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TRIANGOLO ROSSO Giornale a cura dell’Associazione nazionale ex deportati politici Nuova serie - anno XX N. 3 settembre 2000 Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano www.deportati.it IT A prevalere fu la ragion di stato Come venne “cancellato” l’eccidio dalla magistratura italiana e tedesca negli anni della guerra fredda. L’avallo del nostro governo. Il rozzo attacco di uno scrittore inglese getta fango sulla Resistenza greca e sui soldati italiani Luciano Violante, presidente della Camera mentre interviene al congresso. Accanto Bianca Paganini, della presidenza Aned, Dario Segre, vicepresidente, il senatore Oscar Luigi Scalfaro e il senatore Gianfranco Maris. Diecimila vittime tra i civili italiani Stragi naziste Dipinse l’inferno di Gusen Aldo Carpi A colloquio con Pinin, il figlio dell’artista che sopravvisse al campo di concentramento di Gusen grazie al proprio talento. da pagina 44 Nel segno della memoria il congresso a Mauthausen L’assise dell’Aned nel campo di sterminio. da pagina 3 Uno studio di Mirco Dondi ricostruisce la terribile contabilità di 285 eccidi che videro cadere soprattutto civili inermi. da pagina 20 La vergogna del silenzio su Cefalonia da pagina 28

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TRIANGOLOROSSOGiornale a cura

dell’Associazione nazionaleex deportati politiciNuova serie - anno XXN. 3 settembre 2000Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/clegge 662/96 - Filiale di Milano

www.deportati.it

ITA prevalere fu la ragion di stato

Come venne “cancellato” l’eccidio dalla magistratura italiana etedesca negli anni della guerra fredda. L’avallo del nostro governo.

Il rozzoattacco diunoscrittoreinglese getta fangosullaResistenzagreca e suisoldatiitaliani

Luciano Violante, presidente della Camera mentre interviene al congresso. Accanto Bianca Paganini, dellapresidenza Aned, Dario Segre, vicepresidente, il senatore Oscar Luigi Scalfaro e il senatore Gianfranco Maris.

Diecimila vittime tra i civili italiani

Stragi naziste

Dipinse l’infernodi Gusen

Aldo Carpi

A colloquio con Pinin, il figliodell’artista che sopravvisse alcampo di concentramento diGusen grazie al proprio talento.

da pagina 44

Nel segno della memoria il congresso a Mauthausen

L’assise dell’Anednel campo di sterminio.

da pagina 3

Uno studio di Mirco Dondiricostruisce la terribile contabilitàdi 285 eccidi che videro caderesoprattutto civili inermi.

da pagina 20

La vergogna del silenzio su Cefalonia

da pagina 28

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Triangolo Rosso

Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici nei campi nazisti Una copia lire 5.000. Abbonamento lire 20.000via Bagutta 12 - 20121 Milano.Tel. 0276006449 - Fax 0276020637.E - mail: [email protected]

Direttore: Gianfranco Maris

Ufficio di presidenza dell’Aned Gianfranco Maris (presidente)Bruno Vasari Bianca PaganiniDario SegreItalo Tibaldi Miuccia Gigante

Comitato di redazioneGiorgio BanaliEnnio ElenaBruno EnriottiFranco GiannantoniIbio Paolucci (coordinatore)Pietro Ramella

Redazione di RomaAldo Pavia

Collaborazione editorialeFranco MalagutiMaria Rosa TorriMarco MicciMonica PozziIsabella CavasinoLidia Rava

Numero chiuso in redazione il 30 luglio 2000Registr. Tribunale di Milano n. 39,del 6 febbraio 1974.

Stampato da:

Via Picasso, Corbetta - Milano

pag. 3 Nel nuovo secolo vitale l’incontro tra le tante diversitàpag. 4 Dal XII Congresso dell’Aned a Mauthausen

appello perché la memoria abbia un futuropag. 7 Messaggi di Giovanni Paolo II e Carlo Azeglio Ciampipag. 8 Beethoven illuminato da seimila candelinepag.10 Affacciarsi alle finestre dove c’era la stragepag.10 I fiori del lager, poi l’incubo del gas...pag.12 Storia del soldato Horn fucilato dopo le nozzepag.14 Deportato a 14 anni per uno sciopero contro la guerrapag.17 472 internati (84 italiani) uccisi ad un solo passo dalla libertà

Notiziepag.19 Una via di Varese da dedicare a Calogero Marrone,

l’oscuro eroe dell’ufficio anagrafeLa giornata della donna per ricordare lo sterminio

pag.20 Le diecimila vittime delle stragi nazistepag.21 L’elenco dei civili uccisi dai nazifascistipag.26 Giorno per giorno

Cefaloniapag.28 A prevalere fu la ragion di Statopag.34 Cefalonia, il carteggio della vergognapag.36 Per non dimenticare l’Olocausto

Finalmente un tema sullo sterminio agli esami di quest’anno della maturitàIl grazie di Spielberg: una lezione sull’Olocausto

pag.37 In scena le poesie sui lagerpag.38 Incontri e dibattiti con l’Anedpag.39 I nostri luttipag.40 I nostri ragazzi

Mille sensazioni in una manciata di versipag.43 Il sito Internetpag.44 Aldo Carpi, il pittore che dipinse l’infernopag.50 Lettere a Triangolo Rossopag.52 I ricordi di Carola Cohn: mangiare, mangiare...

e durante la marcia strappavamo l’erbapag.54 Bibliotecapag.58 Suggerimenti di letturapag.60 Il giorno della memoria

Le fotografie del servizio su Cefalonia sono state tratte da “La Divisione Acquia Cefalonia-Settembre 1943” a cura di Giorgio Rochat e Marcello Venturi,Mursia, Milano 1993 e da “L’Esercito italiano nella 2a Guerra Mondiale-Immagini”, edito dallo Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, Roma1976. Le fotografie delle stragi naziste sono tratte da “I tedeschi in Italia -Album di un’occupazione 1943-45”, a cura di Silvio Bertoldi, Rizzoli, 1994.Le fotografie alle pagine 56-57 sono state tratte dal volume “Ebrei in provin-cia di Varese” di Alberto Gagliardo, Anpi-Arterigere, Varese 1999.

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la nostra Europa, deve invece farsi so-stanza di valori comuni e condivisi, perla creazione di una società aperta e mul-ticulturale, consapevole che l’immi-grazione è una risorsa e la diversità unaricchezza, e che il rispetto dei dirittiumani, la garanzia per tutti dei dirittidi cittadinanza, è il tema cruciale e iltraguardo fondamentale del nostro tem-po.

Non può esservi globalizzazionedei mercati e delle monete sen-za la globalizzazione dei diritti

umani. La bussola della nuova dimen-sione della politica internazionale è quel-la dei diritti.I principi di democrazia, di sovranitànazionale, lo stesso concetto di sovra-nità popolare vanno sottoposti alla que-stione dei diritti.Gli ex deportati e i familiari dei cadu-ti nei Lager, che hanno combattuto ilfascismo ed il nazismo, per congedar-si con dignità dal secolo, perché la me-moria abbia un senso etico e storico, sirivolgono a tutti gli uomini e le donnedi buona volontà formulando questomessaggio per le generazione future.● Fate che l’Europa non sia soltanto

un’unione dei mercati e delle mone-te, ma sia sostanza di uomini e di va-lori comuni e condivisi.

● Fate che l’Europa sia l’espressionepolitica e umana di un comune im-pegno, per la costruzione di una so-cietà pluralistica, non intesa come il-luministica tolleranza ma come con-sapevolezza che la ricchezza è insitanelle diversità, che devono essere tut-te riconosciute e rappresentate, sottoil presidio di norme giuridiche di ri-spetto dei diritti umani.

● Fate questo perché la memoria delprezzo pagato per la libertà possa ave-re un futuro.

Mauthausen, 5 maggio 2000

dirittura locale. È questa la più sciagu-rata tra tutte le proposte possibili.Purtroppo il populismo xenofobo e ilterrore della “contaminazione” sonoconcezioni che possono attecchire inogni strato sociale.

Il rischio per il nuovo secolo è quel-lo di una deriva etnica preoccupan-te. La miscela di xenofobia e na-

zionalismo innesca sempre processi de-vastanti, diffonde l’odio e la paura.Bisogna saperne cogliere immediata-mente i segni premonitori: la nostraesperienza di deportati ci ha insegnatoche, non appena i primi sintomi di que-sta malattia si delineano, subito si de-ve agire. La memoria ha un significatose rielabora anche questi processi piùprofondamente annidati nel cuore del-la società, che hanno violentato le co-scienze sino al punto che è stato pos-sibile concepire lo sterminio di milio-ni di uomini, donne e bambini, e orga-nizzare i Lager. La memoria ha un si-gnificato soprattutto se è capace di ri-conoscere i sintomi delle antiche ma-lattie, per quanto si presentino sottonuove forme, nella realtà del propriotempo.Dobbiamo quindi operare attivamenteper costruire nella cultura e nel rispet-to della democrazia gli anticorpi capa-ci di vaccinare i popoli dal morbo xe-nofobo. Alle soglie del nuovo millen-nio, i deporati di tutte le nazionalità chehanno combattuto il nazismo e il fa-scismo, o ne sono stati vittime inermi,nella consapevolezza comune che pro-prio la deportazione è stato il primo,tragico momento di unità europea, ri-volgono un appello alle generazioni piùgiovani.

L’Europa che si sta costruendonon può essere soltanto l’u-nione dei mercati e delle mo-

nete. L’Europa come noi la intendiamo,

Nel nuovo secolovitale l’incontrotra le tante diversità

ITIl documento finale del Congresso dell’Aned a Mauthausen

Alla fine di un secolo di sangue,noi deportati nei campi di ster-minio nazisti e i familiari dei

caduti, per 55 anni non reduci, ma pro-tagonisti e testimoni attivi di una me-moria portatrice di valori, ci battiamoancora per trasmettere la lezione di que-sta memoria alle generazioni future.Un fenomeno epocale investe e inve-stirà sempre più il secolo che nasce: losradicamento di milioni e milioni di per-sone dalla propria terra verso paesi neiquali sperano di raggiungere condizio-ni di vita migliori per se stessi e per iloro figli. I paesi più ricchi hanno bi-sogno del lavoro di questi stranieri: gliospedali hanno bisogno di infermieri,l’edilizia di manovali, le strade di chile asfalti, i rifiuti di chi li trasporti, l’a-gricoltura di chi ne raccolga i prodotti.

Le diversità sono destinate ad in-contrarsi perché hanno bisognole une delle altre per sopravvi-

vere e per progredire. Comunità for-mate da più lingue, più culture, più re-ligioni, più etnie, saranno le comunitàdel futuro. Il fenomeno dell’immigra-zione è irreversibile. Ma le diverse iden-tità non devono essere cancellate. Soloil riconoscimento reciproco e il rispet-to della diversità rendono possibile, nel-l’osservanza delle leggi, la coesistenzadi donne e uomini di lingue, culture ereligioni diverse.Emergono oggi in Europa forze politi-che e movimenti che non intendono ab-battere le barriere, ma al contrario in-nalzano muri sempre più alti. Questeforze sventolano la bandiera della pro-pria identità messa in pericolo da ipo-tetiche aggressioni da parte di “stra-nieri” e “diversi”.L’unica proposta che tali forze avanza-no è quella dell’isolamento, con l’e-sclusione di ogni cultura altra, di ognietnia che non sia quella nazionale o ad-

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Nei giorni in cui ricorrevail 55° anniversario dellaliberazione del campo

Dal XII Congresso del

appello perché la mem

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ll’Aned a Mauthausen

moria abbia un futuro

La relazione del presidenteGianfranco Maris

e gli interventi dell’on.Luciano Violante, dell’excapo dello Stato OscarLuigi Scalfaro e del sen. RaimondoRicci - Imminentepubblicazione degli attidel convegno storico,con le quattrocomunicazioni deiprofessori Enzo Collotti,Augusto Graziani,Enrico Pugliese e delsen. Salvatore Senese.

Gianfranco Maris durante la sua relazioneal Congresso.

Luciano Violante a sinistra e MiucciaGigante a destra. Al centro il borgomastrodi Mauthausen.

Il senatore Scalfaro tra Dario Segre (a sinistra) e Gianfranco Maris.

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Il presidente della Camera LucianoViolante ha colto il reale significatodel Congresso dell’Aned, quando nelsuo intervento ha ricordato che “55anni fa i deportati di Mauthausen ap-pena liberati firmarono un manifestocon il quale affermavano la volontàdi conservare nella memoria la soli-darietà internazionale realizzata nelcampo e ribadire la volontà di per-correre una strada comune: quelladella libertà di tutti i popoli, del ri-spetto reciproco, della collaborazio-ne nell’opera di costruzione in unmondo libero e fondato sulla giusti-zia sociale. Spoglio di ogni retorica,questo appello mantiene ancora og-gi tutta la sua forza”.

I l XII Congresso naziona-le dell’Aned che si è te-nuto all’inizio di maggio

nella Sala delle bandiere delcampo di Mauthausen - dalquale 7.200 italiani su 8.000internati non hanno più fattoritorno - ha voluto rappre-sentare una sfida. Non solouna legittima manifestazionecelebrativa - proprio nei gior-ni in cui cadeva il 55° anni-versario della liberazione delcampo - ma una riflessionecomune, dei deportati super-stiti, dei loro familiari e del-le centianaia di scolarescheche proprio in quei tiepidigiorni di maggio visitavanosbigottiti e commossi quel

luogo di orrori, spesso ac-compagnati da ex deportatipresenti. Soprattutto una ri-flessione su che cosa resta diquell’impegno preso più dimezzo secolo fa e sui pro-blemi carichi di pericoli chestanno di fronte all’Europa dioggi.Non solo quindi una rifles-sione sul passato, in quellache il presidente dell’AnedGianfranco Maris ha defini-to una “sede etica” perché èil luogo che ha conosciutol’annientamento di 200.000antifascisti attraverso il lavo-ro forzato, le camere a gas,le fucilazioni e la forca.Ricordare quanto avvenne in

di BrunoEnriotti

Dal campo di sterminio di Mauthausenappello perché la memoria abbia un futuro

XII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANED - 3-4-5 MAGGIO 2000

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questo campo di sterminio, ericordarlo soprattutto ai gio-vani, è oggi più che mai do-veroso, ma fermarsi al ricor-do sarebbe una colpa. Alla fi-ne di un secolo di sangue, inun mondo radicalmente cam-biato, i protagonisti della de-portazione si chiedono se leloro speranze siano state rea-lizzate, se la globalizzazionee la mondializzazione non ri-schia di creare nuove dram-matiche disuguaglianze, e dialimentare diverse e mai so-pite forme di razzismo.Al centro del congressodell’Aned a Mauthausen è sta-ta così posta la riflessione sulfuturo dell’Europa e sui pro-

blemi e sulle potenzialità chesorgono dall’immenso spo-stamento di popolazione, didimensioni bibliche, impostosia dalle esigenze dei paesiricchi di avere manodopoerasenza la quale c’è il rischiodi una nuova povertà, sia dalbisogno delle popolazioni piùpovere di avere un lavoro eun salario dignitoso, senza ilquale non vi è promozioneumana.Questo complesso tema - chenon è estraneo all’esperienzadella deportazione, ma chestrettamente si lega alle spe-ranze espresse dai deportatial momento della liberazionedi Mauthausen - l’Aned lo ha

affrontato nel modo più im-pegnato, attraverso quattro re-lazioni tenute da studiosi dialtissimo livello, che sarannopubblicate e diffuse nellescuole.Il prof. Enzo Collotti, ordi-nario di Storia contempora-nea all’Università di Firenze,ha parlato su “Riflessioni sulmessaggio europeista dellaResistenza”; il prof. AugustoGraziani, docente di Economiapubblica all’Università “LaSapienza” di Roma, ha tenu-to la sua relazione su“Prospettive della globaliz-zazione: vantaggi e svantag-gi”; un tema strettamente col-legato alla relazione su

“Problemi dell’emigrazione”,affrontato dal prof. EnricoPugliese, ordinario di So-ciologia del lavoro all’Uni-versità “Federico II” di Napoli,al quale ha fatto seguito la re-lazione del sen. SalvatoreSenese, presidente dell’Asso-ciazione per la Storia e laMemoria della Repubblica sultema “Prospettive future suidiritti degli uomini (dalla nor-mativa di Norimberga in poi)”.Sono i temi che il sen. Marisaveva sintetizzato nella suarelazione introduttiva, met-tendo in risalto come esistail rischio concreto che l’ini-zio del nuovo secolo possacontenere i prodromi di vi-

Giovanni Paolo IIRinsaldare il comune

impegno per la pace

Il messaggio del Papa al Congresso inoltrato dal segretario di stato del Vaticano:

Occasione incontro at Mauthausen rappresentanti varie na-zionalità che hanno conosciuto deportazione nei Lager an-nientamento nazisti promosso da Associazione nazionaleex deportati politici nei campi nazisti sommo Pontefice ri-volge at organizzatori et presenti manifestazione beneau-gurante saluto esprimendo vivo apprezzamento per lode-vole iniziativa come pure per opera sinora svolta da so-dalizio che rappresenta unitariamente superstiti et tutti fa-miliari caduti campi sterminio. Santo Padre auspica che nobile incontro et votazione do-cumento-messaggio at future generazioni rinsaldi deside-rio et comune impegno per tutela et promozione universa-li valori fratellanza et pace nel rispetto della dignità per-sona et diritti ogni essere umano et mentre invoca dalSignore copiose grazie celesti per buon esito assise inviaat tutti benedicenti suoi voti di ogni bene.

Ecco il messaggio inviato al Congresso dal Presidente del-la Repubblica:

Partecipo idealmente con intensità di sentimenti al dodi-cesimo congresso dell’Associazione nazionale ex deporta-ti politici nei campi nazisti, che emblematicamente si svol-ge in uno dei luoghi ove si è consumata la tragediadell’Olocausto. Con il trascorrere del tempo più forte de-ve essere in tutti noi, il dovere della memoria, anzitutto co-me atto di omaggio a quanti nei campi hanno perso la vi-ta, vittime di un progetto allucinante fondato sulla nega-zione della ragione, sulla mortificazione dell’essere uma-no, sulla distruzione della civiltà.In secondo luogo per manifestare affetto, solidarietà, ca-lore umano ai superstiti, fedeli testimoni di quella follianata e cresciuta nel cuore stesso dell’Europa.Da ultimo, per lasciare ai più giovani un insegnamento diverità che preservi la società del futuro, della quale essisaranno i protagonisti, da ogni ideologia che si ispiri al-l’intolleranza, alla sopraffazione, all’odio razziale.Nel far ciò non solo adempiamo ad un dovere verso la no-stra collettività nazionale, ma rafforziamo anche le fonda-menta della costruzione europea, diffondendo un patrimo-nio di valori condivisi che costituiscono l’imprescindibilefondamento culturale sopra il quale edificare un progettounitario stabile, in grado di assicurare a tutti i popoli delcontinente progresso civile, prosperità economica e pace,contro ogni tentativo di rinascita di idee aberranti con-dannate senza appello dalla storia.

Con memore, affettuoso pensieroCarlo Azeglio Ciampi

Carlo Azeglio CiampiInsegnamento

di verità da lasciare ai giovani

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N iente applausi. Un si-lenzio assoluto, illu-minato da seimila can-

dele. Così il pubblico, aMauthausen, ha accolto il fi-nale della Nona di Ludwigvan Beethoven, nel miglioredei modi. Il 7 maggio ricor-reva il 55° anniversario del-la liberazione del campo disterminio. Per celebrarlo, perricordare innanzitutto i cen-tomila morti, Leon Zelman,presidente del “Jewisch Wel-come Service”, organizzato-re della serata, uno dei pochiscampati da quell’inferno, siera proposto di programma-re qualcosa di eccezionale.Pensò così ai Wiener Phila-rmoniker, uno dei complessimusicali più importanti delpianeta e a quanto sarebbestato bello ed emozionantefarli suonare proprio nel cam-po, accanto a quella “Scaladella morte” di 186 gradini,dove i nazisti obbligavano ideportati a salire con grossimassi sulla schiena, estrattida quell’enorme cava di pie-tra, dove la Filarmonica di

cende gravi e destabilizzan-ti. È il rischio della xenofo-bia che si presenta non solocome negazione dei valori perla cui affermazione si è com-battuto contro il nazismo e ilfascismo, ma anche come ne-gazione dei diritti fonda-mentali degli uomini; una on-data xenofoba che si presen-ta sempre più come una mi-scela esplosiva di paure irra-zionali diffuse in ampi stratisociali, timori di perdere ilbenessere e identità a segui-to delle immigrazioni, e chepotrebbe innescare gravissi-mi conflitti sociali, soprat-

tutto quando la xenofobia siunisce al nazionalismo.Argomentazioni riprese dalpresidente della CameraViolante quando ha parlato difenomeni di regionalismo an-tistatale, di nazionalismi e po-pulismi che fanno leva su con-cetti ambigui, come il “dirit-to alla differenza” o il “ri-spetto delle differenze”, pergiungere ad affermare il prin-cipio del “ciascuno a casa pro-pria”. Alla base di questi fenomeni- ha aggiunto Violante c’è unasorta di “ripiegamento co-munitario”, una risposta in

termini arcaici ad un bisognoreale di appartenenza e diidentità. È una risposta rivolta al pas-sato, alla discriminazione, al-la quale va contrapposta unaconcezione che guarda al fu-turo, all’integrazione e ad unaconcezione della cittadinan-za intesa come insieme di di-ritti e doveri uguali per tutti.Il problema dell’immigrazio-ne, con le potenzialità e i ri-schi che esso comporta, si ri-collega direttamente al temadell’Europa, sul quale si è sof-fermato l’ex presidente dellaRepubblica Oscar Luigi Scal-

faro. Noi - ha detto - abbia-mo fatto l’Europa del mer-cato, l’Europa della moneta:occorre fare l’Europa degliesseri umani. I mercati e la moneta hannobisogno di un padre, di unsenso civico europeo che an-cora non è nato. L’Europa habisogno di un’anima, perchéda questa nasce la volontà divivere insieme, di riconosce-re la ricchezza delle diversitàe di combattere i tanti egoi-smi ancora presenti sul pia-no nazionale e internaziona-le. Un messaggio di saluto eadesione è giunto anche dal

XII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANED - 3-4-5 MAGGIO 2000

Beethov

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Vienna ha eseguito l’immor-tale sinfonia del genio di Bonn.Niente di meglio poteva es-sere pensato, anche se qual-cuno ha protestato perché farrisuonare l’inno alla gioia,che conclude la sinfonia, inquell’ambiente di inaudite sof-ferenze, poteva apparire unastridente lacerazione, come

se la bellezza del canto nonavesse la forza di sublimareogni altro sentimento, innal-zandosi al di sopra di ogni al-tra cosa.

Alcuni ebrei, addiritturahanno sostenuto l’i-nopportunità di ese-

guire musica di Beethoven,

perché quella musica sareb-be piaciuta ai nazisti. Una co-lossale sciocchezza. Una se-rata indimenticabile, illumi-nata dal tremolio di seimilacandele. Un verso dell’innoalla gioia, scritto da Schiller,dice “Alle Menschen werdenBrueder”, tutti gli uomini sa-ranno fratelli. Poteva piace-re un tale inno a carneficispietati, che consideravanogli ebrei esclusivamente co-me carne da macello?Il concerto, fra l’altro, è sta-to trasmesso dalla televisio-ne austriaca. Sarebbe piaciutoche questa importante occa-sione fosse stata colta dallanostra televisione, prodiga diprogrammi uno più mediocree diseducativo dell’altro.

Ma figurarsi. Eppuresiamo convinti chepersino in “audien-

ce” la televisione ci avrebbeguadagnato. Alla Nona diBeethoven eseguita daiPhilarmoniker in diretta dalcampo di sterminio siamo cer-ti che un ascolto di massa non

sarebbe mancato. Ma tant’è.Ai seimila invitati a questostraordinario concerto è sta-to distribuito un pieghevolecon una frase di uno dei po-chi ebrei che sono riusciti avedere la liberazione del cam-po di Mauthausen. Primo Levi:“Non c’è futuro senza me-moria”.

I.P.Nella pagina accanto,ex prigionieri di Mauthausen durante la visita al Memoriale.Giovani spettatrici alconcerto della Filarmonicadi Vienna.Il grande pianista Vladimir Ashkenazy.

presidente del Senato, NicolaMancino.Dal congresso nazionaledell’Aned - che si teneva inun paese come l’Austria, cheè stato in questi mesi al cen-tro di una preoccupata di-scussione - non poteva nonvenire un forte grido d’allar-me su pericoli che si intra-vedono chiaramente in Europae che interessano direttamenteanche il nostro paese. Lo halanciato con lucidità e pas-sione civile il sen. RaimondoRicci quando si è soffermatosu quella pericolosa forma direvisionismo storico che ten-

de a rimuovere il valore e ilsignificato della lotta dei po-poli europei contro il fasci-smo e il nazismo. L’esperienza della deporta-zione viene così emarginata,considerata come qualcosa dinon più necessario, di non uti-le. La Resistenza diventa unaparentesi di scarsa importan-za per la conquista della li-bertà e la sconfitta del nazi-smo e del fascismo. In que-sta visione i campi di ster-minio, l’eliminazione degliavversari politici, l’Olocausto,non costituiscono una tragi-ca esperienza unica e origi-

nale nella storia dell’uma-nità, ma una vicenda che sivuole omologare con altreesperienze. È chiara la volontà di ri-muovere il più possibile tut-ta l’esperienza della Resi-stenza. È già avvenuto in al-cuni paesi europei e può av-venire anche in Italia. Dalcongresso dell’Aned - ha ag-giunto il sen. Ricci - devepartire una controffensiva. È questo il primo impegnoche le forze della Resistenza,assieme agli storici, agli uo-mini di cultura e alle forzedemocratiche, debbono af-

frontare dando vita ad ungrande movimento di riscossain grado di fronteggiare que-sta crescente deriva modera-ta.Un congresso tutt’altro checonvenzionale e celebrativoquello che l’Aned ha tenutonel campo di Mauthausen nelquale ancora una volta que-sta componente fondamen-tale della lotta contro il na-zismo e il fascismo, ha sa-puto misurarsi - oggi come55 anni or sono - con i nuo-vi problemi che stanno difronte a tutta la società eu-ropea.

Il concerto della Filarmonica di Vienna

en illuminato da seimila candele

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Ma in che bel postosiamo arrivate”, ri-corda così la prima

impressione che ebbe del cam-po di Mauthausen LilianaMartini, ai tempi staffetta par-tigiana di diciassette anni ar-restata dai tedeschi il 14 mar-zo 1944 per la sua parteci-pazione ad una rete di “pas-satori” che guidava verso laSvizzera prigionieri alleatievasi, ricercati per motivi raz-ziali o politici, partigiani fe-riti e renitenti alla leva. Unaspia era riuscita ad infiltrar-si ed aveva fatto arrestare daitedeschi membri del gruppoe fiancheggiatori.Portata al carcere di SantaMaria Maggiore di Venezia,tra le violenze aveva appresodi essere stata condannata amorte (senza processo) e ciòera motivo di dileggio da par-te dei carcerieri. Trasferita alcampo di transito di Bolzanoverso la fine di luglio o i pri-mi di agosto, iniziò un viag-gio in treno con destinazioneAustria. Fu appunto quandoarrivò al campo e vide i fio-ri alle finestre delle baracche

XII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANED - 3-4-5 MAGGIO 2000

Affacciarsi alle finestre dove c’era la strage

Le villette di Gusen, inquietante presenza

I resti del fornocrematorio, unicastruttura superstite del famigeratosottocampo

I civili “di allora”potevano non sapere?

L’analisi di uno storicoamericano

U n particolare inquie-tante colpisce ed in-duce a riflettere chi

visita i campi di sterminiodell’Alta Austria: la costru-zione di una serie di villet-te dove sorgeva il sottocam-po di Gusen e che ingloba-no il manufatto dove è cu-stodita l’unica struttura su-perstite, il forno crematorio.È inquietante, infatti, pen-sare alla famigliola riunitamagari in attesa che il ca-pofamiglia prepari sulla bra-ce bistecche, wurstel e sal-sicce a pochi metri da dovefurono inceneriti i cadaveri

di 37.000 deportati, mortiper gli stenti e le torture.Tanta insensibilità porta unostorico americano, GordonJ. Horwitz autore di “In theShadow of Death: LivingOutside the Gates ofMauthausen” (pubblicato daMarsilio nel 1994 sotto il ti-tolo “All’ombra della mor-te. La vita quotidiana attor-no al campo di Mau-thausen”), ad analizzare ilcomportamento degli abitantidella zona quando il lagered i suoi numerosi sotto-campi erano in funzione.L’autore sviluppa la ricerca

I fiori de

di PietroRamella

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dove abitavano i guardiani eche sorgevano fuori del peri-metro delle mura, che nellasua ingenuità giovanile co-municò quell’impressione al-la sorella più matura di lei,quale rispose indicandole ilportone: “Di lì non usciamo”.

Subito dopo iniziarono levessazioni e le umilia-zioni. Fatte spogliare nu-

de e lasciate a lungo con lafaccia rivolta verso il cosid-detto “muro del pianto”, fu-rono sottoposte a violenti get-ti d’acqua mentre, sbeffeg-giandole, i guardiani allun-gavano le mani per toccarle,aumentando così la loro an-goscia. Poi vestite di una tu-nica e calzati degli zoccoli fu-rono portate - malgrado il ba-

gno di prima - alle docce.Vennero nuovamente fatte spo-gliare e dopo aver ricevutoun pezzo di sapone, rinchiu-se in una camera da cui pen-devano degli “strani” spruz-zatori, ma da cui non uscì néacqua né, fortunatamente, al-tro. Poco dopo la porta si ria-prì: “Tutte fuori, rivestirsi”.Quando seppe che era statain una camera a gas non capìcosa fosse successo, forse sol-tanto un macabro scherzo deisuoi torturatori.Una quindicina di giorni piùtardi, con altre detenute ven-ne mandata a Linz al campo39, dove incontrò donne ditutta Europa, a lavorare altornio per produrre parti diaereo. Per il bombardamentodella fabbrica, il macchina-

rio risparmiato dalle bombefu trasportato vicino a Vienna.Qui, non arrivando più ma-teriale da lavorare, venne im-piegata con le altre in lavorilungo le strade. Ormai la sor-veglianza era scarsa, per lopiù affidata ad elementi del-la milizia locale, per cui ledetenute si limitavano a spo-stare delle pietre da una par-te all’altra ed a riportarle alposto di prima. Solo le SS dipassaggio continuavano a tor-mentarle, chiamandole “Ca-rogne, puttane” e minac-ciandole di morte. Una voltail deciso intervento di un sol-dato della Wermacht mise fi-ne alle minacce.Riportate in fabbrica, assem-blavano le piccole parti checostituivano la plancia di co-mando degli aerei, ma un nuo-vo bombardamento le indus-se alla fuga. Chiesero un passaggio a deisoldati che demoralizzati siritiravano dal fronte. Poi in-contrarono dei soldati italia-ni fuggiti da un campo di pri-gionia e con essi su un ca-mion, raggiunssero il 6 o 7

maggio il campo diMauthausen, nel frattempo li-berato. Gli americani lascia-rono al gruppo il camion perraggiungere l’Italia e li for-nirono di viveri, ma adInnsbruck vennero fermati:nella zona era scoppiata un’e-pidemia di tifo petecchiale.Nuova, lunga sosta, poi fi-nalmente verso la fine del me-se poterono ripartire e rag-giungere Padova.

Questa la terribile espe-rienza di una ragazzadi Zane che conobbe

il carcere dove subì vessazio-ni fisiche e morali, poi il cam-po di sterminio dove conobbeil terrore, e le umiliazioni, lafame e l’incubo della cameraa gas. Non che il seguito fos-se meno scevro di pericoli: lamorte era sempre in agguato,poteva venire dal cielo sottoforma di una bomba alleata odall’incontro con un nazistafanatico. Eppure, forte dellasua giovinezza, Liliana trovòla forza e la volontà di tor-nare e di raccontare.

P.R.

Il ricordo di Liliana, arrestata a 17 anni

Tratta in inganno dai vasi alle finestre dei guardiani,

pensò che il luogo fosse accogliente.Invece cominciarono subito violenze,

torture, umiliazioni.E ogni giorno un incubo: la camera a gas.

in più capitoli: la costruzio-ne del campo, il castello diHartheim, la valle di Redl-Zipf, il monastero di Melk,le evasioni, le marce dellamorte, la fine della tragedia.In ognuno studia l’atteggia-mento dei civili, di chi dap-prima si oppose alla costru-zione del campo temendo lapromiscuità con tanti “cri-minali” e poi si ricredetteper i vantaggi che ne deri-vavano. Infatti molti divennero for-nitori delle SS o trassero pro-fitto dall’acquisto, a bassoprezzo, dei beni razziati ai

prigionieri. Altri divennerodipendenti nelle strutture co-me le dieci segretarie del ca-stello di Hartheim, che svol-sero il loro lavoro trovando“rifugio” nella routine: le let-tere da spedire ai parenti del-le persone gasate.Nella valle di Redl-Zipf onelle vicinanze del mona-stero di Melk, dove veniva-no scavati i tunnel per le fab-briche di guerra, tutti pote-vano vedere l’inumano trat-tamento inflitto ai deportatie sentivano i ripetuti colpidi fucile che eliminavano gliinabili. Cosa dire dei citta-

dini inquadrati nella gen-darmeria locale che colla-borarono con le S.S. alla cat-tura e, cosa più grave, all’e-liminazione dei fuggiaschi?Come non ricordare che,coinvolti in un’orgia di san-gue, sterminarono gli uffi-ciali russi che la sera del 2febbraio 1945 avevano ten-tato, con la fuga, di sottrar-si ad una morte certa? Dei495 prigionieri, pochissimisi salvarono. Le marce della morte, il tra-sferimento dal campo ai po-sti di lavoro, o peggio, allafine, lo svuotamento dei sot-

tocampi minacciati dall’a-vanzata degli Alleati, av-vennero per vie secondariema sempre attraverso centriabitati. Quanti non ce la facevano,venivano eliminati e sepoltisul posto. Nessuno vide?Sembra che i nazisti e la po-polazione avessero stipula-to un accordo tacito: i re-sponsabili dei campi face-vano del loro meglio per ri-sparmiare agli abitanti la per-cezione diretta delle atrocità,in cambio gli abitanti nonfacevano nulla per informarsi.Evitare di sapere per evita-

l lager, poi l’incubo del gas...

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Werner Handler, ebreo di 80 anni, rico

Testimonianze

raccolte al Congresso

Nelle foto: come si presentava Mauthausen il giorno dell’arrivo dei liberatori.

re di giudicare. Una sparutaminoranza cercò di dare unpo’ di sollievo gettando qual-che mela o patata nelle filedei detenuti, il procuratoredi Linz ai primi tempi delfunzionamento del campo,tentò di indagare sulle mor-ti numerose, ma fu bloccatodalle SS. La maggioranza si comportòin maniera del tutto diversa,negando ai prigionieri ancheuno sguardo di commisera-zione, si compiacque di as-sistere alle violenze subitenelle cave o lungo ilDanubio. Tutto questo permette allostorico americano di affer-mare che “non era possibilenon sapere”. Forse non si conoscevano idettagli dolorosi della de-portazione ma l’aspetto ma-cilento, le urla dei guardia-ni, le bastonate distribuitedurante le marce, l’odore dol-ciastro di carne bruciata cheusciva dai camini dei fornicrematori, le notizie bisbi-gliate da quanti lavoravanonei campi, dovevano far pen-sare.Horwitz denuncia tutto ciòed elenca la partecipazioneaustriaca alle atrocità nazi-ste, ricordando che erano au-striaci oltre ad Hitler, AdolfEichmann e Franz Novak, icoordinatori dei “trasporti”;Alois Brummer, organizza-tore della deportazione inAustria, Grecia e Francia;Ernst Katelbrunner, succes-sore di Reinhard Heydrich acapo della Gestapo; OdiloGlobocnik che diresse i cam-pi di Sobibor, Treblinka eMaidanek. Poi Hermann Hölfe, capo distato maggiore dell’Ope-razione Reinhard - nome incodice dello sterminio in

Polonia -; Arthur Seyss-In-quart, alto commissario neiPaesi Bassi che, con AlbinRauter, capo delle SS e del-la polizia fu responsabile del-la deportazione e dell’an-nientamento di 110.000 ebreiolandesi.Tra i 5.000 militari giudica-ti criminali di guerra che ope-rarono in Jugoslavia, re-sponsabili della morte di duemilioni di persone, 2.499 era-no austriaci. Nell’elenco comparve ancheil nome di Kurt Waldheim,che diverrà segretario gene-rale delle Nazioni Unite (eche negò ogni sua respon-sabilità). Gli austriaci non svolserouna parte marginale nel cam-mino del Terzo Reich, a cui- pur rappresentando solo unottavo della popolazione to-tale - fornirono un terzo deipartecipanti alla macchinadi sterminio delle SS. Come i loro connazionali,gli abitanti dell’Alta Austria- ricorda Horwitz - rigetta-rono l’accusa di “responsa-bilità collettiva” nello ster-minio, facendosi scudo delfatto che essi non videro enon potevano vedere; ed an-che quando capirono che co-sa potevano fare? La comunità aveva bisognodi case, i terreni dei campivennero messi all’asta, lesalme delle vittime, sparseun po’ ovunque, vennero dis-seppellite e tumulate in po-che fosse comuni, non sem-pre con la dovuta, pietosa at-tenzione. Horwitz conclude:è vero, le case sono sorte suiterreni di Gusen ed Ebenseedove era c’era stato l’infer-no ma non fu un inferno del-l’aldilà, in verità i campi ap-partengono al mondo di quie a nessun altro.

XII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANED - 3-4-5 MAGGIO 2000

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L a storia di WernerHandler, 80 anni,ebreo, inizia nel 1938,

quando assiste alla distru-zione della sinagoga diHirschberg e viene arresta-to con suo padre e sua ma-dre. Aveva solo 18 anni e men-tre i suoi genitori sono fini-ti in campo di concentra-mento, lui ha potuto lascia-re la Germania e rifugiarsiprima in Canada e dal 1942in Inghilterra dove ha lavo-rato per l’esercito alleato edè entrato a far parte del-l’organizzazione “GiovaneGermania libera”. Nel di-cembre del 1946, torna inGermania e viene assunto co-me giornalista alla radio diAmburgo. Due anni dopo, inpiena guerra fredda, è li-cenziato - “perché volevo laGermania unita”, affermacon orgoglio - e si trasferi-sce a Berlino, dove riprendeil suo lavoro alla radio del-la Rdt fino alla pensione. Il tedesco che è con lui è piùgiovane. Michael Horn ha 56anni, non ha conosciuto di-rettamente gli orrori del na-zismo, ma la sua vita si in-treccia con quella di suo pa-dre, uno dei tanti eroi tede-schi poco conosciuti della lot-ta antifascista.Casar Horn aveva 19 anniquando i nazisti si impadro-nirono della Germania. Eraun operaio e si occupava disport in una organizzazionegiovanile di sinistra. Inizia asvolgere attività illegale e vie-ne arrestato più volte. Primadello scoppio della guerra èchiamato a far parte dei ser-vizi di lavoro del Reich e vie-ne mandato in una localitàal confine dell’Olanda perbonificare delle paludi e siammala di tbc. La guerra or-

mai ha bisogno di tutti eCasar Horn nel 1939 è ar-ruolato in un reggimento difanteria che lo porta a com-battere in Polonia, in Olanda,in Francia e nell’UnioneSovietica. Il suo sembra il de-stino di milioni di soldati te-deschi, ma nel soldato Hornresta vivo il sentimento anti-fascista e lo ritroviamo nel-le lettere che scrive dai varifronti agli amici fidati. Moltidi questi scritti sono stati con-servati e fanno parte dellastoria dell’antifascismo te-

desco. Il soldato Horn usaovviamente un linguaggio al-lusivo, ma le sue analisi sul-le condizione dell’esercito,sull’umore dei soldati, sulleatrocità compiute nei paesioccupati, sulla possibilitàsempre più concreta della fi-ne del nazismo sono suffi-cientemente trasparenti.

E naturalmente non po-tevano sfuggire allacensura nazista.

All’inizio del 1944, CasarHorn è a Berlino. Ha chie-

sto una licenza per potersisposare e si presenta alla ce-rimonia in divisa da solda-to. Pochi giorni dopo le noz-ze è arrestato e nell’apriledel 1945 viene fucilato. Nel1978 nella Rdt è stato gira-to un film sulla sua vita daltitolo “Casar Horn, un com-battente contro il fascismo”.Michael Horn è il figlio diquesto eroe, nato alla fine del1944. È sempre vissuto aBerlino dove si è laureato instoria e museologia. Nel 1972ha curato la Ruida e ilReparto pedagogico del cam-po di Sachsenhausen per poidiventare il direttore delMuseo della storia tedesca.Con la unificazione dellaGermania Michael Horn hadovuto lasciare questo lavo-ro e ora vive con attività sal-tuarie che spesso hanno po-co a che fare con la sua spe-cializzazione e con la storiadi suo padre.

B.E.

rda quando i nazisti devastarono la sinagoga e deportarono i genitori

L’Associazione che si interessa del campo di sterminio di Sachsenhausen (a pochi chilometri da Berlino)

è rappresentata al Congresso dell’Aned da due tedeschi.

Due generazioni diverse, due differenti esempi di come il nazismo abbia infierito

contro gli oppositori anche in Germania

Storia del soldato Horn fucilato dopo le nozze

Ulteriori notizie sul congresso

si possono trovare sul sito Internet

dell’Aned (www.deportati.it)

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A veva 14 anni SaffoMorelli di Empoli,quando venne de-

portato a Mauthausen,Ebensee, Florindsdorf eGusen per aver partecipatoagli scioperi del marzo 1944contro la guerra, il fascimoe l’occupazione nazista.Saffo Morelli è morto il 6marzo scorso. Aveva 70 an-ni. Poco più di un anno fa,nell’aprile 1999, aveva scrit-to, sulla sua terribile espe-rienza, la testimonianza chepubblichiamo.

Mi chiamo Saffo Morelli edavevo 14 anni al momentodei fatti che voglio raccon-tare. Ero ancora un ragaz-zino che giocava con l’a-quilone insieme ai compa-gni, ma lavoravo già in ve-treria. Nel mondo operaio c’era datempo un forte risentimento

a causa dei sacrifici impo-sti dal regime fascista e perquesto fu deciso uno scio-pero generale di protesta. La sera del 4 marzo 1944,infatti, il secondo turno alquale appartenevo non ini-ziò il lavoro e gli operai siriunirono tutti davanti ai can-celli della nostra fabbrica,la Vetreria Taddei.Finito lo sciopero fu ripre-so il lavoro, ma alcuni gior-ni dopo, alle 5 del mattinodell’8 marzo, vedemmo ar-rivare il capoturno con unelenco in mano.Lesse dei nomi (compreso ilmio) aggiungendo che i chia-mati dovevano presentarsiin ufficio da un impiegato.L’incaricato, dopo aver can-cellato il mio nome dalla li-sta, mi disse di uscire. Fuorici aspettavano dei fascistirepubblichini. Eravano in 26 e ci portaro-no nella caserma di viaCarrucci, dove stavano con-fluendo altre persone sor-prese per la strada o prele-vate dalle loro case.Mi chiedevo cosa stesse ac-cadendo, sapevo che c’era-no tante persone che nonamavano i fascisti, ma io cheero ancora molto giovanenon mi intendevo di politi-ca. Stranamente mi veniva dapensare alla colazione (unafrittata tra due fette di pa-ne) che la mamma mi avevapreparato come sempre e cheavevo dimenticato, nella fret-ta, sul muretto della fabbri-ca.Ci contarono e fummo con-segnati a dei giovani fasci-sti che ci accompagnaronoalla nuova destinazione: lacaserma degli allievi cara-binieri di stanza a Firenze.Era la tarda mattinata. Il co-

Una drammatica

testimonianza

XII CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANED - 3-4-5 MAGGIO 2000

Da sinistra:ElenaGuagnietti,RosinaCantoni,ErmesVisentin,NadiaTorchia e PaoloSpezzotti.

Nella fotodella pagina accanto il camino da cui“usciva”il fumo del forno

I documenti della CIA sugli ebreiromani e sulle spie nazistePerché Londra non avvertì in tempo gli ebrei della retataorganizzata da Kappler, la cui preparazione era stata in-tercettata il 6 ottobre 1943? Perché non evitò che diecigiorni dopo 1022 ebrei (solo 17 sopravviveranno) venis-sero deportati ad Auschwitz? Timoty Naftali, storico del“Miller Center” dell’Università della Virginia, incaricatodi declassificare ben 400 mila documenti segreti della Cia,ora disponibili presso gli archivi del College Park a metàstrada fra Washington e Baltimora, ha spiegato che se lanotizia fosse stata diffusa “avrebbe voluto dire far sapereai tedeschi che le loro comunicazioni erano decifrabili”!La CIA aveva a cuore, insomma, il problema militare enon quello umanitario! I documenti contengono anche al-tre intercettazioni “catturate” all’insaputa dei nazisti: dia-ri segreti dei prigionieri di guerra (quello, ad esempio, delmaresciallo Graziani); interrogazioni di agenti doppio-giochisti ecc. In molti casi segreti imbarazzanti per gliAlleati. Proprio per il loro sensazionale contenuto (il car-dinale di Milano Ildefonso Schuster, favoreggiatore di traf-fici di denaro fra Italia e Germania; monsignor O’ Flaherty,gola profonda delle SS in Vaticano ecc.) ora dovranno es-sere analizzati e vagliati con grande attenzione.

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mandante, che sembravaignaro di quanto stesse ac-cadendo, ci indirizzò ad unanuova sede: la famosa BandaCarità (le SS italiane).

Q uando ci costrinseroad entrare, in grup-pi di 50, in piccoli

spazi dotati di robusti can-celli di ferro, eravamo tuttiin uno stato di profonda ap-prensione.Dopo un ennesimo trasferi-mento alle Scuole Leo-poldine, arrivò un ufficialedelle SS tedesche che invitòil comandante di quelle ita-liane a... lasciar perdere, ot-tenendo però un secco ri-fiuto perché - disse - erava-mo una massa di scioperan-ti. Così fummo portati allastazione di S. Maria Novella,al binario 6 dove erano pron-ti dei carri bestiame nei qua-li ci stiparono, 40 per car-ro. Oggi c’è una targa accantoa quel binario, in memoriadi un viaggio per quasi tut-ti senza ritorno.

D urante il trasferimentofurono gettati fuoridai carri dei bigliet-

ti, nel tentativo di far arri-vare nostre notizie ai fami-liari. Il treno si fermò inaperta campagna e le SS mi-nacciarono di fucilarci tut-ti, se avessero visto cadereanche un solo biglietto.È facile immaginare il ter-rore e la disperazione che ciaccompagnarono per tregiorni e tre notti, senza maibere, con una scatoletta damezzo chilo di pasta di pe-sce ogni 10 persone e un pa-ne da un chilo ogni quattro.Al Brennero, la Croce RossaInternazionale tentò di dareun po’ di assistenza ai pri-

gionieri di alcuni carri, male SS lo impedirono: per lo-ro eravamo soltanto dei ban-diti! Il treno riprese la corsa edarrivammo a Mauthausen.Un grande portone di legnoscuro ci dette il “benvenu-to” al campo, circondato dauna recinzione in muraturacon fili ad alta tensione. Ciallinearono sull’attenti, tre-manti per il freddo. Poco do-po arrivarono molti soldatirussi che furono fatti spo-gliare nudi.Eravamo terrorizzati al pen-siero che facessero lo stes-so anche con noi. E confes-so di aver pensato ingenua-mente che essendo russi era-no ... abituati al freddo.

D opo ore ed ore tra-scorse sull’attenti,senza mangiare né be-

re, verso sera cominciaronoa farci entrare nello scanti-nato della prima baracca(che oggi funge da cappellaper la messa). Ci fecero spo-gliare portando via tuttoquello che avevamo, ci visi-tarono, ci depilarono tutto ilcorpo, poi andammo sotto ledocce, che alternavano ac-qua gelida a quella bollen-te, e ogni tentativo di sot-trarci era inutile perché leSS ci picchiavano con i ba-stoni. Ciascuno ricevette una ca-micia, un paio di mutande eun paio di zoccoli all’olan-dese, e infine fummo ribut-tati all’aperto. Eravamo in900. Cominciammo a mar-ciare per raggiungere la zo-na della quarantena.E se la marcia si disuniva cifermavamo per mezz’ora, nelgelo, come punizione.La baracca della quarante-na, dove siamo rimasti per

“Ero un ragazzino, ma lavoravo già in vetreria a Empoli”

La drammatica testimonianza di Saffo Morelli, scomparso recentemente -Era il marzo 1944 - La lista nera, l’arresto,le prime violenze, poi la trasferta nei carri

bestiame verso Mauthausen - Costretto a trasportare i morti nella fossa

comune - “Non scorderò mai quell’ingegneretedesco che mi regalava un panino. Una voltami fece anche una carezza”. Il 5 maggio ’45colpi di cannone e grida festose annuncianola liberazione: “Arrivano gli americani...”

Deportato a 14 anni per uno sciopero contro la guerra

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15 giorni, serviva solo perdormire su pagliericci aduna piazza, quattro per ognipagliericcio, sdraiati su unfianco e in modo che i pie-di dell’uno si appoggiavanoalla gola dell’altro. All’inizionon sapevamo come fare asistemarci e i kapò ci pic-chiavano con i manganellidi gomma, appesantiti da fi-li di piombo.

Q ualcuno ci disse cheil giovane capobloc-co aveva ucciso i ge-

nitori per soldi. Stavamo lìper dieci ore e le altre 14 lepassavamo fuori, in camiciae mutande, con una tempe-ratura che arrivava a 15 gra-di sotto zero. Il vitto gior-naliero consisteva in un pa-ne da 1 chilo, un litro di zup-pa di rape e 15 grammi dimargarina ogni quattro per-sone.Alla fine della quarantenala fame, il freddo e la pau-ra mi aveva causato una con-dizione di grande prostra-zione fisica e psicologica. Ci divisero in tre squadre efummo trasferiti chi a Linzo a Ebensee, chi a Gusen.La nostra dotazione era au-mentata: avevamo anche unpaio di pantaloni e una giac-ca, un cappotto e un berret-to a strisce, un “guscio” peril materasso e due coperte.Ci depilarono di nuovo. Ioa 14 anni non avevo ancorala barba ma per non esserepicchiato fui costretto, daquel momento, a farmi “ra-dere” ugualmente.Ci fotografarono e ci asse-gnarono il numero di matri-cola: a me toccò il 57287.Poi tutti in fila con molti al-tri, verso Ebensee, semprelungo sentieri scoscesi perevitare il contatto con la po-

polazione dei paesi vicini.Lavoravamo in una cava ilcui materiale serviva per co-struire le officine che pro-cevano le V1 e le V2. Il la-voro era massacrante. Il 90%moriva ed io ero addetto, conun altro prigioniero, al tra-sporto dei cadaveri in unafossa da dove, una volta al-la settimana, erano prelevaticon un camion e portati aiforni crematori.Un giorno, mentre prostra-to dalla fatica mi concede-vo un breve riposo, un te-desco mi colpì con un ferroarroventato. Conobbi così l’infermeria e,cosa più importante, un con-te inglese che fungeva da in-terprete con il comandantedelle SS. L’inglese mi presesotto la sua protezione, tan-to da trattenermi al suo ser-vizio. Riuscii a recuperare un po’di fiducia ed anche a... met-tere a tacere un po’ il miostomaco. Questa situazione mi dettel’occasione di aiutare dueamici -padre e figlio - dellaVetreria Taddei dove avevolavorato. Il figlio era rico-verato in infermeria ed io miadoperai per farli incontra-re. Era severamente vietato, manon lo sapevo. E così fui pu-nito con 25 frustate sulle na-tiche e l’allontanamento im-mediato da Ebensse al cam-po di Mauthausen.

E ro, insieme ad altri ra-gazzi provenienti datutta Europa, tra i più

giovani del lager. Ma aMauthausen non rimasi alungo: il 6 novembre 1944arrivò infatti l’ordine di tra-sferimento per Florindsdorf,dove c’era una fabbrica di

aerei. Non si stava tanto ma-le, ma durò poco. Lavoravoper un ingegnere civile chetutte le mattine mi portavaun panino. Non lo scorderòmai. Come non scorderò cheuna volta mi fece anche unacarezza.

L a permanenza in quel-la fabbrica durò po-co a causa di un bom-

bardamento che fece moltimorti, sia tra i tedeschi chetra i prigionieri italiani. Noisuperstiti fummo rastrellatidalle SS e a piedi, insiemeai carri con le poche coseche potevano servire, avviatidi nuovo verso Mauthausen.Fu un trasferimento fatico-so, cinque giorni attraversoboschi e dormendo per ter-ra. Ci capitò di vivere an-che una orribile tragediaquando incontrammo una co-lonna di carri armati ed unodi noi, che non fu abbastanzasvelto da scansarsi, rimasestritolato.A Mauthausen fummo divi-si. Io venni mandato a Gusendove fui assegnato ai servi-zi, diciamo, di supporto: por-tare il caffè, il “mangiare”,pulire le camerate, ecc., men-tre gli adulti lavoravano nel-le gallerie, dove venivanofabbricati pezzi di aerei.Arrivò finalmente il 5 mag-gio 1945, un altro giorno chenon scorderò mai.Si sentirono delle cannona-te mentre si diffondeva unvociare confuso: “Sono gliamericani ... sì... sono gliamericani...”, e quando ciaccorgemmo che le SS scap-pavano, cominciammo a far-lo anche noi.Gli americani aprirono i can-celli e noi tutti ci dirigem-mo verso il paese. Per do-vere di verità devo aggiun-

gere che ci buttammo lette-ralmente sulle botteghe e fa-cemmo piazza pulita di quelche c’era, specialmente delpane. Molti di noi morironoproprio perché il nostro or-ganismo non era più abituatoa tanta abbondanza.

G li americani ci “ra-strellarono” e fum-mo rinchiusi di nuo-

vo nel campo, ma stavoltaniente quarantena. Fecerol’appello, allestirono dellebrandine per chi stava ma-le, si presero cura di tantiprigionieri. Restammo qualche giorno,poi salimmo sui camion peril ritorno. Dopo una nottetrascorsa sul lago di Garda,ospiti presso un convento disuore, ripartimmo io e il miogruppo direttamente versola caserma Bergamaschi diMilano, dove finalmente ri-cevemmo degli abiti civili.Fino a quel momento indos-savamo ancora le divise delcampo.Da Milano ci si avviò versocasa. Ma il treno si guastò.Trovammo allora un pas-saggio in camion, poi di nuo-vo un treno ci portò aFirenze. Io ero con un compagno diprigionia e mentre si cam-minava, incontrammo perpuro caso sua sorella. È fa-cile immaginare la festa...Mi costrinsero a rimanerecon loro e il giorno dopo conun treno eccomi finalmentea Empoli.Un amico fece la staffettadalla stazione in bicicletta,annunciando il mio ritornoa quelli che incontrava, fi-no a casa. Li trovai tutti lìad aspettarmi. I miei fratel-li non mi riconoscevano più...

Saffo Morelli

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472 internati (84 italiani) uccisiad un solo passo dalla libertà

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Nei giorni tra il 21 e il 25 aprile ’45 a Mauthausen

N ell’aprile ’45 a Mauthausen, tentativi di rivolta scosseroil campo. Il Comitato di liberazione, che già nella pri-mavera del 1944 svolgeva un’attività clandestina, inten-

sificò la lotta.Le SS raddoppiarono la sorveglianza e, per sedare l’incipienteribellione, nei giorni 21, 22, 24, 25 aprile uccisero 472 interna-ti. Fu l’ultimo atto di crudeltà che costò la vita anche a 84 ita-liani.Nulla di ciò è riportato sul “Totenbuch”, che come causa dei de-cessi si limita a menzionare le solite malattie: tubercolosi, ca-chessia, paralisi cardiaca, febbri intestinali, ecc. Ma sono statiritrovati quattro elenchi sui quali risultano i nomi dei giustizia-ti e la data dell’esecuzione.

Valeria Morelli,“I deportati italiani

nei campi di sterminio 1943/1945”

A d una settimana dalla liberazione del campo (5 maggio1945) 84 deportati politici italiani venivano soppressi.Avevano conservato quella “fede” che li aveva portati al-

la deportazione al Kz Mauthausen. Volevano decidere “ancora”del loro destino e pagarono con la vita il gesto di rivolta. Gestodi rivolta di testimoni scomodi. Certamente l’ultimo eccidio inun campo nazista. Sono andato con la memoria a quel tragico 25 aprile 1945 nelKz Mauthausen per lo strascico di dolore che giunge sino aigiorni nostri e che non può essere inficiato da un’ansia di paci-ficazione, per altro non convincente, e non così diffusa. Ad al-tri le interpretazioni “buoniste”.Vivificare la memoria significa ricordare che il Kz Mauthausenè uno di quelli “luoghi della memoria” da cui partire per rico-struire il futuro.

Italo Tibaldi

Ecco la lista degli 84 deportati politici italiani uccisi

N° Cognome Nome Luogo di nascita Provincia Data di nascita Matricola

1 Amoroso Carlo 05/06/1919 762112 Angiola Nicola Vaglio 28/01/1925 1260143 Bacigalupi Giuseppe Sarzana Sp 20/09/1924 1141394 Barili Domenico La Spezia 21/08/1900 762265 Bortoloso Giovanni Schio Vi 29/05/1912 1158076 Bossi Antonio 12/07/1921 891737 Brina Federico 14/03/1892 587468 Carmignani Francesco Peccioli 13/10/1924 1139309 Carusi Giuseppe Carrara Ms 24/11/1911 115811

10 Cetrelli Franco La Spezia 24/12/1930 12611911 Chiarotto Ilio Monteforte 20/10/1923 11414412 Cocco Felice Savona 09/09/1924 5880313 Colella Agostino 25/12/1901 4204614 Coluccini Giovanni Camaiore Lu 16/08/1877 12613815 Costa Francesco 22/07/1909 5882516 De Tommaso Antonio 23/02/1922 12645917 Domenichini Bruno Livorno 20/01/1906 5709418 Ferrari Renato 08/11/1925 6373319 Foresti Giulio Premana 29/01/1924 11045220 Fraboschi Giuseppe Calice 14/09/1885 11581821 Franchini Emilio Maranello Mo 04/04/1918 11581922 Frattini Amedeo Varese 20/03/1911 6164023 Galeano Bruno 20/10/1907 12977224 Gallinaro Alberto 08/01/1911 8945125 Garzino Mario Saluzzo Cn 01/09/1928 11552226 Gatti Angelo 26/01/1907 113985

Ecco la lista degli 84 deportati politici italiani uccisi

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N° Cognome Nome Luogo di nascita Provincia Data di nascita Matricola

27 Gentile Luigi 11/02/1916 5997328 Gianfranchi Elio Arcola 20/09/1926 12621629 Giassi Simeone 18/04/1924 4056430 Giorgio Domenico 21/07/1919 12977531 Guerrazzi Italo Bovalino 20/11/1919 6374532 Larini Larino Capraia-Limite 01/04/1887 5720533 Laudano Michele 22/09/1922 11029534 Malandra Vittorio Milano 26/06/1894 5895835 Manfrini Anselmo Porto Maggiore 24/10/1898 5723736 Manzin Duilio Vicenza 03/06/1895 12626737 Mariani Alceste Fivizzano 19/02/1877 12651738 Masciotta Vittorio 18/09/1914 13266639 Marzagalli Luigi 29/10/1901 5342340 Micelli Vincenzo 04/05/1899 7645141 Michelatti Alberto Trento 21/12/1880 7647742 Milani Pietro Torre 18/10/192743 Modrusan Ivan Pola Pola 27/02/1899 12679944 Morano Antonio 25/07/1922 10687945 Mussa Angelo 06/02/1902 13830546 Muzzolini Oreste Tarcento Ud 17/10/1921 12681347 Paletto Enrico Torino 03/08/1924 12356748 Paoli Luciano Vezzano 20/08/1928 12632949 Parodi Silvio Ceranesi 10/04/1920 6380550 Pellini Luigi 10/07/1926 12633951 Perfumo Pierino Masio 31/08/1926 11564652 Perotta Edmondo 02/01/1920 6171653 Perozzo Bruno Vedelago 09/05/1923 11036554 Perozzo Luigi Castelfranco 31/07/1914 11565155 Pizzorni Ezio Rossiglione 06/02/1922 6381856 Plebani Luigi Capriolo 19/02/1916 11406757 Quaglia Secondo Antignano 28/01/1927 11567758 Raffi Vincenzo La Spezia 17/08/1921 12637859 Reverberi Luciano La Spezia 25/02/1923 11408360 Riccardi Guglielmo Magenta Mi 26/09/1907 6173661 Ricci Curio S. Arcangelo 02/08/1875 5736862 Rigamonti Grazioso Erba 05/07/1920 12468963 Romiti Palmiro Fivizzano 06/04/1901 12652364 Rusconi Luigi 31/07/1887 7655565 Sabadin Giovanni Maresego 29/07/1907 12686966 Salanitro Carmelo Adrano 30/10/1894 9029467 Sandri Domenico Milano 29/09/1905 5912268 Segrado Gino Sutrio 17/06/1917 12687969 Serra Vincenzo 06/03/1913 4076370 Sgualdino Guido Faedis Ud 13/09/1903 8894671 Sterpini Ettore Pola Pola 26/12/1899 9048472 Stradaioli Augusto 21/01/1880 7659773 Tadina Giovanni Pola Pola 01/05/1894 12695574 Tartari Federico 15/07/1914 5091075 Tombelli Renato Roma 25/10/1901 4221076 Tonelli Persio Follo Sp 10/11/1892 12646177 Traversi Giuseppe 26/03/1911 5917878 Tufo Giuseppe 04/08/1920 12690279 Vilasco Glauco Monza Mi 02/11/1925 5919580 Villa Dante Milano 02/07/1922 5919281 Violante Alfredo Rutigliano Ba 25/10/1888 7662882 Zamolini Battista 14/12/1920 12653683 Zordan Bruno Schio Vi 10/10/1920 11583784 Zorzi Giuseppe Verona 24/12/1924 126507

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Una via di Varese per ricordareCalogero Marrone, l’oscuroeroe dell’ufficio anagrafe

NOTIZIE

VARESE

La richiesta è che una viao una piazza di Vareseè auspicabile che sia in-

titolata a Calogero Marrone,il capo dell’ufficio anagrafedel Comune, che fra l’autun-no del ’43 e il gennaio del’44, aiutò centinaia di ebreie di antifascisti a sfuggire al-la cattura e che, arrestato,morì, dopo una detenzionenel carcere di San Vittore enel campo di Bolzano-Gries,a Dachau il 15 febbraio del1945.L’iniziativa, dopo la pubbli-cazione del nostro ampio ser-vizio sulla figura dell’eroicofunzionario comunale, nel nu-mero 2 di “Triangolo Rosso”,è stata assunta dai capigrup-po dei Ds Alessandro Azzalie del Partito della Rifon-dazione comunista CarloScardeoni che hanno già av-viato, con la collaborazionedell’Aned, la complessa e lun-ga pratica presso gli ufficicompetenti. Gli ostacoli dinatura burocratica sono, co-me sempre accade in questeoccasioni, molti, ma la spe-ranza è che l’obiettivo sia co-munque raggiunto.In memoria di CalogeroMarrone, siciliano di nasci-ta, sposato e padre di quattro

figli, nel 1994, la Comunitàebraica, per decisione del-l’avvocato Giorgio Cavalieri,memore del decisivo aiuto ri-cevuto da alcuni familiari cheriuscirono a salvarsi (Marrone,incurante del pericolo, rila-sciava carte d’identità false,una delle quali anche al no-stro presidente, l’allora par-tigiano garibaldino GianfrancoMaris) fece porre una lapidesulla porta di ingresso del suoufficio a perenne ricordo del-la memoria “di questo giu-sto”. Frattanto, dopo la let-tura del servizio, molti han-

no contribuito a completarela figura di questo straordi-nario, modesto personaggioche, operando nella più stret-ta clandestinità, ebbe un ruo-lo tanto rilevante nella lotta.Alcune voci come quella diQuinto Bonazzola, varesino,per anni capo redattore de“l’Unità”, partigiano com-battente e valoroso coman-dante del “Fronte della

Gioventù”, nell’unità gappi-sta intitolata a GiancarloPuecher, hanno arricchito dinuovi importanti elementi divalutazione la figura diquell’“oscuro eroe”.Ha detto fra l’altro Bonaz-zola: “Nell’ottobre-novembredel 1943 ebbi occasione d’en-trare in contatto con CalogeroMarrone. Oggi mi sfuggonoperò molti particolari anchese ricordo che un giorno an-dai nel suo ufficio ed ebbi conlui un incontro. Il nostro grup-po partigiano era ancora di-sorganizzato ed era indi-

spensabile disporre soprat-tutto di armi, munizioni edesplosivo. Un giorno venni asapere dalla dottoressaMontuoro, moglie dell’avvo-cato Montuoro, entrambi sfol-lati a Varese, collaboratori delmovimento partigiano, cheavrebbe ricevuto per noi, at-traverso Calogero Marrone,un fucile mitragliatore.Qualche giorno dopo in via

Mercadante nei pressi del car-cere di Varese la donna miconsegnò un pacco ben con-fezionato. Quando lo apriiscoprii che conteneva l’armapromessa. Finì nelle mani delcompagno Marcello Novario,uno dei primi componenti del-la formazione garibaldina checontava fra i suoi aderenti an-che Elio Vittorini. Io qualchetempo dopo venni arrestatoper il furto di un bidone dibenzina. Per fortuna il fattonon venne qualificato comepolitico per cui fui scarcera-to e raggiunsi Milano.Dell’arresto e della morte diMarrone venni a sapere su-bito dopo la fine della guer-ra. Del resto che Marrone nonsi limitasse a fornire solo do-cumenti contraffatti emersedalle testimonianze di alcunisopravvissuti del gruppo “5Giornate del San Martino” deltenente colonnello CarloCroce, che avevano ricevutomolti rifornimenti proprio dal-l’ex capo dell’ufficio anagrafe.Viveri ed armi”.

F.G.

Una testimoninza del comandante del “Fronte della Gioventù” Quinto Bonazzola:

“Nel pacco di Natale che mi fece avere c’era un mitra”

La giornata della donna per ricordare lo sterminio

Le donne, patrimonio dellamemoria storica ricordano ladeportazione e lo sterminio:è il titolo con cui il Centrosociale di Spello (Perugia) havoluto celebrare la festa del-la donna. L’Amministrazione comuna-le di questo gioiellodell’Umbria, il sindacoCorrado Rossignoli e gli as-sessori Stella Carnevali e

Cristina Peppoloni, hanno da-to il benvenuto a due donnedell’Aned ed ex deportate,Mirella Stanzione e VeraMichelin Salomon. La saladell’incontro era affollata didonne e di uomini in gran par-te testimoni essi stessi di even-ti tra guerre e privazioni, maanche di giovani che, per laprima volta, ascoltavano te-stimonianze di un passato ter-

ribile di morte e di sofferen-ze, ma anche di battaglie perla libertà. L’iniziativa ha avu-to un innegabile risultato po-sitivo, grazie in particolare aTeresa Guglielmi, entusiastaanimatrice e vice presidentedella Associazione nazionaledei Centri sociali. Per l’oc-casione è stata esposta, for-nita dall’Aned, la mostra“Sterminio in Europa”.

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Le diecimila vittime

I civili, vecchi, donne, bam-bini, sono stati le principalivittime degli eccidi. Genteche casualmente si è venutaa trovare sul cammino dei ra-strellatori, gente ignara edinerme, massacrata senzapietà sul luogo della cattura,nei casolari, in campagna,nelle pubbliche vie.La geografia degli eccidi(esclusi gli scontri armati) incui siano cadute più di settepersone comprende in Italiaoltre 400 casi con una mag-gior concentrazione nel cen-tro-nord. Toscana ed EmiliaRomagna sono le regioni chehanno pagato il maggior prez-zo soprattutto nei centri vi-cini alla Linea Gotica. Il Sud,ad eccezione di alcune areecomprese fra il barese e il

foggiano e tra Napoli eCaserta, è rimasto immuneda questa tragedia. Nel Nord,Piemonte, Friuli, Istria,Veneto sono le zone più col-pite.Complessivamente si posso-no calcolare in 10 mila le vit-time civili di stragi e mas-sacri ma se si tien conto de-gli episodi al di sotto dellesette vittime, il numero è cer-tamente maggiore.L’indagine di Mirco Dondi,pubblicata in “La lungaLiberazione - Giustizia e vio-lenza nel dopoguerra italia-no”, Editori Riuniti, si rife-risce soprattutto agli eccididi civili anche se, in alcunicasi assieme ai civili a ca-dere sono i partigiani. Dondiha censito 285 stragi che han-

no colpito (vedere le tabelleda p. 21 a p. 25) 9. 903 per-sone (9. 500 prive di una pe-ricolosità militare e tutte im-muni da colpe effettive).In questo elenco sono inse-rite soltanto alcune delle stra-gi più note e sanguinose chehanno avuto come obiettivoi combattenti della Resi-stenza. La categoria “civili” includeanche gli ebrei e i religiosimentre è difficile stabilire sele vittime siano civili o par-tigiani quando le fonti indi-cano denominazioni del tipo“detenuti antifascisti” o “re-nitenti alla leva”.Nei confronti delle popola-zioni italiane i nazisti attua-rono la strategia del terroreche sconfinò rapidamente in

Uno studio di Mirco Dondi ricostruisce la terribile contabilità di 285

di FrancoGiannantoni

Strage di Villamarzana(Rovigo). I 43 ostaggi presidai tedeschi vengono condottialla fucilazione per rappresaglia control’uccisione di una decina di militi fascisti ai primi di settembre del 1944.

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delle stragi naziste

eccidi che colpirono soprattutto civili.

ripetuti massacri. A diffe-renza dell’Europa dell’Est,non ci fu una metodica guer-ra d’annientamento anche sein alcuni casi, vedi Mar-zabotto, le tecniche appar-vero simili.La prima strage nazista ven-ne compiuta a Castiglionedella Sicilia il 12 agosto 1943e colpì la popolazione del-l’alleato italiano; un nume-ro peraltro non elevato trovala sua origine per rappresa-glia in risposta ad un prece-dente attentato come peresempio per la strage del 29giugno 1944 di Civitella ValChiana. C’è inoltre un nu-mero alto di eccidi da clas-sificare come frutto di una“ritirata aggressiva”, rabbio-si scatti di violenza (come a

Grugliasco nel torinese il 30aprile del ’45). Marzabotto(29 settembre - 5 ottobre1944) rientrò al contrario inuna strategia di “pulizia delterritorio” che portò, fra l’al-tro, all’annientamento di 216bambini, neonati compresi.Uno scenario che viene di-pinto dalla propaganda na-zifascista come il frutto di-retto dell’attività dei parti-giani, indicati come i re-sponsabili morali di quantoavvenuto. In questo modo la logica del-la strage sottende il tentati-vo di spingere la popolazio-ne a mutare il suo atteggia-mento collaborativo con laResistenza in un nuovo at-teggiamento di totale ostilitàverso i partigiani.

I giorni e i luoghi

Il glossariodella ferocia

12/08/1943 Castiglione di Sicilia (Ct) 16 c.11/09/1943 ss. Nola (Na) 7 c.12/09/1943 Barletta (Ba) 33 c.13/09/1943 Teverola (Ce) 16 c. 14cc.13-14/09/1943 Arona (No) 9 e.16/09/1943 Barletta (Ba) 10 c.17-20/09/1943 Baveno (No) 14 e.19/09/1943 Boves (Cn) 26 c. 4p. 1m.21/09/1943 Matera 21 c.22/09/1943 s. Meina (No) 16 e. b.24/09/1943 Rionero in Vulture (Pz) 16 c.25/09/1943 Aquila 9 c.27/09/1943 San Prisco (Ce) 7 c.28/09/1943 Caserta 7 c.30/09/1943 Orta d’Atella (Ce) 25 c. 1r. 1d.02/10/1943 Acerra (Na) 87 c. d. b.04/10/1943 Caserta 25 c. 8d. 9b.05/10/1943 Capua (Ce) 16 05/10/1943 Lanciano (Ch) 12 c. d.05-06/10/1943 S. Maria Capua V. (Ce) 13 c. 4d.06/10/1943 Bellona sul Volturno (Ce) 54 6r.08/10/1943 Castel Volturno (Ce) 9 c.10-17/10/1943 Alvignano (Ce) 17 c.12-14/10/1943 Pignataro Maggiore (Ce) 15 c.13/10/1943 Caiazzo (Ce) 24 c. d. 9b.14-18/10/1943 Pietransieri (Aq) 17 c.22/10/1943 Pietralata (borgata di Roma) 10 c.22/10/1943 Sparanise (Ce) 36 c. 7d.28-29/10/1943 Mondragone (Ce) 30 c. 1d. 1b.28-31/10/1943 Prata Sannita (Ce) 13 c. 3d. 1b.29/10/1943 Bieda (Vt) 14 c.01-04/11/1943 Conca della Campania (Ce) 39 c. 3d.14/11/1943 Ferrara 11 det.a. e.15-21/11/1943 Limmari Pietransieri (Aq) 125 c.

50d. 31b. +i.17/11/1943 Pesaro 13 c.dic. 1943 Collelungo

di Vallerotonda (Fr) 42 c. d. b.02/12/1943 Lovere (Bg) 13 11-12/12/1943 Pecolle di Faedis (Ud) 8 13/12/1943 Bussi (Pe) 10 c.

1943

1944

1945

all. = alleatib. = bambinic. = civilicc. = carabinierid. = donnee. = ebreidet.a = detenuti

antifascisti+i = si presume

che vi siano altri caduti rimasti ignoti

m. = militarip. = partigianir. = religiosiren. = renitentitd. = tedeschi

disertori

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L’elenco degli uccisi dai nazifascisti

Al camerata Kesselringdi Piero Calamandrei

Lo avrai camerata Kesselring

il monumento cui pretendi da noi italianima con che pietra si costruirà

a deciderlo tocca a noiNon coi sassi affumicati

dei borghi inermi straziati dal tuo sterminionon colla terra dei cimiteri

dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità

non colla neve inviolata delle montagne che per due inverni ti sfidarono

non colla primavera di queste valli che ti videro fuggire

Ma soltanto col silenzio dei torturati più duro d’un macigno

soltanto colla roccia di questo patto giurato tra uomini liberi

che volontari si adunarono per dignità non per odio

decisi a riscattarela vergogna e il terrore del mondoSu queste strade se vorrai tornare

ai nostri posti ci ritroverai morti e vivi collo stesso impegno

popolo serrato intorno al monumento che si chiamaora e sempreRESISTENZA

Boves in fiamme, il 19 settembre ’43. Cinquantasette furono i morti, 417 le case incendiate.

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28/12/1943 Cardito (Fr) 37 c. d. b.30/12/1943 Francavilla a Mare (Ch) 20 c.31/12/1943 ss. Boves (Cn) 157 c. ren.10/01/1944 Peveragno (Cn) 29 c.11/02/1944 Pineta di Pescara 9 c.18/02/1944 Cisterna (Lt) 16 c.25/02/1944 Ripi (Fr) 7 c.29/02/1944 Velletri (Roma) 14 c.marzo 1944 Cessapalombo (Mc) 31 c. ren.marzo 1944 Colfiorito (Pg) 8 c.18/03/1944 Monchio (Mo) 136 c. 8d. 4b.20/03/1944 Cervarolo (Re) 24 c. 1r. d. b.23/03/1944 Roma - Fosse Ardeatine 335 c. det.a.

75 e. 1r.27/03/1944 Montemaggio (Si) 17 ren.30/03/1944 Acquasanta e Pozza (Ap) 44 c. p. 1d.02/04/1944 Morro Reatino (Ri) 18 c.03/04/1944 ss. Cumulata (Ri) 15 c.03/04/1944 ss. Fossatello (Ri) 23 c.03/04/1944 Cumiana (To) 51 c.05/04/1944 Leonessa (Ri) 12 c.07/04/1944 Convento Benedicta (Al) 97 p.07/04/1944 Fragheto 29 c.

di Casteldelci (Ps) 15d. 6b.07/04/1944 Bibbiena (Ar) 7 c.07/04/1944 Leonessa (Ri) 23 c. 8p. 1r.07/04/1944 Monte Tancia (Ri) 26 c. 8p.08/04/1944 Rieti 15 det.a.09-15/04/1944 Trieste 121 c. det.a.10/04/1944 Cercina (Fi) 7 c.12/04/1944 Partina di Bibbiena (Ar) 28 c.13/04/1944 Vallucciole (Ar) 108 c. 46d. 16b.13/04/1944 Calvi (Tr) 14 c.15/04/1944 Caluso (To) 16 det.a.17/04/1944 ss. Foligno (Pg) 15 c.23/04/1944 Trieste 51 c.23/04/1944 Baveno (No) 21 c. p.23/04/1944 Fusignano (Ra) 12 c.fine aprile 1944 Opicina (Ts) 71 c. det.a.29/04/1944 Morro Reatino (Ri) 20 c.maggio 1944 Filottrano (An) 11 c.04/05/1944 Montefortino (An) 21 c. 14p. 1d. 1b.04/05/1944 Arcevia (An) 64 c. p. d. b.05/05/1944 Mommio e Sassalbo (Ms) 22 c.10/05/1944 Forno di Coazze (To) 23 c.19/05/1944 Colle del Turchino (Ge) 59 c. det.a.20/05/1944 Val Sangone (To) 7 c. 2all.22/05/1944 Peternel (Go) 20 c. d. b.26/05/1944 Giaveno (To) 41 det.a.28/05/1944 Palestrina (Roma) 11 c. 1d.giugno 1944 Cortona (Ar) 80 c. p.giugno 1944 Chiusi della Verna (Ar) 10 c.02/06/1944 Venola (Bo) 8 c.04/06/1944 Capistrello (Aq) 33 c.04/06/1944 La Storta (Roma) 14 det.a.06/06/1944 S. Giustino Valdarno (Ar) 31 c.06/06/1944 Poppi (Ar) 19 c. 3b.06/06/1944 Tivoli (Roma) 14 c.07/06/1944 Vignanello (Vt) 40 c.07/06/1944 Filetto (Aq) 18 c. 1 td.07/06/1944 Premariacco (Ud) 22 c.07/06/1944 Vicovaro (Roma) 26 c.

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08/06/1944 Pievecchia di Pontassieve (Fi) 14 c.

09/06/1944 Bucine - frazioni (Ar) 9 c.11/06/1944 Onna (Aq) 16 c. d.11/06/1944 Recoaro Terme (Vi) 17 c.13/06/1944 Niccioleta (Gr) 83 c.14/06/1944 Pieve Santo Stefano (Ar) 14 c.16/06/1944 Forno (Ms) 75 c. 10p.20/06/1944 Fondotoce (No) 42 p. 2c. 1d.20/06/1944 Castello

di Montemignaio (Ar) 11 c.20/06/1944 Camerino (Mc) 13 c.20/06/1944 Jesi (An) 7 c. 1cc. 1m.22/06/1944 Gubbio (Pg) 40 c.22/06/1944 Bettola di Vezzano (Re) 32 c. 3p. d. b.24/06/1944 Camerino (Mc) 85 c.24/06/1944 Palazzo del Pero (Ar) 10 c.25/06/1944 Guardistallo - frazioni (Pi) 9 c. 1b.26/06/1944 Bucine (Ar) 74 c.27/06/1944 Crocioni dell’Aiuola (Ar) 14 c.28/06/1944 Montelabbate (Ps) 7 c.29/06/1944 Piangipane (Ra) 8 c.29/06/1944 Civitella (Ar) 95 c.29/06/1944 Castello

di S. Pancrazio (Ar) 60 c.29/06/1944 Cornia (Ar) 48 c. d. b.29/06/1944 Castel S. Niccolò (Ar) 13 c.29/06/1944 Guardistallo (Pi) 57 c. 11p.29/06/1944 Prosecco (Ts) 8 det.a.30/06/1944 Piandario (Lu) 12 c.30/06/1944 Valpromaro (Lu) 12 c.fine giugno 1944 Jesi (An) 7 c. 1cc.inizio luglio 1944 Bucine-frazioni (Ar) 16 c.01/07/1944 Neviano degli Arduini (Pr) 35 c.01/07/1944 S. Quirino (Fi) 13 c.1-5/07/1944 Monchio delle Corti (Pr) 15 c. b.02/07/1944 Crespadoro (Vi) 20 c. 7d.03/07/1944 Villa Grotta

di S. Giusti (Ar) 30 c.04/07/1944 Pizzocalvo

di S. Lazzaro (Bo) 8 c.04/07/1944 Castelnuovo

di Sabbioni (Ar) 73 c. 1r.04/07/1944 Meleto (Ar) 97 c. d. b. 1r.04/07/1944 Granaglione (Bo) 9 c. p.05/07/1944 Molinaccio (Ar) 15 c.06/07/1944 Genova 70 det.a.06/07/1944 S. Lorenzo di Urbania (Ps) 14 c.08/07/1944 S. Pietro Bussolino (Vi) 10 c. 2d.10/07/1944 Badicroce (Ar) 13 c. 3d.10/07/1944 Castiglion Fibocchi (Ar) 14 c.11/07/1944 Altissimo (Vi) 8 c. 1d.11/07/1944 Chiampo (Vi) 8 c. 2d11-16/07/1944 Tornolo (Pr) 11 c.12/07/1944 Cibeno di Carpi (Mo) 67 d. b.13-15/07/1944 Berceto (Pr) 8 c.14/07/1944 S. Polo (Ar) 63 det.a. e.

18/07/1944 Zocca (Mo) 17 c.18/07/1944 Nus (Ao) 11 c.19/07/1944 Fivizzano e Bardine

S. Terenzio (Ms) 160 c.19/07/1944 Lovario e Rozzo (Vc) 15 c.17-26/07/1944 Bardi (Pr) 18 c.19-20/07/1944 Strela e Cereseto (Pr) 21 c. 2r.22/07/1944 Tavolicci (Fo) 64 c.23/07/1944 Piavola (Pi) 19 c.25/07/1944 Passo del Carnaio (Fo) 26 c. 1r.25/07/1944 Empoli (Fi) 42 c.26/07/1944 Carpinello (Fo) 10 det.a.28/07/1944 Venezia 13 det.a.30/07/1944 Stra (Pc) 9 c. 5d. 1b.30/07/1944 Villa Minozzo (Mo) 36 c.agosto 1944 Vecchiano (Pi) 9 c.01/08/1944 Recoaro Terme (Vi) 19 c.01/08/1944 Pisa 12 c. 7e.02/08/1944 S. Biagio (Pi) 23 c. 11d.03/08/1944 Venezia 7 det.a.09/08/1944 S. Rossore (Pi) 10 c. 7d. 2b.09/08/1944 Pettori (Pi) 11 c.09/08/1944 Roasio (Vc) 22 c. 5det.a.09-19/08/1944 Musigliano (Pi) 8 c.10/08/1944 Milano - piazzale Loreto 15 det.a.11/08/1944 Molina di Quosa (Pi) 70 c.11/08/1944 Nozzano (Lu) 69 c.12/08/1944 S. Anna di Stazzema (Lu) 560 c. d. 65b.13/08/1944 Borgo Ticino (No) 12 c.14/08/1944 Castrocaro (Fo) 7 det.a.14/08/1944 Nodica (Pi) 15 c. d. b.14/08/1944 Migliarino (Pi) 9 c.15/08/1944 Bovegno (Bs) 17 c.metà agosto 1944 Mulino Rosso (Lu) 14 c.16/08/1944 Carpi (Mo) 16 p.17/08/1944 Montefeudo (Im) 27 c.18/08/1944 Ponte Ruffio di Cesena (Fo) 10 ren.19/08/1944 Valla di S. Terenzo (Ms) 107 c. b. d.19/08/1944 Bardine di S. Terenzo (Ms) 53 c.21/08/1944 Meldola (Fo) 18 c. 2r.23/08/1944 Padule di Fucecchio (Fi) 175 c. 94d. 26b.23/08/1944 Suno (No) 8 det.a.24/08/1944 Vinca di Fivizzano (Ms) 174 c. 94d. 26b.25/08/1944 Torlano (Ud) 33 c. d. b.25/08/1944 Moscia e Lagacciolo (Ar) 25 c. d. b.25/08/1944 Ponte dei Martiri (Ra) 12 c.26/08/1944 Vignale (No) 13 27-29/08/1944 Filettole (Pi) 62 c. 2r. 1td.settembre 1944 Cesena (Fo) 8 ren.settembre 1944 Vestenanova (Vr) 30 c.04/09/1944 Camaiore - frazioni (Lu) 47 c. det.a. d.05/09/1944 Forlì (aeroporto) 30 c. e. p.06/09/1944 Figline (Fi) 29 c. 2 russi07/09/1944 Saint-Pierre (Ao) 9 7p. 2c.10/09/1944 ss. Massa Carrara - carcere 148 +i. 15det.a. r10/09/1944 Foce di Massa (Pi) 35 c. r.11/09/1944 Moggiona di Poppi (Ar) 19 c. d. b.15/09/1944 Cà di Lugo (Ra) 9 c.16/09/1944 Bergiola Foscalina (Ms) 71 c. d. b.16/09/1944 San Leonardo (Ms) 146 det.a. c.19/09/1944 Osterietta di Pietrasanta (Lu) 11 c. 8d. 1r.21/09/1944 Verucchio (Rn) 9 c.

L’elenco degli uccisi dai nazifascisti

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Appennino tosco-emiliano,agosto 1944. Soldati tedeschi della Flakin rastrellamentoincendiano un casolare e razziano il bestiame.(Luftflotte)

24/09/1944 Sassoleone (Bo) 23 c. p. 1r.24/09/1944 Zona del Grappa (Vi) 14 c.25/09/1944 Torlano (Ve) 33 c. d. b.26/09/1944 Bassano del Grappa (Vi) 31 p.26/09/1944 Santa Sofia (Fo) 10 27/09/1944 Forlì (aeroporto) 7 c. e.27/09/1944 Venezia 13 det.a.27/09/1944 Lizzano in Belvedere 29 c. d. 2p.27/09/1944 Faedis (Ud) 16 c.27/09/1944 Madonna dell’Ulivo -

Cesena (Fo) 7 ren.28/09/1944 Sarsina (Fo) 9 c.29/09-05/10/1944 Marzabotto (Bo) 770 c. d. b. r.29/09/1944 Gaggio Montano (Bo) 69 +i. c. d. b. p.02/10/1944 Gaggio Montano (Bo) 17 c.02/10/1944 Cervia (Ra) 14 c.04/10/1944 Civitella di Romagna (Fo) 8 c.04/10/1944 Borghi (Rn) 8 c.05/10/1944 Lugo (Ra) 15 c. 7p.07/10/1944 Massa Lombarda (Ra) 23 c. p.08/10/1944 Amaro e Tolmezzo (Ud) 14 c.09/10/1944 Villadeati (Al) 10 c.14/10/1944 Sabbiuno

di Castel Maggiore (Bo) 35 c. p.15/10/1944 Villamarzana (Ro) 42 p.21/10/1944 Vigorso di Budrio (Bo) 7 c.30/10/1944 Casteldebole

quartiere Bologna 15 det.a.ott.-nov. 1944 Spilimbergo (Ud) 28 td.02/11/1944 Muina (Ud) 12 c.07/11/1944 Vecchiazzano (Fo) 9 c.14-17/11/1944 S. Pancrazio (Ra) 53 c.27/11/1944 Villa dell’Albero (Ra) 56 c. d. b. p.27/11/1944 Cuneo (Passatore, Confreria) 18 c.14-23/12/1944 Sabbiuno (Bo) 58 p. +i.03/12/1944 Rio Gordale (Im) 26 c. d.03/12/1944 s. Castel Vittorio (Im) 19 c.16/12/1944 Pietrabruna (Im) 28 17/12/1944 ss. Villa Sesso (Re) 23 c. d. b.

17/12/1944 S. Cesario sul Panaro (Mo) 9 c. 1d.23/12/1944 Masiera (Ra) 28 c. d. b.23/12/1944 Vencallo di Casina (Re) 11 det.a.10/01/1945 Varano de’ Melegari (Pr) 19 4p.15/01/1945 Udine 16 det.a.29/01/1945 Capo Berta (Im) 20 c.01/02/1945 Olivetta di Portofino (Ge) 22 c.07/02/1945 Villa Cadè (Re) 21 det.a.10/02-16/03/1945 S. Ruffillo (Bo) 94 p. +i.14/02/1945 Bagnolo (Re) 10 c. ren.03/03/1945 Bagnolo (Re) 8 det. 2p.09/03/1945 Nonantola (Mo) 10 c.10/03/1945 Coduro di Fidenza (Pr) 15 det.a.14/03/1945 Latte (Im) 14 det.23/03/1945 Crevasco (Ge) 17 det.a.10/04/1945 Solarolo (Ra) 29 c.22/04/1945 S. Giorgio di Piano (Bo) 8 c. 5d. 1b.23/04/1945 Canolo di Correggio (Re) 9 c.24/04/1945 Villadose (Ro) 18 c. b.24/04/1945 Casaltone di Sorbolo (Pr) 17 c. 8p.24-27/04/1945 Cortile S. Martino (Pr) 27 c.26/04/1945 Narzole (Cn) 66 c. d. b.26/04/1945 Bivio di Moriglione (Cn) 13 c. d.27/04/1945 Saonara (Pd) 50 c.27/04/1945 Rodengo Saiano (Bs) 9 c.29/04/1945 Castello di Godego (Tv) 75 c.29/04/1945 S. Martino di Lupari (Pd) 32 c.29/04/1945 Cervignano del Friuli (Ud) 22 c.29/04/1945 Villa del Conte (Pd) 14 c.29/04/1945 Abbazia P. e

S. Giorgio in B. (Pd) 12 c.30/04/1945 Grugliasco (To) 66 c. p.30/04/1945 Pedescala Valdastico (Vi) 64 c. 9d. 1r.01/05/1945 Ciriè e Montanaro (To) 8 c. 4p.02/05/1945 Avasinis di Trasaghis (Ud) 51 c.02/05/1945 Ovaro (Ud) 22 c.02/05/1945 Val di Fiemme (Tn) 10 c. 1p.03/05/1945 Bolzano 15 c.

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L’ebreo dagli Usaper rivedereMauthausen

(f.g.)- Se n’era andato nel 1938 all’emanazione delle leg-gi razziali. Andrea Viterbi, bergamasco, figlio di Achille,primario dell’Ospedale Maggiore di Bergamo negli anni’30, uno dei “padri” della telefonia cellulare negli StatiUniti, ha fatto ritorno da San Diego in California a Bergamo,la sua città d’origine (è cittadino onorario) per parteciparead “un viaggio della memoria” lungo i campi di sterminionazisti, in compagnia degli studenti del liceo “Sarpi”. Hapagato lui, staccando un assegno di 30 milioni che ha con-sentito al professor Giorgio Mangini, titolare della cattedradi storia e filosofia, di definire in ogni aspetto l’iniziativa.Viterbi con la moglie Erna, pure lei ebrea di origini italia-ne, fuggita in quegli anni bui da Sarajevo dopo l’occupa-zione nazista, giunti da San Diego, hanno percorso i vialidi Mauthausen, hanno raggiunto il campo di Terezin, sonoentrati nel castello di Hartheim dove vennero sterminati mi-gliaia di malati mentali. Poi assieme ai ragazzi, hanno con-tribuito a preparare la relazione finale.

Giorno per

giornoEsibire il mostro.Ma è necessario?

(f.g.)- Se ne sentiva la necessità e, puntuale, è arrivato nel-le librerie il vangelo di Adolf Hitler, quel “Mein Kampf”(la mia battaglia) che il fuhrer pensò nel carcere di Landsberg,dettando le linee politiche a Rudolf Hess, dopo il fallito“putsch” del 1923. In Italia apparve solo undici anni dopo(1934) quando un professore ebreo, Angelo Treves, pro-pose la sua traduzione a Valentino Bompiani allo scopo di“far conoscere chi era veramente Hitler” con il suo pro-gramma razzista. Bompiani ristampò il libro fino al ’43, poi nessuno (di mez-zo ci fu la Liberazione) pensò di rimetter mano al libellosino al ’70 quando le Edizioni Pegaso lo rimisero sul mer-cato seguite da “AR” che, dopo aver pubblicato a spezzo-ni il pensiero di Hitler, proprio in questo periodo (fonte il“Corriere della Sera”) stava per riproporre un’ampia edi-zione critica del “Mein Kampf”.Sorpresa! “AR” (vicine a Franco Freda) sono state brucia-te sul tempo dalle “Edizioni Riforma dello Stato” dietro cuinon ci sta nessun nostalgico ma un noto comunista le cuiidee hanno resistito al crollo dei vari muri, l’editore RobertoNapoleone, presidente del Comitato Internazionale “Lenin”,autodefinitosi “cossuttiano”. Ma come mai questa corsa al-la diffusione delle farneticazioni naziste? Qual è il motivo,l’oscura ragione se ne esiste una?Napoleone ha tolto ogni dubbio con una valutazione chedovrebbe lasciar tranquilli: “Esibire il mostro in tutto il suoorrore”. Anzi, aggiunge Cesare Medail, “in tutta la sua stu-pidità”. Un’occasione dunque per riflettere. La pensa cosìanche Indro Montanelli: “Renderei la lettura di quel libroobbbligatoria. Fuori dal contesto in cui fu concepito e scrit-to, è un caciucco di coglionerie!”. Risultato: la prima edizione (5 mila copie) di Napoleone,bruciata a tempo di record. Quindici giorni. Siamo sicuriche gli acquirenti non abbiano tatuata una svastica sullapelle o nell’anima?

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Onore al Duceil 25 aprile

alla tv di stato(f.g)- Gruppi di fascisti in divisa d’ordinanza, fez e baschineri come la pece, patacche variopinte sulle giacche, il 25aprile tutti ordinati in fila davanti al cancello del VillinoBelmonte a Giulino di Mezzegra dove il 28 aprile 1945Mussolini e Claretta Petacci vennero fucilati dai partigia-ni “in nome del popolo italiano”.Uno scandalo? Neanche per idea. Ogni anno fra il 25 ed il28 aprile, i giorni fatali, ringalluzziti dalla bella stagione,nostalgici di ogni età, giovani, uomini maturi ma soprat-tutto anziani, malfermi ex combattenti delle unità della Rsi,ex brigatisti neri, ex maro’ della “Decima” di Borghese, exmiliti della Gnr, salgono a frotte lungo il lago di Como,percorrendo quel “budello” occidentale, quello in cui si in-filò maldestramente la colonna in fuga, per ricordare conun secco “Presente!” la figura del duce.Apologia? Legge Scelba? Ferri vecchi. Nessuno ci fa piùcaso. Fra l’altro qualche mese fa il saluto romano è statodeclassato da reato penale a contravvenzione amministra-tiva. Una multa e basta.Lo scandalo di questo 25 aprile è stato semmai che la Tvdi Stato, nella versione T3 regionale, abbia sentito il do-vere (ed il prurito) di mandare sin lassù una troupe a ri-prendere la discutibile scena, per poi riversarla nel tele-giornale.Chi ha firmato lo storico ordine di servizio era al correntedi cosa si trattava e che quello era il giorno della libertà, lafesta di coloro che oltre mezzo secolo fa deposero le armiriconsegnando un Paese senza dittatura? Un interrogativoancora più opportuno se si pensa che ai primi di maggio,per il Convegno dell’Aned all’interno del campo di ster-minio di Mauthausen, la tv italiana non ha abbondato cer-to in puntualità. Eppure sarebbe stato doveroso: centinaia di ex deportatiitaliani erano tornati in quell’inferno da dove erano riusci-ti miracolosamente a uscirne ancora vivi, per testimoniarela loro fede nella democrazia e nella libertà.

Matteotti e i lager?Operazioni legittime

(f.g.) Varese - Il liceo è sempre lo stesso, lo scientifico“Galileo Ferraris” di Varese, che un paio d’anni fa pensòbene, con l’astensione del preside, di cancellare dalRegolamento interno la Resistenza, matrice della Carta co-stituzionale. Va bene la Costituzione, s’era detto un ristrettomanipolo d’audaci, ma la Resistenza cosa centra?Un blitz compiuto dallo “zoccolo duro” (e nero) della scuo-la il 10 maggio scorso, ha ribadito la vocazione nostalgicadi parte di questo Istituto superiore con un’impresa, se sivuole, ancor più vergognosa: in un sol colpo in assemblea,tema “la lotta di Liberazione”, due studenti della linea fi-lo-fascista hanno osservato, microfono alla mano, disser-tando per una ventina di minuti, che l’assassinio di GiacomoMatteotti fu una misura opportuna da parte di Mussolini edei gerarchi e che la scelta dei “lager” voluta da Hitler, senon si fosse interrotta, avrebbe portato a compimento untragitto ideale.Nella scuola varesina gli echi, prima e dopo, sono stati fle-bili se non addirittura nulli. La stampa locale, neanche unaccenno. L’aria che tira non alimenta del resto troppe spe-ranze. Il preside avrebbe garantito un’inchiesta in tempistretti; il provveditore agli studi si ignora se sia stato infor-mato.Attendiamo, data la eccezionale gravità del fatto, i risulta-ti: nel frattempo una classe intera del “Ferraris” per rico-struire la fucilazione del duce, della Petacci e dei suoi mi-nistri, ignorando la storiografia più seria sull’argomento,ha pensato bene di partire dall’ultimo libro di Giorgio Pisanò,figura storica del reducismo salotino, “Gli ultimi cinque se-condi di Mussolini”. Complimenti vivissimi.

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A PREVALERE FU LA RAGION DI STATO

CEFALONIANessun colpevole. La prima, terribile strage nazista archiviata in Italia e in Germania nel pieno della “guerra fredda”

Da uno scambio di lettere fra ilministro degli Esteri, il liberaleGaetano Martino ed il ministro

della Difesa, il democristiano-partigiano Paolo Emilio Taviani,emergono, dopo quasi mezzo secolo, lemotivazioni che impedirono al giudiceistruttore militare di Roma diprocessare trenta ufficiali tedeschi,presunti responsabili dell’eccidiodell’Egeo in cui furono massacrati6.500 soldati italiani. L’“inopportunità”di un’inchiesta mentre Bonn siproponeva come lo scudo armatoantisovietico dell’Occidente. Nel 1969,nove anni dopo i colleghi romani, igiudici di Dortmund, pur sollecitati ascoprire la verità da Simon Wiesenthal,batterono la stessa strada.

Fra i 695 fascicoli sepolti perquasi mezzo secolo nelle can-tine di Palazzo Cesi a Romadentro quello che ormai èpassato alla storia di questoPaese come “l’armadio del-la vergogna”, tutti bollati dal-la Procura generale militarecon la stravagante formuladell’”archiviazione provvi-soria”, non c’era quello diCefalonia, l’isola dell’Egeodove furono massacrati, ametà settembre del 1943, sei-mila cinquecento ufficiali esoldati della Divisione“Acqui”. Fucilati nel corsodei primi rastrellamenti e do-po la resa, i poveri corpi ar-si per non lasciare tracce, in-fine, se non bastasse, strap-pati alla memoria collettivaper troppi, lunghi anni.C’erano nel famigerato ar-madio “solo” i fascicoli in-gialliti delle 71 fucilazioninel campo di polizia diFossoli del giugno del ’44,

dei 50 massacrati a Bolzano,delle centinaia di vittime ci-vili a Sant’Anna di Stazzema,Gubbio, il Turchino, laBenedicta, La Storta (alleporte di Roma) dove venne-ro proditoriamente assassi-nati Bruno Buozzi e i suoidodici compagni e altro an-cora.Ma la tragedia di Cefaloniaera come se ci fosse stata per-ché, anche se per altra stra-da, l’esito è stato lo stesso:l’oblio sino alla rimozionestorica e politica.Eppure Cefalonia era statauna pietra miliare della sto-ria patria, la scintilla dellaprima Resistenza, il primo,almeno in una fase, scontroguerreggiato dopo l’8 set-tembre in campo aperto, frareparti regolari italiani e te-deschi.Ma per una censurabile edinaccettabile “ragion diStato”, Cefalonia fu anche la

di Franco Giannantoni

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prima strage nazista che ilpotere politico centrista nel1956 volle rimuovere, emar-ginare, ricacciare in un estre-mo angolo della memoria.Un destino che solo pochianni dopo, nel 1969, avràuna sua rappresentazioneanche in Germania: la ma-gistratura tedesca, senzasvolgere un’indagine mini-

ma, dopo aver fatto viag-giare a vuoto il fascicolo,peraltro magro, fraDortmund e Monaco diBaviera per motivi di com-petenza territoriale, ritennedi non aver potuto trovaretracce di quella carnefici-na, la cancellò, giunse ad-dirittura a metterne in di-scussione l’esistenza.

avevano condotto i loro re-parti contro gli accampamentiitaliani da Argostoli, al mon-te Dafni, a Farsa, a Kuruklata,dando vita ad una mattanzasenza precedenti. Il giudiceistruttore militare italianoavrebbe voluto ottenere dal-le autorità di Bonn, mercè lacollaborazione del Ministerodegli Esteri italiano, retto inquel periodo dal liberaleGaetano Martino, la possi-bilità di verificare e arric-chire la corrispondenza ana-grafica dei nomi degli inda-gati ed ottenere la loro estra-dizione. Una tappa essenzialeper poi valutare le reali re-sponsabilità penali e giun-gere al processo.Il ministro Gaetano Martinoil 10 ottobre 1956 inviò unalettera “riservata personale”(nda: a pag. 34 il testo inte-grale) al ministro dellaDifesa, il democristiano PaoloEmilio Taviani, nella quale,

fra giudizi discutibili (le fu-cilazioni definite incidenti;l’eventuale denuncia italia-na un tardivo risveglio!!!) so-stenne l’inopportunità di ali-mentare in quella fase stori-ca una polemica contro “ilsoldato tedesco” proprio nelmomento in cui il governo diBonn stava per riorganizza-re l’esercito in funzione an-che di scudo atlantico con-tro l’Est sovietico. Un altro ostacolo era rap-presentato dall’inesistenza diun regolare trattato italo-te-desco che regolasse l’istitu-to della estradizione, allo sta-to non possibile. Meglio, si erano detti i mi-nistri in simbiosi perfetta,eludere ogni richiesta senzaneppur tentare (e sarebbe infondo stato possibile) di pro-cessare in contumacia i cri-minali, fornire eventualmen-te a Bonn quell’elenco di no-mi che la magistratura tede-

Cefalonia, era stato il coroitalo-tedesco di quegli annibui, l’era della guerra fred-da, ma di cosa state parlan-do?Eppure un testardo giudiceistruttore del Tribunale mi-litare di Roma, investito da-gli esiti dell’azione penaledel Procuratore militare (nonla Procura generale milita-

re!), che aveva condotto con-crete indagini sulla base diun esposto-denuncia del ma-gistrato della Corte d’Appellodi Genova dottor Triolo, pa-dre di un caduto, nel 1956era giunto all’apprezzabilerisultato di individuare i no-mi di trenta presunti respon-sabili, tutti appartenenti allaWermacht che a Cefalonia

Un testardo giudice di Romaindividua trenta responsabili

Il comando operativo tedesco nell’isola greca: si sta preparando la strage.

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CEFALONIA

sca avrebbe comunque co-nosciuto prima che scattas-se la prescrizione ventenna-le per i reati nazisti ormai al-le porte.Le “preoccupazioni” del mi-nistro Martino (capo delloStato era Antonio Segni, al-tro dc) erano state accoltesenza un solo appunto dalcollega Taviani che il 20 ot-tobre aveva risposto all’in-vito, dando il suo benestare.“Concordo pienamente conle tue valutazioni”, aveva fat-to sapere, il ministro dellaDifesa, rilevante figura di an-tifascista nonché presidentenazionale della Fvl, una del-le tre associazioni partigia-ne.Ragion di Stato ed opportu-nità politica dunque, unite al-la sudditanza atlantica, ave-vano contribuito a porre unapietra tombale sull’eccidiocon il risultato di uccidereper una seconda volta quel-le migliaia di morti.La querelle politico-istitu-zionale non era chiusa. Il 23gennaio 1957, ancora il mi-

nistro Martino, rivolgendosia Taviani, aveva segnalatoche la Procura militare, pre-so atto dell’impossibilità del-l’estradizione, aveva insisti-to per avere, per via diplo-matica, un controllo anagra-fico dei nomi dei trenta pre-sunti responsabili nazisti.Martino aveva però respintola richiesta della magistra-tura militare, aggiungendoche era corsa voce (sarebbe

stato un po’ troppo!) che ta-le generale Speidel, gerarcadi prima grandezza nella cam-pagna di Grecia, sembravafosse in corsa per un alto co-mando nelle forze armate. Il12 febbraio 1957, Taviani,aveva fatto sapere di condi-videre ogni valutazione del-la Farnesina, smentendo chelo “Speidel-boia” fosse il can-didato militare Nato: lo erainvece il fratello.

mente in previsione di unasentenza della CorteCostituzionale che dovevadecidere sul passaggio degliatti e delle competenze dal-la magistratura militare aquella ordinaria. Si era cer-cato in poche parole di pre-costituire un alibi, quel pas-saggio però non avvenne el’armadio seguitò a contene-re i suoi segreti”.Un’indagine del marzo 1999del Plenum del Consiglio del-la magistratura militare(CMM), l’equivalente delConsiglio superiore della ma-gistratura ordinaria, conclu-se i suoi lavori con una stu-pefacente rivelazione: men-tre nel 1960 i fascicoli ri-guardanti le stragi con i no-mi dei colpevoli erano rima-sti bloccati e destinatinell’“armadio della vergo-gna”, “quelli che non com-prendevano le indicazioni su-gli autori del reato e corri-spondevano pertanto a pro-cedimenti contro ignoti” era-no stati trasmessi alle Procurecircoscrizionali. “Da quel-

Fanteriaitaliana...

Risolto il nodo centrale delproblema Cefalonia, il 14gennaio 1960 il Procuratoregenerale militare EnricoSantacroce, “coperto” dal po-tere politico, aveva “provvi-soriamente” archiviato le al-tre stragi, racchiuse in fasci-coli ricchi di importanti ele-menti mai esaminati, com-presi i rapporti anglo-ameri-cani, redatti nei campi d’in-

ternamento del nord Africa,dove dall’autunno del ’43erano stati trasferiti molti re-sponsabili nazisti catturatisul fronte italiano.“Un’archiviazione provviso-ria - ha commentato pun-tualmente Franco Giustolisi,autore di “Gli scheletri del-l’armadio”, un rigoroso sag-gio, apparso su “Micromega”n. 1 anno 2000 - probabil-

...e poi le stragi furono tutte sepolte nei cassetti

La colonna dei fanti italianicon le salmerie nella zonadi Argirocastro

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l’armadio - ha scritto Giu-stolisi - uscirono soltanto leinchieste innocue, quelle chenon potevano dare adito anessuna incriminazione, adalcun processo contro i na-zisti, contro i repubblichini”.In realtà la gran maggioran-za di quei 695 fascicoli, ben415 (il dato è riferito sem-pre da Giustolisi, autorizza-to dopo lunga attesa a pren-der atto delle carte consul-tabili) era, come aveva os-servato il CMM “nei con-fronti di militari identifica-ti, appartenenti alle forze ar-mate germaniche oppure al-le milizie della Rsi. In granparte dei casi i fatti denun-ciati sono crimini di guerra,più particolarmente reati an-che a danno di persone estra-nee ai combattimenti con pre-valenza di maltrattamenti,violenze ed omicidi. E, traquesti, alcuni di quegli ecci-di, noti alle cronache di queltragico periodo e ancora pre-senti alla memoria dei su-perstiti e nelle lapidi com-memorative erette nelle piaz-

ze del nostro Paese”. InGermania, se il percorso giu-diziario era stato diverso, l’e-sito era apparso nella sostanzaidentico. Cefalonia, paginadisturbante per la coscienzatedesca, era stata liquidatacon una nota ambigua edodiosa.Paradosso della storia, adArianna Giachi una scono-sciuta cittadina italiana resi-dente in Germania, autricesu “Die Welt” di un saggioapparso il 16 ottobre 1964,era spettato il compito di de-molire in chiave apologeticail sofferto libro di MarcelloVenturi “Bandiera bianca aCefalonia” (Rizzoli) che ave-va puntato il dito sui ra-strellatori della Divisione al-pina tedesca, le tre colonnedei “Gebirgsjager” del mag-giore von Hirchfeld, accor-se via mare per portare aiu-to all’insufficiente guarni-gione locale ai fini della “so-luzione finale”. La immaco-lata Wermacht doveva esse-re tenuta al riparo da ognipossibile scorribanda demo-

...in marcianell’isola

Una manciata di fango contro CefaloniaGiunge dall’Inghilterra per la penna di Louis de Bernièresun rozzo attacco contro il massacro di Cefalonia da noi rie-vocato in questo numero attraverso la rigorosa ricostruzionedi Marcello Venturi e le oscure pagine giudiziarie italo-te-desche.La polemica, esplosa con roventi scambi di accuse, prota-gonisti non solo i pochi sopravvissuti ma anche gli stessi cit-tadini dell’isola greca, infuriati contro lo scrittore inglese, èdestinata ad aumentare attraverso un film già in lavorazio-ne.In un libro dal titolo “Captain Corelli’s mandolin”, la cuivendita ha toccato un milione e mezzo di copie (in Italia, perLonganesi, “Una vita in debito”), Louis de Bernieres ha com-piuto un grossolano “falso storico” gettando fango sullaResistenza greca e sullo stesso comportamento dei soldatiitaliani della Divisione “Acqui”.“E’ un libro carico di puro razzismo e di luoghi comuni”, èstato il severo commento di Amos Pampaloni, 89 anni, excapitano di reggimento di artiglieria che giocò un ruolo mol-to importante nella decisione di resistere ai tedeschi nel-l’autunno del ‘43 e che lo scrittore inglese avrebbe preso amodello per scrivere il suo romanzo. “Come può essere cre-dibile che il protagonista Corelli avesse il tempo di suonareper tutto il giorno il mandolino come si afferma, amoreg-giando con la fidanzata mentre maturava una delle immanitragedie dell’ultima guerra?”, ha aggiunto indignato Pampaloni.Gli spunti critici sono anche altri: l’autore del romanzo hamesso in una pessima luce i partigiani di Cefalonia, accusa-ti di essere dei “rozzi comunisti” e di non aver aiutato gliitaliani vittime delle rappresaglie naziste. La verità, comenoto, è esattamente il contrario.

Un libro dal titolo “Captain Corelli’s mandolin”

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litrice della sua gloria mili-tare, non doveva a nessun co-sto era messa in discussionementre il nuovo esercito fe-derale, fra comprensibili dif-ficoltà e immaginabili con-dizionamenti stava prenden-do forma. Cefalonia, secondo la Giachiera stata né più né meno unaricostruzione fantastica di unoscrittore anti-tedesco in ve-na di facezie. Eppure, anchein quel caso, da quel librodrammatico e avvincente,pubblicato nel 1963, apprez-zato da Salvatore Quasimodo,ebbe inizio la prima fase diun’abbozzata e via via irro-bustita anche se sfortunatadenuncia: ad un interventoiniziale di Simon Wiesenthal,direttore del DokumentationCentrum di Vienna, all’Ufficiocentrale per i crimini nazistidi Ludwisburg che aveva re-so noto di ignorare del tuttol’esistenza di Cefalonia, eraseguito un corposo carteggioinviato dallo stesso Venturi,messo in contatto conWiesenthal dallo storico

Angelo Del Boca: testimo-nianze dei superstiti, un elen-co di appartenenti allaDivisione “Acqui” scampatial massacro, le voci registratedei contadini di Cefaloniamuti spettatori della cacciaagli italiani inermi, alcunefotografie, il diario del cap-pellano militare padre LuigiGhilardini, la fotocopia de-gli atti del processo davanti

alla Corte marziale italianasubito dal capitano AmosPampaloni (“fucilato” adArgostoli, ferito, sopravvis-suto dopo aver risalito di not-te i cadaveri dei compagninella fossa comune) per “in-subordinazione”, assolto apieno titolo, decorato comedel resto altri trascinati nel-la vergognosa provocazionegiudiziaria.

gioni per cui era partito qual-che tempo prima.Si era trattato di una volga-re trappola. Il dottor Obludaa conoscenza (glielo avevarivelato Venturi) che il nomedel capitano Karl Ritter, uti-lizzato nel racconto, era sta-to inventato per necessità maera autentico per comporta-menti, chiese allo scrittoreitaliano notizie più precisesull’identità che evidente-mente non potevano esseredate. Un modo elegante per si-mulare un impegno investi-gativo ma anche il mezzo peraffermare che la magistra-tura tedesca non si sarebbemai più interessata diCefalonia.Infatti andò così: il 25 ago-sto 1969 il dottor Hess,Procuratore capo di Stato,informò Simon Wiesenthal“che l’istruttoria relativa alcaso di Cefalonia è stata ac-cantonata dopo che indaginicondotte su ampia scala nonhanno dato alcun risultato”.Una menzogna colossale: se

CEFALONIA L’arrivo dei tedeschi

Simon Wiesenthal ritornò al-la carica qualche tempo do-po, costringendo infine le au-torità tedesche ad avviareun’indagine penale.Il 3 novembre 1964 ilProcuratore di Stato diDortmund dottor Obluda, co-minciò l’inchiesta ma il 30novembre, all’improvviso, ilfascicolo ancor vergine pre-se la strada di Monaco diBaviera per competenza ter-

ritoriale. Secondo Obluda, ilpubblico ministero diMonaco si sarebbe imme-diatamente fatto vivo coi de-nuncianti ma il tempo pas-sò e né Venturi né il “cac-ciatore di criminali nazisti”dalla sua sede viennese sep-pero nulla sino al 7 ottobre1965 quando Dortmund se-gnalò che il fascicolo, daMonaco, era tornato a de-stinazione per le stesse ra-

Dietro pressione di Wiesenthalle autorità tedesche indagano

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Karl Ritter non era che il no-me fittizio di un boia che at-traverso gli archivi ed i ruo-lini militari avrebbe forse po-tuto avere un volto, l’altroufficiale individuato, il co-mandante della DivisioneAlpina, il maggiore vonHirchfeld, era scomparso nel-la campagna di Russia.Il Procuratore Hess, moder-no Ponzio Pilato, aveva con-

cluso il proprio vacillantescritto, affermando che nonera stato possibile trovare“nessun membro vivente del-la Wermacht responsabile del-la fucilazione dei prigionie-ri di guerra italiani o perso-ne che abbiano partecipatoalle fucilazioni. Di conse-guenza ho archiviato l’in-chiesta”.Il dottor Hess, come Gaetano

Martino e Paolo EmilioTaviani, seppur con motiva-zioni differenti, aveva con-tribuito ad affossare per sem-pre la verità su quella tragi-ca storia.In Italia, con grande fatica,erano state ricostruite le ge-neralità di trenta presunti re-sponsabili del settembre del’43 fra le centinaia di uffi-ciali che, presi gli ordini di-rettamente da Berlino daMartin Borman, il vice diHitler, avevano aperto il fuo-co indiscriminatamente, con-tro la Divisione “Acqui” delgenerale Gandin. In Germania, gli stessi uffi-ciali vivevano tranquilli, conla loro brava pensione diguerra, ancor nel pieno del-le forze, qualcuno in carrie-ra militare, le mani grondantisangue innocente: il tenen-te colonnello Hans Barge,comandante il presidio te-desco a Cefalonia, il gene-rale Hubert Lanz, il capita-no Rademacher, il tenenteHeindrich, il tenente Kuhn,altri ancora.

Tutti i fascicoli erano finitiper “ragioni superiori” me-ticolosamente nell’armadio,un vecchio mobile marronescuro, a Palazzo Cesi nellacapitale italiana e all’ultimopiano della Procura diDortmund. Archiviati persempre. Coperti di polverequegli atti debbono ora usci-re alla luce del sole. Lo re-clama la storia.

Nelle pagineseguenti il “carteggio”Taviani - Martino

Lo sbarcoin forze

Il comandoitaliano

La consegnadelle armi

Nel porticciolo i tedeschi scaricanodai mercantili artiglierieippotrainate e materiali per le postazioni difensive

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Degli «incidenti»meglio non parlarne

Lettera del ministro degli Esteri Gaetano Martino al mini-stro della Difesa Paolo Emilio Taviani del 10 ottobre 1956

“Caro Taviani,il giudice istruttore della Procura militare della Repubblicapresso il Tribunale militare territoriale di Roma, si è ri-volto a questo Ministero con la nota qui unita in copia, re-lativa ad un procedimento istruttorio in corso contro 30militari appartenti alle Forze Armate tedesche, ritenuti re-sponsabili dell’esecuzione dei noti eccidi che avvennero aCefalonia e a Corfù nel settembre del 1943 ai danni di sol-dati italiani.Nell’indicare i nomi di tali militari tedeschi e gli elementidi accusa ancora incompleti in suo possesso, il predettogiudice istruttore ha chiesto a questo ministero se sia pos-sibile o meno interessare in via diplomatica la RepubblicaFederale di Germania per ottenere le generalità completedei colpevoli e per chiederne l’estradizione, nel caso diemissione di mandati di cattura. Sono convinto che coloroi quali presero parte a così barbare azioni non meritinopersonalmente alcuna clemenza. Non posso tuttavia na-scondermi, come responsabile della nostra politica estera,la sfavorevole impressione che produrrebbe sull’opinionepubblica tedesca ed internazionale una richiesta di estra-dizione da noi avanzata al governo di Bonn alla distanzadi ben 13 anni da quando i dolorosi incidenti surriferiti eb-bero luogo, tanto più che una buona parte dei militari in-criminati risulterebbero già stati giudicati e condannatidalle Corti alleate al momento opportuno e cioé nell’im-mediato dopoguerra.Ma, a parte le considerazioni negative che potrebbero far-si su questo nostro tardivo risveglio, non ho bisogno di sot-tolineare a te, che segui da vicino i problemi della colla-borazione atlantica ed europea, quali interrogativi potreb-be far sorgere da parte del governo di Bonn una nostra ini-ziativa che venisse ad alimentare la polemica sul compor-tamento del soldato tedesco. Proprio in questo momento,infatti, tale governo si vede costretto a compiere presso lapropria opinione pubblica il massimo sforzo allo scopo divincere la resistenze che incontra oggi in Germania la ri-costruzione di quelle Forze armate, di cui la Nato reclamacon impazienza l’allestimento.In tale situazione, ed in vista di quanto sopra, ti prego divoler prendere in esame questa delicata questione la qua-le, qualora dovesse essere avviata nei termini proceduraliproposti dal Tribunale militare, darebbe luogo a grandi dif-ficoltà.Grato per quanto vorrai comunicarmi in merito, ti salutomolto cordialmente. Gaetano Martino”.

In Franco Giustolisi, “Gli scheletri dell’armadio”, “Micro-mega” n.1, anno 2000.Giustolisi ha aggiunto alla fine del testo: “In calce, a pen-na, sull’estrema sinistra del foglio, un appunto, datato 20ottobre 1956 dello stesso anno, a firma del partigiano Taviani:Concordo pienamente con il ministro Martino”.La lettera del ministro Martino, dattiloscritta su carta inte-stata “il ministro degli Esteri”, era classificata “riservatapersonale” sino alla declassificazione che, ha precisato sem-pre Giustolisi, è avvenuta il 23 marzo 1998.

CEFALONIAIl carteggiodella vergogna

L’estradizione non è prevista

Lettera del ministro degli Esteri Gaetano Martino al mini-stro della Difesa Paolo Emilio Taviani del gennaio 1957

«Caro Taviani, desidero informarti che, facendo proprio ilparere da te stesso espresso con la Tua n. 2760 del 20 ottobreus., questo ministero ha risposto alla Procura militare dellaRepubblica presso il Tribunale militare (allegato A) facendopresente che, anche prescindendo da considerazioni di caratte-re politico, l’estradizione dei noti militari tedeschi non appari-va proponibile in virtù delle disposizioni citate al punto 2 pag.5 e 6 del foglio della Procura militare medesima.Senonchè la predetta Procura (allegato B) si è nuovamenterivolta a questo ministero, chiedendo se esso non ritenessenemmeno probabile la richiesta delle complete generalità deinoti militari alle Autorità della Repubblica federale tedesca.(...). Alla nuova nota della Procura militare questo ministero harisposto in data 7 gennaio (allegato C) facendo presente chenon è possibile richiedere in via diplomatica le generalità deimilitari in questione nè l’eventuale conferma del decesso dialcuni di essi, senza specificare il motivo della richiesta efacendo inoltre rilevare che non si ravvisava su quale basepotesse essere avanzata una domanda del genere, essendostato riconosciuto che la richiesta di estradizione non è propo-nibile.Ritengo opportuno aggiungere che, secondo quanto appreso invia confidenziale, la Procura militare è stata indotta a promuo-vere formalmente un procedimento penale nei confronti degliufficiali tedeschi in questione dagli esposti inviati dal padre diuno dei caduti a Cefalonia, il dottor Triolo, già presidente disezione della Corte d’Appello di Genova, all’autorità giudizia-ria ordinaria.Questa ebbe a dichiarare la propria incompetenza e rinviò gliatti al giudice militare che si trovò investito della questione. Hovoluto pertanto fornirti, ad ogni buon fine, gli elementi di cuisopra, anche perché ritengo che la questione debba interessarele Autorità militare non meno del mio ministero, in vista dell’e-ventualità, di cui molto si è parlato in queste ultime settimane,che il generale Speidel, il cui nome figura tra quelli degli uffi-ciali germanici incriminati, possa essere nominato comandantedelle truppe di terra del settore centrale di Shape. In attesa di un tuo cortese cenno in proposito, ti invio i più cor-diali saluti. Gaetano Martino».

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Sono d’accordo

Lettera del ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani al mi-nistro degli Esteri Gaetano Martino del 12 febbraio 1957

“Caro Martino, mi riferisco alla tua lettera in data 23 gen-naio us. relativa al noto procedimento in corso presso laProcura militare della Repubblica di Roma (ndr: l’eccidiodi Cefalonia). Al riguardo ti comunico che condivido le tuevalutazioni e l’atteggiamento del ministero degli Esteri nel-la questione.Con l’occasione desidero comunque informarti che l’ex ge-nerale d’aviazione Speidel, il cui nome figura tra quelli de-gli ufficiali germanici incriminati, non si identifica con ilten.gen. Hans Speidel, testé nominato comandante delleForze Alleate del Centro Europa. Il primo, a nome Wilhelme già comandante militare della Grecia, sarebbe fratellodel generale Hans Speidel. Con i più cordiali saluti. Taviani”.

Orgoglioso della mia scelta

Sulla corrispondenza con l’ex ministro degli Esteri GaetanoMartino a proposito di Cefalonia, l’ex ministro della DifesaPaolo Emilio Taviani ha dichiarato al giornalista Mario Pirani,in occasione della presentazione del libro di Marisa Masu eEnnio Polito sulla Resistenza a Roma nello scorso mese dimarzo:“Era appunto, l’anno dell’Ungheria. Il KGB inondaval’Occidente di dossier sul pericolo del riarmo tedesco. LaGermania, con fatica, aveva aderito alla Nato solo l’annoprima. Era in gioco la tenuta europea di fronte all’Urss.Sono orgoglioso della posizione che allora presi e che hosempre rivendicato”.

(Paolo Emilio Taviani a Mario Pirani in “la Repubblica”del 27 marzo 2000, “Su Cefalonia cadde il silenzio italia-no”, pagina 14. Mario Pirani alle parole dell’ex ministrodella Difesa commentò per iscritto nel servizio giornalisti-co “che forse anche allora era possibile sostenere una giu-sta politica, pur senza violentare la Storia e la Giustizia”).

Un bivacco dei nostrialpini a Cefalonia.

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Finalmente un tema sullo sterminio agli esami di maturità di quest’anno

Per non dimenticare l’Olocausto

Per capire quanto sia statoimportante assegnare ai ra-gazzi della maturità il temasull’Olocausto è sufficienteriflettere sui dati che il gran-de regista cinematograficoSteven Spielberg ricorda inuna nota scritta proprio perringraziare gli autori di que-sta iniziativa “a nome suo,dei sopravvissuti, e dei mi-lioni che non sono soprav-vissuti”. Rammenta Spielberg che neilicei americani il 60% nonconosce nemmeno il signifi-cato del termine Olocausto.Da noi le cose non vanno me-glio. Recentemente, rispon-dendo a domande sulla stra-

ge di piazza Fontana del 12dicembre del 1969, ragazzidi una scuola milanese l’han-no attribuita alle Brigate ros-se, confondendo terrorismorosso e nero, ignorando vi-cende che hanno segnato lastoria politica del nostro pae-se. Sempre a Milano, un exinternato nei lager nazisti,avendo chiesto al 12 il nu-mero telefonico dell’Aned(Associazione nazionale exdeportati) si è sentito ri-spondere: “Scusi, ma porta-ti dove?”. Una volta tanto dunque, lascuola italiana ha avuto il me-rito di porre all’attenzionenon solo degli studenti, ma

di Steven Spielberg

La notizia che gli studenti li-ceali in Italia hanno avutol’Olocausto come tema uffi-ciale per la maturità è signi-ficativa. Vuol dire che la sto-ria dell’Olocausto e la sua im-portanza per l’educazione e latolleranza è evidentementeun’alta priorità per questa eper le future generazioni di ita-liani. Quando ho girato“Schindler’s List” e ho fon-dato la Shoah Foundation, ilmio obiettivo, prima di qua-lunque altro, era proprio l’e-ducazione: fare in modo che

il passato non fosse mai di-menticato. Per la prima voltanella mia vita ho fatto un filmsenza preoccuparmi se avreb-be incassato al botteghino, sesarebbe piaciuto alla gente: lesolite cose, insomma, quelle dicui m’importava negli anni ’80.Ho prima dovuto diventare pa-dre per poter fare quel film,perché un giorno i miei figlimi avrebbero fatto domandesull’Olocausto. Sapevo che avrei dovuto ri-spondere a quelle domande, eio, in verità, sono più bravo acomunicare attraverso un filmche a parole. Quando ero pic-colo i miei genitori mi hanno

Il grazie di Spielberg

Una lezione sull’Olocausto

di Ibio Paolucci

Il regista Spielberg con la bambina di “Schindler’s list”

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In un teatro romano

In scena le poesie sui lager

Settecento poesie, scritte pra-ticamente di getto, duranteun doloroso “viaggio” inte-riore compiuto leggendo me-morie sui lager. L’autrice,Luciana Tedesco Bramante,le aveva fatte conoscereall’Aned di Roma, sceglien-done poi centoventi per il pre-mio letterario Anna Borra.Era risultata finalista.Un regista, Italo Squillace,ne è stato conquistato e hacreato, con un gruppo di gio-vani interpreti, uno spetta-colo andato in scena in unpiccolo teatro romano, conun buon successo di pubbli-co. Un risultato reso possi-bile dalla volontà e dall’en-tusiasmo di alcune personeche si sono impegnate congrande dedizione, convintedell’importanza della me-moria e del suo insegnamen-to. L’ex deportato LeoneFiorentino ha raccontato altermine dello spettacolo po-meridiano, la sua drammati-ca esperienza. L’attenzione èstata totale e commossa.Ci sono le premesse perchéla messa in scena delle poe-sie sia ripresa l’anno prossi-mo per le scuole.

dell’intero paese, l’avveni-mento più sconvolgente delsecolo: l’annientamento to-tale degli ebrei, un obiettivoche non è stato portato a ter-mine, grazie al fatto che laGermania nazista è stata scon-fitta. Ma sono pur sempre sta-te sei milioni le vittime del-la Shoah, uomini, donne,bambini. Essere ebrei in quell’infer-nale periodo nell’Europa oc-cupata dalle truppe hitleria-ne equivaleva a sicura con-danna a morte. Infiniti con-vogli arrivavano nei vari cam-pi di sterminio, scaricandoesseri umani destinati ai for-ni crematori. Pochissimi i sopravvissuti.Non solo ebrei e militanti po-litici, anche zingari e omo-sessuali. Riguardo agli ebrei,documenti della Cia, resi no-ti nello scorso mese di giu-gno, forniscono la prova chele forze alleate sapevano chei nazisti avrebbero operato laretata degli ebrei a Roma, manon mossero un dito per av-visarli. Di più gli stessi do-cumenti dimostrerebbero che

Hugh O’Flaherty, il monsi-gnore irlandese ritenuto uneroe per avere salvato la vi-ta di tanti ebrei, era in realtàuna spia al servizio dei na-zisti in Vaticano. E inoltre, il cardinaleIldebrando Schuster, arcive-scovo di Milano, avrebbe aiu-tato economicamente alcunigruppi di nazisti. Richiestodalla “Repubblica” di com-mentare queste clamorose no-tizie Amos Luzzato, presi-dente delle Comunità ebrai-che italiane, ha detto che laverità che maggiormente loinquieta è “che gli alleati sa-pevano delle persecuzioni an-tiebraiche da parte dei nazi-sti, ma non vollero interve-nire [...] Gli alleati erano soliti ripe-tere che bisognava prima vin-cere la guerra e poi pensareagli ebrei. Fu una scelta sba-gliata. I nazisti andavano combat-tuti con un sollevamento ditutta l’Europa in chiave an-tirazzista. Di fronte alle de-portazioni, bisognava alzare,tutti insieme, la voce contro

il mostro che di lì a pocoavrebbe portato alla Shoah.Sì, come tanti ebrei, non homai capito i ‘silenzi’ di papaPacelli: l’ho sempre detto, ri-cevendo anche accuse circauna mia presunta dimenti-canza degli aiuti forniti dal-la chiesa a tanti ebrei.Naturalmente non mi sonomai dimenticato di nulla. Dicosolo che un papa come PioXII avrebbe dovuto denun-ciare ad alta voce il pericolonazista e le persecuzioni an-tiebraiche. Purtroppo non l’hafatto”. In effetti, gli alleati erano per-fettamente e dettagliatamen-te al corrente fin dal 1942dell’esistenza dei campi disterminio e delle camere agas. “Perché - torna a chie-dersi Amos Luzzato - gli al-leati non pensarono almenodi bombardare le linee fer-roviarie su cui passavano iconvogli carichi di ebrei? Inverità, non tutti gli alleati siemozionarono alle notizie sul-le persecuzioni antiebraiche”.Se tempestivamente avvisatidalla retata nel ghetto, mol-ti ebrei romani avrebbero po-tuto salvarsi. I documenti segreti della Ciaaggiungono notizie inquie-tanti alla storia dell’Olo-causto. Tanto più gravi risultano itentativi, pure in atto, di can-cellare o quanto meno disdrammatizzare quelle pagi-ne della storia. Non solo grup-pi di neonazisti, ma anchestorici della corrente cosid-detta “revisionista” tendonoa sostenere che tutta la sto-ria dei campi di sterminio edei forni crematori sarebbefrutto di esagerazioni, nono-stante la sterminata e docu-mentazione sull’orrore dell’O-locausto. Lo stesso regista Spielbergcon il suo film “Schindler’sList” ha provveduto a docu-mentare in forme magistralile cupe pagine di quell’in-ferno. È importante, però, nonabbassare la guardia. L’avere assegnato quest’an-no il tema sull’Olocausto airagazzi della maturità è me-ritorio proprio perché con-tribuisce in maniera rilevan-te a tenere viva la memoria.

raccontato tutto dell’Olocausto.Abbiamo perso otto parentinell’Europa dell’est, ma nonabbiamo mai saputo quandoperché sono morti nei paesi incui i tedeschi non tenevanoconti accurati. Papà, mamma,i nonni non facevano altro cheparlarne. Sono stato allevato nell’odioper Hitler e i nazisti, e quan-do è cominciata la produzio-ne di “Schindler’s List” eroancora pieno di rabbia.Ho fatto quel film per la gen-te che non sapeva nulla dellaShoah, soprattutto per i gio-vani. Nei licei americani soloil 23% degli studenti ha sen-

tito parlare dell’Olocausto; unaltro 23% crede che sia im-possibile, che non sia mai suc-cesso; il 60% non conosce nem-meno il significato del termi-ne Olocausto. È incredibile quanta ignoran-za ci sia nel mondo su un fat-to tanto orribile. Con iniziati-ve come questo tema, i politi-ci italiani che si occupano dieducazione hanno fatto un bal-zo in avanti verso il raggiun-gimento dell’obiettivo della co-noscenza. Io li ringrazio a no-me mio, dei sopravvissuti e deimilioni che non sono soprav-vissuti. Vi siamo debitori.

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Torino - Un efficace percorso narrativo

Quei treni... “viaggio” nella perdita dei diritti umaniAlla stazione ferroviariaTorino-Ceres, si è svolta laprima rappresentazione del-l’iniziativa “Deportazione:viaggio nella perdita dei di-ritti umani”. Un percorso neiluoghi e sui temi della se-conda guerra mondiale e del-la Resistenza, organizzato dalComune e dalla Provincia diTorino, con la collaborazio-ne dell’Istituto piemonteseper la storia della Resistenzae del Comitato di coordina-mento fra le Associazioni del-la Resistenza in Piemonte.Folta la presenta alla mani-festazione, articolata in unpercorso narrativo condottodall’attore Max Sbarsi suldramma della deportazione,stimolando la riflessione suquel lento processo di nega-zione dei diritti umani, checulminò con il periodo in cui,come qualcuno ebbe a dire,“la pazzia entrò nella storia”.

L’antifascismo, la Resistenza(in Italia e in Europa), le du-re condizioni sociali della pri-ma metà del Novecento, laseconda guerra mondiale, ladeportazione nei campi na-zisti: questi alcuni degli ar-gomenti di un lungo percor-so storico, che suscitano vi-vo interesse tra le giovani ge-nerazioni. E una conferma si è avuta re-centemente a Catania, da in-contri e dibattiti con la par-tecipazione, in particolare diNunzio Di Francesco, in rap-presentanza dell’Aned ed exdeportato. Un gruppo di stu-denti del liceo classico diCaltanissetta, giunti a Cataniain pullman, si sono incontrati,

La scenografia: un treno usa-to per i deportati fermo suibinari, con alle pareti deglisquallidi carri bestiame im-magini della follia che ha in-vestito l’Europa e in parti-colare dati, scene e localiz-zazioni della deportazione.Oltre quarantamila gli italia-ni fatti partire con questi con-vogli per essere rinchiusi nel-le centinaia di lager di ster-minio.

L’iniziativa ha dato luogo avisite di scolaresche accom-pagnate dagli insegnanti, contre turni quotidiani per un to-tale di circa 1000 studenti. Ivisitatori dopo l’illustrazio-ne ricevuta intorno al treno,erano accolti, ad ogni turno,nella vecchia sala d’aspettodella stazione, da un super-stite che ha commosso ed in-teressato i ragazzi con la pro-pria testimonianza, rispon-

dendo alle innumerevoli do-mande di una platea attentae partecipe.Il giorno inaugurale AnnaCherchi, sopravvissuta diRavensbruck, ha portato unatoccante testimonianza: dal-l’arresto in quanto staffettapartigiana alla carcerazionealle “Nuove”, dagli interro-gatori presso la famigeratacaserma di via Asti, al suointernamento nel campo diconcentramento per un pe-riodo di oltre 15 mesi. “Paradossalmente - ha detto- è proprio in quel campo cheabbiamo imparato quanto lavita sia importante e meritidi essere vissuta e riscoper-to il grande valore della so-lidarietà. Purtroppo oggi si va perden-do la coscienza di ciò che èstato, ma noi vi diciamo diricordare perché sia rispar-miata alle future generazio-ni quella spaventosa folliache vide uomini privati da al-tri uomini dei loro più ele-mentari diritti umani”.

Dario Segre(vice presidente nazionale

dell’Aned)

Incontri e dibattiti con l’Aned

Catania: in parrocchia la storia del Novecento

per una intera giornata festi-va, con Di Francesco per “rac-cogliere” la sua testimonian-za e farne argomento di di-scussione nella loro scuola.Sempre a Catania, Di Fran-cesco invitato dalla parroc-chia Maris Stella nella zonaresidenziale del lungomare,è stato accolto da moltissimigiovani, studenti, operai e ar-tigiani. Temi: la vita socialedella prima metà del Nove-cento, il regime fascista, leguerre e la deportazione. Ilparroco, don Carmelo, ha sot-tolineato l’eccezionalità diuna giornata vissuta anche nelricordo dei martiri della li-bertà. Ad essi tutti i presen-ti, mani tra le mani, hanno

dedicato le loro preghiere. ACatania, presso l’aula magnadel liceo scientifico “BoggioLera”, si sono incontrate nu-merose classi di studenti in-teressati alla storia delNovecento. Al convegno (di cui con ilpreside è stata animatrice laprofessoressa Cantaro) han-no partecipato Di Francescoper l’Aned e Sortino perl’Anpi. È stato invitato il prof.Rosario Mangiameli, dellafacoltà di scienze politichedell’ateneo catanese. Studenti e docenti, hanno de-ciso di ripetere ed arricchi-re l’iniziativa il prossimo an-no, anche con l’allestimen-to di una mostra.

Commemorati a Busto Arsizio i deportati della “Comerio”I deportati della Ercole Comerio di Busto Arsizio (Varese)sono stati commemorati nel corso di una manifestazione nelsalone del Museo tessile. Facevano parte della Commissioneinterna clandestina della fabbrica. Arrestati il 10 gennaio 1944,vennero prima trasportati nel carcere di S. Vittore e, succes-sivamente, trasferiti nel campo di sterminio di Mauthausen,da dove non fecero ritorno.

Giorni e orari per le visite al lager di DachauIl Comitato internazionaledi Dachau informa che ilmemoriale ed il museo dellager sono visitabili ognigiorno, tranne il lunedì. Ladirettrice e conservatricedel museo e del centro didocumentazione, è ladott.ssa Barbara Distel cheparla il tedesco, il france-se e l’inglese. La dott.ssaGabriella Hammermann delcentro parla perfettamenteanche l’italiano. Per unavisita collettiva, informa-re la direzione anche te-lefonando direttamente al-lo 0049-8131-1741. È possibile prenotare laproiezione di documenta-ri su Dachau in lingua ita-liana.

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Profondo cordoglio ha susci-tato la morte di

Michele Peroni

avvenuta a Schio (Vicenza)nel maggio scorso. Peroni, exdeportato a Mauthausen, èstato per molti anni vicepre-sidente nazionale dell’Anede presidente della sezione del-la sua città.

Il presidente dell’Aned sen.Gianfranco Maris, ha inviatoai familiari un commosso mes-saggio: “La notizia della mor-te di Michele Peroni - scriveMaris - amico e compagno del-la Resistenza e della deporta-zione politica nei campi di an-nientamento nazisti, mi riem-pie di tristezza e mi richiamatutti i ricordi di una lunga e af-fettuosa dimestichezza e delcomune impegno per mante-nere vivi i valori della guerradi Liberazione nella società dioggi e come guida per il futu-ro degli uomini di domani.L’Associazione nazionale exdeportati politici partecipa conaffetto e con cuore fraterno aldolore della famiglia.”

L’Aned di Prato ricorda conaffetto

Giulio CalamaiWalter Fiorello Conforti

Martino Gacci

deceduti nel marzo scorso, tut-ti ex deportati nel campo diconcentramento di Ebensee.

L’Aned di Schio (Vicenza)esprime il proprio cordoglioper la scomparsa di

Severino Grandelis

ex deportato nel campo diBolzano (matricola 5126)

L’Aned di Ronchi deiLegionari partecipa con cor-doglio alla scomparsa dellacompagna

Wilma Tominez

ex deportata ad Auschwitz eChemnitz.

Wilma ci lascia, non la rive-dremo più nelle nostre riu-nioni che frequentava, sep-pure con fatica nonostante legravi condizioni che avevanominato la sua salute, già du-ramente provata all’indoma-ni della Liberazione.Wilma era cresciuta in una fa-miglia antifascista e aveva pre-so parte attiva alla Resistenza.Fu nell’adempimento di unamissione a Trieste, affidataledall’intendenza “Montes”, chevenne arrestata dagli sgherridella banda Collotti e sotto-posta a durissimi interrogato-ri e a torture nel bunker dipiazza Oberdan. Infine vennedeportata. Ai primi di maggiodel 1945 fu liberata a Leit-mertz dall’Armata rossa.Ai familiari va la partecipa-zione accorata delle Associa-zioni della Resistenza, dell’An-pi, dell’Aned e del partito, neiquali Wilma ha profuso la suaattività in tutti questi anni.

La sezione Aned di Milano ri-corda con dolore la scompar-sa di

Marco Abruzzese

di 86 anni, avvenuta il 5 giu-gno scorso. Dopo una lungadetenzione nel carcere mili-tare di Peschiera del Gardanel 1943 aveva subito per dueanni la deportazione a Dachau.

La sezione Aned di Milanoannuncia con dolore la scom-parsa di

Innocenzo Verri

avvenuta il 24 febbraio scor-so. Nato a Nizza Monferrato(Asti) il 9 giugno 1926, ave-va subito la deportazione nelcampo di Bolzano.

La sezione Aned di Torino an-nuncia con profondo cordo-glio la scomparsa dei soci

Bice Mattiotto

il 10 ottobre del ’99. Era sta-ta deportata a Ravensbruckmatricola 44149.

Agostino Meda

il 31 gennaio 2000. Aveva su-bito la deportazione a Mau-thausen (matricola 58981).

L’Aned annuncia con dolorela scomparsa di

Eugenio Esposito

di anni 75, di Appiano Gentile(Como). Dopo una detenzio-ne nel carcere di S. Vittore,era stato deportato a Bolzanoe, successivamente a Flos-semburg (matricola 21587) eDachau (matricola 116355).

È scomparso il 1° aprilescorso

Paolo Bertola

deportato a Buchenwald. Loricorda con dolore la sezio-ne Aned di Milano. Era na-to a Arcene (Bergamo) il 21agosto 1910.

L’Aned di Milano esprime ilproprio dolore per la morte di

Alvaro Di Cesare

di 83 anni, il 28 giugno scor-so. Era stato deportato dal 1° no-vembre 1944 alla Liberazione,nel campo di concentramen-to di Dora.

Il 15 giugno scorso è morto

Maurizio Gallucci

di 78 anni. Era stato deporta-to a Dachau (matricola142690). L’Aned esprimeprofondo cordoglio.

La sezione di Torino annun-cia con profondo cordoglio lascomparsa dei soci

Achille Vignolini

deportato a Mauthausen (ma-tricola 126485) deceduto il 26marzo scorso

Aldo Gallico

deportato a Bolzano (trian-golo giallo senza numero) de-ceduto anch’egli in marzo

Mario Colombo

deportato a Mauthausen (ma-tricola 57070) deceduto il 7maggio.

I NOSTRI LUTTI

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Un muro alto,e il filo spinato

percorso da corrente elettrica.Qualcuno vi disse

che forse sareste ritornati

a casa e in libertà,ma vi toglievano i vestiti

e vi mandavano alle doccee vi davano solo il gas

e gettavano i vostri corpinei forni crematori.

Con voi sono stati crudeli,e mai forse

si riuscirà a capirecome hanno fatto

a pensaredi annullare la vita

e di adorare la morte.

Lorenzo Stolfi

Mauthausen è tutto un monumento.

Al generale russo,diventato una statua di

quello.

Ai morti;con il nome.

A quelli uccisi e nonregistrati.

Ora siamo nei poveri localidelle docce.

Cristina Santi

Qualcuno si ribellòe trenta deportati

morirono in battagliacon le SS per salvare altri

compagni nel campodi concentramento.

Le SS sono corpi speciali,quando arrivavano i deportati

sui carri bestiame,per smistarli

li mettevano nella piazzanudi

qualunque fosse il tempo.Prendevano i vestiti e liusavano come oggettie li facevano diventare

solo un numero.

Daniele Cavallari

Prima c’eranomilioni di persone

ora ci siamonoi soli.

Fa venire i brividi,sembra solo semplici docce,

ma 50 anni fanon erano così innocue.

Cosa si saranno detti duedei 50 prigionierinelle camerate?Se non capivano

le linguedi ognuno,

se non capivanoil perché di questo orrore silenzioso....

Lorenzo Calamai

Se la tristezza e la solitudinefossero un mistero,

Mauthausensarebbe il più grandemistero del mondo.

Se la rabbia, la paura,fossero una bomba,

distruggerebbel’ipocrisia e la falsità

della gente.La cattiveria di quellagente che ha creato

Mauthausennon si puòmisurare.

La voglia di viveredell’altra gente

non si può cancellare.Uomini, donne,

pedinedi un gioco crudele,

i cui giocatori sono avididi potere

hanno sete di sangue.

Ilaria Giachetti

I nostri ragazzi

Ho partecipato, insieme a Roberto Castellani,ad un viaggio dal 5 al 10 aprile 2000,attraverso i percorsi della memoria che da Ebensee ci ha portato a Mauthausen fino a Praga.L’iniziativa, organizzata dall’Istituto Statale “L. Bartolini” di Vaiano (Prato) ha visto coinvolti 20 ragazzi della 3 C.

Mille sensazioni in u

Alla fine del viaggio sono state redatte queste belle poesie,che ritengo opportuno inviarvi al fine di un’eventuale pubblicazione sulla vostra rivista.

Vania Fiondi

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Da un triangolo coloratosi può riconoscere

un uomo?A Mauthausenvi siete ritrovati

uominitrattati come animali,

di razze diverse,sfruttati,

malnutriti,e alla fine leggeri

come un bambino.Se quando siete arrivati

parlavate linguediverse,alla fine

avete imparatouna sola lingua:quella del doloree della difficoltà

tra i popoli.

Ivan Nocera

Il campo è fattoda grandi pietre,

le portavano sulle spallei deportati

come la croce.Ecco il dolore

di vivere per morire.Non si sapevain quale giorno,

con la divisa a strisce

con la pioggia,con la neve,con il sole,

d’estateo d’inverno,

soli o con il compagnodi letto,

trovato lìche veniva da chissà

dove.Non riesco a capire

la crudeltàdi chi ha inventato

questo gioco di morte.

Lorenzo Vianello

Non fate passare i prigionieri:tu, generale di ghiaccio,

li guardidalla tua statua bianca.

L’acqua bollente dalla docciascotta

la testa e le spalledei prigionieri.

Quella fredda penetra nelle loro ossa:

perchétagliate a pezzi i cadaveri

e li bruciatenei forni rossi e marroni?

Mi fa paura la camera a gase anche i triangoli rossi,

verdi, marroni;le stanze dove dormivano i deportati,

la scala della morte.Ho paura dell’ululato

dei cani,e di quel verso che imita

il loro abbaiare.Il pungiglione colpiscela testa dei prigionieri.

Giulia Chelli

Si comincia con una piscinadove facevano il bagno

le S.S.Poi i fili spinati e i

muri altie solidi;

si entra come in una chiesa,ma questo è il luogodove sono stati uccisi

uomini e donne.Ma non c’erano delinquenti,

ma non erano pericolosi.Dormivano,

camminavano,cadevano,

come si vede nei disegniche parlanodelle torture.

Qui tuttoè molto tristee purtroppo

le cose che sistudiano

sono vere.

Laura Mazzoni

I campi di concentramentocosa sono?

sono quelli dove sono stati ammazzaticentinaia, migliaia di persone

deportate.Le loro anime volano

come coriandolinel vento e nel silenzio.

Le celle, le camere a gase molte altre cose

fanno sentire la vita dolorosa.Anche oggi quando piove

sentiamo il respiro delle animedi uomini innocenti

che hanno finitola loro vita

a Mauthausen.

Sandro Martini

La prima violenza eraquando vi tagliavano i capelli.

Ecco la via del paradiso:per i vostri torturatori

c’è l’inferno delle tenebreilluminati dalle

fiamme della loro ira.Adesso voi riposate

in pacesopra di voi il vento gelido

che spazza la collina.Penso alle donne

che hanno vissuto inquesti luoghi,

umiliate e maltrattatedai nazisti.

Penso a quei corpiche bruciavano

nei forni,e voi uomini della

morte.Il peso del rimorso perseguiterà i vostri

aguzzini.

Martina Princiotta

na manciata di versi

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L’odore del ricordo avvolgela mente

di un sentimentosconosciuto.

Dove il “kapò”guardava soffrire

al muro del pianto,sono passata anch’io;

per la prima voltaho calpestato

quei luoghi dove,migliaia e migliaia

di deportatisono stati uccisi;

ho provatouna forte sensazione

sono passatodal luogo dove il kapò dominava

la piazza dell’appello.Ho provato

un senso di disgustoper chi

ha trattatouomini e donne,

come foglie secchee inutili.

Emanuele Conti

Mauthausencredere,sperare.

Chi ha creduto, sperato,

raccontato.Lacrimeversate

su stradedi fortuna.Soffrire,

ma capiree dimostrarecon parole,

sguardi,preghiere.Impedire

l’odio.Ancora,tuttora.

Chiara Ottanelli

Anche le SStenevano un diario.

A cosa serviva?Certo non per scrivereche avevano ucciso,

che avevano ingannato,che avevano camuffato,

le docce in camere a gasche avevano torturato,che avevano rubato,

la vitae che volevano spengere

ognipiccola speranza

del domani.

Elena Giolli

Le doccebuie,

tenebrose.Le camerate

oggi vuote, maieri piene di uomini

terrorizzati.La scala della morte,ripida ed inumana;

il piazzale, vuoto oggi

ma ieri pienodi gente innocente.

Arrivati col trenodel terrore,

morti di stanchezza,e di dolore

che si gettavanoper terra per

togliersi l’arsionedella pasta di acciughe.

È un inferno,ma vale un paradiso.

Stefano Magni

Ho fame,ho sete,

ahi!

Fabiana Randazzo

Io a Mauthausenc’ero già stato,

ma questa voltaho capitopiù cose,ho capitocos’era

la scala della mortecon la neve,

con gli zoccoli,con un sasso dietro la schiena

e con i kapòche picchiavano

e li chi casca muore

e quella scalanon è di cristallo.

Francesco Colzi

Primale baraccheerano nere;

e c’eraghiaia,

sapevanodi morte.La pelletatuatae i denti

d’ororubati.

Ma perchéc’è stato questo odio?

Francesca D’Angelo

C’è una specie di chiesadove tutte le religioni

possono entrare insiemecome nelle celle.

Diciassette per ognunatanti insieme

come nelle camere a gas,come nella scala

della morte,come nel dolore

del campo di concentramento,insieme,

gentedi tutte le nazioni

portate quida tutta l’Europa

per oscurare la loro vita.

Laura Elmi

I nostri ragazzi

Mille sensazioni in una manciata di versi

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Dal 25 aprile scorso l’elenconominativo di 8002 deportatiitaliani a Mauthausen è di-sponibile online sul sito Internetdell’Aned. Dalla fine di giu-gno, poi, sono online anche inomi di 10.381 nomi di de-portati a Dachau, il campo cheseminò più vittime tra gli ita-liani. Prende corpo, insomma,il Grande Libro della Depor-tazione Italiana: un documen-to che manca da oltre mezzosecolo, e che ora, grazie so-prattutto all’impegno di ItaloTibaldi, sta finalmente per ve-dere la luce. Tibaldi in alcunicasi ha condotto praticamenteda solo questa eccezionale ri-cerca (è il caso di Mauthausen,per esempio, frutto di quasimezzo secolo di impegno); inaltri sta portando a compimentoil lavoro di documentazioneavviato da altri, tra mille dif-ficoltà. Nel caso di Dachau nonsi può ricordare il prezioso la-voro di ricerca condotto daGiovanni Melodia già nei gior-ni della liberazione del cam-po, e poi, in anni recenti, diMirco Camia, di Gianfranco eIvano Mariconti. Il risultato èche negli elenchi della sezio-ne Aned-Ricerche si stannouno dopo l’altro allineando ol-tre 40.000 nomi (con i relati-

Affiora prepotente nella rete il fiume del dolore e della memoria

Il nostro sito Internet completa la serie di elenchi

vi numeri di matricola!) di de-portati italiani. Un elenco cheporta fuori dall’oblio migliaiadi storie e di drammi indivi-duali, e che fa del sito dell’A-ned lo scrigno prezioso dellamemoria di un pezzo signifi-cativo del Novecento.La pubblicazione della lista diMauthausen ha portato al sitoInternet un autentico boom dicontatti: per la prima volta gliaccessi mensili al nostro sitohanno sfiorato (ad aprile) e ad-dirittura superato (a maggio)l’importante soglia dei 100.000visitatori. Un traguardo ancora impen-sabile solo pochi mesi fa (siricordi che ancora nell’ottobrescorso eravamo a 19.000!) cheproietta ancora di più la nostrainiziativa tra le più importan-ti in assoluto in campo inter-nazionale tra quelle che si oc-cupano della storia delNovecento.La pubblicazione degli elen-chi dei deportati italiani ha su-scitato vasto interesse ancheda parte della grande stampae degli organi di informazio-ne radio-televisivi, contribuendoanche in misura determinanteal successo della campagna dicomunicazione attorno al no-stro congresso di Mauthausen.

Ma forse l’aspetto più impor-tante di questa esperienza è da-to dall’enorme numero di let-tere che sono giunte all’Anedda parte di congiunti, amici econoscenti di ex deportati, vi-vi o deceduti. Si è aperto undialogo con centinaia e centi-naia di persone, la grande mag-gioranza delle quali ha sco-perto per la prima voltanell’Associazione un interlo-cutore importante per rico-struire una porzione significa-

tiva della storia della propriafamiglia, o della propria co-munità.Noi abbiamo infatti accurata-mente evitato che i nostri elen-chi, popolati per nove decimidi caduti nei lager, potesserofinire per caso sui computer dichiunque. Abbiamo voluto chela consultazione di quei nomifosse il risultato di un atto divolontà, di una scelta consa-pevole. E così abbiamo chie-sto a chi fosse interessato di

domandarci una autorizzazio-ne, fornendo i propri dati ana-grafici. In poche settimane cisono piovute oltre 500 letteredi figli, vedove, nipoti, amicidi deportati. Alcune scarne, al-tre dettagliate, altre ancora par-ticolarmente commoventi.Lettere di persone di tutte leetà che in quegli elenchi cer-cavano non solo notizie di uncaduto o di un superstite, maanche il filo della propria iden-tità familiare, un brandello distoria privata nel quale rico-noscersi, oggi che la vita sem-bra condurre tutti verso unaappiattente massificazione, inuna indistinta uguaglianza di“consumatori” senza persona-lità propria e senza storia.A decine, a centinaia ci han-

no chiesto di aiutarli a rico-struire quella porzione del lo-ro passato: una richiesta for-te, che ci parla della tensioneche migliaia di familiari di de-portati vivono oggi, in questomesto cambio di secolo, pen-sando alle vittime dei lager.Sembra impossibile a tanti an-ni dalla fine della guerra, madecine di persone hanno tro-vato solo nei nostri elenchi ladata della morte del loro con-giunto, il nome del campo incui finì i suoi giorni, i nomidegli italiani che erano con lui:spezzoni di storie individualiche insieme compongono unadelle pagine più tragichedell’Italia del Novecento. Una storia che ancora nessu-no ha scritto.

In quelle lettere, scritte in gran-dissima maggioranza da fa-miliari di deportati (figli, ni-poti, generi, bisnipoti), io ve-do però anche il segno di unadisattenzione: quante energie,quante passioni, quante emo-zioni, quanti ricordi la nostraAssociazione ha via via tra-scurato, lasciando che si di-sperdessero in mille solitudi-ni. La scelta di non associareall’Aned i giovani – questa èla mia personalissima valuta-zione - ha finito per farci sfug-gire persino i familiari dei no-stri compagni caduti. Genteche pure – le lettere sono lì adimostrarlo – ha conservatonel fondo del cuore un postodi riguardo a questo pezzo distoria. E che anzi ancora cer-ca in quella storia una confer-ma di una propria identità at-tuale.Un movimento sotterraneo, chescorreva in tutti questi anni inprofondo, come un fiume car-sico, e di cui noi ignoravamo

persino l’esistenza. Fino chenon è emerso, prepotente, nel-le scorse settimane, per e-mail. C’è in questa dinamica un chedi simbolico: una vicenda an-tica, un dolore che molti ne-gano, una memoria che talunivorrebbero superare e dimen-ticare, che emergono grazie alpiù moderno dei grandi stru-menti di comunicazione di mas-sa, lo stesso che i giovani ditutto il mondo utilizzano pergiocare, per studiare, per co-municare con i loro coetanei.Il nostro sito Internet non è piùquindi solo un canale di co-municazione a senso unico (uncanale importante, che ha rag-giunto a maggio oltre 80 fa-coltà universitarie italiane e in-ternazionali), per diventare lasede di un dialogo, di un con-fronto tra amici di diverse ge-nerazioni. Un segnale di di-sponibilità e di attenzione chenon va lasciato cadere.

Dario Venegoni

Il grande numero di lettere alla ricerca di notizie...

...e alla ricerca della veritàsu questo pezzo di storia

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Aldo Carpi, il pittore

che dipinse l’infernoIl celebre regista americano Steven Spielberg, dopo aver pro-dotto “Schindler’s List”, ha stanziato cento milioni di dolla-ri per registrare su nastro le testimonianze di ogni soprav-vissuto alla barbarie dei campi di sterminio nazista ancora invita. L’Alta Corte di Londra ha condannato il “negazionista”David Irving definendolo un “razzista antisemita” che ha “ma-nipolato le prove storiche” sull’Olocausto. Ma è bene tutta-

via che risuonino le voci degli scampati e che, quando que-sto non è possibile, vengano conosciute, specialmente dai gio-vani, le memorie che i reduci dai lager ci hanno lasciato. Etra queste un posto di grande rilievo occupa il “Diario diGusen” di Aldo Carpi. Una nobile testimonianza della sof-ferta dignità e dell’irriducibile resistenza dell’uomo all’op-pressione e alla ferocia. Il “Diario” di Carpi è probabilmen-te l’unico uscito da un lager nazista, scritto sfidando quoti-dianamente torture e morte.

Quella domenica a Mondonicotolano per avvisarmi: ‘Stiaattento! Ci sono là tutte leguardie, i fascisti coi mitra,eccetera, eccetera’, e alloraio, naturalmente, essendo ca-po di famiglia, sono andatoa casa.“Il bello è che erano venutiin tanti, c’era tutta la casacircondata ed erano armatidi mitra e rivoltelle come seavessero dovuto arrestare ilbrigante Gasparone. Avevanoperquisito tutta la casa cer-cando armi che non c’erano.Ricordo che quasi non vole-vano lasciarmi entrare. E ioho detto: ‘Scusate tanto. Sonovenuto qui da solo mentreavrei potuto tagliar la corda:

ero lontano abbastanza dal-la casa, no? Lasciatemi al-meno salutare la famiglia.’ Emi han lasciato salutare laMaria e io le ho consegnatoil mio portafoglio dove nonc’era neanche un centesimo.Poi ho fatto il segno dellacroce con la Maria e mi han-

no portato via.” Inizia così,in una piccola frazione fra lecolline di Olgiate Calco,dov’era sfollata da Milano lafamiglia Carpi, in una do-menica invernale che parevacome tutte le altre, il dram-matico racconto del “Diariodi Gusen”.

“Mi ricordo che quella do-menica a Mondonico – era il23 gennaio 1944 – quandosono uscito di casa per an-dare in studio, ho notato chei cani che avevo allora era-no spariti tutti e due, e misono domandato il perché diquesto fatto; e così sono an-dato in studio e ho comin-ciato a ragionare tra me. Quando ho visto passare leautomobili dei fascisti sullasalita che porta al paese, hopensato che fossero diretteal mio studio e mi son det-to: ‘Sono loro’. Difatti era-no loro; ma hanno tirato di-ritto verso casa mia; da mein studio è venuto invece l’or-

La prima “lettera a Maria”Due giorni dopo l’arresto,Carpi scrive alla moglieMaria una lettera dal carce-re milanese di San Vittore. Èla prima lettera a Maria, l’u-nica che le sia pervenuta per-ché le altre, quelle scritte nellager di Gusen, furono amo-revolmente e pericolosamente

custodite dall’autore e for-mano la prima parte del dia-rio.La lettera, spedita clandesti-namente al fratello Umberto,è improntata ad ottimismoper cercare di rassicurare lamoglie e i figli sulla sua con-dizione di detenuto e sul suo

di Ennio Elena

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futuro, un ottimismo che però,purtroppo, sarà smentito daifatti perché poco meno di unmese dopo, il 20 febbraio,

Carpi viene deportato aMauthausen. E comincia co-sì il lungo viaggio nell’orro-re del campo di sterminio.

Carpi finisce al blocco del-la quarantena e successiva-mente, in aprile, dopo che unamico ha fatto sapere che èun pittore, viene trasferito alblocco 17 “dove c’erano al-tri pittori, francesi, jugosla-vi, cecoslovacchi, spagnoli,russi. Così mi hanno messoa dipingere un po’ e col la-voro ero un pochino più ri-spettato e mi davano da man-giare qualcosa in più, un po’di patate per esempio.”

Ma il miglioramento dura po-co perché gli altri pittori, cheerano detenuti da oltre dueanni, muovono guerra al nuo-vo arrivato. “Quando hannosaputo che ero professore dipittura a Brera”, rievocaCarpi, “mi si sono messi con-tro e così, ad un certo mo-mento, mi sono visto toglie-re il mangiare, e poi anche icolori. Un giorno ho visto ar-rivare sul tavolo del nostroblocco i colori che avevo por-

La “guerra” dei pittori

tato da Milano e ho detto:“Oh guarda, i miei colori!”C’era lì un mio collega pit-tore – non italiano, cecoslo-vacco – e ha detto: “Guardaun po’ il numero che hai.” Ioavevo un numero di cinquecifre – 53376 – e lui uno diquattro, e per di più basso,quindi aveva tre o quattro an-ni di lager più di me. E al-lora mi ha detto: ‘Qui il mioe il tuo non esistono, esistesolo il numero.’ La vita era

così. Bisogna notare che luiaveva una posizione fatico-samente conquistata e l’ap-parizione di questo pittoreitaliano gli aveva fatto te-mere di essere assegnato adei lavori fuori del campo equindi morire. Ma dopo laliberazione proprio quel pit-tore mi ha scritto da Praga:per sapere se ero vivo o mor-to. Gli ha risposto. ‘Vivo’,stavo bene, mi ero salvato;ciao!”

Gusen è stato definito “la piùtragica dipendenza del cam-po centrale”, e cioè di Mau-thausen.

Vincenzo Pappalettera nelsuo “Tu passerai per il ca-mino” scrive: “A quel Kom-mando destinarono oltre cin-

Gusen e i medici polacchi

Aldo Carpi con la moglie e il figlio Pinin.In queste pagine sono riprodotti alcuni disegni fatti durante la deportazione nel campo di Gusen.

Il DiarioIl “Diario di Gusen” è stato pubblicato per la prima vol-ta nel 1971 dall’editore Garzanti. Alla prima edizione neseguì una seconda sempre di Garzanti nei “Tascabili.”Nel 1993 è stato ripubblicato nei “Tascabili Einaudi” (325pagine, 18 mila lire) con la prefazione di Mario De Micheli,che già compariva nella prima edizione, e un’introduzio-ne di Corrado Stajano.

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quantamila deportati; alcunispagnoli affermano che cir-ca mille sono sopravvissuti,fra loro duecento italiani riu-niti dall’avvocato Albertini.”Carpi viene mandato a lavo-rare alla cava. La vita diventa insopporta-bile per un uomo che si av-vicina alla sessantina, chenon ha mai fatto lavori ma-nuali ed è indebolito dallesofferenze. I compagni cer-cano di aiutarlo come pos-sono. Luigi Caronni, un con-tadino di Saronno, quandolavoravano la terra e, rac-conta Carpi, “dopo un po’ ilbadile mi girava nelle mani”gli diceva: “Professor, el sta-

ga davanti a mi: el faga fin-ta de lavoraa.”Dopo una settimana di cavaCarpi non riesce neppure piùa stare in piedi. Lo aiutanodue medici polacchi, Ka-minski ed il chirurgo Go-scinski, dei quali diventeràamico. Lo ricoverano nelRevier, l’ospedale, dove vie-ne operato per rigonfiamen-ti sotto le ascelle e alle gam-be. E dall’ospedale non lolasceranno più uscire. “Lì aGusen, se non ci fossero sta-ti i medici polacchi, guai! Senon avessero preso affettoper me non tornavo più aMilano. Questo è sicuro”, ri-corda Carpi.

cieli sereni erano blu scuro.“Ho dipinto dei paesaggi ita-liani, a memoria; non avevoniente a cui ispirarmi. E sic-come sono piaciuti, è venu-to da me anche il capitanomedico delle SS HelmuthVetter che, in sostanza, conme è sempre stato gentile,

ma in compenso era respon-sabile della morte di tanti al-tri. A Vetter ho fatto due ri-tratti a olio. Mi parlava del-la famiglia, di tante cose; miha anche domandato una vol-ta: ‘Ma come mai l’han por-tato qui?’ Era strana una fra-se come questa, là.”

L’arte che salva la vitaAldo Carpi si salvò perchéera un pittore. Ha dipintomolti quadri per i suoi car-nefici, è stata una grande sof-ferenza. Ma era una via ob-bligata per non tornare allacava, per non morire distruttodalla fatica. “Un pittore aMauthausen”, ricorda, “ave-va fatto anche venti ritrattidi Hitler. Se me ne avessero ordinatouno, avrei dovuto farlo an-ch’io. Quando il capitanoHoffman mi aveva portato lafotografia di suo figlio, ungiovane di diciotto- vent’an-ni morto in un sottomarino,ne ho ricavato volentieri unritratto. Poi mi ha portato una foto-grafia della moglie e una diHitler e mi ha detto. “Scegli.”Io ho fatto il ritratto dellamoglie. Così mi facevano la-vorare e mi davano magariun po’ di latte; e mi procu-

ravano un certo rispetto, per-ché anche tra i deportati seuno era benvoluto dai capilo rispettavano, ossia non lopicchiavano; tutti davano bot-te, anche i deportati, era pro-prio una specie di giro in-terno di botte.”Il suo primo “committente”,mentre era ancora sofferen-te in ospedale, fu un sergen-te medico delle SS, HansGiovanazzi, che gli chiese didipingere qualcosa, non ri-corda bene Carpi, se per luio per un’altra SS.Naturalmente devono dotar-lo di una tavolozza, di un ca-valletto e di colori che, però,non sono “colori da pittore,colori da imbianchino, pol-veri. Io ho cominciato a me-scolarli con miscele di olio,un pasticcio. Non potevo fa-re il cielo celeste perchéquando mettevo il bianco colblu diventava viola. I miei

Le lettere non spediteLe prime due delle tante let-tere a Maria, scritte su fo-glietti recuperati nel servi-zio patologia dell’ospedale,sono del Natale 1944.C’è, naturalmente dominan-te, il pensiero della moglie edei figli lontani, intenso so-prattutto nell’atmosfera diquesto giorno particolare. Mac’è anche una profonda ri-flessione sulla tragedia deltempo attraversato: “Il miodestino fisico non è interes-sante. Più e più vedo l’ina-nità umana” scrive nella pri-ma delle due lettere “la be-stialità immanente e il dolo-re senza limite, e più sentoin me lo spirito universaleche abbraccia e conduce, larealtà tangibile dell’animaumana, il suo fatto solido-potenziale che brilla nell’o-scurità del soffrire”.Nella seconda, scritta la se-ra, c’è il tema dell’arte, del-la sua degradazione in mer-ce: “Dico che l’arte non la sipuò mettere alla berlina, per-ché sfuma appena la si toc-ca malamente, e la parvenzad’arte che rimane non è al-tro che pagliacceria e volga-re desiderio di lucro; è bot-tega, qualcosa di sacrilego.Pochi si salvano da questonaufragio: ma il tempo non

è sempre lo stesso, ritorneràil senno, e all’arte sarà re-stituito il rispetto morale chele è necessario per non es-sere malamente toccata.”Passa più di un mese e mez-zo prima che Carpi riprendaa scrivere alla moglie quel-le lettere non spedite perché,spiegherà dopo il ritorno aMilano, le “prime le avevoscritte semplicemente per sfo-go dell’animo.” Poi riprendea scrivere sfidando gravissi-me conseguenze: “Era un mo-do di pensare ai figli.”

Un lavoro forzatoSente il peso della sua con-dizione di prigioniero co-stretto a dipingere “cose chea loro interessino”, “altri-menti quel po’ di comodo chemi sono conquistato è per-duto, e per me vorrebbe di-re la morte.” Ma è anche que-sto, sia pure in forma infini-tamente più sopportabile del-la fatica alla cava, un lavoroforzato.“Invento paesi, scene, mari-ne e faccio ritratti da foto-grafie. Ho fatto pure qualcheritratto dal vero, ma ho sem-pre l’impressione di non es-sere pittore, di non esserlopiù, di essere già tanto in-vecchiato e appesantito, d’a-

Aldo

Carpi

Aldo Carpi, ma il cognomecompleto della famiglia èCarpi De’ Resmini, usatoperò quasi sempre solo ne-gli atti ufficiali, nasce aMilano il 6 ottobre 1886.

Dimostra una precoce pas-sione per la pittura e a do-dici anni diventa allievo delpittore Stefano Bersani; a di-ciannove, raggiunta la ma-turità classica, si iscriveall’Accademia di Brera.

Si diploma nel 1910 con ilmassimo dei voti nella scuo-la di nudo e due anni dopoespone alla Biennale diVenezia. L’anno successivoun suo quadro, “Dopo ce-na”, viene premiato e ac-quistato per la Galleria diPalazzo Pitti.Allo scoppio del primo con-flitto mondiale, benchè con-trario alla guerra, dopo lamorte al fronte di un cogna-to, chiede di partire. Inviato

in Albania inizia una seriedi disegni che spedisce manmano a casa. Durante unalicenza sposa Maria Arpe-sani. Riparte per la Serbia econtinua i disegni che rap-presentano il suo primo tra-gico ciclo sul vero, in cui laguerra è vista in tutto il suoorrore.A guerra finita nasce il pri-mo figlio, Fiorenzo, cui se-guiranno Pinin, Giovanna,Cioni (Eugenio), Paolo (che

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ver bisogno di un ricovero.Ma qui non si può riposare;e allora, come ognuno, an-ch’io compio la mia marcia,fortunata. Fortunata assai rispetto aquella d’altri compagni. Forsequalcosa di buonino ho fat-to, ma è tutto lavoro senzaquello sprizzo di fosforo li-bero che è il bello e il buo-no del lavoro. Manca l’ac-cento, quello strappo finalee poi; e poi? manca l’ispira-zione. L’ispirazione arriva al

pittore dal vedere, dal senti-re, dall’amare, dal capire,Quello che potrebbe ispirar-mi, qui, è la vita di qui; chepotrebbe ispirare dell’artecon la sua dolorosa e nonsempre dolorosa realtà: maquesta ispirazione sarebbetotalmente negativa per il miolavoro di qui. Nessuno vuo-le scene e figure del lager,nessuno vuol vedere ilMuselmann che è il tipo delvinto di qui, del giovane vin-to di qui.”

La nobile fatica di capire“Certo, guardando questoconglomerato di razza uma-na”, scrive in una lettera difine febbraio ’45, “si potrebbedare un giudizio un po’ di-sperante su di essa. Tuttaviaogni possibilità di azione quiè tolta: tutti questi uominisono stati strappati dal loroambiente e costretti ad un la-voro che è lontano dalle lo-ro capacità. Talora si pense-rebbe di dover incontrare unmaggior numero di mentielette e non solo dei ventrivuoti da riempire. Ma il ven-tre vuoto è una cosa terribi-le e, aggiunto al lavoro fati-coso tanto estraneo alla no-stra indole, spinge l’uomo,come ogni animale, a cerca-re cibo. E così pare che l’anima nonesista affatto, ma solo la for-za fisica e il cibo.”E sulla condizione del pri-gioniero affamato, sul pre-valere dello stomaco tornanei primi giorni di marzo:“Qui non si medita, la vitadello spirito è completamenteabolita e rimane vivo soltantoil richiamo dello stomaco.La mia vita più calma mi per-mette di pensare e talvoltaanche di leggere. Il mio stomaco non ha gran-di esigenze e perciò non miassorbe tutte le attività. Hocapito che la fame volonta-ria è eroica, sostiene un idea-le ed è quindi vita positiva,mentre la fame involontariaè deperimento avvilente edè vita negativa. Il corpo è unamacchina meravigliosa, mi-gliore di tutte le macchine diquesto mondo, ma deve es-sere tenuta in buono statoperché funzioni bene. Quando

il corpo si deprime e si av-vilisce, raramente l’animapuò parlare, può accentuarela sua voce. Oh Maria.”Ci sono in queste conside-razioni lo sforzo, la nobilefatica di capire, di sostituirela comprensione di una tre-menda condizione umana cheimpone bisogni primordialialla tentazione del disprez-zo per il “ventre.” Un branoche ricorda una massima diSpinoza tanto bella quantospesso difficile da applicare:Neque ridere, neque lugere,neque mirari, sed intelligere(non ridere, non piangere,non stupirsi ma capire)Difficile, soprattutto, da ap-plicare nella sofferenza dellager.

La nostalgiaC’è nelle lettere, natural-mente, la nostalgia della ca-sa lontana e insieme alla no-stalgia la preoccupazione perla situazione della famiglia.Scrive: “Lavoro, attendo epenso che verrà presto il gior-no in cui sarò chiamato al ri-torno.“Qualche momento di tra-sporto l’ho avuto: e sognareè bello: incontrarvi, rivede-re la casa, risentirne il pro-fumo, riposare dolcementefumando, bere una tazzina dicaffè. Discorrere, sentire mu-sica, parlare coi figli e congli amici. Nei primi tempiera sempre la casa diMondonico che mi appariva,con la sua strada fresca e dibel grigio, la sua corte e ilsuo orto, la nostra camera daletto, il salone, la sala di mu-sica e voi tutti dentro, io convoi gente viva.“Ma ora ritorno a Milano, al-

verrà ucciso in un lager) ePiero.Riprende in pieno il suo la-voro e nel 1930 gli viene as-segnata la cattedra di pittu-ra dell’Accademia di Brera.La vicenda dell’arresto e del-la deportazione è racconta-ta nel “Diario di Gusen” neicui disegni Carpi crea il se-condo terribile ciclo degliorrori della guerra soffertiin prima persona.Al ritorno a Milano viene no-

minato per acclamazione di-rettore dell’Accademia diBrera.Nella sua lunga e operosis-sima esistenza Aldo Carpi haottenuto numerosi e autore-voli riconoscimenti, ha par-tecipato a mostre in presti-giose gallerie di molte cittàitaliane ed europee e sue ope-re sono conservate in varimusei.Aldo Carpi muore a Milanoil 27 marzo 1973.

Il medico chirurgo polacco Goscinski, che aiutò il pittorestremato da una settimana di lavoro nella cava. Sotto prigionieri durante “il pranzo”.

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la nostra bella casa: chi sa?L’avrai potuta tenere? Chisa? Ma penso che la vera ca-sa sei tu con loro, dovunquesi sia, il nostro riunirci rico-stituirà il focolare e la vita.”Un pensiero incessante cheè, insieme, ansia, conforto,speranza e anche fiducia nelfuturo.

Tolleranza e pietàNelle pagine del diario nonci sono odio o desiderio dirivalsa, che pure sarebberocomprensibili. Ci sono tol-leranza e pietà.Il 5 giugno, quando il cam-po è stato liberato e può quin-di scrivere senza l’incubo del-le SS, annota: “Non sono na-to per far soffrire: pensavostamane a proposito di tan-te contingenze d’oggi che im-pongono alla giustizia l’usodella spada: E io riconoscoche non si può farne a menoe che la spada della giusti-zia deve condannare, taglia-re e giustiziare.“Ma non sono nato per far iogiustizia. Io stesso condan-no, nella mente mia, ma nonuso la spada: sento che nonmi appartiene, non è affaremio, nessuno mi ha nomina-to giudice e non ho quindi ilcompito e il dovere di farlo.Questo giudicare di oggi èun fatto che supera l’uomosingolo: è il popolo, l’uma-nità che lo compie, inevita-bile. inesorabile. È l’atto chi-rurgico, al termine di una gra-ve malattia, che salva il ma-lato, che ferma l’infezione,che disperde e consuma ilcontagio. Io non sono chi-rurgo, non sono medico, nontaglio e non faccio diagnosi.Giudico soltanto in me, in

rapporto a me stesso, a quel-lo che ho pensato e credutofermamente, a ciò che ho sen-tito come certezza nell’ani-ma mia.”Questo rifiuto di farsi giu-stiziere, pur sentendo profon-do il bisogno di fare giusti-zia, questo scrupolo che lesofferenze personali possanooffuscare la serenità del giu-dizio emerge dai ricordi diAldo Ravelli, definito il “ReMida della Borsa”, che diCarpi fu compagno di pri-gionia, dalla rievocazione diquello che successe alla li-berazione del campo: “Noideportati avevamo soffertomolto, al di là dell’immagi-nabile” annota. “Nonostanteciò non ci furono vendettegratuite. Nessuno toccò i mi-litari austriaci che avevanopresidiato il campo dopo lafuga delle SS, né la maggiorparte dei kapò. Ma un grup-po di loro, quelli che si era-no resi responsabili delle ne-fandezze peggiori, pagò du-ramente. C’era chi, comeCarpi, avrebbe preferito evi-tare giustizie sommarie. “Noinon siamo giudici sereni” di-ceva. Quei kapò vennero uc-cisi in circostanze dramma-tiche e io ritenni che fossegiusto… Carpi ne rimasesconvolto perché era consi-derato un buono ed era ve-ro.” Una bontà che induce lavittima alla pietà per il car-nefice, che gli impedisce, co-me peraltro sarebbe giusto ecomprensibile, di approvare,se non di partecipare, ad un’i-nevitabile resa dei conti, dicondividere un atto di giu-stizia che, nel profondo, sen-te, malgrado tutto, estraneoalle sue intime convinzioni.

“Quel qualcosa in più”: la fedeAldo Carpi si salvò a Gusenper tre motivi: perché pitto-re, peraltro condannato allasofferenza di fare i ritratti deipropri aguzzini; per la ge-nerosità di due medici po-lacchi; perché sostenuto dal-la fede.“Chi ha la fede ha qualcosain più” mi disse una volta unprelato aperto, illuminato,monsignor Luigi Bettazzi, al-lora vescovo di Ivrea, auto-re fra l’altro di una lettera aBerlinguer che ebbe una va-sta risonanza.Un’affermazione che, al mo-mento, può urtare la suscet-tibilità del non credente mache merita riflessione e del-la quale l’esempio di Carpiconferma la validità.Tutto il diario è permeatodella fede religiosa, la risor-sa alla quale attingere neimomenti più difficili.Il 14 febbraio scrive: “Il ri-sveglio del mattino è duro,ogni mattino l’inizio è duro;pure qui ho una gran fortu-na, dato che godo anche inquesto di una discreta libertàimpossibile e proibita quasia tutti. E ringrazio Dio delfavore che mi fa con la suaprovvidenziale guida, rin-grazio d’avermi dato questocarattere che mi permette dicamminare sulla Sua via insilenzio, a brevi passi; e disentirmi appagato di ogni co-sa, troppo appagato per il miomerito.”Qualche giorno dopo anno-ta: “Pregare non è sempre fa-cile; alle volte faccio una fa-tica quasi insormontabile: lamia mente, il mio cuore nonmi accompagnano; allora po-

“Prigioniero” degli americaniLiberato il campo, Carpi vie-ne trasferito a Regensburg.Gli americani gli prometto-no che resterà là due giornie poi tornerà in Italia. La so-sta, invece, sarà molto piùlunga.I due giorni diventano subi-to una settimana e cominciala richiesta di ritratti. Il pri-mo è per un colonnello.Certo, stavolta i “commit-tenti” non sono spietate SSma simpatici ufficiali ame-

co mi serve la volontà, devoabbreviare il mio religiosocammino e fermarmi al piùpresto. Miseria nostra. Pensoche tu preghi per me, e qual-cun altro ancora: resto cosìcompensato davanti a Dio.”Trova anche un Vangelo la-tino-inglese: lo possedeva unaviatore americano il cui ae-reo era stato colpito dall’an-tiaerea e lui si era lanciatocol paracadute. “Io l’ho vi-sto scendere sul campo al-largando le braccia” ricor-derà. “Era giovane. Quandoè arrivato sopra le basse ba-racche, le SS, tre colpi, l’han-no ucciso. Così e basta.”Sono atroci spettacoli comequesto che il 3 aprile gli fan-no scrivere: “Che Dio ci aiu-ti e ci difenda perché la mal-vagia superbia non abbia asopraffarci… Che il nostronemico non abbia il tempoper attuare i suoi disegni per-versi e che noi possiamo tor-nare in patria e a casa nostra.Siamo noi tutti malvagi dameritare di essere annienta-ti?” C’è la certezza che il ma-le non vincerà: “Non preva-lebunt, non potranno preva-lere.”E poi la preghiera che si fasolenne invocazione di ca-stigo per i carnefici e di li-bertà per le vittime: “Disperdio Signore i nostri nemici, li-beraci dalla sofferenza infi-nita, fà che la loro mente siconfonda travolta dalla pau-ra, che l’odio che nutrono di-venti bava di rabbia e li soffo-chi, che i loro occhi si otte-nebrino e le loro mani si pa-ralizzino e che a noi sia da-ta la chiara, buona libertà.”

ricani, però c’è la compren-sibile ansia di tornare a ca-sa. Scrive nel diario: “Potessifare un discorso così: ‘Va be-ne: io faccio questo ritratto,ma poi devo tornare a casa,è mio dovere civile e uma-no. Posso lavorare ma devoanche guadagnare qualcosaperché tornando a Milano ionon ho un soldo e la mia fa-miglia ne avrà quanti ne hoio, dopo tanti mesi che man-co e che sono inattivo.’ Come

Aldo

Carpi

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Conversando con Pinin

Pinin è il secondogenito del-la famiglia Carpi, scrittore eillustratore di tanti libri, so-prattutto per ragazzi. Nel dia-rio ricorre parecchie voltel’accenno a Pinin: “Pensotante volte a Fiorenzo allasua musica a noi cara e aPinin per la sua poetica astra-zione che diventava, poi, nel-la sua attività, distrazione,procurando a lui e a noi si-tuazioni non facili da risol-vere” scrive Carpi il 13 mar-zo. Pinin, poco prudente nel-la sua attività clandestina, ar-restato durante i 45 giorni diBadoglio e poi nel febbraiodel ’45 e scarcerato dopo unmese in seguito ad uno scam-bio di prigionieri.Pinin è il curatore del diario:ha registrato o stenografatoi ricordi del padre, ha redat-to i testi che completano lenote, necessariamente auto-censurate, scritte nel lager,che precisano riferimenti,chiariscono circostanze.La figlia Giovanna ha tra-scritto a macchina i fogliet-ti e Pinin in due anni, dal1968 al 1970, ha raccolto dalpadre ricordi e precisazioni.“Oggi non farei più quel la-voro” dice.Perché? “Perché allora eropiù giovane.” E la risposta fachiaramente capire la faticadi far ricostruire al padre que-gli episodi tragici, dolorosi,di rivivere emozioni così in-tense. Carpi non volle rileg-

gere nemmeno un foglio delsuo diario, precisa Pinin: nonsi sentiva in grado di farlo.E nei ricordi riaffiorano cir-costanze e personaggi dellagrande tragedia.Ci sono l’operaio AlfredoBorghi, dissenterico, con lasua ultima, straziante invo-cazione: “Carpi, damm debev!”; Luigi Caronni, il con-tadino di Saronno che lavo-rava con Carpi alla cava eche è morto perché finito alblocco degli invalidi dovepensava si sarebbe trovatobene, incurante dell’avverti-mento: “Vai via dal bloccodegli invalidi perché i tede-schi non li desiderano” e cheinsieme ad altri 600 prigio-nieri venne portato a moriredi fame a Mauthausen; unaspecie di sbandato, Masiero,“uno di quei giovani che gio-cavano con le tavolette a SanSiro: imbrogliava la gente….Mi diceva: “Professor, ch’elme tegna visin a lu.” Così mirifaceva il letto e io gli davola zuppa. Il momento in cuiè andato via mi ha detto:“Professor, me coppen!” Edifatti l’hanno accoppato:l’hanno portato a Gusen 2 el’hanno ucciso a bastonate”;il piccolo “bolscevico” Zu-carov, che carezza come unfiglio, angosciato dalla con-sapevolezza di non poterlosalvare.E nel diario ci sono alcuniritratti di deportati eseguiti

Cronaca familiareLa persecuzione nazista hacolpito la famiglia Carpi nonsolo con la deportazione diAldo ma anche, e soprattut-to, con l’uccisione del pe-nultimo figlio, Paolo.Arrestato con altri compagninel luglio del ’44 venne dap-prima deportato nel campodi eliminazione di Flos-senburg e successivamentein quello di Gross-Rosen. Fu ucciso pochi giorni pri-ma che il campo venisse li-berato dalle armate sovieti-che, quando aveva da pococompiuto i diciotto anni, conun’iniezione praticata daquello che veniva definito ilmedico del campo. Questi scappò, raggiunsel’Africa Centrale, venne brac-cato e durante la fuga si gettòin un fiume pullulante di coc-codrilli.“A mia madre” ricorda Pinin.

“non abbiamo mai rivelatoche Paolo era stato ucciso.Le abbiamo detto che era di-sperso da qualche parte.”Pinin rivela un episodio toc-cante. Qualche tempo addietro si èrecata a trovarlo una signo-ra che gli ha consegnato unalettera: era la dichiarazioned’amore che Paolo le avevascritto quattro giorni primadi essere arrestato. Lui aveva diciassette anni,lei sedici. Per tanto tempo haconservato la lettera, il ri-cordo di un ragazzo che l’a-veva amata e che probabil-mente pensò anche a lei pri-ma che la sua giovanissimavita venisse troncata dallabarbarie nazista. Un soffio di commoventegentilezza, per ricordarePaolo e tutti quelli come luimorti per la libertà.

durante la prigionia; moltidisegni di scene ed episodidel lager eseguiti poco pri-ma e dopo l’arrivo degli ame-ricani, ambienti e personag-gi del lager eseguiti dopo ilritorno a Milano. Pinin, leg-gendo il diario si ha l’im-pressione che suo padre, ol-tre che dalla fede religiosa,sia stato anche sostenuto daquella nell’uomo.“È vero. Mio padre ammira-va la grandi anime: Tolstoi,Tagore (e mostra un ritrattodel grande poeta fatto dal pa-dre), i grandi personaggi; di-pinse sei quadri dedicati allaLunga marcia di Mao. Oltrealla fede in Dio aveva unagrande forza morale, un gran-de coraggio.” Ricorre spessola preoccupazione per la vo-

stra situazione economica.“Naturalmente, tanto è veroche pensava che non avessi-mo potuto pagare l’affitto,avessimo dovuto lasciare lacasa di via De Alessandri equindi, arrivato a Milano,andò a casa del fratelloUmberto. E invece ce l’ab-biamo fatta. È stata moltodura ma ci ha salvato il fat-to che l’Accademia di Brera,ci ha sempre versato lo sti-pendio di mio padre; lo riti-rava un bidello che gli eramolto affezionato. Inoltre unaiuto ci venne anche da unagenerosa, rischiosa iniziati-va dell’architetto Buzzi cheorganizzò nel suo studio unamostra clandestina delle ope-re di mio padre e ci consentìdi vendere qualche quadro.”

avrai fatto Maria? Hai potu-to vendere qualche cosa?Qualcuno ti ha aiutato? O èstata una grande fatica?”Lo sistemano comodamente,sono gentili e simpatici ma,nota, “l’animo mio non ètranquillo: c’è un po’ di gang-sterismo in questo. Una spe-cie di sequestro di personafatto con tutti bei modi… Vabene, per dipingere ci vuoledel tempo, e i ritratti s’in-granano l’uno con l’altro: di-vento in certo modo una spe-cie di prigioniero a piede li-bero.” E in effetti un ritrattochiama l’altro: un colonnel-lo, un generale, una croce-rossina e intanto il tempo pas-sa, il pensiero del ritorno èdominante ma la permanen-

za a Regensburg si protraesino al 24 luglio quando ilmattino parte in auto con unufficiale e la sera arriva aMilano. La moglie non sa-peva niente. “In ogni modoquando sono arrivato a casa,la Maria era ridotta in unostato tremendo. Era magrasenza colore, aveva una gam-ba medicata. ‘Ma Maria, tusei stata nel lager!’ Poi hosaputo di Paolo. Noi viveva-mo nella speranza che tor-nasse, pareva impossibile chenon tornasse. Appena arri-vato ho contato i figli: 1, 2,3, 4, 5 e uno mancava.“Non mi è mai venuto inmente di continuare il dia-rio, non ho scritto più.”

MariaArpesani con il figlioPinin.

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Lettere a Triangolo Rosso

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Doveva essere un altro il giorno

della memoriaPorto nel mio spirito le più profonde, dolenti cicatrici perla strage degli ebrei e le sofferenze loro inflitte ad Auschwitz:vera catena di montaggio della morte. Mi sia lecito, quindi,esprimere il mio dissenso per l’unanime scelta della datadel 27 gennaio 1945, in cui l’armata rossa è giunta adAuschwitz, per rammemorare la fine di quelle sofferenze edi quelle stragi. Incancellabilmente radicata in noi l’imma-gine vista e descritta da Primo Levi: “Erano quattro giova-ni soldati a cavallo che procedevano guardinghi...”, e splen-didamente collocata in apertura a “La Tregua” di Rosi.Ma stragi e sofferenze non finiscono e anzi continuano informe nuove atroci: pensate alle marce della morte orga-nizzate dalle SS per trasferire i deportati da Auschwitz ai la-ger più lontani dal fronte di guerra. Ricordo gli arrivi aMauthausen dei sopravvissuti in dolorose condizioni per con-tinuare a soffrire, continuare a morire.Ditemi per favore cosa si festeggia il 27 gennaio: non erameglio il 5 maggio liberazione di Mauthausen, l’ultimo cam-po ad essere liberato? Non era meglio il 25 aprile che inItalia rappresenta la vittoria morale della Resistenza e l’ab-battimento del fascismo e della discriminazione razziale,obiettivi per i quali i partigiani (ed i deportati nei lager na-zisti) hanno combattuto?È spiacevole che si sia trattato di una scelta dall’alto, cheha trascurato di interrogare la cosiddetta “base”.Grazie

Bruno VasariTorino

Ricordo ancora conemozione quel

lontano anniversarioHo partecipato con alcuni sopravvissuti italiani in qualitàdi traduttore (Rai Televisione Italiana e Simon Wiesenthal)al 25° della Liberazione del campo di Mauthausen.A quel tempo ero giovane studente. Ricordo con particola-re affetto Vincenzo Pappalettera e il senatore Albertini; de-gli altri purtroppo non ricordo i nomi. Alloggiavamo al Dom Hotel di Linz e a distanza di tanti an-ni mi rendo conto che il fatto di parlare con il dott. Wiesenthaled essere testimone di tanti strazianti racconti era un avve-nimento (se così posso definirlo) che in quel momento “erapiù grande di me”. Chissà che non ci sia qualcuno che siricorda di me, tra i tanti sopravvissuti che ho conosciuto?Magari mi potete aiutare. Vi ringrazio anticipatamente.Cordialmente

Alberto GolderGolder Halm Contemporary Art GmbH

via S. Antonio 14 - 6600 Locarno [email protected]

P.S. Grazie per aver creato il sito www.deportati.it affinchénon vengano mai dimenticati gli italiani che sono stati ster-minati in nome di una ideologia e di un disegno mai total-mente estirpato. (È notizia di due giorni orsono che a Bernaè stato fondato il Partito nazionalista svizzero che si rifà alDspd Tedesco, e che senza mezzi termini ha dichiarato at-traverso uno dei fondatori di essere antisemita e prepostoalla difesa della razza bianca.

IT

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Una donna cerca gli italiani che

nel ’45 la salvarono

Mi occupo di documentari a Baltimora nel Maryland. Stolavorando con una donna sopravvissuta all’Olocausto, chevorrebbe trovare un gruppo di deportati italiani che le sal-varono la vita, dopo che lei fuggì dalla “marcia della mor-te” in Germania nel gennaio 1945. Questa donna, AliceCahane, è debitrice verso il gruppo di italiani che rischia-rono la loro vita per aiutare lei, sua sorella ed un’altra gio-vane (queste ultime morirono però nei campi).Lei non conosce i loro nomi. Sappiamo solamente che tuttoquesto successe a Gross Rosen, in Germania; non è il cam-po di concentramento, Gross Rosen è un piccolo paese; ioero lì, durante le riprese del documentario, che ho giratocon questa sorprendente donna. Si trova a circa 1 ora e mezza a sud di Berlino, non lonta-no da Cottbus, vicino al confine polacco. È molto impor-tante per Alice trovare qualcuno di quei “santi uomini”. Noiconosciamo solo la località, sappiamo che gli italiani lavo-ravano come schiavi per la Germania e che era la metà digennaio ’45. Avete qualche suggerimento, in modo tale cheio possa trovare questo anonimo gruppo di uomini meravi-gliosi? Ho appreso, atrraverso le mie ricerche, che esiste-vano 10.000 o più sottocampi e forse si trattava di uno diquesti.Esistono documenti e testimonianze che possono fornirci inomi degli italiani deportati in Germania come lavoratorisottomessi? Esistono elenchi riguardanti i luoghi dove i de-portati venivano inviati? Ci sono altri modi attraverso i qua-li trovare gli uomini che hanno salvato e cambiato la vita diquesta donna?Il mio scopo è fare un documentario sugli italiani che, du-rante un così difficile periodo della storia mondiale, fecerola cosa giusta aiutando gli altri. È una storia che ha biso-gno di essere raccontata.Grazie in anticipo. Io posso essere contattata tramite e-mail

[email protected] Arleen Weiner

Chiedo notizie dei miei compagni

di prigionia

Mi chiamo Alfio Battaglia, classe 1921, e sono un ex depo-rato politico arrestato dalla Gestapo a Verona nell’ottobre1944, e rinchiuso in una cella del Palazzo delle Assicurazionidell’Ina, insieme ad altri giovani. Alcuni erano veneti, ligurie lombardi.A Verona siamo rimasti circa due settimane, tra sofferenzee maltrattamenti. Poi dopo siamo stati trasferiti con un carro bestiame a Bolzanoal campo di transito, in attesa di essere mandati in un cam-po di concentramento oltre frontiera.Per fortuna, dopo qualche mese in quell’inferno di Bolzanomi portarono a Sterzing (Vipiteno) poiché la linea ferrovia-ria era distrutta dai bombardamenti americani.Il mio numero di matricola era il 1895 Triangolo Rosso, sep-pi che la mia destinazione era Auschwitz insieme ad altridue miei compagni.Sono trascorsi 56 anni dalla fine di quell’infausto periodo.Sarebbe mio desiderio poter contattare qualcuno che eracon me in quei tristi luoghi. Purtroppo non ricordo i nomi,quando rientrai in Sicilia nel traghettare fui derubato dellozaino dove avevo degli indirizzi ed altre cosette. Mi auguro,che nella vostra associazione, possa trovare qualcuno deimiei cari amici; e nella speranza di una risposta positiva,nel ringraziarvi, porgo i miei più cordiali saluti.

Alfio BattagliaVia Trapani n. 39

96015 Francofonte (Sr)tel. 095-7841323

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“Hai mai guardato un prato con gli occhi di una prigioniera?” Una manciata, un’altra ancora in tu

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Mangiare, mangiare... e durante

Gli sconvolgenti ricordidi Carola Cohn,una ebrea tedescadeportata a Terezin,poi ad Auschwitz e a Mauthausen

Ha scritto un libro di cuianticipiamo un capitolo

Poco più di un anno è passato da quando Pupa Garribba miha fatto conoscere Carola Cohn. Per la verità io e l’amicoCorazza la conosciamo con il nome di Carla Robitscer, iscrit-ta all’Aned. È ebrea, nata in Germania. A 15 anni viene de-portata con il padre a Terezin. Il 1° ottobre 1944 suo padreviene inviato ad Auschwitz e dopo pochi giorni anche Carlalo seguirà. Sfuggita alla camera a gas, viene evacuata inMauthausen. Quando si avvicinano i giorni della liberazione si trova conaltre 500 donne, a Lenzing, un Arbeitskommando femmini-le, situato in una industria tessile. Con le sue compagne vie-ne liberata il 6 maggio 1945. Dopo la liberazione è vissutain Israele e negli Stati Uniti. Oggi vive a Roma.Sollecitata dagli amici, dopo lunghi anni di silenzio, ha de-ciso di affidare la sua testimonianza ed il racconto degli an-ni del sonno della ragione ad un libro che sta scrivendo.Carla scrive in inglese, lingua che le è più conosciuta. Neho potuto leggere tre capitoli, di cui uno “Il prato” è statotradotto da Paola Del Re. Una lettura che mi ha sconvolto per il dramma vissuto daCarla e mi ha, al tempo stesso, colpito per la qualità di scrit-tura. Per questo motivo ho chiesto a Carla di potere pub-blicare su “Triangolo Rosso” il suo ricordo dei primi gior-ni dopo la liberazione. E Carla ha acconsentito senza alcunindugio. Al suo libro sono interessati editori americani e ita-liani.

Aldo Pavia

V erde, verde, nient’al-tro che sfumature diverde. Tutto intorno.

Erba forte, steli grassi e lu-centi. E ora, improvvisamenteè acqua, acqua trasparente.Quel prato mosso dal ventod’estate, come le onde delmare. Quelle piccole foglieturgide e fresche, così vici-ne al tuo viso, improvvisa-mente sembrano animarsi;nelle loro vene si può quasivedere pulsare la vita. Piccoleformiche si arrampicano in-dustriose su quegli steli, pon-ti nel loro cammino. Mondoaffascinante e pieno di pacein tanta frenetica attività.Caleidoscopio di verdi dai di-segni sempre mutevoli. E inquel mondo la ragazza siconfonde, diviene parte di es-so e perfino i grilli taccionosilenziosi di fronte a quel cor-po sdraiato nell’erba, tutt’u-no con essa.“Aspetta un attimo”. Quellavoce sgraziata, cattiva lace-ra improvvisamente quel lem-bo dorato di pace che le suemani stavano stringendo.Sembra venire da lontano ainterrompere il suo sonno.Era infatti scivolata nel son-no senza accorgersene e orasi rende conto che le voci chel’hanno all’improvviso sve-gliata appartengono a dellepersone che si trovano pocodistante. Ma lei non volevaessere disturbata nel doratoe verde rifugio del prato.“Ti ho detto di aspettare. Mettiquesto giornale per terra pri-ma di sederti altrimenti il tuovestito bianco si macchierà”.“Dammi quel sandwich. Tuprima a casa hai detto chenon lo volevi. Ora è mio”.Ciaf, ciaff... Uno strillo e unrumore di carta.

Evidentemente un pic-nic di famiglia. Ora èla voce del padre a far-

si sentire: “Smettetela di li-tigare. Tutti e due. Smettetela.

La mamma vi darà da man-giare”. Plop. Quello era il ru-more del tappo di una botti-glia. E la voce tace. “Mamma,lo volevo io quel cetriolo elei l’ha preso”.

Sembra che quando lepersone litigano i nominon esistono. Esiste so-

lo ‘lei’ o ‘lui’ su cui è più fa-cile scaricare la rabbia. Comepotevano litigare ora che fi-nalmente erano assieme, perquel solo giorno della setti-mana che vedeva tutta la fa-miglia riunita, senza più l’af-fanno quotidiano, circonda-ta da tanta bellezza. Comepotevano ignorarla. Eppureper loro sembrava non esi-stere. Sembrava fossero an-cora in città, fra il cementoprivo di quella bella natura,dove ora erano immersi.Eppure erano venuti qui a cer-carla per il loro pic-nic. Ladiscussione andava avanti oraper un motivo, ora per un al-tro, interrotta solo per ma-sticare o per un ostinato, om-broso silenzio.La ragazza si alzò senza guar-darsi attorno e si allontanòsul prato finché si sentì dinuovo al sicuro, lontana daquel mondo. Ma la brusca in-terruzione aveva fatto cessa-re la sua reverie e il sentirsitutt’una con quell’oasi di ver-de e così cominciò a pensa-re. Certo per quelle personeil suo prato non poteva ave-re neppure l’ombra del si-gnificato che aveva per lei:avevano mai guardato un pra-to con gli occhi di una pri-gioniera?

Lunghe code di donneemaciate, in file di cin-que per riga. File in-

terminabili allineate su unastrada polverosa. All’alba, altramonto, sempre su stradedi polvere. Uomini delle SSogni poche righe, con i lorocani da guardia, tenuti da cor-

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tta fretta: rappresentavano la sopravvivenza - Tra quelle foglie c’era qualche bella “bocca di leone”

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la marcia strappavamo l’erba

ti guinzagli, che cercavano difarle marciare in un ordineperfetto. Avanti e indietro daicampi di lavoro forzato cheerano stati loro assegnati.Se era al mattino, erano giàin piedi da ore, dalle tre, cac-ciate fuori dai loro ‘letti’, let-ti a castello a tre piani per seidi loro. I materassi erano sac-chi pieni di vecchi giornali.E questa era una fortuna, al-trimenti che cosa avrebberousato nelle latrine? Svegliatedal sibilo dei fischietti delledonne delle SS che urlavanodi fare in fretta: “Schnell”,“Raus”. Di corsa, fuori nel-le notti ghiacciate. Fuori perZaehl-Appell - l’appello dicontrollo. Appello riga per ri-ga, fintanto che tutti i nume-ri avessero risposto, per es-sere sicuri che tutti fosserostati chiamati.

A lba dopo alba, duran-te le grigie, buie oredell’alba. E ogni sera,

come se fosse ancora rima-sta loro un po’ di forza, ener-gia o volontà dopo il giornopassato.L’appello era seguito dalla“colazione”: liquido orrendodi colore scuro: caffè - ersatz- e forse un piccolo pezzo di“pane”, la razione giornalie-ra che consisteva, per la mag-gior parte, di segatura mistaa bucce di patate. Le urla di‘schnell’ accompagnate daisibili delle fruste delle SS chefendevano l’aria. Infilarsi al-la svelta le uniformi a righegrigie e blu, il berretto e cer-care gli zoccoli di legno chenon erano mai della misuragiusta e spesso spaiati, per-ché bisognava fare in frettaper l’appello. Spesso gli zoc-coli si mischiavano ed erameglio rimanere scalze piut-tosto che avere ai piedi duesinistre o destre, oppure unamisura troppo piccola o trop-po grande. Fuori in righe dicinque, file di cento control-

late dalle SS e dai loro cani.fame e stanchezza infinite,mentre il mattino avanzava ela luce si faceva più chiara.Così come la strada diventa-va più visibile. Era in arrivouna bella giornata, irreale do-po il terribile freddo inver-no.

La strada si snodava pol-verosa in mezzo a unprato fitto di erba do-

ve spuntava anche qualchebocca di leone, con i suoi fio-ri carnosi e freschi.Tutte loro cercavano il mo-do di camminare il più vici-no possibile ai bordi del pra-to. Più vicine all’erba verde.Aspettavano che gli uominidelle SS non guardassero ver-so di loro e allora si piega-vano svelte e strappavanoquanta più erba potevano.Alcune di loro se la mette-vano subito, avidamente inbocca masticandola mentrecamminavano; altre la na-scondevano sotto la giacca astrisce sperando di poter au-mentare il bottino. Se sol-tanto quei bastardi le aves-sero lasciate a raccoglierneancora un po’... invece mi-nacciavano di sparare se sol-tanto avessero fatto un pas-so fuori dalla loro fila. Questoveniva definito Flucht Versuch- tentativo di fuga - ed erapunibile con la morte. Ma lafame era più forte della pau-ra: che cosa mai poteva es-sere la morte a confronto conla loro sopravvivenza. Comesi poteva temere la morte,spesso così desiderata, se lasperanza di vivere era ormaisvanita. Se dovevano morireper una pallottola, probabil-mente non si sarebbero nep-pure accorte di morire. Sesoltanto non ti avessero tor-turato... lentamente... Meglionon pensare. No. Non pen-sare. C’è ancora dell’erba efra questa anche qualche bel-la bocca di leone. Il suo fio-

re così bello, così appetito-so.Quella mattina la SS che con-trollava la loro riga sembra-va essere diventato quasi de-cente: faceva finta di essereintento a guardare qualcosaall’altro lato della strada.Presto, presto le mani affer-ravano quell’erba preziosaper nasconderla dentro lagiacca. Ancora, ancora, mal’occhio è anche attento amantenere l’ordine della fi-la. Piccoli passi. Piegarsi ra-pidamente e rapidamentestrappare l’erba, tanta, quan-ta più è possibile, poi alzar-si, allungare il passo, velocianche se gli zoccoli di legnohanno formato piaghe ai tuoipiedi. Quelle foglie d’erbaforse erano state irrorate daicani... ma erano mangiabili,anzi sapevano di fresco, dimeraviglioso.

R appresentavano la so-pravvivenza, il nutri-mento. Un sapore che

una volta avevano tutte leestati. Ancora un’altra man-ciata. Forse domani non sisarebbe presentata un’altraoccasione e questa era la lo-ro unica opportunità per so-pravvivere. Se soltanto fos-se stato loro concesso un in-tero, lungo minuto per met-terne da parte abbastanza pernutrirsi per alcune ore.Mangiarla, nascoste nella la-trina.La giovane fantasticava di unprato... Tanta erba da man-giare. Mangiare, mangiareancora. Mangiare tutte quel-le belle bocche di leone sen-za paura. Bocche di leone pu-lite, fresche, raccolte nel pra-to, non sul bordo della stra-da. Che cos’altro poteva spe-rare?

E così i mesi erano pas-sati. Impossibile pen-sare all’inverno tra-

scorso: giorni, notti entram-

bi temuti. I turni di giornopaventati per la tanta stan-chezza dopo una notte di-sturbata dalle donne dei tur-ni di giorno che rientravano,dal rumore dei loro zoccolidi legno.

Le luci venivano acce-se un momento, perpermettere loro di cer-

care i pidocchi e le loro uo-va. Forse erano troppo stan-che per questa attività, manon sarebbero state in gradodi dormire affatto se non sifossero uccisi questi paras-siti che si cibavano del tuosangue e che lasciavano pun-ture infette che prudevano.Turni di notte, paventati per-ché era troppo buio per pie-garti rapidamente a racco-gliere tutta l’erba che pote-vi. Fame... Fame...Hai mai guardato un pratocon gli occhi di una prigio-niera?

A lcuni soldati america-ni aprirono un giornoquei cancelli. Le SS

erano fuggite. Erano LIBE-RE, LIBERE. Incredibile LI-BERTÀ. Un soldato lanciòuna pagnotta di pane: non fe-ce in tempo a toccare il suo-lo perché centinaia di donnesi precipitarono, le mani te-se, per afferrarla. Un muc-chio di corpi, braccia, mani.Erano ancora lì a cercare perterra briciole mischiate allapolvere.

Nel filo spinato di re-cinzione si era creatoun grande squarcio. La

ragazza lo attraversò. Guardòil prato aldilà della strada. Làc’era tutta quella bella erbaverde, fresca, pulita... lonta-no dalla polvere... stendersiin quel prato, immergersi,sentirsi una cosa sola con quelmare di verde... nasconder-si... Al riparo da tutto il mon-do. Finalmente al sicuro.

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Il libro di memorie di Teo Ducci

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Ripulire Berlinoanche dagli zingari

1938: un ordine di Hitler alla vigilia delle Olimpiadi

BIBLIOTECA

Nel 1938, alla vigilia delleOlimpiadi, Hitler ordinò cheBerlino, la capitale del glo-rioso Reich, venisse ripulita.Ripulita di tutto ciò che po-tesse renderla meno splendi-da agli occhi del mondo.Ripulirla, quindi, anche dellapresenza degli zingari. Per lo-ro si creò a Marzahn un cam-po di concentramento ove in-ternarli. E subito il professorRitter e la sua assistente EvaJustin iniziarono su di loro gliesperimenti per verificarne lanocività.È questo l’inizio dello stermi-nio degli zingari d’Europa. Trai rinchiusi in Marzahn ancheOtto Rosenberg, cui dobbia-mo questa importante testi-monianza, una delle poche checi parlino della tragedia deiSinti e dei Rom. Era nato nel1927, aveva quindi poco piùdi nove anni. Era, come tuttoil suo popolo un “asociale”.Per questo verràinviato a Birkenau,ove incontreràMengele, l’“ange-lo della morte”particolarmente ac-canito nel condur-re esperimenti suibambini zingari.Quella di Otto èuna testimonianzadi eccezionale va-lore sulla vita - esoprattutto sullamorte - nelloZigeuner lager diBirkenau. Ci par-la dei suoi com-

pagni, della fame, della pau-ra, dell’orrore. Non forniscestatistiche, non ricostruisce fat-ti o storia. In misura asciuttatestimonia del destino di unpopolo dimenticato. E dopoAuschwitz, ci saranno Bu-chenwald e Bergen-Belsen.Nella storia di un uomo qua-lunque, di una vittima comemilioni di vittime, in una nar-razione priva di concessioni,si snoda e si sviluppa un piùampio approfondimento diquello che fu il disegno raz-ziale nazista. Un unico neo: il volume avreb-be avuto bisogno di una mag-giore cura editoriale e di noteal testo italiano. A.P.

Otto Rosenberg“La lente focale.

Gli zingari nell’Olocausto”,pagine 146,lire 24.000,

editore Marsilio.

Rivissuto nel campodi Auschwitz il teneroabbraccio del TalètTeo ducci con “Un Talèt adAuschwitz 10.2.44 - 5.5.45”(La Giuntina, Firenze 2000)viene ad arricchire le nostreconoscenze sulla deportazio-ne politica razziale con unanarrazione incisiva ricca di no-tizie di particolari e di osser-vazioni. Teo, giovane laurea-to in ottime condizioni di sa-lute, con la conoscenza di quat-tro lingue è in una eccellentecondizione di osservatore e inbrevi pregnanti capitoletti conscrittura rigorosa veloce, sen-za fronzoli, senza pretese let-terarie, tocca il fondo deglieventi e traccia dei quadri in-dimenticabili. Non solo narraciò che ha visto, ma lascia in-travedere indirettamente se stes-so in uno splendido ritratto.Incominciamo dalla degenzaal carcere delle Murate aFirenze nella cella condivisacon il padre. La sensibilità diTeo, l’amore, l’ammirazioneper il padre rifulgono nella mi-sera condizione di entrambi:“È proprio lì che ho conosciutoil mio caro papà e l’ho persoper sempre”.Dalle Murate a Fossoli e daFossoli con i ben conosciutivagoni bestiame “il treno si-gillato il simbolo stesso delladeportazione” ad Auschwitz.Apprenderà in modo figuratoe crudele ma terribilmente ef-ficace, la morte dei genitori se-parati all’arrivo nel lager. Uncompagno indicando una pe-sante e densa colonna di fumonel cielo grigio disse: vas istpapa und mama.

Le condizioni di vita del lager,gli spaventosi abissi di cru-deltà, di durezza, di promi-scuità, di sporcizia, lascianopur tuttavia il tempo ad alcu-ni “momenti lieti”. Teo ama lepoesie di Diego Valeri, il suoamico, quelle di Quasimodo.C’è tempo per l’amicizia, perl’aiuto reciproco. E c’è anchetempo per dimostrare la fie-rezza della propria condizio-ne di ebreo, non fiaccata maesasperata dalla follia dell’in-giustificabile trattamento.Ecco l’episodio del Tallèt chericorda a Teo la funzione reli-giosa nella sinagoga di Padovaabbracciato teneramente dalpadre sotto il mantello ritua-le. E c’è la recita clandestinadel Kadish e la silenziosa sfi-da per il digiuno rituale diKippur.La ferocia del lager si fa sen-tire con l’impiccagione dei trepolacchi che hanno tentato lafuga e con lo sterminio del-l’intero Sonderkommando deiribelli ebrei che hanno distruttoil crematorio. Sarà la perce-zione che la fine è imminenteche farà dire ad uno dei capirivolgendosi ai prigionieri:“Meine Herren”?Affiora di tanto in tanto la pre-senza velata del Comitato delCampo e del controllo mora-le che esercita sui prigionieri.La prostituta che piange su-scita in noi una irrefrenabilecommozione mista a profon-da indignazione.Si avvicina l’armata russa, sisuccedono gli allarmi aerei ed

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inizia l’evacuazione del lager.Iniziano le orribili marce del-la morte. Leggete voi che ave-te ritenuto che il 27 gennaio1945 fosse una data da cele-brare come il termine dell’in-famia di Auschwitz, dellaShoah.Leggete dei colpi alla nuca deiprigionieri non in grado di pro-seguire le marce, leggete deitrasporti in pieno inverno neivagoni scoperti dove i prigio-nieri muoiono assiderati.Leggete la descrizione, privacome sempre di aggettivi, diTeo fino all’arrivo a Mauthau-sen dove trova condisioni for-se ancora peggiori di quelle diAuschwitz. Leggete e medita-te. Segue l’odissea fino allaLiberazione.

Teo cita dei compagni di de-portazione straordinari incon-trati a Mauthausen: il comu-nista Bardini ed il medicoGiuseppe Calore nomi che ri-fulgono anche nella mia me-moria.Teo mi fa l’onore di ap-plicare il predicato “nobilia-re” Scheissmeister al mio co-gnome borghese in relazionealle funzioni esercitate aMauthausen. Sono anche ricordato nelle me-morie di Mino Micheli, diManlio Magini e in quelle diAlberto Todros: questi sono gliinfrangibili fili che legano lenostre persone, le nostre me-morie, i frammenti di storiache abbiamo vissuto. Segue (dopo il 5 maggio libe-razione di Mauthausen) per

Teo l’ospedale da campo ame-ricano. Il ritorno a Firenze met-te in luce un’altra delle emi-nenti qualità di Teo, la rico-noscenza per le buone azionidelle persone che hanno volu-to aiutarlo, nomi che deside-riamo anche noi ricordare co-me esemplari: la albergatricesignora Crocini, il sartoMiranda, gli imprenditoriRenato Mosca e CarlinoMazzoli, al ritorno e prima del-la partenza il marchese NicolòAntinori. Si chiude il raccon-to con la triste notizie dellamorte della tenera sorellinaEva tanto amata e sospirata du-rante tutta la durata della pri-gionia. Teo scrive oggi moltodopo Primo Levi ma anche perlui la deportazione è politica.

Si sente l’eco della definizio-ne di Primo ne “I sommersi ei salvati”: il Lager è un feno-meno politico. Il libro in con-clusione ha diverse valenze af-fettive morali, cronistiche, sto-riche e politiche e benché discorrevole lettura si offre allameditazione. Premessa al li-bro di Teo una pregnante con-cisa introduzione di GianfrancoMaris anche lui orientato sullager fenomeno politico. Grazie Teo per il tuo libro icui pregi abbiamo cercato diporre in evidenza, che è usci-to in tempo per essere iscrittonell’archivio degli scritti di me-moria di cui l’Aned ha proprioin questi giorni ripreso l’ag-giornamento.

Bruno Vasari

Torino 1938 - 45:una “guida”per ricordare“Guida per la memoria -Torino 1938-45”: questo il ti-tolo della pubblicazione pro-mossa dalla città e curatadall’Istituto piemontese perla storia della Resistenza.La copertina riproduce unasuperficie di asfalto segnatadalla traccia di uno spezzoneincendiario con una descri-zione tratta da Primo Levi“Segni sulla pietra” in L’altruimestiere, Einaudi 1985 pag.71. La vista di questa coper-tina solleva un’onda di ricor-di in chi, al termine di uno al-larme aereo, uscito da un ri-fugio in via Cernaia ha per-corso corso Galileo Ferrarisin mezzo alla strada sconvol-ta con a destra e a sinistra tet-ti fiammeggianti.La guida si rivolge a inse-gnanti e studenti, ai cittadiniche quelle vicende hanno at-traversato o che semplice-mente intendano conosceremeglio la propria città e an-che a quelli recentemente ar-rivati, che desiderano condi-videre la storia di una comu-nità cui sentono di apparte-nere.“Queste pagine dedicate allacittà” - è scritto nella presen-tazione - “vogliono essere una

guida per avvicinare la storiarecente ora che i cinquanta epiù anni che ci separano dal-la seconda guerra mondialeincominciano ad essere trop-pi per essere affidati al sologioco della memoria”.“La città come ‘teatro dellastoria’: questo il criterio allabase della scelta di racconta-re gli eventi svoltisi a Torinotra il 1938 e il 1945 - dall’e-manazione delle leggi razzialialla fine della guerra - e didocumentare fotograficamentei luoghi, accostandoli, quan-do possibile, alle immagini diquegli anni”.Il periodo coperto va dal 14luglio 1938, inizio della cam-pagna della discriminazionerazziale, al 2 novembre 1945con la resa dei giapponesi ela fine della seconda guerramondiale. Il testo è ripartitonei seguenti capitoli:la città delle leggi razziali;la città della guerra;la città della Resistenza;la città della deportazione;la città della Liberazione.La pubblicazione enumera iprogettisti, tra i quali in pri-ma linea Ersilia AlessandronePerona, gli autori dei testi ealtri collaboratori di rilievo.

La “Guida per la memoria: Torino 1938-45”riporta una descrizione tratta dal volume di Primo Levi“Segni sulla pietra”.

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BIBLIOTECA

... e le “carrette”del mare navigaronoverso Israele

Organizzati anche da Tradate i primi viaggi della speranza

La storia della Shoah, della di-struzione degli ebrei in tuttaEuropa, è oggetto di molti stu-di ed approfondimenti che nedimostrano la entità e la uni-tarietà di indirizzi, derivantidalle più efferate teorie razzi-ste. Questi studi contribuisco-no a fare chiarezza dei tantitentativi di negare o minimiz-zarne la portata e gli effetti.Ogni iniziativa, dunque, atta aconoscerne aspetti particolari,sia pure in ambiti ristretti, èdegna di particolare attenzio-

ne e meritevole di positivo giu-dizio ed apprezzamento.Tale è il lavoro compiutodall’Anpi di Varese che con lapiccola casa editrice “arteri-gere”, ha dato alle stampe illibro di Alberto Gagliardo daltitolo “Ebrei in provincia diVarese - Dalle leggi razzialiall’emigrazione verso Israele”.La prefazione è di LilianaPicciotto Fargion che, giusta-mente, afferma: “È un micro-cosmo, quello di Tradate, cheriproduce in piccolo la gran-

de tragedia che colpì gli ebreiin ogni angolo di Europa”.Nella prima parte del libro inpoche pagine sono descritte letragedie di intere famiglie, co-me quella dei Costantini, com-posta da sei persone, arresta-te a Venegono dai fascisti il 26novembre 1943 ed inviate adAuschwitz. Appena giunti al campo l’11dicembre dello stesso anno, lamadre e tre bambini vennerouccisi nelle camere a gas e poibruciati nei forni. Gli altri duefamiliari moriranno, uno il 20febbraio e l’altro il 15 marzodel 1944, per le tremende con-dizioni cui erano stati sotto-posti. Particolarmente interes-sante la ricostruzione degli ar-resti di ebrei compiuti in pro-vincia. Su 177 soltanto 28 so-no ad opera di reparti tedeschi,mentre 149 ebrei vengono ar-restati dalle truppe del neona-to esercito fascista, foraggia-to dai nazisti. Gran parte de-

gli arresti avviene nelle loca-lità lungo il confine con laSvizzera dove gli ebrei si tro-vavano, nel tentativo di rifu-giarsi nella vicina Confedera-zione. Di questi 177 cittadiniebrei solo 12 ritroveranno lalibertà alla fine della guerramentre 68 saranno uccisi neivari campi di sterminio, 94 mo-riranno per gli stenti e 3 tro-veranno la morte in carcere oin eccidi compiuti dai tedeschi.Non meno interessanti le no-te sulle iniziative di solidarietàche, sul finire del 1943, vedo-no impegnate personalità esemplici cittadini in difesa deiperseguitati, come il caposta-zione di Tradate, Albinati.Episodi che accompagnano an-che manifestazioni di delazio-ne, che produrranno non po-chi drammi.La seconda parte del libro rac-conta come a Tradate e Abbiate,alla fine del conflitto, sono sta-ti organizzati dei centri di rac-

La nave “Rondine”ribattezzata “Enzo Sereni”morto a Dachau. Salpataclandestinamente il 7 gennaio1946 da Vado Ligure, aveva abordo 900 profugi ebrei del

“campo di raccolta diTradate” (Varese), scampatiallo sterminio, diretti inPalestina. Avvistata dagli aereidella Raf, fu catturata dopodieci giorni dalla partenza da

una nave da guerra inglese,dirottata a Caifa esequestrata. I passeggerivennero internati nel campodi Atlit e liberati solo dopoparecchie settimane.

Aprile 1946: un convoglio di automezzi con 1014emigranti ebrei è fermatodalla polizia italiana sullastrada verso La Spezia.Nella foto: il gruppo,

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Quattro “racconti”dell’orrore nazista

Trieste, Salonicco, Roma: storie di deportazione e di una fuga in Svizzera

Ida aveva quattordici anni quan-do fu spinta su un carro be-stiame con la sua famiglia, aTrieste. Destinazione Birkenau.La Rampa, la selezione, ilKanadakommando, la “marciadella morte” ed infineRavensbruck. Per Shlomo, ungiovane ebreo di Salonicco,per suo fratello, per gli ebreidella sua città la prigionia nelcarcere di Haldari, poi un dram-matico viaggio verso l’ignoto.Anche per lui la Judenrampe,la quarantena. L’inganno ed ilSonderkommando. Infine Melked Ebensee.La famiglia di Piero abitava aMonteverde, a Roma. La seradella vigilia della pasqua ebrai-ca, la Gestapo bussa alla por-ta. Regina Coeli, poi traspor-tati dal camion a Fossoli. Il 17maggio ’44 un trasporto si av-via per Auschwitz. Di tutta lafamiglia, solo Piero tornerà.Infine Pupa. Non conosceràl’orrore dei lager. Come tuttigli ebrei conoscerà la discri-minazione razziale, si nascon-derà con la famiglia per sfug-gire ai nazifascisti. Perderà nel-la Shoah numerosi familiari eparenti. In una notte gelida, ar-rancando nella neve, respiran-do piano piano per paura di fa-re anche il più piccolo rumo-re, Pupa, suo padre, la madree un piccolo gruppo di ebreiitaliani riescono, non senza dif-ficoltà ed imprevisti, a passa-re in Svizzera. Anche questa èuna vicenda tutta interna al raz-zismo, alla discriminazione,una pagina non secondaria del-la Shoah. Quattro testimonianze“raccontate” con umanità e sen-

sibilità da Roberto Olla, gior-nalista del Tg3, cui dobbiamo,in precedenza, “Combat Film”(Eri - Rai, 1997), vincitore deipremi giornalistici “SaintVincent” e “Ilaria Alpi”. Ollaha voluto intitolare questo suonuovo libro, cui è allegata unaeccezionale videocassetta, “Lenon persone”.Puntuale definizione di ciò chegli ebrei - e comunque le vit-time dello sterminio - eranoritenuti. Non persone per leleggi razziste, non persone neighetti, non persone nei lager.Non persone sacrificate ad uncriminale progetto, nel più as-sordante silenzio delle co-scienze. Un silenzio che le pa-gine di questo libro-documentolacera, rivelando le responsa-bilità dell’Italia fascista, le de-lazioni, le miserie dell’indif-ferenza, la volgarità degli in-teressi. L’ordinaria vergognadel censimento, delle leggi raz-ziali prima, dal voluto disin-teresse poi.La video-cassetta allegata ri-propone quei documenti fil-mati di grandissimo valore sto-rico, provenienti dai NationalArchives di Washington, proiet-tati per la prima volta nell’auladel processo di Norimberga.Le immagini di quel che re-stava dei poveri corpi di ebrei,nomadi, oppositori politici neicampi di sterminio.

A.P.Roberto Olla

“Le non persone - Gli italiani nella Shoah”,

pagine 126 + videocassettadi 55 minuti,

edizioni Rai - Eri.

purtroppo un pericolo non de-bellato, come dimostrano lecronache recenti.Il risultato del libro è stato lu-singhiero. La prima edizionedi mille copie è già stata esau-rita e l’Anpi ha provveduto aduna ristampa. Più importanteancora la sua utilizzaizone, poi-ché è stato un validissimo stru-mento di conoscenza e di di-scussione per centinaia di gio-vani studenti di quattro istitu-ti superiori di Varese e diTradate, riuniti in partecipateassemblee con la presenza del-l’autore, di dirigenti dell’Anpie di testimoni dell’epoca.

Angelo Chiesa

Alberto Gagliardo,“Ebrei in provincia

di Varese - Dalle leggi razziali

all’emigrazione versoIsraele” ,

Edizioni “arterigere”,pagine 124, lire 12.000.

colta di ebrei scampati dai cam-pi. Quasi tutti prima della guer-ra erano residenti in paesi del-l’est Europa. Dal Varesotto venivano tra-sportati nottetempo, su dei ca-mion, in località della Liguria,dove li attendevano le “car-rette” del mare per i viaggi del-la speranza verso Israele.L’autore, allora insegnante alliceo scientifico di Tradate,aveva iniziato con i suoi allie-vi una ricerca sull’argomento;alla fine, vista la quantità e laqualità del materiale raccolto,come le testimonianze di pro-tagonisti e testimoni, ha deci-so la pubblicazione del libro,che è stata possibile grazie an-che all’impegno dell’Anpi. Si tratta di un lavoro compiu-to “scavando” nella pur ridot-ta realtà di Tradate e della pro-vincia di Varese, ma i cui ri-sultati confortano ulteriormentele analisi degli studiosi sul gra-vissimo crimine del razzismo,

schierato sulla banchina delporto, non ha rinunciato aimbarcarsi, anche se ilviaggio fallì. L’operazione,organizzata fra gli altri daAda Sereni, vedova di Enzo

Sereni, venne chiamata“Aliyah Bet” (“secondamigrazione”). Era la fase che precedette la costituzione dello Stato di Israele.

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BIBLIOTECA

Suggerimenti di lettura a cura di Franco Giannantoni

I dilemmi e i silenzi di Pio XII Rizzoli, pp. 570, lire 38 mila

Giovanni Miccoli

Solo una frase nel messaggio di Natale del 1942 fece riferimentoalle atrocità della seconda guerra mondiale. Un accenno esplicito“alle centinaia di migliaia di persone che senza veruna colpa pro-pria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono desti-nate alla morte o ad un progressivo deperimento”. Poi il silenzio.Perché Pio XII non andò più in là, condannando con forza losterminio degli ebrei e dei diversi? Quali furono i rapporti fra il tradizionale antisemitismo cattolicoe il razzismo nazista? Miccoli mette in luce le intenzioni, lepreoccupazioni e le ambiguità del Papa, della curia e dei nunziapostolici.

Eugenio Reale l’uomo che sfidò Togliatti Liberal Libri, pp. 301, lire 18 mila

Antonio Carioti (a cura di),

Scomparso nel 1986, dirigente di primo piano del Pci, il nome diEugenio Reale è rimasto per lungo tempo sepolto nell’oblio, unasorte legata alla sua netta intransigenza anticomunista dopo l’in-vasione sovietica dell’Ungheria. Con questo libro, a partire dai testi relativi alla rottura con ilsegretario del partito Palmiro Togliatti, viene portata alla luce lasua complessa vicenda. D’estrazione borghese e di cultura libera-le, Reale aveva aderito al partito comunista perché aveva visto inesso la forza più agguerrita nella lotta al fascismo. Poi il distacco.In appendice l’epistolario con Togliatti, Giulio Einaudi, GiorgioAmendola ed Indro Montanelli.

L’animale visionario - Elogio del radicalismoIl Saggiatore, pp.157, lire 22 mila

Romano Madera

Il mondo e la società in cui viviamo ci vengono proposti come unmodello esemplare, il paradiso in terra, la panacea per tutti i mali:il modello occidentale ha stravinto ovunque, il mercato globaletrionfa e chi si pone criticamente contro è visto come un inguari-bile nostalgico o un ostacolo per il progresso. Ma si può dire con certezza che la cultura d’opposizione ha falli-to? Quello che ci circonda è così perfetto e soddisfacente da nonrichiedere alcun confronto critico? Romano Madera crede il con-trario a cominciare dal fatto che gli ideali utopici abbiano ancoramolto da darci e che occorra rivalutare e salvaguardare per ilnostro futuro gli insegnamenti del passato. Contro la globalizza-zione, è indispensabile una nuova strategia delle opposizioni peruna società più giusta.

Con cuore di donnaIl Saggiatore, pp. 318, lire 30 mila

Carla Capponi

La Resistenza romana è rievocata dalla protagonista dell’attentatodi via Rasella che segna il punto più alto della lotta all’occupazionetedesca. Carla Capponi in questa appassionante autobiografia ripercorrele tappe delle scelte che la portarono ad aderire ad uno dei piùeroici gruppi di partigiani, autori di azioni memorabili ma,assieme, traccia un ritratto della vita a Roma, della dittatura diMussolini, dei giorni del dopo-armistizio, delle crudeltà dell’in-vasore tedesco.

Il giuramento rifiutatoI docenti universitari e il regime fascistaLa Nuova Italia, pp. 314, lire 48 mila.

Helmut Goetz

Frutto di una puntigliosa ricerca condotta per anni, il libro dellostorico tedesco apre inattesi squarci sui tormenti dei professoriche giurarono al fascismo. “Sbaglia chi volesse cercare fra gliirriducibili dei pericolosi sovversivi”, scrive Simonetta Fiori, su“la Repubblica” del 16 aprile scorso. Gli accademici più a sini-stra, ad esempio, seguirono il consiglio di Togliatti di aderire. Ilmantenimento della cattedra avrebbe consentito “un’opera estre-

mamente utile per il partito e per la causa dell’antifascismo”.Così Concetto Marchesi motivò a Musatti la sua scelta di firmare.Anche Benedetto Croce incoraggiò Guido Calogero e LuigiEinaudi a rimanere nell’Università “per continuare il filo dell’in-segnamento, secondo l’idea di libertà”. Nonostante questi inviti,un’eroica minoranza disse di no. Dodici in tutto fra cui lo storicodell’arte Lionello Venturi.

Gli ebrei nell’Italia fascista Einaudi, pp. 377, lire 38 mila

Michele Sarfatti

È la storia della vita e della persecuzione degli ebrei dalla “mar-cia su Roma” alla definitiva vittoria della Resistenza, una mino-ranza che, negli anni del Risorgimento, si era fatta italiana piùrapidamente dei suoi concittadini e che negli anni dell’Italia libe-rale aveva preso parte con ardore alla costruzione e allo sviluppodi uno Stato moderno. Una collettività che con l’avvento del fascismo vide la propriaidentità e la propria vita progressivamente limitate, sopraffatte edannientate. Pienamente integrati nel tessuto nazionale, particolarmente pre-senti nel campo universitario, nella cultura, nelle arti, gli ebreifinirono con il pagare la politica antisemita dal ’38, per poi cade-re nella trappola feroce della deportazione con la Rsi.

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La vendetta tedesca 1943-1945.Le rappresaglie naziste in Italia Mondadori, Le Scie, pp. 318, lire 34 mila.

Gerhard Schreiber

È il terribile bilancio, ricostruito con un rilevante contributo dinovità, degli eccidi compiuti dalle SS e dalla Wermacht contromilitari e civili italiani in violazione dei diritti di guerra fra il set-tembre 1943 ed il maggio 1945: 6800 militari massacrati perordini contrari alle leggi internazionali; 44. 720 partigiani uccisiin violazione delle stesse norme; 9. 180 civili, uomini, donne e580 bambini assassinati a sangue freddo nei rastrellamenti e nellerappresaglie. “In fondo sono soltanto italiani” è la frase con cuiun tenente nazista di 23 anni decise di giustiziare 59 ufficiali ita-liani affetti da malaria o convalescenti in Albania nel novembredel ’43. Quelle parole offrono la chiave per capire perché il gran-de massacro divenne possibile.

L’informatore: Silone, i comunisti e la poliziaLuni Editrice, pp. 273, lire 30 mila

Dario Biocca, Mauro Canali

Ignazio Silone (alias Secondino Tranquilli), sospettato di esserestato un informatore del regime fascista, continua a fare discutere.Il partito degli innocentisti trova una sponda autorevole in NorbertoBobbio e in Indro Montanelli che escludono il ruolo spionisticodello scrittore ex-comunista. Biocca e Canali, studiosi da tempo diSilone, con questo ultimo libro, dimostrano in modo inequivocabi-le il contrario, disegnando il percorso, con gli atti, dei fitti rapportifra Silone ed il funzionario dell’Ovra Guido Bellone. Ma Bobbiorilancia la eventuale “colpa lievissima” compiuta da Silone nel ten-tativo di aiutare il fratello caduto prigioniero del regime. Restal’impianto di un volume che ricostruisce l’attività di “Silvestri” (lopseudonimo di Silone), attivo informatore della Questura di Romae della Divisione della polizia politica fra il 1923 ed il 1930.

Ameni inganni pp. 221, lire 22 mila

Gherardo Colombo, Corrado Stajano

Un magistrato, pubblico ministero” dello “storico” pool diMilano ed un rigoroso scrittore, animato dal sacro fuoco dell’in-dignazione, ripercorrono, attraverso il loro scambio epistolare del’99, l’andamento della società. Inevitabile che al centro del car-teggio emerga il tema della questione morale, delle indagini dellaProcura della Repubblica milanese e degli esiti che hanno avuto.Il risultato è venato da una profonda disillusione non nei valoriper cui bisogna sempre combattere ma per il peso che la massic-cia indagine ha avuto sul sentire pubblico. La corruzione, internaal sistema capitalistico, ai meccanismi del mercato, alle coscien-ze dei cittadini, pare invincibile.

Bombe sulla cittàMursia, pp. 258, lire 32 mila

Achille Rastelli

È la storia, cancellata in gran parte dalla memoria, dei bombarda-menti aerei che misero in ginocchio Milano e la sua provincia nel-l’ultima guerra, dalle grandi incursioni dell’estate del ’43 che pro-vocarono migliaia di sfollati e la strage dei bambini dell’asilo diGorla nell’ottobre del ’44. Non è solo una storia militare, ma anchequella di una metropoli in guerra, con una popolazione stremata,bersaglio, in quanto il cuore dell’industria italiana, di un attaccofurioso dal cielo che aveva come obiettivo la fine del regime fasci-sta e dell’occupazione tedesca.

Registro di classe Einaudi, pp. 100, lire 13 mila.

Sandro Onofri

Un professore coglie nei volti dei propri alunni i cambiamenti diun’epoca. È il diario di un anno di vita, giorno dopo giorno, in dueclassi di liceo di Pomezia, alla periferia romana dove Onofri (1955-1999) ritrova le radici della sua esistenza, le lotte, le miserie, lesperanze. Una scuola che non sembra assicurare a nessuno, neppu-re ai professori “la libertà necessaria all’espressione delle differen-ze”. Un bilancio in fondo fallimentare anche se, Onofri rigorosodocente, non rinuncia mai a stare dalla parte dei vinti. Un libriccinoprezioso sbocciato postumo dalla memoria del computer di casa.

Guadalajara - La prima sconfitta del fascismoMursia, pp. 437, lire 38 mila

Olao Conforti

Tra l’8 ed il 25 marzo 1937 i fascisti del Corpo truppe volontariedi Mussolini, accorsi in Spagna al fianco di Hitler per aiutare ilgenerale Franco, subirono una durissima sconfitta dalle Brigateinternazionali delle quali faceva parte la Brigata italiana“Garibaldi”. Guadalajara divenne da quel momento il simbolo dell’eroismodei popoli liberi del mondo che avevano tentato di difendere la

libera Repubblica spagnola. Il libro offre l’immagine di quelloche sarebbe stata poi la parabola del fascismo nelle guerre suc-cessive: improvvisazione, impreparazione, presunzione di capimediocri e arroganti, la condizione modesta delle truppe, ignareperfino del luogo dello scontro. Infatti quei volontari italianigiunti in Spagna, si erano imbarcati convinti di andare a far fortu-na in Africa orientale. Quella epica sconfitta, la cui eco fece ilgiro del mondo, anticipò quello che sarebbe avvenuto in Grecia,in Albania, sul fronte russo.

Il giornalista di Ciano - Diari 1932-1943 Il Mulino, pp. 377, lire 45 mila

Giovanni Ansaldo

Protagonista del giornalismo antifascista, inviato per punizione alconfino, al suo ritorno Giovanni Ansaldo iniziò una lenta ma decisamarcia verso Mussolini che lo portò nel 1937, chiamato daCostanzo Ciano, alla direzione del “Telegrafo”, per poi diventare ilgiornalista di fiducia ed il confidente di Galeazzo Ciano, generodel duce e ministro degli Esteri. Ansaldo, nel suo ruolo di potere,allo stesso modo con cui aveva esercitato la professione sull’altrofronte, mantenne la riserva mentale di non cedere mai tutto di sestesso. Da queste pagine esce il ritratto dell’Italia del tempo attra-verso i protagonisti di ogni livello, piegati senza capacità di reazio-ne alle mediocrità di un regime corrotto ed autoritario.

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La legge

Roma - La “Giornata dellamemoria” in ricordo dellaShoah ebraica e “del dram-ma di tutte le persecuzioni”è legge. Il giorno presceltoè il 27 gennaio, giorno del-la liberazione del campo diconcentramento di Ausch-witz. Il Senato ha approva-to in via definitiva il dise-gno di legge che istituisce laricorrenza. Il provvedimento, già ap-provato alla Camera all’u-nanimità (solo quattro gliastenuti), è passato in sededeliberante alla commissio-ne Affari costituzionali. La commissione Affari co-stituzionali ha anche appro-vato un ordine del giorno conil quale, sottolineando l’u-nicità della Shoah e la suaemblematicità, invita a trar-re spunto dalla commemo-razione di quella tragedia perricordare “gli altri lutti chehanno segnato la storia del-l’ultimo secolo e le vittimedi ogni persecuzione, sia per

Sarà il 27 gennaio il giorno della memoria

motivi etnici, politici o reli-giosi”. Il 27 gennaio del ’45l’Armata rossa entrò nel cam-po di concentramento diAuschwitz, il maggiore cen-tro di sterminio sotto il na-zismo, allestito nel 1940. Iprimi internati furono po-lacchi, seguiti da russi, fat-ti prigionieri nel 1941 e pri-me vittime delle camere agas. Nell’inverno del 1941 arri-varono i primi ebrei. AdAuschwitz morirono tra unmilione e un milione e mez-zo di persone, il 90 per cen-to dei quali ebrei. Di questi5.595 erano ebrei italiani.Al momento della libera-zione erano vivi solo 7.600internati, tra cui 274 bam-bini. L’Italia arriva alla“Giornata della memoria”dopo altri Paesi europei. Traquesti la Germania che hascelto il 27 gennaio, e laFrancia che ha preferito in-dicare come giorno della me-moria il 16 luglio.

Un memorial day anche per Montanelli✔Sul Corriere della Sera del 9 maggio, nella “Stanza diMontanelli”, è apparsa una lettera firmata dal signor AlfonsoCavaiuolo, seguita dalla risposta del titolare della rubrica.Nella lettera, in sostanza, si sostiene che istituire il “Giornodella memoria” per ricordare la Shoah non ha senso, giacchésarebbe meglio interrogarsi su tale materia tutti i giorni, con-cludendo con l’interrogativo: “Che ci serve fissare un ‘Giornodella memoria’ all’anno per non dimenticare?”.Indro Montanelli risponde di essere “totalmente” e incondi-zionatamente d’accordo con il lettore, poiché “solo un popo-lo privo di coscienza morale e civile può chiedere alla leggedi prescrivergliene l’esame”. Noi, invece, siamo “totalmentee incondizionatamente” in disaccordo sia con il lettore checon Montanelli. Certo, per preservare la memoria, sarebbemolto meglio ricordare quotidianamente vicende tragiche del-la storia, epperò. I giapponesi per esempio, che sanno benis-

simo che cosa ha significato per loro le tragedie di Hiroshimae Nagasaki e tuttavia, nell’anniversario, tutti gli anni ricor-dano con cerimonie solenni quel terribile giorno, si possonodefinire un popolo privo di coscienza morale e civile? NegliStati Uniti si festeggia il “Memorial day” per ricordare i mor-ti di tutte le guerre. In tutto il mondo (un po’ meno in Italia,per la verità) il 9 maggio viene ricordato il giorno in cui eb-be fine la seconda guerra mondiale. Per non parlare poi, re-stando in casa nostra, dei giorni del Natale e della Pasqua.Della nascita e della resurrezione di Cristo, i cattolici ne sen-tono parlare tutte le domeniche alla messa. Che bisogno c’è,allora, di dedicargli due giornate di ricordo? Anche il catto-lico è un popolo privo di coscienza morale e civile? Ma via.Lettera e risposta si commentano da sole: “totalmente e in-condizionatamente” da respingere.

I.P.