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Tracce di Astronomia a Bologna Mille passi ed oltre Enrichetta Monari, Angela Turricchia Comune di Bologna Scuola, Formazione e Politica delle Differenze Settore Istruzione

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Tracce di Astronomia a Bologna

Mille passi ed oltre

Enrichetta Monari, Angela Turricchia

Comune di Bologna

Scuola, Formazione e Politica delle Differenze Settore Istruzione

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Un grazie sincero a tutti gli alunni delle scuole che hanno frequentato il Planetario e che hanno collaborato, con i loro disegni, a questa pubblicazione. Si ringraziano inoltre: Grazia Russo per l’ idea originaria che ha dato avvio a questo lavoro. Franco Ferri per il sostanziale contributo sulla toponomastica cittadina. Giancarlo Mattioli per la gentile concessione di materiali dal suo archivio personale. Roberto Martorelli per le prime indicazioni sulla Certosa di Bologna. Enrichetta Monari e Angela Turricchia docenti del Planetario- Settore Istruzione- Comune di Bologna. Foto di Enrichetta Monari

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Sommario

Presentazione pag 5 Introduzione pag 7 Una lunga storia pag 9 Bologna nel tempo pag 11 Mille passi…e oltre pag 15 Percorsi astronomici pag 19 Pianta di Bologna pag 20 Zone e percorsi astronomici in città pag 21

Percorso 1 pag 23 Percorso 2 pag 27 Percorso 3 pag 31 Percorso 4 pag 35 Percorso 5 pag 37 Percorso 6 pag 45

Astronomi per le strade (schede biografiche) pag 49 Indice Bibliografico pag 79

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Presentazione Il riconoscere le proprie radici all’interno della città in cui si vive è sempre più difficile, come è sempre più difficile ritrovarvi la propria identità come patrimonio individuale e collettivo. Bologna come sede di una prestigiosa università ha per le strade, nei quartieri, nella sua monumentale Certosa spunti storici attraverso cui tracciare e ripercorrere la propria storia di cittadini. Il programma politico dell’Amministrazione Comunale di Bologna ha come elemento fondante l’idea di una città educativa in senso lato , che offra opportunità e proposte educative e formative rivolte alla cittadinanza nel suo complesso in un quadro di “life long learning” che veda il cittadino al centro di un processo di apprendimento globale. Il lavoro che qui si presenta ha lo scopo di collegare antichi nomi e conoscenze astronomiche, attraverso percorsi che permettono di vedere tracce dell’antico passato e di metterle in relazione con le nuove conoscenze astrofisiche. Un volumetto da portarsi in tasca per affrontare la conoscenza di luoghi “nascosti” della nostra città e per ricevere spunti di riflessione sulla posizione dell’uomo nel nostro Sistema Solare. Dirigente Assessora Settore Istruzione Scuola, Formazione e Politica delle Differenze Isa Speroni Maria Virgilio

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Introduzione

Quante strade, piazze, giardini sono intitolati ad astronomi nella nostra città?

Quali tracce di questa scienza si possono scoprire sulle facciate di palazzi, nelle chiese o nei cortili?

Per rispondere a questi interrogativi non dobbiamo

far altro che passeggiare in tutta tranquillità per le strade di Bologna seguendo le indicazioni sui percorsi contenuti in questa pubblicazione, osservando più da vicino particolari che altrimenti ci potrebbero sfuggire o riscoprendo cose che forse avevamo solo dimenticato.

Mentre visitiamo monumenti rappresentativi come la Torre della Specola o la Basilica di San Petronio, in cui è contenuta la famosa meridiana realizzata dall’astronomo Giovanni Domenico Cassini, leggendo il nome di uno scienziato-astronomo impresso su di una targa stradale, o rinvenendo strumenti solari costruiti da uno gnomonista contemporaneo per calcolare il trascorrere del tempo nella corte Cielo del Quartiere Savena, stiamo seguendo il filo conduttore della scienza più antica che si conosca.

Ricercare la presenza dell’Astronomia a Bologna si può rivelare così un ottimo pretesto per conoscere ancora meglio la città osservandola da un punto di vista del tutto particolare.

Enrichetta Monari & Angela Turricchia

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Una lunga storia

Numerosi scienziati-astronomi sia del passato che

contemporanei, hanno intrapreso i loro studi nella nostra città, vi hanno insegnato, hanno lasciato una testimonianza incancellabile della loro presenza costruendo meridiane, orologi solari, gnomoni.

Attorno all’anno 1000 sappiamo che le conoscenze astronomiche presenti nella Bologna di allora facevano parte del bagaglio culturale soprattutto dei religiosi che avevano il compito di fissare le date mobili delle festività e di redigere il calendario, ragion per cui ad essi erano necessarie conoscenze relative ai moti dei corpi celesti in particolare del Sole e della Luna.

A Bologna fin dal 1120 si tenevano letture di Astrologia presso l’Università. Gli studi astronomici, quelli legati ai fenomeni celesti, erano strettamente collegati a quelli astrologici che si occupavano delle influenze degli astri sulla vita dell’uomo. Da ciò si desume che astronomia e astrologia furono correlate tra loro insieme a studi di filosofia e medicina; i limiti delle varie scienze infatti non erano ancora ben delineati e dunque lo studioso si occupava anche di fisica e di metafisica, di matematica, di cartografia e di meccanica celeste.

Il primo lettore di astronomia presso lo Studio Bolognese del quale si hanno notizie certe è stato Bartolomeo da Parma. Le sue lezioni tenute agli studenti risultano documentate in un manoscritto del 1297.

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Un calendario costruito da una classe

Fino al Quattrocento l’astronomia visse momenti di grande splendore anche per via dei tanti Lettori stranieri di indubbia fama che giungevano nel nostro paese. Ricordiamo che nel 1496 venne a Bologna Niccolò Copernico∗, e che ebbe come maestro di astronomia Domenico Maria Novara*.

Come s’è detto, in tale periodo, la materia astrologica era ancora strettamente legata a quella astronomica. All’inizio del Cinquecento, con il progredire degli studi medici aumenta il disinteresse per l’astrologia, ma anche l’insegnamento universitario di astronomia perse d’importanza e non fu più considerato al servizio della medicina. In tale periodo gli astronomi bolognesi come quelli di tutta Europa,

si dedicavano maggiormente alla riforma del calendario ed alla cartografia. A Bologna la tradizione calendariale e cartografica venne consolidata dalle opere di Giovanni Antonio Magini*, Lettore di Matematica e Astronomia. Nell’astronomia bolognese della prima metà del Seicento primeggiò la Scuola dei Gesuiti alla quale apparteneva Padre Francesco Maria Grimaldi*.

In seguito, nella seconda metà del secolo gli studi di Giovanni Domenico Cassini* portarono l’astronomia ad alto livello fino a diventare una grande scienza che si espanderà nei primi anni del XVIII secolo con la nascita dell’Istituto dell’Accademia delle Scienze e con la costruzione della Specola astronomica.

∗ L’asterisco indica la presenza di schede biografiche all’interno della pubblicazione.

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Bologna nel tempo

Nell’anno 187 a.C. viene tracciata la Via Emilia per volontà del console Marco Emilio Lepido. Questa importante via di comunicazione, orientata da Est a Ovest, attraversa l’abitato di Bononia già definito dal 189 a.C. e destinato a diventare il principale centro della provincia.

Momento fondamentale nel rito di fondazione delle città romane era quello del tracciamento dei limiti, momento in cui veniva specificata la direzione degli assi fondamentali, vale a dire il cardo che va da Nord a Sud e che doveva essere parallelo all’asse o cardine del mondo, e il decumano che essendo perpendicolare al cardo doveva “seguire” il percorso del Sole da Oriente ad Occidente. Il cittadino quindi, secondo queste regole, quando passeggiava lungo le strade della città si muoveva in armonia con le sfere celesti.

Il primo assetto urbano di Bononia a noi noto è quello localizzabile, secondo le vie attuali, ad ovest lungo Piazza Malpighi-Via Marconi, a nord lungo Via Bertiera-Via dell’Orso, ad Est lungo il corso del torrente Aposa all’incirca lungo le vie Oberdan- Drapperie-Calzolerie-Marchesana ed infine a sud lungo le vie Farini-Carbonesi, Barberia.

La Via Emilia si innesta nel Decumano Romano con un orientamento leggermente diverso rispetto al reticolato urbano di Bologna tanto che la strada Maggiore e la via San Felice divergono un poco dall’asse via Rizzoli–via Ugo Bassi.

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(PER LE VIE E LE PIAZZE DI BOLOGNA – P.GIGLI, Editrice Minerva,1971) Legenda: A - Bologna romana (Bononia-189 a.C.) B - Bologna dalle 4 croci (metà del V secolo) C - Bologna dalle 18 porte (anno 1000) D - Bologna dalle 12 porte (XIV secolo) E - Bologna degli anni settanta

Osservando l’immagine vediamo che Bononia occupava una zona di forma all’incirca rettangolare (indicata con la lettera A) con due strade principali che si incrociavano, una passava nei pressi delle attuali Vie Indipendenza e D’Azeglio, l’altra percorreva le Vie Rizzoli e Ugo Bassi sul tracciato della Via Emilia. Quando i Barbari invasero l’Italia, Bononia venne distrutta.

Alla metà del V secolo il Vescovo Petronio ne ricostruì una piccola parte e ai suoi confini collocò quattro colonne sormontate da croci di pietra (lettera B). Queste antichissime colonne sono ora conservate all’interno della Basilica di San Petronio.

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Con il trascorrere del tempo la città si allargò. Per difenderla vennero costruite delle grosse mura dette “Mura del Mille”. Si poteva entrare e uscire dalla città solamente attraverso 18 porte chiamate “Torresotti” o “Serragli” (lettera C). Di queste porte antiche ne restano solo quattro: San Vitale, Castiglione, Porta Nova o San Francesco, Piella.

In seguito al continuo sviluppo della città, nel XIV secolo venne costruita una più vasta cerchia di mura, protetta all’esterno da un fossato (lettera D). Si entrava nella città attraverso 12 porte massicce munite di ponte levatoio. Delle 12 Porte ne restano solo 9 e qualche tratto di mura.

Ai giorni nostri Bologna è ulteriormente ingrandita, nella periferia sono stati costruiti palazzi, stabilimenti, nuove strade e nuovi viali che travalicano i confini indicati dalla lettera E.

Tornando alla pianta di Bologna del Trecento (indicata con la lettera D) vediamo dipartirsi dal centro dell’abitato dodici strade che portano alle 12 porte della terza ed ultima cerchia di mura; mura che segneranno il perimetro della città per oltre cinque secoli.

L’impianto urbanistico del centro storico ancora oggi è intatto nel suo assetto medievale con le strade principali che partono a raggiera dall’asse centrale. La cerchia

Apriamo qua una piccola parentesi riguardo la particolare valenza del

fatidico numero 12 che può assumere diversi significati se letto in chiave storica, mitica, astrologica o astronomica. Nella storia 12 furono le colonne del tempietto di Iside su cui venne edificata la Basilica di S. Stefano in Bologna, così come dello stesso numero furono costruite le celle del Monastero Cartusiano da cui ebbe origine la nostra Certosa. Nel mito, per fare un solo esempio, furono 12 le fatiche di Ercole e in chiave astrologica è possibile dedicare ogni porta della città ad un segno dello Zodiaco; lo stesso impianto urbano può ricordare il cerchio zodiacale anche se non perfettamente centrato. Infine dal punto di vista astronomico il numero 12 rappresenta le ore di luce e quelle del buio nelle giornate degli equinozi.

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muraria del 1300, lunga 7.600 metri, coincide con l’odierno anello dei viali di circonvallazione in sostituzione dei fossati che circondavano un tempo la città.

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Mille passi ….. e oltre nel Sistema Solare

Come accennato nell’introduzione, è possibile compiere

diversi percorsi attraverso la città seguendo le indicazioni contenute nelle pagine seguenti.

Mentre camminiamo per vie e piazze di Bologna possiamo anche immaginare di trasformare le nostre passeggiate in brevi itinerari astronomici sperimentando una riproduzione “a passi” del Sistema Solare per le strade dell’abitato.

Ma prima vogliamo chiederci: a che cosa ci riferiamo con il termine di “Sistema Solare”?

Questa domanda rivolta a bambini e ragazzi in età scolare che frequentano il Planetario, ha avuto spesso una risposta un po’ approssimativa: essi facevano riferimento infatti ad un Sistema Solare composto unicamente dal Sole e dai pianeti attirati dalla sua forza gravitazionale, definizione incompleta presentata di frequente dai libri di testo rivolti alla Scuola Primaria.

In realtà è più giusto formulare una definizione che tenga conto del significato dei termini:

Sistema: insieme di corpi in relazione fra loro attraverso interazioni di masse… Sistema Solare: sistema del Sole cioè tutti i corpi che sono soggetti all’attrazione gravitazionale del Sole.

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Come lo possiamo immaginare? La forza gravitazionale del Sole viene esercitata in ogni

direzione, quindi la nostra stella attira verso di sé tutti i corpi che risentono della sua influenza: comete, meteore, polveri, asteroidi, i pianeti conosciuti (si stanno scoprendo sempre nuovi corpi che entrano a far parte del Sistema Solare !) con i loro satelliti.

Pensandolo di forma sferica osserveremo che la zona esterna, la più grande e definita come Nube di Oort, è composta da tantissimi nuclei di comete. All’interno, inserita orizzontalmente e a forma di disco spesso, troviamo la fascia di Kuiper composta da asteroidi, nella quale sono stati rinvenuti i nuovi pianeti. Di queste zone si è scoperta l’esistenza attorno al 1950; entrambe risentono dell’attrazione gravitazionale del Sole e quindi vanno considerate anch’esse facenti parte del Sistema Solare.

Più ancora all’interno è collocato il Sistema Planetario (Sole e pianeti con i loro satelliti) che rappresenta la parte più interna del Sistema Solare. Per piccoli e grandi qui di seguito una esperienza pratica per rendersi conto delle distanze tra gli oggetti celesti del Sistema Solare facendo nel frattempo un utile “allenamento” prima di partire per i “Percorsi da Mille passi…e oltre”.

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ESPERIENZA DA ESEGUIRE ALL’APERTO O IN UN LUNGO CORRIDOIO, MA DEVE ESSERE VERAMENTE LUNGO!!! Fai finta che la Terra disti 1 passo dal Sole. Metti quindi due segnali uno per il Sole e uno per la Terra (la nostra unità di misura è dunque il passo, cioè la distanza media Terra-Sole). Parti dal Sole: trovi subito Mercurio, il pianeta che dista” mezzo passo” dal Sole, poi Venere, la Terra a “un passo” e Marte a circa un passo e mezzo.Questi vengono chiamati pianeti “terrestri”. Procedi ancora nella stessa direzione: trovi i cosiddetti pianeti giganti, a causa delle loro dimensioni, Giove, Saturno, Urano, Nettuno. Questi pianeti non sono solidi ma formati di gas, hanno molti satelliti che girano loro intorno, così come i pianeti girano attorno al Sole. A 30 passi circa dal Sole c’è Nettuno, il più lontano dei pianeti (n.b:dall’attuale 2006 Plutone viene considerato pianeta nano e quindi non è citato in questa rappresentazione) Da qui continua a camminare e a contare passi, arrivi fino a 1000 (se il nostro cortile o corridoio, è abbastanza lungo). In questa zona detta “fascia di Kuiper” sono contenuti gli asteroidi: corpi solidi, rocciosi, di dimensioni e forme abbastanza diverse le une dalle altre. Gli asteroidi infatti possono avere forme sferiche, a sigaro o anche più irregolari, e dimensioni che vanno dalle decine alle diverse centinaia di chilometri. Questa zona però ha la forma di un disco piuttosto spesso. Oltre i 1000 passi e fino a 100.000 passi (ma quanti sono!!!, non riesci più a contarli) troviamo la “nube di Oort”, che contiene miliardi di nuclei di comete, “sassi” delle dimensioni di qualche chilometro ricoperti da uno strato di gas ghiacciato.

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“Percorsi astronomici”? Quali? Dove?

Se ci troviamo in piazza Maggiore, e immaginiamo il

Sole posizionato ai piedi della porta d’ingresso di San Petronio, contando 30 passi in direzione di via Orefici (verso EST) al limite del “crescentone” (termine con cui viene indicata la grande zona di pavimentazione sopraelevata di Piazza Maggiore) raggiungeremo il pianeta Nettuno da ora considerato il più lontano dal Sole, ed avremo così percorso il solo Sistema Planetario (Sole e pianeti).

Scendendo dal “crescentone” e

allontanandoci fino a mille passi, giungeremo alla fascia di Kuiper o degli asteroidi.

Dove arriveremo

in realtà nell’abitato di Bologna coprendo distanze da mille passi pur raggiungendo obiettivi “astronomici”?…

Quali astronomi e quali delle loro opere incontreremo?

Per prima cosa conviene osservare la pianta di Bologna e le tre zone particolari con nomi e luoghi di interesse astronomico…fatto questo, si decide con quale percorso iniziare l’avventura.

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oriente

occidente

La mappa è una rielaborazione da TuttoCittà-Pagine Gialle Bologna

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Zone e percorsi “astronomici” in città

ZONA 1 (Centro)

Basilica di San Petronio (Meridiana di Cassini);

Piazza Galileo Galilei; La Specola dell’Università (Osservatorio,

Meridiana, Torre); Via Grimaldi padre Francesco Maria; Planetario (Settore Istruzione-Comune di

Bologna); Viale Filopanti Quirico.

Percorso 1: dalla Basilica di San Petronio alla Specola dell’Università (più eventuale prolungamento fino alla Chiesa Parrocchiale di S.Maria Maddalena).

Percorso 2: dalla Torre dell’Orologio di Piazza Maggiore all’orologio solare di Via del Cestello.

Percorso 3: dalla Torre degli Asinelli alla Chiesa di S.Maria dei Servi.

Percorso 4: dal Palazzo del Podestà a via Galliera.

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Percorso 1 Dalla Basilica di San Petronio alla Specola dell’Università.

Questo primo percorso prende avvio dalla Basilica di San Petronio situata nella piazza più grande di Bologna, la Piazza Maggiore nata agli inizi del 1200 quando il Comune decise di costruire il proprio Palazzo con un grande spazio antistante. Naturalmente, per prima cosa è d’obbligo entrare nella Basilica dedicata al Patrono della città che fu progettata nel 1390 e che richiese 250 anni per i lavori di costruzione. Malgrado ciò la sua facciata rimase incompleta ma, entrati nella chiesa si resta ammirati per la sua ampiezza, la maestosità, e l’eleganza delle volte. Al suo interno, non può sfuggire la presenza di una Linea Meridiana che corre trasversalmente lungo il pavimento della navata di sinistra. Questo strumento solare poté essere costruito grazie alle grandi dimensioni della Basilica e quindi alla possibilità di tracciare al suolo una lunga retta con andamento Nord-Sud. Il primo a ideare un simile tipo di strumento fu Egnazio Danti nel 1575. Ma la realizzazione della Meridiana così come la vediamo

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oggi fu opera di Gian Domenico Cassini∗ allora insegnante di Astronomia all’Università. Il foro da cui entra la luce solare fu praticato al centro della quarta volta della navata sinistra dove lo si può vedere, circondato da una raggera dipinta sul soffitto. Si potrebbe dire che la Basilica di San Petronio con il suo foro nel tetto, funzioni come una camera oscura: la macchia di luce che si proietta sul pavimento non è altro che l’immagine del Sole anche se risulta deformata dall’inclinazione dei fasci luminosi.

L’operazione di tracciatura della Linea Meridiana fu fissata per il 22 giugno 1655, data del Solstizio d’Estate. Partenza: dalla base della scala di accesso alla Basilica di San Petronio

Arrivo: all’ingresso del Museo della Specola – Via Zamboni n°33

Immaginiamo il Sole collocato alla base della scalinata.

Contando 30 passi verso Est si arriva al limite del “crescentone” (pavimentazione sopraelevata) e cioè nella posizione in cui troveremmo Nettuno lasciando il Sistema Planetario. Seguitando nella stessa direzione ci portiamo all’imbocco di Via degli Orefici così chiamata per le molte botteghe di orefici che una volta riempivano la strada e che in parte esistono tuttora. Al termine di questa via si giunge in Piazza della Mercanzia, antica sede del Tribunale dei mercanti bolognesi. Il largo antistante il Palazzo della Mercanzia in cui confluiscono le tre vie, S.Stefano, Castiglione, Caprarie, era chiamato “Trebbo dei Banchi” perché qui, in questo “Trivio” stavano appunto i banchi dei cambiatori di moneta. Piegando sulla

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sinistra si giunge in Piazza di Porta Ravegnana o Porta Ravennate secondo un’antichissima denominazione che indicava la Porta da cui si usciva dalla città per dirigersi verso Ravenna. La Piazza circonda le basi delle Torri degli Asinelli e Garisenda.

Dopo aver attraversato Piazza di Porta Ravegnana, imbocchiamo la Via San Vitale e la percorriamo fino all’incrocio con Via Benedetto XIV.

A questo punto, circa 600 passi ci hanno portato a più di metà del percorso del centro.

Proseguiamo per questa breve strada fino a sfociare nella Piazza Rossini. Qui, sulla destra, oltrepasseremo

l’ingresso al Conservatorio di Musica G.B.Martini e alla Chiesa di San Giacomo Maggiore.

Siamo in piena zona universitaria. Svoltiamo sulla destra e prendiamo il portico di Via Zamboni fino a scendere una breve scalinata che introduce in Piazza Verdi. In questa piazza, sulla sinistra si apre l’ingresso al Teatro Comunale e, sulla destra quello alle antiche Scuderie.

Da questo punto e già visibile svettare verso l’alto la famosa Torre

della Specola, Osservatorio astronomico della città per 200 anni, fino ai primi del ‘900.

Pochi passi ancora, seguendo il portico, e siamo arrivati all’ingresso dei Musei Universitari di Palazzo Poggi in via Zamboni, n°33, da qui è possibile la visita (su richiesta) alla Torre e alle sale in cui sono conservati gli antichi strumenti astronomici.

Questo primo percorso della Zona Centro ci ha portato, con poco più di mille passi, al limite estremo della Fascia di Kuiper composta da miliardi di asteroidi di forme e dimensioni diversissime, fino quasi ad entrare nella Nube di Oort. Se vogliamo

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proseguire all’interno della Nube di Oort possiamo arrivare alla Chiesa Parrocchiale di S.Maria Maddalena sempre in via Zamboni ma al n°49 per osservare, sulla facciata della Chiesa l’iscrizione sepolcrale dedicata ad Eustachio Zanotti.

Questo astronomo nacque a Bologna nel 1709, fu allievo di Eustachio Manfredi* e ottenne la cattedra di Astronomia alla morte del suo maestro nel 1739. Nel 1776 restaurò la Meridiana dalla Basilica di San Petronio costruita dal Cassini* nel 1655. Eustachio Zanotti morì a Bologna nel 1782 e fu sepolto con esequie solenni nella Chiesa di S.Maria Maddalena.

All’interno della Chiesa, tra la seconda e la terza cappella sulla destra, affissa al muro davanti al confessionale, in posizione un po’ nascosta e oscura sta una lapide intitolata ad Eustachio Manfredi. Usciti dalla Chiesa, guardando verso l’alto sul palazzo di fronte (angolo via Zamboni – via Dè Rolandis) scorgiamo un orologio solare costruito in tempi moderni (1935) che porta iscritto il motto: “NIL NOVI SUB SOLE” che sappiamo significare “niente di nuovo sotto il sole”.

In zona centro, in via Dante 5, si trova il Planetario. Esso

è contemporaneamente un luogo fisico e uno strumento. Come luogo fisico è un’aula attrezzata, presso le scuole Carducci, in grado di accogliere classi, adulti… per la progettazione e lo svolgimento di percorsi di Astronomia. Al momento del buio entra in funzione lo strumento, un Galileo Sargenti S1, delle Officine Galileo, del 1960, che proietta il cielo stellato sulla cupola.

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Percorso 2 Dalla Torre dell’Orologio di Palazzo d’Accursio all’orologio solare di via del Cestello.

Questo secondo percorso ha inizio dalla parte del

Palazzo Comunale in cui sorge la Torre dell’Orologio. Questo tratto dell’edificio era l’abitazione del giurista Accursio, vissuto nel XIII secolo, e che fu acquistata nel 1287 dal Comune.L’orologio meccanico della Torre fu costruito nel 1774 da Rinaldo Gandolfi. Al centro del quadrante vi è una specie di astro fiammeggiante in rame sbalzato. Sul davanzale della finestra di Sud, nella stanza che accoglie la macchina dell’orologio (purtroppo non visibile al pubblico), è tracciato un orologio solare. Si ritiene sia stato realizzato da uno dei tanti orologiai che si sono avvicendati nel tempo per controllare il funzionamento dei meccanismi dell’”orologio di piazza” e ciò conferma l’importante mansione dell’orologio solare nel regolare quello meccanico. Partenza: dalla base della Torre dell’Orologio di Palazzo d’Accursio

Arrivo: via del Cestello n°21

Con 150 passi circa si attraversa Piazza Maggiore,

lasciando sulla destra la Basilica di San Petronio, per arrivare al portico di via dell’Archiginnasio. Il palazzo ha

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un solo piano e sorge sul bel portico del Pavaglione così chiamato perché una volta una specie di tenda (padiglione) copriva parte di Piazza Galvani dove si teneva il mercato dei bozzoli da seta. Il portico del Pavaglione, lungo 139 metri, è sempre stato uno dei luoghi più frequentati ed eleganti di Bologna.

Svoltando sulla destra, con circa 200 passi si giunge all’ingresso dell’Archiginnasio (o “Primo Ginnasio”), sede dello Studio bolognese dal 1562 al 1803. Appena si entra nel cortile si possono vedere sulle pareti e sulle volte, parte delle migliaia di stemmi dipinti anche nelle stanze dell’edificio, simboli delle famiglie più rappresentative degli studenti universitari, ma anche di papi e cardinali.

Poco oltre si apre l’ingresso del Museo Civico Archeologico, proseguendo il cammino lungo il portico per una novantina di passi, si arriva all’attraversamento con via Farini. Svoltando sulla sinistra si percorrono pochi metri per arrivare a Piazza Cavour, 80 passi saranno necessari per superare i giardinetti, attraversare la strada e piegare sulla sinistra per imboccare via dè Poeti dal nome della famiglia di Giangaleazzo Poeti che aveva lì il proprio palazzo. Anticamente la strada fu denominata Via dell’Acqua buona per la presenza di un pozzo pubblico ad uso dei cittadini e forse per le vigne e per gli orti che esistevano lì attorno.

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Saranno necessari circa 250 passi per percorrere la via e trovarsi di fronte l’incrocio con via Castiglione, o meglio Strada Castiglione – o Stra Castiòn. Qui si svolta sulla destra e con circa 200 passi si arriva in vista (sulla sinistra) della Chiesa di S.Lucia, ora di proprietà dell’Università, e subito di seguito, del Palazzo ex Convento dei Barnabiti e Collegio di S.Lucia, che ora accoglie il Liceo Galvani.

Si oltrepassa poi via Cartoleria, antica sede dei “cartolari” che non erano fabbricanti di carta ma conciatori di pelli per ricavarne pergamene e, superato il Torresotto di Strada Castiglione, appartenente alla terza cerchia di mura, dopo solo 60 passi si svolta a destra ed ecco raggiunta via del Cestello. La denominazione di questa via anticamente era Via del Cistello e pare non derivi dai costruttori di cesti ma dall’Ordine Cistercense delle Monache che nel 1354 si trasferirono in questo luogo. La chiesa che sorgeva proprio al termine di questa via fu chiamata S.Maria delle Stelle. Ora possiamo vedere il Santuario del S.S.Crocifisso del Cestello, edificato nel 1516 da una Confraternita per onorare un crocifisso miracoloso dipinto sul muro.

Prima di arrivare al Santuario però, noi avremo già raggiunto (dopo 200 passi) l’obiettivo del nostro percorso: l’orologio solare affrescato sulla facciata Sud dell’edificio posto al n° civico 21. Ai quattro angoli sono disegnate le figure zodiacali dei Solstizi e degli Equinozi che purtroppo si stanno scolorando col tempo.

Probabilmente l’orologio fu realizzato alla fine del ‘700 dato che Carlo Girolamo Ranuzzi della Porretta, allora proprietario, fece restaurare il palazzo dal 1796 al ’98. Il funzionamento di un orologio solare è originato naturalmente dal movimento apparente del Sole. Le ore di luce vengono segnate sul tracciato delle linee orarie dall’ombra dello stilo metallico infisso sul quadrante dell’orologio.

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L’osservatore posto dinanzi ad un orologio solare (impropriamente definito “meridiana”), intuisce lo scorrere del tempo dall’ombra dello stilo che si sposta sulle linee segnate.

Nemmeno l’arrivo degli orologi meccanici ne diminuì l’importanza in quanto la scarsa precisione di questi ultimi rendeva obbligatorio il ricorso agli orologi solari per “rimetterli all’ora”. Collocato il nostro Sole virtuale alla base della Torre dell’Orologio, abbiamo seguito il secondo percorso della Zona Centro che ci ha portato, con più di 1200 passi, ad addentrarci nella Nube di Oort.

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Percorso 3 Dalla Torre degli Asinelli alla Chiesa di S.Maria dei Servi.

Immaginiamo ora il Sole situato alla base della Torre degli Asinelli e, prima di iniziare il nostro percorso guardiamo dal basso i 98 metri di questa costruzione sottile ed elegante che prende il nome dal nobile cavaliere Gherardo degli Asinelli. Entrambe le torri, Asinelli e Garisenda vennero costruite verso la fine dell’XI secolo ed erano alte circa 60 metri ma poi la Garisenda ebbe un cedimento da un lato delle fondamenta e venne abbassata di circa 12 metri mentre l’Asinelli venne sopraelevata all’altezza che ha ora divenendo la più alta torre in muratura costruita in epoca medievale. Chi vorrà arrivare sulla cima dovrà salire i 498 gradini di legno per godere di lassù un magnifico panorama. La Torre degli Asinelli servì, nel 1791 all’astronomo Giovan Battista Guglielmini per provare la sua teoria sulla caduta dei gravi, così come aveva fatto dalla Torre della Specola Universitaria. L’esperimento del Guglielmini consisteva nel far cadere delle sfere di piombo dall’alto, all’interno della torre e nel misurarne le deviazioni rispetto al piede della perpendicolare per dimostrare l’ipotesi della sfericità della Terra. Le prove vennero effettuate di notte per evitare che le vibrazioni causate dal passaggio dei carri

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nella strada facessero tremare le sfere di piombo, e per evitare il problema del vento, fu posto un uomo con una torcia accesa davanti ad ogni fenditura della torre. In questo modo Guglielmini misurò uno spostamento della verticale di 19 millimetri verso Est della caduta del grave dall’alto della Torre e ciò venne a confermare la sua ipotesi sulla rotazione terrestre. Partenza: dalla Torre degli Asinelli

Arrivo: Chiesa di S.Maria dei Servi

Muoviamo i primi passi del nostro percorso dall’edificio

d’angolo di Strada Maggiore-Piazza della Mercanzia; sul muro al n°1/A si legge una targa che ricorda come, da questa strada, la antica Via Emilia, siano passati Papi e Imperatori.

Camminiamo sotto il portico, con 240 passi circa si arriva a Casa Isolani, con il suo ingresso sulla corte che porta in Piazza S.Stefano. La caratteristica principale di questo palazzo è il portico formato di travi di quercia di foggia “a stampella” alte 9 metri che sostengono il terzo piano dell’edificio.

Proseguendo la Strada Maggiore per altri 180 passi circa, dall’altro lato della strada appare, sul Palazzo Sanguinetti (ora sede del Museo della Musica) la antica Torre degli Oseletti la cui base, rivestita di blocchi di selenite è stata rimessa in vista al n°36. Poco più avanti, al n°42, sulla facciata del Palazzo Bianchetti-Poggi si dovrebbe scorgere, guardando con attenzione, fra due finestre del terzo piano, un piccolo incavo rettangolare.

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Attraverso quest’apertura la luce del Sole entra e si proietta su di una linea meridiana costruita in marmo e situata in una stanza di un appartamento privato.

Questo strumento solare fu realizzato probabilmente verso la fine del 700 e, come scrive Giovanni Paltrinieri nel suo “Meridiane e Orologi Solari di Bologna e Provincia “con un po’ di fantasia ci possiamo immaginare il vecchio astronomo (o astrofilo) salire ogni giorno sino al terzo piano e, con occhio attento seguire la “specie” solare proiettarsi sulla Linea”.

Proseguendo, basterà percorrere un altro centinaio di passi per attraversare il vicolo Posterla. La via percorreva il lato interno delle penultime mura della città e il nome

“Pusterla” indicava una porta minore della cerchia muraria. Gli ultimi 50 passi ci porteranno in vista del porticato della Chiesa di S.Maria dei Servi. La Chiesa fu iniziata nel 1346 e ampliata in anni seguenti. Bellissimo il portico del 1393 che fiancheggia la Chiesa, continuato poi nel 1492 su Strada Maggiore ed infine davanti alla facciata del Tempio.

Entriamo quindi in una delle chiese tra le

più belle della città, ci dirigiamo verso la navata sinistra e, addossata alla parete, a fianco della porta secondaria scorgeremo l’acquasantiera meta del nostro percorso. Realizzata in marmo, l’acquasantiera è formata da un pilastro che sorregge un catino di forma quadrangolare

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che porta incisa sui quattro lati la frase: Aula/Solis/Lucisq./Mundi”. L’iscrizione particolare e l’originale fattura fanno supporre che questo oggetto sia stato, in origine, uno strumento legato all’astronomia e che, in seguito, sia stato destinato alle pratiche devozionali come acquasantiera.

Con meno di 600 passi abbiamo raggiunto

l’obiettivo del 3° percorso della Zona Centro e ci siamo addentrati nella Fascia di Kuiper tra milioni di asteroidi.

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Percorso 4 Dall’arco centrale del Palazzo del Podestà di Piazza Maggiore al luogo dell’abitazione di Domenico Maria Novara∗ in via Galliera

Questo percorso potrebbe avere un titolo diverso come,

ad esempio, “dall’Acustica all’Astronomia”. La partenza infatti ha luogo dall’arco centrale del portico del Palazzo del Podestà; attraversandolo si arriva sotto il voltone su cui poggia la Torre detta dell’Arengo (dalla campana che suonava per chiamare a raccolta il popolo) e qui, in questo punto si verifica un inatteso fenomeno acustico. Ai quattro angoli del voltone sono poste le statue dei santi protettori di Bologna: San Petronio, San Procolo, San Domenico e San Francesco.

Potremo sperimentare l’acustica particolare di questo voltone se saremo almeno in due persone. Ponendoci rispettivamente sotto a due delle statue in angolo opposto, proviamo a pronunciare parole a bassa voce ma con il viso molto vicino alla parete. Il compagno che ascolta udirà la nostra voce come se fossimo vicinissimi.

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Partenza: dal voltone del Palazzo del Podestà

Arrivo:in via Galliera

Con una cinquantina di passi ci avviciniamo alla

Fontana del Nettuno. Piegando sulla destra supereremo l’ingresso di Palazzo Re Enzo e, in diagonale attraverso la Piazza ci porteremo (con circa 80 passi) all’attraversamento con via Ugo Bassi. Imbocchiamo quindi il portico di sinistra di via dell’Indipendenza. Con poco più di 200 passi si giunge all’incrocio con via Manzoni dove si trova il Museo Medievale. Proseguendo, dopo aver superato gli incroci con via Volturno e via dè Falegnami, circa 500 passi ci fanno raggiungere l’Arena del Sole, luogo un tempo destinato agli spettacoli diurni dei bolognesi, ora modernissimo teatro. Altri 250 passi ci fanno raggiungere l’incrocio con via dei Mille. Svoltiamo ora a sinistra e una novantina di passi ci portano all’incrocio con via Galliera. Ancora a sinistra per 30 passi ed è subito visibile la targa affissa sul muro del primo arco di portico dell’edificio al n°65. Qui nei pressi sorgeva l’antica abitazione, poi distrutta, dell’astronomo Domenico Maria Novara∗. La targa ci ricorda che in questo luogo Niccolò Copernico∗, provenendo da Cracovia, venne ospitato dall’amico e maestro negli anni dal 1456 al 1500.

Avendo posto il Sole esattamente al centro del Voltone del Palazzo del Podestà e camminando lungo il percorso indicato per più di 1200 passi, avremo raggiunto il nostro obiettivo all’interno della Nube di Oort.

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ZONA 2 (Quartiere Reno) Certosa Via Leonardo da Vinci Via Einstein Albert Via Newton Isacco Via Copernico Niccolò Via Cassini Giovanni Domenico

Percorso 5 o della Certosa

Nata nel 1801 come cimitero cittadino, la Certosa di

Bologna si presenta oggi al visitatore come un bellissimo complesso di chiostri, portici e gallerie che muovono dall’epoca medievale fino alle aggiunte degli anni ’70. Essa deriva infatti dalla trasformazione dell’antico monastero certosino dedicato a San Girolamo fondato nel 1334 fuori dal perimetro della città. Del monastero facevano parte una chiesa di stile gotico ad una sola navata, alla quale vennero poi aggiunte cappelle laterali, le celle per i monaci, una foresteria, il refettorio, le cantine, i depositi, gli orti, le stalle, le vigne e i frutteti.

Ma uno degli aspetti più straordinari della nostra Certosa fu determinato dalla scoperta casuale di un reperto etrusco nel sottosuolo del cimitero. Tale ritrovamento fece avviare una serie di scavi archeologici, tra il 1869 e il 1871, che portarono alla luce 421 tombe etrusche e tracce dell’abitato. Ora ci si può chiedere se al tempo della costruzione del monastero, i monaci avessero cognizione della presenza di quelle sepolture. La

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risposta può essere affermativa, infatti è stata accertata una precisa coincidenza tra la Chiesa di San Girolamo e le tre grandi sepolture esistenti sotto di essa, ben allineate al centro del coro, fatto che testimonia il rispetto ad un’antichissima credenza e cioè che la presenza di tombe sotto gli altari di una chiesa ne accrescesse la sacralità.

Nella Certosa quindi, come in una città dentro la città, andremo alla ricerca di tracce dell’ astronomia, obiettivo dei nostri percorsi.

PIANTA PERCORSO CERTOSA

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Legenda:

1. Ingresso principale Certosa 2. Chiostro V o Maggiore 3. Francesco Bertelli 4. Iacopo Michez 5. Chiostro III o della Cappella 6. SALA ELITTICA – Petro Caturegli 7. Chiostro I o d’Ingresso - Tomba Violi 8. Sala degli Uomini Illustri (ex Pantheon) 9. Sotterraneo –G.B. Guglielmini e S. Canterzani 10. Cortile della Chiesa di San Girolamo Partenza: ingresso principale della Certosa

Arrivo: cortile della Chiesa di San Girolamo

Partendo dalla freccia colorata della Pianta (1) si

contano circa cento passi per percorrere il viale di cipressi, poi si volta a sinistra nel portico del cortile della Chiesa, poi ancora a sinistra per entrare nel Chiostro V detto Maggiore(2) su cui un tempo insisteva l’Orto più grande del Monastero certosino.

Circa 350 passi occorreranno per percorrere il braccio di Ponente del Chiostro, superare la cancellata dell’Ingresso Monumentale Ottocentesco e raggiungere nell’arcata n°123 del porticato a Nord, il monumento sepolcrale per Francesco Bertelli (3) nato a Panzano in provincia di Modena nel 1793, morto a Bologna nel 1844, professore incaricato di Astronomia e Ottica.

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Nel 1835 Bertelli fu nominato Astronomo aggiunto alla Specola e si occupò delle lezioni di Astronomia e Ottica solo per gli anni dal 1838 al 1843. Gli unici scritti del Bertelli sono raccolti in due volumi del trattato dal titolo Meccanica celeste.

La scultura in marmo posta su di un alto piedistallo è una bella statua raffigurante un angelo in piedi che tiene nella mano destra un medaglione con due effigi (forse i volti di Francesco stesso e della moglie) e nell’altra mano tiene un cartiglio con iscrizione in latino.

Proseguendo per 120 passi lungo il medesimo porticato si potrà incontrare sulla colonna al numero 101/1 la stele marmorea eretta per Iacopo Michez matematico ed astronomo nato a Padova il 13 ottobre 1838 e morto a Bologna il 10 marzo 1873 (4).

Egli diresse la Specola bolognese per soli tre anni dal 1870 fino alla sua morte prematura e in questo periodo fu professore incaricato di Astronomia. Tra le sue ricerche di meccanica celeste si ricordano gli studi sul magnetismo terrestre e i calcoli di orbite di comete.

Sulla stele di semplice fattura, nella parte superiore a forma di lunetta terminante con una croce, sono incisi i simboli della sua attività di matematico e astronomo.

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Da qui si torna indietro sullo stesso percorso fino a svoltare a sinistra nel viale centrale del V Chiostro, si prosegue diritto per circa 240 passi, attraversando il Chiostro III o della Cappella(5) fino ad incontrare la Galleria degli Angeli. Svoltando ancora a sinistra si percorre tutto il porticato (circa 60 passi) e si salgono i 9 gradini che introducono alla SALA ELITTICA(6).

In fondo ad essa, sulla destra ci appare il busto in stucco di Pietro Caturegli, bolognese, morto il 28 aprile del 1883 all’età di 47 anni. Caturegli fu impiegato nella Specola come alunno nel 1804, poi come Astronomo soprannumerario fino a divenire Direttore dell’Osservatorio bolognese. Compilò le notissime Effemeridi♦ riscuotendo consenso generale.

A questo punto si riparte dalla SALA ELITTICA rifacendo il percorso all’inverso lungo il medesimo porticato. Dopo circa 130 passi si arriva al Chiostro I o d’Ingresso (7) in cui si trova sulla destra l’ex Pantheon o Sala degli Uomini Illustri (8 - aperta solo su richiesta). All’altezza della prima colonnina del portichetto, a pavimento si nota

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la lastra tombale intitolata alla Famiglia Violi che reca incisa la costellazione del Carro Maggiore.

Prima di lasciare il Chiostro I si può attraversare il cortile dell’antico Refettorio del Monastero preesistente ed entrare nella Sala della Pietà. Qui al centro si apre l’accesso alla bella scala a rampe incrociate che porta al sotterraneo (9).Scendendola ed inoltrandosi nella cripta (in fondo sulla destra) si giunge all’incirca sotto la Sala degli Uomini Illustri. Sul soffitto si apre un lucernaio che illumina debolmente le semplici lapidi in pietra infisse nella parete intitolate rispettivamente a due nomi famosi dell’Astronomia bolognese: Sebastiano Canterzani e Giovan Battista Guglielmini. Sebastiano Canterzani nacque a Bologna il 25 agosto 1734.

Si laureò in Filosofia e in seguito si dedicò alle scienze esatte. Nel 1760 ebbe la cattedra di Astronomia all’Università di Bologna e, insieme a Eustachio Zanotti compì osservazioni astronomiche e compilò le Effemeridi . In seguito assunse l’insegnamento della Fisica, poi passò a Matematica Universale. Nel 1802 Napoleone Bonaparte trasformò l’Istituto delle Scienze di Bologna in Istituto Nazionale Italiano e ne nominò presidente Canterzani. Sebastiano Canterzani morì a Bologna il 19 marzo 1819.

Giovan Battista Guglielmini nato a Bologna il 19 novembre 1760 diede un importantissimo contributo all’Astronomia bolognese del ‘700.

Nel 1790 Guglielmini mise in pratica l’esperimento per verificare il moto diurno della Terra eseguendo una lunga serie di prove di caduta libera di un “grave” (sfere di piombo) sia dalla Torre degli Asinelli che dalla Torre della Specola misurando le deviazioni orientale e meridionale

Pubblicazioni astronomiche contenenti tabelle e grafici che indicano la

posizione degli astri sulla sfera celeste per ogni anno solare

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rispetto al piede della perpendicolare rilevata con un filo a piombo.

Nel 1801 divenne professore di Astronomia e riorganizzò l’attività dell’Osservatorio. In seguito fu trasferito alla cattedra di Introduzione al Calcolo che conservò fino alla morte avvenuta a Bologna nel 1817.

Risalita la scala il percorso è quasi al termine. Lasciato il Chiostro I o d’Ingresso, svoltando sulla destra ci si troverà nel portico del cortile della Chiesa (10). Pochi passi conducono all’ingresso di San Girolamo e quindi all’uscita dalla Certosa.

Il cammino fatto ha sommato ben più di mille passi. Ci siamo allontanati dalla Fascia di Kuiper per inoltrarci nella Nube di Oort, tra miliardi di nuclei di comete…. e ne vale veramente la pena!

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ZONA 3 (Quartiere Savena) La “Corte Cielo” del complesso edilizio

Cavedone di Via Ferrara Via Magini Giovanni Antonio

Percorso 6 o della Corte Cielo

La “Corte Cielo” fa parte di una originale realizzazione di arredo urbano posta all’interno di un complesso di edifici residenziali del Quartiere Savena, alla periferia Est della città.

La Corte Cielo, caratterizzata dalla presenza di strumenti solari progettati dallo gnomonista contemporaneo Giovanni Paltrinieri, è affiancata da altre due Corti, l’una dedicata alla Terra, l’altra all’Acqua e l’insieme compone i “Giardini del Cavedone”. I lati maggiori delle tre Corti, tutte di forma rettangolare, sono paralleli alla Via Emilia Levante (in questo tratto intitolata a Giuseppe Dozza) e un camminamento centrale le attraversa longitudinalmente.

Partenza: capolinea del bus 27 di Via Genova

Arrivo: fermata del bus 19 di via G.Dozza

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Il percorso di avvicinamento alla Corte Cielo può iniziare dalla fermata del bus 27 di Via Rizzoli, presso le due Torri. L’autobus ci porterà fino al capolinea di Via Genova. Qui scenderemo per ritornare indietro di pochi passi, fino al n°civico 102; attraverso il passaggio pedonale entreremo nei Giardini del Cavedone.

Con 100 passi circa si giunge all’interno della prima Corte, dedicata alla Terra, ricca di alberi e cespugli. Subito di fronte a noi si erge una collinetta erbosa con 6 alberi alla sommità. Essa vuole ricordare i primi tumuli posti sulle sepolture antiche. Seguendo l’andamento circolare verso destra, dopo appena 40 passi, vedremo un recinto quadrato in muratura, un piccolo giardino chiuso su tre lati popolato da figure allegoriche.

Proseguendo per altri 100 passi, dopo aver attraversato il primo parcheggio interno, si entra nella Corte Cielo.

Con 50 passi ancora se ne ha la visuale completa: sulla sinistra, nel semicerchio maggiore della Corte, si alza l’orologio solare, uno gnomone di cemento con spessore di 40 centimetri, a forma trapezoidale e con altezza di 4 metri e mezzo. Sulla sua sommità è fissata in orizzontale una piastra forata che proietta sulla apposita linea tracciata al suolo, il fascio solare funzionando in modo simile alla Meridiana della Basilica di San Petronio. La linea meridiana è costituita da piastre di marmo allineate in modo da tracciare una retta che, partendo dallo gnomone, termina sulla circonferenza delle altre linee orarie. Esse sono tracciate a formare due semiquadranti,

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a causa dello spessore dello gnomone, il primo va dalle ore 6 alle 12, il secondo dalle 12 alle 18 coprendo tutto lo spazio orario dall’alba al tramonto. Alle ore 12 anche nel periodo invernale, il Sole garantisce sempre, allo strumento la possibilità di segnare il mezzodì.

Tornando al centro della Corte rivolgiamo lo sguardo verso destra. Lungo la diagonale Est-Ovest, in un semicerchio più piccolo del precedente, simile ad un obelisco egizio si alza uno gnomone con la rosa dei venti e i punti cardinali segnati sul marmo a fargli da base. Esso è sormontato da una sfera che proietta la sua ombra sulla lastra di marmo bianco fissata sul terreno ad indicare il mezzodì e le varie ore del giorno e consentendo di vedere come l’ombra del Sole agli

equinozi del 21 marzo e del 23 settembre descriva una linea retta.

Nella parte Nord della Corte Cielo sono concentrati numerosi alberi da frutto di diverse specie scelti in base ai vari periodi di fioritura e fruttificazione in modo da creare colori e diffondere profumi in tempi diversi col procedere delle stagioni.

Se si vuole concludere il percorso uscendo dai Giardini dalla parte opposta si deve solo proseguire lungo il camminamento centrale per altri 100 passi, attraversare il secondo parcheggio interno ed entrare nella Corte Acqua. Qui filari di salici e aceri creano effetti di cerchi concentrici attorno alla collinetta centrale su cui una fontana a forma di portale lascia cadere getti continui di acqua da entrambi i lati.

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A questo punto, gli ultimi 100 passi ci portano sul tratto della Via Emilia Levante intitolata a Giuseppe Dozza (primo Sindaco di Bologna soprannominato il “sindaco della ricostruzione”). Svoltando alla nostra destra raggiungiamo il semaforo, attraversiamo la strada e ci disponiamo ad attendere il bus 19 che ci riporterà su Via Rizzoli, vicinissimi a Piazza Maggiore.

Il percorso, limitato all’interno dei Giardini del

Cavedone richiede solamente 500 passi (senza contare gli spostamenti per osservare da vicino gli strumenti solari) ma a questi è necessario sommare la distanza dal centro città e quindi possiamo affermare di aver raggiunto l’interno della Nube di Oort e di esserci trovati nel mezzo di milioni di nuclei di comete.

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Astronomi per le strade (schede biografiche in ordine

cronologico)

1 - LEONARDO DA VINCI (Via) 2 - NOVARA Domenico Maria (Giardino) 3 - COPERNICO Niccolò (Via) 4 - MAGINI Giovanni Antonio (Via) 5 - GALILEO GALILEI (Piazza) 6 - GRIMALDI Padre Francesco Maria (Via) 7 - CASSINI Giovanni Domenico (Via) 8 - NEWTON Isacco (Via) 9 - MANFREDI Eustachio (Via) 10 - FILOPANTI Quirico (Viale) 11 - EINSTEIN Albert (Via) 12 - HORN D’ARTURO Guido (Giardino)

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Scheda n. 1

Leonardo da Vinci (Via) Quartiere Reno: da Via G.Verga oltrepassa la Via A.Einstein e non ha sfogo.

“Nacque un mio nipote, figliolo di Ser Piero mio figlio, al

dì 15 di aprile, in sabato, a tre ore di notte. Ebbe nome Lionardo…”.

Così scrisse nel 1452 Antonio, padre di Piero Vinci notaio e dunque nonno di Leonardo, probabilmente a Firenze. Malgrado questo, Leonardo non fu riconosciuto ufficialmente dal padre Ser Piero, tanto che, alla di lui morte nel 1504, fu escluso dall’eredità che venne divisa fra gli altri figli.

Leonardo divenne pittore, scultore, architetto, ingegnere, anatomista, fisiologo, musicista, letterato ed inventore. Indiscutibilmente, in tutta la storia dell’umanità a Leonardo può essere attribuita la qualifica di “genio”; per lui non vi era differenza fra arte e scienza.

Nel 1462 all’età di dieci anni Leonardo era a Firenze con il padre Piero. All’epoca aveva già eseguito alcuni disegni che pare fossero stati considerati di ottima fattura addirittura da Andrea del Verrocchio che, più tardi, dal ’69 al ’70 lo prese nella sua bottega.

Nel 1478, ormai pittore indipendente, ricevette il primo incarico pubblico, l’esecuzione pittorica di una pala per la Cappella di San Bernardo nel Palazzo della Signoria.

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Dopo Firenze Leonardo si trasferì a Milano dove rimase fino al 1500. Le potenti Signorie avevano sempre più bisogno di nuove armi per le guerre interne e i suoi progetti di apparati militari, di opere idrauliche e di architettura si rivelarono fondamentali. Nel frattempo Leonardo realizzava il famoso dipinto “La Vergine delle rocce” e più tardi, nel 1495 iniziò l’“Ultima Cena”.

Nel marzo del 1503, dopo altri spostamenti Leonardo è di nuovo a Firenze e probabilmente in quel periodo dipinse “La Gioconda” che poi portò con sé nel Castello di Cloux, sua residenza francese.

Nel 1514 partì per Roma dove si occupò del prosciugamento delle paludi pontine e riprese un suo vecchio progetto, quello degli specchi concavi (definiti specchi ustori) che dovevano servire a convogliare i raggi solari in modo da riscaldare una cisterna d’acqua utile al funzionamento delle macchine.

Anche in astronomia Leonardo ebbe delle fondamentali intuizioni: sul calore del Sole, sullo scintillio delle stelle, sulla Terra, sulla Luna, sulla centralità del Sole che per tanti altri anni avrebbe suscitato contrasti e opposizioni.

Ai tempi di Leonardo si era ancora molto lontani dall’aver compreso le leggi della gravitazione, ma egli paragonava i pianeti a calamite che si attraggono a vicenda, tentando così una spiegazione del concetto di attrazione gravitazionale.

I manoscritti di Leonardo, realizzati nella caratteristica scrittura speculare, svolta da destra a sinistra e leggibili ponendo i fogli davanti ad uno specchio, furono raccolti nel XVII secolo, prima donati alla Biblioteca Ambrosiana di Milano e poi trasferiti nel 1976 a Parigi. Oggi esistono più di 16.000 pagine di appunti, con molte decine di migliaia di disegni, ma si ritiene che siano solo una piccola parte di tutto ciò che Leonardo scrisse e disegnò.

Il 29 aprile del 1519 Leonardo dettò il suo testamento ad un notaio e morì il 2 maggio nel Castello di Close-Lucè in Francia.

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Scheda n.2

Novara Domenico Maria (Giardino) Quartiere S.Vitale

Domenico Maria Novara nacque a Ferrara il 29 luglio o il

1 agosto del 1454 e morì a Bologna il 15 o il 18 agosto del 1504.

La famiglia di Domenico Maria era originaria della città piemontese, come indica l’appellativo Novara o da Novara e rispondeva al cognome di Ploti. Domenico nacque dopo il trasferimento della famiglia a Ferrara. Si laureò sia in Arti che in Medicina. Non si hanno molte notizie sulla sua vita privata se non che non si sposò né ebbe figli.

Fu docente a Ferrara prima di ottenere l’insegnamento di Astronomia e Matematica presso l’Università di Bologna, dal 1483 al 1504, con l’incarico annuale della compilazione del Pronostico astrologico. Pare che egli stesso abbia previsto con precisione la data della sua stessa morte per il mese di agosto del 1504.

Gli scritti che sono pervenuti fino a noi sono appunto i Pronostici dei quali le parti più interessanti sono costituite dai prologhi iniziali in cui Novara espone le sue teorie scientifiche e filosofiche.

Nella struttura dei Pronostici vi è un’introduzione iniziale seguita dai capitoli riguardanti i fenomeni astronomici più importanti e soprattutto le previsioni sulle condizioni dei regnanti e dei cittadini, sulle malattie e sulle guerre.

Di altre opere del Novara sono giunti a noi solo i titoli per cui risulta impossibile sapere se si trattasse di lavori a carattere astrologico o astronomico.

Ciò che d’altro canto lo ha reso più famoso è l’essere stato maestro di Nicolò Copernico. Nel 1496 Copernico giunse a Bologna sia per studiare diritto canonico sia

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perché interessato agli studi astronomici di Novara che praticava assiduamente le osservazioni dei fenomeni celesti perfezionandosi nell’uso degli strumenti e perchè noto per aver contestato l’infallibilità di Tolomeo

avanzando la sua nuova ipotesi della Terra in movimento.

Si sa che Domenico Maria Novara ospitò l’allievo Nicolò Copernico dal 1496 al 1500 nella sua casa posta all’incirca a metà dell’odierna via Galliera e che venne in seguito distrutta. In prossimità del luogo dell’antica abitazione, al numero civico 65 è stata posta una targa commemorativa dell’evento.

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Scheda n. 3

Copernico Nicolò (Via) Quartiere Reno: da Via E.Torricelli a Via A.Einstein

Nicolò Copernico è il nome

italianizzato dell’astronomo polacco Nikolaj Kopernik noto per la sua teoria astronomica detta “teoria eliocentrica” in base alla quale la Terra, ruotando quotidianamente sul suo asse gira nell’arco dell’anno intorno al Sole.

Questo grande scienziato la cui opera fu fondamentale per l’evoluzione della scienza e per la storia dell’umanità nacque nel febbraio del 1473 a Torun in Pomerania, studiò all’Università di Cracovia poi si trasferì in Italia.

Visse a Bologna dal 1456 al 1500 e qui iniziò gli studi di diritto canonico e medicina. In quel periodo fu allievo ed ospite di Domenico Maria Novara* professore di matematica e astronomia dell’Ateneo bolognese, che lo accolse nella propria abitazione situata all’incirca a metà dell’attuale via Galliera (sull’arco di inizio portico all’altezza del civico 65 è visibile una targa commemorativa posta nel 1973 in occasione del V centenario della nascita del grande scienziato polacco).

L’ambiente culturale astronomico italiano e bolognese ebbe una grande influenza su Copernico anche se già a Cracovia avrebbe potuto venire a contatto con un qualche tipo di eliocentrismo. Egli tentava quindi di trovare soluzione a problemi quali l’ordine effettivo dei

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pianeti, l’esistenza della “trepidazione”(serie di piccoli movimenti vibratori di un corpo rotante), la variazione della luminosità della luce dei pianeti e soprattutto della Luna.

Una volta laureatosi, nel 1500, Copernico insegna astronomia a Roma e l’anno seguente ottiene il permesso di studiare medicina a Padova. Non ancora soddisfatto si laurea anche in diritto canonico a Ferrara nel 1503 per poi fare ritorno in Polonia.

Qui inizia la stesura della sua opera principale: il De revolutionibus orbium celestium-la rivoluzione delle sfere celesti- che verrà pubblicato solo nel 1543, poco prima della sua morte avvenuta il 24 maggio dello stesso anno.

Nel suo trattato Copernico riprende l’antica ipotesi eliocentrica, inoltre, in base al principio della relatività -ogni movimento nello spazio può essere spiegato o per il movimento della cosa osservata o per quello di colui che osserva- arriva ad ipotizzare il triplice moto della Terra attorno al proprio asse, intorno al Sole e rispetto al piano dell’eclittica.

La rivoluzione copernicana non consistette in un perfezionamento dei metodi dell’astronomia, né in una scoperta di nuovi dati ma piuttosto nella costruzione di una cosmologia nuova fondata sui dati stessi forniti dall’astronomia tolemaica riprendendo l’antica teoria di Aristarco (il primo ad enunciare la teoria eliocentrica).

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Scheda n. 4

Magini Giovanni Antonio (Via) Quartiere Savena: da Via Pontevecchio a Via Vermena

Giovanni Antonio Magini, noto anche con il nome latino

di Maginus, nacque a Padova il 13 giugno 1555 e fu matematico, astronomo, astrologo e cartografo. Iniziò gli studi nella sua città natale poi si trasferì a Bologna dove frequentò l’Università portando a termine i suoi studi in filosofia nel 1579 anche se il suo grande interesse fin dalla giovane età erano le matematiche.

In seguito si dedicò all’astronomia e, pur sostenendo il sistema geocentrico (che poneva la Terra al centro dell’Universo) ammetteva come ipotesi di lavoro la teoria copernicana riconoscendone la maggiore semplicità di calcoli. E’ del 1582 il suo trattato Ephemerides Coelestium motuum che fu tradotto in italiano l’anno seguente.

In quanto sostenitore dell’idea di immobilità della Terra, Magini ideò un suo originale modello planetario che si aggiunse a quelli già esistenti e che riuniva in sé le idee di Copernico e Tolomeo. La sua nuova teoria consisteva nella rotazione di stelle e pianeti che, senza possedere un loro moto autonomo, fossero mossi dalle loro orbite o sfere. Magini espose dettagliatamente la sua teoria in un trattato pubblicato a Venezia nel 1589.

Abilissimo nel calcolo di Effemeridi e Tavole astronomiche, ebbe anche grande talento per l’esecuzione materiale degli strumenti nonché nella

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costruzione di specchi sferici metallici e di quadranti. Grazie alle sue capacità raggiunse grande fama ed esperienza tanto da essere preferito al giovane Galilei nell’occupare (nel 1589) la cattedra di Matematica presso l’Università bolognese.

La grande considerazione ottenuta da Magini tra i contemporanei fu dovuta anche all’intensa corrispondenza con tutti gli uomini illustri del suo tempo, studiosi di scienze matematiche e geografiche, da Galilei stesso, a Tycho Brahe e Keplero che, nel 1610 gli chiese di recarsi a Praga per intraprendere con lui la compilazione di nuove effemeridi celesti. Magini però non accettò l’invito per non lasciare la cattedra bolognese che mantenne fino al 1617. Indiscutibile è pure il valore di Magini come geografo e cartografo. La sua edizione con commentario descrittivo della Geografia di Tolomeo, apparsa la prima volta a Venezia nel 1596, ha grande importanza perché alle 27 carte tolemaiche ne furono aggiunte altre 37 nuove che formarono un vero atlante moderno.

Nell’ultimo periodo della vita Magini si dedica ad un atlante d’Italia per il quale volle eseguire egli stesso in gran parte carte originali ricavate dai rilievi ufficiali fatti eseguire dai vari governi italiani. Il suo Atlante geografico d’Italia composto da 61 tavole, fu dedicato a Ferdinando Gonzaga Duca di Mantova che lo sostenne in questo grande progetto. Nel frattempo Magini si occupava della preparazione dei figli del Duca negli studi matematici e ricopriva il ruolo di astrologo di corte. Un ulteriore campo della sua attività fu pure l’astrologia medica in quanto convinto assertore dell’influenza delle stelle sul mondo della natura. L’Atlante geografico d’Italia fu pubblicato tre anni dopo la sua morte, nel 1620, dal figlio Fabio.

Giovanni Antonio Magini morì l’11 febbraio 1617 a Bologna e fu sepolto nella Chiesa dei Domenicani.

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Il suo nome latino, Maginus, fu assegnato in suo onore ad un cratere della Luna (vedi scheda biografica di Francesco Maria Grimaldi).

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Scheda n. 5

Galileo Galilei (Piazza) Quartiere Saragozza: comunica con le vie Battibecco, Marescalchi, dei Gargiolari, degli Agresti e Sant’Arcangelo

Nacque a Pisa il 15 febbraio 1564 da Vincenzo Galilei,

noto per i suoi studi di musica, e da Giulia Ammannati. Compiuti i suoi studi a Pisa, nel 1581, anziché approfondire la Medicina nella Facoltà a cui si era iscritto preferì dedicarsi ad osservazioni di fisica ed alla matematica. E’ di quegli anni la prima scoperta di Galileo: la legge dell’isocronismo (ovvero la costanza del periodo di oscillazione) del moto pendolare compiuta osservando oscillare una lampada nel Duomo di Pisa. In seguito iniziò a studiare opere di Archimede che erano state tradotte da poco in latino.

Uno dei primi scritti di Galilei “La bilancetta” del 1586 in certo modo costituisce il suo debutto nella vita scientifica del tempo. Del 1587 è un altro lavoro di Galilei ispirato da Archimede: si tratta di alcuni teoremi sul centro di gravità dei corpi.

Iniziò ad insegnare matematica a Pisa senza aver concluso l’università ed entrò in contatto con i maggiori esponenti dell’epoca in questa materia, occupandosi nel contempo particolarmente di meccanica. I suoi studi sul movimento dei corpi sono raccolti nell’opera De motu che aprirà la strada alla dinamica moderna.

Nel 1592 ottenne la cattedra di matematica presso l’Università di Padova, città in cui trascorse i 18 anni più produttivi della propria vita grazie anche alla grande libertà di pensiero di cui si godeva nell’ateneo padovano. Frattanto, dalla convivenza di Galileo con la veneziana Marina Gamba nascono tre figli, due femmine, entrambe destinate al convento, e un maschio.

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Galileo si occupò, come già detto, oltre che di matematica e di fisica, anche di astronomia. Fu in quel periodo (1604) che scoprì la legge della caduta dei gravi. Poco più tardi, nel 1609, costruì il suo celebre cannocchiale dopo aver avuto notizia che in Olanda era in uso uno strumento ottico (definito “occhiale”) per far vedere “le cose lontane così perfettamente come se fossero state molto vicine” ed iniziò le sue osservazioni celesti. Rivolgendo lo strumento al cielo compì le sue maggiori scoperte: l’individuazione di stelle sconosciute, dei quattro satelliti di Giove che definì Astri Medicei in onore di Cosimo II dei Medici, e della natura montuosa della Luna. Riguardo quest’ultima scoperta, con le sue accuratissime osservazioni Galilei contraddice una delle assolute certezze dell’epoca e cioè che il nostro satellite

fosse una sfera perfetta e con la superficie uniforme. Nel suo disegno sui Crateri della Luna le sovrabbondanti dimensioni dei crateri stessi hanno l’ evidente scopo didattico di far meglio comprendere all’osservatore come giochi di luce e di ombra causati dall’illuminazione del Sole mettano in risalto rilievi e

depressioni della superficie lunare. E per togliere ogni dubbio sulla montuosità della superficie lunare Galilei pone questa domanda a chi osserva: “E sulla Terra, prima che si levi il Sole, mentre ancora l’ombra occupa le pianure, le cime dei monti più alti non sono forse illuminate dai raggi solari?”

In breve tempo Galileo scopre gli anelli di Saturno, le macchie solari, le fasi di Venere e giunge alla pubblicazione del fondamentale Sidereus Nuncius, studio astronomico del 1610.

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Era tutto un mondo nuovo che veniva a conoscenza degli uomini. La fama di Galileo cresce notevolmente ed egli fece ritorno a Firenze. Le sue scoperte ottennero il riconoscimento di autorevoli scienziati come Keplero e dei potenti astronomi gesuiti del Collegio Romano, probabilmente ancora inconsapevoli delle implicazioni del programma galileiano.

Presto però si scatenarono le polemiche e si destarono i primi sospetti di eresia da parte dell’Inquisizione. Galileo vuole rivendicare l’indipendenza della scienza dalla religione e il diritto alla libera ricerca scientifica ed espone il proprio pensiero nelle quattro famose Lettere copernicane. Malgrado le numerose e potenti amicizie, il 24 febbraio del 1616, da un decreto del cardinale Bellarmino, Galileo viene ammonito ad astenersi dal professare e insegnare la teoria copernicana in quanto inconciliabile con la fede cattolica.

Galileo, seppure amareggiato, rimane fermo nelle proprie convinzioni e intraprende, nel 1624, la composizione del Dialogo dei Massimi Sistemi.

Dopo diversi anni di aggiustamenti e vari negoziati per ottenere il permesso di stampa, finalmente, nel 1632 esce il capolavoro della letteratura scientifica di ogni tempo. L’Inquisizione però sequestra il libro e ordina all’autore di recarsi a Roma dove viene processato e condannato per aver disobbedito al decreto di Bellarmino del 1616. Dopo cinque mesi il processo si conclude con la sentenza del Santo Uffizio che proibisce il Dialogo, costringe Galilei all’abiura e lo condanna al carcere formale. Grazie alla sua fama e al suo atto di sottomissione Galilei non viene incarcerato ma relegato prima a Siena poi, nel 1633 nella sua villa di Arcetri, presso Firenze.

L’8 gennaio del 1642, cieco e debilitato Galileo muore nel suo “continuato carcere ed esilio”. Soltanto nel 1736 le sue spoglie vennero trasportate nella basilica di Santa Croce a Firenze.

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Scheda n.6 Grimaldi Francesco Maria (Via) Quartiere Porto: da via delle Lame a Piazza Azzarita

Targa affissa nel Palazzo Grimaldi in via San Felice 26 a Bologna

Francesco Maria Grimaldi, nacque Bologna nel 1618, fu professore di matematica e fisica al Collegio dei Gesuiti per molti anni. Fu uno dei maggiori fisici del suo tempo, attento e puntuale osservatore scoprì la diffrazione della luce (il termine diffrazione risale a lui) documentata nella sua opera “Physico-mathesis de lumine” pubblicata a Bologna nel 1665, due anni dopo la sua morte, e che influenzò moltissimo Newton per lo studio dell’ottica. Osservò con attenzione la Luna e le sue macchie realizzando una accurata compilazione di una carta della Luna caratterizzata da una nomenclatura contenente circa 300 nomi, 200 dei quali tuttora in uso. La mappa era inserita nell’opera di Riccioli, intitolata Almagestum Novum, perciò di solito, e ingiustamente, si fa riferimento

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a costui come all’unico autore di entrambi i lavori Riccioli e Grimaldi distinsero sulla superficie lunare tre generi di oggetti: i crateri, i “mari” e le “terre”. Ai crateri assegnò i nomi di grandi uomini, antichi o moderni, reali o mitici. Per i personaggi più antichi scelse l’emisfero nord, ed è perciò che qui troviamo Aristoteles, Archimedes, Aristarcus, Herodotus, Pythagoras, Plato e Thales. In questa zona collocò anche i pochi nomi provenienti dalla mitologia greca, come Hendymion, Cepheus, Atlas, Hercules. A studiosi più recenti, quelli del Rinascimento, riservò invece l’emisfero sud, dove troviamo Tycho, Regiomontanus, Clavius, Petavius, Langrenus, Vendelinus, Maginus*, ecc. Per i “mari” usò nomi di fantasia, in lingua latina logicamente. Mare Imbrium (delle Piogge), Mare Crisium (delle Crisi), Mare Nectaris (del Nettare), Mare Nubium (delle Nubi), Mare Vaporum (dei Vapori), Mare Tranquillitatis (della Tranquillità) - quest’ultimo diventato famoso per l’atterraggio dell’Apollo 11 nel 1969 - tutti questi nomi apparvero per la prima volta sulla sua mappa. Nomi di fantasia simili a quelli citati adoperò per le “terre” ma l’idea delle “terre” fu presto respinta perché creava equivoci e perplessità: con “terra” si indicava infatti, allora come oggi, anche il nostro pianeta, e generava per lo meno confusione l’uso di tale termine proprio sulla luna.

Francesco Maria Grimaldi si spense a Bologna nel dicembre del 1663 a soli 45 anni di età.

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Scheda n.7

Cassini Giovanni Domenico (Via) Quartiere Reno: dalla Rotonda O.Malaguti a via R.Sanzio

Nacque a Perinaldo (Imperia) nel 1625, studiò a

Genova presso i gesuiti filosofia, teologia e matematica mostrando interesse particolare per l’astronomia. Raggiunse infatti ben presto fama di valente astronomo, tanto che il marchese Cornelio Malvasia, senatore della città di Bologna e cultore di astronomia, lo invitò ad occuparsi del suo osservatorio privato a Panzano, nel modenese, ora purtroppo distrutto. Cassini accettò la proposta ed iniziò così la prima parte della sua carriera.

Nel 1650, gli venne affidato l’insegnamento nello Studio bolognese, dove incontrò matematici ed astronomi importanti quali i gesuiti Riccioli e Grimaldi*, che lo convinsero dell’importanza di osservazioni celesti accurate e sistematiche e della necessità dello sviluppo e della costruzione di nuove strumentazioni per l’osservazione dei corpi celesti. Nel 1652 Cassini osservò e studiò la cometa apparsa nel cielo di Bologna pubblicando la sua prima opera astronomica, De cometa anni 1652 et 1653. Per affrontare il problema della scelta tra sistema eliocentrico e geocentrico erano necessarie misure più precise del moto apparente del Sole e proprio per questo scopo, Cassini suggerì la costruzione, all’interno della basilica di San Petronio, di una meridiana che sostituisse quella tracciata da Egnazio Danti un

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secolo prima e destinata ad essere distrutta dai lavori di ampliamento della chiesa. Lo strumento accuratamente costruito (67,84 m di lunghezza della linea meridiana e 27,10 m di altezza del foro visibile sulla volta) gli permise di confrontare le variazioni del diametro solare proiettato sul pavimento della chiesa.

Nel 1664, grazie ad un telescopio di circa sei metri, fabbricato a Roma da uno dei migliori costruttori di lenti del XVII secolo, Cassini ricominciò le osservazioni di Giove. Notate varie macchie stabili sul pianeta, tra le quali anche la famosa “macchia rossa”, seguì Giove per ventinove rotazioni. All’inizio del 1666 osservò le macchie su Marte, studiò la rotazione del pianeta e ne calcolò il periodo in 24 ore e 40 minuti (tre minuti in meno del valore attualmente accettato). Realizzò tavole dei moti dei satelliti di Giove e pubblicò, nel 1668, le Ephemerides Bononienses mediceorum siderum, che furono usate per diversi decenni rendendo così l’astronomia bolognese ai primi posti in Europa.

Colbert, ministro di Luigi XIV, offrì a Cassini di entrare a far parte dell’Académie come corrispondente e successivamente lo invitò a Parigi per collaborare alla realizzazione del nuovo osservatorio, la cui costruzione era appena iniziata. Nel 1673, sebbene richiamato in patria diverse volte, sia dal Senato bolognese che dal Papa, Cassini rese definitivo il suo trasferimento a Parigi, assumendo la cittadinanza francese. Durante un viaggio in Italia, passò per Bologna e nel 1695 restaurò la meridiana e ne corresse gli errori, con l’aiuto di Domenico Guglielmini, con il quale, nello stesso anno, pubblicò i dettagli di questo lavoro ne La Meridiana del Tempio di San Petronio. A Parigi scoprì quattro satelliti di Saturno e che il suo anello era suddiviso in due parti, separate da una stretta banda oscura, ora chiamata appunto “divisione di Cassini”.

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Morì a Parigi nel 1712 completamente cieco condividendo il destino di altri grandi scrutatori celesti come Eratostene e Galileo*. A Cassini è stata intitolata la navicella spaziale inviata verso Saturno nel 2004 per penetrare nell’atmosfera del satellite Titano, scendere sulla sua superficie e analizzarne le caratteristiche. A tutt’oggi la sonda Cassini ha evidenziato due estese chiazze scure sulla superficie di Titano, prive di rilievi o pendii e dalla forma che ricorda quella dei grandi laghi terrestri tanto da far ipotizzare si tratti di due “mari” di metano liquido.

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Scheda n.8

Newton Isacco (Via) Quartiere Reno: da Via E.Torricelli a Via M.Buonarroti

Isacco Newton nacque nel 1642 in Inghilterra, nel

Lincolnshire, da una famiglia di allevatori. Il padre morì tre mesi prima della sua nascita. La madre, qualche anno dopo si risposò ed Isaac venne affidato alle cure della nonna. In quegli anni si dice fosse molto infelice e non avesse buoni rapporti col patrigno che anzi detestava a tal punto da voler incendiare la sua casa. Adolescente, costruiva meridiane, orologi ad acqua e modelli funzionanti di mulini.

Proseguendo gli studi a Cambridge preferiva i filosofi più moderni dell’epoca come Cartesio, Galileo∗, Copernico∗, Keplero.

Dal 1670 si occupò di ottica studiando la rifrazione della luce e fu il primo a chiarire che la luce bianca è composta da tutti gli altri colori. Dimostrò che un prisma può scomporre la luce bianca in uno spettro di colori, e che quindi una lente ed un secondo prisma possono ricomporre uno spettro di molti colori in luce bianca concludendo da questo lavoro che ogni telescopio rifrattore avrebbe sofferto della dispersione della luce in colori. Newton inventò quindi il telescopio riflettore che risolveva il problema della dispersione.

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Si racconta, ma è una leggenda, che Newton fosse seduto sotto un melo quando uno dei frutti gli cadde sulla testa e questo fatto lo facesse ragionare sulla gravitazione e sul perché la Luna non cadesse sulla Terra come la mela. Iniziò a pensare dunque ad una forza che diminuisse con l’inverso del quadrato della distanza, come l’intensità della luce. Ma Newton non tenne conto di alcune variabili sulle perturbazioni planetarie e i suoi calcoli sul moto della Luna non tornavano. Deluso, interruppe i suoi studi sulla gravitazione. Nel 1679 riprese le proprie teorie sulla gravitazione, sulla meccanica classica e sugli effetti di queste sulla determinazione delle orbite dei pianeti e sulle leggi di Keplero. Su questo argomento scrisse (nel 1684) De Motu Corporum che conteneva le leggi sul moto dei corpi e avrebbe dato inizio alla sua pubblicazione più importante “Principi matematici della filosofia naturale” comunemente chiamata “Principia”.

Quest’opera, pubblicata in tre volumi nel 1687 e considerata un capolavoro della storia della scienza definì la legge della gravitazione universale ossia che la stessa forza che provoca la caduta dei gravi fosse quella che costringe la Luna a percorrere un’orbita chiusa intorno alla Terra e i pianeti a percorrere orbite ellittiche intorno al Sole.

Newton divenne molto noto e riconosciuto internazionalmente, ebbe intense relazioni con altri studiosi ma ne riportò anche cocenti delusioni tanto da cadere in preda a gravi esaurimenti nervosi. Alcuni ritengono che Newton si sia addirittura avvicinato alla pazzia e che causa di ciò fossero anche i vapori di mercurio respirati durante i suoi numerosi esperimenti di alchimia.

Durante la sua vita non ebbe molte relazioni sentimentali, anzi si racconta che la sua decisione di astenersene fosse adottata da lui stesso come mezzo per esaltare la nevrosi creativa che si produceva, a vantaggio

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della scienza. Pare che le più importanti scoperte di Newton, la gravità ed il principio di azione-reazione, abbiano coinciso con i momenti più forti di esaurimento nervoso.

Newton fu anche membro del Parlamento dal 1689 al ’90, e nel 1701, anno in cui pubblicò anonimamente una legge della termodinamica ora conosciuta come “legge di Newton del raffreddamento”. Nel 1703 divenne presidente della Royal Society e associato della Académie des Sciences. Nel 1705 fu nominato Cavaliere dalla regina Anna.

Newton non si sposò mai, né ebbe figli riconosciuti. Morì a Londra il 20 marzo 1727 e fu sepolto nell’Abbazia di Westminster. Dopo la morte il corpo è stato riesumato ed è stata trovata un’alta quantità di mercurio nei suoi capelli, probabilmente a causa dei numerosi esperimenti di alchimia che svolgeva regolarmente il mese di settembre di ogni anno. Fu definito, per il fascino che questa antica disciplina esercitava su di lui “non il primo dell’età della ragione ma l’ultimo dei maghi”.

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Scheda n. 9

Manfredi Eustachio (Via) Quartiere S.Vitale: da Via G.Massarenti a Via A.Venturoli

Eustachio Manfredi nacque a Bologna nel 1674 e vi morì

nel 1739. Dopo aver frequentato le scuole presso il Convento dei Gesuiti si laureò in Diritto civile e canonico. Nella sua casa si tenevano riunioni periodiche alle quali partecipavano i fratelli Emilio, Eraclito e Gabriele, le sorelle Maddalena e Teresa e gli amici con i quali discuteva di filosofia, di problemi matematici, di letteratura, di storia e di poesia. Da queste riunioni nacque un’Accademia che fu detta “degli Inquieti”. Nel frattempo Eustachio approfondiva con eccellenti risultati gli studi di matematica, di idraulica (in cui ebbe come maestro Domenico Guglielmini) e geografia affrontando il problema della determinazione astronomica delle coordinate geografiche. A questo proposito, nella metà del secolo, Gian Domenico Cassini∗ aveva sviluppato un metodo pratico per la determinazione della longitudine geografica osservando le eclissi dei satelliti di Giove e senza dubbio i suoi lavori avevano dato l’impronta agli studi e alle ricerche del giovane Manfredi. L’astronomia ebbe poi l’impegno maggiore da parte di Eustachio soprattutto in seguito all’incontro con un uomo di scienza del livello di Luigi Ferdinando Marsili. Manfredi eseguiva

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osservazioni dalla Specola di casa Marsili che era stata attrezzata con i più moderni strumenti importati da Londra, Parigi e dalla Germania. Nel 1711 fu fondato l’”Istituto Marsiliano delle Scienze” e a Manfredi venne assegnato l’incarico di astronomo. Il suo programma era più di geografia astronomica che di astronomia vera e propria, come detto più sopra, e si trova conferma di ciò in un suo scritto indirizzato a Marsili mentre si trovava in Roma:”il frutto principale che si ricava dalle osservazioni astronomiche è la riforma della geografia. Quella dell’Italia ne ha gran bisogno…”.

Una delle più importanti fra le sue opere, iniziata nel 1712, fu la compilazione delle “Ephemerides Bononienses” che riportava tabelle e grafici indicanti le posizioni degli astri per ogni anno solare realizzata con il sostanziale aiuto delle sorelle Maddalena e Teresa. Sempre nel 1712, su progetto di Manfredi, si iniziò la costruzione della Torre della Specola che avrebbe ospitato l’osservatorio astronomico della città di Bologna. Nella torre infatti egli potè effettuare osservazioni assidue di tutti i fenomeni celesti quali eclissi, occultazioni, transiti di pianeti sul disco solare e passaggi di comete. Per la profondità e l’accuratezza delle sue opere che avevano contribuito a rendere Bologna un centro astronomico di importanza europea, nel 1726 Manfredi fu nominato membro della Reale Accademia delle Scienze di Parigi e, in seguito (1729) della Royal Society of Sciences di Londra.

Le sue lezioni universitarie furono raccolte e pubblicate dieci anni dopo la sua morte, avvenuta tra il 14 e il 15 febbraio del 1739 a Bologna.

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Scheda n. 10

Filopanti Quirico (Viale) Quartiere S.Vitale: da Piazza di Porta S.Donato a Piazza di Porta S.Vitale.

Quirico Filopanti nacque a Budrio, in provincia di

Bologna, nel 1812 con il nome di Giuseppe Barilli figlio di un falegname del luogo. Lo pseudonimo di Quirico Filopanti fu scelto da lui stesso per la grande ammirazione nutrita per la Roma antica.

Si laureò in Matematica e Filosofia presso lo Studio bolognese nel 1834 divenendo in seguito professore di Meccanica e Idraulica.

Quirico Filopanti appartenne senza dubbio ai personaggi protagonisti dell’Ottocento italiano, colui che portò nuove forze all’Astronomia bolognese trascurata da tempo. A conferma dello scarso interesse per questa disciplina in tale periodo vi è l’affermazione di un astronomo viennese che definì la Specola bolognese:“un antico edifizio, il quale offre più soggetto di studio all’archeologo che all’astronomo…”

Filopanti fece parte della Costituente della Repubblica Romana, fu eroe risorgimentale, combattè nel Trentino insieme a Garibaldi che lo definiva suo “maestro e professore dell’infinito”. Fu sempre impegnato nella conquista di migliori condizioni sociali per i lavoratori, la classe meno favorita di cui si sentiva parte, e nella divulgazione in particolare dell’Astronomia su cui teneva spesso affascinanti conferenze all’aperto perché il suo pubblico potesse vedere direttamente il cielo e i corpi celesti di cui parlava. Il suo cielo era popolato da un infinito numero di pianeti che egli affermava “forniti di tutte le condizioni necessarie per essere abitati” e da

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stelle e nebulose componenti il Cosmo in cui la Via Lattea era parte principale.

Dopo la caduta della Repubblica Romana si rifugiò negli Stati Uniti e in seguito a Londra dove per vivere impartiva lezioni di italiano e matematica, lavorando nel contempo al suo libro “Miranda”. In questa pubblicazione Filopanti espose la sua idea originale e innovativa sui fusi orari, cioè un “ripensamento” della misura del tempo in modo da raggiungere un sistema coordinato a livello mondiale.

Nel 1860 fece ritorno in patria dove rifiutò la cattedra vinta nel ’48 non intendendo giurare fedeltà alla monarchia. Nel 1864 venne riammesso alla docenza universitaria grazie ad una petizione degli studenti per cui egli riprese le sue mansioni in veste di “libero insegnante” di meccanica applicata.

Abbandonato l’insegnamento universitario nel 1868, fu eletto deputato al Parlamento nel partito repubblicano. Nelle elezioni politiche del 1876 venne eletto a pieni voti per il collegio di Budrio e Medicina.

Il 18 dicembre 1894 Giuseppe Barilli, detto Quirico Filopanti, chiude la propria esistenza nell’Ospedale Maggiore di Bologna. Gli furono rese esequie solenni e fu sepolto nel cimitero di Budrio, suo paese natale.

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Scheda n. 11

Einstein Albert (Via) Quartiere Reno: da Via L.da Vinci a Via R.Sanzio

Albert Einstein visse 76 anni densi di avvenimenti molto

rilevanti sia per la scienza che per la storia dell’umanità. Albert ebbe un’infanzia ed un’adolescenza un po’ particolari. Soffrì di disturbi del linguaggio che gli impedirono di parlare speditamente fino all’età di 9 anni e fu uno studente svogliato e indisciplinato tanto che non ci si sarebbe aspettati da lui che divenisse il più grande fisico del ‘900. Nacque a Ulm, in Germania, nel 1879 e l’essere ebreo deve aver condizionato il suo percorso scolastico trovandosi, per difficoltà finanziarie della famiglia, a frequentare un istituto elementare cattolico alla cui disciplina si ribellava. In seguito, nel 1894 finì per abbandonare il Ginnasio di Monaco di Baviera e raggiungere a Pavia la famiglia che vi si era trasferita per motivi di lavoro. Nell’autunno del 1895 Albert fu bocciato all’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo, tuttavia un professore di fisica si accorse che la preparazione dell’allievo in matematica e fisica era nettamente superiore alla media. Venne trovata quindi una soluzione per il proseguimento degli studi del giovane Einstein che

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avrebbe frequentato per un anno la scuola cantonale di Aaran per essere ammesso al Politecnico l’anno seguente. Durante i corsi di fisica, la materia che preferiva, conobbe l’unica donna che frequentasse il Politecnico, Mileva Maric, che sarebbe diventata sua moglie nel 1903. Per gli studi questa volta le cose andarono per il meglio e Albert, dopo il diploma nell’ottobre del 1896 si trasferì a Zurigo per iniziare i corsi di abilitazione all’insegnamento di matematica e fisica. Cercare poi un’occupazione non fu impresa facile, varie domande per ottenere un posto di assistente non ebbero esito positivo fino a che riuscì ad entrare nel 1902 come esperto tecnico all’Ufficio Brevetti di Berna, dopo aver ottenuto la cittadinanza svizzera. All’Ufficio Brevetti incontrò due colleghi di lavoro coi quali iniziò a discutere sulla sua teoria della relatività che avrebbe rivoluzionato la fisica, e con cui fondò l’Accademia Olimpia in cui i tre amici e unici membri, ragionavano anche di filosofia e letteratura. In quel periodo Einstein pubblicò diversi lavori: sulla teoria della relatività che ha rappresentato il primo grande progresso dopo Newton nell’interpretazione della forza di gravità, sulla esistenza degli atomi, e sulla legge dell’effetto fotoelettrico che gli valse il conferimento del Premio Nobel nel 1921. Nel 1917 pubblicò Considerazioni cosmologiche sulla teoria della relatività generale in cui immaginò un Universo omogeneo, eterno ed immobile, costituito da infinite stelle e con densità uniforme, un modello cosmologico che venne accettato fino al 1929 quando Hubble annunciò di possedere le prove dell’espansione dell’Universo. Poi la vita di Einstein si snodò tra viaggi e conferenze in ogni parte del mondo, riconoscimenti e onorificenze, la docenza in molte università e, nel privato, la nascita di due figli – Hans Albert nel 1904 e Eduard nel 1910. Dopo il divorzio dalla prima moglie passò a seconde nozze con la cugina Elsa. Nonostante la sua popolarità crescesse di continuo Einstein rimase sempre una persona semplice e riservata

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che utilizzò la propria notorietà solo per iniziative da lui ritenute giuste, come schierarsi tra i pacifisti e mettere al servizio delle cause in cui credeva anche la sua grande passione per il violino, trasmessagli dalla madre, che lo portò più volte a suonare in pubblico per raccogliere fondi. Ancora perseguitato perché ebreo finì per rimanere stabilmente negli Stati Uniti, a Princeton. Nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, scrisse due lettere al Presidente Roosvelt perché l’America si impegnasse negli studi sulla bomba atomica e sulla sua produzione. Dopo gli orrori di Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945, Einstein affermò di aver commesso il più grande errore della propria vita firmando quelle lettere. Da quel momento divenne il più acerrimo nemico delle armi atomiche e, quasi si sentisse responsabile per il contributo scientifico che aveva fornito con la sua scoperta del rapporto tra massa ed energia (il famoso E=mc2) trascorse gli ultimi anni della vita a mettere in guardia l’umanità contro il pericolo di autodistruzione a cui andava incontro. In dicembre del 1498 durante un ricovero ospedaliero ad Einstein venne diagnosticato un aneurisma, intatto, all’aorta addominale; all’uscita dall’ospedale fu immortalato mentre mostra la lingua ai fotografi che lo aspettavano. Nell’aprile del 1955 entrò in ospedale a Princeton dove sarebbe morto a causa della rottura dell’aneurisma pochi giorni dopo. Il corpo venne cremato a Trenton e le ceneri disperse in un luogo segreto.

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Scheda n.12

Horn d’Arturo Guido (Giardino) Quartiere Reno (nei pressi dell’Istituto Tecnico Industriale O.Belluzzi di Via G.B.Cassini)

Il Giardino dedicato a Guido Horn d’Arturo è tra le

intitolazioni più recenti di Bologna. L’astronomo, nato a Trieste nel 1879, morì nella nostra città nel 1967.

Al tempo della sua nascita, Trieste era governata dall’impero austro-ungarico e Guido Horn, dopo la laurea in Astronomia a Vienna, durante la prima guerra mondiale volle arruolarsi volontario nell’esercito italiano e nello stesso tempo sostituì il proprio cognome Horn che tradiva le sue origini ebraiche, in d’Arturo in onore del padre e della stella più brillante della costellazione di Bootes. Con quel nome raggiunse il grado di capitano.

In seguito, dopo aver lavorato negli Osservatori di Trieste, Catania, Torino e Roma, nel 1920 giunse a Bologna dove fu docente di Astronomia e Direttore dell’Osservatorio astronomico. Nella nostra città rimase fino al pensionamento, tranne il periodo di allontanamento a causa delle leggi razziali dal 1938 al 1945.

A Horn d’Arturo si deve il merito di aver dato nuovo vigore all’astronomia del Novecento a Bologna. Tre furono i grandi filoni della sua attività: una nuova sede per l’Osservatorio di Bologna, a Loiano sul Monte Orzale lontano dalle luci della città, la realizzazione del suo “specchio a tasselli” del diametro di 1,80 m composto da 61 elementi orientabili singolarmente e capace di dar luogo ad un ottimo strumento osservativo e la fondazione della Rivista Coelum nel 1931 destinata a divenire uno

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dei principali periodici per astrofili, diretta e diffusa da Horn stesso instancabilmente fino alla morte.

L’originale strumento di Horn nacque dalla scelta di sostituire ad un’unica superficie riflettente un mosaico di specchi concavi, aggiustati in modo da concentrare la luce di una stella in un unico punto. Lo specchio a tasselli è visibile nell’edificio dell’antica Specola di Bologna, al quarto piano della Torre di Palazzo Poggi.

Alla sua attività di scienziato Guido Horn univa la grande passione per i libri che andava accrescendo di numero e riorganizzando nella biblioteca dell’Osservatorio nata al tempo della fondazione della Specola bolognese da parte di Eustachio Manfredi*, e dotata di un considerevole fondo antico. Horn si preoccupò di garantire costante aggiornamento ed evoluzione sia del materiale contemporaneo che d’antiquariato cogliendo l’importanza di entrambi gli aspetti, facendone quindi una biblioteca di ricerca, viva e in continuo contatto con altri istituti astronomici sia dell’Italia che dell’estero. Guido Horn anche dopo il pensionamento continuò a seguire comunque, dal suo studio all’interno della Torre astronomica, sia la Biblioteca che la Rivista Coelum.

Il Dipartimento di Astronomia dell’Università di Bologna ha dedicato a Guido Horn d’Arturo la Biblioteca che egli stesso curò per quasi cinquant’anni, nella sua nuova sede di Via Ranzani. Essa dispone attualmente di circa 8000 libri, circa 900 riviste specializzate e di 2500 preziosi volumi del fondo antico.

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Indice Bibliografico

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