TRADIRE AI TEMPI DI FACEBOOK: ATTENZIONE ALLA … · dichiarata pubblicamente ai propri contatti e...

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Tre le prove ammesse in aula Sono tre i comportamenti utilizzati in sede di giudizio come prova per la richiesta di divorzio. In primis, naturalmente, i messaggi ritenuti ambigui ed inappropriati inviati ad una persona dell’altro sesso. Seguono poi i commenti maligni in merito al proprio partner “postati” in rete soprattutto nel caso di coppia sfasciatasi e, naturalmente, le informazioni ricevute dai propri “amici” (ovvero i contatti) riguardanti il comportamento dell’ex partner. Occhio a informazioni e foto Secondo un recente decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, depositato il 13/6/2013, possono essere portati in giudizio, quali prova di una nuova relazione, anche le informazioni relative alla vita di un soggetto che siano stati acquisiti tramite il suo profilo Facebook. In particolare, sono accolte dal giudice le foto pubblicate, la “situazione sentimentale” dichiarata pubblicamente ai propri contatti e quant’altro si possa quindi visualizzare sul profilo. La diffamazione web è reato L’utilizzo improprio del web comporta conseguenze penali, come nel caso della diffamazione a mezzo internet (art.595 del c.p). Detta diffamazione risulta circostanza aggravante del reato perché realizzato tramite “un mezzo pubblico”. Il Tribunale di Monza (2 marzo 2010 n.770) ha condannato infatti un ragazzo che aveva commentato in maniera offensiva le foto della ex pubblicate sul proprio profilo al risarcimento dei danni morali per 15mila euro. Occhio a informazioni e foto Secondo Divorce on line nel 2011 una separazione su tre nel Regno Unito è stata causata da Facebook, seguito da Twitter. Ed il trend, in Italia, sembra essere lo stesso. TRADIRE AI TEMPI DI FACEBOOK: ATTENZIONE ALLA BACHECA Le statistiche parlano chiaro, l’80% dei tradimenti inizia in rete anche grazie ai social Basta un post a dimostrare la colpa in tribunale. La legge tutela chat e messaggi privati Avv. Mariarosaria Della Corte Viale Eleonora Duse 37 Roma Tel.06 8072251 Mobile 3664854640 [email protected] www.studiolegaledellacorte.org P erché si tradisce? Per noia, per abitudine o per colmare la distanza fisica ed affettiva che, col tempo, si è creata tra due partner? Inglobati in una vita sempre più frenetica e che lascia poco spazio o addirittura annulla l’affettività, distratti e stressati dai mille impegni personali e familiari spesso ci si dimentica, spiega l’avvocato salernitano Maria Rosaria Della Corte, professore dell’università Link ed titolare dello studio legale Della Corte & Co ai Parioli di Roma, dei bisogni e delle esigenze delle persone che abbiamo accanto. Il dialogo insomma, stando all’esperienza della matrimonialista, comporta fatica e così spesso si preferisce alimentare piuttosto il silenzio e l’incomunicabilità. Con la conseguenza che, come sempre è accaduto, diventa facile cercare e trovare conforto nel mezzo più potente ed immediato di comunicazione del momento: internet ed i seducenti social network, primo fra tutti Facebook. Le statistiche, spiega infatti la giurista che nella sua carriera ha acquisito una particolare competenza nel diritto di famiglia e minorile, lo confermano: l’80% dei tradimenti inizia on line, e proprio questo social risulta essere lo strumento ”correo” più adoperato. In passato infatti i proseliti della “scappatella” dovevano ingegnarsi per giustificare l’anomala assenza da casa, mentre il web ha semplificato queste meticolose organizzazioni fornendo, in un click, la possibilità di intrattenere conversazioni istantanee. Il giro delle conoscenze si amplia così molto più velocemente, ed i rapporti possono poi facilmente sfociare in un tradimento virtuale se non in una vera avventura extraconiugale. Ma se Facebook ha reso più semplice tradire, spiega ancora la Della Corte, ha anche semplificato la ricerca “delle prove” del tradimento, attraverso le numerose tracce digitali che inevitabilmente si lasciano. Bisogna, quindi, prestare cautela a ciò che si scrive in quanto nei tribunali si possono produrre i post come fonte di prova. Il 66% degli avvocati impegnati in una causa di divorzio usa Facebook come fonte da cui trarre indizi di un tradimento, dal momento che è molto facile lasciare tracce dimenticandosi ciò che di compromettente si scrive sulla bacheca propria o altrui. A differenza delle chat e delle messaggerie private (che sono assistite invece dalla tutela che protegge la corrispondenza privata e come tali devono ricevere la massima difesa sotto il profilo della loro divulgazione), le informazioni pubbliche sul proprio profilo personale possono costituire prova in una causa di separazione, anche ai fini del tenore di vita condotto dall’ex coniuge. Parsimonia e prudenza, quindi, sono gli imperativi nell’utilizzo indiscriminato del social network, perché se tecnologia vuol dire comunicazione e progresso, con un mero click rischiamo di mettere a repentaglio tutto ciò che di importante abbiamo costruito fino a quel momento nella nostra vita. informazione pubblicitaria a cura di publimedia group

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Tre le prove ammesse in aulaSono tre i comportamentiutilizzati in sede di giudiziocome prova per la richiesta didivorzio. In primis,naturalmente, i messaggi ritenutiambigui ed inappropriati inviatiad una persona dell’altro sesso.Seguono poi i commenti maligniin merito al proprio partner“postati” in rete soprattutto nelcaso di coppia sfasciatasi e,naturalmente, le informazioniricevute dai propri “amici”(ovvero i contatti) riguardanti ilcomportamento dell’ex partner.

Occhio a informazioni e fotoSecondo un recente decreto delTribunale di Santa Maria CapuaVetere, depositato il 13/6/2013,possono essere portati in giudizio,quali prova di una nuovarelazione, anche le informazionirelative alla vita di un soggettoche siano stati acquisiti tramite ilsuo profilo Facebook. Inparticolare, sono accolte dalgiudice le foto pubblicate, la“situazione sentimentale”dichiarata pubblicamente ai propricontatti e quant’altro si possaquindi visualizzare sul profilo.

La diffamazione web è reato L’utilizzo improprio del webcomporta conseguenze penali,come nel caso della diffamazionea mezzo internet (art.595 del c.p).Detta diffamazione risultacircostanza aggravante del reatoperché realizzato tramite “unmezzo pubblico”. Il Tribunale diMonza (2 marzo 2010 n.770) hacondannato infatti un ragazzo cheaveva commentato in manieraoffensiva le foto della expubblicate sul proprio profilo alrisarcimento dei danni morali per15mila euro.

Occhio a informazioni e fotoSecondo Divorce on line nel2011 una separazione su tre nelRegno Unito è stata causata daFacebook, seguito da Twitter.Ed il trend, in Italia, sembraessere lo stesso.

TRADIRE AI TEMPI DI FACEBOOK: ATTENZIONE ALLA BACHECALe statistiche parlano chiaro, l’80% dei tradimenti inizia in rete anche grazie ai socialBasta un post a dimostrare la colpa in tribunale. La legge tutela chat e messaggi privati

Avv. Mariarosaria Della CorteViale Eleonora Duse 37 RomaTel.06 8072251 Mobile 3664854640avv.mariarosariadellacorte@gmail.comwww.studiolegaledellacorte.org

Perché si tradisce? Per noia, perabitudine o per colmare la distanza

fisica ed affettiva che, col tempo, si ècreata tra due partner? Inglobati in unavita sempre più frenetica e che lasciapoco spazio o addirittura annullal’affettività, distratti e stressati dai milleimpegni personali e familiari spesso ci sidimentica, spiega l’avvocato salernitanoMaria Rosaria Della Corte, professore

dell’università Link ed titolare dellostudio legale Della Corte & Co aiParioli di Roma, dei bisogni e delleesigenze delle persone che abbiamoaccanto. Il dialogo insomma, standoall’esperienza della matrimonialista,comporta fatica e così spesso sipreferisce alimentare piuttosto il silenzio

e l’incomunicabilità. Con laconseguenza che, come sempre èaccaduto, diventa facile cercare etrovare conforto nel mezzo più potenteed immediato di comunicazione delmomento: internet ed i seducenti socialnetwork, primo fra tutti Facebook. Lestatistiche, spiega infatti la giurista chenella sua carriera ha acquisito unaparticolare competenza nel diritto di

famiglia e minorile, lo confermano:l’80% dei tradimenti inizia on line, eproprio questo social risulta essere lostrumento ”correo” più adoperato. Inpassato infatti i proseliti della“scappatella” dovevano ingegnarsi pergiustificare l’anomala assenza da casa,mentre il web ha semplificato queste

meticolose organizzazioni fornendo, inun click, la possibilità di intrattenereconversazioni istantanee. Il giro delleconoscenze si amplia così molto piùvelocemente, ed i rapporti possono poifacilmente sfociare in un tradimentovirtuale se non in una vera avventuraextraconiugale. Ma se Facebook ha reso più semplicetradire, spiega ancora la Della Corte, haanche semplificato la ricerca “delleprove” del tradimento, attraverso lenumerose tracce digitali cheinevitabilmente si lasciano. Bisogna,quindi, prestare cautela a ciò che siscrive in quanto nei tribunali si possonoprodurre i post come fonte di prova. Il66% degli avvocati impegnati in unacausa di divorzio usa Facebook comefonte da cui trarre indizi di untradimento, dal momento che è moltofacile lasciare tracce dimenticandosi ciòche di compromettente si scrive sullabacheca propria o altrui. A differenzadelle chat e delle messaggerie private(che sono assistite invece dalla tutela cheprotegge la corrispondenza privata ecome tali devono ricevere la massimadifesa sotto il profilo della lorodivulgazione), le informazioni pubblichesul proprio profilo personale possonocostituire prova in una causa diseparazione, anche ai fini del tenore divita condotto dall’ex coniuge.Parsimonia e prudenza, quindi, sono gliimperativi nell’utilizzo indiscriminatodel social network, perché se tecnologiavuol dire comunicazione e progresso,con un mero click rischiamo di mettere arepentaglio tutto ciò che di importanteabbiamo costruito fino a quel momentonella nostra vita.

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