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Prefazione di Paolo Cabitza e Rodolfo Capanna Coordinamento scientifico di Fabio M. Donelli il DOLORE

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Prefazione di Paolo Cabitza e Rodolfo Capanna

Coordinamento scientifico di Fabio M. Donelli

Fin dai primordi della medicina una delle

sfide per i clinici è stata quella di ridurre

le sofferenze indotte dalla malattia. Negli

ultimi trent’anni l’attenzione verso que-

sto aspetto delle cure ha assunto sempre

maggiore rilevanza e oggi abbiamo a di-

sposizione numerosi farmaci, tecniche di

controllo del dolore e un quadro normativo

– la Legge 38 – che garantisce l’accesso

alle cure palliative e alla terapia del dolore

al fine di assicurare il rispetto della digni-

tà e dell’autonomia umana seguendo il più

moderno concetto di salute.

In ortopedia, più che in altre realtà specia-

listiche, in un’altissima percentuale di pa-

zienti il dolore fa da corollario all’obiettività

clinica e funzionale. Scopo di questo vo-

lume è allora quello di fare una panorami-

ca delle condizioni patologiche che più di

frequente possono, in ortopedia, avere un

bagaglio di dolore non indifferente e non

sempre di facile controllo anche con un

approccio terapeutico di tipo innovativo.

Si trova inoltre risposta a questioni riguar-

danti implicazioni medico legali sull’uso dei

farmaci off-label e vengono messe a fuoco le

norme relative all’uso degli stupefacenti, cer-

cando di risolvere dubbi e false credenze.

ISBN 978-88-941915-2-3

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il DOLORE

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III

Giada AmodeoDottorando di Farmacologia Sperimentale e ClinicaDipartimento di Scienze Farmacologiche e BiomolecolariUniversità degli Studi di Milano

Renzo AngeloniSpecialista in Ortopedia e Traumatologia Centro Day Surgery “Maurizio Bufalini” Firenze

Marco AttanasioScuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia Università degli Studi di Milano IRCCS Policlinico San Donato

Andrea BaioniChirurgia delle Deformità del RachideIstituto Ortopedico Rizzoli Bologna

Francesco BenazzoDirettore Clinica Ortopedica e TraumatologicaFondazione IRCCS Policlinico San MatteoUniversità degli studi di Pavia

Matteo BenvenutiSpecialista in Medicina Legale UOC medicina legale AOUS

Gabriella BerniniGià Direttore Centro AieopOncoematologia pediatrica ed emotrapiantiAOU Meyer, Firenze

Federico CabitzaRicercatore e Docente UniversitarioUniversità degli Studi di Milano-BicoccaIRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi

Paolo CabitzaProfessore EmeritoDipartimento di Scienze Biomediche per la SaluteUniversità degli Studi di Milano IRCCS Policlinico San Donato

Rodolfo CapannaProfessore ordinario Ortopedia e TraumatologiaUniversità degli Studi di Pisa

Alberto CorradiProfessore Associato in Ortopedia e Traumatologia Dipartimento di Scienze Biomediche per la SaluteUniversità degli Studi di MilanoDirettore UOC Ortopedia 4IRCCS Policlinico San Donato

Carlo De RosaProfessore a contratto di Medicina LegaleUniversità degli studi di Catanzaro

Marco D’ImporzanoDirettore reparto di Ortopedia e TraumatologiaIRCCS Istituto Auxologico ItalianoPresidio Ospedaliero Capitanio Milano

Mario Di SilvestreChirurgia delle Deformità del RachideIstituto Ortopedico Rizzoli Bologna

Fabio Maria DonelliSpecialista Ortopedico e Medico LegaleUniversità degli studi di Milano

Simonetta FailoniDirettore struttura semplice Risonanza magnetica UOC Radiologia ASST Gaetano Pini-CTO

Florian FischerIRCCS Istituto Auxologico ItalianoPresidio Ospedaliero Capitanio Milano

Chiara FossatiAssegnista di ricerca, Specialista in Ortopediae TraumatologiaDipartimento di Scienze Biomediche per la SaluteUniversità degli Studi di Milano IRCCS Policlinico San Donato

Mario GabbrielliProfessore Ordinario di Medicina LegaleUOC Medicina Legale Università degli Studidi Siena

Mauro GallazziDirettore struttura complessa UOC Radiologia ASST Gaetano Pini-CTO

autori

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IV

Maria Chiara GerardiReumatologo, libero professionista UOC ReumatologiaASST Fatebenefratelli-Ospedale Luigi Sacco, Milano

Matteo GhiaraClinica Ortopedica e TraumatologicaFondazione IRCCS Policlinico San MatteoUniversità degli studi di Pavia

Chiara GonnelliSpecialista in Anestesia e Rianimazione Centro Day Surgery “Maurizio Bufalini” Firenze

Paolo Grossi Responsabile UO Terapia del DoloreIRCCS Policlinico San DonatoUniversità degli Studi di Milano

Giacomo GualtieriMedico in Formazione in Medicina Legale UOC Medicina LegaleUniversità degli Studi di Siena

Lorenzo IsoppoAvvocato del Foro di ParmaPatrocinante in Cassazione

Gianluca LandiMedico in Formazione in Medicina Legale UOC Medicina LegaleUniversità degli Studi di Siena

Andrea MarchesiUO Chirurgia Plastica-RicostruttivaIRCCS Policlinico San Donato

Ketti MazzoccoRicercatore e professore di PsicologiaDipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia, Università degli studi di MilanoResponsabile Unità Psiconcologia ClinicaIEO - Milano

Alessandra MenonBiologo ricercatoreIRCCS Policlinico San Donato

Alberto MiglioreDirettore UOS di ReumatologiaOspedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma

Giulia NucciSpecialista in Medicina Legale UOC medicina legale AOUS

Simona OdellaDirigente Medico Istituto Ortopedico Gaetano Pini Milano

Roberto PessinaProfessore Ortopedia e Traumatologia LUdES Lugano

Vanni Benito PetrachiIRCCS Istituto Auxologico ItalianoPresidio Ospedaliero Capitanio Milano

Simone Perelli Clinica Ortopedica e TraumatologicaFondazione IRCCS Policlinico San MatteoUniversità degli studi di Pavia

Pasquale PippaSpecialista in Anestesia e Rianimazione Centro Day Surgery “Maurizio Bufalini” Firenze

Andrea PolizziUO Chirurgia Plastica-RicostruttivaIRCCS Policlinico San Donato

Gabriella PravettoniProfessore Ordinario di Psicologia Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia, Università degli studi di MilanoDirettore Divisione Psiconcologia IEO - Milano

Matteo PreceruttiDirigente medico I livello UOC Radiologia ASST Gaetano Pini-CTO

Luca PuliciScuola di Specializzazione in Ortopediae Traumatologia Università di Milano IRCCS Policlinico San Donato

autori

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V

Pietro RandelliProfessore Ordinario in Ortopedia e TraumatologiaDipartimento di Scienze Biomediche per la SaluteUniversità degli Studi di MilanoDirettore UO Ortopedia 2IRCCS Policlinico San Donato

Simone RepaciDirigente medico I livelloDipartimento Anestesia, rianimazionee terapia del doloreOspedale Maggiore Bologna

Pierantonio RicciProfessore ordinario di Medicina LegaleUniversità degli studi di CatanzaroDirettore UO Medicina LegaleAzienda Ospedaliera “Mater Domini” Catanzaro

Giovanni RomeoScuola di Specializzazione in Ortopediae Traumatologia Università degli Studi di Milano IRCCS Policlinico San Donato

Paola SacerdoteProfessore Associato di FarmacologiaDipartimento di Scienze Farmacologichee BiomolecolariUniversità degli Studi di Milano

Piercarlo Sarzi-PuttiniDirettore struttura complessa UOC ReumatologiaASST Fatebenefratelli-Ospedale Luigi Sacco, Milano

Fabio SciancaleporeScuola di Specializzazione in Ortopediae Traumatologia Università degli Studi di Milano IRCCS Policlinico San Donato

Stefano SoderiDirigente medico SOD Ortopedia Aou CareggiDottorando di ricerca in Scienze Cliniche Università degli studi di Firenze

Luca VaientiOrdinario di Chirurgia Plastica, Ricostruttivaed Estetica Università degli Studi di Milano Direttore UO di Chirurgia PlasticaIRCCS Policlinico San Donato

Massimo VarennaResponsabile UO Centro per la diagnosi e il trattamento dell’osteoporosi e delle malattie osteometabolicheASST Gaetano Pini-CTO, Milano

Alessia VioliniDirigente medico I livelloDipartimento di Anestesia, Rianimazione I e Terapia del DoloreOspedale Santa Chiara Trento

Gianfranco ZinghiGià direttore UO Ortopedia,Istituto Ortopedico Rizzoli Bologna

Riccardo ZojaProfessore Ordinario di Medicina Legale e delle AssicurazioniDirettore della Scuola di Specializzazione in Medicina LegaleUniversità degli Studi di Milano

Francesca ZucchiDirigente Medico I livello UOC Reumatologia Day HospitalASST Gaetano Pini-CTO, Milano

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VII

presentazione

In ortopedia, più che in altre realtà specialistiche, in un’altissima percentuale di

pazienti il dolore fa da corollario all’obiettività clinica e funzionale.

Il quadro anatomo-clinico del dolore è evidenziato sia nella forma acuta della

patologia post-traumatica e del decorso post-operatorio, che rappresenta la

componente forse più gestibile del dolore ortopedico, sia nella forma cronica

delle malattie degenerative, che da sola riunisce tutta la complessità della tera-

pia antalgica.

Nell’indagine condotta da Pain in Europe, si evidenzia che il dolore cronico

più rappresentato è di pertinenza osteo-artro-muscolare e, nella fattispecie, è

di origine artrosica (per il 35%), seguito da patologia spinale (per il 15%), dai

reliquati traumatici (12%), dalle malattie reumatologiche (8%) e dal danno

cartilagineo (4%). In Italia, quasi un cittadino su quattro soffre di dolore cro-

nico, con una durata media di sette anni.

Se da un lato è importante la diagnosi della patologia, dall’altro è neces-

saria anche una diagnosi del dolore, considerandone l’intensità, la durata,

l’andamento temporale, la localizzazione e le eventuali irradiazioni. Nella

gestione del dolore, un dato che davvero chiama in prima linea è la Legge n.

38 del 15/3/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e

alla terapia del dolore”, che consente al medico la prescrizione di oppiacei

con una semplice ricetta, novità che ha modificato l’approccio dello specia-

lista ortopedico al dolore. La Legge garantisce l’accesso alla terapia al fine

di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia umana in un moderno

concetto di salute.

Oggi il dolore dev’essere misurato e trattato secondo le previste linee guida, in

modo da effettuare una terapia personalizzata che bilanci rischi e benefici sulla

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base del quadro clinico patologico. L’evidenza scientifica dimostra come gli over

65 siano i più interessati al problema del dolore non oncologico e statisticamente

i più sottratti, in quanto spesso già trattati con politerapie, perché affetti da più

patologie concomitanti.

In campo ortopedico, la prescrizione di una terapia antalgica dovrà esaminare nu-

merosi fattori specifici per caratterizzare e quantificare il dolore nei suoi numerosi

aspetti; così pure la prescrizione antalgica nella fase di dimissione del paziente,

dopo aver compiuto una terapia post-operatoria per il controllo del dolore in re-

lazione al tipo di intervento. L’indicazione al trattamento del dolore rappresenta

l’atto dovuto attraverso cui il medico pone rimedio alle sofferenze e al migliora-

mento dello stato psico-fisico del paziente.

L’obiettivo è di dare un supporto didattico a quanti, in ambito di diverse com-

petenze, si confrontino con le problematiche della responsabilità professionale,

specialmente in relazione al controllo algico.

Il testo, che raccoglie l’esperienza e la conoscenza di più autori di grande com-

petenza in questo particolare e cruciale settore, e che si ringraziano per il fattivo

contributo, rappresenta un progresso culturale, affrontando con approccio scien-

tifico le problematiche del trattamento del dolore nelle forme acute e croniche e

nel decorso post-operatorio.

Un particolare ringraziamento va alla Casa Editrice Griffin, per la disponibilità e

la collaborazione dimostrata.

Prof. Fabio M. Donelli

VIII

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IX

Divinum opus est sedare dolorem: questo detto attribuito a Ippocrate o a

Galeno dimostra quanto anche ai primordi della medicina fosse ritenuto im-

portante ridurre le sofferenze indotte dalla malattia. Questo concetto è rima-

sto ancor più valido ai giorni nostri sia per motivi culturali che per la dispo-

nibilità di numerosi e diversificati farmaci e tecniche di controllo del dolore.

Ma al di là della doverosa esigenza di ridurre le sofferenze dei nostri pazien-

ti, il controllo del dolore e soprattutto la sua quantificazione rivestono oggi

grande importanza per il monitoraggio di molti trattamenti sperimentali, per

il corretto e tempestivo utilizzo dei farmaci analgesici e per il controllo dell’e-

voluzione delle stesse situazioni patologiche. Per non parlare infine delle im-

plicazioni in ambito medico legale.

Oggi più che mai si avverte quindi l’esigenza di metodi di misurazione del

dolore il più possibile oggettivi e non correlati alla percezione soggettiva

che sappiamo diversa in ogni contesto culturale e da individuo a individuo.

Degno di nota quindi il proposito di questa opera di porre al centro dell’in-

teresse nelle diverse patologie ortopediche proprio il sintomo dolore, non

solo per le ricadute positive sulla gestione del paziente che la sua maggiore

conoscenza può avere, ma anche per una sempre maggiore sensibilizzazione

al problema da parte degli operatori sanitari.

Prof. Paolo Cabitza

Professore Emerito dell’Università degli Studi di Milano

Già professore ordinario di Clinica ortopedica e direttore della Scuola

di Specializzazione in ortopedia e traumatologia dell’Università di Milano

prefazione

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X

prefazione

È un vero piacere per me, oltre che un onore, presentare questo libro, frutto

di un lavoro particolarmente interessante incentrato sul dolore nelle sue di-

verse sfaccettature in uno degli ambiti più specialistici della moderna medici-

na quale è l’ortopedia ai nostri giorni.

È un argomento questo che ha assunto negli ultimi trent’anni sempre mag-

giore rilevanza. Fin dall’inizio infatti si era percepito che di fronte a una

malattia, qualunque fosse l’età del paziente, una cura completa dell’evento

patologico non poteva prescindere dal curarne la causa ma insieme a questa

anche il dolore che ne poteva derivare.

Così sono stati fondamentali gli studi riguardanti le vie del dolore, ma an-

che le caratteristiche dello stimolo doloroso in termini di durata, intensità,

tipologia, sede. Si è cercato di capire, a seconda delle diverse tipologie di

dolore, quali fossero gli approcci terapeutici più mirati per ottenere un buon

controllo della sintomatologia. In alcuni casi per esempio il dolore può non

essere solo un sintomo ma qualcosa di più complesso, che assume i connotati

di una vera e propria sofferenza in cui figurano ansia, paura, disagio, perdita,

incertezza, insicurezza. È ormai evidente che il dolore, in special modo quello

cronico, è un fenomeno dinamico e che come tale può modificarsi in ogni

momento. Ne deriva quindi che un buon controllo del dolore invariabilmen-

te richiede un approccio multidisciplinare in cui intervengono diverse figure

adeguatamente formate.

Questo volume che vede la luce in occasione del 101° Congresso SIOT com-

prende, nei diversi capitoli di cui si compone, argomenti di estrema impor-

tanza che vanno dalla fisiopatologia, alla clinica, alla ricerca e alle diverse

terapie nell’ottica di offrire al lettore le risposte essenziali indispensabili per

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XI

una cura ottimale del paziente. Particolare attenzione è stata data ad alcune

condizioni patologiche che più di frequente possono, in ortopedia, avere un ba-

gaglio di dolore non indifferente e non sempre di facile controllo anche con un

approccio terapeutico di tipo innovativo. Si è cercato inoltre di dare risposta a

questioni riguardanti implicazioni medico legali sull’uso dei farmaci off-label e

di mettere a fuoco le norme relative all’uso degli stupefacenti cercando di risol-

vere dubbi e false credenze.

Quindi, nel suo complesso, un libro che di certo sarà molto utile nella pratica di

tutti i giorni per quanti lavorano in ortopedia e traumatologia e non solo.

Infine, come medico e come presidente della Società Italiana di Ortopedia e

Traumatologia, non posso concludere queste poche righe senza un ringrazia-

mento riconoscente a quanti hanno consentito a che questa opera si rendesse

disponibile.

Prof. Rodolfo Capanna

Presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia

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CAPITOLO 1

FISIOPATOLOGIA DEL DOLOREPaolo Grossi, Alessia Violini, Simone Repaci

1.1 Definizione di dolore 2

1.2 Dolore nocicettivo 2

1.3 Dolore neuropatico 11

1.4 Dolore misto 16

1.5 Sensibilizzazione periferica 16

1.6 Sensibilizzazione centrale 17

1.7 Conclusioni 18

CAPITOLO 2

RAPPRESENTAZIONE DEL DOLORE:CONCETTI E STRUMENTIFederico Cabitza

2.1 Introduzione 24

2.2 Applicare l’idea di rappresentazione all’idea di dolore 25

2.3 Il concetto di scala di misura 26

2.4 Il problema della validità nelle scale di misura 28

2.5 Rassegna dei modi per rappresentare il dolore e dei relativi strumenti 30

CAPITOLO 3

BASI FARMACOLOGICHENEL TRATTAMENTO ANTALGICOPaola Sacerdote, Giada Amodeo

3.1 Introduzione 44

3.2 Fans 45

3.3 Anestetici locali 48

3.4 Paracetamolo 49

3.5 Oppioidi 50

3.6 Gabapentinoidi 54

3.7 Inibitori della ricaptazione di serotonina e noradrenalina 55

3.8 Associazione di farmaci per il trattamento del dolore (farmacoterapia combinata) 55

indice

XII

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XIII

CAPITOLO 4

IL DOLORE INFIAMMATORIOAlberto Migliore

4.1 Generalità 60

4.2 Caratteristiche del dolore infiammatorio 60

4.3 Aspetti clinici del dolore infiammatorio 65

CAPITOLO 5

LA SINDROME ALGODISTROFICA Massimo Varenna, Francesca Zucchi

5.1 Introduzione 72

5.2 Epidemiologia 73

5.3 Clinica 74

5.4 Fisiopatologia 77

5.5 Diagnosi 79

5.6 Terapia 80

CAPITOLO 6

LA FIBROMIALGIAPiercarlo Sarzi-Puttini, Maria Chiara Gerardi

6.1 Definizione 86

6.2 Epidemiologia 86

6.3 Eziopatogenesi 86

6.4 Diagnosi 87

6.5 Trattamento 91

CAPITOLO 7

EDEMI MIDOLLARI POST-TRAUMATICIMauro Battista Gallazzi, Matteo Precerutti, Simonetta Failoni

7.1 Edema osseo: classificazione, fisiopatologia e caratteristiche RM 94

7.2 Edema osseo traumatico 95

7.3 Pattern di bone bruise 96

7.4 Correlazione tra clinica e quadro RM 104

7.5 Evoluzione 104

7.6 Conclusioni 105

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XIV

CAPITOLO 8

IL DOLORE IN ORTOPEDIA ONCOLOGICA

Rodolfo Capanna, Gabriella Bernini

8.1 Generalità 108

8.2 Tipologie di dolore 108

8.3 Cause di dolore in ortopedia oncologica 109

8.4 Dolore direttamente connesso al tumore 110

8.5 Dolore correlato a procedure terapeutiche 116

8.6 Dolore correlato a procedure diagnostiche 117

8.7 La sindrome dell’arto fantasma 118

8.8 Situazioni psicologiche condizionanti 120

8.9 Situazioni algogene concomitanti non tumorali 121

8.10 Conclusioni 121

CAPITOLO 9

IL DOLORE DISTRETTUALE

COLONNA

Mario Di Silvestre, Andrea Baioni

9.1 Introduzione 126

9.2 Diagnosi 127

9.3 Trattamento 130

9.4 Ernia del disco 131

9.5 Degenerazione discale 132

9.6 Spondilolistesi lombare 133

SPALLA

Chiara Fossati, Fabio Sciancalepore, Alessandra Menon, Luca Pulici,

Paolo Cabitza, Pietro Randelli

9.7 Introduzione 136

9.8 La tendinopatia della cuffia dei rotatori 137

9.9 La tendinopatia del capo lungo del bicipite 139

9.10 La capsulite adesiva 140

9.11 L’instabilità di spalla 142

9.12 L’artrosi gleno-omerale 143

indice

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XV

GOMITO

Renzo Angeloni, Stefano Soderi, Pasquale Pippa, Chiara Gonnelli

9.13 Anatomia 147

9.14 Patologie tendinee 149

POLSO

Luca Vaienti, Andrea Marchesi, Andrea Polizzi

9.15 Introduzione 160

9.16 Anamnesi 160

9.17 Esame obiettivo 161

9.18 Meccanismi eziologici 161

9.19 Disordini metabolici 166

9.20 Conclusione 167

MANO

Simona Odella, Roberto Pessina

9.21 La rizoartrosi 169

9.22 Artrosi delle interfalangee prossimali e distali delle dita lunghe 173

SACRO-ILIACA

Gianfranco Zinghi

9.23 Generalità 176

9.24 Anatomia 176

9.25 Biomeccanica 178

9.26 Postumi invalidanti 180

ANCA

Marco d’Imporzano, Florian Fischer, Vanni Benito Petrachi

9.27 Anamnesi e sintomi 183

9.28 Analisi del dolore 184

9.29 Esame obiettivo locale 184

9.30 Esame obiettivo mirato 186

GINOCCHIO

Francesco Benazzo, Simone Perelli, Matteo Ghiara

9.31 Introduzione 189

9.32 Patologia meniscale 189

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XVI

9.33 Patologia cartilaginea 191

9.34 Patologia tendinea 195

9.35 La terapia infiltrativa del ginocchio 199

TIBIO-TARSICA E PIEDE

Alberto Corradi, Marco Attanasio, Giovanni Romeo

9.36 Introduzione 201

9.37 Patologia da sovraccarico funzionale 202

9.38 Deformità assiali, del mesopiede e avampiede 207

9.39 Artrosinoviti infiammatorie e degenerative 211

9.40 Neuropatie 214

CAPITOLO 10

LE COMPONENTI PSICOLOGICHE DEL DOLORE Ketti Mazzocco, Gabriella Pravettoni

10.1 Le basi neuropsicologiche della percezione del dolore 226

10.2 Il ruolo dell’attenzione 229

10.3 Le aspettative del paziente 230

10.4 La componente emotiva del dolore 231

10.5 Le influenze sociali 235

10.6 Conclusioni 235

CAPITOLO 11

IMPLICAZIONI MEDICO LEGALI NELLA TERAPIA OFF-LABELFabio Donelli, Giacomo Gualtieri, Mario Gabbrielli, Gianluca Landi

11.1 La regolamentazione italiana 240

11.2 Linee guida: dalla Legge Balduzzi a oggi 242

11.3 Prescrizione e appropriatezza 243

11.4 Consenso e responsabilità 246

11.5 Conclusioni 247

CAPITOLO 12

LA NORMATIVA: LEGGE SUGLI OSPEDALIE NORME SUGLI STUPEFACENTIMario Gabbrielli, Giulia Nucci, Matteo Benvenuti

12.1 Introduzione 250

indice

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XVII

12.2 La Legge 38/2010 251

12.3 Acute pain service 257

12.4 Conclusioni 258

CAPITOLO 13

VALUTAZIONE MEDICO LEGALE DEL DOLOREPietrantonio Ricci, Carlo De Rosa

13.1 Introduzione 262

13.2 Il dolore 262

13.3 Quantificazione del dolore sofferto 263

13.4 Forme di misurazione 264

13.5 Metodiche speciali di misura 265

13.6 Metodi monodimensionali 265

13.7 Metodi multidimensionali 268

13.8 Misurazione degli indicatori fisiologici 269

13.9 Misurazioni obiettive del dolore 270

CAPITOLO 14

SPUNTI MEDICO LEGALI SULL’ACCEZIONEPENALISTICA DEL DOLORE 272

Riccardo Zoja

CAPITOLO 15

LA SOFFERENZA DEL DANNO RISARCIBILE

Lorenzo Isoppo

15.1 Primo inquadramento 276

15.2 Rapporto tra sofferenza risarcibile e danno esistenziale 276

15.3 Il danno non patrimoniale 277

15.4 Dolore e danno morale 279

15.5 La quantificazione del risarcimento 280

15.6 Dolore in ambito iatrogeno 281

15.7 La sofferenza risarcibile in condizioni di agonia 281

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capitolo 1

FISIOPATOLOGIA DEL DOLORE

1.1 Definizione di dolore

1.2 Dolore nocicettivo

1.3 Dolore neuropatico

1.4 Dolore misto

1.5 Sensibilizzazione periferica

1.6 Sensibilizzazione centrale

1.7 Conclusioni

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2

capitolo 1

FISIOPATOLOGIA DEL DOLOREPaolo Grossi, Alessia Violini, Simone Repaci

1.1 Definizione di dolore

Il termine dolore deriva dal latino dolor, che significa sofferenza, sensazione spiacevole che affligge. Oggi il dolore è inteso come sintomo di una malattia, di un trauma, ma anche come sin-drome clinica invalidante che limita e peggiora la qualità di vita del paziente.La definizione ufficiale di dolore è stata deline-ata dalla IASP, International Association for the Study of Pain, che nel 1979 la descrive come “un’esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tis-sutale o comunque descritta in termini di tale danno, (1). Tale definizione pone l’accento so-prattutto sulla natura soggettiva della sensazio-ne dolorosa.Essendo un’esperienza spiacevole, alla compo-nente somatica del dolore si accompagna an-che una carica emozionale. Si tratta pertanto di un’esperienza soggettiva che non può facil-mente esser misurata soprattutto in assenza di un danno reale. Le teorie sulla genesi del dolore sono in continua modificazione grazie alle nuo-ve conoscenze anatomiche e fisiopatologiche.Si è passati infatti dalla teoria neurale specifica di Von Frey (2) nel 1894, secondo cui i quattro principali sensi (caldo, freddo, tatto e dolore) erano condotti da una propria specifica fibra nervosa, alla più recente teoria della neuroma-trice di Melzak (1991) che coinvolge il cervello nell’interpretazione del dolore. Secondo Melzak (3), il cervello può generare ogni qualità di espe-rienza che è normalmente innescata da un input sensoriale. Infatti i pattern del dolore sono già presenti alla nascita nel nostro cervello e vengo-no modulati dalle esperienze della vita di ogni giorno. Il substrato è una rete di neuroni o di

circuiti neuronali tra il talamo e la corteccia, che forma la neuromatrice. La processazione di ri-petuti impulsi attraverso la neuromatrice forma una firma neuronale (neurosignature). In gene-rale, tutto il nostro corpo viene codificato da strutture molecolari del sistema nervoso centra-le, che è influenzato dalle esperienze ambientali.La classificazione del dolore più recente com-prende: › Dolore nocicettivo; › Dolore neuropatico; › Dolore misto (nocicettivo e neuropatico).

1.2 Dolore nocicettivo

Se il dolore è un’esperienza complessa in sé, la nocicezione è il processo fisiologico di ela-borazione di uno stimolo algogeno, che viene trasmesso dalla periferia del corpo fino alla presa di coscienza a livello centrale (perce-zione), grazie alla quale si possono attivare delle risposte comportamentali di tipo rifles-so e protettivo e immagazzinare le informa-zioni nei centri della memoria, per prevenire ulteriori danni futuri. Si parla di dolore fisio-logico, che è basato sul sistema nocicettivo (dolore nocicettivo). È un tipo di dolore ben localizzato, transitorio, acuto, evocato da sti-moli di alta intensità e con una ben precisa relazione stimolo-risposta. Si intende per do-lore nocicettivo quello che compare in seguito a un evento lesivo (per esempio un trauma o un intervento chirurgico). Lo stimolo viene percepito a livello periferico e trasmesso al si-stema nervoso centrale, dove viene memoriz-zato. Può essere somatico, se causato da una

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lesione dei tessuti (soma), come la pelle e i muscoli, o viscerale, se causato da alterazio-ni a carico degli organi interni. L’intensità del dolore è correlata all’entità del danno subìto e si risolve, in genere, al risolversi della causa.Si parla di dolore acuto quando lo stimolo le-sivo si accompagna a una serie di reazioni di difesa che tendono a compensare o allontanare la causa del dolore stesso, spesso con attivazio-ne di alcune funzioni neurovegetative (aumento dell’attività respiratoria, tachicardia, aumento della pressione arteriosa) e ansia.Si parla invece di dolore cronico se dopo la fase del dolore acuto la sensazione dolorosa perdu-ra, viene meno la sua utilità biologica e diviene essa stessa vera e propria malattia (“dolore ma-lattia”). È un dolore che dura almeno per tre mesi o che comunque permane oltre il tempo normale di guarigione. Può determinare modifi-cazioni affettive e comportamentali, condurre a invalidità o disabilità, con il rischio di incidere negativamente sulla qualità di vita e sulle perfo-mance lavorative.La nocicezione è costituita da cinque fasi (fig. 1): › trasduzione, attivazione del nocicettore, per cui uno stimolo nocicettivo (chimico, mecca-nico o termico) viene convertito in un impulso nervoso (elettrochimico); › conduzione, in cui l’impulso doloroso viene condotto al neurone di II ordine; › trasmissione, in cui il segnale elettrico viaggia attraverso le vie sensitive verso il nevrasse tra-mite una via sensoriale di tipo trineurale; › modulazione, in cui avviene la modificazione dell’intensità dell’impulso attraverso meccani-smi spinali (“gate control”) e sovraspinali (vie discendenti); › percezione, in cui avviene la codifica e la pre-sa di coscienza a livello della corteccia somato-sensoriale dello stimolo algogeno da cui posso-no partire le risposte comportamentali di tipo adattativo e la memorizzazione del dolore.

1.2.1 TrasduzioneLa trasduzione prevede la decodifica di un se-gnale esterno di diversa natura (tattile, pres-soria, chimica, termica) che a una determinata intensità di stimolo porta all’attivazione dei no-cicettori; questi convertono lo stimolo esterno in uno stimolo elettrico (potenziale di azione) che viaggia lungo le vie afferenti fino al primo motoneurone della via sensitiva. Alla base della trasduzione ci sono i nocicettori.

Nocicettori

Sono terminazioni libere situate alla giunzione dermo-epidermica.Vengono distinti in: › cutanei; unimodali eccitabili da stimoli mecca-nici ad alta intensità, correlati a fibre A delta e C; hanno un campo recettoriale piccolo; › polimodali; eccitabili da stimolazioni termi-che, meccaniche (4) e chimiche; hanno un cam-po recettoriale ampio e sono collegati a fibre amieliniche C e mieliniche A delta.I nocicettori sono sensibili a sostanze chimiche in grado di attivarli e/o sensibilizzarli.Queste sostanze possono provenire da tessuti lesi, dal distretto vascolare o dalle stesse fibre nervose (sia nocicettive che del sistema nervoso simpatico).I nocicettori sono dunque recettori designati a percepire un danno tissutale. Gli stimoli mec-canici inducono il recettore ad aumentare la permeabilità agli ioni. Gli stimoli chimici come bradichinina, serotonina, istamina, acetilco-lina, ioni H+ e ioni K+ si legano direttamente al recettore modificando le correnti ioniche (5), mentre la sostanza P e le prostaglandine E (PGE) influenzano indirettamente la permeabi-lità del nocicettore. I nocicettori sono terminazioni libere di fibre afferenti che terminano in periferia di neuroni sensitivi pseudo unipolari (primo neurone sensi-tivo della via nocicettiva) con il corpo cellulare

FISIOPATOLOGIA DEL DOLORE

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capitolo 1

posto nelle radici dorsali, trigeminali o nei gan-gli nodosi (6). Essi presentano un’alta soglia di scarica e non vanno incontro ad adattamento o tolleran-za dopo stimoli ripetuti, anzi vanno incontro a facilitazione, con abbassamento della soglia di scarica, a differenza di quanto avviene per i meccanocettori. Vengono classicamente suddivisi in due princi-pali categorie. › Tipo Ad, sono associati a fibre A delta sensiti-ve, non sono capsulati ma mielinizzati e vengo-no attivati da stimoli meccanici e termici di alta intensità; sono responsabili della trasmissione della first pain sensation, descritta come acuta, pungente, ben localizzata e di breve durata, che cessa al termine della stimolazione. Le fibre Ad hanno diametro di 1-6 µm con velocità di con-duzione di 6-30 m/sec. › Tipo C o polimodali, sono terminazioni libe-

re non capsulate né mielinizzate, che vengono attivate da stimoli aspecifici ad alta soglia, di tipo meccanico, termico o chimico; sono re-sponsabili di convogliare il dolore lento, de-scritto come un dolore più diffuso e mal loca-lizzabile, di maggiore durata, di tipo urente, che persiste oltre la stimolazione algogena. Si tratta di fibre di piccolo diametro (< 1,5 µm), con bassa velocità di conduzione: 0,5-2 m/sec. Le fibre C vengono reclutate durante il processo infiammatorio e si pensa possano essere responsabili dell’iperalgesia primaria o periferica. Recenti scoperte hanno portato a considerare anche un ruolo delle fibre A beta nella perce-zione dello stimolo doloroso. Si tratta di fibre mieliniche, che trasmettono un impulso tattile, pressorio o vibratorio e sembrano avere un ruo-lo nella percezione della allodinia e della sensa-zione parestesica.

Figura 1 Le fasi della conduzione dello stimolo doloroso

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Sono stati identificati diversi tipi di recettori coinvolti nel processo di attivazione dei noci-cettori a livello periferico e alcuni di essi sono responsabili di fenomeni di iperalgesia prima-ria e allodinia. Questi potrebbero essere i nuovi bersagli farmacologici per la terapia del dolore.

Recettore TRKa

Fa parte della famiglia dei recettori per le neu-rotropine ad alta affinità ed è specifico per il fattore NGF. È associato alla termoregolazione ed è coinvolto nei processi di sensibilizzazio-ne periferica. Il TRKa (7) è espresso su molte cellule come mastcellule, eosinofili, macrofagi e linfociti, ma anche su cheratinociti e cellule endoteliali. Il legame tra NGF e TRKa provoca sui mastociti e sui macrofagi un processo di de-granulazione con rilascio di istamina, seroto-nina e ioni H, inducendo infiammazione neu-rogena. Il rilascio di questi mediatori, inoltre, sensibilizza i nocicettori polimodali. I recettori TRKa sono stati identificati direttamente su fibre terminali peptidergiche. Il legame NGF-TRKa, inoltre, incrementa la produzione di re-cettore TRVP1, del recettore per bradichinine, del recettore per il canale del NA e del recet-tore per endoteline, favorendo lo sviluppo di ipersensibilità a seguito di infiammazione. La mutazione con perdita di funzione di questo recettore porta a insensibilità congenita al do-lore e anidrosi.

Recettori per tachinine

Si tratta di una famiglia di proteine che si le-gano alle tachinine con alta affinità e innesca-no cambiamenti intracellulari (8). Sono stati identificati tre tipi di recettori: NK1, che si lega specificatamente alla sostanza P; NK2, che si lega alla neurokinina A; NK3, che si lega alla neurokinina B. Nel dolore acuto predomina l’attività della neurokinina A che si lega a NK2 e in piccola parte della sostanza P su NK1. Gli

antagonisti del recettore NK2 sono efficaci nel dolore acuto; nel dolore cronico invece vi è una sovraproduzione di recettori NK1 con elevata attività da parte della sostanza P. Si pensa che gli NK1 siano in parte responsabili del fenome-no del wind up del dolore cronico.

Recettori purinergici

I recettori purinergici sono stati trovati nei neu-roni afferenti primari e nel 30% dei nocicettori che dipendono dal GDNF. Sono stati identificati due principali tipi di recettori (9): il P1 receptor si lega preferibilmente all’adenosina, mentre il P2 receptor è un recettore canale-ligando-dipen-dente che si lega ad altre purine come ATP, ADP, AMP ed è coinvolto nella trasmissione dell’im-pulso nocicettivo; infatti la somministrazione di agonisti per il recettore P2X provoca allodinia e iperalgesia termica. È stato inoltre identificato il sottotipo P2X3 espresso nei neuroni di piccolo diametro, che si associa a lectina IB4 suggeren-do un ruolo nella nocicezione. L’adenosina può esercitare effetti sia di tipo dolorifico che di mo-dulazione. Essa agisce su recettori A1 e su recet-tori A2: l’attivazione dei recettori A2 comporta un effetto eccitatorio con conseguente stimola-zione algica, mentre l’effetto antinocicettivo è legato all’attività dei recettori A1, che esercita-no un ruolo pre- e post-sinaptico inibitorio sui neuroni dorsali. Si pensa che questa differenza di azione sia dosaggio-dipendente: a basse dosi l’adenosina si lega ai recettori A1 con effetto antinocicettivo.

Recettori acid sensing

Sono una famiglia di canali ionici che rispondo-no ad abbassamenti di PH. Sono ubiquitari nel sistema nervoso; il più studiato è ASIC3 (10), che è posto nei gangli dorsali periferici e risponde a variazioni di PH tra interno e esterno della cellula. Si pensa che tale canale sia coinvolto nel dolore toracico derivante dal danno ischemico cardiaco.

FISIOPATOLOGIA DEL DOLORE

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capitolo 1

Recettori per gli oppioidi

I recettori per gli oppioidi (11) sono prevalente-mente distribuiti a livello spinale e sovratento-riale, ma in realtà sono stati identificati in nu-merose parti dell’organismo come reni, surreni, intestino, cellule del sistema immunitario e tes-suti periferici. Sono stati identificati in quattro classi: m, d, k, ORL1. Ognuno di questi presenta una differente stereospecificità per ligandi endo-geni ed esogeni. I recettori m sono suddivisi in: m1 ad alta affinità, responsabili dell’analgesia sopraspinale e m2, responsabili della depressio-ne respiratoria e della dipendenza fisica. Questi sono posti a livello del nucleo caudato, del pu-tamen, del talamo, del midollo spinale, dell’inte-stino e dei vasi deferenti. I recettori k sono posti a livello dell’amigdala, del putamen, del nucleo caudato e del midollo spinale e mediano l’anal-gesia spinale e la sedazione. I recettori d sono invece posti nella corteccia olfattoria, nel puta-men, nella neocorteccia e nelle corna posteriori e partecipano alla analgesia spinale ma anche alla rigidità motoria. I recettori ORL1 (12) sono posti a livello della regione olfattoria, del siste-ma limbico, della sostanza nigra, del talamo, del muscolo liscio, dei gangli periferici. Sono coinvolti nei processi di percezione, della me-moria, dei comportamenti di tipo emozionale e possono esercitare un’azione pro-nocicettiva o anti-nocicettiva a seconda delle dosi e della via di somministrazione di agonisti o antagonisti. I recettori m, d e k sono associati a proteine G inibitorie e inibiscono la sintesi delle adenilato-ciclasi; sono inoltre associati a canali ionici che regolano la fuoriuscita di K e l’entrata di Ca. I meccanismi principali con cui mediano l’anal-gesia sono i seguenti: › attivazione di canali K con corrente entrante nella cellula e iperpolarizzazione della membra-na cellulare; › riduzione dell’attività della GMPc; › chiusura dei canali del Ca voltaggio-dipendenti.

Recettori per endocannabinoidi

Sono stati identificati finora due tipi di recetto-ri per gli endocannabioidi (13): neuronal CB1 receptor e peripheric CB2 receptor. I CB1 sono presenti a livello cerebrale nelle aree associate alla memoria, al dolore, all’ansia, alla perce-zione sensoriale, alla coordinazione motoria; si trovano a livello del sistema endocrino, ip-pocampo, cervelletto e midollo spinale. I CB2 sono espressi nella milza, nei macrofagi e nelle terminazioni nervose. Sono stati scoperti ligan-di endogeni per questi recettori, di cui l’ananda-mide è quello più rappresentativo. Essa modula l’attività neuronale agendo sulla via dell’AMP ciclico e sugli ioni Ca e K.

Canali ionici del sodio

I canali ionici del Na associati ai neuroni sen-sitivi sono suddivisi in base alla loro capacità di rispondere alla tetradotossina in TTX-S e in TTX-R. I canali di tipo TTX-S sono sensibili alla tetradotossina e sono presenti sulle fibre di largo calibro; si tratta di canali veloci del Na e sono responsabili dell’innesco del potenziale di azione sulla fibra nervosa. I canali TTX-R sono invece resistenti alla tetradotossina e presenti sulle fibre di piccolo diametro; sono associati ai recettori polimodali e vengono espressi solo dopo l’insulto (14). Sono stati identificati due tipi di recettori TTX-R: SNS/PN3 e SNS/NAN. I recettori SNS/PN3 sono coinvolti negli stati di dolore infiammatorio, giacché la loro attività viene aumentata dalla adenosina e dalla sero-tonina. Gli anestetici locali come la lidocaina e gli anticonvulsivanti come la carbamazepina bloccano questi canali inducendo analgesia, ma a fronte di diversi effetti collaterali nel sistema nervoso.

Canali ionici del calcio

Esiste una varietà di canali del Ca voltaggio-dipendenti coinvolti nel rilascio di neurotra-

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smettitori e negli stati eccitatori delle membrane neuronali (15). Uno dei bersagli è la subunità A2d dei canali del Ca a cui si lega il gabapentin: attraverso tale inte-razione, questo farmaco esplica la sua azione sul dolore neuropatico e diabetico, mentre ha scarsa efficacia sul dolore di tipo infiammatorio. Invece l’uso di w-conotossina blocca in modo aspecifico i canali del Ca producendo analgesia ma senza poter identificare correttamente i tipi di recettori coinvolti; tuttavia è di scarso utilizzo a causa del-la sua bassa finestra terapeutica. Potenzialmente il blocco dei recettori presinaptici N-type del Ca, sarebbe un ottimo substrato farmacologico per fornire analgesia a largo spettro.

Recettore TRVP1

Questo recettore, che appartiene alla famiglia dei TRVP, è canale ionico aspecifico e viene at-tivato da numerosi stimoli sia di tipo termico (43°C), che di tipo chimico (bradichinine, pro-toni, capsicina, endocannabinoidi). È un recet-tore formato da sei domini trans membrana (16) e presenta un canale ionico trans-membrana aspecifico per i cationi, anche se prevale il pas-saggio di ioni Ca. Il TRVP1 può essere attivato anche tramite fosforilazione da parte di PKC, PKA, kinasi dipendenti dal complesso Ca-Cal-modulina e i processi di fosforilazione aumen-tano la sua suscettibilità alle correnti Ca e Na. Proprio perché può essere attivato da numerosi stimoli, il recettore TRPV1 deve essere conside-rato come un mediatore chiave all’interno del sistema nervoso attraverso la modulazione del-la glia, il rilascio di citokine e la trasmissione sinaptica. Il TRVP1 è espresso nelle radici dei gangli dorsali e sulla lamina 1 e 2 delle corna posteriori. Uno stimolo nocicettivo proveniente da fattori esogeni (termici, meccanici, chimici) o endogeni (ischemia) in un tessuto sano, deve possedere un’alta intensità per attivare i noci-cettori. Se lo stimolo è di intensità sufficiente-

mente elevata, provoca un danno tissutale che genera una reazione infiammatoria locale con rilascio di numerosi mediatori chimici come ioni K+, ioni H+, bradichinina, serotonina, ista-mina, prostaglandine che attivano i vari recet-tori, provocando da una parte l’attivazione di canali ionici Na e Ca con un aumento della con-duttanza ionica, un abbassamento della soglia e un incremento della frequenza di scarica del potenziale di azione con conseguente invio del-la informazione dolorosa al II neurone sensitivo del midollo spinale, mentre dall’altra inducono vasodilatazione, edema, chemiotassi e degranu-lazione mastocitaria, con ulteriore attivazione e reclutamento dei nocicettori.

1.2.2 Conduzione Una volta trasdotto, lo stimolo doloroso viene condotto dal primo al secondo neurone, fino alle corna posteriori del midollo spinale. Nei gangli dorsali risiede il primo neurone della via sensitiva. Si tratta di neuroni pseudopola-ri che con un processo si estendono fino alla periferia in terminazioni libere (nocicettori) o vicino ai recettori capsulati (meccanocettori), mentre con altro processo si proiettano nel corno posteriore del midollo spinale. Le cellu-le dei gangli dorsali sono classificate in neu-roni peptidergici e neuroni non peptidergici. I primi contengono peptidi come la sostanza P, la calcitonina, il CGRP, la somatostatina e terminano principalmente nella lamina I, men-tre i neuroni non peptidergici sono associati al recettore P2X3 e a isoleucina B4(IB4) e sono posti principalmente nella lamina II, ma sono stati trovati anche nella lamina I associati a re-cettori NK1 (17). I processi dei gangli dorsali contenenti le fibre Ad e le fibre C raggiungono posteriormente il midollo spinale nella cosid-detta zona di Lissauer, da cui origina il tratto di Lissauer (18), che contiene fibre di tipo Ad e fibre C. Tale tratto ascende verticalmente lun-

FISIOPATOLOGIA DEL DOLORE

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capitolo 1

go il midollo di alcuni segmenti prima di termi-nare nelle lamine I, II, V, VI di Rexed.

1.2.3 Modulazione All’interno delle corna posteriori del midollo spi-nale, avviene un’attività di controllo da parte de-gli interneuroni presenti anche a livello talamico.Il corno posteriore del midollo spinale è chia-mato anche DREZ (dorsal root entry zone), poiché riceve le fibre sensitive provenienti dai gangli pseudounipolari. La sostanza grigia del corno posteriore comprende le prime cinque lamine di Rexed. La DREZ zone è il sito dove avviene l’integrazione e la modulazione dell’in-put nocicettivo. Gli assoni dei gangli pseudou-nipolari possono entrare in contatto con tre tipi di neuroni della DREZ zone: interneuroni, che servono come relay e partecipano alla pro-cessazione locale del segnale; neuroni proprio-

spinali, che si estendono superiormente e sono coinvolti in attività riflesse segmentali e intera-zioni tra stimoli provenienti da diversi segmen-ti; neuroni di proiezione, che partecipano alla trasmissione sovraspinale verso il talamo e altri centri del diencefalo.La gran parte delle fibre Ad termina nella lami-na I, o zona marginale, ma alcune fibre termina-no anche nella lamina V. La lamina I contiene due tipi di neuroni: › neuroni nocicettivi, che rispondono a stimoli nocivi specifici ed esprimono neuropeptidi ( so-stanza P, enkefaline, serotonina, CGRP); › neuroni WDR, che trasmettono informazio-ni sia di tipo nocicettivo che non nocicettivo. I neuroni WDR mostrano una grande risposta proporzionale all’input dello stimolo e hanno un ampio campo recettivo che può contribuire a ge-nerare l’allodinia (risposta dolorosa sproporzio-nata a uno stimolo normalmente non doloroso).La gran parte delle fibre C termina nella lamina II o sostanza gelatinosa, che riceve anche fibre di tipo Ad (o A delta). I neuroni della lamina

II sono principalmente interneuroni sia di tipo eccitatorio che tipo inibitorio ed è questa la sede dove avviene la modulazione spinale sia tramite sistemi discendenti sia tramite gate pain control.Alla lamina III e alla lamina IV terminano gene-ralmente le fibre Ab (o A beta) ma la lamina III riceve anche fibre di tipo Ad. La lamina V riceve sia fibre di tipo Ad che fibre C e si proietta al tratto spinotalamico. La lamina V contiene una grande quantità di neuroni WDR che si proietta-no alla formazione reticolare e ai nuclei mediali del talamo, partecipando così alla formazione della via mesiale, che media il dolore emozionale.

1.2.4 TrasmissioneL’informazione (sotto forma di potenziali d’azio-ne) viene trasmessa alle strutture del SNC depu-tate all’elaborazione della sensazione dolorosa.

Vie ascendenti

Le principali vie ascendenti del dolore origina-no dal II neurone sensitivo del midollo spinale e risalgono nel diencefalo (talamo e ipotalamo) e nel midollo allungato attraverso diversi fasci che costituiscono i cordoni della sostanza bianca del midollo spinale. I neuroni sensitivi secondari proiettano i loro assoni nel midollo spinale con-trolaterale e poi ascendono nel midollo spinale, costituendo così la base anatomo-funzionale del-la sindrome da emisezione del midollo spinale.Esistono due sistemi ascendenti fondamentali: fascio anterolaterale e fascio posteriore. Nel fascio anterolaterale si trovano i tratti spi-notalamico, spinoreticolare e spinomesencefali-co. Il tratto spinotalamico ha una parte diretta al talamo mediale (denominato tratto spino-talamico mediale o paleospinotalamico) e una parte diretta al talamo laterale (denominata tratto spinotalamico laterale o neospinotala-mico). Recentemente sono stati descritti altri tratti ascendenti, come quello spinoipotalami-co, dimostrando così l’alta complessità delle vie

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ascendenti nocicettive. Nel fascio posteriore si trovano invece il tratto spinocervicotalamico e le colonne dorsali (fig. 2).Le principali vie che trasportano la sensazione dolorosa sono le seguenti. › La via neospinotalamica, che veicola le in-formazioni relative al dolore, alla temperatura e alla sensazione tattile profonda. Essa deriva dagli assoni della lamina I, IV e VI. È una via monosinaptica ed è costituita da due tratti: uno dorso laterale, che veicola gli assoni dei foglietti più superficiali e uno ventrolaterale, che veicola gli assoni dalle lamine più profonde. I neuroni più laterali del tratto ST hanno un piccolo cam-po recettivo e sono coinvolti nella sensibilità discrimitativa del dolore. I neuroni più mediali derivano dalle lamine più profonde (lamina V),

hanno un grande campo recettivo, terminano nei nuclei mediali del talamo e sono coinvolti nell’ aspetto emozionale e affettivo dello stimo-lo algogeno (19). › La via paleospinotalamica deriva dagli assoni delle lamine I, VI, VII. È una via polisinaptica e termina nella formazione reticolare, ipotalamo, ponte da dove si proietta nei nuclei del talamo. › Il tratto spinoreticolare deriva dagli assoni della lamina VII e VIII e termina nella porzione mediale della formazione reticolare, nel midol-lo allungato, nel nucleo gigantocellulare e nei nuclei mediali del talamo. Le cellule di questo tratto hanno ampio campo recettivo e attiva-no meccanismi omeostatici riflessi e forniscono input sensoriali al sistema antinocicettivo e al sistema emozionale.

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Figura 2 Vie sensitive ascendenti

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capitolo 1

› Il tratto spinomesencefalico origina dalla lami-na I, IV, VI; parte dalla lamina X e si proietta al nucleo pretettale, al nucleo rosso e al nucleo interstiziale di Cajal. I neuroni in questo tratto sono nocicettivi e generalmente hanno larghi e complessi campi recettivi. Tale via è coinvolta nella risposta comportamentale e può attivare vie discendenti del sistema nocicettivo (20).

Il tratto spinotalamico è di gran lunga la via ascendente più importante per la trasmissio-ne dell’informazione nocicettiva, specialmente nell’uomo e nei primati, anche se è importante sottolineare che in esso viaggiano anche le in-formazioni termiche. È formato dagli assoni dei neuroni sensitivi secondari controlaterali, per-ciò la maggior parte delle informazioni dolorifi-che s’incrocia subito a livello del midollo spina-le. Le cellule d’origine del fascio spinotalamico sono localizzate prevalentemente nelle lamine I e V-VIII (sono molto scarse quelle localizza-te nelle lamine meccanocettive III e IV e rare quelle nella lamina II, che è costituita in larga misura da interneuroni). Le fibre ascendenti sono organizzate somatoto-picamente; pertanto le informazioni provenienti dalle parti basse del corpo si trovano nella parte più laterale, mentre quelle provenienti dalle parti più alte si trovano più medialmente. I tratti spi-noreticolare e spinomesencefalico portano infor-mazioni nocicettive alla sostanza reticolare e al mesencefalo. La caratteristica fondamentale di queste due vie è l’elevata presenza di collaterali che prendono contatto con quasi tutte le struttu-re che si trovano nel mesencefalo, come i nuclei reticolari, i nuclei parabrachiali, la sostanza gri-gia peri-acqueduttale, i collicoli e il nucleo rosso. Il contatto con tutte queste strutture permette a queste due vie ascendenti di controllare le rispo-ste avverse al dolore, come lo stato di allerta e le risposte vegetative. I neuroni d’origine del tratto spinoreticolare sono localizzati prevalentemen-

te nelle lamine profonde, mentre nella scimmia sono più numerosi nella lamina VII. Sembra che una parte degli assoni inclusi nel fascio spino-reticolare costituisca un fascio separato, il fa-scio spinoparabrachiale, che si differenzia dalle rimanenti fibre del tratto spinoreticolare per la localizzazione dei suoi neuroni d’origine (che sono presenti anche nella lamina I) e per le sue proiezioni (che includono l’amigdala e l’ipotala-mo). Al contrario, i neuroni d’origine del tratto spinomesencefalico sono localizzati nella lamina I e nelle lamine V-VIII, più spesso controlateral-mente. È importante sottolineare che esistono numerosi neuroni del midollo spinale a proiezio-ne ascendente, localizzati prevalentemente nelle lamine V-VIII, che possiedono assoni che lungo il loro decorso si biforcano, terminando in due o più strutture bersaglio dei tratti spinotalamico, spinoreticolare e spinomesencefalico. Dunque esiste una notevole sovrapposizione fra tutte le vie ascendenti sopra descritte.Il tratto spinoipotalamico è una via ascendente identificata solo recentemente, anche se la sua esistenza era già stata sospettata in passato. Infatti, numerosi neuroni nocicettivi delle la-mine I e V-VIII, che fanno confluire i loro as-soni nel cordone anterolaterale controlaterale, terminano in varie regioni ipotalamiche, per esempio quella laterale, posteriore e dorsale. I tratti spinocervicotalamico e le colonne dorsali rivestono un ruolo meno importante nella no-cicezione, essendo deputati principalmente alla trasmissione delle informazioni tattili. Tuttavia, recentemente si è visto che le colonne dorsali appaiono essere implicate nel dolore viscerale, cioè nell’integrazione dei segnali nocicettivi che provengono dagli organi interni.

Talamo

Il talamo rappresenta il III neurone della via sensitiva. Il tratto spinotalamico termina sia nel talamo laterale sia in quello mediale: nel primo

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caso, il nucleo ventroposterolaterale (VPL) ri-ceve informazioni principalmente dai neuroni sensitivi secondari nocicettivi, con un’elevata organizzazione somatotopica, mentre nel se-condo caso i nuclei intralaminari, specialmente il parafascicolare e il centrale laterale, ricevono principalmente dai neuroni sensitivi seconda-ri ad ampio spettro dinamico, senza mostrare un’organizzazione somatotopica. Il nucleo VPL presenta anche neuroni WDR con grande cam-po recettivo e proietta alcuni di questi all’area 3b e 1 della corteccia. Il nucleo ventromediale posteriore riceve proiezioni dalla lamina I ed è costituito da neuroni nocicettivi specifici con piccolo campo recettivo e proietta alla cortec-cia, insula e area 3 (20). I nuclei interlaminari del talamo sono neuroni ad alto campo recetti-vo che integrano i segnali dolorosi e inducono una risposta protettiva.

1.2.5 PercezioneA livello corticale avviene un’ulteriore rielabo-razione dell’impulso che genera la percezione del dolore.La percezione del dolore è la presa di coscienza e il riconoscimento e la memorizzazione dell’e-vento nocivo che avviene a livello delle aree cor-ticali dove, oltre a riconoscere il dolore come un evento di pericolo e quindi organizzare dei comportamenti appropriati per allontanamento dell’evento lesivo, si associa una reazione emo-tiva soggettiva che può influire sulla percezione finale del dolore. Le principali regioni corticali della corteccia che sono coinvolte nella perce-zione del dolore sono: la corteccia somatosen-soriale I (S I) che presenta una organizzazione somatotopica, riceve gli assoni provenienti dai nuclei VPM e VPL del talamo ed è coinvolta nella sensibilità discriminativa della qualità del dolore (21); la corteccia somatosensoriale II (S II) che riceve proiezioni dai nuclei ventrobasa-li del talamo, dal VPM e VPL e dalla corteccia

somatosensoriale I; la corteccia dell’insula che riceve input dalla corteccia S I, S II, VPL, pulvi-nar, nuclei parafascicolari ed è coinvolta nella processazione della sensibilità discriminativa del dolore. La corteccia del cingolo riceve le proiezioni dai nuclei interlaminari del talamo e sembra essere la sede, insieme alla amigdala e all’ippocampo, degli aspetti emozionali e delle risposte motivazionali al dolore.Esiste inoltre un sistema di controllo discendente dell’impulso doloroso. Le vie inibitorie discen-denti partono da alcuni nuclei del tronco cere-brale (locus coeruleus e nucleo del rafe magno) e raggiungono i neuroni spinali. I neurotrasmet-titori coinvolti sono la noradrenalina (NA) e, soprattutto, la serotonina (5-HT). I neuroni se-rotoninergici del nucleo del rafe magno vengono attivati anche da fibre provenienti dal grigio pe-riacqueduttale (PAG), un’area mesencefalica par-ticolarmente ricca di recettori per gli oppiacei. Questi neurotrasmettitori sono peptidi rilasciati dagli interneuroni spinali e sovra spinali durante l’evento nocivo e sono dotati di una elevata af-finità per i recettori oppioidi (encefaline, dinor-fine, endorfine, nocicettina). Essi inibiscono la trasmissione del dolore, aumentando la stabilità delle membrane post-sinaptiche.

1.3 Dolore neuropatico

Il dolore neuropatico è dovuto a un danno primario o a una lesione al sistema nervoso centrale o periferico. A questo livello, la classi-ficazione clinica si divide in nevralgia dei ner-vi periferici (ad es. nevralgia del trigemino) o dolore neuropatico centrale (ad es. sindrome talamica). Tuttavia, la sede della lesione non può essere utilizzata a discriminazione della patologia, in quanto i meccanismi neuropa-tici possono espandersi durante la malattia o

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capitolo 1

coinvolgere sia la fisiopatologia centrale che quella periferica. Ad esempio, in seguito al danno a un nervo periferico, il segnale di do-lore origina inizialmente dal sito assonale le-sionato, ma con il tempo vengono interessate altre porzioni: dai gangli delle radici dorsali (DRG) alle corna dorsali, ai neuroni di ordine superiore, fino a livello corticale. L’estensione dei fenomeni che generano il dolore è dovuta alle lente reazioni biochimiche del sistema ner-voso, per cui il dolore neuropatico dovrebbe essere considerato come una malattia nervosa progressiva.In seguito alla sezione di un nervo, prossimal-mente alla lesione si sviluppa un neuroma, con-sistente di gemme nervose rigenerative che cre-scono in tutte le direzioni. Poche ore dopo la sezione di un assone, gli impulsi nervosi possono essere indotti dalla stimolazione meccanica a partire dal sito del-la lesione e dopo pochi giorni, impulsi spon-tanei originano principalmente dalle fibre C (22, 23). Nel dolore neuropatico, il fenomeno dell’allodinia, che compare spesso a seguito di una lesione nervosa periferica, denota sensa-zioni di dolore evocate da stimoli meccanici a bassa soglia, che non sono dolorosi sulla cute normale. Le evidenze sperimentali e cliniche suggeriscono che le sensazioni dolorose nell’al-lodinia sono dovute agli impulsi nelle grandi fibre mielinizzate (fibre Aβ nei nervi cutanei), che normalmente non sono percepiti come do-lorosi (24). Una semplice interpretazione di queste osservazioni è che le fibre Aβ abbiano sviluppato nuove connessioni sinaptiche con i neuroni che, prima della lesione al nervo, si erano funzionalmente connessi prevalentemen-te con fibre C. Tuttavia questa spiegazione non si applica ai neuroni delle colonne dorsali, poi-ché questi non ricevono un apprezzabile input dalle fibre C. Una spiegazione alternativa può essere trovata nell’ipotesi che nuovi pattern di

scarica emergono in risposta alla stimolazione delle fibre Aβ nei neuroni multi-recettivi del midollo spinale e di altri livelli del sistema so-matosensoriale. Questi pattern di scarica delle fibre Aβ dovrebbero mimare le risposte evoca-te dalle fibre C, che consistono tipicamente di scariche prolungate a singoli stimoli elettrici afferenti e somma dei fenomeni wind-up du-rante i ripetuti stimoli a bassa soglia.I prolungamenti assonali in rigenerazione svi-luppano chemiosensitività entro pochi giorni dalla lesione nervosa. Nelle fibre C in rigenera-zione avviene uno sviluppo precoce della che-miosensibilità a varie sostanze, tra cui istamina, bradichinina, serotonina, capsaicina e molte altre sostanze chimiche conosciute per essere in grado di eccitare i normali nocicettori nella pelle o nei muscoli (25).Una lesione nervosa periferica provoca una rea-zione nelle cellule immunitarie periferiche e nella glia a diversi livelli anatomici: i macrofagi e le cellule di Schwann facilitano i processi di dege-nerazione Walleriana nelle fibre nervose distali a una lesione nervosa; macrofagi, linfociti e cellule satelliti guidano una risposta immunologica nei DRGs; l’attivazione della microglia spinale indu-ce una risposta gliale precoce dal SNC alla lesio-ne nervosa periferica, che è seguita dall’attivazio-ne e proliferazione degli astrociti (26).In seguito a una lesione nervosa periferica, si instaura una reazione infiammatoria iniziale in cui intervengono i macrofagi. I granulociti neutrofili partecipano nella primissima rispo-sta immunologica al danno nervoso, poten-zialmente attratti dal rilascio di NGF e che-mochine. Anche se l’infiltrazione dei neutrofili è limitata alle immediate vicinanze rispetto al sito della lesione ed è di breve durata, i chemo-attrattori e le citochine rilasciate dai neutrofili possono giocare un importante ruolo, rinfor-zando il reclutamento dei macrofagi, partico-larmente durante le prime 24 ore dopo la lesio-

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ne. Immediatamente dopo una lesione nervosa, i macrofagi residenti affluiscono al sito della lesione come una rapida squadra. Il recluta-mento e l’attivazione dei macrofagi residenti e l’invasione di ulteriori monociti dal sangue periferico sono orchestrati dalle chemochine. I macrofagi attivati e le cellule di Schwann denervate secernono una matrice di metal-loproteasi che attacca la lamina basale delle vescicole endoneuriali del sangue, generando un’interruzione della barriera emato-nervosa.Mediatori vasoattivi come CGRP, sostanza P, bradichinina e ossido nitrico, vengono rilascia-ti dagli assoni danneggiati causando iperemia e rigonfiamento. Questi cambiamenti vascolari supportano l’invasione delle cellule immunitarie circolanti, cosicché entro due giorni dalla lesione si forma un denso infiltrato cellulare, composto perlopiù da macrofagi linfociti T e mastociti.L’upregolazione di markers lisosomali e un’ab-bondante inclusione di lipidi indicano che i ma-crofagi si trasformano in fagociti attivi dopo una lesione nervosa. La rimozione degli assoni distali in via di degenerazione e della mielina da parte dei fagociti permette una riorganizzazione delle cellule di Schwann e prepara il terreno per la ricrescita delle fibre lesionate.Entro alcuni minuti dalla lesione, la neuregu-lina, un fattore di crescita espresso sulla mem-brana assonale, si lega ai recettori sulle cellule di Schwann attivando processi di demielinizza-zione e in seguito supportando la proliferazione delle cellule di Schwann.Nella direzione opposta, le cellule di Schwann rilasciano i fattori NGF e GDNF, prostaglandine e citochine, sensitizzando i nocicettori e modu-lando l’espressione genica dei neuroni sensoriali.Il signaling tra i neuroni sensitivi primari, le cel-lule di Schwann e le cellule immunitarie è molto intenso e citochine e chemochine sono compo-nenti centrali in questa complessa rete. Le cel-lule di Schwann, i residenti attivi e i macrofagi

infiltrati, i neutrofili granulociti e i mastociti, rilasciano prostaglandine, citochine pro-infiam-matorie (incluse le interleuchine 1β, 6, 12 e 18, interferone- γ, TNF e LIF) e citochine con fun-zione regolatoria come IL-10 e TGF.Recettori per le chemochine sono presenti sulle cellule di Schwann e sulla glia satellite. Le ci-tochine pro-infiammatorie contribuiscono al danneggiamento degli assoni, ma modulano anche l’attività spontanea dei nocicettori e la sensitività agli stimoli. L’attivazione dei recet-tori del TNF nei neuroni sensoriali porta alla fosforilazione della MAP kinasi e di JNK, po-tenzialmente attivando il fattore nucleare NF-κB e il percorso trascrizionale del gene Jun. Nei macrofagi, il reclutamento di TRAF stimola la sintesi e il rilascio di citochine sia pro- che anti-infiammatorie.Il signalling mediato dal TNF inoltre promuove un’ulteriore invasione dei macrofagi inducendo il rilascio di proteasi e l’upregolazione di mole-cole di adesione.Le cellule della microglia ricoprono un ruolo chiave in risposta alle lesioni del sistema nervo-so. Dopo una lesione nervosa periferica, queste cellule formano densi cluster attorno ai corpi cellulari dei motoneuroni nel corno ventrale del midollo spinale, in modo simile ai macrofagi, che circondano i neuroni sensoriali lesionati. Tuttavia, il maggior reclutamento e attivazione di cellule microgliali si ha nel corno dorsale, in prossimità dei terminali centrali delle fibre ner-vose sensoriali danneggiate.Tre diversi percorsi mediano il reclutamento della microglia spinale residente e probabilmen-te anche dei monociti circolanti, verso il corno dorsale. Questi coinvolgono la chemochina fractalchina agendo sul recettore CX3CR1, il signaling di CCL2 attraverso CCR2 e i recettori Toll-like. Sembra quindi che l’interazione della fractalchina tra neuroni e glia contribuisca allo sviluppo del dolore neuropatico.

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Il reclutamento e l’attivazione di differenti cel-lule gliali in complessi pattern temporali richie-de una ben organizzata comunicazione recipro-ca tra neuroni e glia e tra le stesse cellule gliali.Nello sviluppo del dolore neuropatico sembra essere fondamentale anche il ruolo dell’ATP che agisce sui recettori purinergici della mi-croglia. La stimolazione tonica della micro-glia spinale da parte dell’ATP causa un ri-lascio, mediato da P2RX, di BDNF, il quale determina uno shift di depolarizzazione del gradiente anionico dei neuroni della lamina I del corno dorsale.Questo shift induce un’inversione della corrente GABA inibitoria che contribuisce all’allodinia meccanica a seguito di lesione nervosa (27). Tuttavia, non tutti gli effetti GABAergici sono invertiti dopo lesione nervosa periferica, e que-sto cambiamento del segnale GABA sarebbe li-mitato a una sottopopolazione di neuroni della lamina I che proiettano al cervello.L’attivazione della microglia induce un incre-mento della sintesi della proteasi lisosomale catepsina-S, e delle citochine IL-1β, IL-6, IL-10, TNF e TGF-β. La modulazione diretta dell’at-tività dei neuroni del corno dorsale da parte di queste citochine potrebbe essere coinvolta nello sviluppo del dolore neuropatico; tuttavia, esse mediano importanti segnali autocrini di feedback alle stesse cellule microgliali (28).

1.3.1 Nuove teorie sul dolore neuropaticoIl campo del dolore neuropatico ha subito una notevole evoluzione negli ultimi anni, grazie al perfezionamento di modelli di dolore neuro-patico inducibili nell’animale da esperimento. Ciononostante la letteratura sull’argomento non è del tutto univoca nel definire il dolore neuropatico. L’approccio terapeutico al dolo-re neuropatico è differente da medico a me-dico. Ciò è in gran parte dovuto alla relativa scarsità di studi clinici randomizzati e di studi

comparativi tra farmaci differenti. Gli studi clinici sono in genere riferiti alla malattia e non al meccanismo fisiopatologico del dolo-re. Gli studi sugli animali ci hanno insegnato come differenti meccanismi del dolore posso-no essere identificati a livello dei nervi perife-rici e del midollo spinale. Sfortunatamente un meccanismo può essere responsabile di sin-tomi differenti, così come lo stesso sintomo può essere causato da meccanismi differenti. Recentemente C. Bonezzi e M. Buonocore (29), hanno proposto un semplice modello per valutare i pazienti allo scopo di definire il meccanismo coinvolto e mirare la terapia. Il modello diagnostico permette di classificare i pazienti in base al meccanismo patogeneti-co del dolore in quattro gruppi (ipersensibi-lità dei neuroni spinali da deafferentazione, scariche ectopiche nelle fibre nocicettive C, ipersensibilità dei neuroni spinali da scariche ectopiche nelle fibre nocicettive C, ipersensi-bilità dei neuroni spinali da ipereccitabilità dei nocicettori). In un secondo momento può essere valutata la presenza di un quinto mec-canismo, l’adrenosensibilità.Le possibilità terapeutiche possono essere così mirate su ciascun meccanismo patogenetico. Sia i farmaci che le tecniche antalgiche possono essere classificati in base alla loro capacità di combattere i vari meccanismi patogenetici.

1.3.2 Meccanismi patogeneticidel dolore neuropaticoI processi somatosensoriali aberranti che sosten-gono il dolore neuropatico (vedi definizione) possono essere raggruppati in due grandi cate-gorie: la genesi ectopica di impulsi nocicettivi e l’ipersensibilità di neuroni nocicettivi centrali.

Genesi ectopica di impulsi nocicettivi

Il termine ectopico significa, letteralmente, fuori di luogo, dal greco éktopos. In neurofi-

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siopatologia il termine ectopico tende a essere attribuito a potenziali d’azione che si generano direttamente nelle fibre nervose, senza cioè che avvenga la fisiologica attivazione della termina-zione nervosa corrispondente.In condizioni di normalità, le fibre del neuro-ne nocicettivo periferico (I neurone nocicetti-vo) sono eccitabili ectopicamente se sottopo-ste a stimoli di elevata intensità. Un esempio è dato da stimoli meccanici di elevata intensi-tà portati direttamente sul nervo e dalla ben nota fastidiosa sensazione di scossa elettrica da essi evocata.In caso di lesioni nervose periferiche, le fibre sensitive, sia lesionate che indenni, abbassano la loro soglia di eccitabilità ectopica per gli stimoli (chimici, termici e meccanici) che normalmente sono in grado di eccitarle (30,31) e acquisisco-no una nuova sensibilità per stimoli a cui non erano precedentemente sensibili, come ad esem-pio stimoli adrenergici. Quando l’ipereccitabili-tà ectopica dei neuroni nocicettivi periferici rag-giunge i suoi livelli più elevati, le fibre nervose periferiche possono attivarsi anche in assenza di stimoli, configurando un quadro di attivazione spontanea, continua o sub continua.

Ipersensibilità dei neuroni nocicettivi centrali

A livello del corno posteriore, ma anche a livello del talamo e della corteccia sensitiva, sono stati identificati due tipi di neuroni noci-cettivi. In condizioni di normalità questi due tipi di neuroni possiedono comportamenti differenti e ben identificati. Il primo, chiama-to nocicettore specifico, è connesso periferi-camente solo con fibre nocicettive e risponde solo a stimoli di elevata intensità (stimoli no-civi). Il secondo, chiamato neurone ad ampio spettro dinamico, risponde a stimoli di bas-sa intensità con basse frequenze di scarica e a stimoli di elevata intensità (stimoli nocivi) con elevate frequenze di scarica. In seguito

a danni periferici algogeni, nervosi e non, i neuroni ad ampio spettro dinamico possono subire una modificazione della loro funzione fisiologica e iniziare a scaricare a frequenze marcatamente nocicettive anche in seguito a stimoli normalmente non nocivi o a stimoli normalmente solo debolmente nocivi.Sempre in seguito a danni periferici algogeni i neuroni ad ampio spettro dinamico sono anche in grado di espandere il loro campo recettoriale originario (32).I neuroni nocicettivi centrali possono sviluppare una condizione di ipersensibilità, fino alla scarica spontanea, anche in seguito alla loro deafferen-tazione, processo che si verifica per gravi lesioni gangliari o radicolari. È stata anche dimostrata la possibilità che un neurone spinale deafferenta-to allarghi il proprio campo recettoriale e svilup-pi una nuova responsività a stimoli provenienti da territori limitrofi a quelli denervati.Come avviene per i neuroni nocicettivi perife-rici, anche per i neuroni nocicettivi centrali è possibile che l’ipereccitabilità ectopica si tra-sformi, nei casi più gravi, in una attivazione spontanea, indipendente da ogni stimolo e ten-denzialmente continua.

1.3.3 Clinica delle sindromi algiche neuropaticheLa diagnosi delle sindromi cliniche neuropati-che non è semplice perché i sintomi e i segni, come vedremo in seguito, si presentano in as-sociazioni sempre diverse e variabili nel tem-po. Uno degli aspetti più importanti è rappre-sentato dal fatto che questi quadri clinici non sembrano dipendere dal tipo e dalla sede della lesione ma piuttosto dai meccanismi fisiopa-tologici che insorgono sia a livello dei tessu-ti somato-viscerali, sia all’interno del sistema nervoso periferico e centrale.Non solo le lesioni del sistema nervoso perife-rico ma anche quelle degli altri tessuti possono infatti causare a livello spinale e sopraspinale

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