenta  una  notevole  cifosi   lombare  associata  ad  una  lordosi  cervicale  ma   impara   a   controllare   il   peso   della   testa   con   la   muscolatura   posta  superiormente  al  cingolo  scapolare.  Quando  inizia  a  fare  i  primi  tentativi  per  rimanere  in  posizione  eretta  e  quindi  camminare  si  forma  la  lordosi  lombare.  

A  circa  dodici  mesi  di  vita   si  ha   il  passaggio  alla  postura  eretta.  A  quel  punto   entra   in   funzione   il   sistema   propriocettivo   del   piede   che   è  responsabile   di   quelle   informazioni   che   struttureranno   le   curve   della  colonna  entro  i  6  anni.  in  contemporanea  si  stabilizza  la  funzione  visiva  o  l'allineamento  dell'occhio  e  l'orecchio    

[Nota   Contemporaneamente   giungono   a   maturazione   deglutizione   e  masticazione.   Ciò   ha   indotto   posturopati   e   dentisti   a   darle   una  responsabilità   primaria   nella  deformazione   dell'   assetto   in   ciò  dimenticando   che   il   sistema  oculomotorio   e   podalico  funzionano   molto   più  ininterrottamente   nella  quotidianità  di  quello  masticatorio.  Almeno   si   spera.   Per   non   parlare  del  respiratorio]  

Il   completamento   dello   sviluppo  della   funzione   posturale   avviene  invece   abitualmente   verso   gli   11-­‐12   anni.   Tutti   gli   esterocettori  (orecchio   interno,   occhio   e   piede)  hanno   dunque   captato   le  informazioni   provenienti  dall'ambiente   e   inviate   al   Sistema  Tonico   Posturale   il   quale   le   ha  stabilizzate.

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Prendere  nota  che  enorme  incidenza  sulla  postura  lo  ha  :    

1.  l'effetto  di  adeguamento/imitazione.  chiarissimo  nella  foto.  

2.   l'effetto   "risonanza".   Un   concetto   che   non   riesce   ad   entrare   nella  terapia   europea   ma   che   e'   un   punto   capitolare   nell'   ambiente   della  danza.  L'effetto  risonanza  puo'  anche  essere  sfruttato  terapeuticamente.    Un  terapista  che  insegna  un  movimento  e  lo  esegua  insieme  col  paziente  non  come  modello  di  fronte  a  lui,  separato  da  lui  ma  come  "compagno"  di  movimento,  sincronico,  trasmette  l'esistenza  di  oscillazioni,  di  natura  elettromagnetica  e  i  vari  componenti,  le  varie  parti,  vanno  tra  di  loro  in  accordo  di  fase.    Il  modo  piu'  semplice  per  testarlo  e'  usare  il  respiro  col  paziente.   Accordare   il   respiro   al   suo   e   poi   via   via   portarlo   vicino   al  nostro.  Vederemo  che    molte  volte   i  due  ritmi  si  allineano.  Consapevoli  che   comunque   e'   un   concetto   difficile   da   mettere   per   iscritto   ma  esplosivo   se   provato.   Lo   si   puo'   approfondire   nel   lavoro   di   Hubert  Godard  o  Kevin  Frank.  

In  conclusione.  1.  si  dimostra  che  i  diversi  tessuti  viscoelastici  che  costituiscono  la  fascia  (legamenti,   tendini,   capsule,   dischi,   etc)   sono   anche   organi   di   senso.  Diversi  tipi  di  recettori,  capaci  di  monitorare  la  tensione,  l’allungamento,  la  pressione,   la  velocità,   il  dolore,  etc.   sono   localizzati   in  questi   tessuti  e  creano   un   meccanismo   di   feed-­‐back   neurologico   attraverso   il   quale   si  ottiene  una  reazione  di  riflesso.  Questa  agisce  sui  muscoli  per  mantenere  la   stabilità   e   la   sicurezza   nelle   articolazioni   così   come   provvede   al  coordinamento  del  movimento.  Le  rotture  nella  fascia  dovute  a  danni  o  a  usura   provocano   anche   distorsioni   nel   meccanismo   di   feed-­‐back   e  disordini   neurologici   che   espongono   i   tessuti   a   un   maggior  danneggiamento  o  a  lesioni  del  movimento.    2.  Fra  tutte  queste  strutture  esiste  un  flusso  di  comunicazione  Comprendiamo   ora   perchè   il   nostro   lavoro   di   terapisti   corporei   deve  necessariamente  essere:    1.  globale.    2.  meccanico  su  tutto  tessuto.  3.  esteso    sul  tessuto  profondo,  quello  che  non  e'  raggiunto  dalle  tecniche  piu'  in  uso.    4.  accompagnato  ad  un  lavoro  educativo  -­‐  percettivo  di  consapevolezza  che  si  ottiene  anche  con  il  movimento.    

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 Ruolo  dello  stress    Dobbiamo   a   Selye   uno   studio   approfondito   dello   stress   e   di   come   le  tensioni  muscolari  diventinocontrazioni  o  rigidita'.  Sono  basilari,  a  tal  proposito,   le   intuizioni  riportate  nel  testo  "Lo  stress  della  vita",  pubblicato  nel  1956,  secondo  cui  lo  stress  e'  uno  stato  fisico  aspecifico,  che  induce  patologie  nell'uomo  con  le  relative  conseguenze  e  sottolinea   che   la   causa   principale   della   sindrome   da   stress   e'   da  ricercarsi   proprio   in   un'alterazione   del   tessuto   connettivo   e,   in  particolare,   delle   fasce,cosicche'   stress   ingaggia   stress   in   una   catena  infinita   e   degenerativaSeyle   scrive   questo   nel....1956.   In   Europa   lo  stiamo  recependo  oggi.    Dopo   situazioni   di   stress,   la  maggior   parte   degli   individui  manifesta,   a  livello  inconscio,  i  propri  disturbi  assumendo  posture  goffe,  irrigidendo  o  curvando  la  schiena  e,  intuitivamente,  cerca  di  alleviare  questi  disturbi  "riposando".  L'interazione  dell'uomo   fisico  con   il   campo  gravitazionale,  che  lo  circonda,  evidenzia  il  ruolo  della  gravita'  nell'indurre  situazioni  di  stress.  Il  sistema  muscolo-­‐scheletrico,  specialmente  la  sua  componente  fasciale,  fa   da   intermediario   tra   l'individuo   e   il   suo   ambiente   esterno   e   il  bilanciamento   strutturale   comincia  proprio  nei   componenti   fasciali   del  corpo,  agendo  sulla  chimica  e,  quindi,  sulla  fisiologia  dell'organismo  Tuttavia,  nonostante   l'interesse  generale  suscitato,  non  si  mise  a   frutto  quel  bagaglio  di  conoscenze  scientifiche  che  avrebbe  potuto  accrescere  lo   stato   di   benessere   psico-­‐fisico   dell'individuo   e   nessuno   ha   tratto   la  logica  conclusione  che  la  forza  gravitazionale  costituisce  una  delle  cause  principali  dello  stress  psico-­‐fisico.    Gravita'  e  blocchi.    Dobbiamo   a   Ida   Rolf   ,   biochimica   ed   osteopata,   le   annotazioni   di   cui  sotto  e  di  come  le  tensioni  disorganizzino   il  corpo  rispetto  alla   forza  di  gravita'.   Se   il   sistema   fasciale   viene   considerato   come   un   complesso  funzionale,   piuttosto   che   una   pura   somma   di   tessuti,   diventa   evidente  che  esso  rappresenta  un  organo  di  supporto,  ossia  una  fitta  rete  di  fasce  unitaria  e  resiliente  che  inizia,  trasmette  e  determina  il  movimento,  così  come  avvolge  e  supporta  ogni  singolo  elemento  corporeo.  La  tensione  tra  i  segmenti  corporei  altera  il  modello  di  movimento.  In  un  

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corpo   irregolare,   ogni  movimento   evoca   risposta,   non   solo  dai  muscoli  direttamente  coinvolti  (e  i  loro  antagonisti),  ma  anche  da  un  coro  di  altre  unita'.  Alcuni  di  questi  gruppi  che  accompagnano  possono  interferire,  o  limitare,   il   movimento   invece   di   supportarlo.   Lo   sforzo   del   corpo   di  sostenere,  cementare  o  alleviare  la  parte  colpita,  diventa  un  ostacolo  al  buon   funzionamento   muscolare.   Incidenti,   posture   abituali   o   la  drammatizzazione   di   un   atteggiamento   emozionale   puo'   distorcere  l'allineamento  verticale  ma  spetta  alla  fascia  il  compito  di  adeguarsi  per  trattenere   i   blocchi   uniti.   Il   corpo,   spesso   reagisce   alla   tensione  irrigidendo  e  ispessendo  le  fasce  muscolari  e,  se  questo  processo  diventa  stabile,   anche   l'alterazione   muscolare   che   ne   consegue   diventera'  cronica.   Ci   sono   molti   modelli   di   disintegrazione   o   deterioramento  corporeo.   Una   volta   iniziati,   i   modelli   di   disintegrazione   sono  automaticamente  progressivi.  L'effetto  disorganizzante  della  gravita',   in  un  sistema  sbilanciato,  aumenta  il  coinvolgimento  dei  gruppi  di  muscoli  che  compensano.  Ma,  probabilmente,  l'interruzione  basilare  piu'  comune  e'   l'interferenza  meccanica  anche  se  puo'  cominciare  da  una  situazione  temporanea   per   es.   una   caviglia   distorta.   Cio'   permette   alla   gravita'   di  imporre  la  sua  forza  direzionale  sugli  elementi  strutturali.  Con  il  tempo,  il   fenomeno   si   allarga.   Le   modificazioni   penetrano   a   diversi   livelli   di  profondita'  e  in  diverse  aree.    Percio',   un   trauma   "temporaneo"   puo'   trasformarsi   in   una   restrizione  cronica   e   si   rispecchiera'   in   una   funzione   fisiologica   inappropriata   in  molti   livelli   e   a   diverse   profondita'.   Questo   processo   e'   reversibile,   la  struttura   fasciale   puo'   essere   riorganizzata,   a   condizione   che   venga  riorganizzata  nel  suo  complesso.  Il  riallineamento  verticale  appropriato  dei   segmenti   pesanti   restaura   l'ordine   della   struttura   e   bilancia   la  funzione  corporale.  Ripristinare  lo  schema  richiede  ben  piu'  che  un  allungamento  muscolare  casuale,   irregolare,   di   un'area   localizzata.   Il   funzionamento   efficace,  continuo  e  spontaneo  della  macchina  energetica  che  noi  chiamiamo  uomo,   richiede   che   tutte   le   parti   vitali   della   macchina   siano   libere   di  muoversi  reciprocamente.  La  caratteristica  di  un  corpo  irregolare  e'  una  mancata  cooperazione  di  questi  muscoli.    Se  la  tensione  e'  presente  da  lungo  tempo,  liberarla  localmente,  anche  se  e'   il   punto  originale  dell'impatto   traumatico,   non  allevia   realmente.  Un  alleggerimento   fondamentale   dello   stress   fisico   dipende  dall'allineamento  verticale  dei  centri  di  gravita'  di  tutti  i  maggiori  blocchi  ponderali  (testa,  torace,  pelvi).    Liberato   da   questa   tendenze   il   carico   negativo   della   gravita'   sembra  

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trasformarsi  in  un  innalzamento  che  sostiene.      La  cipolla  e  l'organizzazione.  Il   lavoro  manipolativo  attuale  con  la  fascia  richiede  di  ricordare  l'umile  cipolla.   Strati   giacciono   dentro   altri   strati.   Gli   strati   piu'   profondi  possono   essere   raggiunti   solo   se   i   piu'   superficiali   perdono   la   loro  rigidita'  che  la  ferma  nello  sbilanciamento.    Con   qualsiasi   pressione   manipolativa   avviene   uno   stimolo   di   energia  meccanica  ma  se  la  pressione  manipolativa  e'  disegnata  per  far  slittare  la  posizione   della   fascia   nella   normale   direzione   richiesta,   lo   stimolo  energetico  diventa  specifico.    Il  tessuto  fasciale  mosso  nella  direzione  specifica  e'  organizzato.  L'insieme  di  tessuti  che  fanno  questo  sono  organizzati  e  relazionati.  Liberazione-­‐organizzazione-­‐relazione   sono   le   chiavi   di   un   mutamento  anche  psicologico.      Le    conseguenze  psicologiche.  Lo   stress   fisico   riflette   sofferenza   emozionale;   il   sollievo   dalla  compressione   fisica   influisce  marcatamente  sulla   infelicita'  emozionale.  La   struttura   nell'uomo,   in   stazione   eretta,   puo'   essere   analizzata   in  termini   di   linee   orizzontali   e   verticali,   linee   immaginarie   disegnate  attraverso  punti  reali  dell'uomo.    Percio',  la  spina  iliaca  antero  -­‐  superiore,  o  il  centro  della  rotula,  devono  riposare  su  una  linea  orizzontale.    Nella   misura   in   cui   il   corpo   corrisponde   a   questa   direttiva,   lo  consideriamo   bilanciato.   Un   sistema   di   misurazione   affidabile,   per  valutare  il  bilanciamento,  e'  il  modello  di  movimento  che  il  corpo  rivela  nell'azione.    Un   corpo   bilanciato   si   sente   leggero   e   la   gravita'   non   lo   trascina   piu'  verso  il  basso.  Questo,   seguito   da   un   programma   che   stimoli   un   corretto  movimento,  crea  un  benessere  che  la  persona  trova  notevole  e  lo  stress  e'  risolto.  La  persona  si  definisce  "aperta"  e  sono  iniziati  i  mutamenti  nella  coscienza.    Da  questo  l’importanza  di  un  lavoro  che  coniughi  rilassamento  e  lavoro  biomeccanico  sulla  fascia      La  relazione  e  il  tempo      Sono   due   cose   fondamentali.   Dobbiamo   entrare   in   relazione   con   quel  

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muscolo,   quella   fibra,   quelle   strutture.   Esse   hanno   una   tempra,   un  carattere,   un   umore   e   ci   parlano   come   in   natura   ci   parla   un   fiore,   un  albero,  un  paesaggio.  Percepirle   significa   capire   chi   sono  anche  a  volte  indipendentemente  dal  paziente.  Parliamo  del  loro  carattere  in  relazione  agli  altri  muscoli,  parliamo  di  un  “corpo  musicale”  fatto  di  elementi  che  suonano   o   stonano.   Dobbiamo   parlare   con   lui,   lei   o   loro,   dobbiamo  indurre   lo  stonato  a  relazionarsi  con   l'orchestra  e  diventare   intonato  o  meno  stonato.  Dobbiamo  capire  che  un  quadrato  dei  lombi  facilmente  è  un  “tipo  duro”,  poco  ragionevole,  ostinato  e  forse  poco  intelligente.  Che  lo   psoas   è   un   soggetto   volubile,   si   impegna   troppo   o   troppo   poco,  facilmente   presenta   anomalie   anatomiche,   questo   stesso   fatto   lo   fa  essere  un  soggetto  bizzarro,  uno  spilungone  che  si  inchioda  intestardito  nel  pretende  di  gestire  il  quadrato,   i  rotatori  e  l'equilibrio  del  bacino.  E  come   tutti   gli   alti   e   lunghi   è   sensibile   ai   “colpi   di   vento”   ossia   a   un  intervento   rapido   e   brusco.   Liberate   uno   psoas   a   un   calciatore   con   la  pubalgia  e  vi  sarà  riconoscente.  Ed  ecco  che  abbiamo  già  relazionato  lo  poas   con   gli   adduttori...   “mettere   in   relazione”   “avere   un   corpo  relazionato”  e  alla   fine  "organizzato'  diceva  Ida  Rolf  e   lo  sa  bene  chi  ha  fatto  esperienza  di  schiena  che  non  regge,  gambe  che  tremano,  piedi  che  non   appoggiano   mentre   il   resto   magari   funzionerebbe   e   sta   cercando  compensi.   Purtroppo   nella   società   occidentale   questi   input   che   noi  mandiamo  e  che  il  paziente  percepisce  a   livello  concreto  o  subliminale,  confliggono  con  l'eccesso  di  stimoli  che  già  di  suo  il  corpo  riceve.    Che  significa:  che  un  corpo  regge  dai  20  ai  70  minuti  una  correzione,  una  relazione  di  questo  tipo,  dopo  va  in  overdose  e  non  risponde  più.    Ebbene  dobbiamo  capire  quando  non  risponde  più.    Da  quel  momento  siamo  perdendo  tempo  in  due  e  rischiamo  il  peggio:  lo  “stretch   reflex”   neurologico   ossia   un   irrigidimento   e   una   chiusura   che  non  sappiamo  quanto  durerà.  Poi  diremo  che  è  colpa  del  paziente...  Se  queste  cose  non  sembrano  o  non  diventano  possibili  c'è  da    domandarsi  se  non  si  sia  sbagliato  a  scegliere  un  lavoro.  

 

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A l l e g a t o 1  

Note sul tessuto connettivo dagli  studi  di  Helene  Langevin    https://en.wikipedia.org/wiki/Helene_Langevin  

 

 

 

Il   connettivo   tiene   assieme   la   coscia   alla   gamba;   la  mano   al   braccio;   lo  sterno   alla   clavicola.Permette   ai   muscoli   di   scivolare   uno   sull’altro.  Funziona  come  una  ragnatela   tenendo   in  sospensione  gli  organi  e,  come  un   adesivo   mantiene   le   cellule   unite   una   all’altra,   permettendo   loro   di  

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comunicare  reciprocamente.   Il   tessuto  connettivo  è  sicuramente  uno  dei  componenti   più   integrati   nella   macchina   umana.   Questo   tessuto   è   così  esteso  e  presente  da  per  tutto  che  se  dovessimo  perdere  tutti  gli  organi,  muscoli,  nervi  e  sistema  vascolare  nel  nostro  corpo,  manterremmo  ancora  la  stessa  forma.  

Nonostante  le  evidenze  incontrovertibili  del  suo  ruolo  primario  nei  dolori  cronici   ed   in   altre   malattie,   non   è   ancora   stato   studiato   a   fondo.  H.Langevin   dice   “Sono   arrivata   allo   studio   del   Tessuto   Connettivo   in  maniera  quasi  causale  come  endocrinologa  clinica.   In  agopuntura  l’ago  é  inserito  nel  corpo  del  paziente,   in  modo  da  provocare  una  sensazione  di  leggero   fastidio/dolore   locale   che  puó  propagarsi   anche  a  punti  distanti  da  dove   l’ago   e’   stato   inserito:   l’ago   viene   tirato  dal   tessuto   sottostante,  come   il   muscolo   che   si   attorciglia   attorno   all’ago.   Dubitai   di   questo   in  quanto   lo   sentivo   anche  dove  non   c’erano  muscoli   come  per   esempio   il  polso.   L’ago   doveva   interagire   con   qualcos’altro,   ovvero   il   tessuto  connettivo.  Al   Dipartimento   di   Neurologia   dell’Università   del   Vermount,   ho   avuto  l’opportunità  di  studiare  il   fenomeno:  era  un  fenomeno  fisiologico  che  si  poteva  sperimentare,  ma  per  il  quale  non  c’erano  spiegazioni  biologiche.  Siamo   arrivati   a   misurare   anche   una   forza   meccanica   di   estrazione  superiore   ai   0,5kg.   Abbiamo   continuato   gli   esperimenti   per   capire   cosa  tratteneva  l’ago  così  tenacemente.  Grazie  all’uso  del  microscopio  si  notava  che,  una  volta  inserito  l’ago  nella  carne  e  ruotato,  il  tessuto  connettivo  si  avvinghiava  attorno  l’ago.  Anche  un  movimento  piccolo  sull’ago  faceva  si  che  il  tessuto  connettivo  si  stringesse  sull’ago,  come  gli  spaghetti  attorno  alla  forchetta.  Lo  abbiamo  confermato  poi  con  gli  ultrasuoni.”  

Il   tessuto   connettivo   è   sempre   stato   relegato   al   ruolo   passivo   di  membrana   viscoelastica   nei   modelli   tradizionali   di   biomeccanica,   ma   i  ricercatori  stanno  ora  dimostrando  quanti  sistemi  del  corpo  subiscono  il  cambiamento   meccanico   di   questo   tessuto   e   alcune   di   queste   scoperte  trovano   utilizzo   nella   pratica   della   clinica   giornaliera.  Questo  tessuto  è  un  po’  l’orfano  della  medicina  tradizionale;  pur  essendo  parte   integrante   del   sistema  muscolo   scheletrico,   è   di   fatto   assente   dai  libri  di  ortopedia  i  quali  si  interessano  principalmente  di  ossa,  cartilagini  e  muscoli.   L’interesse   ortopedico   è   quasi   esclusivamente   ristretto   al  “Tessuto   Connettivo   Specializzato”   tendini   e   legamenti.   Al   restante  connettivo,  conosciuto  anche  come  Fascia  che  avvolge  i  muscoli,  i  nervi,  le  

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ossa,  le  vene  e  le  arterie,  viene  riservato  si  e  no  un  paragrafetto  e  su  alcuni  libri  non  è  nemmeno  menzionato.  

 L’interesse   in   questo   campo   cresce   di   giorno   in   giorno.   Un   area   di  particolare   interesse   a   livello   cellulare   è   lo   studio   della   meccano-­‐trasduzione   come   la   famiglia   delle   integrine   [1]   che   forma   un   legame  fisico  e  veicolo   informativo   tra   la  matrice  extracellulare  e   l’interno  della  cellula.  

[1.   ndt]   Si   dice   integrina,   o   recettore   all’integrina,   una   glicoproteina  integrale  di  membrana  nella  membrana  cellulare  che  lega  le  proteine  della  matrice   extracellulare,   in   particolare   le   fibronectine.   Svolge   un   ruolo   nel  collegamento   della   cellula   con   la   matrice   extracellulare   (MEC)   e   nella  trasduzione  del  segnale  dalla  MEC  alla  cellula.  Vi  sono  molti  tipi  di  integrina  e  molte  cellule  ne  hanno  svariati  tipi  sulla  loro  superficie.  

Attraverso   questa   connessione   tra   la   cellula   e   la   matrice,   le   cellule  ricevono  l’impulso  meccanico  e  lo  trasformano  in  risposte  cellulari  come:  –   l’   attivazione   o   la   disattivazione   di   molecole   segnali;  –       la   dislocazione   di   fattori   di   trascrizione   verso   l’interno   del   nucleo;  –        il  cambiamento  espressivo  dei  geni.  

 Inoltre,   ci   sono   evidenze   che   supportano   l’idea   che   questi   segnali  meccanici   possono   essere   trasmessi   direttamente   attraverso   il  citoscheletro   all’interno   del   nucleo   cellulare.   Alcuni   dei   lavori   più  importanti   in   questo   campo   hanno   coinvolto   lo   studio   dei   fibroblasti   –  cellule   responsabili   della   sintesi   delle   proteine   che   compongono   la  matrice  extracellulare.    Queste  cellule  vivono  all’interno  della  matrice  che  esse   stesse   creano   e,   rispondendo   a   stimoli   meccanici,   regolano   il  quantitativo   di   collagene   e   delle   altre   proteine   componenti   la   matrice.  Inoltre   producono   enzimi   “sciogli-­‐matrice”   in   risposta   ai   cambiamenti  cronici   imposti   dalle   tensioni   nel   tessuto.     Questi   cambiamenti   possono  essere   indotti   da   movimenti   ripetitivi   e   si   pensa   che   siano   un   fattore  importante   negli   infortuni   professionali   a   carico   del   sistema   muscolo-­‐scheletrico  quali  tendiniti  della  spalla.  I  fibroblasti  hanno  inoltre  un  ruolo  di   rilievo   in   risposta   agli   infortuni   acuti,   particolarmente  quando   essi   si  trasformano  in  miofibroblasti.    

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Prima   che   esistesse   la   chirurgia   e   i   punti   di   sutura,   le   ferite   da   taglio  venivano   suturate   dai   fibroblasti   i   quali   secernano   grandi   quantità   di  collagene  che  poi  fanno  contrarre  chiudendo  così  la  ferita.  Una  volta  che  la  ferita   si   è   richiusa   i   miofibroblasti   muoiono   formando   così   la   cicatrice.  Comunque,   durante   le   infiammazioni   croniche,   i  miofibroblasti   possono  creare   un   eccesso   di   collagene   e   l’incremento   della   tensione   sul   tessuto  crea  le  contratture  che  diminuiscono  la  possibilità  di  movimento  dell’area  interessata.  Tutte   le   ricerche   sin   d’ora   compiute   stanno   fornendo   informazioni  importanti  sopratutto  per  lo  studio  dei  dolori  cronici  come,  per  esempio,  i  dolori  lombari.  Uno  dei  motivi  per  i  quali  il  mal  di  schiena  lombare  è  così  difficile  da  risolvere  è  dato  dal  fatto  che  la  maggior  parte  dei  pazienti  non  ha   anomalie   evidenti   a   carico   della   colonna   vertebrale   o   dei   tessuti   ad  essa   relazionati,   e   quindi   l’origine   del   loro   dolore   è   sconosciuta.   Alcuni  gruppi  di  ricercatori  hanno  iniziato  ad  investigare  sulla  possibilità  che  tale  dolore  sia  generato  dal  tessuto  connettivo  non  specializzato  dislocato  da  entrambi   i   lati   della   colonna   vertebrale.   I   ricercatori   dell’Università   di  Heidelberg   scoprirono   nel   2008   che   il   tessuto   connettivo   contiene  terminazioni  nervose  che  possono  trasmettere   l’informazione  del  dolore  durante   la   tensione   di   questo   tessuto   in   presenza   di   un   infiammazione.  Fino  ad  allora,  non  era  stato  chiaro  se  il  tessuto  connettivo  fosse  in  grado  di  creare  tale  sensazione.  

 Successivamente  gli  ultrasuoni  hanno  dimostrato  che  il  tessuto  connettivo  che   circonda   i   muscoli   della   schiena   è   mediamente   più   spesso   nelle  persone   con   il   mal   di   schiena   cronico.     In   aggiunta   a   ciò,   il   tessuto  connettivo  di  queste  persone  tende  ad  essere  meno  lubrificato  e  quindi  a  formare  adesioni.  

Malgrado   la   tecnologia  a  disposizione,   la  quasi   totalità  delle   ricerche  sul  Tessuto  Connettivo,  viene  tuttora  svolta  su  tessuti  ricreati  in  laboratorio.  Studi   recenti   suggeriscono   che   i   fibroblasti   si   comportano   in   maniera  molto   differente   a   seconda   che   vengano   cresciuti   in   superfici  bidimensionali  (in  vitro)  oppure  in  ambienti  tridimensionali  più  vicini  alla  realtà.   I   fibroblasti   all’interno   del   Tessuto   Connettivo,   anche   a   diversi  centimetri  dall’ago,  iniziano  a  riorganizzare  il  loro  citoscheletro  interno  e  cambiare   forma,   diventando   larghi   e   piatti.   Si   scoprí   inoltre   che   era  possibile   ottenere   lo   stesso   risultato  mettendo   il   Tessuto   Connettivo   in  tensione   grazie   a   delle   pinze   e   mantenendolo   in   tale   posizione   per  

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30minuti.  E’  interessante  notare  che,  30  minuti  è  il  tempo  che  solitamente  gli  aghi  vengono  lasciati  sul  corpo  durante  un  trattamento  di  agopuntura.  Inoltre,   se   si   lascia   l’ago  dopo  averlo   ruotato,   esso  non   ritorna   subito   al  punto   di   partenza.   Perciò   la   tensione   creata   dall’ago   introdotto   nel  Tessuto  Connettivo  rimane  tale  fintanto  che  l’ago  non  venga  rimosso.  Gli  studi   che   sto   portando   avanti   sul   mio   laboratorio   sono   rivolti   a   capire  come  mai   i   fibroblasti  cambiano  forma  quando  messi   in  tensione  per  un  tempo   prolungato.     Al   momento   abbiamo   scoperto   che   i   cambiamenti  sono  relazionati  al   rilassamento  su  grande  scala  del  Tessuto  Connettivo.  Inoltre   i   fibroblasti   iniziano   una   riorganizzazione   del   citoscheletro  (dipendente  dalla  molecola  Rho)  necessaria  per  il  completo  rilassamento  del  tessuto.  

[ndt]  molecola   Rho:determina   polimerizzazione   dei   filamenti   di   actina   e  induce  così  la  formazione  di  fibre  da  stress.  

Rho   è   una   molecola   intracellulare   di   segnalazione   che   gioca   un   ruolo  importante   nella   motilità   delle   cellule   e   nel   rimodellare   la   superficie  proteica   di   quest’ultime   che   permette   ai   fibroblasti   di   collegarsi   alla  matrice.   La   capacità   di   queste   molecole   di   cambiare   la   forma   dei  fibroblasti   ci   suggerisce   che   le   cellule   sono   capaci  di   ridurre   la   tensione  del   tessuto   regolando   la   presa   sul   tessuto   connettivo   circostante   o  muscolo   e   il   cambiamento   di   forma   è   anche   associato   al   rilascio  continuato  da  parte  dei   fibroblasti  di  ATP.  All’interno  della   cellula   l’ATP  funge   da   “carburante”   per   la   cellula,   ma   al   di   fuori   della   membrana  cellulare,   l’ATP   può   funzionare   come   molecola   di   segnalazione.  L’ATP  al  di  fuori  della  cellula  può  essere  convertita  in  altre  molecole  quale  l’adenosina,   che   funziona   da   analgesico   naturale;   questo   potrebbe  spiegare   l’effetto   di   riduzione   di   dolore   riportato   dal   paziente   dopo   un  trattamento  di  agopuntura.  La  possibilità  che  il   tessuto  connettivo  possa  regolare  in  maniera  dinamica  il  proprio  livello  di  tensione  è  senza  dubbio  intrigante;   esso   potrebbe   quindi   mitigare   le   fluttuazioni   di   tensione  all’interno  del  tessuto  stesso.  Il  connettivo  circonda  ed  avvolge  nervi,  vasi  sanguigni   e   il   sistema   linfatico,   quindi   una   riduzione   di   tensione   del  connettivo   ha   ripercussioni   positive   anche   sulla   funzione   di   queste  strutture.  E’  importante  sapere  che  la  riorganizzazione  cito-­‐scheletrica  dei  fibroblasti   è   un   processo   lento   (ci   vogliono   svariati   minuti)   e   di  conseguenza  questo  processo  si  manifesta  in  risposta  ad  un  cambiamento  della   lunghezza   del   connettivo   mantenuta   per   periodi   lunghi   come  cambiamento  posturale.  

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 Ben   poco   si   conosce   riguardo   gli   effetti   dell’allungamento   statico   del  tessuto   connettivo,   anche   se   lo   stretching   di   per   sé   è   stato   studiato   in  maniera  esaustiva  per  la  sua  rilevanza  correlata  al  respiro,  al  camminare  e  alla   funzione   cardiovascolare.   Dato   che   l’agopuntura   risulta   essere   uno  stretching   connettivale   sostenuto,   essa   è   di   interesse   nello   studio  biomeccanico  di  tale  funzione.  

Nonostante  la  poca  attenzione  data  al  connettivo  da  parte  della  medicina  convenzionale   e   dal   campo   scientifico,nella   fisioterapia   convenzionale   è  largamente  condivisa   l’idea  che   lo  stretching  delle  cicatrici  chirurgiche  e  dei   tessuti   molli   delle   articolazioni,induriti   a   causa   di   lunghi   periodi   di  riposo   forzato,   portino   ad   un   rimodellamento   del   tessuto   connettivo  interessato.  Terapie  quali  il  Myofascial  Release  ed  il  Rolfing  si  focalizzano  sullo   stretching   come   modalità   di   trattamento   per   i   dolori   muscolo-­‐scheletrici,  anche  in  assenza  di  infortuni  o  cicatrici.  

Anche   i   meridiani   dell’agopuntura   probabilmente   sono   relazionati   al  tessuto   connettivo,   dato   che   i   punti   dove   vengono   inseriti   gli   aghi  sembrano   seguire   le   fasce   del   tessuto   connettivo   che   scorrono   tra   i  muscoli  ed  i  muscoli  e  le  ossa.  L’80%  dei  punti  di  agopuntura  sul  braccio  seguono  il  percorso  tracciato  dal  connettivo.  Questo  ha  un  senso  dato  che  il  tessuto  connettivo  superficiale  ospita  al  suo  interno  i  vasi  sanguigni  e  i  nervi;   l’effetto  meccanico  dell’ago  sul   connettivo  viene   trasmesso  quindi  direttamente  ai  nervi  recettori.  

 

 

 

 

 

 

 

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A l l e g a t o 2  

Trigger  Point  Therapy  

 “A  causa  dei  ripetuti   insuccessi   terapeutici   si  è  diffusa   l'opinione  secondo  la   quale   responsabile   dell'insuccesso   è   il   paziente   che   non   segue   le  prescrizioni,  piuttosto  che  le  errate  direttive  terapeutiche.  “  e  “Si  considera  sin   troppo   semplicemente,   che   il   trauma   sia   sempre   dipendente   da   un  brusco   contatto   con   l'esterno,   non   viene   documentato   l'aspetto  traumatizzante  della   tensione  posturale,  delle  posture  occupazionali  non  fisiologiche   o   delle   attività   meccaniche   erronee   della   vita   di   ogni  giorno.....Oggi   l'esame   del   paziente   è   così   dipendente   dalle   macchine   e  dall'equipaggiamento   che   l'uso   del   tocco,   della   palpazione,   l'esame  manuale   di   articolazioni,   muscoli   e   legamento,   rischia   di   diventare   un'  arte  perduta”  (  Rene  Cailliet  )    Premessa    Terminologia   -­‐   I   TP   sono   stati   variamente   definiti   nel   tempo   e   nello  spazio  geografico  corporeo  nel  modo  che  segue:  a)  Sinonimi  "Reumatismo   muscolare":   usato   fino   agli   anni   '50.   "Mialgia"   come  differenziazione   dalla   Miosite   Mielogelosi   per   la   gelificazione   delle  proteine.   "Miofibrosite   interstiziale"   per   l'alterazione   anatomo-­‐patologica.    "Sindrome  algica  miofasciale"  (anni  '50).  "Miofascite"   definizione   del   '27   di   origine   burocratica   ad   uso   delle  assicurazioni   per   i   rimborsi.   "Punti   Trigger"   definizione   del   '36   di  Edeikind   e   Wolferth.   "Sindrome   algico-­‐disfunzionale   miofasciale".  Tuttora  usato  dagli  odontoiatri.  Schwartz  1954.  b)  Sinonimi  parziali  "Punti   di   Vallaix"   1841,   "Fibrosite"   1904,   "Reumatismo   nonarticolare"  1962  American  Rheumatological  Association.    Termini   dolorifici   anatomici   vari   (es:   lombaggine,   sciatica,   nevralgia...)  dove   il   dolore   può   essere   causato   dal   TP   in   sede   remota   e   non   dalla  lesione  in  sede  specifica        

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 Caratteristiche  cliniche    “Un   TP   miofasciale   è   una   zona   iper   irritabile   all'   interno   di   una  bandelletta   contratta   di   un  muscolo   scheletrico,   localizzata   nel   tessuto  muscolare  e/o  nella  fascia”.  La  zona  è  dolorosa  alla  compressione  e  può  evocare  un  dolore  proiettato.  Trigger  Point  attivo:  dolore  in  loco  o  proiettato    Trigger  Point  latente  (Tender  Point):  silente  dal  punto  di  vista  del  dolore  ma  causante  limitazioni  del  movimento  e  debolezza  del  muscolo  colpito.  Può   restare   silente   sempre   o   attivarsi   con   qualsiasi   causa   facilitante:  stiramenti,  fatica,  freddo..    Trigger  Point   satelliti:   si   sviluppano   in   facilitazione  del  TP  primario   su  muscoli  sinergici.    Sintomi  1.Dolore   proiettato   di   solito   con   topografia   comune   ma   con   molte  eccezioni  soggettive.    2.Attivazione   con   sovraccarico,   affaticamento,   trauma   diretto,   freddo.  3.Attivazione  anche  indiretta:  da  altri  trigger,  dl  viscerale,  da  artrosi,  da  emozioni,  ecc.    4.Irritabilità  variabile  secondo  ora/giorno  al  superamento  della  soglia  di  stress.    5.Irritabilità  che  sopravviene  al  raggiungimento  di  una  soglia  di  latenza:  es.  lasciare  un  muscolo  in  posizione  accorciata  troppo  a  lungo    6.Sintomi   che   durano   a   lungo   dopo   l'evento   precipitante.   Dopo   un  trauma  la  maggior  parte  dei  tessuti  guarisce,  ma  i  muscoli  “imparano”  ad  evitare  il  dolore.  (postura  di  protezione).  I  TP  attivi  agiscono  limitando  il  movimento  di  quel  muscolo.    Un   TP   attivo   torna   latente,   il   dolore   sparisce   MA   subentra   una  progressiva  fase  disfunzionale  fino  alla  fase  distrofica.    7.Fattori   concomitanti:vasocostrizione   locale,   disturbi   dell'equilibrio,  tinnito,  alterata  percezione  del  peso    8.Rigidità  e  debolezza  dei  muscoli  coinvolti.    Esame  obiettivo  1.L'allungamento  passivo  o  attivo  causa  dolore    2.La  possibilità  di  allungo  è  limitata    3.Più   c'è   contrazione   più   aumenta   il   dolore   (tipicamente:   pongo   il  muscolo  in  accorciamento  e  poi  lo  allungo:  l'allungo  è  impedito)    

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4.La  massima  forza  contrattile  è  diminuita    5.Dolenzia  profonda  e  proiezione  del  dolore    6.Disturbi  funzionali  non  sensitivi  (pallore  e  iperemia  di  ritorno,sudore,  pelle  d'oca..)    7.Il  muscolo  oggetto  del  TP  è  contratto.    8.Esiste  una  bandelletta  palpabile  e  dolente    9.La  pressione  digitale  provoca  il  “segno  del  salto”    10.La   palpazione   a   scatto   del   TP   evoca   una   rapida   contrazione   locale.  11.La  pressione  moderata  e  protratta  causa  dolore  nella  zona  proiettata  12.Il  test  del  piece  roulè  causa  dolore.    Terapia  e  risposta  Il  TP  scompare  immediatamente  con  una  terapia  specifica.  Non  sparisce  subito  la  bandelletta  palpabile  specie  se  il  TP  era  vecchio.  Il  muscolo,  se  la  terapia  è  corretta  deve  riprendere  la  sua  possibilità  di  allungo.    Facilita  la  risoluzione  un  impacco  caldo  dopo  la  terapia.    Il  risultato  permane  se  il  pz  è  educato  al  movimento.    Diagnosi  differenziale    A)  Occorre  cercare:    1.comparsa  acuta  o  comparsa  progressiva    2.distribuzione  topografica    3.debolezza  muscolare    4.bandelletta  contratta    5.dolenzia  specifica  alla  pressione    6.risposta  di  contrazione  allo  stimolo    7.riproduzione  del  dolore  alla  pressione    8.eliminazione  del  sintomo  col  trattamento    B)  TP  non  miofasciali  -­‐cutanei  (spp  cicatriziali)    -­‐nelle  capsule,  tendini  e  legamenti  (Nota:  Travell  considera  questi  come  non  miofasciali  ed  è  vero  in  senso  letterale,  non  appartengono  alla  mio-­‐fascia  ma  sono  comunque  fasciali)    -­‐nel   periostio:   non   è   un   vero   e   proprio   TP  ma   causa   lo   stesso   dolore  proiettato   e   la   cura   è   necessariamente   l'infiltrazione,   quindi   non   ci  riguarda    C)  Malattie    1.Miopatie   (polmiosite,   dermatomiosite):   debolezza   muscolare   con  

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dolore   di   bassa   intensità.   Aumentata   creatinfosfochinasi.   Alterazioni  cutanee  (eritema,  papule,  dermatiti)    2.Artriti    3.Tendiniti  e  borsiti    4.Nevralgie   (es.   trigemino,   Ménière,   torcicollo   spasmodico,   ecc  5.Infezioni   e   infestazioni   (virus,   batteri,   herpes,   zecche,   filariosi,   ecc)  6.Neoplasie    7.Dolore  psicogeno    Meccanismi  dei  TP  Esiste  una  disfunzione  miofasciale/neuromuscolare  a  monte  che  evolve  in  distrofica.  La  disfunzione  è  caratterizzata  da:    1.  iperirritabilità  delle  terminazioni  nervose.  Si  assume  dovuta  ad  agenti  sensibilizzanti   (serotonina,   prostglandine,   istamina..);   le   fibre   afferenti  dal  TP  e  relativa  zona  di  dolore  proiettato  convergono  su  un  neurone  del  tratto  spino-­‐talamico  e  la  corteccia  interpreta  erroneamente;    2.  aumento  del  metabolismo/diminuzione  del  circolo:le   fibre  muscolari  non   si   adeguano   prontamente   ad   una   modificazione   energetica   (es.  carenze   alimentari,   ormonali,   anemia,   iperglicemia,   alterazioni   del  metabolismo  lipidico,  ecc.  ;    3.   formazione   di   bandelletta   palpabile   come   contrattura   delle   fibre  muscolari.    Patofisiologia  Le   rotture   del   reticolo   sarcoplasmatico   avvengono   a   causa   di  sovraccarichi  muscolari  (per  es.  trauma  diretto,  portamento  errato  ecc.).  Questo   genera   una   incontrollata   liberazione   di   ioni   calcio   dal   reticolo  sarcoplasmatico   che   porta   in   un   secondo   tempo   ad   una   contrazione  continua  dei  sarcomeri.    La   contrazione   che   si   genera   crea   da   parte   sua   una   compressione   dei  capillari  adiacenti,  una  diminuzione  dell’apporto  di  ossigeno  e  di  energia  richiesti.    Per   questa   ragione   si   forma   la   cosidetta   crisi   energetica   con   una  conseguente   e   contemporanea   diminuzione   del   riassorbimento   di   ioni  calcio   da   parte   del   reticolo   sarcoplasmatico,   facendo   in   modo   che   il  meccanismo  responsabile  della  contrazione  si  autoalimenti.    Da  qui  si  avrà  una  liberazione  di  sostanze  vaso-­‐attive  e  neuro-­‐attive  che  andranno  a  stimolare  le  fibre  nervose  nocicettive.  Le  stesse  libereranno  dalle  proprie   terminazioni  nervose   la  sostanza  P.  La  placca  motrice  dal  canto  suo  contribuirà  ad  alimentare  il  circolo  vizioso  grazie  all’aumento  

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della  liberazione  di  acetilcolina.  Questo   però   spiega   ancora   una   volta   ciò   che   avviene  ma   NON   perchè  avviene.    Proviamo  a  indagare  i  perchè  partendo  da  questa  immagine  sotto:    

     Vediamo   la   differente   lunghezza   dei   sarcomeri:   il   primo   è   normale,   il  secondo   è   aggredito   dal   TP   ma   soprattutto   vediamo   come   la   fibra  compensa:  se  alcuni  sarcomeri  non  sono  in  grado  di  allungarsi,  i  restanti  devono  compensare.  E'   lo   stesso  principio  di  Mézières:   “si   allunga  solo  ciò  che  è  lungo  o  può  allungarsi”.  Il  resto  rimane  accorciato.        Qui   invece   vediamo   in  sezione   cosa   succede   alle  fibre   applicando   una  pressione.              Immagine  da:  Oschman   JL,   Oschman   NH:  Readings   on   the   Scientific   Basis  of   Bodywork,   Energetic,   and  Movement   Therapies,   N.O.R.A.,  Dover,   NH,   1997   (p.   17).  Riprodotto   col   permesso   di  

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N.O.R.A.    E  allora  il  punto  diventa  questo:  Gli  scritti  della  Travell  trascurano  la  biochimica  della  fascia  evidenziata  dai   primi   osteopati   e   da   Ida   Rolf   (che   non   conosceva   affatto   tanto   da  attribuirle   pratiche   assolutamente   non   pertinenti   (1)   e   poi   evidanziati  da   tutta   l'osteopatia   successiva.   Essendo   il   suo   testo  del   1983   avrebbe  dovuto  conoscere  da  anni  questi  ambiti  della  fisioterapia  USA,  tanto  più  considerando   che   la   loro   diffusione   in   quel   paese   avveniva  massicciamente   negli   anni   '70   e   '80   in   ambienti   elitari   come   il   suo.  Esistevano  quindi  delle  convenienze  a  questo  tipo  di  visione  dei  TP.  Continuiamo  dicendo  che:  -­‐   l'indurimento   palpabile   è   costituito   da   un   deposito   di   tessuto  connettivo  (reperti  istologici),    -­‐   spesso   accompagnato   (ovviamente)   da   essudato   e   depositi   di  mucopolisaccaridi,    -­‐   che   esiste   una   gelificazione   dei   colloidi  muscolari,   il  muscolo   rimane  accorciato  e  va  in  spasmo.  Tutto  questo  col  trattamento  diventa  chiaro  e  ovvio  se  ci  riferiamo  alla  fisiologia   della   fascia,   al   motivo   per   cui   il   collagene   si   addensa,   crea  strutture  di  legame  che  interconnettono    fino  ad  addensarsi  in  strutture  fibrose   che   impediscono   la   mobilità,   gli   scambi   e   il   corretto  metabolismo.  Tant'   è   che   ci   si   avvicinerà   poi   a   questo   attribuendo   la   formazione   di  bandelletta   palpabile   al   metaboliaso   del   calcio/ATP   sul   legamento  actina/miosina.  Si  continuerà  però  a  perpetuare  l'errore  di  ritenere  che  la  causa  primaria  sia  dove  avviene  la  lesione.  Con  qualche  spiraglio  come  vedremo.  (1)  La  Travell  scrive  che  il  test  del  “rotolamento”  o  pience  roulè  è  sinonimo  di  Rolfing.  Sta  in  verità  nello  stesso  rapporto  con  cui  il  vocabolo  “divino”  è  relato  a  “di  vino”.                      

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Esame  e  trattamento    Ciò  che  maggiormente  segnala  l'esistenza  di  un  TP  è  il  dolore  proiettato.  Dobbiamo  dunque  conoscere  la  geografia  delle  zone  di  dolore.  Ma  è  pur  vero   che   riferita   una   zona   di   dolore   possiamo   ricercare   il   TP,   che  normalmente   risiede   nelle   connessioni   anatomiche   e   nell'unità  miotattica.  Importante  è  la  ricostruzione  dell'evento  (se  c'è)  o  del  gesto  dannoso  che  ha  portato  alla  formazione  del  TP.  A  monte  però  troviamo  quasi  sempre  una  struttura  che  non  ha  retto,  la  “goccia   che   ha   fatto   traboccare   il   vaso”:   sforzi   eccessivi,   incongrui,  movimenti  ripetitivi,  posture,  ecc  vanno  insidiosamente  a  sfociare  in  TP.  Ma   non   di   meno   cattivi   stili   di   vita   alimentari   o   sportivi.   (troveremo  sport   come   il   ciclismo,   il   podismo,   la  maratona,   ecc   che   portano   assai  spesso  ad  una  costellazione  di  TP)  L'esame  del  paziente  va  fatto  quindi  osservando  la  postura,  i  movimenti,  la   struttura,   la   simmetria   e   le   linee  di   tensione.  Rapidamente   vedremo  quali  muscoli  o  catene  sono  in  posizione  accorciata.  L'esame  manuale  si  farà   andando   nella   direzione   delle   fibre   e   ricercando   la   bandelletta  contratta.  Possiamo  essere  distratti  da  una  corretta  verifica  quando  il  TP  comprima   un   nervo   e   il   dolore   si   trasmette   in   una   sede   assai   lontana  (tipicamente   lo   sciatico   intrappolato   nel   piriforme)   oppure   quando   la  palpazione   è   assai   vicina   al   tendine,   aponeurosi,   osso,   tanto   che  l'indurimento   delle   fibre   può   equivocarsi.   Una   buona   conoscenza  dell'anatomia,  pratica  e  sensibilità  della  mano  eviterà  questo.    I  trattamenti  per  la  Travell  si  basano  sullo  spry  come  lavoro  principe,  poi  sull'  infiltrazione  e  solo  successivamente  su  tecniche  alternative  come:    -­‐compressione  ischemica    -­‐massaggio  -­‐allungamento    -­‐ultrasuoni.    In   subordine   a   questi   abbiamo   il   calore,   i   farmaci   e   il   biofeedback.  Riporta  poi  che  alcuni  medici  hanno  avuto  risultati  con   la  stimolazione  elettrica  e/o  galvanica.  (Ricordiamo  che  siamo  nel  1983...)    NB:   La   compressione   ischemica   NON   è   una   digitopressione   ma   il  muscolo  nella  sua  parte  non  dolente  viene  allungato  fino  a  raggiungere  il  TP.  Solo  allora  il  TP  viene  pressato  ma  in  modo  tollerabilmente  doloroso.  La  pressione  si  tiene  7-­‐10  secondi  e  si  ripete.  Si  usa  dito,  pollice,  nocche,  gomito,   secondo   zona   e   profondità.   Se   è   mal   calibrata   causa   una  

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maggiore  attivazione  del  TP  e  possibile  sollecitazione  anche  dei  Tender  Points  come  meccanismo  di  difesa.    Massaggi.  Il   massaggio   non   va   fatto   quando   i   TP   sono   molto/troppo   dolorosi.  Allora   si   deve   ricorrere   a   una   tecnica   fasciale   osteopatica   e   non   di  release.  In  ogni  caso  s'è  osservato  che  il  massaggio  è  il  trattamento  più  efficace,  che  deve  essere  concreto  e  non  “a  carezza”,  pesante  ma  non  a  impastamento.    La  Travell  definisce  il  massaggio  per  i  TP  “a  stripping”.    Lo   stripping   è   una   “strisciata”,   uno   strofinamento   lento   e   profondo.   Il  paziente  deve  essere   in  posizione  confortevole,   la  cute  moderatamente  lubrificata   (MAI   olio!)   quindi   da   un   punto,   preferibilmente   fissato   nel  senso  che  potendo  si  fa  un  punto  fisso,  si  striscia  verso  il  TP  “mungendo”  da   muscolo,   fibre   e   fascia   i   loro   fluidi.   In   passaggi   successivi   si   va  aumentando  il  peso  e  l'ingresso  nel  tessuto  finchè  il  TP  sparisce.  Deve  però   iniziare  a  carezza  per  avviarsi  ad  essere  profondo.   (  E  qui   il  come   appartiene   alla   parte   pratica:   ricordarsi   che   si   parte   da   fermi,   si  respira  col  paziente,  si  porta  il  peso  sul  punto,  si  affonda  dolcemente  e  si  striscia)  Nella  mia  esperienza  anche  se  non  sparisce  il  TP,  basta  che  si  riduca:   il  movimento,   il   calore,   la   percezione   del   rilassamento,   il   minor   dolore,  lavoreranno   da   soli   per   noi.   Un'   altra   tecnica   più   simile   alla  digitopressione  è  il  massaggio  a  circoli  dove  si  deve  fare  attenzione  a  che  siano  lenti  e  “in  scarico”  e  non  “in  carico”.  Tuttavia  è  meglio  chiedere  al  paziente  cosa  sente  più  vantaggioso:  le  eccezioni  sono  frequenti.  Non  si  usi  invece  il  trasverso  se  non  in  extrema  ratio  e  comunque  in  alternanza  con  le  altre  tecniche.    La   Travell   poi   nomina   il   massaggio   col   ghiaccio,   che   è   stato  successivamente  molto  contestato  in  quanto  provoca  un  accorciamento  delle  fibre.  Nomina  anche  la  terapia  periostale  che  null'altro  è  per  lei  se  non  una  digitopressione.    Approfondiamo  il  massaggio  La   tecnica   si   basa   sostanzialmente   sull'allungamento   con   una  distrazione.   Che   significa:   che   le   fibre   muscolari   vanno   trattate  allungandole  ma  poiché   ciò   è   doloroso   o   può   esserlo   si   ricorre   ad  una  distrazione   del   paziente,   al   convogliare   la   sua   attenzione   su   altro.   Per  questo   la   Travell   usa   lo   spray   freddo   (situazioni   più   complesse  richiedono  l'infiltrazione).  

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Ma   la   Travell   aveva   interesse   allo   spray   freddo:   era   economicamente  coinvolta   con   l'azienda   che   produceva   il   fluorimetano   mentre   per   le  infiltrazioni  di  procaina  pare  fosse  in  accordo  con  l'AOA  (odontoiatri).  Inoltre   è   provato   (ma   anche   intuitivo)   che  per   rilassare   vale   di   più   un  impacco  caldo  che  non  una  sferzata  di  gelo.    Il   segreto   sta   nella   relazione   fra   la  mano   e   il  muscolo   implicato,   fra   la  mano  e  le  strutture  fasciali.  Sta  nella  nostra  percezione  di  quel  muscolo,  del  suo  comportamento.  Imparare   ad   ascoltare   il   corpo   del   paziente   e   del   singolo   muscolo   e'  fondamentale.  Molti   terapisti   invece   continuano   a   considerare   il   corpo  come   qualcosa   da   aggiustare:   "faccio   questo   e   deve   succedere   quello".  Non  e'   affatto  vero.  Anzi.   Spesso   si   va   a   costruire  una   serie  di   tensioni  molto  piu'  soggiacenti  perche'  psicologicamente  sostenute.    Dunque   allungo,   compio   movimenti   attivi   e   passivi,   stretching,   dò  esercizi  da  fare  a  casa  con  correzione  delle  cattive  abitudini  posturali  e  recupero  della  corretta  fisiologia  del  movimento  attraverso  un  percorso  che  è  anche  educativo.    [   Nota   psicologica:   là   dove   si   consiglia   movimento   attivo   e   passivo,  esercizio   a   casa,   autocorrezioni,   ecc.   si   deve   fare   la  massima   attenzione  alla  persona  che  si  ha  di  fronte:  una  persona  attiva,  energica,  nel  pieno  del  lavoro   deve   sperimentare   la   passività,   non   può   avere   altri   “compiti”   da  fare  in  modo  attivo,  pena  il  fallimento  terapeutico.  Al   contrario   una   persona   triste,   depressa,   stanca,   non   attiva   non   deve  essere  passivizzata  altrimenti  si  va  allo  stesso  modo  verso  il  fallimento.  E'  il  concetto  che  "il  corpo  va  nel  senso  della  lesione".    Inoltre   nel   primo   caso   avremo   un   paziente   deluso,   se   non   ostile   o  arrabbiato   che   ci   attribuisce   una   incapacità,   nel   secondo   avremo   un  paziente  dipendente.  Ciò  come  regola  di  massima  ed  ovviamente  generalizzando  poiché  è  assai  frequente   anche   il   passivo   ostile   o   l'attivo   depresso.   Motivo   per   cui  consigliamo   da   sempre   a   chi   opera   sul   corpo   una   buona   cultura   in  psicologia.  Al  50%  è  la  relazione  che  guarisce,  è  la  relazione  che  ferisce.  ]    Lo  stiramento  attivo  Tutti  conosciamo  i  metodi  di  stretching,  la  messa  in   tensione   senza   creare   tensione,   i   tempi,   il   ritorno,   ecc.   Tutti  conosciamo   il   concetto   di   catene   muscolari,   i   presupposti   nati   con   la  Mézières,  ecc.  quindi  non  ci  dilungheremo  nello  stiramento  attivo.    Lo   stiramento   passivo   La   tecnica   consiste   nel  mettere   in   tensione   la  

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parte   implicata   dal   TP   possibilmente   creandoci   un   punto   fisso.   Poi  agendo  manualmente   stiriamo   il   muscolo   “scollandolo”   dalle   strutture  circostanti,   allungando   le   fibre   ed   agendo   con   la   regola:   più   è   il   peso,  maggiore  è  la  lentezza;  più  è  la  profondità,  più  è  la  lentezza.  Attenzione:  la   troppa   lentezza   porta   a   risultati   che   vanno   dal   grande   rilassamento  all'eccessivo   rilassamento   con   problemi   di   gestione   del   paziente   che  sarebbe  troppo  lungo  descrivere  qui  e  che  rientrano  in  tutt'altro  tipo  di  bodywork  da  lasciare  agli  psicologi.  E'  dunque  cosa  che  va  evitata    Il   movimento   Tecnica   non   contemplata   dalla   Travell  ma  mutuata   dal  Rolfing  Mouvement:  stirare  passivamente  mentre  il  paziente  compie  un  movimento  di  allungo  e  ritorno  molto   lento  della  parte   trattata  oppure  esercita   la   funzione   propria   di   quell'unità   motoria   (es:   mentre   si   sta  trattando  uno  sternocleido  il  paziente  ci/si  aiuta  girando  lentamente   la  testa  dal  lato  opposto  e  poi  ritorna)    L'educazione   Accompagna   questo   una   importante   fase   educativa   di  percezione  del  corpo  e  di  “cosa  fare”  .    A)    1.educazione   al   rilassamento.   Purtroppo   a   questi   pazienti   si   deve  insegnare  Il  Training  autogeno  è  il  sistema  più  conosciuto  ma  anche  solo  riuscire  a  far  sperimentare  una  sola  volta  la  differenza  fra  parte  libera  e  rilassata  e  parte  contratta  porta  ad  una  profonda  consapevolezza  fisica  e  non  solo  mentale.  2.Come   respirare.   Nessun   diaframma   contratto   permetterà   alcunchè.  3.Come  “spegnere”  l'unità  motoria:  ogni  volta  che  trattiamo  e  otteniamo  un  risultato  facciamo  testare  la  differenza.    B)    Educazione  al  gesto,  alle  posture,  ai  rimedi:  questa  fase,  intuitiva  in  ogni  terapista   consiste   nel   consigliare   cuscini,   materassi,   supporti,  movimento,  attività,  ecc.  e  fa  parte  anche  dei  “segreti  di  bottega”.