Traffico dei Rifiuti "Storia della discarica dei veleni"

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Qualcuno descrisse il sistema dei rifiuti come un la- voro difficile. Ci indusse a pensare che era meglio lasciar stare: i rifiuti sono affari di società potenti che danno lavoro e fanno girare l’economia. E se qualcuno si ammalasse? E se a rischio è la salute pubblica? Meglio non pensarci... Per questo e per altri motivi vi raccontiamo una sto- ria inquietante, narrata nei minimi particolari da chi ha operato, fin dalla sua nascita, alla costruzione della discarica gestita dalla Lombardi Ecologia. So- cietà che attualmente è indagata per gestione ille- cita di rifiuti, ovvero per aver realizzato, mediante interramento, discariche abusive. Questa è la sintesi dell’inchiesta che abbiamo realizzato con l’intento di far luce sulla gestione dei rifiuti nel nostro territorio. Il materiale raccolto parla di una cava inesauribile che ha ospitato i rifiuti di ventuno comuni autoriz- zati, e di altri “clandestini”. Di frutta e verdura che consumiamo ogni giorno, innaffiata volontariamen- te con il percolato, quel liquido tossico residuo della discarica. E ancora, vi raccontiamo del traffico di rifiuti dal Nord al Sud, di coloro che hanno sepolto quella “spazzatura scomoda” sotto le radici delle nostre piante, arrivando perfino a intrecciare rap- porti con la malavita organizzata barese. Questa storia rivela alcune scomode verità: qualco- sa di terribilmente marcio in questo territorio. Fabio D’Aprile, Nicola Teofilo

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Vi raccontiamo una storia inquietante, narrata nei minimi particolari da chi ha operato, fin dalla sua nascita, alla costruzione della discarica gestita dalla Lombardi Ecologia. Società che attualmente è indagata per gestione illecita di rifiuti, ovvero per aver realizzato, mediante interramento, discariche abusive. Questa è la sintesi dell'inchiesta che abbiamo realizzato con l'intento di far luce sulla gestione dei rifiuti nel nostro territorio.

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Qualcuno descrisse il sistema dei rifiuti come un la-voro difficile. Ci indusse a pensare che era meglio lasciar stare: i rifiuti sono affari di società potenti che danno lavoro e fanno girare l’economia. E se qualcuno si ammalasse? E se a rischio è la salute pubblica? Meglio non pensarci...Per questo e per altri motivi vi raccontiamo una sto-ria inquietante, narrata nei minimi particolari da chi ha operato, fin dalla sua nascita, alla costruzione della discarica gestita dalla Lombardi Ecologia. So-cietà che attualmente è indagata per gestione ille-cita di rifiuti, ovvero per aver realizzato, mediante interramento, discariche abusive. Questa è la sintesi dell’inchiesta che abbiamo realizzato con l’intento di far luce sulla gestione dei rifiuti nel nostro territorio.

Il materiale raccolto parla di una cava inesauribile che ha ospitato i rifiuti di ventuno comuni autoriz-zati, e di altri “clandestini”. Di frutta e verdura che consumiamo ogni giorno, innaffiata volontariamen-te con il percolato, quel liquido tossico residuo della discarica. E ancora, vi raccontiamo del traffico di rifiuti dal Nord al Sud, di coloro che hanno sepolto quella “spazzatura scomoda” sotto le radici delle nostre piante, arrivando perfino a intrecciare rap-porti con la malavita organizzata barese.Questa storia rivela alcune scomode verità: qualco-sa di terribilmente marcio in questo territorio.

Fabio D’Aprile, Nicola Teofilo

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Periodico di informazione libera e partecipata

Registrazione Tribunale di Bari n.3950/08 Editore / Associazione culturale il ForoDirettore Responsabile / Nicola Teofilo

Avremmo voluto iniziare la nostra inchiesta giornalistica sulla discarica Martucci, riportando il punto di vista della Lombardi Ecologia. Purtroppo l’azienda non ha ritenuto opportuno dar seguito alla nostra richiesta di replica.

In data 05 novembre, vista la delicatezza delle informazioni raccolte, abbiamo consegnato una bozza dell’articolo all’attenzione dell’amministratore unico della società, dott. Rocco Lombardi, offrendo − come deontologia e correttezza professionale consigliano in tali situa-zioni − la possibilità di rilasciare eventuali dichiarazioni nel merito entro il 07 novembre.

La replica del dott. Lombardi è arrivata − venerdì 09 novembre intorno alle ore 19:00 − tra-mite l’avvocato Francesco Paolo Sisto che ci ha diffidato a non dar corso alla pubblicazione ritenendo che il nostro articolo (e la previa consegna della bozza) presentasse elementi di rilevanza penale sotto un duplice profilo: «[...]la molto anticipata richiesta di interfaccia con voi relativamente all’articolo allegato» e «il contenuto del testo “da stampa”, colmo di dati non rispondenti al vero, gravemente offensivi di persone e azienda, e grandemente lesivi dell’immagine di dirigenti e lavoratori della Lombardi Ecologia. [...]».

Ci assumiamo ugualmente l’onere della pubblicazione di quanto segue.

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3Fabio D’Aprile

Il Commissario Delegato all’emer-genza ambientale, Nichi Vendo-la, il 18 marzo 2011, ha dichiarato esaurito il terzo lotto della discari-ca di Conversano, avviando l’im-pianto complesso per la produzio-ne di CDR (combustibile da rifiuti).

Chiuso un capitolo durato quasi trent’anni, è arrivato il tempo di fare il bilancio sulla gestione della cava Martucci. Ebbene, dopo le rivelazioni di un ex operaio, sono scattati una serie di sequestri di siti − esterni al perimetro della disca-rica − in cui si è accertata la pre-senza di massicce quantità di rifiuti interrati abusivamente. La Procura di Bari ha aperto un fascicolo in cui la Lombardi Ecologia è chiamata a rispondere di gestione illecita di rifiuti. Tuttavia non sono da esclu-dere ulteriori sviluppi. Come si ap-prende dalla stampa nazionale, la Guardia di Finanza ha iniziato ad investigare anche sull’appalto che ha portato la Lombardi, in associa-zione con altre aziende, ad aggiudi-carsi la realizzazione e la gestione dello stesso impianto complesso, su cui pende un altro sospetto: le due annesse discariche di servizio e soccorso non sarebbero state op-portunamente impermeabilizzate.

In questo quadro già preoccupan-te, oggi siamo in grado di riferirvi il racconto di un altro dipendente

che ha deciso di rendere pubblico tutto ciò che ha vissuto in prima persona, consentendo di delineare i contorni in cui l’azienda si è mossa dalla fine degli anni ‘80 ad oggi.

Senza ulteriori giri di parole, il ma-teriale che vi proponiamo testimo-nia come “la frutta e la verdura che cresceva nei campi limitrofi alla discarica sia stata volontariamente coltivata con litri e litri di per-colato, per poi essere smerciata sui vari mercati attraverso la Fi.Lom (Fondiaria Immobiliare Lombardi).” E quando la nostra fonte ha deciso − per necessità o disperazione − di denunciare tutto, l’unica reazione da parte dell’azienda, secondo quanto ci viene riferito, sarebbe stata coinvolta la malavita or-ganizzata. Chiedere udienza ad uno dei clan più pericolosi della provincia barese per minacciare e ridurre al silenzio chi stava metten-do a rischio il proprio Leviatano. Un pactum sceleris − consolidatosi nel tempo − contro l’incolumità della popolazione che, secondo quanto riferitoci, neanche la politica − pure informata tempo addietro − avreb-be avuto la forza di fermare. Girate democraticamente le spalle dall’al-tro lato, si è permesso che un con-cittadino fosse costretto a diventare l’ombra di se stesso, a vivere con il costante timore che qualcuno deci-

desse di colpirlo alle spalle o, peg-gio, di infierire sulla sua famiglia. E di retorica ce n’è poca: parlano le varie operazioni condotte su questa vicenda da parte dell’Antimafia.

Ora è proprio la politica − speria-mo sollecitata da un fronte compat-to di associazioni e cittadini − che dovrà interrogarsi su quali siano le ricadute sulla pubblica salute. Se sia lecito avanzare il sospetto che il preoccupante incremento della mortalità per patologie tumorali (a Conversano e nei comuni limi-trofi) sia relazionabile alla dubbia gestione della discarica Martucci.

É la Politica, nella sua veste di “primo presidio della società civi-le” come recitano i manuali, che dovrà intervenire per tutelare con ogni atto possibile la dignità e la sicurezza di chi può (e vuole) aiutare a spazzar via i fantasmi che assediano il nostro territorio.

C.da MartucciArea della discarica Lombardi

Anni ‘90

Vigneto C.da Martucci

rifiuti seppelliti2012

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Contrada Martucci: «Da conca d’oro a cimitero per i rifiuti»

Conca d’oro. Così i contadini defi-nivano contrada Martucci. Con due parole si erano sintetizzati i millena-ri movimenti della morfologia che avevano arricchito quella gravina di materiali organici e terra rossa, creatasi per dissoluzione delle no-stre pietre calcaree e, dunque, ricca di ossido di ferro, alluminio e man-ganese. Altro fattore che rendeva ‘dorata’ quell’area era l’ottimo microclima e la predisposizione a diventare un serbatoio naturale delle acque meteoriche ricadenti dalle zone circostanti. Proprio questo aspetto permetteva al terreno di mantenere un’umidità costante e consona allo sviluppo delle colture, rendendo quasi superflui i lavori di irrigazione artificiale.Insomma terra fertile che sfornava frutta e verdura in quantità maggio-ri e in anticipo, senza dover ricorre-re a nessun artificio della concima-zione chimica. Terra preziosa non solo per i contadini che avevano la fortuna di possedere un campo in

contrada Martucci ma anche per

chi, in anticipo su tutti, comprese che quella risorsa si poteva piazza-re facilmente sul mercato, magari per arricchire i campi brulli, scarsa-mente fertili. «Fu questo il caso della ditta mole-se Giovene − inizia a raccontare la nostra fonte − che comprò i campi dai contadini, estrasse l’oro rosso (la terra argillosa, ndr) e la riven-dette con i dovuti guadagni. Esau-rita la terra restava lo scheletro, un’ampia e accogliente cava. Inu-tile per Giovene, una miniera nella miniera per Paolo Lombardi che, con la sua ditta personale, già da tempo gestiva il servizio di raccolta dei rifiuti urbani nei comuni di Mola, Triggiano e Conversano. Ora aveva un posto dove, per pochi milioni di lire al mese, poteva depositare la spazzatura». La fortuna sembrò essersi schierata con i Lombardi giacché, nel 1982, arrivò un Decreto del Presidente della Repubblica (il n.915 e ss.mm.ii.) che consentiva alle discariche «abusive» o «incontrollate», già funzionati prima del decreto stes-

so, di sanare la propria posizione e ottenere le relative autorizzazioni per l’esercizio in pieno rispetto dei vincoli introdotti.Paolo Lombardi colse al volo l’oc-casione e, il 5 agosto 1983, si fece rilasciare dall’On. Giuseppe Di Vagno, all’epoca sindaco di Con-versano, una dichiarazione in cui si attestava che «la discarica sita in agro di Conversano, in contrada Martucci, all’epoca dell’entrata in vigore del DPR n. 915 del 10.09.82 era esercita».Procacciatosi il documento madre, si poteva mettere in moto la mac-china burocratica per ‘regolare’ le altre carte: nel maggio 1984 venne rilasciata dalla Regione l’autorizza-zione provvisoria (DPGR n.292); nel marzo del 1985 si aggiunse la concessione edilizia del comune di Conversano. Infine, il 14 ottobre 1986 venne servita l’autorizzazio-ne definitiva per l’esercizio della discarica intestata alla “neonata” Lombardi Ecologia srl.

C.da Martucci, Discarica III lotto, 2011

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Contrada Martucci: «Da conca d’oro a cimitero per i rifiuti»

LA DISCARICA LOMBARDI È NATA SU FALSE ATTESTAZIONI

In questa vicenda, non sempre vi è una corrispondenza tra quello che raccontano le carte ufficiali e quello che, da postazione privilegiata, si è potuto ascoltare e osservare. Gli anni successivi, difatti, dimostra-rono che i fratelli Lombardi per ini-ziare a gestire la propria ‘miniera’ avevano preso qualche scorciatoia di troppo. Circostanza che spin-se, nel 1990, l’allora Presidente della Giunta Regionale, Michele Bellomo, a revocare quella au-torizzazione. E i successivi eventi gli dettero ragione: un anno dopo (marzo ‘91), nella fase dibattimen-tale dell’udienza svoltasi presso il

TAR Puglia, si dimostrò che nell’82 la discarica non era esercitata e che la cava Giovene fu acquistata dai Lombardi solo nel 1984. Quella discarica, dunque, era nata su false attestazioni: come confer-merà il Consiglio di Stato − con una sentenza del 1996 − prima dell’82 la cava utilizzata da Paolo Lom-bardi era solo un deposito di inerti. C’era materiale sufficiente per met-tere i sigilli e fare un paio di do-mande ai gestori. Niente da fare: i ricorsi, gli appelli e le situazioni emergenziali aiutarono la Lombardi Ecologia a svolgere il proprio lavo-ro nonostante questa “trascurabile zona grigia”.

IL GIOCO DELLE TRE CARTE Qual è allora la vera storia di que-sta autorizzazione? Secondo la ri-costruzione che ci viene fornita, alla fine del 1985 Giovene contattò il responsabile molese dell’azienda di

Vincenzo Lombardi

Paolo Lombardi

Paolo Lombardi, invitandolo a con-vincere chi di dovere ad acquistare la cava per circa 200 milioni di vec-chie lire. «L’offerta era allettante ma − di-chiara la nostra fonte − Paolo Lom-bardi non voleva mettere a rischio il proprio capitale. Propose, quindi, l’affare a due dei suoi fratelli: Ni-cola Lombardi e il dott. Vincenzo Lombardi, all’epoca dei fatti do-cente presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Bari. Proprio il professore, fiutando l’affa-re, accettò la proposta di Giovene». Acquistata la cava i tre fratelli si ingegnarono per farla fruttare. L’intuizione, spiega la nostra fonte, arrivò nel 1986: «I Lombardi − che continuavano a gestire il servizio di igiene urbana a Conversano − in-viarono alla Regione una richiesta di ampliamento della discarica, pre-cisando solo che tale discarica si trova in c.da Martucci. La Regione, ben sapendo che in quella contrada esiste già da tempo la discarica co-munale, giunse alla conclusione che l’ampliamento fosse riferito a quella discarica e lo concedette senza nes-suna particolare verifica. Con que-sto ‘stratagemma’ Lombardi riuscì ad ottenere il permesso ad esercita-re la propria discarica, secondo la migliore tradizione del gioco delle tre carte». Solo ora nasceva la società Lombar-di Ecologia srl, decretando la fine dell’era della conca d’oro dell’agri-coltura. Contrada Martucci comin-ciò ad assumere i lineamenti di un cimitero di rifiuti. I trattori vennero sostituiti dai camion ecologici. Gli occhi dei contadini si abituarono al sangue dei rifiuti e, segnandosi tre volte, accettarono che l’antica bellezza di quella terra di mezzo venisse cancellata.I conversanesi, dal canto loro, si confrontarono con nuove parole. Primo lotto: 22 ettari ufficiali, molti di più come diremo in seguito; im-permeabilizzazione artificiale del sito per evitare l’infiltrazione di per-colato in falda, provvedimento a cui non è ancora chiaro se si sia mai ottemperato, nonostante quella di-scarica sorgesse su terreno carsico con forte permeabilità.

LA CONTA DEI RIFIUTI

«In poco tempo − sottolinea la nostra fonte − in quella cava arri-varono i rifiuti di numerosi comuni, grossomodo corrispondenti all’ex ATO BA/5, che smaltirono una me-dia giornaliera di 575 tonnellate di rifiuti indifferenziati». La discarica Lombardi era in fermen-to e non poteva certo accontentarsi del lavoro quotidiano.«Ad esempio − ci rivela la nostra fonte − a Conversano arrivò verdu-ra radioattiva e grano contamina-to dalla recente tragedia di Cher-nobyl, trippa putrefatta e carcasse di animali, nonché i pericolosi scarti di lavorazione del polo chimico Enichem di Manfredonia (chiuso definitivamente nel 1994). Quest’ul-timi avevano un trattamento specia-le: si faceva un buco tra i rifiuti già abbancati e si sotterravano in rigo-roso silenzio. Un paio di operari av-vertivano qualche capogiro. Niente di cui preoccuparsi, si trattava sicu-ramente di stanchezza. Alla fine del 1986, in poco più di quattro mesi, la discarica Martucci aveva già in-goiato circa 104 mila tonnellate di RSU, a cui si sommavano tutti i rifiuti speciali e pericolosi prima descritti, nonché quelli smaltiti precedente-mente dalla ditta personale di Paolo Lombardi, stimabili grossomodo in 160 mila tonnellate».

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«Lombardi Ecologia: La Fabbrica si espande»

Veduta satellitare dell’area della discarica Lombardi

LE “ATTIVITÀ PARALLELE”

Partiamo con “una breve digressio-ne su una porzione delle “attività parallele” del gruppo Lombardi che, oltre a distinguersi come “società le-ader” nella gestione dei rifiuti nel sud Italia e in altre regioni, da anni conduce una fiorente attività agri-cola attraverso l’azienda Fi.Lom (Fondiaria Immobiliare Lombardi).Una volta che la Lombardi Eco-logia ha comprato i suoli limitrofi alla discarica, la Fi.Lom ha avuto il compito di realizzare o coltivare (sui campi, s’intende, non destinati nell’immediato ad accogliere i rifiu-ti) vigneti, ciliegeti, oliveti, campi di carciofi, patate, rape, peperoni e

vari ortaggi.

Ebbene, come rivela la nostra fon-te, se «una parte del raccolto è destinata alla vendita all’ingrosso, un’altra parte viene distribuita in forma di dono per acquisire la be-nevolenza di personaggi influenti. Lombardi in questo periodo si im-pegna a stringere il maggior nume-ro di amicizie. E non solo in Puglia ma anche in varie città del centro e nord Italia, tra cui Mantova, Roma, Firenze, Bologna e così via. Amici-zie a cui i Lombardi consegnano di buon grado i migliori prodotti sfor-nati dalle proprie terre in cambio di un futuro tornaconto. Ed anche i vari professionisti sono orgogliosi di poter dire alle proprie famiglie che queste primizie provengono dalla conca d’oro di Conversano».

«Si innesca − seguita la nostra fonte − un sistema tentacolare di reciproci favori. Gli uffici della Lom-bardi si trasformano in un “centro di potere”, intento a smistare ogni tipo di “merce di scambio”: pacchetti di voti, pressioni in vista dell’indizione di bandi di gara per la raccolta o la gestione dei rifiuti, sorrisi e strette di mano nelle circostanze ufficiali per ottenere maggiore accondiscenden-za nel sistema dei controlli».

«Alla fine di questa storia − con-clude provocatoriamente la nostra fonte − una delle domande che bi-sognerà porsi è quanti di questi fe-deli amici continueranno a stimare la Lombardi Ecologia e quanti inve-ce diverranno acerrimi nemici. L’al-

Dopo aver messo in luce le modalità con cui i fratelli Lombardi avrebbero ottenuto l’autorizzazione ad esercitare la propria discarica, ci occupiamo di quanto è avvenuto negli anni successivi, in particolare nel periodo compreso tra il 1987 e il 1990.

«Con questa porzione di racconto − sostiene la nostra fonte − si conclude la “storia ufficiale” di quella discari-ca. Tuttavia, esiste un’altra storia che, con documenti inconfutabili, spiega come i fratelli Lombardi hanno agito per riappropriarsi della conca d’oro e riaprire la discarica. Una storia fitta di retroscena inquietanti: accordi con politici e cittadini; passaggi di soldi e tangenti; furti e truffe allo Stato e contatti con esponenti di spicco della malavita al fine di mettere a tacere chi, come me, conosceva il malaffare celato dietro la gestione della Lombardi Ecologia».

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tra domanda è se questi amici sono riusciti ad avere una buona dige-stione...».

“LA POLITICA ESPANSIONISTICA”

Tornando al nostro racconto, il 1987 si aprì con la poli-tica espansionisti-ca della Lombardi Ecologia: assesta-to ciò che aveva “occupato”, iniziò a dilatare i propri confini. Dunque, migliorata la via-bilità per i camion e perimetrata la discarica in eser-cizio con cancelli e mura di cinta, i fratelli Lombardi acquistarono i primi terreni limitrofi alla cava.

Due sono le modalità che finaliz-zerebbero queste acquisizioni. La prima: «I contadini, stanchi per l’ar-rivo dei tanti camion che rendevano quasi impossibile lavorare i propri campi, si convinsero a vendere e, sfruttando il grande interesse dei Lombardi, fecero lievitare il prez-zo». La seconda fu una piccola speculazione: «Chi aveva un po’ di soldi da parte li investì acquistando a poco prezzo un terreno in quella zona, per poi rivenderlo al doppio agli stessi Lombardi. Come si vede, la conca d’oro non smentiva la sua “fertilità”, anche in questo nuovo affare».

«I Lombardi − aggiunge la nostra fonte − erano ben lieti di comprare a prezzi che ad altri sembravano un affare. In realtà gli unici ad avere un guadagno certo e duraturo era-no proprio loro: sapevano bene che ogni centimetro di quella terra po-teva essere scavato, trasformato in una succursale della discarica e ga-rantire profitti altissimi. Fu così che si gettarono le basi per trasformare il nostro paese nella grande pattumie-ra d’Italia».

I RIFIUTI DAL NORD ITALIA

A cavallo tra il 1986 e il 1987 venne fondata la Cooperativa Aurora, gestita da tale Giuseppe Settanni che negoziò l’arrivo dei rifiuti dal nord Italia a Conversano.

Come è noto, nel 1986 chiuse l’in-ceneritore di San Donnino (FI) per il certificato potere inquinante (esa-lazioni di diossina e contaminazio-ne permanente dei terreni della zona). Il sistema toscano dei rifiuti entrava in crisi ma la soluzione sa-rebbe già confezionata da qualche tempo: C.da Martucci. I dati ufficiali parleranno di conferimenti durati dall’aprile al dicembre del 1988 per un totale di 150mila tonnellate. La nostra fonte, viceversa, sostiene che «tutto iniziò verso la fine del

1987 e proseguì ininterrottamente fino al 1990, con una media di 50 tir al giorno (provenienti da Firen-ze e da parecchi comuni del nord Italia) che scaricheranno un quan-titativo complessivo di circa 1mi-lione e mezzo di tonnellate».In aggiunta, nel giugno 1989, C.da Martucci fu “costretta” ad ospitare anche il conferimento autorizzato di circa 800 quintali di rifiuti ospedalieri.

LA PROTESTA DI CONVERSANO

Tutto sembrava an-dare per il meglio. Nessuno, meno che mai i fratelli Lombardi, si aspet-tava che un sinda-calista, Vincenzo Bolognino, tro-vasse coraggio e risorse per mette-re in discussione il degrado in cui era caduta quella por-zione di territorio, animando una pro-testa che, in manie-ra quasi accidenta-le, avrebbe dato inizio alla presa di coscienza civile.

Nel 1990, infatti, gli agricoltori era-no in stato di agitazione per il lungo periodo di siccità che stava metten-do a rischio il raccolto. Di ritorno da una manifestazione svoltasi a Bari si trovarono a passare proprio da C.da Martucci e notarono dei cannoni posizionati all’interno della discarica. Il primo pensiero fu che venissero utilizzati inibire le piog-ge sparando razzi antigrandine; in seguito si prese atto che si trattava di irroratori di sostanze utili ad atte-nuare le esalazioni dei rifiuti.

Sbagliata la mira ma giusta l’intui-zione. In quella conca, guardata col-pevolmente (o ingenuamente) dalla distanza di due palmi. Finalmente Conversano ritrovava il proprio or-goglio. Rifiutava di ipotecare il futu-

ro dei suoi figli e decideva di protestare ad oltranza, alle-stendo anche

un presidio permanente, onde evita-re che qualche camion si introduces-se nottetempo.

L’8 novembre 1990, proprio gra-zie a questa mobilitazione − che si estese rapidamente a quasi tutta la cittadinanza − l’allora sindaco Luigi Fanelli emise l’ordinanza di chiusura della discarica Lombardi, anche perché, dagli accertamenti

«Lombardi Ecologia: La Fabbrica si espande»

“Un sistema tentacolare di reciproci favori...”

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C.da Martucci, tendone di uva sequestrato dalla Procura di Bari, 2012

C.da MartucciFuga di biogas prodotto da rifiuti

Anni ‘90

“Il percolato ristagnava in varie aree e non veniva avviato a depurazione”

dell’Ufficio Tecnico, i quattro ettari autorizzati erano ampiamente esau-riti. La decisione del primo cittadino fu avvalorata dal TAR Puglia (sen-tenze del 21 novembre e del 6 mar-zo 1991) e dal Consiglio di Stato, che respinsero i ricorsi presentati dai gestori.

È bene ricordare che, solo per aver o r g a n i z z a t o una serie di scio-peri e occupa-zioni, Vincenzo Bolognino fu ac-cusato di diffa-mazione e com-plotto ordito a danni della Lombardi Ecologia. Ed è altrettanto importante ricordare che, lo scorso 14 giugno,

Bolognino è stato definitivamente assolto da ogni capo di imputazio-ne: il giudice ha ritenuto che tutte gli atti di protesta “fossero correlati a manifestazioni della libertà di pen-siero su temi di attualità sociale e/o di immediato interesse pubblico”.

UNA DISCARICA “FUORI CONTROLLO”

In netto ritardo rispetto all’attenzio-ne che si sarebbe dovuta porre, ini-ziarono i sopralluoghi e le perizie tecniche. Il quadro fu subito allar-mante: in due aree non autorizzate erano stati sversati rifiuti. Nella pri-ma, a ridosso del primo lotto, i rifiuti

erano stati abbancati raggiungendo una sopraelevazione di circa sei metri rispetto al piano campagna. La seconda area, realizzata gros-somodo in corrispondenza dell’at-tuale terzo lotto, accoglieva circa 200mila metri cubi di spazzatura. Le irregolarità non finivano qui: sem-pre nella relazione stilata dai tecnici comunali si legge che le pareti della discarica non erano state mai imper-meabilizzate con la conseguenza che il percolato ristagnava in varie aree e non veniva avviato a depura-zione, bensì sparso sulla superficie della discarica stessa.

Venne inoltre accertato che la stra-da comunale limitrofa − già in parte fagocitata dalla spazzatura − era stata sollevata per un tratto di 400 metri. «Questo − termina la nostra fonte − serviva a dare l’impressione che la discarica fosse sempre sotto il piano campagna e quindi utilizza-bile all’infinito. Se non puoi abbas-sare la discarica, alzi tutto ciò che la

circonda. Gli operai furono incarica-ti di scavare i terreni acquistati per allargare la capacità della discarica e tutto il materiale rinvenuto venne utilizzato per sollevare la strada che va dall’entrata della discarica fino a viale Ceciracci. Strada che inizialmente era in discesa, essen-do quell’area una ‘conca’, e che invece ora è diventata un rettilineo.

C’è, però, qualche zona della campa-gna vicina che testimonia an-cora il livello di pendenza

originario. Se si volesse avere un ri-scontro, basterebbe scavare accan-to al muro di cinta e ci si renderebbe conto che questo muro continua per una profondità di circa tre metri». Nel febbraio 1994, l’insieme delle rilevazioni operate dai tecnici comu-nali fornì alla Pretura di Rutigliano materiale sufficiente per condanna-re Paolo Lombardi per gestione irre-golare della discarica.

«Lombardi patteggiò e se la cavò pagando una irrisoria sanzione di 5 milioni di lire – dichiara la nostra fonte – e nel 1990 il conto dei rifiuti finiti in discarica arrivò a circa 2mi-lioni e 700 mila tonnellate».

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Nonostante la protesta dell’intera città, nel 1994 venne concessa l’a-pertura provvisoria della discarica conversanese, gestita dalla Lombar-di, per il periodo necessario alla sua sagomatura. Due anni dopo, quella cava fu riaperta definitiva-mente con la consumata motivazio-ne dell’emergenza del “ciclo dei rifiuti”. Dal 1996 al marzo 2011, non ci sarà tregua per c.da Mar-tucci: si passerà da 12 a 21 comu-ni autorizzati al conferimento e gli iniziali 145mila metri cubi (“quanti ne può contenere il terzo lotto set-tore D”, recitava l’ordinanza del governatore Fitto) si moltipliche-ranno a dismisura, in virtù di gra-tuiti sopralzi e affrettate proroghe. Il problema più grande da affronta-re quando si rimette mano alla cava Martucci è l’enorme quantità di percolato che si è accumulata nei tre anni di inattività, creando due laghi ai lati del lotto in esercizio.

«Smaltirlo regolarmente − raccon-

ta la nostra fonte − sarebbe costa-to una fortuna. Molto più semplice trovare un’altra strada, economica e rapida: viene realizzato un siste-ma di pompe sommerse e tu-bature che aspira il percolato e lo sversa direttamente sui cam-pi coltivati a ortaggi, sui tendo-ni di uva e sui ciliegeti limitrofi alla discarica. Frutta e verdura che cre-sce innaffiata dal liquido prodotto da tutte le tipologie di rifiuti finiti in quella conca e che − tolta la esigua porzione destinata agli “omaggi” per gli “amici” − viene immessa sul mercato con danni alla salute dei consumatori difficili da ipotizzare».

Facciamo un passo indietro e pro-viamo a farci spiegare come fun-ziona il “marchingegno idraulico”: «Innanzitutto − continua la nostra fonte − si acquistano cinque pompe sommerse, successivamente viene costruito un pozzo per la raccolta del percolato e si installano una ci-sterna e due silos. Nel lago a de-stra del lotto in esercizio, quello più

profondo, si inseriscono tre pompe sommerse: due scaricano il percola-to direttamente sui campi coltivati, la terza pompa collega il lago con il pozzo. Questo pozzo, a sua vol-ta, comunica con la cisterna che, una volta riempitasi, invia il perco-lato ai due silos. Dai silos il liquido è spinto sui tendoni di uva limitro-fi, utilizzando le tubature destinate all’irrigazione. Nel lago a sinistra, invece, sono sufficienti due pompe, e anche queste sversano il perco-lato direttamente sulle colture».

Nulla è lasciato al caso e c’è una rigorosa tabella di marcia da se-guire secondo la nostra fonte: «La notte si svuotano i silos; il giorno un operaio gestisce le pompe, azio-nandole in base alle richieste di “acqua” che gli arrivano dai con-tadini. Braccianti dipendenti della Lombardi, quindi poco propensi a fare obiezioni sul liquido che in-naffia i campi in cui lavorano».

Inoltre, poiché alla prima pioggia i due laghi di percolato si riforma-no, «un’altro operaio è impiegato su una macchina aspiratrice che succhia il liquido dalla cava e lo sparge sui campi coltivati ad ortag-gi di fronte all’attuale terzo lotto».

«Sarebbe interessante − chiosa la nostra fonte − chiedere che fine faccia oggi il percolato che conti-nua ad essere prodotto da quella discarica che ospita oltre 10 mi-lioni di tonnellate di spazzatura. Si utilizza lo stesso metodo?».Questo “marchingegno” per di-sfarsi del percolato − e cosa veni-va fuori dal tubo principale colle-gato al sistema di irrigazione di uno dei tendoni − venne filmato e custodito in una cassetta da cui sono estratte le foto che pubblichia-mo nelle pagine che seguono.

Manifestazione di protesta a ConversanoAnni ‘90

Le minacce per far tacere “chi sapeva troppo”

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LA DENUNCIA AI POLITICI

Nel 1996, alcuni politici furono infor-mati di quello che stava accadendo in c.da Martucci, ricevendo la piena disponibilità ad acquisire una copia di quella cassetta. La cattiva gestio-ne del percolato, come asserisce la nostra fonte, non sorprese i politici interpellati, giacché a loro alcuni contadini della “conca d’oro” avevano già portato tre botti-gliette di percolato, raccolto dai tubi di irrigazione dei propri campi.

Quei politici, dunque, avrebbe-ro avuto la concreta possibilità di chiudere la partita con la Lombar-di Ecologia − e con quella discari-ca fuori controllo − una volta per tutte, tutelando la salute dei propri concittadini. Anche perché, nel frat-tempo, la discarica era stata nuo-vamente fermata, essendo esaurita la proroga per la sua sagomatura.

«Incurante della pericolosità della situazione − asserisce la nostra fon-te − qualcuno dei politici interpellati decise di riferire tutto ciò che aveva ascoltato a persone vicine ai fratelli Lombardi. Questo tradimento − a cui poi si cercherà di rimediare coin-volgendo la legge − è destinato a cambiare per sempre la mia vita. Di-

fatti, subito dopo la mia denuncia in Comune, non solo venni licenziato per aver “raccontato i fatti di casa nostra” ma, in concomitanza di una manifestazione pubblica per la chiu-sura della discarica, fui bloccato da due persone appartenen-ti ad un potente clan mafioso di Bari, con ramificazioni in tutta provincia, che, con metodi sbriga-tivi, mi portarono via e, raggiunto un posto isolato, mi intimarono di smettere di “infamare quella gente” e di consegnare tutto il materiale».

IL PATTO CON LA MAFIA

«I tre fratelli Lombardi − prosegue la nostra fonte − visionata per vie traverse la cassetta che riprendeva lo smaltimento del percolato, si con-sultarono con noto esponente della magistratura, che avrebbe suggerito di rivolgersi a qualcuno che potesse “sistemare” chi aveva girato quel filmato. A questo punto i Lombardi si misero in contatto con un attua-le consigliere comunale di maggio-ranza di Conversano, un dirigente dell’azienda e un noto professioni-sta». Quest’ultimo aveva dato già prova della sua “lealtà” curando gli affari di alcune cooperative co-stituite in forma di «cartiere» (come

postulato in un verbale della Guar-dia di Finanza e nei successivi ac-certamenti della Agenzia delle En-trate, cfr. Cass. R.G. n. 29772/08). Società che sarebbero restate in piedi il tempo sufficiente per con-sentire «illeciti profitti o agevola-zioni fiscali» attraverso un «impian-to contabile artatamente creato».

«Oltre ad essere bravo nei con-ti − informa la nostra fonte − tale professionista aveva un lontano parente che si occupò di fissare un appuntamento con uno dei capi dell’organizzazione mafiosa bare-se. Per discutere il da farsi venne organizzata una cena e, tra una portata e l’altra, si strinse un ac-cordo: il capoclan si impegnava a risolvere la situazione in cambio di una considerevole somma di dena-ro e di cinque assunzioni: due fitti-zie (la sua e quella di un suo amico) e tre reali (suo padre, suo fratello e suo cognato). Una di queste as-sunzioni dura tutt’oggi e verificare sarebbe estremamente semplice».

Da quel momento, la cassetta che testimoniava che fine faceva il per-colato prodotto dalla discarica sa-rebbe stato l’unico motivo per cui la nostra fonte è restata in vita.

«Molte persone l’hanno cercata, compreso la Direzione Investigati-va Antimafia che, nel 2004, grazie alle confessioni di uno degli affiliati al clan, venne a conoscenza di que-sto materiale ed eseguì una serie di perquisizioni e interrogatori nei con-fronti di esponenti del clan invischia-to e di dirigenti della Lombardi».

LA DIVISIONE DEGLI AFFARI

Stringere un patto con la mafia, scomodare uno dei più grandi clan della criminalità organizzata bare-se, voleva dire implicitamente dover

Foto 1 - Il marchingegno idraulico attraverso cui il percolato (misto ad acqua) veniva sversato sui campi coltivati

Foto 2 − Il primo lago di percolato Foto 3− Il secondo lago di percolatoFoto 4 − Alcuni dei tendoni di uva dove veniva smaltito il percolato

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Foto 6-7-8 − Tubi di irrigazione dei campi e dei tendoni dai quali viene fuori il percolato (misto ad acqua) proveniente dalla discarica. I prodotti coltivati venivano in parte dati in omaggio ai vari amici e in parte venduti ai vari grossisti

dividere gli “affari” che si sarebbe-ro fatti da quel momento in poi. Ad esempio il sotterramento di più di mil-le camion, come ci viene raccontato.

I mille camion«Intorno al 2000, il già citato attua-le consigliere comunale di Conver-sano avrebbe avuto l’occasione di scaricare oltre mille camion di rifiuti illegali provenienti da fuori regione. Ciò che gli serviva − spiega la no-stra fonte − era un campo sufficien-temente grande e un proprietario accondiscendente a cui offrire 250 mila lire per ogni carico. Dopo aver contattato un paio di persone, l’at-tuale consigliere riuscì a trovare la disponibilità di un costruttore locale. Nottetempo, una squadra preparò il terreno e i camion arrivarono indi-sturbati a destinazione, scomparen-do nelle campagne conversanesi».

«Tutto agevolato da chi di dovere che, per il “disturbo”, venne lautamente ricompensato con il primo di una lun-ga serie di versamenti in contanti».

Il furto organizzato della naftaLo stesso dirigente che avrebbe partecipato al “patto con la mafia” si sarebbe “specializzato”, suc-cessivamente, nel furto della nafta stipata in c.da Martucci, puntando sul fatto che nessuno si sarebbe accorto di qualche litro di carbu-rante in meno in una discarica in perenne espansione, in cui i mez-zi sono tanti e sempre a lavoro.

«Il dirigente − ricostruisce la no-stra fonte − una volta trovato il compratore (il gestore di un ma-gazzino per la vendita all’ingros-so di carburante) per agire indi-sturbato si mise d’accordo con alcuni operai, tra cui suo cogna-to, e iniziò a sottrarre la nafta».

Questi furti, che si sarebbero inten-sificati quando iniziò la costruzione delle due vasche di soccorso annes-se all’impianto complesso, sarebbe-ro proseguiti senza intoppi finché la voce non sarebbe arrivata alle orecchie di Vincenzo Lombardi. «Il professore, saputo del raggiro, fece prelevare il dirigente e − dichiara la nostra fonte − ben lungi dal pensare di denunciarlo o punirlo, impose di organizzare il lavoro “in squadra”. Si sarebbe continuato a “rubare” e rivendere la nafta ma i quan-titativi dovevano aumentare fino a una-due cisterne a settimana».

A mero titolo esemplificativo, se il fabbisogno di carburante per il funzionamento dei mezzi era di cinque cisterne si sarebbe fatto risultare un consumo maggiore, ipotizziamo dieci cisterne. In que-sto modo si sarebbe potuto, da un lato, vendere la nafta non utilizza-ta realmente (le cinque cisterne); dall’altro detrarre fiscalmente tutto il carburante acquistato (le dieci cisterne), andando a palesare un danno per le casse dello Stato.

«Per coprire la giostra − aggiunge la nostra fonte − si alteravano le schede carburante, convincendo gli operai addetti ai mezzi ad attestare l’utiliz-zo di un quantitativo di nafta molto superiore a quello realmente con-sumato nella giornata lavorativa».

«Ora che anche io ho fatto la mia parte, oltrepassando la linea di confine − conclude la nostra fon-te − dovrò aspettarmi che pro-fessori e rampolli della famiglia Lombardi si rivolgano nuovamente ai “soci” della malavita barese e mi condannino alla stessa “stra-na fine” che altri hanno fatto?».

Foto 6Uno dei campi innaffiati con il percolato

Foto 9 - Tubo che dal lago di percolato raggiunge le campagne

Foto7

Foto 10 - Tubo che viene utilizzato per irrigare il vigneto con percolato e acqua

Foto 8 - Residui di percolato e acqua, fuoriusciti dai tubi

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