Tra esperienza linguistica e testimonianza poetica. Il...

245
“Sapienza” Università di Roma Dipartimento di Studi Europei e Interculturali Dottorato di ricerca in Filologia e Letterature Comparate dell’Europa Centro-orientale XX ciclo Tra esperienza linguistica e testimonianza poetica. Il romanzo lirico degli anni Venti del Novecento nelle letterature serba, croata e bosniaca Tesi di dottorato di Sanela Mušija Relatore: prof.ssa Janja Jerkov

Transcript of Tra esperienza linguistica e testimonianza poetica. Il...

“Sapienza” Università di Roma

Dipartimento di Studi Europei e Interculturali

Dottorato di ricerca in

Filologia e Letterature Comparate dell’Europa Centro-orientale

XX ciclo

Tra esperienza linguistica e testimonianza poetica.

Il romanzo lirico degli anni Venti del Novecento

nelle letterature serba, croata e bosniaca

Tesi di dottorato di Sanela Mušija

Relatore:

prof.ssa Janja Jerkov

Indice

Introduzione............................................................................................................................ 1

1. La questione del romanzo lirico....................................................................................... 4

1.1. Panoramica degli studi ............................................................................................... 6

1.1.1. La prospettiva occidentale ................................................................................. 6

1.1.2. Gli studi in area serbo-croata ..........................................................................27

1.2. Generi e forme..........................................................................................................37

1.2.1. Romanzo e forme brevi ...................................................................................37

1.2.2. Lirica e lirico ......................................................................................................50

1.2.3. Per una definizione del romanzo lirico..........................................................54

1.3. La questione del corpus del romanzo lirico serbo, croato e bosniaco degli anni

Venti...................................................................................................................................59

2. Dell’immensa tristezza e dell’intellettualità sparsa: Dnevnik o arnojevi u..................70

2.1. Il titolo: diario di un sogno......................................................................................70

2.2. Organizzazione del testo: la poetica del frammento ...........................................74

2.3. Il modello lirico della prosa: una confessione frammentaria..............................77

2.3.1. Una fabula disgregata .......................................................................................79

2.3.2. Il principio della ripetizione: collegamento e incorniciamento delle unità

narrative ........................................................................................................................81

2.4. La deformazione della sintassi: la ritmizzazione ..................................................91

2.4.1. Inversione...........................................................................................................94

2.4.2. Ellissi...................................................................................................................97

2.4.3. Frasi interrogative .............................................................................................98

2.4.4. Ripetizioni fonetiche e lessicali .....................................................................100

2.4.5. Elencazione di enunciati e periodi contrastanti ..........................................106

2.4.6. Frammenti con struttura lirica.......................................................................107

Indice II

2.5. Lo sdoppiamento del personaggio come principio compositivo ....................111

2.5.1. Raji e arnojevi : narratore e poeta, buntovnik e lutalica...........................113

2.5.2. Kako je sve u vezi, na svetu: il programma poetico di Crnjanski ...................118

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi .................................................................................126

3.1. L’eterno canto sull’amore e la caducità di tutto: Grozdanin kikot .....................126

3.1.1. La questione testuale. L’espressione linguistica (s) raskrš a .......................126

3.1.2. La struttura lirica del romanzo. Un’unione di leggenda e vita..................129

3.1.3. Il principio della dualità come principio costruttivo fondamentale.........138

3.1.4. Il folklore slavo. Temi e motivi della ballata e della leggenda ..................144

3.1.5. Una sintassi elementare ..................................................................................159

3.2. Il viaggio nel tempo come espressione linguistica di un sogno interiore:

Burleska gospodina Peruna boga groma ...............................................................................167

3.2.1. Una struttura ciclica ........................................................................................171

3.2.2. La prosa associativa ........................................................................................178

3.2.3. Molteplicità di stili e di generi .......................................................................187

3.2.4. I personaggi: una dualità di mondi ...............................................................199

3.2.5. Il giovane e l’autore. La costruzione burlesca come maschera.................204

3.2.6. Tra lirica orale e lirica dell’autore..................................................................210

4. Considerazioni conclusive.............................................................................................220

Bibliografia...........................................................................................................................226

1. Fonti primarie.............................................................................................................226

2. Fonti secondarie.........................................................................................................229

3. Studi generali ..............................................................................................................230

4. Studi su singoli autori ................................................................................................239

Introduzione

Argomento di questa tesi di dottorato è un determinato tipo di romanzo in un

determinato periodo storico-letterario. Tale tipo di romanzo, che ha avuto una certa

fioritura nelle letterature europee negli ultimi decenni dell’Ottocento e, soprattutto,

nei primi decenni del Novecento, è rappresentato da una serie di opere di dimensioni

piuttosto ridotte rispetto al romanzo allora predominante, quello realistico o

naturalistico, che privilegiava le lunghe descrizioni e – in linea generale – una storia

narrata seguendo una logica causale e temporale, in cui i personaggi si muovono in

un mondo dai connotati concreti, ‘esterno’, ed agiscono in e su di esso. Proprio nelle

due epoche letterarie che si ribellano al vigente sistema dei generi letterari ‘canonici’,

quali sono quelle del Romanticismo e, soprattutto, delle avanguardie, si può osservare

la creazione di una forma ibrida che aspira a mescolare generi diversi, come il

romanzo e la lirica. Nascono così delle opere in prosa, veri ‘anti-romanzi’, che dai

critici e spesso dagli stessi autori vengono denominate “romanzi poetici” o “romanzi

lirici”.

Campo specifico della nostra ricerca sono le letterature slave meridionali, in

particolare le letterature serba, croata e bosniaca, in cui il fenomeno cui si è appena

accennato è ben presente. Poiché gli anni Venti del secolo scorso rappresentano un

periodo di felice simultaneità nelle ricerche letterarie e linguistiche degli autori delle

letterature che – proprio su base linguistica – possiamo definire anche ‘štokave’, ci

siamo concentrati su un determinato genere letterario, ovvero su un tipo, che proprio

nel decennio menzionato ha dato dei frutti importanti per il processo di

modernizzazione del romanzo, forma che nelle letterature in questione raggiungerà il

suo apice negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Infatti, nei decenni

successivi alla Seconda guerra mondiale il romanzo diventa il genere principale del

sistema letterario. I risultati raggiunti dal romanzo lirico degli anni Venti – che ha

Introduzione 2

indicato possibilità della prosa narrativa che fino ad allora erano state trascurate dai

romanzieri slavi meridionali – sono diventati in seguito parte integrante della

produzione romanzesca nelle letterature serba, croata e bosniaca e della loro

modernizzazione, e si sono fatti sentire chiaramente già in un’opera capitale come

Provratak Filipa Latinovicza (Il ritorno di Filip Latinovicz, 1932) di Miroslav Krleža e,

più tardi, in romanzi come Prolje a Ivana Galeba (Le primavere di Ivan Galeb, 1957) di

Vladan Desnica, Pesma (Poesia, 1952) di Oskar Davi o, Tvr ava (La fortezza, 1970) di

Meša Selimovi , e in quasi tutti i romanzi di Danilo Kiš.

Una domanda che si pone spontaneamente è perché studiare ancora il fenomeno

del romanzo lirico nell’area linguistica serbo-croata. Innanzitutto, perché negli studi

sul romanzo rinvenibili nella tradizione degli studi di serbo-croatistica (ormai

generalmente distinta in serbistica, croatistica e bosnistica, ma ancora con un certo

interesse anche per le analisi comparate) non c’è un lavoro che prenda in esame

l’intera area in questione, benché essa negli anni Venti si dimostri come uno spazio

alquanto compatto e segnato da un evidente fervore letterario che accomunava non

solo le sue migliori penne (I. Andri , M. Krleža, M. Crnjanski), ma anche l’intera

generazione dei giovani scrittori di allora (A. Cesarec, J. Kulundži , i fratelli Mici , H.

Humo, A. B. Šimi , Tin Ujevi e così via). Un altro motivo è che manca negli studi

dedicati a questo genere anche uno sguardo sul rapporto tra il romanzo di questo

periodo e gli altri generi letterari, soprattutto quelli brevi in prosa.

Per quanto concerne invece la denominazione delle letterature prese in

considerazione in questa tesi, abbiamo optato per la soluzione più vicina alla

situazione odierna (ma, ovviamente, con un fondamento storico-letterario): oltre a

quella serba e croata, viene aggiunta così anche la letteratura bosniaca. Ci teniamo a

precisare che se in alcuni punti appaiono soltanto le “letterature serba e croata”

mentre in altri si aggiunge anche quella bosniaca, questo dipende dal contesto in cui

tali termini vengono adoperati.

A nostro avviso, come si vedrà nel prosieguo del lavoro, negli anni Venti nell’area

linguistica serbo-croata sono in particolare tre i romanzi in cui si realizza un felice

connubio quantitativo e qualitativo tra la narrazione e il lirico, il che naturalmente

riflette anche una determinata visione del mondo dei relativi autori. Si tratta di

Introduzione 3

Dnevnik o arnojevi u di Miloš Crnjanski, di Grozdanin kikot di Hamza Humo e di

Burleska gospodina Peruna boga groma di Rastko Petrovi . La scelta dei romanzi cui

dedicare un’analisi più dettagliata può quindi sembrare asimmetrica, poiché non se ne

ha nemmeno uno appartenente alla letteratura croata. Occorre tuttavia sottolineare

che se tale scelta ha privilegiato – per così dire – “due serbi e un bosniaco”, ciò non

toglie che abbiamo preso in considerazione tutto il fenomeno del romanzo lirico

nell’intera area serbo-croato-bosniaca, con riferimento non solo alla produzione

letteraria in senso artistico, ma anche a quella critica, che ha accompagnato il

fenomeno in questione e in cui alla critica croata spetta un posto particolare.

D’altronde, l’area serbo-croato-bosniaca, non solo a nostro personale giudizio ma

come emerge da ogni indagine seria, in quegli anni si presenta come uno spazio

culturale aperto, permeabile, in cui si manifestano diverse tendenze all’abbattimento

dei più stretti confini etnico-nazionali. Per tale ragione l’indagine che qui si presenta

ha una palese e – diremmo quasi – inevitabile giustificazione storico-letteraria e

metodologica.

1. La questione del romanzo lirico

La complessità di un concetto o di un fenomeno spesso si riflette nella sua

denominazione, che a sua volta sottintende anche la definizione di tale concetto.

Quando poi si tratta di definire un genere letterario, come il romanzo (ossia le opere

oggi chiamate con questo termine), la cui storia è caratterizzata da una discontinuità

maggiore rispetto a qualsiasi altro genere, allora il problema diventa più complesso. Il

genere letterario non è una costante storica – esso è un insieme di convenzioni

soggette a cambiamenti nel tempo. Nella vita di un genere letterario niente è “eterno”

e tutto è socialmente condizionato.

Per quanto riguarda il romanzo, le “diverse formazioni stilistiche hanno fatto

affermare diverse concezioni della grande forma in prosa”.1 Col tempo si è

dimostrata l’impossibilità di definire precisamente dal punto di vista teorico questo

genere. Inoltre, per dirla con Bachtin, “il romanzo non ha un canone come gli altri

generi letterari: storicamente validi sono soltanto singoli esemplari del romanzo, ma

non un canone di genere in quanto tale”.2 Nessun modello è riuscito ad imporsi

come “esemplare” – nella storia di questo genere vi sono vari modelli che nel tempo

sono stati ripresi o rielaborati, ma il suo sviluppo e la sua fortuna si devono alla sua

natura sincretica, alla capacità del romanzo di servirsi di altri generi letterari e non

letterari. Dal Settecento, secondo Viktor Žmega , “il connubio di categorie

eterogenee [...] ha assicurato al romanzo l’apertura e la flessibilità, che sono rimaste

fino ad oggi sue caratteristiche fondamentali, ma che nel contempo hanno causato la

sua indefinitezza e ‘impurità’”.3

Quindi, nel sistema dei generi letterari il romanzo è per eccellenza la forma più

capace di includere nella sua struttura varie altre forme del discorso (letterario ed

1 K. Nemec, Povijest hrvatskog romana od po etaka do 19. stolje a, Znanje, Zagreb 1999, p. 8. 2 M. Bachtin, Epos e romanzo, in Id., Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 2001, p. 446. 3 V. Žmega , Povijesna poetika romana, tre e prošireno izd., Matica hrvatska, Zagreb 2004, p. 48.

1. La questione del romanzo lirico 5

extraletterario, artistico e non artistico, finzionale e non finzionale); per tale motivo

ogni definizione di questo genere letterario non ha dato né in passato né dà oggi dei

frutti realmente soddisfacenti. La storiografia e la critica letteraria dispongono appena

di “definizioni minime/operative”, che servono come punto di partenza negli studi

dedicati a questo genere. Tuttavia, se da un lato abbiamo molteplici realizzazioni

storiche del romanzo, le quali impediscono una sua definizione di insieme, dall’altro

proprio queste realizzazioni storiche, ovvero le forme concrete sorte in determinati

periodi storico-letterari, permettono di effettuare uno studio tipologico. Secondo

Reinhold Grimm proprio la tipologia del romanzo potrebbe portare a risultati

affidabili nello studio complessivo di questo genere letterario.4

Qui si parlerà di un determinato tipo di romanzo – il romanzo lirico – e della sua

realizzazione storica. Ci soffermeremo brevemente sulla sua definizione

terminologica e concettuale. In quest’ottica ci serviremo della “definizione minima”

adottata dalla critica, quella di “grande genere narrativo in prosa”, come punto di

riferimento per le osservazioni successive. Dalla definizione menzionata risulta il

legame diretto del romanzo con la narrazione, ovvero con uno dei due “modi” o

“costanti a-storiche” (il narrativo e il drammatico), distinte già da Aristotele.5 Il

secondo elemento determinante nella definizione proposta è l’aggettivo qualificativo

‘grande’, che si riferisce all’estensione del testo. Vi è infine la determinazione ‘in

prosa’ (prosastico), indicante uno dei mezzi espressivi nell’organizzazione del testo

(prosa/verso).

L’aggettivo ‘lirico’ si riferisce al terzo modo del poetico, ovvero ad un “modo

enunciativo”.6 Mentre al livello del contenuto globale, narrativo e drammatico si

riferiscono a un’azione e a una storia,7 il lirico si riferisce a degli “stati d’animo”.8

4 Grimm a sua volta riprende questa affermazione da W. Pabst, cfr. R. Grimm, Romani fenotipa, «Umjetnost rije i», 3 (1963), p. 187.

5 Qui ci serviamo della terminologia proposta da P. De Meijer e rimandiamo al suo contributo per la vasta problematica terminologica del genere letterario, cfr. P. De Meijer, La questione dei generi, in La narrativa italiana dalle Origini ai giorni nostri, a cura di A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1997, pp. 3-41.

6 Lo stesso De Meijer definisce il genere storico come insieme di “modo enunciativo”, “modo semantico” e di “una scelta linguistica”, ma osserva che esso è l’“intersezione nella quale possono però verificarsi varie sovrapposizioni modali e linguistiche”, cfr. ivi, p. 12.

7 Ivi, p. 31. 8 “Ma se per poesia lirica s’intende poesia che esprime uno stato d’animo soggettivo, è chiaro che

‘lirico’ indica un modo enunciativo, il cui legame con la costrizione formale può essere storicamente

1. La questione del romanzo lirico 6

Nella riflessione teorica il narrativo e il drammatico si incontrano in generi come, per

esempio, il romanzo o la novella, mentre il lirico è caratteristico della poesia lirica

(per esempio, del Romanticismo). Avendo presente che nella realizzazione storica dei

generi tale netta distinzione teorica spesso viene infranta, mentre proprio la loro

mescolanza rappresenta la vitalità di un genere, non è difficile concepire la possibilità

che esista un ‘genere ibrido’ qual è il romanzo lirico.

1.1. Panoramica degli studi

Che le definizioni usate servano soltanto come guide e non come categorie ben

determinate e immutabili ce lo dimostra in tutta la sua complessità proprio il

fenomeno del romanzo lirico. Sarebbe forse inutile rilevare che nella critica esistono

diverse opinioni, in alcuni casi anche opposte, in merito a questo moderno tipo

romanzesco. In ogni caso, lo studio e la definizione di questo genere ibrido, di questo

tipo di “anti-romanzo”, hanno avuto origine nella critica letteraria occidentale ed è da

lì che bisogna partire per capire la concezione del fenomeno e la terminologia che lo

accompagna.

1.1.1. La prospettiva occidentale

La denominazione “romanzo lirico” si trova già nella Histoire du roman moderne di

R.-M. Albérès, pubblicata a Parigi nel 1962, un anno prima della monografia The

Lyrical Novel di Ralph Freedman, che costituisce il primo studio completamente

dedicato al fenomeno del romanzo lirico. Riteniamo che sia opportuno illustrare con

costante senza perciò essere logicamente necessario, come del resto dimostra l’esistenza della prosa lirica”, ivi, p. 25. Anche per E. Staiger il lirico è uno dei tre modi del poetico, mentre “njegovu suštinsku situaciju vidi u stavu povla enja u unutrašnje, preobra anje stvarnosti u sje anja (Erinnerung)”. W. Kayser intende il lirico come manifestazione di qualcosa che è caratterizzato dal soggettivo. Infine, come osserva F. Gr evi , “U lirskom postupku stapaju se svijet i subjekt, prožimaju vrijeme i prostor, ublažavaju oštre i jasne stvarnosne konture – a potencira se djelotvorna poetska snaga ritma i zvuka jezika” (trad.: “Nel procedimento lirico si fondono il mondo e il soggetto, si compenetrano il tempo e lo spazio, si attenuano i contorni netti e chiari del reale – mentre si potenzia l’efficace energia poetica del ritmo e del suono della lingua”), F. Gr evi , Lirizam proze hrvatske i srpske književnosti XX veka, in Prilozi, Hrvatsko filološko društvo, Zagreb 1978, p. 720.

1. La questione del romanzo lirico 7

più attenzione la concezione del romanzo lirico espressa nell’ampia panoramica del

romanzo moderno fornita da Albérès. Il motivo di tale scelta è semplice: questo

lavoro ha avuto molta influenza sugli studi letterari serbi e croati della seconda metà

del XX secolo e riteniamo che con tutta la sua complessità concettuale e

terminologica, insieme allo studio di Freedman, stia alla base degli studi dedicati al

romanzo lirico in queste due letterature.9 Lo studioso francese ha dedicato un intero

capitolo al romanzo lirico,10 che definisce nel modo seguente:

Au-delà du réel et de son culte, une fièvre cependant s’empare parfois du récit, l’arrache

à la banalité, lui donne un souffle qui n’est plus celui de la transcription habile et fidèle.

On parlera alors de «roman lyrique». Et par exemple, dans le GIONO d’avant 1940, il

suffit d’audacieuse majesté des images: la nature è agrandie aux dimensions bibliques,

l’homme devient l’acteur d’un drame panique où sa stature est multipliée, la vérité

romanesque n’est plus celle de l’analyste du cœur humain, du journaliste, du reporter, mais

celle de l’homme qui respire à grands traits, conscient de la grandeur de la vie cosmique

qui l’entoure.11

Cercando di interpretare il pensiero di Albérès circa la sua definizione

terminologica del romanzo lirico, possiamo dedurre con sicurezza che questo tipo di

romanzo nasce in un determinato periodo storico come opposizione ad un

determinato tipo di romanzo. Secondo l’autore il romanzo lirico si realizza “al di là

del reale”, dove questo “reale” è inteso come trasposizione fedele dei fatti della vita

quotidiana e costituisce l’oggetto privilegiato del romanzo realistico o naturalistico.

Tuttavia nella definizione di Albérès il problema nasce proprio nel momento in cui

determina il romanzo lirico con delle espressioni di natura evocativa come “una

febbre” che si impadronisce talvolta del racconto, lo estrae dalla banalità e gli dona

“un respiro” che non è quello dell’abile e fedele trascrizione. Inoltre, queste

potrebbero essere le caratteristiche di molti romanzi moderni.

9 Il volume di Albérès in traduzione serbo-croata è apparso relativamente presto, nel 1967, presso l’editore Svjetlost di Sarajevo, intitolato Istorija modernog romana.

10 Si tratta del capitolo XIX, intitolato Au-delà du «réel»: roman lyrique et allegorie, cfr. R.-M. Albérès, Histoire du roman moderne, quatrième édition révue et augmentée, Éditions Albin Michel, Paris 1971, pp. 363-379.

11 Ivi, p. 364.

1. La questione del romanzo lirico 8

È invece più determinata la seconda parte della definizione, in cui Albérès

individua le caratteristiche di un determinato romanzo lirico ponendo in primo piano

l’importanza che in esso ha l’immagine: la natura è ingrandita a dimensioni bibliche,

l’uomo diventa il protagonista del dramma panico dove la sua statura viene

moltiplicata, la verità romanzesca non è quella dell’analista del cuore umano, del

giornalista o del reporter, ma quella dell’uomo cosciente della grandezza della vita

cosmica che lo circonda. Fino a questo punto ci sembra che il romanzo lirico così

inteso non sia altro che il romanzo moderno in senso lato, o ancora più precisamente

il romanzo del XX secolo.

In seguito, l’autore attribuisce a questo tipo di romanzo anche alcune altre

caratteristiche, che, come si evince dall’esposizione, sembrano fondamentali: l’ardore

dei sensi, il fervore dell’amore, il fervore sensuale. Infatti in tutti i romanzi che

definisce come lirici trova l’amore sensuale come principale elemento che li

caratterizza e che “fa dell’evocazione romanzesca un mondo meraviglioso”.12

Tuttavia queste sono le caratteristiche di un qualsiasi “romanzo d’amore”, e inoltre il

romanzo lirico, nonostante che nella sua sfera centrale vi sia anche il tema dell’amore,

a nostro avviso non può essere limitato alla sola definizione tematica.

A questo punto è importante soffermarsi sul corpus del romanzo lirico proposto

dall’autore e composto dai seguenti romanzieri e dalle loro opere: La Gioconda (sic!) e

Trionfo della morte di Gabriele D’Annunzio; Le Chant du Monde e Que ma joie demeure di

Jean Giono; Le Lis du mer di André Pieyre Mandiargues; Sons and Lovers e Lady

Chatterley’s Lover di David-Herbert Lawrence. Inoltre Albérès identifica in Atala

(1801) di Chateaubriand lo stesso sensualismo comune ai romanzi citati sopra.

Quindi, come mostra l’autore, il romanzo lirico si realizza nel XX secolo, in varie

epoche storico-letterarie, ma trova un suo vero precursore già all’inizio del XIX

secolo.

Tuttavia, nella trattazione di Albérès il discorso sul romanzo lirico è complicato

da un’ulteriore ampliamento del corpus e dalla eccessiva proliferazione delle

denominazioni tipologiche usate per le varie opere.

12 Ivi, p. 365.

1. La questione del romanzo lirico 9

Secondo l’autore nel romanzo lirico c’è un’ulteriore evoluzione per cui esso

diventa meraviglioso, fantastico, irreale, ma queste caratteristiche nascono non dal

ricorso a elementi che escono dall’ambito del reale, ma dalla suggestione creata

dall’opera. Egli individua quindi quattro gruppi in cui inserisce i romanzi in cui si

presenta l’elemento dell’“irreale”.

1) Un primo gruppo di opere (R. L. Stevenson, H. Melville, E. A. Poe) ha come

tema l’avventura per mare, dove la navigazione viene trasformata in un viaggio da

incubo o in un viaggio meraviglioso, e dove una sorta di sogno tipo caratterizza

l’opera come “romanzo poetico”.13 Qui questa definizione compare senza una

spiegazione.

2) Un secondo gruppo di romanzi (N. Hawthorne, J. Green, H. Thomas, Le

Clézio), la “prova negativa del romanzo lirico”, è invece caratterizzato dall’unione di

lirico e tragico situati “nell’animo umano”, dove l’“irrealismo” (“irréalisme”) è creato

da terrori morali più che dall’esaltazione del mondo. L’autore osserva così a

proposito dei numerosi romanzi di questo gruppo:

Cet ‘irréalisme noir’, où l’aventure humaine s’éloigne de la familiarité du réel pour

devenir une tragédie indéchiffrable exprimée par des épisodes sordides, n’est après tout

que le roman où l’observation superficielle du monde cède devant l’angoisse du

narrateur : une forme – parmi tant d’autres – de cette primauté du subjectif par laquelle un

roman-poème, un roman-chant, un roman-cri essaient de s’imposer à l’intérieur du

roman traditionnel consacré à la narration ou à l’inventaire objectif […] au lieu de

prendre une valeur pittoresque et extérieure, tout ce qui arrive est ressenti comme un

choc émotif o comme une parole du destin dans l’âme du héros.14

Si tratta quindi del romanzo post-realistico in cui in primo piano è il soggetto

ipersensibile. Tuttavia il primato della soggettività non è una caratteristica soltanto del

romanzo lirico, ma ancora una volta del romanzo del XX secolo in generale. È vero,

comunque, che il lirico (il modo lirico) nell’accezione hegeliana si esprime proprio nel

contenuto, che è “il soggettivo, il mondo interno, l’animo che riflette, che sente, e

13 Ivi, p. 367. 14 Ivi, p. 370. Il corsivo è di Albérès.

1. La questione del romanzo lirico 10

che, invece di procedere ad azioni, si arresta al contrario presso di sé come interiorità

e può quindi prendere come unica forma e meta ultima l’esprimersi del soggetto”.15 È

vero poi che neanche questa può essere l’unica caratteristica, quella distintiva, del

romanzo lirico poiché comune al romanzo del Novecento.

3) Il terzo gruppo (M. Blachot, S. Beckett) è composto dai romanzi caratterizzati

dal tema dell’assurdo, dell’“antilogico”, che crea l’atmosfera irreale.

4) Si ha infine un gruppo di romanzi della metà del XX secolo (E. Jünger, H.

Hesse, H. Kasack, M. Schneider) che, secondo l’autore, dal romanzo lirico e ‘irreale’

evolve verso un’immagine allegorica volutamente indecifrabile, dove l’allegoria

confina con l’utopia.

Bisogna dire che la vastità della gamma di opere intese come romanzi lirici deriva

dalla concezione tipologica che Albérès propone basandosi sulla visione del mondo

che esse esprimono, cioè sul loro mettere in primo piano la soggettività moderna, e

sulla tematica principale. Il vero problema che emerge dall’analisi della panoramica di

Albérès è la mancanza di riferimenti che riguardano l’aspetto formale, ovvero come

queste opere sono composte, strutturate. Non è forse la forma di un’opera che

riflette il suo contenuto? Non sono forse sotto la concezione di romanzo lirico così

come è presentata da Albérès semplicemente intese varie forme del romanzo

moderno, quelle opere che “evocano” un’altra realtà, creata dalla stessa opera d’arte?

Oltre a quella di ‘lirico’, nelle altre parti dello studio vi sono anche altre

denominazioni che – come si deduce da un’attenta lettura – vengono usate come

sinonimi o quasi sinonimi di romanzo lirico: il romanzo poetico, il romanzo-poema,

il romanzo-canto, il romanzo-urlo.

Per capire meglio le definizioni e le denominazioni proposte da Albérès bisogna

comprendere anche la sua concezione del romanzo moderno. Secondo questo

autore, con la rivoluzione simbolista sono avvenuti radicali cambiamenti nel genere

romanzo, che si è “liberato delle motivazioni, della descrizione, degli studi sociali e

della psicologia.”16 Nei romanzi degli anni ’90 del XIX secolo, come Le Livre de

Monelle di M. Schwob (1896) o Le Jardin de Bérénice di M. Barrès (1891), l’autore vede

15 G. W. F. Hegel, Estetica, a cura di N. Merker, trad. di N. Merker e N. Vaccaro, Einaudi, Torino 1967, p. 1160.

16 R.-M. Albérès, op. cit., p. 139.

1. La questione del romanzo lirico 11

affermarsi delle caratteristiche che non sono quelle del romanzo in cui viene

sviluppata l’azione, viene raccontata e “messa in scena” una storia, in cui ci sono

scene drammatiche tra i personaggi abilmente calcolate per metterli in opposizione

tra di loro. Egli sostiene che queste prose non sono “romanzi” (narrativi o intimi),

ma sono “evocazioni più che racconti”, sono “canti dello spirito e del cuore, molto

cerebrali, e assai estetizzanti, ma che del romanzo tradizionale rifiutano la precisione

e l’affettazione dell’oggettività”,17 e anche l’ambiente che circonda i personaggi

principali (tra l’altro, in tutti si tratta di donne) è trattato in “modo poetico” (ma non

ci viene detto che cosa si intenda con tale “modo”). Infine, osserva l’autore, del

romanzo a cui si era abituati fino ad allora queste prose hanno solamente il fatto di

mettere in gioco i personaggi e i loro sentimenti, ma in un modo in cui si trascurano

l’intrigo, l’ambiente e la narrazione.18 Ad esse, quindi, attribuisce la denominazione di

“evocazione-poema”. È proprio in questo tipo di romanzo che l’autore vede inserirsi

anche l’elemento di “ironia” come mezzo tramite cui si evita che tutto venga

spiegato, un modo che permette che restino dei segreti a proposito della storia e degli

individui evocati (per esempio, in Paludes, 1895, di André Gide).19

Si tratta quindi di una nuova linea del romanzo che ha come base, da un lato, la

parodia e la componente metaromanzesca – si veda il già citato romanzo di Gide e

inoltre Niebla (1914) di M. De Unamuno – e, dall’altro, “l’evocazione poetica” (come

nei già citati Schwob e Barrès), in cui viene “cercata l’emozione senza che venga

fabbricato un dramma”.20 Quindi l’autore insiste ancora sul primato dell’emozione e

sulla assenza della costruzione drammatica come caratteristica del “romanzo

poetico”, ma non spiega perché ricorre a questo termine e non a quello di romanzo

lirico. Questo romanzo “ironico” o “poetico”, ossia “la prima manifestazione storica

del romanzo eterodosso”,21 tra il 1890 e il 1930 costituisce il “genere eterodosso”.

Anche in questo caso la terminologia usata non viene spiegata e, inoltre, non appare

mai il sintagma “genere ortodosso”, come ci si aspetterrebbe, per riferirsi al

17 Ivi, p. 141. 18 Ivi, pp. 140-141. 19 Ivi, p. 142. 20 Ivi, p. 146. 21 Ivi, p. 142.

1. La questione del romanzo lirico 12

“romanzo tradizionale”, mentre quest’ultimo sintagma viene utilizzato per indicare il

romanzo realista e naturalista. Con il termine “eterodosso” (alquanto infelice)

dobbiamo quindi intendere un tipo di romanzo moderno, quello delle avanguardie

storiche, il “romanzo che non è romanzo”, il romanzo che ha cercato di cancellare le

regole del genere, il genere che si afferma tra racconto, saggio e poema.22

È molto interessante passare in rassegna il corpus delle opere che formano questo

“genere eterodosso”, denominato anche “romanzo-poema ironico”, in cui l’autore

distingue tre tipi: i romanzi in cui predomina l’“ironico”, quelli che hano come

dominante il “poetico”, e infine quelli fondati sull’interrogazione psicologica (si va da

Paludes di A. Gide e Malte Laurids Brigge di R. M. Rilke a Potomak di Cocteau e Le

Cavalier à la rose di H. von Hofmannsthal, ma anche ai romanzi di Joyce, Musil,

Huxley).

Spicca innanzitutto un filone di opere dell’ultimo decennio dell’800 in cui l’autore

vede l’influenza del poema in prosa: Le voyage d’Urien e Paludes di A. Gide, Le Livre de

Monelle di M. Schwob (1896), Le Jardin de Bérénice di M. Barrès (1891), Clara d’Ellébeuse

(1899) di F. Jammes.23 L’autore però non dice che cosa significhi per lui ‘poema in

prosa’. Sappiamo che dal XVIII secolo i romanzi (come Robinson Crusoe, Pamela)

venivano semplicemente denominati come epopee o poemi in prosa (Hegel,

Fielding), e forse Albérès pensa a questa accezione. O più probabilmente si riferisce

al poema in prosa di memoria baudelairiana, ma purtroppo non dà vere spiegazioni.

Dunque, il “poetico” si riferisce ai romanzi in cui prevalgono evocazione, emozioni,

avvenimenti affascinanti e illogici, e anche una particolare scelta formale? E qual è il

legame con il romanzo lirico? Sembra quasi che non vi sia alcuna differenza tra questi

due termini. E si osserva inoltre che non vi è alcuna traccia del contributo dato a

questo tipo di romanzo dalle letterature scandinave, più precisamente dalla letteratura

norvegese della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo, in cui si trova una serie di

autori che hanno avuto notevole influenza nei primi decenni del Novecento (per

esempio, K. Hamsun, J. P. Jakobsen).

22 Ivi, p. 147. 23 Ibidem.

1. La questione del romanzo lirico 13

In conclusione, si osserva che per “romanzo eterodosso” si deve intendere quella

vastità di opere in prosa che vogliono staccarsi dalla tradizione precedente, in primo

luogo realistica, cercando continuamente delle nuove vie che permettano di

“rinnovare” quel genere sincretico che è il romanzo. Si capisce, insomma, che si

tratta di una forma ibrida, che vuole presentare dei fatti, delle immagini e delle

emozioni, che vuole stupire, anziché offrire una narrazione, lunghe e dettagliate

descrizioni, spiegazioni e informazioni. E il romanzo lirico o poetico o evocazione-

poema è un tipo di anti-romanzo in cui un posto centrale è occupato dal soggetto e

dalle sue angosce emotive, e in cui un accento particolare viene posto sulla lingua.

Albérès lascia intendere che l’aspetto formale è importante per i romanzi lirici, ma

tutto rimane poco chiaro, soprattutto nel momento in cui subentra la moltiplicazione

terminologica cui si è accennato.

Nel 1963, quindi solo un anno dopo l’uscita della panoramica di Albérès, è

apparso il primo studio interamente dedicato al romanzo lirico, elaborato questa

volta in ambiente anglo-sassone, più precisamente americano. Si tratta di una

monografia di Ralph Freedman nata dalla sua tesi di dottorato, discussa nel 1954

all’Università di Yale e realizzata sotto la guida di René Wellek e Henri Peyre. Tale

studio merita la nostra attenzione non solo perché è il primo che mira a presentare il

fenomeno del romanzo lirico, ma anche perché presso la critica letteraria serba e

croata ha avuto un immediato successo ed è diventato nel corso degli anni il

principale punto di riferimento di coloro che si sono occupati del romanzo lirico in

queste letterature. La traduzione in serbo-croato del primo capitolo dello studio, in

cui viene definito il fenomeno, è apparsa infatti in tempi abbastanza brevi, nel 1968.24

Essa è indice non di una semplice curiosità verso le novità negli studi letterari

occidentali, ma di un interesse della critica serba e croata per un fenomeno ben

presente anche nelle letterature slave meridionali.25

24 La monografia di Freedman è stata tradotta in serbo-croato soltanto parzialmente. Il capitolo introduttivo, intitolato Priroda i oblici lirskog romana (Nature and Forms of Lyrical Novel), è apparso sulla rivista «Savremenik», XIV, 12 (1968), pp. 491-501, mentre il capitolo finale, Lirski roman (The Lyrical Novel: Retrospect and Prognosis), è stato pubblicato sulla rivista «Književna re », 295 (1987), pp. 20-21.

25 Si noti che la prima traduzione di Freedman è apparsa sulla rivista «Savremenik», di cui erano capiredattori A. Stefanovi e P. Palavestra, su un numero dedicato specificamente al romanzo, ovvero

1. La questione del romanzo lirico 14

La nostra attenzione sarà qui rivolta in particolare al primo capitolo di questo

studio, Nature and Forms of the Lyrical Novel, poiché è in esso che l’autore espone la

concezione del romanzo lirico applicata in seguito alle opere da lui prese in esame.

Il capitolo è suddiviso in quattro parti. Nella prima parte, cosciente sin dall’inizio

del paradosso che reca in sé il concetto di romanzo lirico, l’autore mette in luce le

caratteristiche che secondo lui rappresentano due generi (modi) diversi, quello

narrativo (che di solito viene collegato al genere romanzo) e quello lirico, che egli

vede espresso nella poesia lirica. Bisogna subito notare che Freedman ricorre al

sintagma “Lyrical poetry” nell’accezione a-storica, cioè non si riferisce a un

determinato genere della poesia lirica in versi. Le caratteristiche dei due generi sono

definite, da una parte, in base alla percezione che il lettore ha di una determinata

narrazione (per il romanzo) e, dall’altra, in base a ciò che esprime la stessa opera (per

la poesia lirica). Così, se nel romanzo il lettore cerca i personaggi, l’azione e l’intrigo,

nella poesia lirica invece vengono espressi sentimenti o temi “in musical or pictorial

patterns”.

L’autore applica un modello comunicativo poiché intende i due generi presi in

esame come due messaggi verbali che si realizzano in un determinato contesto

comunicativo, mittente – ricevente – oggetto o stato di cose, a cui rispettivamente

corrispondono le tre funzioni del messaggio: espressiva o emotiva, appellativa o

conativa e rappresentativa o referenziale.26 Così, il primo genere, il romanzo, viene

definito dall’autore in base alla predominanza della funzione referenziale del

linguaggio, mentre nella poesia lirica vede il predominio della funzione espressiva o

emotiva. Infine, secondo Freedman il romanzo lirico, combinando questi due generi

(romanzo e lirica) “devia l’attenzione del lettore da uomini ed eventi verso la

forma”.27 Ma l’autore subito dopo aggiunge che questo tipo di romanzo non si

ad un suo determinato tipo, per l’appunto, quello “poetico”. Infatti, il titolo del numero tematico in questione era: Tajna poetskog romana (Il segreto del romanzo poetico).

26 Com’è noto, il modello tripartito del contesto comunicativo è stato proposto negli anni Trenta del ’900 da K. Büchler, ma negli anni Sessanta è stato riveduto ed ampliato da R. Jakobson con altre tre funzioni: fatica, metalinguistica e poetica, cfr. R. Jakobson, Saggi di linguistica generale, a cura di L. Heilmann, Fetrinelli, Milano 2002, p. 188.

27 “[…] the lyrical novel shifts the reader’s attention from men and events to a formal design”, R. Freedman, The Lyrical Novel. Studies in Herman Hesse, André Gide and Virginia Woolf, Princeton University Press, Princeton, New Jersey 1963, p. 1.

1. La questione del romanzo lirico 15

definisce attraverso lo stile lirico, perché qualsiasi romanzo può contenere una lingua

poetica oppure delle parti che “contraggono il mondo in immagini”.28 Quindi,

conclude, il romanzo lirico assume l’unica forma che trascende il “movement of

narrative” causale e temporale nel romanzo e così si tratta di un genere ibrido che si

serve del romanzo per avvicinarsi alla funzione della poesia.

In seguito Freedman osserva che la differenza tra il lirico (lyrical form) e la scrittura

non-lirica (non-lyrical writing) consiste nella diversa percezione dell’oggettività. Questa

oggettività nel romanzo è raggiunta attraverso la forma drammatica e narrativa che

sviluppa le azioni del personaggio. Così, la principale tradizione romanzesca, quella a

cui il lettore pensa quando si tratta del romanzo, separa l’io che vive l’esperienza dal

mondo a cui si riferiscono le esperienze. I personaggi di tali romanzi esistono in un

mondo e grazie a questo mondo, in un ambiente e grazie all’ambiente su cui

agiscono. Freedman conclude che i romanzi di questo tipo (per esempio Madame

Bovary di Flaubert, Emma di J. Austen, Vanity Fair di Thackerey o Germinal di Zola),

sebbene siano così diversi l’uno dall’altro, cercano tutti di astrarre una qualità

oggettiva dall’incontro di un personaggio con gli altri, di un uomo con l’universo che

si trova al di fuori di lui.29 Quindi, è evidente che Freedman si riferisce ad un

romanzo realistico o naturalistico, a cui in seguito va ad opporre il romanzo lirico, ma

ciò non significa che per lui il romanzo lirico nasca soltanto alla fine dell’800. Al

contrario, egli vede gli inizi di questo tipo di romanzo già alla fine del Settecento, con

i romanzi di Goethe, Hölderlin, Sénancour.

Il romanzo lirico, invece, cerca di unire uomo e mondo in una strana forma

interiore, seppur sempre esteticamente obiettiva. Ciò non vuol dire che in questo

caso il romanziere non sia interessato al mondo esteriore, ma significa che i problemi

sono presentati diversamente. Freedman quindi attribuisce le seguenti caratteristiche

ai romanzi lirici: non “imitano” l’azione, ma essa viene assorbita da loro e trasformata

in immagini; non hanno un’intenzione drammatica o didattica, ma un’intenzione

“poetica nel senso stretto del ‘lirico’”, cioè della poesia lirica (la cui forma prende ad

oggetto le esperienze e i temi, e non gli uomini e il tempo). Quanto siano sfuggevoli,

28 “passages that contract the world into imagery”, ibidem. 29 Ivi, p. 2.

1. La questione del romanzo lirico 16

sebbene esposte in modo chiaro, queste caratteristiche per la definizione di un genere

“ibrido” è pronto a riconoscerlo lo stesso autore. Egli ammette inoltre che questo

tipo di romanzo si presenta in varie forme e quindi il romanzo lirico non può essere

definito in base a una forma predeterminata, ma è caratterizzato da una

manipolazione poetica di vari tipi di narrazione che gli scrittori trovano già pronti

oppure che costruiscono all’interno di una tradizione già esistente.30

Dunque, il romanzo lirico non può essere definito in base al suo contenuto, ma

in base alla sua composizione. Qual è allora il modo in cui si può definire questo tipo

di romanzo? L’autore propone il seguente:

Since the features of individual novels vary with their ingredients, an analysis must

artificially separate their narrative and lyrical components. Some novels are more lyrical

than others, and the unique organization of each work depends on its composition. But

it is not merely a sliding scale of different elements that distinguishes these novels, nor a

mere combination or compound, but also an internal conflict, a precarious balance of

different, sometimes antithetical, techniques which creates a poetic effect.31

Secondo l’autore il romanzo lirico, come insieme di tecniche complesse, esprime

un tipo di sensibilità letteraria, un tipo di approccio alla conoscenza. In base a questa

sua affermazione Freedman, nella seconda parte del capitolo, illustra le “purely lyrical

qualities” che secondo lui devono trovarsi in questi romanzi. Ma questa volta le sue

osservazioni si basano su un’opera determinata, che l’autore ritiene “purely lyrical”. Si

tratta del romanzo di R. M. Rilke Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge (1910), di

cui Freedman riporta un brano in cui vede due immagini, come due parti di un

insieme, che si alternano, come contrasti, dando alla fine del brano un’unica

immagine “totale”. Per l’autore la prosa lirica si serve quindi di una tecnica secondo

lui caratteristica della poesia, cioè essa intensifica i sentimenti e i temi, collocando

retrospettivamente tutte le parti in un’immagine totale.

Freedman tenta di mostrare come si realizza il “processo lirico”, o la

“progressione qualitativa”, espressioni riprese da W. Kayser e K. Burke. La poesia

30 Ivi, p. 3. 31 Ibidem.

1. La questione del romanzo lirico 17

lirica si sposta da un’immagine all’altra, ma in questo spostamento essa presenta una

non imitabile progressione attraverso la variazione ed espansione dei temi, il

cambiamento del ritmo e l’elaborazione delle immagini per arrivare infine ad un

punto più alto di intensità in cui si rispecchia la visione del poeta. Quindi, lo scopo

della lingua della poesia è di ottenere una particolare intensità attraverso la

modulazione delle immagini.32

Nei romanzi lirici, invece, la progressione lirica descritta è presentata insieme alla

narrazione, e secondo l’autore questi due elementi messi insieme producono la

tensione che caratterizza questo tipo di romanzo. La narrazione è qui determinata dal

tempo consecutivo, ovvero dall’azione espressa nel romanzo, anche se l’autore

ribadisce che nemmeno il più semplice romanzo poliziesco, per esempio, non è

composto soltanto dall’azione, ma anche dagli incontri dei personaggi e dalle

immagini. Quindi, tale semplificazione ha senso in quanto modo di individuare la

progressione narrativa così come il “processo lirico” serve ad individuare la

progressione qualitativa. Così, continua Freedman, mentre la narrazione è rivolta

verso qualcosa che non esiste ancora, nella poesia lirica, invece, gli eventi sono

contenuti l’uno nell’altro e la consecutività è mascherata dalla lingua lirica –

l’intensificazione dell’intensità della lingua non serve a far scoprire nuovi eventi, ma

serve a svelare il significato di quelli già esistenti. Infine, secondo l’autore esiste una

differenza qualitativa tra un romanzo come, per esempio, Madame Bovary, che si serve

delle immagini per sviluppare “a character’s progressive ‘conversation with life’”, e

uno come Malte Laurids Brigge, che si serve delle forme della narrazione nella funzione

della poesia lirica.33

L’autore afferma infine che l’intenzione del romanzo lirico è di “tessere una tela

di immagini”, ma a differenza dalla poesia lirica essa dipende dalla base del romanzo,

e quindi dalla sua base narrativa, in quanto si prefigge come obiettivo di rendere

animato il suo “mondo inventato” per poterlo avvicinare al lettore. Tuttavia, la

differenza cruciale tra le due forme sta nel locus di quel mondo. Nella narrazione

convenzionale il mondo esterno è immaginato come un oggetto, che sta al di fuori

32 Ivi, p. 7. 33 Ivi, p. 8.

1. La questione del romanzo lirico 18

dell’autore e del lettore, mentre nell’espressione lirica questo mondo è pensato come

visione del poeta, come uno schizzo:

The world is reduced to a lyrical point of view, the equivalent of the poet’s ‘I’: the lyrical

self. In the masquerade of the novel, this point of view is the poet’s mask as well as the

source of his consciousness, whether it appears as one or more disguised personae or in

the more direct function of the diarist, the confessor, or first-person narrator.34

Freedman conclude questa parte del capitolo, volta ad individuare le qualità

liriche in determinati romanzi, con l’individuazione di queste qualità nel romanzo di

Rilke menzionato. Egli nota che il ruolo passivo del protagonista, a cui si impongono

innumerevoli percezioni (come oggetti) e la cui coscienza passiva assorbe tutti quanti

questi oggetti e li trasforma in immagini, che tale posizione appunto definisce i

contorni del romanzo lirico. Le immagini non sono composte soltanto dagli oggetti,

ma anche da persone che esistono come figure immaginarie nella visione del mondo

del personaggio; tuttavia, lo scopo dello scrittore non è di sviluppare un mondo

fantastico ma di dare immediatezza agli oggetti, ai sensi e anche alle idee.

Nella terza parte del capitolo l’autore individua le componenti narrative così

come si presentano nei singoli romanzi che hanno anche qualità liriche, osservando il

tipo di relazione esistente tra queste due componenti. Egli si sofferma soprattutto

sulle forme narrative presenti nei romanzi lirci, affermando che proprio la forma

narrativa influenza direttamente le tecniche liriche che in essi si presentano.35 Nello

stesso tempo il romanzo lirico non caratterizza una determinata forma, bensì il modo

in cui tale forma viene impiegata in ciascun romanzo. Qualsiasi forma narrativa

tradizionale può essere impiegata nel romanzo lirico, mentre, secondo l’autore,

l’impegno della critica deve essere quello di studiare come in una determinata forma

funzionano le qualità liriche che sono state individuate dall’autore.

Si vedano, per esempio, forme come l’epistola e il diario. Nei romanzi di Defoe,

Richardson o Tieck le epistole servono per descrivere i sentimenti e le azioni, ma la

34 Ibidem. Il corsivo è di R. Freedman. 35 Ivi, p. 10.

1. La questione del romanzo lirico 19

loro attenzione è rivolta al mondo esterno degli eventi nel quale si proiettano le

scoperte dei protagonisti. Questa forma, afferma l’autore, può diventare la base del

romanzo lirico, in cui viene direttamente espressa la sensibilità del protagonista, in

quanto l’autore dell’opera si identifica con il personaggio che ritrae se stesso nelle

lettere, o anche nel diario. Un tipo di romanzo lirico che si serve di tali forme va da

Goethe e Sénancour a Gide e Rilke.36

Altre ‘forme’ narrative – così le chiama l’autore – in cui il personaggio principale

si riflette nelle figure e nelle scene attraverso cui viene espressa la sua vita sono il

monologo interiore o il flusso di coscienza. Quando queste due tecniche compaiono

“in a lyrical use” è perché le immagini e i motivi provengono dalle associazioni della

mente (come nel Tristram Shandy di Sterne, anche se, sostiene l’autore, questo

romanzo è ambivalente e gli mancano molte caratterstiche della tecnica lirica).

Dall’altro lato, nei romanzi che non hanno intenzioni liriche, bensì naturalistiche

(come quelli di Dos Passos, per esempio), queste tecniche diventano mezzi che

rafforzano le intenzioni di entrare nel cuore delle condizioni dell’uomo attraverso

tutti i dettagli (“by sifting all details”) che passano per la mente del protagonista.37

Nel romanzo del XX secolo, osserva Freedman, al flusso di coscienza si ricorre

con una maggiore consapevolezza come ad una forma di ricerca psicologica, come in

Ulysses o in À la recherche du temps perdu. Il romanzo di Joyce ha però come base “lo

schema omerico e il romanzo a tesi”, mentre quelli di Proust a un certo punto

abbandonano il modo lirico di espressione e scena dopo scena si rivolgono verso il

mondo esteriore (la vita, le maniere, the thicknesses of history) finché non vi viene creata

una società in cui si muovono e scompaiono gli uomini. Sono invece diversi i

romanzi di V. Woolf, in cui si hanno insieme la forma lirica e il flusso di coscienza

(per esempio, The Waves).

Osservando che il romanzo lirico riflette i contenuti della mente umana, l’autore

afferma che si sono sviluppati vari tipi di romanzo lirico che hanno la forma del

romanzo d’avventure (picaresco), episodico o allegorico. Nonostante queste forme in

sé non siano “inherently poetic”, la critica romantica tedesca le intendeva

36 Ivi, p. 11. 37 Ibidem.

1. La questione del romanzo lirico 20

diversamente. Per esempio, in Heinrich von Ofterdingen di Novalis le avventure del

protagonista vengono trasformate in immagini-scene che riflettono la ricerca di sé

dello stesso Heinrich e lo rappresentano simbolicamente.38 Infine, sostiene l’autore,

proprio nella tradizione letteraria tedesca il romanzo episodico (“episodic romance”)

è una delle forme più diffuse di romanzo lirico, in cui il protagonista, come maschera

del poeta, erra in un mondo di incontri simbolici.

Freedman ha ripetuto varie volte nel corso della sua esposizione l’importanza che

ha per un romanzo lirico l’inscindibilità del protagonista e dell’io del poeta. Nel

prosieguo del lavoro questo elemento viene posto al di sopra di tutti gli altri:

The emphasis on the protagonist as the poet’s mask is inevitable in a genre which

depends on the analogy between the lyrical ‘I’ of verse poetry and the hero of fiction.

Since the formal presentation of a self is a ‘self-reflexive’ method, most lyrical novels

indeed seem to require a single point of view.39

Tuttavia, aggiunge l’autore, il romanzo lirico non può essere ridotto soltanto a

questa identità tra protagonista e autore, ma vi possono essere dei romanzi lirici che

presentano più personaggi importanti, più monologhi che si contrappongono o

susseguono e così si inserirscono nelle immagini. Anche nei versi possono presentarsi

voci diverse, e così anche il romanzo lirico possiede una vasta gamma di possibilità di

oggettivazione. Infine, l’autore conclude la sua complessa esposizione osservando

che le caratteristiche del romanzo lirico dipendono dalla tradizione di ciascun paese e

dall’epoca a cui l’autore appartiene, e in più dalla sua sensibilità e genialità, ma

qualsiasi forma esso abbia scelto, la sua visione del mondo viene cristalizzata nei

protagonisti che trasformano le sue percezioni in una rete di immagini.40

Nella breve parte conclusiva l’autore si chiede per quale motivo un romanziere

scriva un romanzo lirico. Sarebbe troppo banale, osserva l’autore, attribuire a questi

scrittori la mancanza del coraggio necessario ad affrontare la vita esteriore. Nello

stesso tempo egli ritiene che l’esistenza del romanzo lirico sia ideologicamente

38 Ivi, p. 14. 39 Ivi, p. 15. 40 Ivi, p. 16.

1. La questione del romanzo lirico 21

condizionata. Con l’idealismo empirico del ’700 e l’idealismo trascendentale dell’800 è

stato creato il clima adatto alla fusione dell’io e del mondo, che gli scrittori hanno

voluto esprimere in un genere come il romanzo, cercando “to eliminate the

disjunction of self and world in the very genre that seems most to require their

separation”.41 Questa osservazione fa però sorgere qualche perplessità. Dalla sua

teoria e dalla relativa analisi del tipo di romanzo che definisce come lirico non

abbiamo ottenuto l’impressione di un’ostilità del romanzo verso l’espressione

dell’unità tra ‘io’ e ‘mondo’. Se fosse così, il romanzo lirico non si sarebbe

concretamente realizzato, mentre, come appare dalla panoramica dell’autore, questo

tipo di romanzo è ben presente nella letteratura. L’autore conclude sostenendo che lo

studio del romanzo lirico debba essere storicamente condizionato, poiché le

caratteristiche di questi romanzi dipendono dai diversi pensieri sul romanzo, che

sono intessuti profondamente nella tradizione letteraria di ciascun paese.

In questa parte dello studio in cui Freedman espone la concezione del romanzo

lirico si evince a grandi linee che esso nasce nelle letterature occidentali alla fine del

’700 con l’idealismo pre-romantico, e che nel XX secolo si ha una sua fioritura

prodotta dalla ricerca dell’unità tra l’io e il mondo. Presentandosi in una vasta varietà

di forme, i tratti di questo tipo di romanzo possono essere definiti e studiati in modo

accettabile (nei limiti in cui il genere romanzo consente una “definizione”) soltanto

all’interno delle singole tradizioni letterarie e in periodi storico-letterari determinati.

Due sono i fattori di importanza fondamentale per questo tipo di romanzo:

l’autore implicito che esprime il suo punto di vista attraverso i personaggi e i

personaggi che trasformano le loro percezioni nelle immagini di cui è intessuta

l’opera. Freedman ha inteso questo romanzo come unità di lirica e narrazione, come

un “antiromanzo”, ed è in questa direzione che ha proposto uno studio che mette

sotto la lente di ingrandimento la struttura, più esattamente la composizione di

ciascun romanzo lirico. Poiché non è soltanto la presenza di alcuni elementi lirici,

come le immagini, che definisce questo tipo di romanzo, ma la loro interazione con

gli altri elementi della struttura narrativa, allora la difficoltà interpretativa diviene

considerevole. Nascono in questo modo delle denominazioni per gradazione –

41 Ivi, p. 17.

1. La questione del romanzo lirico 22

puramente lirico (purely lyrical), meno lirico (less lyrical), intensamente lirico (intensely

lyrical), lirico nel personaggio ma non nella struttura, e così via – che tuttavia non

offrono un contributo decisivo per affrontare la questione in oggetto.

Il contributo di Freedman sta sicuramente nel fatto di aver individuato e studiato

un tipo di romanzo presente nelle letterature occidentali, quel tipo incentrato sul

primato della soggettività, e di aver cercato di portare l’attenzione su quei romanzi

“ibridi” che spesso sono nascosti dietro “lunghe narrazioni”.

Nello stesso anno in cui è uscita la monografia di Freedman è apparso, questa

volta in area tedesca, anche un importante contributo di Reinhold Grimm, il quale

intende fornire un abbozzo di un tipo di romanzo che si è sviluppato in un

determinato periodo, e osserva che per una teoria del romanzo l’unico “rifugio” è

offerto proprio dalla tipologia.

Partendo dalle osservazioni di J. W. Beach sulla “scomparsa del narratore” nel

romanzo inglese a partire da Fielding,42 Grimm si prefigge l’obiettivo di capire “dove

scompare il narratore”.43 In questa sua ricerca egli sceglie un determinato tipo di

romanzo che, secondo lui, non ha ricevuto l’attenzione dovuta e che definisce

“romanzo del fenotipo”. Grimm prende questo sintagma nominale dall’omonimo

titolo, e nella stessa accezione, di Gottfried Benn (Romanzo del fenotipo, pubblicato nel

1949, ma scritto cinque anni prima). Come afferma lo stesso Benn, nella sua opera il

fenotipo indica “la fenomenicità dell’uomo contemporaneo”, in opposizione al

genotipo (entrambi i termini derivano dalle scienze naturali), che indica la somma di

tutte le forme possibili delle specie. Grimm quindi intende con questo termine

“l’essere umano che rappresenta un’epoca o una generazione” o, nell’accezione di

Benn, il fenotipo indica semplicemente l’“individuo”, l’“io”, da cui, conclude lo

studioso, risulta che il concetto di “fenotipo” si stringe gradualmente intorno al

“soggetto del poeta” fino a diventare tutt’uno con lui.44

42 Cfr. J. W. Beach, The Twentieth Century Novel, 1932 (trad. it.: Tecnica del romanzo novecentesco, Bompiani, Milano 1948).

43 R. Grimm, op. cit., p. 188. Occorre specificare che l’articolo uscito sulla rivista zagabrese è in realtà la versione abbreviata di un saggio pubblicato in un libro del medesimo studioso tedesco apparso, comunque, quello stesso anno: Strukturen. Essays zur deutschen Literatur, Sachse & Pohl Verlag, Göttingen 1963. Nel presente lavoro si cita sempre dalla versione apparsa su «Umjetnost rije i».

44 R. Grimm, op. cit., p. 188.

1. La questione del romanzo lirico 23

Grimm illustra anche le caratteristiche formali del breve romanzo di Benn in

quanto esemplare, poiché tali caratteristiche accompagnano grosso modo tutte le

opere di questo tipo romanzesco: un eroe che è poco mobile, “isolato”; l’azione

viene sostituita dalla lirica e dalla riflessione; la “frase” come obiettivo; la

composizione è frammentaria; le impressioni e i ricordi sostituiscono gli eventi

esteriori, e l’eroe è concentrato sulle avventure interiori, riflette sulla forma dell’arte.

Il fenotipo si oppone quindi alla forma canonica del romanzo “tradizionale” (in

primo luogo del romanzo psicologico o sociale, del romanzo basato su una

narrazione che procede secondo il principio causale-temporale); invece il romanzo

del fenotipo, secondo Benn, “tende ad un collegamento diretto, ad un taglio acuto,

alla composizione”, “a parole e frasi messe in ordine in maniera armoniosa, nel senso

dell’arte assoluta”, perché “soltanto un poeta lirico, un poeta lirico veramente grande,

sa che cosa è veramente la parola”.45 Qui si tratta di una prosa che in primo piano

mette la preoccupazione per la forma e la sua espressione linguistica.

L’autore traccia in seguito una linea diacronica di romanzi che a partire dalla fine

del ’700 (dal Preromanticismo e poi dal Romanticismo) si presentavano “senza

azione”, una linea che chiama, appunto, dei romanzi del fenotipo. Egli intende

Lucinde (1799) di F. Schlegel a capo di questo tipo di romanzo, ma lo stesso Voyage

autour de ma chambre di X. de Maistre, pubblicato nel 1795, non si discosta dal

romanzo del fenotipo.

Nell’Ottocento Grimm vede fiorire questo tipo di romanzi e ricorda, per

esempio, À rebours (1884) di J.-K. Huysmans e Les lauriers sont coupés (1887) di E.

Dujardin, ma in questo gruppo, sotto il nome di “romanzi lirici”, inserisce anche

Niels Lyhne (1880) di J. P. Jacobsen e Pan (1894) di K. Hamsun. Quindi, anche se non

esprime la sua concezione del romanzo lirico, si evince che per l’autore esso fa parte

del romanzo del fenotipo, è un suo tipo. Inoltre, al romanzo del fenotipo

appartengono anche Paludes (1895) di A. Gide, Bebuquin (1912) di C. Einstein e Die

Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge di R. M. Rilke. Bisogna soltanto ricordare che

quest’ultimo è il romanzo che R. Freedman ha inteso come romanzo lirico per

45 Ivi, p. 190.

1. La questione del romanzo lirico 24

eccellenza, mentre Albérès lo inserisce nel gruppo del “romanzo eterogeneo”, nella

linea che privilegia la ricerca psicologica.

Nella parte finale dell’articolo, Grimm propone anche una tipologia tripartita del

romanzo basata sulla posizione del narratore, rifacendosi alla definizione di Goethe,

che intende il romanzo come “epopea soggettiva”. Quindi, osserva Grimm, da una

parte vi è il narratore, il soggetto, e dall’altra il mondo di cui si narra e questo,

secondo l’autore, è il primo tipo di romanzo. Il secondo, invece, è il tipo in cui

predomina il mondo esteriore (il soggetto e il narratore sono messi in secondo

piano). Il terzo gruppo, infine, comprende il tipo di romanzo in cui prevale il

soggetto, quel tipo che al centro non ha un soggetto (qui fenotipo) che dà forma agli

avvenimenti e parla del mondo e di che cosa succede in esso, ma un soggetto che

interpreta se stesso in quanto “soggetto isolato”.46 Grimm arriva alla conclusione che

il tipo del romanzo “assoluto”, o del fenotipo, o moderno, appare alla fine del ’700

quando la classica “costruzione dei generi letterari” cominciava ad andare in pezzi e

nella nuova poetica si creava un posto per il genere romanzo, inteso alla maniera di

Herder come “poesia in prosa”.

Dagli studi di R. M. Albérès e di R. Grimm si evince che esiste una diversa

denominazione per lo stesso fenomeno nella storia del romanzo moderno. Ciò che

Albérès intende come “romanzo eterogeneo” è chiamato da Grimm “romanzo del

fenotipo”. In realtà, entrambi si riferiscono alle opere in prosa che a partire dalla fine

del ’700 hanno come centro del proprio interesse il soggetto e la sua introspezione,

che va a scapito della rappresentazione del mondo esterno e delle azioni situate in

tale mondo. Che nel corso e soprattutto alla fine dell’800 questo modello di romanzo

si sviluppi e si ramifichi è testimoniato da entrambi gli studiosi. Da una parte,

secondo Albérès, vi è una linea di romanzi (all’interno del “romanzo eterogeneo” o

“romanzo-poema ironico”) che privilegia l’“ironico” (ci si riferisce così a quei

romanzi che sono incentrati sulla componente metaletteraria) e un’altra che privilegia

il “poetico”, mentre secondo R. Grimm il romanzo del fenotipo è composto dalle

opere con una marcata componente metaletteraria (romanzi che privilegiano la

46 Ivi, p. 194.

1. La questione del romanzo lirico 25

riflessione sulla scrittura) e dalle opere chiamate “romanzi lirici” (con esempi presi

dalle letterature scandinave).

La denominazione “romanzo lirico”, usata per un determinato tipo di romanzo,

si trova anche negli studi di autori italiani, come, per esempio, nella sintesi storico-

letteraria di Mario Gabrieli dedicata alle letterature scandinave (Le letterature scandinave.

Danese, Norvegese, Svedese, Islandese). Questi vede nel romanzo lirico e, in generale, nella

prosa lirica e ritmica a cui ricorrevano gli scrittori del nord Europa negli ultimi due

decenni dell’800 un fenomeno formale nato come risposta alla prosa naturalista

intesa come “studio scientifico di una realtà oggettiva”.47 Sebbene l’autore non dica

esplicitamente che cosa intende per prosa lirica o romanzo lirico, dalle sue varie

osservazioni riguardanti le determinate opere letterarie di questo tipo si deducono

due cose: 1) l’opera con queste caratteristiche presenta una struttura che si discosta

dalle opere “realistiche” o “naturalistiche” (al posto delle minute descrizioni si hanno

folgoranti visioni ed evocazioni liriche, al posto della “salda concatenazione

narrativa” si ha una struttura frammentaria, “rapsodica”, alla coerente

caratterizzazione dei personaggi si ha un’irrazionalità degli impulsi);48 2) l’accento in

queste opere viene posto sulla lingua e il romanzo, come genere che predomina

soprattutto in Norvegia, viene scritto in una prosa dalle “movenze e cadenze liriche”

che mirano a dare forte intensità allo stile, che si esprime attraverso le ripetizioni e

l’iperbole, ma anche nell’alternanza di elementi contrastanti.49

47 M. Gabrieli, Le letterature scandinave. Danese, Norvegese, Svedese, Islandese, Sansoni - Accademia, Firenze - Milano 19692, p. 252.

48 Ivi, p. 277. 49 Ivi, pp. 286-289. Come due massimi rappresentanti della prosa lirica in queste letterature

figurano Per Hallström e Knut Hamsun, ma anche A. Strindberg, J. P. Jakobsen, S. Lagerlöf propongono un rinnovamento della prosa per mezzo delle tecniche prese dalla poesia. Gabrieli osserva che proprio questi autori erano stimati e presi come modello dalle “giovani generazioni degli espressionisti”. Del resto, anche presso gli scrittori slavi balcanici la popolarità di questi nomi è ben documentata. Ormai è assodata l’importanza e l’influenza sulla produzione romanzesca serba e croata degli anni Venti delle letterature scandinave, fra cui per popolarità spicca in primo luogo il romanzo norvegese fin de siècle. Per gli scrittori di quest’area slava, infatti, la letteratura norvegese, una “piccola” letteratura riuscita ad imporsi e a dare il proprio contributo alla letteratura europea, è stata un esempio da seguire. Una stima particolare andava ad un romanziere come Knut Hamsun e al suo romanzo lirico Pan (1894), tradotto già nel 1912 in serbo-croato, e continuamente menzionato da tanti romanzieri di quest’area slava (M. Crnjanski, R. Petrovi , H. Humo, M. Uskokovi ). Infatti, molti anni più tardi Raško Dimitrijevi si ricorda dei primi decenni del secolo e dell’influenza del romanzo di Hamsun sulla letteratura: “Možda me je za književnost najpresudnije vezao Knut Hamsun. Kad sam pro itao njegovo delo Pan, ini mi se da sam bio uzbu eniji nego ikad ranije. Družio sam se tada s

1. La questione del romanzo lirico 26

La denominazione “romanzo lirico” continua ad apparire anche negli anni ’90 del

Novecento, come nello studio sul romanzo di formazione di Franco Moretti.50 Qui

l’autore, che segue l’approccio della narratologia contemporanea, intende il romanzo

lirico come un “ibrido” prodotto dalla crisi dell’episodio narrativo ottocentesco. In

questo tipo di romanzo prevalgono i “nuclei” (gli episodi primari, prodotti dall’eroe)

sui “satelliti” (gli episodi secondari che accompagnano il percorso scelto). Moretti

nota che il predominio del “nucleo” narrativo caratterizza la struttura di alcune

forme, tra cui al racconto spetta un posto particolare. Se il romanzo di formazione è

il prodotto del singolare equilibrio di due classi dell’episodio narrativo (nucleo-

satellite), nel tardo romanzo di formazione l’episodio narrativo è molto vicino al

nucleo. Moretti si chiede se sia possibile un romanzo di “nuclei” e traumi, e osserva

che gli “eventi fatali” caratterizzano più generi rigidi come la short story o la novella,

che il romanzo. È quindi la forma breve che, secondo l’autore, entra in gioco,

cosicché i romanzi lirici, cioè una serie di romanzi riconducibili al tardo romanzo di

formazione, sono tutti “grandi novelle di formazione”: Gioventù (1898) di J. Conrad,

Tonio Kröger (1903) di Th. Mann, I turbamenti del giovane Törless (1906) di R. Musil, Jakob

von Gunten (1909) di R. Walser, I quaderni di Malte Laurids Brigge di R. M. Rilke, Ritratto

dell’artista da giovane, o Dedalus, (1904-14) di J. Joyce, America, o Il disperso (1911-14) di

F. Kafka.51 In questi romanzi il significato stesso non si situa in una progressione tra

un evento e l’altro, “bensì entro ogni singolo presente, percepito come un’entità a

sé”, non si tratta più di una storia narrata, ma di un filo di “momenti lirici”. In questo

romanzo il racconto (come sequenza narrativa) viene come “pre-testo per le liriche”,

per la discontinuità lirica (come nel Ritratto di Joyce o in Malte di Rilke).

Secondo Moretti nel romanzo lirico, inteso come mescolanza di racconto e

poesia, il momento da cui “nasce la poesia” sta nei traumi,52 che si riflettono

Hamzom Humom i kažem mu jednom: pro itao sam Pana deset puta, a on meni – i ja” (trad.: “Forse è stato Knut Hamsun a legarmi nel modo più decisivo alla letteratura. Quando ho letto la sua opera Pan mi sembrava di essere stato più emozionato che mai prima. Allora frequentavo Hamza Humo e una volta gli dissi: ho letto Pan dieci volte, e lui mi rispose – anch’io”), D. Adamovi , Razgovori sa savremenicima. Ko je na vas posebno uticao i zašto?, Privredna štampa, Beograd 1982, p.106.

50 Cfr. F. Moretti, “Un’inutile nostalgia di me stesso”. La crisi del romanzo di formazione europeo, 1898-1914, in Id., Il romanzo di formazione, Einaudi, Torino 1999, pp. 257-273.

51 Ivi, p. 263. 52 Ivi, p. 264.

1. La questione del romanzo lirico 27

direttamente nel linguaggio e nell’angoscia semiotica (la paura della pluralità dei

significati). Il saggio di Moretti è importante, e perciò lo abbiamo inserito in questa

panoramica, perché egli adopera il termine romanzo lirico, anche se perlopiù ne dà

per scontato il significato. Più che una risposta alla domanda “come si realizza il lirico

nel romanzo”, nel saggio di Moretti troveremo una stimolante indicazione, o

conferma, che nel romanzo occidentale il romanzo lirico esiste e si realizza appieno

in un determinato periodo, l’inizio del XX secolo.

1.1.2. Gli studi in area serbo-croata

In area serba e croata la prima monografia che ha come oggetto il fenomeno del

romanzo lirico è apparsa nel 1994, anche se lo studio dello stesso fenomeno ha una

tradizione ben più lunga nella critica letteraria di questa area slava meridionale.

Troviamo il sintagma lirski roman già come indicazione posta sul frontespizio della

prima edizione di Zapaljena krv di Stjepan Mihali , romanzo scritto nel 1927, ma

pubblicato nel 1933,53 mentre nel 1936 il critico letterario Josip Bogner definisce il

romanzo Dunja u kov egu di Milan Begovi come “il migliore romanzo lirico nella

nostra letteratura”.54 Sappiamo, inoltre, che più tardi anche Vladan Desnica usa la

stessa definizione tipologica (lirski roman) a proposito del suo romanzo maggiore,

Prolje a Ivana Galeba (Le primavere di Ivan Galeb, 1957).55

Tuttavia, negli anni ’60 dello stesso secolo si va ben oltre delle sporadiche

definizioni terminologiche che danno per scontata l’esistenza di un tipo di romanzo

chiamato “romanzo lirico”. Così, sempre in ambito croato, tra il 1964 e il 1967

Stanko Kora realizza una corposa panoramica del romanzo croato tra le due guerre

mondiali che, però, sarà pubblicata solo nel 1972 (Hrvatski roman izme u dva rata [Il

romanzo croato tra le due guerre]). In questa monografia l’autore propone, tra l’altro,

una tipologia del romanzo croato in questo periodo definita in chiave tematica. Le

categorie individuate dall’autore sono sette, tra cui ci sono anche i “romanzi con una

53 S. Mihali , Zapaljena krv, in Id., Zapaljena krv. Dvije novele i lirski roman, [Zabavnik Matice hrvatske, 6], Matica hrvatska, Zagreb 1933.

54 J. Bogner, Predgovor, in M. Begovi , Kvartet, Zagreb 1936, p. 22. 55 Cfr. Pisma Vladana Desnice, «Gradina», XX, 6 (1985), p. 109 e passim.

1. La questione del romanzo lirico 28

elaborazione lirica palese” (“romani sa izrazitom lirskom obradom”).56 Definito il

fenomeno in base alla tematica prevalente, che è tra l’altro quella amorosa, non

stupisce affatto che l’autore riesca a trovare nella letteratura croata del periodo tra le

due guerre mondiali “una ventina” di romanzi lirici, anche se sono soltanto due quelli

che considera pienamente lirici. Ad ogni modo, a ben vedere la concezione del

romanzo lirico di Kora va al di là della tematica e include anche l’importanza dello

stile e della lingua nel far sì che una narrazione diventi lirica.57 L’autore nota una certa

musicalità nella lingua di M. Begovi , anche se non fa capire in che modo la sua prosa

sia “plesnog ritma, laganih preliva, lagane uzburkanosti, laganih pokreta”.58

Nella parte dedicata al romanzo di Stjepan Mihali l’autore cerca invece di dare

una maggiore determinatezza al tipo di romanzo chiamato lirico. Egli lo oppone al

romanzo psicologico, sociale e storico in base all’argomento trattato. Mentre in questi

ultimi in primo piano si trovano le “questioni importanti”, in un romanzo lirico,

secondo l’autore, “lo stile è più importante del tema” (“stil je važniji od teme”).59 Ma

anche qui l’autore sceglie un’espressione metaforica per individuare le caratteristiche

di tale stile: “i ako je on [stil] poletan, fluidan, treperav, elegantan, onda je to za nas

dovoljno” (“e se esso è vivace, fluido, scintillante, elegante, allora questo ci basta”).60

Secondo Kora , comunque, in questo tipo di romanzo la tematica amorosa è quella

più usuale, “jer što bi se potpunijom liri noš u moglo izraziti ako ne ljubavna briga ili

dokolica” (“poiché che cosa si potrebbe esprimere con una più completa liricità se

non la preoccupazione amorosa o l’ozio”).61 Si evince che il tema dell’amore insieme

ad un determinato stile, che prende il sopravvento sullo stesso tema, determinano il

56 S. Kora , Hrvatski roman izme u dva rata, drugo izd., August Cesarec, Zagreb 1975, p. 8. 57 “Ima u tom razdoblju dvadesetak hrvatskih romana koje možemo smatrati lirskim romanima,

ali su samo dva odre enija u toj vrsti i, dakako, bolja od ostalih. To su Dunja u kov egu Milana Begovi a i Zapaljena krv Stjepana Mihali a. Ova dva pisca ne samo da obra uju ljubavnu temu, oni nalaze odgovaraju i stil i jezik kako bi njihovo prozno pripovijedanje bilo lirsko” (trad.: “In quel periodo c’era una ventina di romanzi croati che possiamo considerare romanzi lirici, ma solo due sono maggiormente determinati secondo questo genere e sono senz’altro migliori degli altri. Si tratta de La mela cotogna nello scrigno di Milan Begovi e di Sangue infuocato di Stjepan Mihali . Questi due scrittori non solo trattano il tema amoroso, essi trovano lo stile e la lingua adeguati a rendere lirica la loro narrazione in prosa”), ivi, pp. 45-46.

58 Ivi, p. 80. 59 Ivi, p. 202. 60 Ibidem. 61 Ibidem.

1. La questione del romanzo lirico 29

tipo di romanzo moderno chiamato lirico. In altre parole, sarebbe lirico un romanzo

d’amore che presta particolare attenzione alla lingua.

L’autore cerca infine di far capire la sua concezione del lirico mettendo in

opposizione gli elementi, che secondo lui, distinguono il lirico dall’epico (intesi, si

deduce, come due modi a-storici). E quindi la lirica è legata alla sfera dei sentimenti,

delle emozioni, del singolare, della brevità, dell’intensità, mentre l’epica è

“obuhvatnija”, è estensiva. Qui potremmo osservare che l’autore ha omesso il modo

drammatico come terza componente a-storica del genere, perché sarebbe difficile

accettare la tesi secondo cui in un romanzo, in quanto genere letterario basato sulla

narrazione, il drammatico scompare del tutto. Se accettiamo questi criteri per offrire

una tipologia del romanzo, una tipologia che abbia come scopo di dirci qualcosa di

più su determinate opere letterarie in determinati periodi, il romanzo lirico si

schiuderebbe davanti ai nostri occhi come un immenso campo di fiori tutti simili, e

perciò difficili da distinguere per un occhio che li guarda da una distanza tanto

rilevante. Per tale motivo la definizione implicita offerta dall’autore non segna un

punto di arrivo, ma indica un punto di partenza.

Solo qualche anno più tardi è apparso un saggio di Franjo Gr evi , Lirizam proze

hrvatske i srpske književnosti XX veka (Il lirismo della prosa della letteratura croata e

serba del secolo XX), in cui l’autore si è soffermato su uno degli aspetti che, secondo

lui, hanno segnato la letteratura del XX secolo, cioè la liricizzazione della prosa,

affrontandolo nei casi specifici delle letterature serba e croata. Secondo Gr evi la

nascita di vari generi “ibridi” è dovuta alla “disgregazione dei generi letterari ereditati

dal Realismo” (“razgra ivanje književnih vrsta naslije enih od realizma”),62 e così è

anche per il romanzo lirico. Egli parte dalla definizione del lirico, data da E. Staiger e

W. Kayser, come uno dei tre modi del poetico in generale (insieme all’epico e al

drammatico), un modo che si riflette nell’unione tra sé e il mondo in un unico stato

d’animo, in cui l’oggettività viene trasformata nell’interiorità mentre in questo

processo viene potenziato l’aspetto sonoro e ritmico della lingua.63 Ma l’autore

prende in considerazione anche lo studio di R. Freedman sul romanzo lirico, che

62 F. Gr evi , op. cit., p. 720. 63 Ibidem.

1. La questione del romanzo lirico 30

nella sua definizione di questo tipo romanzesco privilegia l’aspetto dell’immagine

della lingua, per osservare che, secondo lui, la liricizzazione della prosa non può

realizzarsi soltanto al livello della lingua, bensì a tutti i livelli dell’opera letteraria

(personaggi, fabula, sintassi, temi).64 Tralasciando, per adesso, le altre forme della

prosa lirica, qui ci interessa notare che F. Gr evi vede in Dnevnik o arnojevi u di M.

Crnjanski il raggiungimento della massima liricizzazione della prosa, per quanto

Crnjanski “ponendo come tema se stesso e la sua propria vita” abbrevi non solo la

distanza tra narratore e narrato, ma anche tra narratore e autore, il che è una delle

caratteristiche principali della poesia lirica.65

Solo tre anni più tardi Jovan Dereti firma la prima sintesi relativa alla storia del

romanzo serbo, Srpski roman 1800-1950 (Il romanzo serbo 1800-1950, 1981), a cui

subito dopo, nel 1982, segue un’altra sintesi su questo genere letterario nella

letteraura serba, più delimitata nel tempo, Srpski roman izme u dva rata 1918-1941 (Il

romanzo serbo tra le due guerre 1918-1941) di Stanko Kora .

Nella sua panoramica Dereti propone una periodizzazione di questo genere

letterario apparso nella letteratura serba in ritardo rispetto alla tradizione del romanzo

europeo, ma il cui sviluppo si mostra molto dinamico e “accelerato”.66 Così, secondo

l’autore, nel romanzo serbo si osservano comunque tutti e tre i tipi principali

(ciascuno occupa una delle sfere della realtà) che caratterizzano la storia di questo

genere nelle letterature europee: quello “antico” (rappresenta il mondo meraviglioso,

fiabesco, irreale), quello “più nuovo” (raffigura il mondo che circonda l’uomo, la

realtà sociale) e quello “moderno” (rappresenta il mondo interiore dell’uomo). La

differenza è che nella tradizione del romanzo europeo le tre sfere si sono realizzate in

un lasso di tempo di circa duemila anni, mentre in quello serbo in meno di due secoli.

Qui ci soffermeremo solo sulla concezione che questo autore ha di quel tipo di

romanzo che nella panoramica degli studi fin qui presentata viene denominato

‘romanzo lirico’. Anche secondo Dereti si tratta di un tipo di romanzo moderno che

vede la riduzione di tutti gli elementi di cui è composto il romanzo “tradizionale”

(con cui intende il romanzo realistico): fabula, descrizione, personaggi.

64 Ivi, p. 721. 65 Ivi, p. 731. 66 J. Dereti , Srpski roman 1800-1950, Nolit, Beograd 1981, p. 22.

1. La questione del romanzo lirico 31

La quarta parte della monografia, dedicata al romanzo moderno serbo tra il 1910

e il 1930, è infatti suddivisa in due capitoli: Roman uo i prvog svetskog rata (Il romanzo

alla vigilia della Prima guerra mondiale) e Me uratni poetski roman (Il romanzo poetico

interbellico). Secondo l’autore il romanzo poetico ha due periodi in cui si realizza

appieno: il primo inizia appena prima della Grande Guerra e si protrae negli anni

Venti del XX secolo, mentre il secondo è quello degli anni ’50, periodo in cui questo

tipo di romanzo, secondo l’autore, diventa il tipo predominante nel genere

romanzesco.67 Il romanzo poetico nasce in un periodo che vuole ‘ristrutturare’ il

sistema dei generi letterari esistenti e si sviluppa a stretto contatto con la poesia. Dalla

poesia questo romanzo prende alcuni procedimenti e la visione del mondo, e ciò si

riflette nella sua struttura.68 L’autore ricorre sia alla denominazione ‘romanzo lirico’

sia a ‘romanzo poetico’ come termini apparentemente sinonimici, e vede la nascita di

questo tipo nelle letterature europee nel Preromanticismo e nel Romanticismo.69

Se l’autore insiste in vari punti nel sottolineare che in questo tipo di romanzo la

poesia si impone sulla narrazione, nel capitolo sul romanzo poetico non è sempre

chiaro in che modo si realizzi questa mescolanza nelle opere da lui denominate.

Inoltre, a quelle riguardanti M. Crnjanski e R. Petrovi , intesi come i più importanti

romanzieri di questo periodo, vengono aggiunte delle brevi osservazioni su D. Vasi ,

S. Mili i e A. Vu o, ma senza una determinazione precisa di ciò in cui consiste il

poetico nei loro romanzi. Si ha così l’impressione che il romanzo lirico ad un certo

punto venga equiparato al romanzo moderno e che non sia inteso come un suo

paticolare tipo.

La monografia di S. Kora è invece impostata diversamente. L’autore cerca di

portare alla luce il numero più esauriente possibile di romanzi scritti in questo

periodo. Egli cerca di illustrare i cambiamenti strutturali (prendendo in esame tre tipi

diversi di romanzo serbo – romantico, realistico e moderno) avvenuti nel romanzo

serbo dalle sue origini (l’inizio dell’800) fino al periodo tra le due guerre mondiali.

Quattro sono gli elementi strutturali che vengono individuati e presi in esame

67 Ivi, p. 30. 68 Ibidem. 69 Ivi, pp. 254-255.

1. La questione del romanzo lirico 32

dall’autore nelle sue analisi dei romanzi proposti: la fabula, i personaggi, la psicologia

e le descrizioni.

Anche secondo Kora nella letteratura serba il tipo più importante di romanzo in

questo periodo è il romanzo poetico, dove il poetico è inteso come una categoria

estetica e questo tipo di romanzo come “unione di cosmologico e psicologico”

(l’autore fa intendere che si tratta del mondo naturale esterno all’uomo e di quello

interiore, che riguarda i suoi sentimenti). Ne consegue che la concezione del romanzo

poetico dell’autore è una concezione filosofica e non formale. Nelle conclusioni,

invece, egli illustra una tipologia tematico-strutturale del romanzo serbo di questo

periodo, nella quale, però, è assente il tipo di romanzo lirico o poetico. Tuttavia,

quelle opere che da Dereti erano intese tipologicamente come romanzi poetici o

lirici, qui vengono inserite nel gruppo dei romanzi psicologici moderni oppure dei

romanzi d’amore.70 Per quanto nell’interpretazione delle opere Kora spesso insista

sui dettagli della struttura, nella tipologia, invece, lascia qualche perplessità. Ci sembra

difficile accettare che un’analisi psicologica sia l’intento dei romanzi di Crnjanski o di

R. Petrovi .

Il primo lavoro completamente dedicato al romanzo lirico negli studi serbi e

croati, anche se limitatamente ad una sola di queste letterature, è apparso nel 1994 ad

opera di Bojan Jovi : Lirski roman srpskog ekspresionizma (Il romanzo lirico

dell’espressionismo serbo). Questo studioso affronta la questione della

determinazione terminologico-concettuale che accompagna questo fenomeno ben

presente negli studi letterari serbi. L’autore giunge alla conclusione che le due

definizioni osservabili presso la critica – ‘romanzo poetico’ e ‘romanzo lirico’ –

vengono usate come sinonimi e non per designare una differenza concettuale,

cosicché egli propone di limitare la denominazione a un solo termine. La

denominazione ‘romanzo lirico’ gli sembra più adatta, poiché i due termini, lirico e

romanzo, non sono in contraddizione tra di loro in quanto provengono da diversi

generi (il modo – lirico – e il genere storico – romanzo).71 Inoltre, constatato che si

tratta di un tipo di romanzo che appare in varie forme, per cui sarebbe difficile una

70 S. Kora , Srpski roman izme u dva rata 1918-1941, Nolit, Beograd 1982, pp. 573-579. 71 Cfr. B. Jovi , Lirski roman srpskog ekspresionizma, Institut za književnost i umetnost, Beograd

1994, pp. 14-16.

1. La questione del romanzo lirico 33

definizione “rigida” (“kruta”), ben solida, l’autore propone una definizione operativa,

basata sullo studio di R. Freedman e sulla sua concezione di romanzo lirico. Così, in

questo tipo di romanzo l’attenzione del lettore viene posta sulla forma, anziché sugli

eventi e sulle persone; esso non imita l’azione, ma la trasforma in immagini; il

personaggio e il mondo sono uniti in un insieme, di cui, a scapito della narrazione

basata sulla linea causale e temporale, viene evidenziata la componente linguistica,

l’immagine, la soggettività della persona; la mescolanza di vari elementi e tecniche e il

loro “conflitto” interno creano un effetto per cui “il romanzo si avvicina alla

funzione della poesia”.72

Secondo Jovi , le caratteristiche liriche dei romanzi da lui presi in esame si

esprimono in quattro punti: 1) narrazione – immagine del modo; 2) personaggi –

fabula e organizzazione del testo; 3) integrazione dei personaggi e del mondo

romanzesco; 4) principio di ripetizione. Tuttavia, all’autore viene rimproverata

l’assenza in questo lavoro di qualsiasi discorso sulla questione dei generi, problema

che si impone da solo già dal momento in cui viene studiata una forma ibrida quale è

il romanzo lirico, e a maggior ragione quando si tratta della sua realizzazione tra le

due guerre mondiali, o più specificamente in un movimento come

l’Espressionismo.73 Se il romanzo lirico si realizza in un “conflitto” di elementi e di

tecniche o forme, come sottolinea lo stesso autore, forse le considerazioni circa la

questione dei generi, in primo luogo quelli brevi, avrebbe dato qualche risposta in più

a proposito della realizzazione di un genere nato proprio dalla mescolanza di forme.

Jovi inoltre presenta un’analisi complessiva prendendo in considerazione, da un

lato, i quattro punti in base ai quali, secondo lui, si realizza il lirico e, dall’altro,

quattro caratteristiche espressionistiche (intensità, dicotomia, distorsione, attivismo).

Per questo tipo di analisi egli sceglie alcuni romanzi lirici, a suo avviso i più riusciti:

Grozdanin kikot di Hamza Humo; Dnevnik o arnojevi u e Seobe I (Migrazioni I, 1929) di

Miloš Crnjanski; Crvene magle di Dragiša Vasi ; Krila di Stanislav Krakov; Ljudi govore,

Burleska gospodina Peruna boga groma e Dan šesti (Il sesto giorno, scritto nel 1934) di

Rastko Petrovi ; Gluvne ini (Incantesimi sordi, 1930) di Aleksandar Ili . Qui sorge

72 Ivi, p.16. 73 Cfr. B. Stojanovi Pantovi , Teorijske i terminološke kontroverze, «Književna istorija», XXVII, 95

(1995), pp. 137-139.

1. La questione del romanzo lirico 34

qualche dubbio circa la natura della scelta di alcune di queste opere come

espressionistiche, visto che alcuni di questi romanzi (come Dan šesti e Seobe)

appartengono “al corpus globale della letteratura modernistica nell’insieme”,74 e né

cronologicamente né formalmente possono essere considerate espressionistiche. Se,

invece, vogliamo sapere quanto è grande il corpus dei romanzi lirici in questo

movimento letterario serbo, dovremo cercarlo altrove, come ad esempio nella

monografia Srpska avangardna proza (La prosa dell’avanguardia serba) di Radovan

Vu kovi pubblicata qualche anno più tardi, nel 2000.

Quanto al romanzo lirico, in un saggio che ha come oggetto Sam ovjek (Un uomo

solo, 1937) di Ivo Kozar anin, inteso proprio come ‘romanzo lirico’, Krešimir

Nemec assume una posizione ben determinata. Secondo lui, per essere definito lirico

un romanzo deve contenere nella propria struttura tutti gli elementi del lirico (unità

di stato d’animo, evocazione, realtà rappresentata attraverso i ricordi, pericolo di

disgregazione, unità della musicalità delle parole e del loro significato, passaggi lirici,

la lingua che diventa un valore a sé). Anche Nemec, facendo riferimento a Freedman,

intende il romanzo lirico come risultato della poetizzazione della prosa, ovvero “il

trasferimento di determinati procedimenti formali che caratterizzano la lirica in un

genere finzionale prosastico quale è il ‘romanzo’”.75 Egli afferma che si tratta di un

‘ibrido’, che è frutto dell’unione del modo lirico (parla di rod, quindi di un genere a-

storico) e del genere romanzo (vrsta, ossia genere storico) prodotta dell’Avanguardia,

di cui una delle principali caratteristiche è proprio la degerarchizzazione dei testi

letterari e la trasformazione delle loro funzioni di generi.76 Secondo Nemec, il

fenomeno del romanzo lirico è stato elevato soltanto nel periodo della Moderna (a

partire dal Simbolismo) e dell’Avanguardia ad una tendenza poetologica ben

riconosciuta, nonostante avesse le proprie origini nel Preromanticismo e nel

Romanticismo. Quindi, anche per questo studioso il romanzo lirico è un fenomeno

che riguarda il XX secolo. Egli lo inserisce nella linea dei “romanzi del fenotipo”,

ovvero della prosa anarrativa, secondo la tipologia già proposta da R. Grimm.

74 B. Stojanovi Pantovi , Srpski ekspresionizam, Matica srpska, Novi Sad 1998, p. 121. 75 K. Nemec, Lirski roman Ive Kozar anina. Poetika romana Sam ovjek, in Tragom tradicije. Ogledi iz

novije hrvatske književnosti, Matica hrvatska 1995, p. 100. 76 Ivi, p. 99-111.

1. La questione del romanzo lirico 35

La stessa concezione del romanzo lirico è esposta da Nemec anche nella sua

Povijest hrvatskog romana od 1900. do 1945 (Storia del romanzo croato dal 1900 al 1945,

1998), dove questo tipo di romanzo è stato realizzato appieno, secondo l’autore,

soltanto nel 1937 con il già ricordato romanzo di I. Kozar anin.

Il fenomeno del romanzo lirico è stato affrontato di recente anche in un articolo

di Predrag Petrovi (Lirski roman [Il romanzo lirico], 2004), che dimostra come la

questione del romanzo lirico continui ad essere fonte di interesse della critica

letteraria serba, ma nello stesso tempo attesta come questa definizione tipologica non

sia stata ancora sufficientemente determinata.

Partendo da alcune osservazioni sul romanzo, che, sostiene, ormai non può

essere inteso soltanto come uno dei generi letterari, ma le cui “pretese sono assai più

grandi”,77 P. Petrovi si sofferma sul concetto della tipologia di questo genere e su

una sua definizione terminologica. Egli abbraccia la tesi del teorico e storico della

letteratura Franz Stanzel,78 che offre una tipologia di questo genere basata su un suo

elemento – la posizione del narratore –, ma con la consapevolezza del limite di ogni

tipologia; accoglie soprattutto quella parte in cui lo studioso tedesco pone l’accento

sulla specificità dei legami interni in ogni singolo romanzo. Così, afferma P. Petrovi ,

lo studio di un singolo romanzo o di un suo tipo richiede in ogni caso la

considerazione di questo genere nella sua prospettiva storica.79

In seguito, P. Petrovi prende in considerazione una serie di problemi che

accompagnano un tipo di romanzo che si realizza nei secoli XIX e XX, quale è il

romanzo lirico. Egli sostiene che la determinante “lirico” non possa essere limitata al

significato della categoria dei generi (lirica, epica, dramma), ma che un “momento

chiave” per capire questo tipo ibrido stia nel significato del “lirico” come categoria

“fondamentale, estetica e d’idee” (lirico, epico, drammatico).80 Riferendosi alle

concezioni del lirico proposte dallo storico della letteratura Emil Steiger (che

77 P. Petrovi , Lirski roman, «Svet re i», 17-18 (2004), p. 52. Recentissimamente è uscito Avangardni roman bez romana. Poetika kratkog romana srpske avangarde (Institut za književnost i umetnost, Beograd 2008), volume in cui lo stesso giovane studioso riprende ed espone in maniera più approfondita le proprie tesi.

78 Cfr. F. K. Stanzel, Tipi ne forme romana, Književna zajednica Novog Sada, Novi Sad 1987 (tit. orig. Typische Formes des Romans, Göttingen 1964).

79 P. Petrovi , op. cit., p. 53. 80 Ivi, p. 54.

1. La questione del romanzo lirico 36

distingue il fenomenico dall’essenziale nell’interpretazione dell’opera letteraria) e del

teorico della letteratura Wolfgang Kayser (che vede nell’unione del mondo e dell’io la

principale caratteristica del lirico), arriva ad una determinazione del romanzo lirico

basata proprio sul rapporto tra il soggetto e il mondo che viene espresso in questo

tipo di romanzi. Secondo lui, da tale rapporto “derivano tutte le altre caratteristiche

liriche della prosa romanzesca e del mondo che essa costituisce”.81

P. Petrovi propone poi un abbozzo tipologico del romanzo lirico che ha le

seguenti caratteristiche: la realtà empirica perde i suoi contorni ben chiari; tutti i

rapporti basati sui legami logici e causali vengono destabilizzati e sostituiti da quelli

associativi e dalle corrispondenze simboliche e di Leitmotiv; la posizione esistenziale e

testuale del narratore è problematica; l’azione viene sostituita da immagini statiche o

dai flussi di coscienza (“misli”) del protagonista/narratore, in cui si generano i suoi

stati d’animo; l’espressione è caratterizzata da un risalto emotivo, dal tono

confessionale, melanconico; la frase è organizzata in base ai principi ritmici o

musicali; i personaggi sono soltanto contorni che si riflettono attraverso i pensieri del

narratore. Per quanto riguarda la realizzazione storica del romanzo lirico, l’autore lo

colloca in quei periodi letterari in cui dominavano la poesia lirica e il principio lirico

(Romanticismo e Simbolismo). Nel XX secolo il romanzo lirico è diventato una

“categoria tipologica” ed è presente ininterrottamente, mentre viene integrato “con

altre categorie tipologiche, quali sono il romanzo d’Avanguardia, il romanzo del

flusso di coscienza e il nouveau roman francese”.82

Nella letteratura serba, osserva l’autore, questo tipo di romanzo viene legato al

periodo dell’Avanguardia, e i suoi autori sono poeti e narratori, così anche la sua

forma è breve e sue caratteristiche sono: la parodia e il prendersi gioco delle

convenzioni della narrazione e dei generi; una pronunciata componente autopoetica;

un’apertura verso tutti i tipi del parlato e della scrittura; la comunicazione con vari

tipi di tradizione letteraria. Qui è evidente che si tratta delle caratteristiche del

romanzo avanguardistico, che ha radicalizzato la tradizione della liricizzazione della

prosa serba iniziata all’inizio del Novecento. Infine, si evince che, secondo l’autore,

81 Ibidem. 82 Ivi, p. 55.

1. La questione del romanzo lirico 37

sono due i punti fondamentali nella costituzione del romanzo lirico: la situazione

narrativa (la posizione del narratore) e la destrutturazione della sintassi. Questa sua

tesi è supportata dal riferimento all’idea di Nikolaj Berdjaev di un tipo di romanzo

chiamato “astrale”, che corrisponde all’idea del romanzo lirico proposta dallo stesso

P. Petrovi .83

In questa panoramica abbiamo cercato di illustrare la concezione del romanzo

lirico nella critica serba e croata prendendo in esame quelle opere in cui questo

fenomeno è stato presentato e studiato. Sono rimasti fuori numerosi studi in cui il

termine romanzo lirico è adoperato dagli autori dando in qualche modo per scontata

la sua esistenza. Si tratta perlopiù di studi su singoli scrittori o su determinati

movimenti letterari, nei quali viene meno il problema di una teorizzazione della

tipologia di un genere.84

1.2. Generi e forme

1.2.1. Romanzo e forme brevi

Un sistema dei generi letterari con delle norme formali ben precise imposto dalla

poetica classica viene rifiutato alla fine del XVIII secolo. Infatti, l’epoca romantica

costituisce la sua poetica proprio sulla dissociazione dell’idea della forma e dell’idea

dell’essenza poetica, in quanto si ammette che la poesia non risiede in alcuna forma

83 Ivi, p. 56. 84 Cfr. M. Nedi , Magija poetske proze, Delo, Beograd 1972; M. Rizvi , Prenapregnuta ulnost kao

opsesija izraza, in H. Humo, Sabrana djela, I, izbor, redakcija i predgovor M. Rizvi , Svjetlost, Sarajevo 1976, pp. 9-75; Z. Leši , Hamza Humo: pjesnik kao pripovjeda , in Pripovjeda i. orovi , Ko i , Andri , Samokovlija, Humo, Veselin Masleša, Sarajevo 1988; S. Damjanov, Dragutin Ili , pisac fantastike, in Dragutin Ili , Posle milijon godina / Sekund ve nosti, fototipsko izd., priredio i pogovor napisao S. Damjanov, Narodna biblioteka Srbije - De je novine, Beograd - Gornji Milanovac 1988, pp. I-XIX; R. Baturan, Otkrovenja Rastka Petrovi a. Književno delo Rastka Petrovi a, Narodna knjiga, Beograd 1993; B. Stojanovi Pantovi , “Sekund ve nosti” Dragutina Ili a i problem ekspresionisti kog romana, in Id., Linija dodira. Studije i ogledi, De je novine, Gornji Milanovac 1994, pp. 203-213; N. Petkovi Lirske epifanije Miloša Crnjanskog, SKZ, Beograd 1996; B. Stojanovi Pantovi , Srpski ekspresionizam, cit.; R. Vu kovi , Srpska avangardna proza, Otkrovenje, Beograd 2000. Bisogna notare che in alcuni degli studi citati il romanzo “lirico” o “poetico” continua ad essere considerato come parte di un genere più grande, cioè della “prosa poetica o ritmica o lirica”, definita come un genere specifico, costruito secondo i parametri ritmici della poesia, ma che nello stesso tempo si distingue sia dalla poesia in prosa sia dalla prosa classica, cfr. R. Baturan, op. cit., p. 158.

1. La questione del romanzo lirico 38

definita a priori.85 La rivolta dei romantici riguarda innanzitutto il verso, che con delle

regole ben precise era inteso come l’unica espressione della poesia, mentre alla prosa,

e soprattutto ad alcune sue realizzazioni, al romanzo in primo luogo, veniva attribuita

spesso scarsa qualità “poetica”.86

Ma, come succede spesso, dalla rivolta contro un sistema di regole stabilite, un

sistema considerato artificiale, automatico e incapace di trasmettere messaggi nuovi,

si vede nascere, paradossalmente in un certo senso, un altro sistema di leggi

altrettanto ben stabilite (anche se la rigidità delle norme di qualsiasi epoca è

abbastanza approssimativa).87 Non è affatto sorprendente che in un clima di fervore

quasi anti-formale, ovvero della predilezione per la mescolanza delle forme, come

quello romantico, vengano prodotte delle forme nuove, ma non dal nulla, bensì da

una ‘manipolazione’ delle forme già esistenti. In realtà, ciò che conta in tale

“riorganizzazione” del sistema dei generi non sono le forme in sé, ma la loro

funzione all’interno del sistema, ossia la posizione che esse occupano nella

costruzione di un’opera.88

85 Cfr. S. Bernard, Le poème en prose de Baudelaire jusqua’a nos jours, Nizet, Paris 1959 p. 10. 86 Nello sforzo di interrompere l’usanza vigente nel considerare soltanto i versi degni di essere

intesi come l’espressione di una qualità poetica, gli scrittori e intellettuali romantici fanno sì che il termine romanzo acquisti pari dignità rispetto alla lirica. Così A. W. Schlegel considerava i sonetti di Petrarca un romanzo lirico frammentario, mentre Heine crea delle raccolte, dei romanzi lirici, composti da piccole poesie che hanno il ruolo di capitoli, cfr. Ju. Tynjanov, Il fatto letterario, in Avanguardia e tradizione, trad. di S. Leone, intr. di V. Šklovskij, Dedalo Libri, Bari 1968, p. 34.

87 “Il complesso intrecciarsi di prosa e poesia in un unico sistema funzionante di coscienza artistica risulta strettamente legato con i problemi più generali di costruzione delle opere d’arte. Il testo artistico non appartiene mai allo stesso sistema o a una qualsiasi unica tendenza: la legge e la sua violazione, la formalizzazione in ultima analisi l’automatizzazione e la deautomatizzazione della struttura del testo lottano costantemente l’una con l’altra. Ciascuna di queste tendenze entra in conflitto col suo antipodo strutturale, ma può esistere solo in rapporto con esso. Perciò la vittoria di una tendenza sull’altra significa non l’eliminazione del conflitto, ma il suo trasferimento in un’altra area. La tendenza sconfitta perde l’attivizzazione artistica”, Ju. Lotman, La struttura del testo poetico, a cura di E. Bazzarelli, Mursia, Milano 2002, p. 123.

88 Cfr. Ju. Tynjanov, Sull’evoluzione letteraria, in Avanguardia e tradizione, trad. di S. Leone, intr. di V. Šklovskij, Dedalo Libri, Bari 1968, pp. 45-60; C. Segre a proposito del genere letterario: “Il genere letterario è una strutturazione autotelica di segni. La comprensibilità del discorso non dipende dunque solo dalla conoscenza dei suoi elementi linguistici, ma anche da quella delle sue norme di coesione. Per questo può risultare deludente un’analisi delle sole particolarità linguistiche, o stilistiche, o metriche di un testo letterario; ciò che lo caratterizza è proprio il nesso tra queste particolarità, in rapporto con i modi di presentazione dei contenuti. Orbene, il genere letterario è appunto un particolare tipo di rapporto tra le varie particolarità formali e gli elementi contenutistici”, C. Segre, Generi, in Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1999, p. 259.

1. La questione del romanzo lirico 39

All’inizio del Settecento, in mezzo alle polemiche che riguardano la separazione

tra poesia e versificazione, quando vi si presenta la volontà cosciente di introdurre “la

poesia nella prosa”, al romanzo veniva attribuito il nome del poema, ovvero del

poema epico in prosa. Basti ricordare la Querelle francese tra i vecchi e i moderni, la

forte polemica da cui il verso classico si vede sostituire dalla “prosa poetica”. Ma

questi “romanzi” o “epopee” in prosa poetica, una prosa ricca di epiteti in cui

“règnent le nombre, l’harmonie et le style périodique”89 (come quella di Fénelon in

Télémaque), sono spesso opere di lunghezza interminabile.

Un cambiamento essenziale su questo piano della prosa si ha con il

Preromanticismo e poi con il Romanticismo, soprattutto quello francese e quello

tedesco; queste epoche vedono imporsi un gusto nuovo per un lirismo personale che

sposterà l’attenzione dal romanzo e dall’epopea che raccontavano gli eventi favolosi

o romanzeschi, a favore dei generi più intimi e più lirici – quali sono quelli

caratterizzati dagli stati d’animo, dai sogni, dalle meditazioni, o dalle autobiografie e

dalle confessioni (ciò si riflette nelle opere di Goethe, Rousseau, Sénancour,

Chateaubriand). Insomma, dall’introduzione dell’io nel romanzo si va anche verso

una riduzione quantitativa del romanzo, che tende alla forma più breve, che non è di

certo la caratteristica del genere narrativo per eccellenza.90

Che la lunghezza delle opere letterarie non sia un fattore arbitrario, ma che da

essa dipenda tutta la struttura di un’opera – la scelta del tema, la motivazione, la

scelta dei personaggi – è ormai assodato. Nella teoria letteraria ci troviamo dinanzi a

due categorie di opere narrative in prosa: la forma breve (novella) e la forma lunga

(romanzo), ma nello stesso tempo si riconosce che non sia sempre possibile tracciare

un confine preciso tra queste forme (infatti, esistono anche le opere di una lunghezza

intermedia – racconti lunghi).91 Quindi, nella riflessione teorica, da una parte abbiamo

la novella e dall’altra il romanzo, due prodotti della cultura secolare, che concepisce

l’uomo come individuo storico e che attraverso la letteratura comunica esperienze

89 S. Bernard, op. cit., p. 203. 90 In realtà, anche Goethe nella sua classificazione extratemporale tripartita dei generi (epica,

lirica, dramma) riconosce l’attenuarsi della netta separazione tra i vari generi letterari, cfr. C. Segre, op. cit., p. 241.

91 Cfr. B. Tomaševskij, Teoria della letteratura, intr. e trad. di M. Di Salvo, Feltrinelli, Milano 1978, p. 45.

1. La questione del romanzo lirico 40

“relative alla vita su questa terra e all’uomo che cerca il senso di sé nell’aldiqua”. Sia la

novella che il romanzo si occupano del destino dell’individuo nella vita sociale.92

Della forma breve “per eccellenza”, cioè della novella, vista come genere

letterario in possesso di determinate caratteristiche narrative e formali, si sono

occupati con successo diversi teorici del XX secolo,93 che hanno prodotto degli studi

importanti che ci permettono di individuare le caratteristiche di questo genere

“creato ex novo nel medioevo”94. Come qualsiasi altro genere letterario, anche questa

forma presenta delle caratteristiche in base alle sue realizzazioni storiche, ma esistono

anche alcune caratteristiche generali.95 Rispetto alla novella boccaccesca, quella del

XIX secolo (del Romanticismo e del realismo) si presenta in una forma più lunga,

essa “perde la concisione e la compiutezza della fabula, e il racconto cornice, e si

concentra su campi tematici diversi, molto spesso sull’erotismo”.96 Le due

caratteristiche che separano questo genere dal dramma sono la narrazione e la

descrizione; la narrazione a sua volta può essere continua o frammentaria, spesso con

un narratore. Essa possiede di solito una fabula semplice, con un unico filone

narrativo, ma abbiamo anche novelle senza fabula nelle quali viene meno il

collegamento dei motivi in ordine causale e temporale e il cui tratto caratteristico è

che si può “facilmente scomporre in parti, cui si può mutare posto senza violare la

correttezza dell’andamento generale della novella”.97 Ma qui siamo già alle soglie del

XX secolo e la novella senza fabula (come quella di echov, che viene presa come

esempio per eccellenza) non è altro che la novella moderna, che come tutti gli altri

generi letterari di questo periodo perde quelle che erano sue caratteristiche ben

distinte.

92 Cfr. M. Solar, Teorija novele, in Ideja i pri a, [Izabrana djela, knj. 1], Golden marketing – Tehni ka knjiga, Zagreb 2004, p. 364.

93 Infatti, nello studio di questo genere abbiamo visto impegnati illustri nomi della teoria letteraria come B. Tomaševskij, V. Šklovskij, B. Ejchenbaum, V. Propp, W. Pabst, poi Ju. Lotman, B. Uspenski, R. Barthes, Tz. Todorov, G. Genette, J. Leibowitz, ma anche più recentemente R. Koskimies, H. Aust, M. Solar.

94 C. Segre, op. cit., p. 238. 95 Essendo l’attività letteraria un’attività che usa un’esperienza secolare della quale non si può fare

a meno, così anche un genere letterario si basa sulle norme di coesione che permettono allo scrittore di servirsi di una serie di regole, di stereotipi espositivi, temi e luoghi comuni, tecniche, schemi e così via, cfr. ivi, p. 260.

96 B. Stojanovi Pantovi , Morfologija ekspresionisti ke proze, Artist, Beograd 2003, p. 51. 97 Cfr. B. Tomaševskij, op. cit., p. 246.

1. La questione del romanzo lirico 41

Infatti, all’inizio del Novecento si accentua il processo degli spostamenti nel

sistema dei generi in prosa la cui tendenza generale consiste nella loro abbreviazione,

nella riduzione delle forme, delle loro dimensioni. Crescono le “dispersioni dei

generi” il cui risultato è l’ulteriore differenziazione dei sottogeneri, in un’epoca

orientata più verso il singolare e il frammentario che verso una totalità, o meglio, in

un periodo in cui si comincia a guardare al tutto a partire dal dettaglio e

dall’incompiuto, poiché – per dirla con Guido Guglielmi – “il tutto ben delineato

non è più una possibilità né della conoscenza, né della narrazione o dell’arte in

generale”.98 Così, mentre la novella si differenzia dal racconto breve (short story), il

romanzo si avvicina alla novella, ossia per la prima volta forse la novella influenza il

romanzo e non viceversa.99

Secondo Tomaševskij il romanzo non è altro che l’unione di diverse novelle,

anche se egli distingue i romanzi composti da novelle che a sua volta perdono la loro

autonomia (la novella può non essere compiuta) da quei romanzi che al loro interno

hanno “novelle inserite”.100 Rispetto al romanzo, una forma narrativa breve, quale è

novella, “limita l’ampiezza dell’elaborazione del tema” (fenomeno definito come

ograni avanje) e cerca di ridurre al massimo quello che nel romanzo è presente soltanto

come un elemento del suo insieme complesso (sažimanje).101 Per la novella è molto

importante la realizzazione dello schema compositivo: esposizione, intreccio,

scioglimento; in essa ognuna di queste parti viene ridotta al minimo, a differenza del

romanzo che cerca “di dare forma alla totalità del destino”. Inoltre, la novella vuole

trasmettere al lettore una certa esperienza e il sapere che si basa su questa esperienza,

ma il suo sapere è la saggezza della vita che non può assumere la forma di un destino

umano intero, quale è quello che invece caratterizza il romanzo.

La frammentarietà dei romanzi dell’inizio del XX secolo nei quali viene messo in

primo piano lo smarrimento dell’individuo in un mondo “causale” viene realizzata

con l’uso di tecniche ed elementi che la novella già conosceva. Secondo M. Solar, la

novella moderna e il romanzo moderno, ovvero i cambiamenti che avvengono

98 G. Guglielmi, La prosa italiana del Novecento II. Tra romanzo e racconto, Einaudi, Torino 1998, p. 21. 99 Cfr. M. Solar, op. cit., p. 380; G. Guglielmi, op. cit., p. 3. 100 B. Tomaševskij, op. cit., p. 251. 101 Cfr. M. Solar, op. cit., p. 347.

1. La questione del romanzo lirico 42

all’interno di questi due generi in questo periodo sono reciproci.102 L’abbandono della

narrazione e con essa anche la messa in secondo piano dell’evento, che cede posto

all’esperienza vissuta psicologicamente, sono due elementi fondamentali in base a cui

cambia la novella; la sua struttura statica (elementi statici che si impongono su quelli

dinamici secondo la terminologia formalista), “senza fabula”, in cui l’esposizione si

allarga a scapito degli altri due elementi della novella (intreccio e scioglimento), si è

sviluppata con le novelle di echov. Questo tipo di novella offre una serie di nuove

possibilità tutte orientate verso una sfera emozionale ed interiore dell’individuo, e

non come una descrizione degli eventi del mondo esterno. Dal momento in cui

l’evento esterno viene sostituito dall’introspezione psicologica dell’esperienza vissuta

è chiaro che la novella comincia a sviluppare una serie di elementi che la portano

verso altre forme oppure le altre forme, come il romanzo che tende alla brevità, si

servono delle conquiste modernistiche di questo genere, come il romanzo breve, che

infatti fiorirà soprattutto all’epoca delle Avanguardie.

La short story è un altro genere breve in prosa molto importante nel sistema dei

generi di inizio Novecento.103 Nello studio di B. Stojanovi Pantovi dedicato alla

prosa espressionistica, in cui l’autrice rivolge particolare attenzione alla poetica delle

forme brevi in prosa, è tracciata una sottile linea di demarcazione tra la novella e il

racconto breve.104 Le caratteristiche generiche (a-storiche) della novella si collocano

sul piano narrativo, cioè nascono dal modo in cui sono usati i seguenti procedimenti:

il duplice effetto dell’intensità e dell’espansione e, riguardo ad esso, il complesso

tematico con ripetizione della struttura (Leitmotive, parallelismi, doppie metafore,

suggestione narrativa); i temi sviluppati non attraverso l’intreccio, ma in modo

implicito, con un particolare focus narrativo. La narrazione dalla prospettiva di un

personaggio singolo, invece, non è caratteristica della novella ma del racconto breve,

che, del resto come la novella, non accetta lunghe digressioni ed episodi numerosi.105

102 Cfr. ivi, p. 381. 103 M. Solar però questo genere vede come un sottogenere della novella, cfr. ivi, p. 392. 104 L’autrice si basa sui seguenti studi: R. Kilchenmann, Die Kurzgeschichte. Formen und Entwicklung,

Kohlhammer, Stuttgart, 1967; J. Leibowitz, Narrative Purpose in the Novella, Mouton, Hague - Paris 1974; I. Reid, The Short Story, Methuen, London - New York 1977; L. Marx, Die deutsche Kurzgeschichte, Metzler, Stuttgart 1985; cfr. B. Stojanovi Pantovi , Morfologija…, cit., pp. 50-67.

105 Ivi, pp. 54-55.

1. La questione del romanzo lirico 43

Quando si tratta della novella del periodo espressionista, l’autrice mette in

evidenza le seguenti caratteristiche: la fabula è ridotta a particolari “serie di motivi”

che si realizzano poi in ripetizioni, Leitmotive, parallelismi; il tema narrativo è mediato

attraverso un altro procedimento della prosa, la descrizione, elemento fondamentale

del racconto breve e del bozzetto, e ciò, tra l’altro, accomuna questi due generi con il

poema in prosa. Il ricorso al procedimento della descrizione produce un effetto di

staticità della narrazione di cui è causa l’orientamento dell’autore verso il discorso

basato sulla fantasia o sul grottesco e sull’allegorico, mentre da ciò dipende anche il

cambiamento della funzione della voce narrante nella costruzione del discorso, “essa

più spesso lo espone o riflette, trasmettendo al lettore le sue implicazioni simboliche.

In tal modo l’autore influenza l’«espressionizzazione» della struttura narrativa,

mettendo in rilievo il valore affettivo ed etico degli oggetti rispetto alla realtà

fenomenica, alla posizione del suo atteggiamento interiore, alla sensazione o alla

visione”.106 Qui possiamo notare che anche il romanzo breve di questi anni si serve

dello stesso procedimento per ottenere l’effetto della passività del personaggio e la

staticità della narrazione, riducendo così la narrazione ma ottenendo una dinamicità

comunque, e quindi anche la totalità dell’effetto, con il continuo intercalare di

elemento dinamico nella struttura statica, per mezzo della lingua (si ricorre alla

sintassi ritmata, vengono usati in modo determinato i tempi verbali per mezzo dei

quali si ottiene appunto un effetto di velocità o di lentezza della narrazione).

Una caratteristica del racconto breve, che da un lato lo distingue dalla novella, ma

dall’altro lo avvicina al romanzo, è quella dell’esperienza dell’autore: nella novella la

singolare esperienza viene ricercata in modo intensivo, cioè dalla prospettiva interiore

a prescindere dalla prospettiva narrativa (autoriale, Ich-form o narrazione personale),

mentre il racconto breve sottintende l’esperienza totale, “la totalité de l’effet”

(l’espressione di E. A. Poe ripresa poi da Baudelaire) anche se delimita il campo

narrativo, a differenza del genere lungo (romanzo), in cui l’esperienza totale

dell’autore viene ricercata in modo estensivo.107

106 Ivi, p. 57. 107 Infatti, in alcuni studi viene proposta la delimitazione precisa tra il racconto breve e il

romanzo, come ad esempio in quello di M. L. Pratt (The short story: the long and the short story of it), il quale distingue la forma breve da quella lunga in quattro punti successivi: 1) il romanzo racconta una vita, il

1. La questione del romanzo lirico 44

La nascita del racconto breve viene collocata nel Romanticismo, in cui la sua

forma si distingue per la soggettività, la fantasia e la poeticità – tutti elementi che la

fanno avvicinare ad un altro genere, alla lirica. Invece, l’autrice vede nei Contes

fantastiques di G. de Maupassant, scritti tra il 1875 e il 1890, l’inizio del racconto breve

moderno, in cui la fabula è ridotta al minimo, mentre il racconto si orienta “su una

istanza della percezione la quale cambia il destino del protagonista”, e presenta una

prospettiva prettamente interiore nello sviluppo delle anticipazioni di motivi e, infine,

il finale aperto e simbolico.108

L’esperienza quotidiana è al centro della tematizzazione di questo genere, ma

ripresa da un angolo visuale di crisi dell’individuo, mentre la narrazione esclude il

narratore onnisciente, ma è possibile che ci sia l’ironizzazione di questo tipo di

narratore. Nei racconti brevi dell’espressionismo prevale invece la narrazione

autodiegetica e il narratore è anche l’unico personaggio. La forma frammentaria del

racconto breve mette in evidenza la situazione esistenziale del personaggio isolato, in

quanto però esso non è in grado di cambiare la stessa situazione, né inserirsi nei

rapporti sociali; in questo modo si apre un vero enigma sull’inizio e la fine

dell’esistenza del personaggio, che esce dai contorni narrativi, e “la forma, la struttura

e la lingua del racconto breve, come procedimenti della rappresentazione

dell’esperienza vissuta sono sempre qualcosa in più di una semplice espressione”.109

Un altro genere breve in prosa è il bozzetto (Skizze, sketch, crtica), che ha delle

caratteristiche in comune con il racconto breve: la prima è la messa in primo piano

dei momenti della crisi interiore e la seconda la concentrazione sulla lingua. La

differenza tra i due generi si riflette nella scelta dei procedimenti – il bozzetto usa la

descrizione, poiché orientato verso gli stati (condizioni), mentre il racconto breve

privilegia gli eventi e quindi segue la linea dell’azione. Nel primo genere, più statico, il

soggetto è determinato dagli aggettivi, mentre nel secondo dai verbi. In tutti e due i

racconto breve un frammento della vita; 2) il racconto breve tratta di una sola cosa, il romanzo di molte cose; 3) il racconto breve è un campione, il romanzo è tutto l’insieme; 4) il romanzo è un testo intero, il racconto non lo è, cfr. P. de Meijer, La prosa narrativa moderna, in La narrativa italiana dalle Origini ai giorni nostri, a cura di A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1997, p. 212.

108 B. Stojanovi Pantovi , Morfologija…, cit., p. 60. 109 L’autrice riprende qui le parole di R. Kilchemann, cfr. ivi, p. 62.

1. La questione del romanzo lirico 45

generi viene creata un’atmosfera lirica espressa in una lingua organizzata per metafore

e per ritmo.110

La vicinanza del bozzetto, ma anche del racconto breve, con il poema in prosa è

più che evidente.111 A proposito del poema in prosa, S. Bernard ha proposto uno

studio imponente e ancora insuperato sul poema in prosa francese, come genere

definito, caratterizzato da tre condizioni: “unité, gratuité, briévité”.112 Questa studiosa

intende storicamente per poema in prosa “le petit poème en prose créé par Bertrand

sous la forme ‘ballade’, repris et assoupli par Baudelaire et transmis aux générations

suivantes comme l’instrument d’un lyrisme moderne”.113

È noto che il legame tra la musica e la poesia (lirica), intesa come canto misurato,

è un legame che è durato molto a lungo; ma è anche noto che la poesia con il tempo

ha cercato di staccarsi dal ritmo musicale e di avvicinarsi al significato delle parole.

Infatti, nel XVIII secolo si vede l’idea di dissociare la poesia e la versificazione,

per mezzo della poesia in prosa – la scelta del soggetto, il lirismo, le immagini, la

struttura del poema e l’“unità d’impressione” sono altrettanti elementi capaci di

provocare lo choc poetico, che non dipende soltanto dalla misura e dalla rima.114

110 Cfr. ivi, p. 62-63. 111 Quanto sia difficile tracciare una linea netta tra i generi citati appare anche dall’individuazione

degli elementi compositivi in ciascuno di essi. Nello studio dedicato alla liricizzazione della prosa serba e croata F. Gr evi , infatti intende il bozzetto come termine usato nella letteratura croata per la prosa breve, lirica della fine del XIX e l’inizio del XX secolo, di cui l’origine vede nei Petits poèmes en prose di Baudelaire: “Lirsko preoblikovanje epskog stvaranjem novih hibridnih lirsko-epskih vrsta odvija se u srpskoj književnosti s po etka stolje a prvensteno preko stvaranja kratkih, fragmentarnih proznih oblika, nazvanih lirskom prozom, u hrvatskoj književnosti crticom” (trad.: “La trasformazione lirica dell’epico mediante la creazione di nuovi generi ibridi lirico-epici ha luogo nella letteratura serba dell’inizio del secolo principalmente attraverso la creazione di forme prosastiche brevi, frammentarie, chiamate prosa lirica, nella letteratura croata con il bozzetto”), F. Gr evi , op. cit., p. 722.

112 “[…] il [poème en prose] doit être tout organique, autonome, ce qui permet de le distinguer de la prose poétique” e “[…] le poème ne progresse pas vers un but, ne déroule pas une succession d’action ou d’idées, mais se propose au lecteur comme un “object”, un bloc intemporel” e “Plus que le poème en vers, le poème en prose doit éviter les digressions morales ou autres, les développement explicatifs – tout ce que le ramèneraient aux autres genres de la prose, tout ce qui nuirait à son unité, à sa densité.”, cfr. S. Bernard, op. cit., pp. 14-15.

113 Ivi, p. 16. Anche Elisabetta Sibilio considera il poema in prosa come un genere storicamente determinato: “La mia ipotesi è che il poema in prosa abbia svolto un ruolo cardinale nella vivacissima ricerca del nouveau lanciata da Baudelaire con l’ultimo verso delle Fleurs du mal e presa in carico dai poeti moderni, fino alle avanguardie dei primi decenni del secolo scorso”, E. Sibilio, Il sistema dei generi letterari nel secondo ‘800. Il caso del poema in prosa, in Lezioni di dottorato 2006, a cura di E. Sibilio, Edizioni Spartaco, Caserta 2007, p. 113.

114 È interessante notare che nella letteratura francese sono le traduzioni delle ballate (riprese dalle letterature popolari, tra cui anche quelle degli slavi meridionali) quelle opere in cui si sperimenta una

1. La questione del romanzo lirico 46

Dai primi poemi in prosa si nota una certa attenzione alla forma, alla costruzione,

in quanto adottano i procedimenti della struttura “ciclica”, il poema formale

(l’organizzazione ritmica fondata su ritornelli, ripetizioni, costruzioni in couplets) al

posto di quella lineare, estesa.115 Ma questo tipo non sarà l’unico nella storia del

piccolo poema in prosa – infatti, c’è un altro tipo che è meno attento alla forma, il

tipo del poema che anziché dominare il tempo con le forme cicliche, si sforza di

liberarsi, di negare il tempo (che si esprime nei salti attraverso il tempo,

nell’indeterminazione cronologica degli episodi), e che si presentano in forme molto

brevi (“poème-illumination”).

Alla fine del XIX secolo la prosa era intesa come forma più adatta ad esprimere

tutti gli aspetti della realtà contemporanea. Sappiamo che Baudelaire voleva creare il

lirismo moderno che traduce i movimenti più caotici dell’anima, ma ispirandosi in primo

luogo non ad una forma poetica, bensì prosastica, la novella contemporanea (quella

di E. A. Poe). Ai novellisti egli invidiava di avere a loro disposizione varie sfumature

di linguaggio (di tono ragionevole, umoristico, sarcastico e anche fantastico), tutte

cose che invece mancavano alla poesia.

Alquanto singolare è invece il rapporto del poema in prosa con un’altra forma

prosastica, il romanzo. C’è una volontà ben precisa da parte degli scrittori di creare

un romanzo liberato dai costumi, dalla psicologia (come Lautréamont in Chants de

Maldoror), unendo più poemi in prosa, la cui base è il lirismo e non l’osservazione.

All’inizio del XX secolo la nozione di poema tende a confondersi con la poesia, ma

anche con il romanzo (romanzo-poema).116 È interessante che S. Bernard consideri

particolarmente il rapporto tra il poema in prosa e il romanzo, distinguendo questi

“prosa nuova”, senza metro; i traduttori accorciavano i poemi originali, togliendone le parti narrative e le digressioni, ottenendo così dei “pezzi lirici” suggestivi, cfr. S. Bernard, op. cit., pp. 27-28.

115 Per Bertrand, come dopo per Mallarmé ogni parola conta innanzitutto per il suo potere di evocazione (senso e suono) e in seguito per il posto nella frase; il secondo effetto, più importante dell’ “estetica della suggestione” è di portare lo scrittore a moltiplicare lo spazio bianco, tra le strofe (la tecnica molto mallarmiana): “On est ainsi amené à penser qu’il y a là une tendence générale de la prose, quand elle se veut poème et que, par suite, sa forme se différencie des formes liées et suivies du raisonnement, du récit, de tout ce qui procède par développement; tendence plus accusée encore dans la prose construite en couplets, issue des traductions de strophes (ballades ou chansons), et ce à une époque où le goût du bref morceau commençait à l’emporter sur celui de la grande fresque épique”, ivi, pp. 71-72.

116 I romanzi di Sénancour, Chateaubriand, D’Annunzio erano chiamati dalla critica i romanzi-poema.

1. La questione del romanzo lirico 47

due generi in base al tempo: mentre il “tempo reale” (quello che serve per leggere)

del poema in prosa è più corto rispetto al romanzo, il “tempo rappresentato” è

invece senza distinzioni tra i due ed è quindi lì che nascono delle confusioni.

Tuttavia, il romanzo non può avvicinarsi al poema in prosa se non cercando di

“ramener au ‘présent éternel’ de l’art les durées les plus longues, de coaguler un

devenir mouvent en formes intemporelles – rejoignant par là les exigences de la

forme musicale.”117

Dopo il 1890 c’è una tendenza generale a oltrepassare i generi letterari. Se

nell’800 gli scrittori hanno cercato di scrivere poemi in prosa (in cui si impone alla

prosa una struttura sintattica ritmata – una frase fluida o una frase dinamica), ora gli

scrittori cercano di scrivere la prosa in poemi. Né poema in prosa né tanto meno il

romanzo sono generi “chiusi”, ben definiti; per i “toni” e per i “temi” questi due

generi si avvicinano. Anche il romanzo, genere narrativo – come tra l’altro anche gli

altri generi in prosa, che vedono l’influenza della poesia – nell’ultimo decennio del

XIX secolo cerca di allargare il suo campo, e di diventare un genere poetico. Ma la

narrazione e la descrizione sono due forme comuni sia al romanzo che al poema in

prosa. L’ibrido di poesia e narrazione, il romanzo poetico, secondo S. Bernard

soltanto in un modo può cercare di essere un poema:

Toutefois le roman ne peut vraiment tendre au poème qu’en acquerrant des qualités de

brièveté et de concentration qui peuvent, de prime abord, parâitre, étrangères et même

contraires à sa nature, puisque le roman s’organise dans la durée, dans le devinir. Deux

moyens paraissent théoriquement possible: l’un consistant à concentrer le récit, à le

resserrer autour de son noyau poétique, pour acroître l’unité et l’intensité d’effet […]

l’autre consistant à faire éclater le récit en chapitres, ou en fragmments, dont chacun

formera un tout autonome et valant par lui-même: le roman sera formé alors d’une série

de courts poèmes en prose […].118

Quindi, la brevità e la concentrazione della narrazione e infine la frammentazione

del romanzo in parti che hanno una certa autonomia anche al di fuori dell’opera

117 Cfr. S. Bernard, op. cit., pp. 441-443. 118 Cfr. ivi, p. 514.

1. La questione del romanzo lirico 48

intesa come unitaria sono dei mezzi che il “grande genere narrativo” a cavallo del

XIX e del XX secolo ha acquisito dalle forme brevi e in primo luogo dal poema in

prosa.

Tuttavia, si deve rilevare una situazione che è venuta a crearsi in questo periodo

all’interno del sistema dei generi. La novella già da prima era un genere distinto dal

romanzo, ma nello stesso tempo, la forma lunga quale è il romanzo si è sempre

servita di questo genere breve, inglobandolo al suo interno. Quindi, il rapporto tra i

due era unidirezionale. Quando però la novella alla fine del XIX secolo comincia a

perdere i suoi contorni chiari allargando la sua sfera all’inconscio, al fantastico,

all’irreale, allora questo genere diventerà un punto di riferimento e la base su cui

vengono a crearsi o a rinnovarsi gli altri generi prosastici, come la short story, il

bozzetto, ma anche il poema in prosa. Una tendenza generale della prosa di questo

periodo è di ridurre il racconto esteso, quindi la narrazione e la descrizione con i

mezzi ripresi da un altro genere, quello lirico; il poema in prosa si è dimostrato ben

capace.119 Ma il poema in prosa, come afferma lo stesso Baudelaire, si è servito dei

mezzi di cui disponeva già la novella (ironia, fantastico, humor) e che mancavano

invece alla lirica. Nello stesso tempo il racconto (più statico e più sintetico della

novella) cerca di avvicinarsi al poema in prosa impossessandosi della brevità e della

concentrazione che caratterizzano il poema in prosa, ma anche delle sue tecniche

espressive riprese dalla lirica (le ripetizioni, i Leitmotive). Si arriva ad una situazione in

cui si hanno delle identificazioni tra poema, racconto e romanzo.120

119 In un testo di E. A. Poe uscito nel 1892 sulla rivista “Mercure de France”, Le Conte et le Poème, vengono espresse le idee che riguardano e metteno in rapporto comparativo il racconto e il romanzo: “Le conte est supérieur au roman parce que, plus court, il peut être lu d’une traite, et que l’unité d’impression, la totalité d’effet n’est pas détruite”. Per le stesse ragioni Poe proclama la superiorità del poema corto sul poema lungo nel suo The poetic principle. Egli tratta il racconto come un genere di poema, riconoscendo però alla prosa “une variété de modes et d’inflextions de pensée et d’expression” di cui non gioverà il poema in versi. In questo periodo la nozione del racconto riceve lo stesso allargamento di quello del romanzo, cfr. ivi, p. 518.

120 R. de Gourmont nella prefazione di Couleurs nel 1908 sulla rivista «Mercure de France» ripete già detto ancora nel 1893, che il romanzo è un poema e che il racconto altrettanto è un poema; egli dà un modello del conte-poème: egli applica all’elemento racconto esattamente la tecnica del poema in prosa “artistico”, con delle ripetizioni, dei leit-motifs, di una ricerca abbastanza “pousée” di musicalità dello stile. Ma anche Baudelaire a proposito dei racconti di E. A. Poe osserva che sono “puramente poetici”, perché in essi l’autore più che raccontare una storia vuole creare un’atmosfera, che nasce dai momenti in cui l’azione fa posto al sogno, allo slancio lirico, alla contemplazione o alla descrizione, cfr. ivi, pp. 520-522.

1. La questione del romanzo lirico 49

Ormai è un dato generalmente condiviso che l’inizio del XX secolo fu il periodo

in cui si creò – per così dire – un’alleanza tra la forma breve in prosa e la liricità

contro la forma lunga del romanzo.121 Infatti, un’altra forma breve che viene a situarsi

tra la narrativa e la lirica in questo periodo è il cosiddetto frammento, che è

considerato un “poli-genere” e che si oppone, come anche le altre forme brevi qui

menzionate, alla narrazione realistica.122 Quanto sia difficile tracciare un confine netto

tra le varie forme brevi che si manifestano in questo periodo e il romanzo

“modernista” viene alla luce dai vari studi dedicati a queste forme.123

Infine, il romanzo degli ultimi due decenni del XIX secolo e dei primi del XX,

come anche altri generi in prosa, subisce l’influenza dei generi poetici, lirici, ma

prendendo l’esempio dai generi in prosa brevi, come il poema in prosa, il racconto

breve, il bozzetto, e anche la novella. Anzi, forse proprio la novella è alla sua base,

come genere breve a cui tende il romanzo in quel periodo. Basti ricordare che i

romanzi brevi di inizio Novecento spesso erano chiamati proprio novelle. Tuttavia,

un altro genere, il poema in prosa aveva già dimostrato che la prosa è altrettanto

capace di essere suggestiva, evocativa e non soltanto narrativa e descrittiva, e che

l’arte è “une magie suggestive contenant à la fois l’object et le sujet, le monde

extérieur à l’artiste et l’artiste lui-même”.124 Proprio nei romanzi brevi di questo

periodo, in cui si ha una dispersione dell’io, in cui la personalità del poeta viene

moltiplicata (non è forse banale ricordare che questi romanzi hanno spesso elementi

autobiografici e autopoetici, in quanto autobiografie del poeta), in cui il mondo

esteriore all’artista e lo stesso artista fanno tutt’uno, si vedono le tecniche e i mezzi

creati da un genere altrettanto proteico, altrettanto ibrido, quale è il poema in prosa.

121 Cfr. P. de Meijer, La prosa narrativa moderna, cit., p. 214; G. Debenedetti, Il romanzo del Novecento, pres. di E. Montale, Garzanti, Milano 1996; D. Valli, Vita e morte del “frammento” in Italia, Milella, Lecce 1980.

122 Cfr. D. Valli, Vita e morte…, cit., p. 86. 123 Comparando gli studi di D. Valli dedicato all’analisi del frammento e quello di U. Mussara-

Schrøder dedicato al romanzo moderno, P. de Meijer osserva che le caratteristiche che vengono individuate dai due studiosi per le menzionate forme in prosa, divergono soltanto in un punto, mentre in stragrande parte combaciano, cfr. P. de Meijer, La prosa narrativa moderna, cit., p. 214. Infatti, questa potrebbe essere un’ulteriore conferma del legame e la dipendenza del romanzo degli inizi del XX secolo dalle forme brevi in prosa, le quali a sua volta hanno già inglobato in sé le caratteristiche di un genere poetico, quale la lirica.

124 Ch. Baudelaire, Œuvres complètes, 2, texte etabli, presenté et annoté par C. Pichois, [Bibliotheque de la Pleiade, 7], Gallimard, Paris 1976, p. 487.

1. La questione del romanzo lirico 50

1.2.2. Lirica e lirico

La poesia lirica o, semplicemente, la “lirica” dalle sue origini si presenta come

l’unione di verso, musica e ballo. Infatti, la sua denominazione deriva dal greco

e , che significa tecnica di canto accompagnata dalla lira. Ma l’idea della

lirica come genere, a differenza dall’epos e dal dramma, incomincia a presentarsi nelle

riflessioni sui generi soltanto nell’epoca che vede maturare una precisa dottrina dei

generi, quale è quella alessandrina. Infatti, nella Poetica di Aristotele, che però non

pretende di proporre un sistema, un canone dei generi, la lirica viene tralasciata. Essa,

come genere letterario, per la prima volta appare nel canone di Dionisio Trace (II

sec. a. C.). In seguito si deve giungere al Rinascimento (benché tardo) per rilevare una

certa rivalutazione e una rottura del silenzio per quanto riguarda la lirica, un silenzio

di memoria aristotelica che consiste nella classificazione in base alla mimesi “anche se

non si superano né si poteva, le difficoltà di definizione: secondo alcuni la lirica è

mimesi, perché il poeta lirico «imita» se stesso; secondo altri (per esempio il

Minturno) essa è un genere misto, perché in parte imita l’azione, in parte la narra.”125

Soltanto all’epoca del Romanticismo si ha un cambiamento nel sistema dei

generi, in cui c’è un successo della triade epica-lirica-dramma, e ci troviamo dinanzi a

riflessioni precise sulla lirica. Non è forse banale ricordare che già alla fine del ’700

Goethe, il quale propone un modello triadico lirica-epica-dramma, considera questi

generi come categorie poetiche (Naturformen), quindi a-storiche o extratemporali. Ma i

romantici, e soprattutto Hegel, cercano di mettere insieme una concezione a-storica e

una storica nella riflessione sui generi.

Nella sua Estetica Hegel mette in contrapposizione l’oggettivo e il soggettivo,

distinguendo la lirica dagli altri due generi della triade epica-lirica-dramma, in base al

contenuto che è “il soggettivo, il mondo interno, l’animo che riflette, che sente, e

che, invece di procedere ad azioni, si arresta al contrario presso di sé come interiorità

e può quindi prendere come unica forma e meta ultima l’esprimersi del soggetto”.126

Affinché la lirica possa inglobare in sé una grande quantità di contenuti, c’è bisogno

125 C. Segre, op. cit., p. 239. 126 G. W. F. Hegel, op. cit., p. 1160.

1. La questione del romanzo lirico 51

di un’altra determinante che subentra, qual è il rapporto con la realtà: “tuttavia in

questo genere letterario è sempre la forma dell’interno a costituire il tipo

fondamentale e ad escludere quindi da sé già per questa ragione una troppo ampia

presentazione intuitiva della realtà esterna.”127 E infine per Hegel il terzo criterio,

quello del tempo, determina e distingue il genere lirico dagli altri due: “l’effusione

lirica si trova con il tempo, in quanto elemento esterno della comunicazione, in un

rapporto molto più diretto che non il racconto epico, il quale trasporta i fenomeni

reali nel passato e li giustappone o intreccia in una ampiezza prevalentemente

spaziale; la lirica manifesta invece l’affiorare momentaneo dei sentimenti e delle

rappresentazioni nella successione temporale del loro nascere e del loro svilupparsi e

quindi deve dar forma artistica all’eterogeneo movimento temporale stesso”.128

Nello sforzo di definire la lirica, come genere che continuamente sfugge alle

definizioni precise, per noi è molto significativa innanzitutto la concezione della

lirica, intesa non come un genere basato su parametri formali, ma intesa “come

attitudine poetica per eccellenza, come liricità: capace di estendere il suo afflato anche

all’interno degli altri generi, quando più ispirati”.129 La concezione leopardiana

secondo cui la lirica viene identificata con la poesia, cosicché la poesia è tale soltanto

in quanto essa è lirica, ci porta anche ai primissimi anni del XX secolo, all’idea dei

generi di B. Croce, che considera la lirica quasi come una cosa sola con la poesia.130

Questa identificazione della lirica e della poesia potrebbe essere riportata sul piano a-

127 Ivi, p. 1206. 128 Ivi, p. 1271; Hegel fa anche una storicizzazione del genere lirico, che insieme a quello

drammatico appartiene all’epoca in cui sono ormai netti i limiti tra individuale e collettivo, tra sentimento e volontà, e a differenza di Goethe il quale riconosce soltanto i grandi generi, egli considera anche i sottogeneri della lirica quali gli inni, i ditirambi, i peani, i salmi, cfr. C. Segre. op. cit., p. 243.

129 Basti ricordare la famosa concezione della lirica espressa nello Zibaldone di Leopardi (scritto tra il 1817 e il 1832), in cui il genere lirico viene considerato universale ed “è il più veramente poetico di tutte le poesie, le quali non sono poesie se non in quanto son liriche”, C. Segre, op. cit., p. 255. L’individuazione del lirico o della liricità come una categoria che si trova anche in altri due generi come l’epica o il dramma è ormai un dato evidente nella teoria letteraria: “U teoretskom e pogledu svaki imalo književno zainteresirani italac dijelove i epskog i dramskog teksta u kojima dolazi do izražaja osje ajna angažiranost pisca i njegovih likova nazvati lirskim mjestima” (“Sotto l’aspetto teorico ogni lettore con un minimo interesse per la letteratura chiamerà brani lirici le parti di un testo sia epico che drammatico in cui giunge ad esprimersi l’impegno emotivo dello scrittore e dei suoi personaggi”), Re nik književnih termina, drugo dopunjeno izd., glavni urednik D. Živkovi , Nolit, Beograd 1992, p. 427.

130 Cfr. B. Croce, Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale. Teoria e storia, Sandron, Milano - Palermo - Napoli 1902.

1. La questione del romanzo lirico 52

storico, per cui il lirico e il poetico, come categorie estetiche legate alle emozioni e

all’irrazionale, hanno dei punti in comune, e sarebbe difficile distinguerli se non sul

piano dei generi storici.131 Infatti, nella riflessione teorica contemporanea con la lirica

si intende “quell’insieme di forme poetiche brevi che si suole chiamare ‘lirica’”.132 La

tendenza a identificare la poesia con la lirica è senza dubbio dovuta alla costanza

formale e al loro legame con il verso, ma anche al loro comune legame con le

emozioni.

Nella concezione dei generi di E. Staiger i “grandi” generi sono considerati o

come categorie o come generi storici, ovvero come Grundbegriffe o come

Sammelbegriffe, e da ciò proviene anche la distinzione grammaticale tra l’“epico” e

l’epica, il “lirico” e la lirica.133 Infatti per lo studioso svizzero il lirico, insieme al

drammatico e all’epico, è una delle tre modalità principali del poetico in generale, e la

sua essenza si trova nella condizione dell’introspezione, della trasformazione della

realtà nei ricordi. Quindi egli distingue la lirica e l’epica (come categorie del genere,

quindi storiche) dal lirico e dall’epico (come categorie fondamentali, estetiche e di

idee). È importante che Staiger distingua il fenomenologico dall’essenziale, “il che

significa che si stabilisce una differenza tra l’idea del lirico e i singoli generi lirici, e

perciò il lirico non si manifesta necessariamente nei generi della lirica, ma può esistere

come principio organizzativo sia nel romanzo sia nel dramma”.134

131 Il lirico e il poetico sono simili perché si mostrano a priori alla poesia intesa come arte in versi, e anche perché non rimangono legati soltanto a questo genere (modo) letterario. Inoltre queste due categorie accomuna il legame con le emozioni, o quello che è irrazionale, anche se “u novije vreme, iz perspektive elemenata svesti iz kojih su izrasli i poetsko i lirsko, dolazi do diferencijacije u okviru poezije kao umetnosti stiha. Jedan vid te poezije više se vezuje za intelekt nego za emocije, pa je opravdano razlikovati lirske i intelektualne poezije. Lirsko i lirika su, dakle više vezani za emocije nego poetsko u celini” (trad.: “in tempi più recenti, secondo la prospettiva degli elementi della coscienza dai quali si sono sviluppati sia il poetico che il lirico, si giunge a una differenziazione nell’ambito della poesia intesa come arte del verso. Un aspetto di tale poesia è più legato all’intelletto che alle emozioni, ed è giustificata la distinzione della poesia lirica dalla poesia intellettuale. Il lirico e la lirica, quindi, sono legati alle emozioni più del poetico in generale”), M. Šuti , Estetika lirskog u stvaralaštvu Miloša Crnjanskog, in Miloš Crnjanski. Teorijsko-esteti ki pristup književnom delu. Zbornik radova, urednik M. Šuti , Institut za književnost i umetnost, Beograd 1996, pp. 37-8; cfr. anche Id., Lirsko i lirika, Novo delo - Institut za književnost i umetnost, Beograd 1987, pp. 9, 10, 16, 17.

132 P. de Meijer, La questione dei generi, cit., p. 25. 133 E. Staiger, Osnovni pojmovi poetike; O osnovu pojmova pesni kih rodova, in Ume e tuma enja i drugi ogledi,

Beograd 1978 (cfr. F. Gr evi , op. cit., p. 720, P. Petrovi , op. cit., p. 54); anche secondo K. W. Hempfer la lirica e l’epica sono intesi come “concetti d’insieme” (Sammelbegriffe), cfr. K. W. Hempfer, Gattungstheorie, Fink, München 1973.

134 P. Petrovi , op. cit., p. 54.

1. La questione del romanzo lirico 53

Un altro studioso di lingua tedesca, W. Kayser, dà un’interpretazione del lirico in

base alla concezione fenomenologica di Staiger, nella quale l’epico e il lirico non sono

due opposti, per cui da un lato si ha l’oggettivo e dall’altro il soggettivo, come inteso

da Hegel. Nella concezione del lirico di Kayser queste due categorie si mescolano in

quanto “la materialità è compenetrata dalla spiritualità e si tramuta in qualcosa di

interiore, questa introversione di tutto ciò che è materiale è l’essenza del lirico”.135 Egli

descrive il lirico come il manifestarsi di qualcosa di soggettivo. Nel lirico si fondono il

mondo e l’io, in uno stato d’animo che è proprio quello che esprime se stesso. Nel

processo lirico si uniscono il mondo e il soggetto, si intrecciano il tempo e lo spazio,

si ammorbidiscono i contorni precisi della realtà, mentre viene potenziata la forza

poetica “attiva” del ritmo e del suono della lingua.

Infine, possiamo notare che lo sforzo teorico di dare una definizione il più

possibile precisa al genere letterario che sfugge più di tutti dalla definizione nel suo

insieme oggi ha portato comunque a considerare la lirica come una categoria oppure

a considerarla come un genere con le sue caratteristiche formali, ovvero poesia intesa

come “creazione verbale”.136 Mentre la lirica viene intesa sia come categoria sia come

genere storico, con il termine “lirico” viene invece designata soltanto una categoria

estetica o di idee. Quest’ultima precisazione grammaticale è dovuta in primo luogo

agli studiosi di lingua tedesca, grazie ai quali si pone la differenza tra una categoria o

un piano a-storico e un genere letterario storico. Nella teoria dei generi vengono così

distinti il modo lirico (un “arcigenere”) e il genere lirico storico, quali possono essere

varie realizzazioni in versi.137 Quindi, il lirico o la liricità, non legati ad una precisa

forma, possono far parte di qualsiasi genere letterario, indipendentemente dal fatto

che sia scritto in prosa o in versi. In casi estremi, come quello del romanzo lirico, il

135 V. Kaiser [W. Kayser], Jezi ko umetni ko delo, SKZ, Beograd 1973, p. 399. 136 La poesia lirica è intesa e definita in questa seconda accezione da Z. Kravar, che in sostanza

riprende la concezione formale e anche quella grammaticale di R. Jakobson: “[…] per la lirica il punto di partenza e il tema conduttore è sempre la prima persona del presente, mentre per l’epica è la terza persona del passato. Qualunque sia l’oggetto della narrazione lirica, esso costituisce sempre e soltanto un elemento secondario, accessorio, uno sfondo per la prima persona; e se si tratta del passato, il passato lirico presuppone un soggetto che ricordi”, R. Jakobson, Note marginali sulla prosa del poeta Pasternak, in Poetica e poesia. Questioni di teoria e analisi testuali, intr. di R. Picchio, Einaudi, Torino 1985, pp. 59-60; Z. Kravar, Lirska pjesma, in Z. Škreb - A. Stama , Uvod u književnost. Teorija, metodologija, peto poboljšano izd., Nakladni zavod Globus, Zagreb 1998, pp. 379-412.

137 P. de Meijer, La questione dei generi, cit., p. 7; G. Genette, Introduction à l’architexte, Seuil, Paris 1979.

1. La questione del romanzo lirico 54

principio lirico può imporsi su quello narrativo o drammatico e risultare come la

dominante che governa, determina e trasforma gli altri elementi dell’opera d’arte.

1.2.3. Per una definizione del romanzo lirico

Quando nel 1927 in un suo saggio Virginia Woolf parlava della necessità di

cercare un nuovo nome per i vari tipi di libri che si nascondono sotto il nome di

‘romanzo’,138 il tipo di romanzo a cui si riferiva ormai non era più una rarità nelle

letterature europee. Negli ultimi decenni dell’Ottocento e, soprattutto, nei primi

decenni del Novecento ha avuto una certa fioritura proprio quel tipo di romanzo che

viene rappresentato da una serie di opere di dimensioni alquanto ridotte rispetto al

romanzo allora predominante, quello realistico o naturalistico, che privilegiava le

lunghe descrizioni e una storia narrata seguendo una logica causale e temporale, in

cui i personaggi si muovevano in un mondo concreto, ‘esterno’, ed agivano in esso e

su di esso. Invece, nei romanzi “che assomigliano alla poesia” questi elementi del

“grande genere narrativo in prosa” vengono ridotti al minimo. Si nota tuttavia che

opere che presentano una riduzione della fabula e privilegiano la messa in primo

piano di un soggetto che esprime la propria interiorità in forma di confessioni

138 “Bit emo prisiljeni iznalaziti nove nazive za razli ite vrste knjiga koje se kriju pod nazivom romana. A mogu e je da e se me u takozvanim romanima na i jedan koji emo jedva znati okrstiti […] On e nam vrlo malo re i o ku ama, prihodima, zvanjima svojih likova; on e slabo li iti na sociološki roman ili roman milieua. On e u tome biti nalik na poeziju što ne e isklju ivo ili pretežno prikazivati uzajamne ljudske odnose i zajedni ke djelatnosti ljudi, kao što je to inio roman do sada, ve e iznositi stavove duha prema op im idejama i solilokvije vo ene u osami. Jer pod vladavinom dosadašnjeg romana dospjeli smo do toga da zaboravljamo da velik i važan dio života zapremaju naša uvstva; zaboravili smo da mnogo vremena provodimo sami, u snu, snovima, mislima, itanju […]

Pisac psiholoških romana olako je bio sklon da se ograni i na psihologiju osobnog opho enja […] Zato težimo za druga ijim, manje li nim odnosima. Težimo za idejama, snovima, za fantazijama, za poezijom” (trad.: “Saremo costretti a inventare nuove denominazioni per i distinti tipi di libri che si nascondono sotto il nome del romanzo. Ed è possibile che tra i cosiddetti romanzi se ne trovi uno che sapremo appena battezzare […] Esso ci dirà molto poco delle case, dei guadagni, delle professioni dei suoi personaggi; esso assomiglierà poco a un romanzo sociologico o a un romanzo di ambienti. In questo esso assomiglierà alla poesia che non vuole rappresentare esclusivamente o in gran parte le reciproche relazioni tra gli uomini e le loro attività comuni, come ha fatto il romanzo finora, ma esporrà le posizioni dello spirito nei confronti delle idee generali e i soliloqui condotti nella solitudine. Poiché sotto il predominio del romanzo finora esistente siamo arrivati al punto di dimenticare che una parte grande e importante della nostra vita è occupata dai nostri sentimenti; abbiamo dimenticato che trascorriamo molto tempo soli, nel sonno, nei sogni, nei pensieri, nella lettura […] L’autore di romanzi psicologici era facilmente incline a limitarsi alla psicologia del comportamento personale […] Per questo noi aspiriamo a relazioni diverse, meno personali. Aspiriamo alle idee, ai sogni, alle fantasie, alla poesia”), R. Grimm, op. cit., pp. 187-196.

1. La questione del romanzo lirico 55

appaiono già durante l’epoca preromantica e romantica. Non è affatto un caso che

proprio nelle due epoche letterarie che si ribellano con molto rumore al vigente

sistema dei generi letterari ‘canonici’, quali sono state quelle del Romanticismo e

soprattutto delle avanguardie, si possa osservare la creazione di una forma ibrida che

aspira alla mescolanza di generi diversi, come il romanzo e la lirica.139 Nascono così

delle opere in prosa, veri ‘antiromanzi’, che dai critici e spesso dagli stessi autori

vengono denominate “romanzi poetici” o “romanzi lirici”.

Tuttavia, la differenza tra le opere romanzesche della tradizione “anarrativa” del

’700 e lo stesso tipo di romanzi dell’inizio del ’900 è abbastanza evidente. Se la

nascita del romanzo “senza fabula” è stata segnata dalla “curiosità psicologica

dell’epoca che ha scoperto la soggettività dell’individualismo moderno”, nel XX

secolo invece tale tipo di romanzo scoprirà la crisi dell’individualismo.140 Quindi, una

certa fortuna, anche se conquistata a stenti, del romanzo che si propone da subito

come antiromanzo, non è legata ad un semplice divertimento estetico e ad un gioco

con le varie forme e generi. Tutt’altro. La visione del mondo che esso esprime è

condizionata socialmente e infine ideologicamente. La disgregazione del mondo

moderno viene espressa nel romanzo moderno in generale attraverso la messa in

139 Uno dei protagonisti della scena letteraria jugoslava di questo periodo, Todor Manojlovi , in una specie di antologia-manifesto della poesia uscita nel 1924, dedicato alla memoria del poeta romantico Branko Radi evi , e che vede riuniti e partecipi nove poeti (Sibe Mili i , Stanislav Vinaver, Tin Ujevi , Ranko Mladenovi , Miloš Crnjanski, Todor Manojlovi , Gustav Krklec, Rastko Petrovi e Božidar Kova evi ), esprime il suo credo poetico, in cui si rispecchia molto bene il pensiero generale sui generi letterari degli anni Venti – un genere letterario ha la sua validità poetica soltanto in quella misura in cui esso è lirico: “Kao što u svakoj višoj poeziji ima – manje ili više – filozofije, tako – i to na još jedan dublji i prisniji na in – u svakoj pravoj poeziji ima i lirizma. I drama i ep prožeti su uvek lirizmom i, pažljivije razmatraju i stvar, na i emo da baš od te lirske primese, od njene veli ine i zna ajnosti zavisi prava vrednost, upravo: poeti nost i drame i epa. ‘Lirski’ je samo jedan suptilni sinonim ‘poeti noga’ – i zbilja dobri epovi i drame dobri su samo zbog svoje dublje lirske sadržine.

isto epskih i dramskih dela stvarno ni nema ili ona, uopšte, ne spadaju više u poeziju” (trad.: “Così come in ogni più alta poesia c’è – più o meno – della filosofia, così – e questo in modo ancora più profondo e più intimo – in ogni vera poesia c’è del lirismo. Sia il dramma che l’epos sono sempre impregnati di lirismo e, osservando con più attenzione la cosa, troveremo che proprio da tale apporto lirico, dalla sua grandezza e dalla sua significatività dipende il vero valore, per l’appunto: la poeticità sia del dramma che dell’epos. ‘Lirico’ è soltanto un sottile sinonimo di ‘poetico’ – e davvero i buoni poemi epici e i buoni drammi sono tali soltanto per il loro più profondo contenuto lirico. Le opere puramente epiche e drammatiche in realtà non ci sono oppure esse non appartengono più alla poesia”), Todor Manojlovi in Almanah Branka Radi evi a. Pomen devetorice beogradskih pesnika posve en stogodišnjici Brankovog ro enja, Izdanja Savitar, Beograd 1924, s. p.

140 Cfr. V. Žmega , op. cit., p. 301.

1. La questione del romanzo lirico 56

questione dell’intreccio tradizionale; tale romanzo non vuole rappresentare una copia

del mondo esistente, ma vuole mostrare una realtà del tutto autonoma.141

Come si evince dai vari studi presi in esame nei capitoli precedenti, il romanzo

lirico, come tipo di romanzo moderno, esprime una visione del mondo nella quale si

cerca di unire uomo e mondo in una forma interiore. In tal senso si sposta

l’attenzione del lettore dagli eventi alla forma, e ciò significa che in esso non viene

imitata l’azione, bensì questa stessa azione viene assorbita e trasformata in immagini.

L’opposizione tra la narrazione e la “progressione qualitativa”, lirica, che in questo

tipo di romanzo sono elementi fondamentali, fa sì che venga creata la fondamentale

“tensione” all’interno della struttura di questo romanzo. Poiché tutti gli elementi della

struttura del romanzo (“tradizionale”) subiscono una riduzione nel romanzo lirico

l’accento viene posto sulla lingua.

Tuttavia, il romanzo lirico sfugge a delle definizioni valide in assoluto, come

d’altronde sfugge a una definizione il genere romanzo. La critica letteraria, se vuole

studiare e capire il genere principale del XX secolo, ha bisogno di ricorrere alla sua

tipologia e a periodi storici limitati. Ma anche in questo caso noi disponiamo soltanto

di definizioni operative, poiché nessuna di queste opere si realizza esattamente allo

stesso modo. Nonostante ciò possiamo dire che la definizione minima di questo tipo

di romanzo deve essere basata su una determinata situazione storica, altrimenti

qualsiasi riflessione teorica non sarebbe appropriata. Negli anni Venti del ’900 nelle

letterature serba e croata il processo della liricizzazione della prosa iniziato negli

ultimi anni dell’800 raggiunge il suo culmine proprio nel romanzo. Bisogna tuttavia

dire che nel sistema dei generi in queste letterature non era il romanzo il genere

predominante, bensì la poesia142 da una parte e dall’altra la novella o il racconto (in

141 G. Di Giacomo, Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra Ottocento e Novecento, Laterza, Roma-Bari 2003, passim.

142 Bisogna ricordare che nella poesia serba e croata tra le due guerre mondiali si ha una mescolanza delle forme, una “forma ibrida” e “Kao svojevrsni formalni izraz ranije obrazloženog preklapanja avangardnih i neavangardnih ili predavangardnih konstruktivnih inilaca i postupaka […] neretko se pak javlja i jedan stihovni me uoblik, jedna prelazna forma izme u vezanog i slobodnog stiha […] Ako se prisetimo Crnjanskove sklonosti da unutar raš injene i rastvorene strukture tradicionalnog stiha ipak upotrebi njegove eminentne inioce kao što su rima i neobavezni, ali esto i te kako osetan metar, kao i kolebanje A. B. Šimi a, Rastka Petrovi a ili Tina Ujevi a i u ranoj i u zreloj pesni koj fazi izme u forme vezanog i slobodnog stiha, onda bi se gotovo moglo re i da je naginjanje ‘mešanju’ ili interferenciji ova dva protivna oblika jedna od specifika i srpske i hrvatske me uratne poezije” (trad.:

1. La questione del romanzo lirico 57

altre parole, la prosa narrativa breve). La realizzazione del romanzo moderno di

questi anni dipenderà dal rapporto con le forme brevi e con la lirica. Infatti, i più

importanti romanzi sono stati scritti da poeti o dai narratori di forme brevi. Tutto ciò

corrisponde alle tendenze generali di liricizzazione del romanzo del XX secolo che

vuole essere scritto come un poema. Insomma, si tende generalmente alla brevità.

I romanzi chiamati lirici nelle letterature serba, croata e bosniaca hanno una

caratteristica in comune: la brevità. Molti non arrivano nemmeno alle cento pagine.

La sola brevità di certo non può essere un tratto distintivo del romanzo lirico. E non

tutti i romanzi brevi sono anche lirici. Ma dobbiamo ricordare che la poesia lirica ha

come caratteristica fondamentale proprio la brevità, che permette di ottenere una

“totalità dell’effetto”. Questo tipo di romanzo attraverso la riduzione di tutti gli

elementi della narrazione, in primo luogo della sintassi, ottiene una struttura

“costruita” secondo determinate regole (si procede per associazioni, per ripetizioni di

vari elementi sintattici, e così via) che corrispondono a procedimenti alla base non

della prosa narrativa, bensì della lirica. Inoltre, i generi brevi in prosa, come il poema

in prosa, lo schizzo, il racconto breve, all’inizio del XX secolo si sono avvicinati alla

poesia lirica facendo propria anche la sua brevità. Il romanzo lirico degli anni Venti si

serve proprio delle conquiste dei generi brevi menzionati per avvicinarsi alla poesia.

Quindi, la brevità è senz’altro una delle caratteristiche fondanti del romanzo lirico

nelle letterature slave meridionali e nel periodo preso in considerazione.

“Come particolare espressione formale della precedentemente argomentata sovrapposizione dei fattori costruttivi e di procedimenti avanguardistici e non avanguardistici o preavanguardistici […] non di rado appare anche una forma intermedia in versi, una forma transitoria tra il verso tradizionale e quello libero […] Se ci ricordiamo della propensione di Crnjanski a usare comunque all’interno della struttura disfatta e disgregata del verso tradizionale i suoi fattori eminenti quali sono la rima e il metro, anche se non obbligatorio, ma spesso chiaramente percepito, come pure del vacillamento di A. B. Šimi , di Rastko Petrovi o di Tin Ujevi , sia nella prima fase poetica che in quella matura, tra le forme del verso tradizionale e del verso libero, allora si potrebbe quasi dire che l’inclinazione alla ‘mescolanza’ o all’interferenza di queste due forme opposte sia una delle specificità della poesia interbellica sia serba che croata”), T. Brajovi , Teorija pesni ke slike, Zavod za udžbenike i nastavna sredstva, Beograd 2000. Negli ultimi anni Dieci e all’inizio degli anni Venti, le ricerche che tali autori applicavano nei loro componimenti poetici e i risultati da essi raggiunti venivano di conseguenza estesi nelle loro opere in prosa di quegli anni; sia M. Crnjanski che R. Petrovi , scrissero i loro primi romanzi con un evidente influsso delle tecniche (in primo luogo quelle sintattiche) già sperimentate nelle loro poesie. A. B. Šimi , scomparso giovanissimo, non fece in tempo portare al compimento il romanzo iniziato «iz života umjetnika», Dvostruko lice, di cui le prime pagine sono state pubblicate sulla rivista «Juriš» nel 1919, cfr. A. B. Šimi , Djela, 1. Pjesme, proza I, priredio N. Mihanovi , August Cesarec, Zagreb 1988, pp. 343-373.

1. La questione del romanzo lirico 58

Un’altra caratteristica di questi romanzi è l’intensificazione dell’esperienza

linguistica e, quindi, della lingua, che si riflette in una sintassi ritmata. La

frammentarietà della struttura di queste opere non permette lo sviluppo degli eventi,

bensì gli stessi eventi si presentano ridotti, in modo da apparire solo come motivi che

si ripetono e, in parte, variano. In tale struttura, che si sviluppa per associazioni e non

per un filo narrativo di causa-effetto, la lingua non è soltanto il mezzo espressivo che

serve ad avvicinare i suoi elementi in modo tale da formare un ordine intellettuale

all’interno di una frase, ma diventa portatrice di un senso autonomo, caratteristica

non di certo del genere romanzo, ma della poesia.143 Nel romanzo lirico degli anni

Venti l’esperienza empirica del personaggio viene sostituita dall’esperienza linguistica

dell’autore-artista. Egli cerca di raggiungere attraverso la lingua lo stadio iniziale del

tutto; l’opera d’arte nasce come fatto linguistico dell’autorealizzazione creativa

dell’autore. Soltanto attraverso la lingua viene instaurato un ordine delle cose ormai

perso ed essa diventa l’unico veicolo che porta alla verità perduta, all’autoriflessione.

L’esperienza linguistica dell’autore è strettamente connessa ad un’altra

caratteristica di queste opere: in esse c’è l’identificazione del narratore-personaggio

con l’autore implicito, in modo tale che viene a crearsi una sorta di autobiografismo

poetico. Essendo scritti da poeti questi romanzi vedono identificate l’esperienza

vissuta e l’esperienza poetica come unico insieme capace di esprimere la verità nel

testo letterario. Tale identificazione non si realizza soltanto nei romanzi raccontati

nella prima persona grammaticale, bensì viene estesa anche alla narrazione “neutrale”

in cui l’autore si avvicina al personaggio, in terza persona.

Infine, nel romanzo lirico si intrecciano tutti e tre i modi del poetico – il

narrativo, il drammatico e il lirico – anche se la dominante in esso deve essere del

143 “La poesia, è vero, ha come suo tratto peculiare quello di rendere palesi e di accrescere quantitativamente la possibilità, le virtualità della lingua, disponendo i materiali del ritmo secodo strutturazioni più marcate. Rende palese e flagrante, intenzionale, e potenzia quanto può essere, nel linguaggio prosastico, o nel linguaggio comune, allo stato latente e meno organizzato.”; “Effettivamente, qualunque sia la forma metrica, chiusa, aperta, libera il verso viene a formare un’unità sui generis di ‘intonazione’ convenzinale, diversa dall’intonazione linguistica: libera la frase dall’ordine sintattico più automatico avvertibile nella prosa, nella quale gli elementi paralleli del discorso sono avvicinati o rilevati per portare nella frase una chiarezza d’ordine intelletuale, e dove i tempi di arresto e di riposo coincidono prevalenetmente con le divisioni logiche del pensiero”, G. L. Beccaria, L’autonomia del significante. Figure del ritmo e della sintassi. Dante, Pascoli, D’Annunzio, Einaudi, Torino 1975, pp. 51 e 59.

1. La questione del romanzo lirico 59

modo lirico; a essa vengono in qualche modo subordinati gli altri due modi. Lì dove

l’azione dei personaggi e la storia narrata prendono il sopravvento sugli stati d’animo

(ovvero la componente dinamica prende il sopravvento su quella statica) il romanzo

lirico non si realizza. Nessuna delle caratteristiche succitate da sola può definire un

romanzo lirico, bensì è una combinazione di tutte che forma la struttura di tale tipo

di romanzo.

1.3. La questione del corpus del romanzo lirico serbo, croato e bosniaco degli anni Venti

Il processo della liricizzazione della prosa serba e croata è iniziato negli ultimi

anni dell’800, è continuato negli anni precedenti la Grande guerra e ha raggiunto

l’apice della sua evoluzione nel periodo tra le due guerre mondiali, in modo

particolare negli anni Venti. Nella letteratura serba l’inizio della modificazione lirica

dei generi epici, una variante della risposta alla poetica del realismo, viene attribuito a

scrittori come Svetolik Rankovi , Borisav Stankovi , Ivo ipiko e Petar Ko i ,

mentre in quella croata a Ksaver Šandor Gjalski, Josip Kozarac, Janko Leskovar, ma

anche in seguito a Fran Galovi , A. G. Matoš, Janko Poli Kamov, Milutin

Uskokovi , Veljko Mili evi , Isidora Sekuli e Ivo Andri .144 Questi scrittori, in

primo luogo giovani, dei primi due decenni del XX secolo esprimono una nuova,

moderna sensibilità letteraria quale frutto di una nuova visione e di un nuovo

sentimento della vita. Davanti alle opere di B. Stankovi , I. ipiko, P. Ko i , V.

Mili evi si è soffermato, positivamente impressionato, persino Jovan Skerli , insigne

critico che si esprimeva per la “letteratura oggettiva”, di stampo sociale, osservando

che “la letteratura serba fino ad ora non ha mai avuto una combinazione così

interessante”.145 D’altra parte, anche uno dei protagonisti della nuova scena letteraria,

Ivo Andri , nella sua recensione al primo romanzo di Rastko Petrovi , sente il

bisogno di spiegare in qualche modo l’intento della «nuova» letteratura che sta

nascendo negli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale:

144 Cfr. F. Gr evi , op. cit., pp. 721-22. 145 Cfr. S. Pekovi , Srpska proza po etkom dvadesetog veka. Formalno-stilske i tematske inovacije, Prosveta -

Institut za književnost i umetnost, Beograd 1987, pp. 150-151.

1. La questione del romanzo lirico 60

Nesumnjivo je vidna jedna karakteristika poratne književnosti u nas i na strani: buran

scenarij, uzdignut ton, po mogu nosti uraganski. Izgleda da današnji umetnik, ba en u

savremeni haos (haos svega i u svemu), i ne mogu i ni da ga pregleda a kamoli savlada,

nastoji da ga podredi i zagluši novim i ve im haosima koje sam stvara. Otud instinktivna

težnja ka olujnim i nebolomnim temama i bežanje u mra na stole a i podru ja na kojima

prestaje mogu nost kontrole i svih, uistinu više-manje kompromitovanih, mera i

zakona.146

Nella letteratura croata della Moderna la liricizzazione della prosa ha trovato un

terreno fertile soprattutto in una forma ibrida quale è il bozzetto (crtica), il cui

precursore è Fran Mažurani con il suo libro di bozzetti lirico-meditativi intitolato

Liš e (1887). Quasi tutti i giovani scrittori croati dell’inizio del ’900 ricorrono a questo

nuovo genere, mentre nella letteratura serba lo fanno solo alcuni, come M.

Uskokovi o I. Andri . Tuttavia, sia gli uni che gli altri ricorrono anche ad un altro

genere in prosa, che in questi anni subisce la sua “metamorfosi” proprio grazie alle

forme brevi in prosa, un genere corrispondente a quelle opere che secondo Franjo

Gr evi per le loro caratteristiche strutturali possono essere definite come “romanzo

lirico breve o lirska pripovijest”.147

In queste due letterature, come nelle altre letterature europee, il romanzo è il

genere in cui il cambiamento del paradigma narrativo ha messo in luce in modo

molto evidente i cambiamenti avvenuti nel pensiero dell’epoca. L’inarrestabile

avanzamento di tutto ciò che riguardava l’individuo, con la sua messa in primo piano

a scapito della società che lo circonda, ha creato soprattutto nel romanzo serbo

146 “È indubbiamente evidente una caratteristica della letteratura postbellica sia da noi che all’estero: uno scenario tumultuoso, un tono elevato, possibilmente tempestoso. Sembra che l’artista di oggi, gettato nel caos contemporaneo (un caos di tutto e nel tutto) e non potendolo né vedere nella sua interezza né tanto meno dominare, cerca di sottometterlo e di assordirlo con dei caos nuovi e più grandi che crea da solo. Da ciò deriva la tendenza istintiva verso i temi burrascosi e tempestosi e un fuga in secoli bui e in campi in cui cessa la possibilità di controllo e di tutte le misure e le leggi, in verità più o meno compromesse”, I. Andri , Rastko Petrovi : Burleska gospodina Peruna boga groma, in Id., Umetnik i njegovo delo. Eseji, ogledi i lanci, [Sabrana dela, 13], Prosveta, Beograd 1997, pp. 241-242.

147 Gr evi riporta una serie di autori della Moderna croata e serba dedicatisi a questo genere ibrido (A. G. Matoš, F. Galovi , M. Nikoli , M. Cihlar Nehajev, I. Kozarac, D. Šimunovi , F. Horvat-Kiš, I. Vojnovi , P. Ko i , B. Stankovi , V. Mili evi , I. Sekuli , M. Jankovi ) ma rimarca l’importanza di uka Begovi (1911) di Ivan Kozarac (1885-1910), in cui è interrotta la tradizione realistica della strutturazione del personaggio, la fabula è ridotta, la struttura perde compattezza e si potenzia l’elemento acustico e ritmico della lingua, cfr. F. Gr evi , op. cit., p. 723.

1. La questione del romanzo lirico 61

dell’inizio del secolo XX una chiara spaccatura con il romanzo tradizionale, che ha al

suo centro un eroe positivo. Il mondo è adesso visto da un punto di vista soggettivo,

spesso da un solo personaggio, che non è più un eroe ma un antieroe di cui è

denudata l’individualità e messa in primo piano “la vita dell’anima”.148

Il processo della liricizzazione della prosa, iniziato con la Moderna, processo in

cui si fondono “le convenzioni della prosa e della poesia”, è ancora più evidente nel

periodo storico e storico-letterario successivo, quello degli anni Venti.149 Infatti, la

mescolanza dei generi, e non solo di quelli letterari, ma anche la mescolanza della

letteratura con altre arti (musica, pittura, cinema), sta al centro della poetica

dell’avanguardia. La decanonizzazione dell’esistente sistema dei generi riguarda tutte

le sue forme, compreso il romanzo, al quale però è già immanente il “sincretismo”

stilistico e formale.150

Negli anni Venti nelle letterature serba in primo luogo, ma anche in quella croata,

al romanzo spetta il compito di rinnovare la prosa, anche se – per la maggior parte –

autori di questi romanzi non sono romanzieri in senso stretto, bensì poeti. Il

romanzo di tipo moderno di questi anni è legato a diversi “ismi” e soprattutto

all’espressionismo, cosicché nella critica troviamo menzionato il romanzo breve

espressionista o tipologicamente lirico, mentre in tale prospettiva viene creato in

qualche modo il corpus del romanzo lirico.151 Bojana Stojanovi Pantovi , invece,

148 È interessante notare che l’“onda nera” dell’individualismo europeo nella letteratura serba dei primi anni del Novecento arriva attraverso l’influenza polacca, più precisamente tramite le opere di Stanislav Przybyszewski, Cfr. S. Pekovi , op. cit., p. 62.

149 Cfr. M. Panti , Modernisti ko pripovedanje. Srpska i hrvatska pripovetka/novela 1918-1930, Zavod za udžbenike i nastavna sredstva, Beograd 1999, p. 43.

150 In Pulsacija i metamorfoze kritike, saggio del 1937, Tin Ujevi definì il romanzo contemporaneo così: “Osim što je sinteza historije i kritike, kao filozofija historije ili sociologije, roman je i u drugom smislu sinteza, kao spajanje više raznih malenih umjetnosti kojih se javlja kao pravi nasljednik, možda i likvidator. Roman je baštinik epa, novele, pripovijesti, crtice, gatke, romanse, balade, pitalice, mitosa, legende; on je baštinik pjesme u prozi i svake lirske ispovijesti i lirskog stvaranja. Lirske miniature i crteži prelaze na veliko afresko romana bez odlaganja” (trad.: “Oltre ad essere una sintesi di storia e critica, come la filosofia della storia o della sociologia, il romanzo è anche in un altro senso una sintesi, cioè come insieme di più piccole arti diverse di cui si presenta come vero erede, forse anche come liquidatore. Il romanzo è erede dell’epos, della novella, del racconto, del bozzetto, della fiaba, della romanza, della ballata, dell’indovinello, del mito, della leggenda; esso è erede della poesia in prosa e di ogni confessione lirica e di ogni creazione lirica. Le miniature e i disegni lirici si trasferiscono sul grande affresco del romanzo senza differimento”), T. Ujevi , Pulsacija i metamorfoze kritike, in Id., Sabrana djela, IX. Eseji, rasprave, lanci II, priredio M. Vaupoti , Znanje, Zagreb 1963, p. 281.

151 Cfr. B. Jovi , op. cit. L’autore, in realtà, non tratta la questione del corpus del romanzo lirico, che viene identificato sin dal titolo con quello espressionistico, e nel suo studio inserisce i seguenti

1. La questione del romanzo lirico 62

intende il romanzo breve come un prodotto degli autori moderni e dell’avanguardia e

nota che tale romanzo tipologicamente può essere denominato “romanzo lirico”.152

Radovan Vu kovi , autore della ancora insuperata Poetika srpskog i hrvatskog

ekspresionizma, nel volume dedicato alla prosa dell’avanguardia serba in qualche modo

amplia il corpus esistente del romanzo lirico espressionistico estendendolo anche ai

romanzi del surrealismo.153 In realtà, il romanzo espressionista serbo, e anche quello

croato, hanno al loro centro un personaggio, un giovane che spesso coincide con il

narratore, e da questo elemento dipende tutta la struttura del romanzo, che viene

definita struttura lirica. Ma come si è visto, non tutti i romanzi lirici degli anni Venti

appartengono soltanto all’espressionismo, e anche quelli che generalmente vengono

intesi come espressionistici non hanno soltanto le caratteristiche di questa corrente

(per esempio, i romanzi di R. Petrovi , ma anche quelli di M. Crnjanski). Inoltre,

bisogna tener presente che gli studi menzionati, tranne quello di B. Jovi , non hanno

come principale argomento il romanzo, bensì trattano questo genere all’interno di un

determinato periodo letterario. È chiaro allora che negli studi di questo tipo

l’obiettivo non può essere la questione della determinazione tipologica di un solo

genere letterario.

Nella storiografia letteraria croata invece già negli anni Sessanta S. Kora affronta

la storia del romanzo croato dal punto di vista tipologico (Hrvatski roman izme u dva

rata). Il romanzo lirico è definito come un tipo di romanzo che secondo l’autore nel

periodo tra le due guerre mondiali in questa letteratura ha soltanto due titoli che a

romanzi: Grozdanin kikot di Hamza Humo; Dnevnik o arnojevi u e Seobe I di Miloš Crnjanski; Crvene magle di Dragiša Vasi ; Krila di Stanislav Krakov; Ljudi govore, Burleska gospodina Peruna boga groma e Dan šesti di Rastko Petrovi ; Gluvne ini di Aleksandar Ili . Esiste anche uno studio di M. Panti in cui, sebbene abbia come argomento specifico la novella nelle letterature serba e croata degli anni Venti, si trova anche una lettura comparativa di due romanzi di questi anni, Dnevnik o arnojevi u di M. Crnjanski e Na sun anoj strani di I. Andri . Quello che qui ci interessa è però in primo luogo il corpus del romanzo lirico breve in queste due letterature, anche se in nessuno studio esso viene determinato e discusso esplicitamente. Panti , in realtà, riporta una triplice denominazione – romanzo “breve, lirico o espressionistico” – e con essa intende riferirsi alle seguenti opere: Dnevnik o arnojevi u di M. Crnjanski; Na sun anoj strani di I. Andri ; Crvene magle di D. Vasi ; Krila di S. Krakov; Burleska gospodina Peruna boga groma di R. Petrovi ; Tri kavalira gospo ice Melanije e Vražji otok di M. Krleža; Kroz šibe di U. Donadini; Dunja u kov egu di M. Begovi ; Bijeli lutalac di A. Cesarec, cfr. M. Panti , op. cit., p. 43.

152 Cfr. B. Stojanovi Pantovi , Srpski ekspresionizam, cit., pp. 108-109. 153 Cfr. R. Vu kovi , op. cit. Anche per questo autore esiste il romanzo lirico espressionistico dal

punto di vista di composizone e di struttura e inoltre egli intende e analizza come romanzo lirico o poetico (i due termini li usa come sinonimi) i seguenti romanzi del surrealismo: Koren vida (1928) di Aleksandar Vu o; Anatomija (1930) di Oskar Davi o.

1. La questione del romanzo lirico 63

pieno si possono chiamare lirici – Dunja u kov egu di Milan Begovi e Zapaljena krv di

Stjepan Mihali –, mentre esiste una ventina di romanzi lirici meno riusciti (ma noi

diremmo non lirici, bensì liricizzati in alcune loro parti, opere in cui comunque il

principio lirico non si pone come la dominante della composizione).

Soltanto alla fine degli anni Novanta Krešimir Nemec, autore della prima storia

del romanzo croato, affronta tra l’altro anche il problema del romanzo lirico nella

letteratura croata nella prima metà del ’900, esprimendo una propria concezione di

questo tipo di romanzo che in parte diverge da quella di S. Kora . Intanto, secondo

Nemec il romanzo di Begovi non può essere definito lirico, perchè in esso il

principio drammatico prevale su quello lirico, mentre il romanzo di S. Mihali rimane

nella categoria tipologica del romanzo lirico.154 Soltanto nella seconda metà degli anni

Trenta nella letteratura croata con il romanzo Sam ovjek di Ivo Kozar anin, afferma

Nemec, il lirismo come valore autonomo viene introdotto in questa letteratura.155

È interessante notare un dato che riguarda la terminologia usata nella critica serba

e croata per la definizione del tipo di romanzo qui in oggetto. Mentre in quella croata

prevale l’unica denominazione di “romanzo lirico”, e non compare mai “romanzo

poetico”, la critica serba continua ad adoperare anche oggi la coppia sinonimica

“romanzo lirico” e “romanzo poetico”, a cui si aggiunge un terzo denominatore per i

romanzi degli anni Venti, “breve”, nonostante vi siano stati dei richiami ad

uniformare la terminologia. Da un lato, questo fatto è dovuto innanzitutto ad una

presenza più cospicua di questo tipo di romanzo nella letteratura serba degli anni

Venti. Davanti ad un vasto corpus di opere non è improbabile che nasca una

sovrapposizione di termini più o meno sinonimici. Il fenomeno nel suo insieme non

è stato sufficientemente supportato dalla teoria letteraria serba e soltanto negli ultimi

anni si cerca di dare un ordine terminologico e insieme concettuale al fenomeno che

ha segnato una svolta nella prosa serba e che ha cambiato il suo romanzo. Dall’altro

lato, non sbaglieremo se osserviamo che la critica croata è stata maggiormente attenta

allo studio tipologico e anche teorico, orientandosi verso un solo denominatore –

“lirico”.

154 Cfr. K. Nemec, Povijest hrvatskog romana od 1900. do 1945. godine, Znanje, Zagreb 1998, pp. 225, 138.

155 Cfr. ivi, p. 264.

1. La questione del romanzo lirico 64

Dunja u kov egu (La mela cotogna nello scrigno, 1921) di Milan Begovi è

composto di 33 capitoli che si estendono per 134 pagine, ed è incentrato sul tema

dell’amore socialmente irrealizzabile tra due giovani, Dušan e Ro ena. L’amore puro,

basato sul desiderio, passa ad un piano più concreto alla fine del romanzo, facendolo

coincidere con un evento tragico. La narrazione segue una progressione lineare

subordinata alle vicende dell’amore dei due protagonisti, ed è eterodiegetica con

focalizzazione interna sui personaggi, il che permette di spostare l’accento dagli

eventi esterni a quelli dell’“anima”. I personaggi (i cui nomi sono simbolizzati) sono

presi nella continua lotta interiore tra i sentimenti e il mondo esterno. Il dialogo e il

monologo interiore (drammatizzato) si alternano e da ciò deriva anche una

dinamizzazione della struttura. La liricizzazione si realizza in alcuni passi in cui i due

personaggi esprimono i propri sentimenti: si fondono la natura del mondo esterno ed

i sentimenti. Vengono introdotti anche alcuni elementi lirici come la musicalizzazione

– con un “sistema di note” (“notni sistem”) del valzer – e versi della poesia popolare.

La frase è breve con la presenza di molti turchismi, motivati dallo spazio dell’azione

(in primo luogo una cittadina nella zona di Knin, sotto il monte Dinara, abitata dalla

popolazione ortodossa con origini bosniache). Comunque, il principio drammatico

prende il sopravvento su quello lirico, in quanto gli avvenimenti che accompagnano

l’amore dei due giovani danno un tono drammatico alla struttura complessiva.

Zapaljena krv (Sangue infuocato, uscito su rivista nel 1927, in volume nel 1933) di

Stjepan Mihali è composto di 25 brevi capitoli (in 90 pagine) che costituiscono delle

unità narrativamente autonome, collegate però dagli stessi personaggi e dallo stesso

stato d’animo. Il protagonista principale è il giovane Jarilo, che vive in completa

sintonia con la natura e che vive un’estate d’amore in campagna. La struttura è

dinamica e in essa la narrazione viene sensibilmente ridotta nelle brevissime frasi di

prosa ritmata, in cui “a balzi” e senza motivazioni esterne (poiché esse sarebbero

caratteristiche di una progressione narrativa) si alternano le immagini. Anche se la

narrazione è in terza persona, la mimesi cede posto – appunto – alle immagini, nelle

quali l’attenzione viene spostata dall’evento alla lingua e alla sintassi (si registrano

inversioni, assonanze e allitterazioni, ma anche rime). La grande presenza di metafore

e di simboli che si ripetono crea una struttura fortemente associativa. Tuttavia, a

1. La questione del romanzo lirico 65

partire dal capitolo X l’accento si sposta sempre di più verso l’evento drammatizzato,

cosicché anche la sintassi ritmata perde intensità. Il canto popolare è uno degli

elementi principali della struttura, in cui il principio lirico e quello drammatico si

alternano. A differenza del romanzo di Begovi in cui l’accento è posto sul rapporto

tra i due protagonisti, in questo romanzo breve c’è uno stato d’animo (quello di

Jarilo) che tiene unita la struttura dall’inizio alla fine.

Sono interessanti romanzi brevi anche Tri kavalira gospo ice Melanije (I tre cavalieri

della signorina Melanija, 1920)156 e Vražji otok (L’isola del diavolo, 1923) di Miroslav

Krleža. Il primo in una narrazione lineare segue la vita e gli spostamenti di Melanija

Krvari , la protagonista, dalla provincia croata alla città (Zagabria), due ambienti in

cui intorno a lei si muove una serie di altri personaggi, tra cui spicca il poeta

incompreso e fallito Marijan Ksaver Trnin. Alla base del primo romanzo di Krleža vi

sono la parodia dei procedimenti della letteratura della Moderna e un tono ironico, a

volte satirico, con cui è narrata la storia sentimentale della protagonista e con cui

sono soprattutto descritti gli ambienti in cui lei si muove, e inoltre una composizione

senza digressioni, basata sui principi narrativo e drammatico. Il principio lirico qui

invece è ridotto alla sola tematica amorosa.

Vražji otok,157 che conta appena 100 pagine, ha come tema il ritorno di un figlio e

il suo scontro con il padre. Gabrijel Kavran, il personaggio principale, è un giovane

intellettuale e poeta in cerca di un’affermazione sociale che gli manca, è un ribelle

fuggito dalla natia Zagabria per evitare l’obbligo militare ed ha così trascorso tre anni

vagabondando per le metropoli europee (Londra e Parigi). Nel romanzo prevale una

narrazione lineare, con digressioni retrospettive in forma di riflessioni del

protagonista. Infatti, la narrazione è in terza persona, ma è soprattutto con il discorso

diretto libero che vengono riportati i pensieri del protagonista e dei personaggi. Un

156 Anche se sul frontespizio viene indicato l’anno della pubblicazione 1920, in realtà il romanzo è uscito soltanto due anni più tardi nell’edizione della Matica Hrvatska. Inoltre, il titolo originale indicato dall’autore: Tri kavaljera frajle Melanije. Staromodna pripovijest iz vremena kada je umirala Hrvatska moderna è stato accorciato e cambiato dall’editore e senza il consenso dell’autore in Tri kavalira gospo ice Melanije.

157 Vražji otok fu pubblicato dapprima nel 1923 sulla zagabrese «Savremenik» a puntate e in versione ekava, mentre nel 1924 uscì separatamente nel libro. In seguito il suo autore lo inserì all’interno della raccolta delle novelle e viene considerato dallo stesso Krleža come novella lunga e non come romanzo, anche perché all’inizio fu pensato come un romanzo grande sulla società e sui costumi croati all’inizio del ‘900.

1. La questione del romanzo lirico 66

pronunciato elemento riflessivo e la psicologizzazione dei personaggi non lasciano

spazio per un modo di procedere per immagini. Prevalgono la narrazione con

focalizzazione interna e il discorso drammatico (non a caso, nel 1960 viene realizzata

una serie televisiva tratta da questo romanzo breve). Il principio lirico è espresso

soltanto mediante la soggettività del personaggio, che si oppone all’oggettività delle

cose e del mondo che lo circonda: in primo piano si trova il dramma interiore del

protagonista, che lo porta ad una forte ribellione sociale.

L’incompiuto Bijeli lutalac (Il vagabondo bianco)158 di August Cesarec – definito

dal suo autore una “sonata religiosa” (“religiozna sonata”) – è una prosa allegorico-

simbolica, incentrata sul tema della lotta tra il bene e il male, con una significativa

concentrazione sulla lingua e sui giochi linguistici (insistenza sulla ripetizione di

determinati suoni e di determinate parole, e inoltre sul tipo della sintassi

comparativa), ma anche sull’organizzazione grafica del testo (presenza di frasi-

paragrafi, per cui si ottiene l’effetto di un testo scandito con un determinato ritmo).

In una struttura che procede per concatenazioni di immagini simboliche e di suoni la

narrazione cede il posto a un’eccessiva evidenziazione della lingua poetica, per cui il

principio lirico viene a predominare nel romanzo.

Lunar (1921)159 di Josip Kulundži è composto di tre capitoli con titoli simbolici

(Dvorac [Il castello], Grad [La città], istina [La radura]) ed è costruito intorno alla

figura mistica di un giovane che vuole liberarsi dalla vita materiale e raggiungere le

forme più alte dell’esistenza. Così molto rilievo è dato alla crescita interiore del

protagonista, che viene esposta per gradi (capitoli). L’isolamento e i traumi del primo

capitolo vengono sostituiti dall’esperienza del secondo e infine, nel terzo, Lunar in

bilico tra due sfere (quella del Giorno e quella di Notte) prende coscienza di sé e al

posto dell’azione sceglie i sogni e le stelle. Un’evidente concentrazione sulla lingua,

con ripetizioni foniche e sintattiche, sostiene il significato dell’intera opera, per cui il

protagonista riconosce e sceglie la sua natura da sognatore, sceglie cioè la poesia.

158 Incompiuto, scritto nel 1917 a Kruševac (in parte in ijekavo e in parte in ekavo) e rimasto manoscritto fino al 1982, anno in cui M. Šicel ha curato la sua prima edizione, riportando alcune modifiche linguistiche e trasponendo tutto in ijekavo.

159 Pubblicato presso l’editore Sveslovenska knjižarnica di Belgrado e in ekavo, con il sottotitolo Misti na novela, conta 156 pagine.

1. La questione del romanzo lirico 67

Na sun anoj strani (Dalla parte del sole)160 di Ivo Andri è un ibrido narrativo,

incentrato sul tema della lotta tra il bene e il male, e composto di sette capitoli, di cui

soltanto due presentano una narrazione autodiegetica, mentre i restanti hanno un

narratore onnisciente, ma con focalizzazione interna del personaggio di Toma Galus

/ il giovane; fa eccezione l’ultimo capitolo, che presenta una marcata plurivocità

narrativa. La narrazione a focalizzazione interna viene espressa mediante la tecnica

dell’analisi narrativa, mentre la narrazione al perfetto viene spesso sostituita da quella

al presente, con frequenti domande retoriche, cosìcche si ha l’impressione che il

narratore si identifichi ora con il personaggio, ora con l’autore, e che siano tutt’uno.

L’oscillazione nel romanzo tra la narrazione autodiegetica e quella eterodiegetica è

nata come conseguenza di un tentativo dell’autore di trascendere i momenti

autobiografici, il che si può cogliere avendo presente innanzitutto la produzione

andriciana precedente, la prosa lirica (Ex Ponto), in cui la stessa esperienza del carcere

è al centro dell’azione. Tuttavia, si deve constatare che nel romanzo prevale la

narrazione in senso stretto (come modalità espressiva) e che essa non lascia spazio a

una concentrazione sulla lingua, sul suo significante, e a una loro messa in rilievo

artistica, il che invece costituisce uno degli elementi principali della liricizzazione della

prosa.

Sekund ve nosti (1921, ma il titolo completo, nell’edizione della Knjižarnica

Zdravka Spasojevi a, è Sekund ve nosti. Isto nja ki roman [Un secondo di eternità.

Romanzo orientale]) di Dragutin Ili conta appena 52 pagine e per la sua eccessiva

brevità esce sostanzialmente dai canoni del romanzo, e tuttavia presenta alcuni

elementi essenziali del genere romanzesco (la rappresentazione per intero della vita

del protagonista come forma di un destino umano complessivo). Infatti, mediante le

tecniche del racconto nel racconto e del manoscritto ritrovato, al centro dell’opera

160 Si tratta di un romanzo incompiuto a cui Andri ha lavorato con ogni probabilità negli anni ’20. È stato sapientemente ricostruito e pubblicato da Žaneta uki Periši soltanto nel 1994, cfr. Ivo Andri , Na sun anoj strani. (Rekonstrukcija romana), priredila Ž. uki Periši , Matica srpska, Novi Sad 1994, ma anche Žaneta uki -Periši , Kavaljer svetoga duha, Zadužbina Ive Andri a - BIGZ, Beograd 1992 (in questo secondo volume l’autrice rende conto, tra l’altro, proprio del lavoro compiuto per la ricostruzione e della situazione testuale). Dei sette capitoli che si sono conservati manoscritti cinque sono stati pubblicati come racconti autonomi durante la vita dell’autore. Per una ricostruzione dei primi trent’anni di vita e di attività di Andri è ancora prezioso e insuperato il lavoro di Karaulac, di cui è apparsa di recente la seconda edizione arricchita di nuovi materiali, cfr. Miroslav Karaulac, Rani Andri , drugo dopunjeno izd., Prosveta, Beograd 2003.

1. La questione del romanzo lirico 68

viene posta la vita del principe indiano Panjati Sahib, intrisa di elementi favolosi (la

favola della rosa), onirici (il sogno premonitore della bella ragazza) e fantastici (la

discesa del protagonista nella tomba dell’amata). Il tema di fondo del romanzo è la

ricerca della conoscenza universale, che si rispecchia nell’insistente sforzo di

raggiungere l’amore spirituale (ostacolato dai vari pericoli che minacciano sempre la

stessa vita del protagonista) come forma della più alta conoscenza e verità, una forma

perciò posta al di fuori del singolo individuo. La narrazione, che predomina in questo

brevissimo romanzo, si presenta in forma lineare e segue l’esperienza del

protagonista, che si focalizza intorno ai tre momenti cruciali della sua vita; ciascuno

di essi con la sua valenza simbolica amplia il racconto. La sintassi carica di imperfetti

e aoristi, con inversioni e alcune locuzioni particolari, richiama e allude al modello

fiabesco della prosa. La narrazione autodiegetica nella parte introduttiva e il modello

della storia d’Oriente (indiana) sono spie di un testamento autopoetico dell’autore (si

ricorda infatti che nel periodo in cui è nato questo romanzo Dragutin Ili aveva

abbracciato un tipo di vita mistico-esoterico).

Crvene magle (Nebbie rosse, 1922) di Dragiša Vasi è composto di 10 capitoli e di

un epilogo, e consta di 130 pagine. Il protagonista, Aleksej Juriši , è un giovane

studente che combatte nella Prima guerra mondiale e di cui viene delineata la storia

della vita, il suo percorso di maturazione emotiva, che però si conclude tragicamente.

Inoltre, viene raccontata anche la storia di un altro giovane, or e V. Hristi , che nel

romanzo ha la funzione di far emergere e risaltare il personaggio di Juriši come suo

opposto. Se si considera che la parte principale dell’intreccio è data dal loro rapporto

con le rispettive amate, anche esse corrispondenti a due opposti, si può cogliere

appieno la costruzione parallela dell’opera. Gli altri personaggi sono tutti personaggi-

tipi della società serba di quel periodo, messi a fuoco mediante la tecnica della camera

cinematografica, che viene usata molto spesso nel romanzo. Le coordinate spazio-

temporali in cui si muove il protagonista sono quelle che vanno dall’inizio alla fine

della guerra, anche se gli sguardi introspettivi del protagonista nel suo passato

allargano questi confini temporali, che poi si chiudono geograficamente in un anello

tra Belgrado, la provincia serba, l’Albania e di nuovo Belgrado. La narrazione, di tipo

eterodiegetico e con focalizzazione interna, è in gran parte lineare e segue il filo di

1. La questione del romanzo lirico 69

causa-effetto. Essa prevale sugli altri due modi, quello drammatico e quello lirico (il

romanzo non procede per associazioni linguistiche e di motivi), anche se la sintassi è

caratterizzata da inversioni, che danno comunque un tono in parte lirico alla

narrazione, e l’emotività del personaggio si trova al centro del romanzo.

Krila (Ali, 1922) di Stanislav Krakov è un romanzo con un’evidente insistenza

sull’elemento costruttivo e che ha fatto completamente propria la tecnica

cinematografica: è composto di 17 frammenti in cui vengono messi a fuoco

determinati eventi o emozioni o stati d’animo, ma comunque con una

concentrazione tecnico-espressiva sulla lingua. La sintassi è breve e segmentata per

mezzi di un ben determinato uso dell’interpunzione, e con ripetizioni foniche che

evidenziano un determinato tono.

Qui è stata presentata una panoramica molto succinta delle opere narrative che,

complessivamente, vengono incluse dai critici e dagli storici letterari menzionati in

precedenza nella classe dei romanzi lirici, seppure – come si è già visto – con

accezioni e determinazioni non di rado divergenti e non sempre chiare del fenomeno

specifico preso qui in esame. In tal modo si è voluta evidenziare la grande

eterogeneità dei testi considerati come romanzi lirici (o, a volte, poetici), e ciò per

collocare in un contesto più definito e chiaro i romanzi che invece, a nostro modo di

vedere, costituiscono senza dubbio le migliori realizzazioni del romanzo lirico nelle

letterature serba, croata e bosniaca: Dnevnik o arnojevi u di M. Crnjanski, Grozdanin

kikot di H. Humo e Burleska gospodina Peruna boga groma di R. Petrovi . Infatti, si deve

sottolineare che anche tra le opere appena passate in rassegna vi sono dei romanzi

definibili come lirici, ma essi – a differenza dei tre citati poco sopra – non

raggiungono il livello artistico (si pensi, per esempio, all’incompiuto Bijeli lutalac e a

Zapaljena krv) o la piena compiutezza tematico-formale in quanto romanzi lirici in

senso proprio, ovvero non sono in possesso di tutte le caratteristiche qui messe in

rilievo come fondamentali per il tipo da noi analizzato (si pensi, tra gli altri, a Dunja u

kov egu, Crvene magle e Na sun anoj strani).

2. Dell’immensa tristezza e dell’intellettualità sparsa: Dnevnik o arnojevi u

Ali, u duši, duboko, kraj svega opiranja da to priznam, ja sam ose ao neizmernu ljubav

prema tim dalekim brdima, snežnim gorama, ak tamo gore do ledenih mora. Za ona

daleka ostrva, gde se doga a ono što smo, možda, mi u inili. Izgubio sam strah od smrti.

Veze za okolinu. Kao u nekoj ludoj halucinaciji, dizao sam se u te bezmerne, jutarnje

magle, da ispružim ruku i pomilujem daleki Ural, mora indijska, kud je otišla rumen i sa

mog lica. Da pomilujem ostrva, ljubavi, zaljubljene, blede prilike. Sva ta zamršenost

postade jedan ogroman mir i bezgrani na uteha.

Miloš Crnjanski

2.1. Il titolo: diario di un sogno

Pubblicato nel 1921, Dnevnik o arnojevi u1 è il primo romanzo, breve (conta in

tutto una novantina di pagine), di Miloš Crnjanski. Nella produzione complessiva

dell’autore appartiene alla prima fase creativa e insieme al dramma lirico Maska

(1918), alla raccolta poetica Lirika Itake (1919), alla raccolta di racconti (e di poesie in

prosa), Pri e o muškom (1920), a Sumatra e Objašnjenje Sumatre (1920) costituisce il primo

cerchio della poetica di Crnjanski.2 D. o . attira subito l’attenzione per alcune

caratteristiche strutturali (evidenti anche ad uno sguardo superficiale): titolo,

estensione dell’opera, organizzazione grafica.3

Nel titolo, che, per dirla con M. Stojni , “abbraccia l’intero spazio semiotico

dell’opera” (“obuhvata ceo semioti ki prostor dela”) e in cui si avverte distintamente

quello che è “il procedimento estetico-formale dell’autore” (“autorov estetsko-

1 Il titolo viene in seguito riportato mediante l’abbreviazione D. o . 2 Cfr. Z. Kova , Poetika Miloša Crnjanskog, Izdava ki centar Rijeka, Rijeka 1988, p. 110. 3 “Moramo pretpostaviti da književno djelo ima neku vlastitu organizaciju nekih dijelova odnosno

elemenata koja se obi no naziva «struktura» […] Pri tome nije sporno da je struktura neka cjelina složena od dijelova koji samo u toj cjelini imaju odre eno zna enje […]” (trad.: “Dobbiamo supporre che l’opera letteraria abbia una propria organizzazione di alcune parti ovvero di alcuni elementi che solitamente è chiamata «struttura» […] In ciò è incontestabile che la struttura sia un insieme composto di parti che solo in quell’insieme hanno un determinato significato […]”), M. Solar, Teorija književnosti, XX izdanje, Školska knjiga, Zagreb 2005, p. 38.

2. Dnevnik o arnojevi u 71

oblikovani postupak”),4 lo scrittore pone in posizione funzionalmente rilevante

l’esplicitazione del genere letterario – diario (dnevnik) – nella cui scia la sua opera si

inserisce.5 Quella del diario è infatti una forma che presuppone la costante

annotazione, giorno per giorno, degli eventi e delle esperienze emotive di colui che lo

redige. In tal modo vengono messi in primo piano chi scrive (il soggetto) e il suo

rapporto con il mondo circostante. L’adozione del diario come modello formale di

testo di finzione presuppone dunque la volontà di dar forma a opera basata sul punto

di vista soggettivo. In particolare ciò che qui conta è determinata articolazione

assunta dalla forma: il fatto che il diario si riferisca percezioni vissute quasi in

contemporanea rispetto al momento in cui l’autore-narratore scrive (così come

esprime la radice stessa della parola diario/dnevnik – il tempo della narrazione è

quello dell’oggi).

Se, però, il diario nella sua interezza è costituito dall’insieme di tanti presenti

vissuti dal soggetto, il susseguirsi nel tempo di tali segmenti temporali finisce

inevitabilmente per conservare la traccia di ciò che è passato. Così presente e passato

del narratore si dispongono sullo stesso piano di contemporaneità nella percezione di

chi legge. Per questo aspetto la forma diaristica può allora riavvicinarsi a quella dei

libri di memorie: “il diario attinge spesso dalle memorie, come le Memorie possono

4 “[…] naslov na ovaj ili onaj na in, u ve oj ili manjoj meri obuhvata ceo semioti ki prostor dela i svu raznovrsnost mogu ih veza izme u smisaonih elemenata koordiniranih u delu […] u naslovu se jasno ose a u delu ostvarena sprega izme u ideje dela i njenog ostvarenja i predose a se autorov estetsko-oblikovani postupak” (trad.: “[…] in un modo o nell’altro, in misura maggiore o minore, il titolo comprende l’intero spazio semiotico dell’opera e tutta la eterogeneità dei possibili legami tra gli elementi semantici coordinati nell’opera […] nel titolo si sente chiaramente il connubio attuato nell’opera tra l’idea dell’opera stessa e la sua realizzazione e si avverte il procedimento estetico-costruttivo dell’autore”), M. Stojni , Semantika i poetika naslova u delima Miloša Crnjanskog, in Miloš Crnjanski. Teorijsko-esteti ki pristup književnom delu. Zbornik radova, urednik M. Šuti , Institut za književnost i umetnost, Beograd 1996, p. 13.

5 In un valido studio sulle caratteristiche dell’elemento lirico nell’opera di Miloš Crnjanski, Novica Petkovi mette in rilievo la questione della mescolanza di generi letterari (il romanzo) e non letterari (diario e libro di memorie), e l’importanza che tale mescolanza ha nella composizione dell’opera: “Polaganje dnevnika i memoara – pri emu se zadržavaju ili signalizuju neka njihova prepoznatljiva obeležja – u osnovicu romana bez sumnje je razmaklo granice ovoga književnog žanra. Žanr je izmenjen. ak toliko da se Dnevniku o arnojevi u 20-ih godina uslovno priznavao status romana” (trad.: “Il fatto che alla base del romanzo siano stati posti il diario e le memorie – così che si mantengono o si segnalano alcuni loro tratti riconoscibili – ha spostato senza dubbio i confini di questo genere letterario. Il genere è stato modificato. Addirittura a tal punto che al Diario su arnojevi negli anni Venti lo status di romanzo veniva riconosciuto con riserva”), N. Petkovi , Lirske epifanije Miloša Crnjanskog, SKZ, Beograd 1996, pp. 97-98.

2. Dnevnik o arnojevi u 72

facilmente diventare diario. Raccontare la vita passata, significa raccontarsi oggi, in

modo molto sottile col pretesto di far rivivere un uomo che non è più.”6

La forma del diario come modello finzionale è ben nota nella letteratura europea

sin dal XVIII secolo7 e il romanzo di Crnjanski è nato in un diretto rapporto con tale

tradizione. Ciò è dimostrato dalle vicissitudini del suo stesso titolo. Dalle lettere del

1919 e del 1920 indirizzate ad amici e collaboratori zagabresi – Julije Beneši ,

redattore della rivista del Društvo hrvatskih književnika «Savremenik», e Ivo Andri ,

redattore della rivista «Književni jug», sappiamo infatti che il titolo definitivo del testo

venne deciso soltanto nel 1920.

Nel 1919 Crnjanski aveva chiamato il suo romanzo Život komedijaša arnojevi a

(Vita del commediante arnojevi ), mutandolo poi in Mladost u enog gospodina arnojevi a

(La giovinezza del dotto signor arnojevi ), mentre in una lettera ad Andri (21. 03. 1920)

fa la prima volta la sua comparsa la parola ‘diario’ (dnevnik), sia pure all’interno di un

sintagma destinato anch’esso ad essere modificato – Dnevnik izumiranja (Diario di

un’estinzione).8 Non sembra un caso che nello stesso 1920 uscisse la traduzione serbo-

croata di Novembre, il romanzo breve di Gustave Flaubert destinato a lasciare un

segno tangibile sull’autore serbo. Di tale edizione Crnjanski fu addirittura prefatore.

Come è noto, la fabula di Novembre costituisce variante dell’espediente manoscritto

ritrovato e pubblicato da un amico: il manoscritto sarebbe il diario intimo del

protagonista-narratore. All’inizio dell’opera si ha così l’illusione – di leggere una

6 R. Bourneuf-R. Ouellet, L’universo del romanzo, Einaudi, Torini 1976, p. 176. 7 Insieme alle epistole e ai libri di memorie, il diario costituisce una delle forme preferite della

prosa artistica, che a partire dalla fine del XVIII secolo ha cercato in essa come esprimere in modo immediato la sensibilità dell’individuo, che figura al centro dell’opera. Queste tre forme vengono a loro volta inglobate nell’espediente del manoscritto ritrovato, secondo una generale tendenza della narrativa europea. Gli esempi più celebri vanno dal Werther (1774) di Goethe, attraverso il Manoscritto trovato a Saragozza (1805) di Potocki, l’Adolphe (1816) di Benjamin Constant, Volupté (1834) di Sainte-Beuve fino a La figlia del capitano (1836) di Puškin e ai primi romanzi di Flaubert, Memorie di un pazzo (scritto nel 1838) e Novembre (scritto nel 1842, ma stampato soltanto nel 1910). Per quanto riguarda Crnjanski, si deve ricordare che già nella sua prefazione alla traduzione in serbo-croato di Novembre, eseguita da Tin Ujevi e pubblicata nel 1920, questi sottolineava che il diario e il libro di memorie erano le forme che avrebbero cambiato il romanzo del XX secolo. Cfr. V. Žmega , Povijesna poetika romana, Matica hrvatska, Zagreb 2004, pp. 66-67; A. Flaker, Umjetni ka proza, in Z. Škreb - A. Stama , Uvod u književnost. Teorija, metodologija, peto poboljšano izd., Globus, Zagreb 1998, p. 350; N. Petkovi , Pogovor, in M. Crnjanski, Pripovedna proza. Pri e o muškom; Pripovetke; Dnevnik o arnojevi u, priredio N. Petkovi , [Dela Miloša Crnjanskog, tom II, knj. 5-7], Zadužbina Miloša Crnjanskog - L’age d’homme - BIGZ - SKZ, Beograd - Lausanne 1996, p. 507.

8 Cfr. R. Popovi , Život Miloša Crnjanskog, Prosveta, Beograd 1980, pp. 38, 50, 55.

2. Dnevnik o arnojevi u 73

narrazione fatta in prima persona dal suo stesso protagonista – per scoprire nel finale

trattarsi invece di un diario-confessione dato alla luce da un personaggio amico del

protagonista stesso. Nel testo si ritrovano diversi elementi autobiografici che

consentono di collegare il protagonista e l’amico-editore all’autore.

Alla base di D. o . c’è il diario di Raji , che ad un certo punto racconta la storia

di arnojevi , apparsogli in sogno. Entrambi sono alter ego di Crnjanski, che così

propone anche lui un testo autobiografico, in cui mette in atto un gioco di

rispecchiamenti tra personaggi e autore.

Bisogna tuttavia osservare che nel dnevnik di Miloš Crnjanski la forma del diario

risulta fortemente rielaborata e ridotta a pochi tocchi essenziali: essa è mantenuta

unicamente come tratto necessario per fondare l’impianto soggettivo di un testo

scritto da qualcuno che parla di sé, annotando i propri stati d’animo.9

È indicativo a questo proposito osservare come titolo del romanzo non figuri

“diario di Petar Raji ” o “diario su Petar Raji ” (che rappresenta il narratore

dell’opera), ma quello ‘su arnojevi ’, personaggio di un sogno di Raji e suo doppio.

Sappiamo, inoltre, dallo stesso Crnjanski, che negli anni della guerra questi

redigeva un proprio diario: “che trascinavo con me, come un libraccio” (“koji sam

vukao sa sobom, kao neku kupusaru”).10 Si coglie in questa breve notizia il

preannuncio di una soggettività (quella dello scrittore, ma anche quella del suo

personaggio) – si tratta di una situazione che, come si vedrà, ricalca quella

rappresentata nell’opera, di cui si preannuncia il carattere autobiografico. In questo

modo il titolo stesso del romanzo, con il suo continuo rifrangere la soggettività di tre

9 “Ukoliko italac prihvati sugestiju naslova, suo i e se, u traganju za dnevni kom formom, sa injenicom da ona postoji samo u najuslovnijem, najpogodnijem vidu – u vidu lirskih fragmenata

kazivanih u prvom licu, naglašeno li nih i ispovednih, ali daleko od svake vremenski neretrospektivne prividne verodostojnosti dnevni kog zapisa koji želi da neutrališe zaborav a pam enje u ini apsolutnim, izjedna avaju i pam enje i se anje” (trad.: “Per quanto il lettore accetti il suggerimento del titolo, cercando la forma del diario si troverà di fronte al fatto che essa esiste solo nella forma più condizionata, più conveniente – sotto forma di frammenti lirici narrati in prima persona, in modo marcatamente personale e di confessione, ma distanti da ogni apparente verosimiglianza cronologica non retrospettiva dell’annotazione diaristica che vuole neutralizzare l’oblio e rendere la memoria assoluta, equiparando memoria e ricordo”), T. Rosi , Dnevnik o snu. O dnevni kom predlošku u Dnevniku o arnojevi u, in Miloš Crnjanski. Teorijsko-esteti ki pristup…, cit., p. 217.

10 M. Crnjanski, Komentar uz pesmu “Ja, ti, i svi savremeni parovi”, in Id., Lirika. Lirika; Itaka i komentari; Antologija kineske lirike; Pesme starog Japana, priredio Ž. Stojkovi , [Dela Miloša Crnjanskog, tom I, knj. 1-4], Zadužbina Miloša Crnjanskog - L’age d’homme - BIGZ - SKZ, Beograd - Lausanne 1993, p. 279.

2. Dnevnik o arnojevi u 74

diversi personaggi, scava al centro dell’opera stessa un vuoto nel quale la vicenda è

messa alla prova di un dire in cui ciascuno di essi parzialmente si conosce e, di

conseguenza, il principio lirico si rivela essere il tratto strutturale dominante di D. o .

2.2. Organizzazione del testo: la poetica del frammento

D. o . è formato da diversi frammenti testuali, separati l’uno dall’altro da spazi

bianchi; tuttavia, a differenza della forma diaristica classica, le singole parti del

romanzo non sono precedute da alcuna indicazione temporale. I frammenti, a loro

volta, presentano una precisa organizzazione grafica interna, fondata sulla

segmentazione in paragrafi. Esiste, inoltre, un “livello” superiore dell’organizzazione

del testo in frammenti: si tratta delle parti il cui inizio è segnalato da un asterisco e

che tutte insieme – pur formate da una serie di frammenti – concorrono a formare

un unico frammento.

Il romanzo è composto in tutto di 22 parti, equivalenti funzionali dei tradizionali

‘capitoli’. Ciascuna di esse è così composta: I : 23; II : 5; III : 3; IV : 5; V : 3; VI, VII,

VIII : 1; IX : 3; XII, XIII, XIV, XV, XVI, XVII, XVIII, XIX : 1, XX : 3; XXI, XXII

: 1 frammento. I capitoli sono generalmente molto brevi. Fanno eccezione: il cap. I, il

più lungo in assoluto, in cui è articolata la posizione del soggetto nei confronti degli

avvenimenti che hanno segnato la sua vita (dalla nascita fino alla morte della madre,

avvenuta nell’età giovanile del personaggio-narratore); il cap. II, in cui è presentato lo

stato d’animo del soggetto relativamente alla morte della madre e alla vita in

provincia; il cap. IX, nel quale viene riportato il sogno in cui compare arnojevi . La

giovinezza, la morte e il sogno in cui compare il doppio sono i tre temi di questi

capitoli che si mettono in evidenza per la loro lunghezza, e ciò nella struttura

dell’opera non avviene per caso, poiché proprio questi temi formano il nucleo

tematico e semantico fondamentale di tutto il romanzo. Alla lunghezza dei relativi

capitoli corrisponde la loro importanza nella composizione di D. o .11

11 L’organizzazione compositiva del testo per l’analisi che segue in queste pagine è quella stabilita nel 1996 da N. Petkovi per l’edizione critica del secondo volume delle Opere (Dela) dell’autore del Dnevnik.

2. Dnevnik o arnojevi u 75

N. Petkovi riporta tre versioni di D. o . La prima è l’editio princeps del 1921,

apparsa per i tipi della belgradese Sveslovenska knjižarnica M. J. Stefanovi a i druga,

nella storica collana “Albatros”.12 Nelle note a piè di pagina il curatore riporta tutte le

modifiche e le correzioni entrate nella versione successiva, costituita dall’edizione

apparsa nel 1930 come vol. I di Sabrana dela Miloša Crnjanskog (Narodna prosveta,

Beograd). Occorre osservare che, mentre nella prima edizione (1921) D. o . è

definito nel sottotitolo “romanzo”, nella seconda è invece inserito nella sezione

“racconti”. La terza versione si basa sull’edizione di Sabrana dela del 1966 (vol. V,

Prosveta - Matica srpska - Mladost - Svjetlost, Beograd - Novi Sad - Zagreb -

Sarajevo), ma Petkovi vi introduce tutte le correzioni che lo stesso Crnjanski aveva

effettuato di proprio pugno su un esemplare di quella stessa edizione. Petkovi ritiene

fondamentale e definitiva questa versione corretta dall’autore, che, tra l’altro,

introduce una suddivisione del testo scandita da una doppia interlinea tra i vari brani.

Rispetto a quelle successive la versione del 1921 presenta anche una diversa

distribuzione grafica delle parti del testo ed appare più compatta. Il testo è strutturato

in 28 parti, o capitoli, divisi da asterischi. I capitoli sono solitamente composti di più

brani, ma alcuni anche di uno solo. Si può dire che la prima versione del primo

romanzo di Crnjanski per la sua sistemazione grafica fondamentale metta in risalto il

suo legame con la forma diaristica; basterebbe sostituire gli asterischi con delle date e

sul piano della presentazione grafica il legame sarebbe completo.

12 Su questa prima edizione abbiamo una curiosa testimonianza dello stesso Crnjanski: “Oktobra 1920, ja sam se bio rešio da odem iz Beograda i ekao sam na to, sa stanom u jednoj sobi hotela «Pariz», u Beogradu […] / Tu mi je jednog dana saopšteno da u Dnevnik o arnojevi u, ne može u i više od 5 tabaka. / Tih dana ja sam imao mnogo briga, i neprilika, u svom privatnom životu, i bio sam razdražen toliko, da sam spaljivao stara pisma, pa i rukopise, koje u Zagrebu nisam štampao. Pa sam i ono što nije moglo da u e u «Dnevnik» spalio. / Dobrovi se tome, grohotom, smejao. / Veli, kad po e za Pariz, i on e svoje stare slike tako. / Petar je autor vinjete na naslovnim stranama biblioteke «Albatros» (po Bodleru). Njegov albatros tu li i na patku. Možda pravog albatrosa nije bio još video, ili ga se nije se ao” (trad.: “Nell’ottobre 1920, avevo deciso di andarmene da Belgrado ed aspettavo di farlo, risiedendo in una stanza dell’hotel «Pariz», a Belgrado […] / Lì un giorno mi fu comunicato che in Diario su arnojevi non ci potevano essere più di 5 fascicoli. / In quei giorni avevo molte preoccupazioni, e impicci, nella vita privata, ed ero talmente irritato che davo fuoco alle vecchie lettere, e ai manoscritti che a Zagabria non avevo stampato. Così ho bruciato anche quello che non poteva entrare nel Diario. / Dobrovi di questo rideva a crepapelle. / Diceva che partendo per Parigi anche lui avrebbe fatto così con i suoi vecchi quadri. / Petar è l’autore della vignetta riportata sui frontespizi della collana «Albatros» (che si richiama a Baudelaire). Lì il suo albatro somiglia ad un’anatra. Forse non aveva ancora visto un vero albatro, o non se lo ricordava”), M. Crnjanski, Komentar uz pesmu “Ja, ti, i svi savremeni parovi”, cit., p. 280.

2. Dnevnik o arnojevi u 76

Nella versione, del 1930, il numero delle parti separate da asterischi è ridotto da

28 a 21. Una parte del testo originario (l’incontro con le sorelle Marija e Izabela)

risulta omessa. Tuttavia, diversamente da ciò che ci si sarebbe aspettati dalla

riduzione del numero dei capitoli, il testo appare ulteriormente frammentato, con il

risultato che una serie di paragrafi della edizione del 1921 si presentano ulteriormente

e diversamente suddiviso al proprio interno da uno spazio bianco. In questo modo i

capitoli perdono la loro apparenza di unità prosastiche compatte e si configurano

piuttosto come successioni di frammenti.

Nella versione definitiva, rivista da Crnjanski, il testo è ancor più spinto in

direzione della frammentazione. Oltre ad aver strutturato graficamente alcuni

frammenti in maniera diversa rispetto alla versione del 1930, (con l’avanzamento o

arretramento di alcuni brani in direzione dei frammenti contigui, Crnjanski separa i

singoli frammenti con un doppio spazio bianco. Se, dunque la prima versione di

Dnevnik considera difatto il capitolo come elemento strutturale del romanzo, l’ultima

versione, attribuisce la stessa funzione al frammento.13 In tal modo le singole parti del

testo acquistano piena indipendenza, ossia si fanno portatrici autonome di significato

all’interno dell’unità maggiore costituita dal romanzo. La funzione strutturale dei

capitoli graficamente nascosti dietro i frammenti viene trasposta su un altro livello:

quello tematico o semantico. La separazione dei frammenti si rende necessaria per

mettere in rilievo i singoli stati d’animo del soggetto narrante – stati d’animo danno

tema al frammento liricizzandolo. Il principio lirico diventa così elemento dominante

della stessa composizione del romanzo.14

13 “Naglašavali smo ve fragmentarnu strukturu Crnjanskijevih eseja, me utim rane proze Crnjanskoga tipi an su primjer fragmentarne organizacije teksta, ne samo po grafi ki ozna enim mjestima (u ve ini raznih proza, što u kasnijim izdanjima nije uvijek tako zorno prenešeno, dijelovi su me usobno jasno odre eni zvjezdicama) nego i «unutarnjem» funkcioniranju teksta” (trad.: “Abbiamo già evidenziato la struttura frammentaria dei saggi di Crnjanski, tuttavia le prime prose di questo autore sono un esempio tipico di organizzazione frammentaria del testo, non solo per i passi marcati graficamente (nella maggioranza delle varie prose le parti sono chiaramente distinte tra di loro mediante degli asterischi, ma ciò nelle edizioni più tarde non è sempre riportato in maniera così evidente) ma anche per il funzionamento «interno» del testo”), Z. Kova , op. cit., pp. 54-55.

14 Qui usiamo il termine ‘dominante’ nell’accezione proposta da R. Jakobson: “La dominante peut se définir comme l’élément focal d’une œuvre d’art: elle gouverne, détermine et transforme les autres éléments. C’est elle qui garantit la cohésion de la structure”, R. Jakobson, La dominante, in Id., Questions de poétique, Éditions du Seuil, Paris 1973, p. 145.

2. Dnevnik o arnojevi u 77

2.3. Il modello lirico della prosa: una confessione frammentaria

La seconda versione di Dnevnik (1930) è cronologicamente postera alla prima

edizione del secondo romanzo di Crnjanski, Seobe (1929) di cui la critica ha messo in

risalto l’organizzazione controllatissima degli elementi, l’alto grado di simbolizzazione

e l’utilizzo di strutture ritmiche ripresi dall’autore dai procedimenti poetici e trasferiti

alla prosa:

I tako, s koje god strane da posmatramo Seobe, svaki put nalazimo poredak saobražen s

osnovnim kompozicionim obrascem. Sav «lirski» i sav «poetski», roman Miloša

Crnjanskog u isti je mah sklopljen s izvesnom hotimi nom iskonstruisanoš u (tipi nom

za književnu avangardu) i sa traženom simetri noš u. U tome ništa nije neo ekivano, još

manje neprirodno, budu i da su «planska gradnja» i «konstruisanost teksta»

karakteristi ne za poeziju, za stih. Crnjanski ih je, naime, otuda preneo u prozu, u roman.

A i visok stepen simbolizacije slika (opisa) koji ovde nalazimo tako e je tipi an za stih.

Još konkretnije: poznato je da uzajamna zavisnost izme u ponavljanja i procesa

simbolizacije poti e iz ritmi ke strukture stiha, a upravo nju i nalazimo na gotovo svim

ravnima Seoba.15

Sarebbe tuttavia un errore ritenere che con tale procedimento artistico, lo

scrittore si faccia semplicemente trascinare da una propria “sensibilità” poetica.

Come ha ben osservato Z. Kova , l’operazione di trasferire il principio compositivo

lirico alla comunicazione in prosa costituisce un procedimento attentamente

controllato e finalizzato a potenziare la poeticità del testo prosastico.16

15 “E così, da qualunque lato osserviamo Seobe, ogni volta troviamo un ordine conformato al modello compositivo fondamentale. Tutto «lirico» e tutto «poetico», il romanzo di Miloš Crnjanski nel contempo è composto secondo una certa volontà costruttiva (tipica dell’avanguardia letteraria) e con una simmetricità cercata. In esso non vi è nulla di inatteso, e ancora meno di innaturale, poiché la «costruzione pianificata» e il «carattere costruttivo del testo» sono caratteristici della poesia, del verso. Ovvero, da questi Crnjanski li ha trasferiti nella prosa, nel romanzo. Ma anche l’alto grado di simbolizzazione delle immagini (delle descrizioni) che vi troviamo è tipico del verso. In modo ancora più concreto: è noto che la dipendenza reciproca tra le ripetizioni e il processo di simbolizzazione deriva dalla struttura ritmica del verso, ed è proprio questa che rinveniamo su quasi tutti i livelli di Migrazioni”, N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., p. 144.

16 “Bilo bi pogrešno misliti da težnja spram lirizaciji proze u Crnjanskog oduzima zna enje distinkciji pripovijedne proze i lirike, moglo bi se skoro re i suprotno: kvalitete lirskoga ukomponirane u sukcesiju proznoga komunikata, kao da se, svojom generi kom supstancijalnoš u, kontrastiraju na

2. Dnevnik o arnojevi u 78

Il modello lirico della prosa (in cui, come si è già rilevato, il soggetto narrante

diventa portatore del principio costruttivo del testo) conosce una certa fortuna anche

nelle letterature slave meridionali negli anni ’20 del Novecento e, al pari di quelle

occidentali (che affondano le loro radici nel romanzo preromantico e romantico

europeo), eleva il principio introspettivo a modello programmatico.17 In questo D. o

. non si discosta dai suoi antecedenti.

D. o . è in apparenza una narrazione autodiegetica in cui il personaggio-

narratore, di cui veniamo a sapere il nome solo a metà del romanzo, confessa la storia

della sua vita. Tale storia non si presenta tuttavia come una narrazione lineare che

segue il principio causale-temporale di composizione dell’opera. Si tratta di una

narrazione discontinua, con un ordine interrotto degli avvenimenti direttamente

collegati al personaggio-narratore, il quale è anche oggetto dell’azione.

Il personaggio principale, Petar Raji , come tutti gli altri personaggi che appaiono

nell’opera, non presenta un carattere ben delineato. In genere, al pari di ogni altro

oggetto della raffigurazione, egli può essere scorto soltanto per un attimo, in modo

parziale, è raffigurato in un breve enunciato o, più spesso, è indicato con un aggettivo

che esprime uno stato momentaneo: siffatta disgregazione compositiva deriva

proprio dalla sua strutturazione lirica, vale a dire soggettiva: il vacillamento del

personaggio-narratore relativo alla sua vita diviene la base su cui si forma il testo. Nel

sottolineare questo dato non bisogna comunque dimenticare che in D. o . si

intersecano due prospettive: quella di un soggetto narrante che “reagisce agli stimoli”

e quella di un soggetto narrante che “osserva, esperisce, informa”. In questa duplice

podlozi narativiteta, potenciraju i poeti nost teksta, a ne oduzimaju i mu istodobno gotovo ništa od njegove prozne uobli enosti” (trad.: “Sarebbe sbagliato pensare che la tendenza alla liricizzazione della prosa in Crnjanski tolga significato alla distinzione tra prosa narrativa e lirica, si potrebbe quasi dire il contrario: le qualità del lirico inserite nella successione dell’enunciazione in prosa è come se, per la loro sostanzialità di genere, di distinguessero sulla base della narratività, potenziando la poeticità del testo, senza toglierli nel contempo quasi nulla della sua conformazione prosastica”), Z. Kova , op. cit., p. 73.

17 “Ako je knjiga o jednome životu, ho emo da onaj koji opisuje taj život ima najintimnije saznanje, najpronicljivije, o svakom njegovom iniocu […] Volimo da knjiga o jednom životu bude ili autobiografija ili da je bar sasvim zamenjuje; da je ona jedna vrsta ispovesti” (trad.: “Se un libro è dedicato a una vita, vogliamo che colui che descrive tale vita abbia la cognizione più intima, più penetrante, di ogni suo fattore […] Ci piace che il libro dedicato a una vita sia o un’autobiografia o che perlomeno la sostituisca in tutto; che sia una specie di confessione”), R. Petrovi , Stvarnost u stranoj i našoj književnosti (Knjige ispovesti), in Id., Eseji i lanci, priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, 6], Nolit, Beograd 1974, p. 255.

2. Dnevnik o arnojevi u 79

prospettiva sono riuniti il principio lirico e quello narrativo, ma con una forte

influenza del lirico sul narrativo. Imputabile allo stesso principio lirico è anche il fatto

che la costruzione del romanzo – come evidenzia Rastko Petrovi – non deriva da

una assunta teoria di base, ma costituisce la manifestazione di una unica modalità di

riflessione dalla prima all’ultima pagina.18

Come personaggio-narratore di un testo in prosa, il soggetto di D. o . (Petar

Raji ) si discosta parzialmente dal soggetto della poesia lirica, che rinvia direttamente

all’autore della poesia stessa.19 Solo sdoppiandosi in arnojevi che gli appare in

sogno, vale a dire solo identificandosi a sua volta con l’oggetto del romanzo, il

personaggio Raji assurge a manifestazione dell’alter ego di Crnjanski, che in forma di

confessione parla della propria vita (vero oggetto del romanzo). Come nota Novica

Petkovi , “questo è un romanzo alla cui base si colloca il diario del poeta”20 –

nell’inscindibile rapporto esistente tra i personaggi di Raji e di arnojevi si articola

l’intreccio altrettanto inscindibile tra vita e poetica per Crnjanski.

2.3.1. Una fabula disgregata

Non è facile restituire l’intreccio di D. o . così come esso è ricostruibile

attraverso le digressioni del narratore Petar Raji .

18 Già in una recensione del 1930 dedicata al Dnevnik di Crnjanski in occasione della prima edizione delle opere complete dell’autore, Rastko Petrovi sembra intuire che alla base di questo romanzo breve vi è il principio lirico, e non epico: “Može se re i da Crnjanski ovo svoje delo nije izveo iz osnovne ideje. Od prve do poslednje stranice u njoj vlada isti ton i ista blaga misaonost piš eva. On nije u inio nikakav napor pišu i je; ona svršava kao što po inje; što je svakako vrlo dobro, ali što ga je zaustavilo pred jednom snažnijom konstrukcijom. Da je nekim slu ajem Dnevnik o

arnojevi u ostao neobjavljen nekoliko godina, iz njega bi se verovatno razvilo snažno delo” (trad.: “Si può dire che Crnjanski non abbia eseguito questa sua opera da un’idea fondamentale. Dalla prima all’ultima pagina in esso domina lo stesso tono e la stessa soave riflessività dell’autore. Questi non ha compiuto alcuno sforzo scrivendola; essa si conclude così come incomincia; il che è certamente un bene, ma che lo ha fermato dinanzi a una costruzione più solida. Se per un caso il Diario su arnojevi fosse rimasto inedito per alcuni anni, probabilmente ne sarebbe scaturita un’opera vigorosa”), R. Petrovi , Miloš Crnjanski, in Id., Eseji i lanci, cit., p. 204.

19 “Poravnavanje subjekta pjesme s njezinim predmetom pojava je vrlo karakteristi na za liriku, a posve netipi na za narativne književne vrste. Subjekt narativnog iskaza ne reagira na stimule nego promatra, spoznaje i obavješ uje” (trad.: “L’equiparazione del soggetto della poesia con il suo oggetto è un fenomeno molto caratteristico per la lirica, e del tutto atipico per i generi narrativi. Il soggetto dell’enunciato narrativo non reagisce agli stimuli ma contempla, conosce e informa”), Z. Kravar, Lirska pjesma, in Z. Škreb - A. Stama , Uvod u književnost…, cit., p. 392.

20 “To je roman u iju je osnovicu položen pesnikov dnevnik”, N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., p. 102.

2. Dnevnik o arnojevi u 80

Questi è un ex soldato dell’esercito austro-ungarico che ha combattuto la prima

guerra mondiale trascorrendo buona parte degli anni di giovinezza al fronte (in

Galizia e in Friuli) e annotando quello che gli accade. Al termine del conflitto fa

ritorno a casa, rassegnato e traumatizzato, trascinando da un caffè all’altro e

ripensando tutta la sua vita, e gli eventi che l’hanno segnata. Ricorda quindi la madre

(sempre presente), il padre (sempre assente, sin dagli inizi) nonché continui

spostamenti della famiglia. Ricorda in particolare, fra tutti i parenti, le zie, che lo

avevano inviato a conoscere il mondo, perché studiasse e diventasse ministro della

Serbia. Rammenta gli studi universitari a Vienna, un’estate trascorsa con la madre

sull’Adriatico, dove ha conosciuto due sorelle, Marija e Izabela, la notte d’amore

trascorsa con la giovane Izabela. Ricorda la morte e il funerale della madre, il ritorno

a casa e il matrimonio con la giovane Maca destinatagli dalle zie. Ricorda il giorno

dell’attentato di Sarajevo e che la notizia lo avesse colto, ancora studente, a Vienna, la

sua partenza da Vienna e il ritorno a casa. Seguono il tentativo di partire per Roma

per evitare la chiamata alle armi, l’arresto e l’incarceramento come spia. Arruolato

d’autorità nell’esercito austro-ungarico, Raji trascorre l’intera guerra nei ranghi di

quella. Rammenta così vari episodi avvenuti sui campi di battaglia, prima in Polonia e

poi in Italia: la scena con di russi prigionieri, altre di vita in trincea con il loro carico

di sangue ed agonie, la notte passata dormendo sulla tomba di una ragazzina di tredici

anni. In Polonia si ammala di tubercolosi e viene mandato in ospedale. Durante la

degenza conosce anche l’amore fisico (con una ragazza di nome Lušja) e si innamora

dell’infermiera che lo cura, sposa di un altro, madre di un figlio. In ospedale sogna un

giovane: il figlio del taglialegna Egon arnojevi e che per lui è “più di un fratello”.

Alla fine della guerra lascia senza rimorsi la sua amante polacca, profondamente

innamorata di lui, per ritornare a casa, rassegnato, malato. Qui non trova più nessuno

ad attenderlo, ad eccezione delle zie e di Maca, che lo ha aspettato, ma che lui non

esita ad abbandonare.

L’ordine logico-cronologico dei fatti sin qui esposti non è quello con cui essi

sono in realtà presentati nel romanzo. Le indicazioni temporali sono infatti molto

scarse; la narrazione non segue la successione dei fatti biografici del personaggio-

narratore, ma riproduce l’associazione degli avvenimenti così come questi sono da lui

2. Dnevnik o arnojevi u 81

percepiti nel proprio intimo. Ancora una volta questo modo di procedere rivela la

lontananza di D. o . dai modelli narrativi tradizionali. Se, secondo la nota

formulazione di Tomaševskij, la fabula di un’opera narrativa o drammatica è

determinata dal nesso causale-temporale21 e il tema dell’opera con fabula costituisce

un sistema più o meno unitario di fatti, tutti riferentisi a un’azione o una storia,22 il

primo romanzo di Miloš Crnjanski subordina la storia al personaggio e fa dell’oggetto

dell’azione l’espressione degli stati d’animo del personaggio stesso.23 Si tratta del

modo lirico o espressivo, che domina in questo romanzo.

La fabula così costruita diventa il primo sintomo di una generale disgregazione

narrativa del romanzo e permette che la subordinazione della narrazione ad altre

forme espressive (stati d’animo, commenti), prenda il sopravvento a tutti i livelli della

struttura: linguistico (piano fonetico, lessicale e sintattico, e piano del discorso) e

semantico (personaggi, spazio, tempo, oggetto dell’azione, punto di vista).

2.3.2. Il principio della ripetizione: collegamento e incorniciamento delle unità narrative

Dnevnik o arnojevi u è un romanzo a composizione ‘musicale’. A differenza della

composizione ‘tettonica’ con cui uno scrittore cerca di organizzare in modo

simmetrico le diverse parti della narrazione, nell’opera composta secondo un

principio musicale, alcune parti del testo vengono ripetute per fini costruttivi, vale a

21 B. Tomaševskij, Teoria della letteratura, introduzione e traduzione di M. Di Salvo, Feltrinelli, Milano 1978, p. 182.

22 “[…] sotto l’aspetto del contenuto globale: «narrativo» e «drammatico» si riferiscono tutt’e due a un azione, a una storia. Per questo aspetto quindi i due modi si distinguono dai modi descrittivi, espressivi o lirici, assertivi o didascalici e persuasivi che si riferiscono rispettivamente a situazioni, a stati d’animo, a idee o ad azioni da intraprendere”, P. de Meijer, La questione dei generi, in P. de Meijer - A. Tartaro - A. Asor Rosa, La narrativa italiana dalle Origini ai giorni nostri, a cura di A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1997, p. 32.

23 La differenza tra i tre tipi di testi, narrativo, drammatico e lirico, in base al rapporto tra l’oggetto e il soggetto in essi, viene così definita da Zoran Kravar: “Narativni i prikaziva ki tekstovi, kako su zainteresirani u prvom redu za ljudske sudbine i njihove objektivne interakcije, pretpostavljaju mogu nost vi enja ljudi, stvari i zbivanja u njihovoj samostalnosti, dakle, u modusu u kojem ih sadržava društveni svijet. U vidnom polju lirske pjesme predmetne vrijednosti, naprotiv, gube jasno u, jer njihov slu ajan odnos prema subjektu po inje prikrivati momente njihove objektivne odre enosti” (trad.: “I testi narrativi e drammatici, essendo interessati in primo luogo ai destini umani e alle loro interazioni oggettive, presuppongono la possibilità di vedere uomini, cose e avvenimenti nella loro autonomia, dunque, nel modo in cui sono contenuti nel mondo sociale. Nel campo visivo della poesia lirica i valori concreti, al contrario, perdono chiarezza, poiché il loro rapporto casuale con il soggetto inizia a nascondere i momenti della loro determinatezza oggettiva”), Z. Kravar, op. cit., p. 387.

2. Dnevnik o arnojevi u 82

dire ad esse è affidata una funzione di raccordo similmente a ciò che nei testi in versi

accade con il ritornello.24 È la tecnica del Leitmotiv, che assume valenza di principio

strutturante anche in D. o . e dove essa può apparire a vari livelli dell’unità narrativa

ed esercitare duplice funzione: collegare la struttura frammentaria in un insieme

alquanto unitario ed esprimere una qualche carica emotiva dei pensieri del

personaggio-narratore. Come ha ben osservato Zdenko Škreb, “nello stile della prosa

l’affettività solitamente non si esprime mediante le microstrutture della ripetizione

delle parole, bensì mediante le microstrutture della ripetizione dei sinonimi”.25

Ancora una volta, dunque, il romanzo di Crnjanski si allontana dalla normale prassi

della prosa narrativa: al suo interno sono proprio le parole ad essere ripetute in

funzione di Leitmotiv.

Il ripetersi di un determinato motivo all’interno di uno stesso frammento ha una

duplice funzione: in primo luogo, collegare le parti del frammento in modo da

racchiuderle in un insieme unitario ma, al tempo stesso, scandire la loro separazione,

evidenziandolo appunto il confine.26

Consideriamo il motivo di Vidovdan (San Vito), che ritorna tre volte in I, 2 di D. o

. Il frammento inizia con l’evocazione “Era giugno. Un giorno allegro, il giorno di

san Vito” (“Bilo je juna. Veseo dan, Vidovdan”); seguono due sequenze in cui il

personaggio-narratore ricorda i vari momenti di quella giornata; quindi il ricordo

torna a insistere come variante del Leitmotiv iniziale: “Era un giorno allegro, il giorno

di san Vito” (“Bio je veseo dan, Vidovdan”). Infine, dopo un’altra breve sequenza in

cui il narratore ripensa i momenti che hanno caratterizzato la nottata di quel giorno

24 Cfr. Z. Škreb, Mikrostrukture stila i književne forme, in Z. Škreb - A. Stama , Uvod u književnost…, cit., p. 247.

25 “U stilu proze afektivnost se redovito ne izražava mikrostrukturom ponavljanja rije i nego mikrostrukturom ponavljanja sinonima” (trad.: “Nello stile della prosa l’affettività solitamente non si esprime mediante la microstruttura della ripetizione delle parole ma mediante la microstruttura della ripetizione dei sinonimi”), Z. Škreb, op. cit., p. 249.

26 Come rileva Zvonko Kova , “[…] u interpretaciji fragmenta treba ra unati ne samo na mjesto ulomka u tekstu, nego i na njegovu aksiološku stranu, budu i da samo jednim svojim dijelom pripada nadre enoj cjelini, a ina e teži formiranju zasebne asocijativne i semati ke cjeline” (trad.: “[…] nell’interpretazione del frammento si deve prendere in considerazione non solo la posizione del brano nel testo, ma anche il suo aspetto assiologico, poiché solo per una sua parte appartiene all’insieme superiore, e invece tende a formare unità associative e semantiche a sé stanti”), Z. Kova , op. cit., p. 108.

2. Dnevnik o arnojevi u 83

fino all’alba il ricordo si richiude su se stesso con le parole: “Il giorno di san Vito era

passato” (“Vidovdan je bio prošao”).27

Il motivo di “San Vito” richiama evidentemente alla mente del lettore l’attentato

di Sarajevo contro l’erede al trono asburgico nel 1914 – attentato che, come è noto,

segnò l’inizio della prima guerra mondiale e, con esso, la fine dell’occupazione

austroungarica della Bosnia-Erzegovina. Tutto il frammento è, di conseguenza,

pervaso di sentimento di allegria del personaggio serbo che ricorda e di cui sono

traccia le sequenze veseo dan (‘un giorno allegro’), topla no (‘una notte calda’), zvezdana

no (‘una notte stellata’), raspaljena od jednog lepog ubistva (‘accesa da un bell’assassinio’),

che lo punteggiano e in cui il punto emozionale più alto è raggiunto con l’ossimoro

lepo ubistvo (‘bell’assassinio’) che evidenzia il contrasto fra il sentimento positivo

provato per motivi personali (politici) dal narratore alla notizia di quell’omicidio e, la

dimensione in sé negativa, dell’omicidio in quanto gesto tragico e disumano.

Ma tema del frammento è anche il trascorrere del tempo colto nella sua

circolarità di una giornata, che inizia dal mattino, passa per giorno e la notte, per

tornare all’alba del giorno successivo. Il significante “Vidovdan” (San Vito) compare

la prima volta in un punto ben determinato della narrazione: quello in cui al giorno

segue la notte e in cui sequenza successiva (dedicata, appunto, alla notte) viene

introdotta dall’avverbio uve e (‘di sera’). L’insistenza del Leitmotiv, dunque, assume

anche la funzione di separare il giorno dalla notte e – con essi – due momenti del

27 “Bilo je juna. Veseo dan, Vidovdan. Be se raseljavao u kupatila. Sišao sam u našu malu crkvu, gde se gospo e okre u im ko u e. Pop je prtio Evangelije, okretao ga, unosio ga, iznosio ga; gospo e su tiho razgovarale, a gospoda zveketala novcima za tas. / Posle smo išli u «Kursalon». Tu, gde je nekad mili Branko kašljucaju i šetao, i sanjao vinograde, po klupama, skupljahu se dame, obu ene sve ano, sa velikim, žutim cipelama. Govorilo se i govorilo, a nad nama, visoko na slici, grlila su se tri gola mladi a, kle e i, i ljube i trobojku. Bio je veseo dan, Vidovdan. Uve e su se izopijali, no to je kod nas «od pradedova». A topla no , zvezdana no , raspaljena od jednog lepog ubistva, orila se od graje i žagora vesele svetine. Pred zoru sam došao ku i; legao sam, da spavam. Vidovdan je bio prošao” (trad.: “Era giugno. Un giorno allegro, il giorno di san Vito. Vienna si trasferiva nei bagni. Scesi nella nostra chiesetta, dove le signore si voltano non appena entra qualcuno. Il pope portava il Vangelo, lo girava, lo portava dentro, lo portava fuori; le signore parlavano sottovoce, e i signori facevano tintinnare i soldi per l’offerta. / Dopo siamo andati al «Kursalon». Lì, dove un tempo il caro Branko passeggiava tossicchiando, e sognava i vigneti, sulle panche, si raccoglievano le dame, vestite a festa, con grandi scarpe gialle. Si parlava e parlava, e su di noi, in alto su un quadro, si abbracciavano tre giovani nudi, inginocchiati, e baciando il tricolore. Era un giorno allegro, il giorno di san Vito. Di sera si sbronzarono tutti, ma questo da noi ci viene «dagli avi». E la notte calda, la notte stellata, accesa da un bell’assassinio, risuonava del baccano e del chiasso della folla allegra. Verso l’alba arrivai a casa; mi coricai, per dormire. Il giorno di san Vito era passato”), M. Crnjanski, Dnevnik o arnojevi u, in Id., Pripovedna proza, cit., pp. 125-126.

2. Dnevnik o arnojevi u 84

ricordo. L’opposione, tuttavia, non si spinge sino ad evocare le catene associative

opposte, con i due significati giorno/notte (giorno: rumore, movimento, luce; notte:

silenzio, immobilità, oscurità) vuoi perché il soggetto narrante prova per tutta la

durata di quella giornata un identico sentimento di allegria festosa, vuoi perché

l’accento è volutamente spostato dagli eventi reali, in un piano più astratto,

atemporale che sfuma quegli stessi avvenimenti in un indistinto moto dell’animo che

nulla o quasi nulla ha a che vedere con l’intrusione del reale. Attraverso la ripetizione

del motivo di Vidovdan in punti ben precisi del frammento viene evidenziato un

significato più profondo dello stesso motivo – l’inesorabile trascorrere del tempo –

che rappresenta anche uno dei motivi ricorrenti e fondamentali dell’intero romanzo.

Si veda ora il caso del frammento I, 9 composto di tre paragrafi. Rispetto a I, 2, il

frammento contiene più Leitmotive. Il discorso del narratore si concentra qui sulla

propria infanzia segnata dalle malattie e il ricordo di esse scandisce tutto il

frammento introducendo sia la prima frase del primo paragrafo (“La malattie sono

state le mie esperienze più belle” [“Bolesti su bile moji najlepši doživljaji”]), sia la

prima frase del terzo paragrafo (“La malattie furono le mie esperienze più belle”

[“Bolesti mi behu najlepši doživljaji”]).

Vi è poi il motivo delle campane, che incornicia il paragrafo centrale, il secondo,

in cui il soggetto narrante si sofferma su un ricordo della sua infanzia: “La grande,

vecchia campana della chiesa risuonava su di me, e io me ne stavo accoccolato come

un topolino sulle travi e guardavo attonito intorno a me” (“Veliko, staro zvono

crkveno brujalo je nada mnom, a ja sam kao mali miš u ao na gredama i gledao

unezvereno oko sebe”), e verso la fine dello stesso paragrafo: “A subotom, kad bi

zvona zabrujala, sakrio bih se negde na zvoniku, punom slepih miševa i dugo se

molio Bogu”.28

Nella prima frase il soggetto rannicchiato per la paura, è paragonato a un

topolino (mali miš), nella seconda frase il soggetto è evocato nell’atto di nascondersi

nel campanile pieno di pipistrelli (slepi miš). Il suono delle campane è la causa

dell’immoblilità del bambino nel primo ricordo, ed è invece motore dell’azione dello

28 “E di sabato, quando le campane incominciavano a risuonare, mi nascondevo da qualche parte nel campanile, pieno di pipistrelli e pregavo a lungo Dio”, ivi, p. 128.

2. Dnevnik o arnojevi u 85

stesso nel secondo (il bambino che si nasconde e prega nel campanile). Il gioco dei

significati nelle due diverse immagini (mali miš – slepi miš) evoca nella prima il legame

del soggetto alla terra (mali miš), mentre libera, per opposizione, nella seconda (slepi

miš) il desiderio di vita spirituale (simbolizzato dalla preghiera e dai “topi” che

volano), nonché la sua incapacità di liberarsi da una vita legata alla sfera materiale.

Tra i due ricordi campeggia – potente – il motivo della madre (bella e sola), che si

staglia con forza sullo sfondo della malattia del figlio. Nel primo paragrafo madre è

evocata, nella sua vedovanza, accanto al letto del bambino malato mentre intona

canti di cui il narratore ha paura: “A i majke se se am samo kao kroz san. Ona je bila

mlada i lepa udovica” (“Ma anche di mia madre mi ricordo solo come attraverso un

sogno. Era una vedova giovane e bella”). Nel secondo paragrafo il motivo della

madre bella e vedova (“Mati mi je bila vesela i lepuškasta udovica” [“Mia madre era

una vedova allegra e belloccia”]) si intreccia al motivo delle campane e della

solitudine. Una terza volta insiste collegato al fascino inutile degli ornamenti da lei

posseduti e non indossati: “Mati mi je morala vaditi stare adi are, sve bisere njene i

svilene vezove” (“Mia madre dovette tirar fuori le vecchie gioie, tutte le sue perle e i

suoi ricami di seta”).

Nel capitolo XXI di D. o . figura, all’interno di un frammento lungo otto

paragrafi, il motivo delle foglie, uno dei principali Leitmotive del Dnevnik, diventa il

tema centrale del frammento stesso.

La guerra è finita (“Oko mene zjape rovovi zarasli travom”29), il personaggio-

narratore si trova in Galizia con l’amata che sta per lasciare (“Ona ve vidi da je sve

uzalud, ali se još nada”30), ormai rassegnato e indifferente (“Ja idem kraj nje bez

smeha, a i bez tuge”31), inerte (“Po ceo dan ležim u polju, na unu, u vodi”32). Solo la

natura riesce ancora a rallegrarlo e a farlo ancora sperare in una guarigione (“Katkad

mi se u ini, da u ozdraviti, udarim veselo veslom, a voda se zasmeje, laste me lupe

po glavi, pa se prevr u po Suncu”33). Schiacciato dall’assurdo della guerra (“Treba

29 “Intorno a me stanno spalancate le trincee ricoperte di erba”, ivi, p. 181. 30 “Lei già vede che è tutto inutile, ma spera ancora”, ibidem. 31 “Io cammino accanto a lei senza sorridere, ma anche senza tristezza”, ibidem. 32 “Giaccio tutto il giorno nei campi, sulla barca, nell’acqua”, ibidem. 33 “Di quando in quando mi sembra che guarirò, dò allegramente dei colpi con il remo, e l’acqua

si mette a ridere, le rondini mi battono sulla testa, e si rigirano al sole”, ibidem.

2. Dnevnik o arnojevi u 86

malo po ekati, sve se menja. Danas umiremo za crni steg, sutra za beli, a prekosutra

za šareni”34), il soggetto vede la salvezza sua e di tutti gli altri solo nell’adesione

all’essenza delle cose, di cui è espressione il mondo naturale con le sue “foglie”

(“Žuto liš e e nas spasti”; “Znam da sam smešan, pa ipak, nas ima milionima što ne

volimo više ništa, do samo liš e, liš e”35). Le foglie rappresentano per lui, ormai

distaccato dagli altri esseri umani, il principio della vita nella sua purezza essenziale:

“Sa jablanova šušti novo liš e, a kad prevu em rukom preko ela hladna, meni je

gorko žao, ne ljudi, nego liš a”.36

Al motivo delle foglie nel quarto paragrafo si associa l’idea del cosmopolitismo

(universalismo). Petar Raji afferma: “Svi smo jednaki. Svud je moja otadžbina. Svud

ima ljubavi, jer svud ima trave i žila i liš a uvenula”.37 Nell’ultimo paragrafo il

sentimento della natura è cntrapposto dal soggetto narrante alle leggi umane: “Ja

volim po jedan žut list, rumeni šumarak, i nebo, više nego ljude. Nazovu li mi veselo

dobro jutro, otpozdravi u veselo dobro jutro”.38 Il paragrafo si conclude con una

serie di brevissime clausole (frasi predicative) costruite izgubiti, secondo una

progressione che va dal concreto (dah, zdravlje), all’astratto (ljubav, dušu) fino a perdersi

nel significante liš e, la cui ripetizione impedisce il sentimento della perdita provato

dal narratore riguardi un determinato oggetto in particolare e confluisce al suo

lamento la valenza di una posizione esistenziale: “Izgubio sam dah, bolan sam,

izgubio sam zdravlje, izgubio sam ljubav, izgubio sam dušu, sve sam izgubio negde u

liš u, u liš u”.39

Il motivo delle foglie diventa dunque lo strumento con cui Crnjanski realizza

nella sua scrittura il passaggio dal piano di una narrazione di tipo epico (le vicende

biografiche del personaggio travolto dalla guerra) a quello di tipo lirico (stati d’animo

34 “Occorre aspettare un po’, tutto cambia. Oggi moriamo per un vessillo nero, domani per uno bianco, e dopodomani per uno variopinto”, ibidem.

35 “Le foglie gialle ci salveranno”, “So di essere ridicolo, eppure, ce n’è a milioni di noi che non amiamo più nulla, tranne le foglie, le foglie”, ibidem.

36 “Dai pioppi stormiscono le nuove foglie, e quando mi passo la mano sulla fronte fredda, provo un amaro dispiacere, non per gli uomini, ma per le foglie”, ibidem.

37 “Siamo tutti uguali. Dappertutto è la mia patria. Dappertutto c’è amore, perché dappertutto c’è l’erba e le radici e le foglie appassite”, ibidem.

38 “Io amo una foglia gialla, un boschetto rosso, e il cielo, più che gli uomini. Se mi augurano un allegro buon giorno, rispondo con un allegro buon giorno”, ivi, p. 182.

39 “Ho perso il respiro, sono malato, ho perso la salute, ho perso l’amore, ho perso l’anima, tutto ho perso da qualche parte fra le foglie, fra le foglie”, ibidem.

2. Dnevnik o arnojevi u 87

del soggetto narrante). Con il ripetersi di tale motivo vengono unite le due sfere del

soggetto: quella spirituale, che rimanda alla natura e all’universalità, e quella materiale,

che evoca la traumatica esistenza condizionata dalla guerra.

Caratteristica di D. o . è il ripetersi di stessi stati d’animo del narratore in punti

distanti del testo – la ripetizione si esprime mediante parallelismi lessicali, strutturali,

o semantici. Così, ad esempio, il motivo delle foglie appare anche nel cap. VI che

precede quindi quello analizzato sopra. Qui il narratore è moribondo nella sua stanza

in ospedale; manifesta la sua fatica di vivere identificandosi con le foglie che cadono:

Ležim, a moji prozori su žute boje. I, kukavan i bolestan, ja vidim kako iz mra nih

podrumskih prozora viri zima. A ovo žuto liš e, puno snega, prati me ve tri godine i

pada mi na grudi i ubija me. Ležim, i vidim samo drve e kroz prozor. Razgovaramo.

Liš e mi njiše zbogom, i pada. Zar nije ljubav samo liš e? Ja tako malo volim ljude, a

liš e me tako dobro umiri. Moj život zavisi od njega. Umoran sam. Otišao bih nekud

daleko i ne bih se osvrnuo. Otišao bih nekuda u žuto liš e, ko zna kuda; a kad bi neko

plakao za mnom, ja bih napisao kartu: ‘Zbogom, idem da ozdravim.’

Tražim dah, izgubio sam ga negde u liš u. Pla u oko mene [...]40

Nella ventunesima e penultima parte del romanzo il personaggio-narratore, Raji ,

si trova invece in uno spazio aperto, così che quello che era un suo desiderio mentre

giaceva nel letto dell’ospedale nel capitolo sesto, nel ventunesimo si concretizza:

[1] Po ceo dan ležim u polju, u unu, na vodi. Katkad mi se u ini, da u ozdraviti [...] [2]

Ja utim, moj se glas jedva uje. Ja idem u liš e pogrbljeno i umorno. [3] Kad prhne po

koja prepelica, ja se setim svoje zemlje, u tu ini, i polegnem umorno, po klasju, ili u

prosu. Žuto liš e e nas spasti. […] [4] Svud ima ljubavi, jer svud ima trave i žila i liš a

40 “Giaccio, e le mie finestre sono di colore giallo. E, meschino e malato, io vedo l’inverno far capolino dalle scure finestre dello scantinato. E queste foglie gialle, piene di neve, mi seguono già da tre anni e mi cadono sul petto e mi uccidono. Giaccio, e vedo solo le foglie attraverso la finestra. Parliamo. Le foglie mi dicono dondolando addio, e cadono. Non sono forse le stesse foglie l’amore? Io così poco amo gli uomini, mentre le foglie mi calmano così tanto. La mia vita dipende da loro. Sono stanco. Me ne andrei da qualche parte lontano senza voltarmi indietro. Me ne andrei da qualche parte nelle foglie gialle, chissà dove; e se qualcuno piangesse per me, io scriverei una cartolina: ‘Addio, vado a guarire.’ / Cerco il respiro, l’ho perso da qualche parte nelle foglie. Piangono intorno a me […]”, ivi, p. 154.

2. Dnevnik o arnojevi u 88

uvenula. […] [5] Ponegde me u drvljem padne po koji uveo list. Ja mu klimnem glavom.

Niko i ništa nisam, idem doma. […] [6] Znam da sam smešan, pa ipak, nas ima

milionima što ne volimo ništa, do samo liš e, liš e. […] [7] Zaželeo sam se zavi aja mog,

da ga gledam, da mu se rugam, da ležim pod liš em njegovim. […] [8] Po jedan žut list,

po jedan klepet golubijih krila ili lasta na vodi, bi e mi dosta da ne budem ni veseo, ni

tužan, i nikad mi ne e pasti na um, da verujem u šta drugo, do u jablanove. […] [9] Ja

volim po jedan žut list, rumeni šumarak, i nebo više nego ljude. Nazovu li mi veselo

dobro jutro, otpozdravi u veselo dobro jutro. […] [10] Izgubio sam dah, bolan sam,

izgubio sam zdravlje, izgubio sam ljubav, izgubio sam dušu, sve sam izgubio negde u

liš u, u liš u. Ona e plakati i traži e me, ali posle…?41

Se confrontiamo il modo in cui il motivo delle foglie è presentato nei due

frammenti dei capp. VI e XXI osserviamo alcuni non casuali parallelismi: in entrambi

i frammenti il personaggio-narratore appare malato, rassegnato e, inoltre, si presenta

perfino nella stessa posizione fisica (nel cap. VI il soggetto giace e guarda attraverso

la finestra, nel cap. XXI giace supino in mezzo alla natura). In entrambi i frammenti

si ode nel sottofondo l’impercettibile respiro delle foglie e il pianto di qualcuno; in

entrambi le foglie cadono, salutano e ricevono risposte, e sono identificate con il

ciclo vitale che comporta in sé sia la spinta riproduttiva (amore) che quella della

decomposizione e della fine.

In D. o . si ripetono frequentemente alcuni brevi enunciati che tornano in punti

diversi del discorso di Raji , alle volte con lievi variazioni formali. N. Miloševi ne ha

per tempo indicato la funzione melodica all’interno di una scrittura che si prefigge di

41 “[1] Giaccio tutto il giorno nei campi, sulla barca, sull’acqua. Di quando in quando mi sembra che guarirò [...] [2] Io taccio, la mia voce si sente appena. Io vado nelle foglie ingobbite e stanche. [3] Quando si leva in volo una quaglia, io mi ricordo della mia terra, all’estero, e mi corico stancamente, sulle spighe, o sul miglio. Le foglie gialle ci salveranno. […] [4] Dappertutto c’è amore, perché dappertutto c’è l’erba e le radici e le foglie appassite. […] [5] Da qualche parte tra i rami caduti casca una foglia appassita. Io le faccio un cenno con la testa. Non sono niente e nessuno, vado a casa. […] [6] So di essere ridicolo, eppure, eppure, ce n’è a milioni di noi che non amiamo più nulla, tranne le foglie, le foglie. […] [7] Mi è venuta voglia del mio paese natale, di guardarlo, di farmi beffe di lui, di giacere sotto le foglie sue. […] [8] Una foglia gialla, uno strepitio di ali di piccione o di rondine sull’acqua, mi basteranno per non essere né allegro, né triste, e non mi verrà mai in mente di credere in qualcos’altro, che non nei pioppi. […] [9] Io amo una foglia gialla, un boschetto rosso, e il cielo più che gli uomini. Se mi augurano un allegro buon giorno, rispondo con un allegro buon giorno. […] [10] Ho perso il respiro, sono malato, ho perso la salute, ho perso l’amore, ho perso l’anima, tutto ho perso da qualche parte fra le foglie, fra le foglie. Lei piangerà e mi cercherà, ma poi…?”, ivi, pp. 181-182.

2. Dnevnik o arnojevi u 89

confluire una spiccata valenza musicale alla narrazione, con l’evidente intento di

indebolire i nessi sintattici tradizionali.42 È questo, per esempio, il caso dei seguenti

enunciati: “Ponegde je pao crep, ponegde je pao plot”43; “O, selili smo se esto”44;

“Ali e do i lepše stole e, ono uvek dolazi”45; “Ponegde padne žut jedan list”.46

Alle volte è un intero paragrafo che si ripete fino ad assumere un “valenza

universale”:47

Život, greh, red, zakoni, granice, sve su to tako mutni pojmovi za mene. Ja tome

nisam kriv. I, bio kakav bio, ja znam da u umreti sa umornim, ali svetlim osmehom,

mada mi je nejasno sve što sam u inio i preživeo.48

Il passo si ripete all’inizio e alla fine del cap. XI, cioè all’inizio dell’episodio con le

sorelle Marija e Izabela (framm. I) e alla fine del framm. III. Questo brano, ripetuto

alla lettera, incornicia il capitolo presentando lo stesso stato d’animo del soggetto

narrante. Il personaggio-narratore giace in ospedale, l’inverno se ne sta andando,

appaiono i primi segni della primavera ed egli ricorda il suo soggiorno sul Litorale

(Primorje) e i giorni in cui “imparò per la prima volta a baciare” (“prvi put nau io da

ljubi”).49 Gradatamente emergono dall’indistinto dell’oblio le figure di due sorelle:

Izabela (raffigurazione dell’amore sensuale, del peccato e dell’adulterio) e Marija

(incarnazione dell’amore sublime, candido e irraggiungibile). Nell’impossibilità di

ottenere l’amore della pura Marija, Raji sperimenta la sua condizione di soggetto

diviso tra il possesso dell’oggetto reale, e l’irraggiungibilità dell’oggetto del desiderio.

42 Cfr. N. Miloševi , Roman Miloša Crnjanskog. Problem univerzalnog iskaza, Nolit, Beograd 1988, pp. 75-76, 95.

43 “Da qualche parte è caduta una tegola, da qualche parte è caduto uno steccato”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., pp. 143, 145, 185.

44 “Oh, emigravamo spesso”, ivi, pp. 127, 139. 45 “Ma verrà un secolo più bello, esso arriva sempre”, ivi, pp. 173, 177, 184. Sull’interpretazione di

questo enunciato cfr. N. Miloševi , op. cit., pp. 66-68, e S. Šmitran, Dnevnik o arnojevi u: Roman o palingeneziji svijeta, in Miloš Crnjanski. Teorijsko-esteti ki pristup…, cit., pp. 207-216.

46 “Da qualche parte cade gialla una foglia”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., pp. 181, 182, 185. 47 N. Miloševi , op. cit., p 90. 48 “La vita, il peccato, l’ordine, le leggi, i confini, sono tutti concetti così torbidi per me. Io di

questo non sono colpevole. E, comunque io sia, so che morirò con un sorriso stanco, ma luminoso, anche se non mi è chiaro tutto ciò che ho fatto e che ho vissuto”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., pp. 168, 172.

49 Ivi, p. 168.

2. Dnevnik o arnojevi u 90

L’ultimo frammento del cap. I e il primo frammento del cap. II formano un

insieme semantico, tenuto insieme oltre che dalla stessa posizione in cui viene

evocato soggetto (sdraiato e soprappensiero), dallo stesso sentimento di malinconia

dolorosa. Lo stato d’animo è trasmesso tramite la ripetizione – in entrambi i

frammenti – del motivo dell’autunno che arriva dai campi di mais; nel primo

frammento esso è collocato alla fine dell’ultimo paragrafo, nel secondo alla fine del

primo e alla fine dell’ultimo paragrafo.

Nel primo frammento il soggetto narrante arriva all’alba nella casa natale per

visitare la madre moribonda e, aspettando la sera per essere condotto da lei, giace sul

prato sopraffatto da un sentimento di profonda tristezza. Si osservano due fenomeni

importanti: la natura viene personificata e le parti del corpo diventano autonome

rispetto al soggetto e si muovono nella natura (il cuore si innalza in volo fino a una

stella con cui cade giù, tra le dita delle mani affluisce la terra con il sospiro della

desolazione e dell’oscurità). Il frammento, grazie anche alla osservazione meticolosa

di tutti i movimenti della natura (il chiaro di luna, le stelle, l’acqua, gli alberi), subisce

una spinta dinamica che si pone aperta in contrasto con lo stato di passività in cui è

immerso il soggetto, che giace in silenzio: “Kad prhne po koja prepelica, ja se setim

zemlje, polegnem u sprženu travu i utim”.50

Nonostante tutta la natura sia in movimento, i verbi con cui si esprime questo

(cadere, giacere) si riferiscono a un movimento completamente subordinato al

sentimento della morte di cui evocano l’arrivo gli attributi (buio, bagnato, desolato)

con cui viene determinato lo stato delle cose: “mokre mese ine dolaze i ležu”, “srce

prhne i usedne zvezdu što pada”, “mra no drvo”, “umorne ruke”, “zemlja što ima

dah tame”, “liš e što pada s jablanova, iako nije jesen”.51

L’effetto di simultaneità di tutti gli eventi, distanti gli uni dagli altri nel tempo e

nello spazio, e che si rifrangono nella coscienza del soggetto narrante, è invece

ottenuto ed espresso attraverso l’uso del tempo verbale presente.

50 “Quando spicca il volo una quaglia, io mi ricordo della terra, mi sdraio sull’erba bruciata e taccio”, ivi, p. 138.

51 “gli umidi chiari di luna vengono e si posano”, “il cuore spicca il volo e monta in groppa a una stella che cade”, “un albero oscuro”, “le mani stanche”, “la terra che ha il respiro dell’oscurità”, “le foglie che cadono dai pioppi, anche se non è autunno”, ibidem.

2. Dnevnik o arnojevi u 91

Infine, negli enunciati in cui si osserva il procedimento dell’emancipazione delle

parti del corpo e dell’antropomorfizzazione della natura, il corpo, la natura e il cielo

sono messi in reciproco rapporto come parti di un unico insieme appartenente alla

coscienza del soggetto narrante. Questo costituisce un ulteriore richiamo al

programma poetico dell’autore contenuto nel “romanzesco sumatraisticamente

poetico”52 D. o .

2.4. La deformazione della sintassi: la ritmizzazione

Quando si parla di ritmizzazione della prosa in primo luogo ci si riferisce alle

deformazioni sintattiche53 che fanno deviare il discorso prosastico dal suo corso

usuale, ovvero da una determinata norma. In Dnevnik o arnojevi u è stata adottata la

tecnica della giustapposizione di frasi brevi, che si è largamente diffusa alla fine del

XIX secolo nei testi letterari impressionistici. A differenza dei grandi prosatori

europei della stessa epoca (Proust o Th. Mann) e maestri dei periodi lunghi e

complessi, Miloš Crnjanski è infatti un abile creatore di brevi proposizioni che si

giustappongono e, in particolare, nel suo primo romanzo la successione paratattica

delle frasi costituisce un elemento caratterizzante. Un tale modo di costruire i periodi

è totalmente opposto alla maniera dominante nella letteratrua serba alla fine del XIX

e all’inizio del XX secolo, una maniera che tende all’ipotassi come espressione di

un’aspirazione a norme narrative più stabili ed equilibrate.54

Nella letteratura serba degli anni ’20 (come anche nelle altre letterature jugoslave)

si manifesta con particolare forza il bisogno di abbattere i limiti dei generi letterari

tradizionali e in particolar modo la differenza tra verso e prosa. Nel 1920 Crnjanski

così esplicita la sua idea di una nuova ritmica:

52 S. Zani, Chiose a certi passi di Miloš Crnjanski, Istituto di Filologia Slava – Università di Padova, Padova 1992, p. 10.

53 “La ritmizzazione della prosa ha come mezzi principali delle deformazioni sintattiche: in primo luogo le inversioni (anteposizione del predicato, posposizione dell’epiteto ed altre modificazioni dell’ordine delle parole), poi i parallelismi lessicali e sintattici di ogni tipo, diverse ripetizioni, ecc. […]”, V. Levin, La prosa dell’inizio del secolo (1900-1920), in Storia della letteratura russa, diretta da E. Etkind, G. Nivat, I. Serman e V. Strada, III. Il Novecento, 1. Dal decadentismo all’avanguardia, Einaudi, Torino 1989, p. 316. Levin vede la riattivazione della prosa ritmica nella letteratura russa di questo periodo come eredità di certi tratti della poetica romantica.

54 Cfr. N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., p. 186.

2. Dnevnik o arnojevi u 92

Bez banalnih etvorokuta i dobošarske muzike dosadašnje metrike, dajemo ist oblik

ekstaze. Neposredno! Pokušavamo da izrazimo promenljivi ritam raspoloženja, koji su

davno pre nas, otkrili. Da damo ta nu sliku misli, što spiritualnije! Da upotrebimo sve

boje, lelujave boje, naših snova i slutnji, zvuk i šaputanje stvari, dosad prezrenih i mrtvih.

U formi to nije bogzna šta! Ali, delimo ritam sun anih dana, od ve ernjih ritmova. Ne

me emo sve to u pripravljene kalupe!

Opet jednom puštamo da na našu formu uti u forme kosmi kih oblika: oblaka,

cvetova, reka, potoka. Zvuk naših re i nerazumljiv je, jer se naviklo na menja ki,

novinarski, zvani ni, smisao re i. Davno je Bergson odelio psihološko vreme od

fizi kog. Zato je naša metrika li na, spiritualna, maglovita, kao melodija. Pokušavamo da

na emo ritam svakog raspoloženja, u duhu našeg jezika, iji je izraz na stupnju

feljtonskih mogu nosti!55

La poetica dello scrittore, la sua ricerca di un modo espressivo che distingua il

“ritmo del giorno” da quello “della notte” si esercita in primo luogo in campo

versiologico. Così in Lirika Itake si osserva: assenza di un metro prestabilito;

infrazione dell’isosillabismo come misura costante; abbandono della cesura;

mantenimento della rima, ma con una relativizzazione dei suoi principi tradizionali,

che diventano in buona parte facoltativi. È significativo, come sottolinea lo stesso N.

Petkovi , che nel verso di Crnjanski la funzione chiave nella creazione della rima sia

stata gradualmente spostata dalla sillaba, dagli insiemi accentuali e dalle parole ad un

livello superiore, sintattico.56 Succesivamente in Stražilovo, poema scritto nel 1921 a

Firenze, è stato osservato un

55 “Senza i banali quadrati e la musica da tamburino della metrica finora esistente, diamo la forma pura dell’estasi. Direttamente! Proviamo a esprimere il ritmo mutevole degli stati d’animo, che hanno scoperto molto tempo prima di noi. A dare l’esatta immagine del pensiero, nel modo più spirituale possibile! A usare tutti i colori, i colori fluttuanti, dei nostri sogni e delle nostre intuizioni, il suono e il mormorio delle cose, finora disprezzate e morte. Nella forma questo non è dio sa che! Ma, dividiamo il ritmo dei giorni di sole, dai ritmi serali. Non mettiamo tutto questo in stampi già pronti! / Di nuovo lasciamo per una volta che sulla nostra forma influiscano le forme delle figure cosmiche: delle nuvole, dei fiori, dei fiumi, dei ruscelli. Il suono delle nostre parole è incomprensibile, poiché si è abituato al senso delle parole da cambiavalute, giornalistico, ufficiale. Da molto tempo Bergson ha separato il tempo psicologico da quello fisico. Perciò la nostra metrica è personale, spirituale, nebulosa, come la melodia. Proviamo a trovare il ritmo di ogni stato d’animo, nello spirito della nostra lingua, la cui espressione è al livello delle possibilità dei feuilleton!”, M. Crnjanski, Objašnjenje “Sumatre”, in Id., Lirika…, cit., p. 290.

56 Cfr. N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., p. 171.

2. Dnevnik o arnojevi u 93

izofunkcionalno raš lanjivanje re eni nog niza. Ono se najpre opaža ne samo okom

nego i uhom, jer je ritmotvorno kao i stara metri ka shema. Kao ni ona, ono nije

sadržano u jeziku, nego se u njega unosi. Ako je ona više ili manje ‘stilizovala’ razmeštaj

naglasaka, uti u i pri tome na red re i, ono tako e ‘stilizuje’ razmeštaj pauza

(intonacionih useka), uti u i pri tome na red re i. I razmeštaj pauza i red re i toliko

odstupaju od onoga što je u jeziku uobi ajeno da se odmah i verovatno najpre

prime uju. Pri itanju nam ne promi e raspored zapeta s promenjenom, ritmi kom

ulogom.57

Negli stessi anni, però, mette alla prova anche la sua scrittura in prosa, la cui

sintassi – come osserva N. Petkovi – si avvicina sempre più a quella del verso.

In Seobe (1929) si affermerà la così detta “frase ritmicamente ondeggiante”58

articolata al proprio interno in unità sintattiche di diseguale – ma non arbitraria –

lunghezza, separate da virgole.

In D. o . predomina la paratassi, in cui possiamo leggere il preannuncio della

futura tecnica di accentuazione dei distinti segmenti della frase. È del tutto chiaro che

nella riorganizzazione del normale ordine grammaticale degli elementi sintattici

(apposizioni, attributi, complementi) la virgola si impone come primo strumento

tramite cui si indica la nuova disposizione degli elementi. In tal modo in Crnjanski la

virgola diviene sin da questo suo primo romanzo, nato nella fase poetica dell’autore,

uno degli strumenti più importanti per la ritmizzazione del testo in prosa. Questa

constatazione è confermata anche da un commento dello scrittore relativo proprio

all’uso della virgola nella sua opera:

A što se ti e mnogih zapeta, zbog kojih se ina e uvek smeju – ak se i Ivo Andri

šalio jedanput na moj ra un u pitanju tih zapeta, – to je želja da italac ita re enicu kako

57 “[una] scomposizione isofunzionale della serie proposizionale. Essa si rileva prima di tutto non solo ad occhio ma anche ad orecchio, poiché forma il ritmo come il vecchio schema metrico. Come neanche quest’ultimo, essa non è contenuta nella lingua, ma vi si introduce. Se quello più o meno ‘stilizzava’ la distribuzione degli accenti, influendo perciò sull’ordine delle parole, anch’essa ‘stilizza’ la distribuzione delle pause (delle cesure intonazionali), influendo perciò sull’ordine delle parole. Sia la distribuzione delle pause sia l’ordine delle parole si discostano così tanto da ciò che nella lingua è usuale che si rilevano subito e probabilmente prima di tutto. Durante la lettura non ci sfugge l’ordine delle virgole con una funzione mutata, ritmica”, ivi, p. 79.

58 Ivi, p. 173.

2. Dnevnik o arnojevi u 94

ja želim da je ita, ne kako bi on hteo. Vuk Karadži , na primer, nije imao potrebe za

zapetama, jer je on pisao narodne stvari, narodni jezik, tako da je to išlo do ta ke. Danas,

me utim, u ovom vremenu, kad vi govorite stvari hipermoderne, vi morate i re enicu

tako da pravite, i da naterate itaoca da vidi i ita onako kako vi želite.59

Il risultato di simile “violenza” è che l’effetto di straniamento prodotto dalle

violazioni della norma sintattica introdotte dall’autore attivano potenzialità sintattiche

fino ad allora sconosciute. In questo suo modo di procedere Crnjanski non

costituisce un caso isolato, ma riecheggia la ricerca sintattica dell’avanguardia russa, in

primo luogo di Majakovskij.60

La distruzione della sintassi in questo romanzo breve di Miloš Crnjanski si riflette

dunque nell’inversione dell’ordine usuale delle parole (posposizione dei

determinativi), nell’ampio uso di frasi ellittiche (parcellizzazione), in forme

eterogenee di ripetizione lessicale e fonetica. Tutto ciò è effetto di una volontaria

ritmizzazione del testo in prosa.

2.4.1. Inversione

La forma più elementare di inversione nel Dnevnik di Crnjanski consiste nella

posposizione dell’aggettivo che, come è noto, nella lingua serba deve precedere il

59 “E per quanto riguarda le molte virgole, di cui altrimenti ridono sempre – perfino Ivo Andri ha scherzato una volta sul mio conto in merito a quelle virgole, – esprimono il desiderio che il lettore legga la frase come io desidero che la legga, non come vorrebbe lui. Vuk Karadži , per esempio, non aveva bisogno delle virgole, perché scriveva cose per il popolo, in lingua del popolo, così che andava fino al punto. Oggi, tuttavia, in quest’epoca, quando voi dite cose ipermoderne, dovete rendere anche la frase tale, e indurre il lettore a vedere e a leggere così come voi volete”, M. Crnjanski, Ispunio sam svoju sudbinu, priredio Z. Avramovi , BIGZ - SKZ - Narodna knjiga, Beograd 1991, p. 254.

60 “Zanimljivo je tako e da je lingvist Georgij Vinokur davno zapazio u sintaksi avangardnog pesnika Majakovskog ono što mi danas otkrivamo u sintaksi Crnjanskog: «Opšte svojstvo sintakse Majakovskoga više nas podse a na ono što je Peškovski veoma sre no nazvao ‘izdvajanje’, tj. takvo intonaciono izolovanje pojedinih lanova u govornome nizu da se oni odvajaju kao samostalne i zatvorene celine, po vrednosti izjedna ene, kako je govorio Peškovski sa re enicom […]»” (trad.: “È altresì interessante che il linguista Georgij Vinokur abbia osservato da molto tempo nella sintassi del poeta avanguardista Majakovskij ciò che noi oggi scopriamo nella sintassi di Crnjanski: «La caratteristica generale della sintassi di Majakovskij ci fa ricordare più quello che Peškovskij chiamò molto felicemente ‘separazione’, cioè un tale isolamento intonazionale dei singoli membri della serie parlata che essi si distinguono come unità autonome e chiuse, uniformate per valore, come diceva Peškovskij con la frase […]”), N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., pp. 180-181.

2. Dnevnik o arnojevi u 95

sostantivo cui si riferisce: “staro zvono crkveno”, “sve bisere njene”;61 “mese ina

rumena”, “do nežnosti bolne”;62 “u vizijama belim”, “u vizijama ludim”;63 “u pri ama

njihovim”;64 “utehu moju”.65

Particolarmente marcato risulta il trattamento degli aggettivi in funzione

attributiva. Si consideri, per esempio, la proposizione ellittica “Šume zlatne,| mlade,|

dobre moje galicijske šume”66 nella quale gli attributi zlatne, mlade, dobre seguono il

sostantivo šume (anche se dobre è in una posizione mediana e si lega anche al secondo

šume). Se consideriamo la distanza di questa frase dal modello di accettabilità della

stessa frase nella comunicazione quotidiana (“Zlatne mlade šume, dobre moje

galicijske šume”, oppure: “Zlatne mlade dobre moje galicijske šume”) in cui il

sostantivo šume si troverebbe o al centro o alla fine della sequenza, risulta chiaro il

gioco ritmico attivato dall’autore. Con la suddivisione della frase in tre segmenti

(anziché due) e la collocazione del sostantivo šume all’inizio e alla fine della sequenza,

grazie a tale segmentazione, l’ictus si sposta sull’aggettivo dobre, che viene così a

trovarsi in posizione centrale e collegando i due cola della sequenza marca l’idea di

una natura caratterizzata positivamente, secondo la visione personale di Crnjanski. La

valenza ritmica della frase risulta altresì rinforzata dalla frequenza dei fonemi m, l, e

dall’effetto assonante della desinenza e con cui terminano tutte le parole.

Osservazioni analoghe possiamo fare nel caso della posposizione dei

determinativi nel seguente esempio: “I moja ljubav,| promišljena i ironi na,| ve davno

nije bu na”.67 Secondo l’ordine delle parole abituale la frase suonerebbe: “I moja

promišljena i ironi na ljubav, ve davno nije bu na”. Tramite la posposizione degli

aggettivi, Crnjanski ottiene anche qui una frase divisa in tre membri (anziché in due,

come nella lingua parlata) e rinforza l’effetto musicale con la ripetizione di alcuni

nessi fonici: av, ro, na e rima imperfetta – ironi na : bu na.

61 “la campana vecchia della chiesa”, “tutte le perle sue”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 128. 62 “il rosso chiaro di luna”, “fino a una dolente tenerezza”, ivi, p. 136. 63 “nelle bianche visioni”, “nelle folli visioni”, ivi, p. 137. 64 “nei racconti loro”, ivi, p. 144. 65 “la consolazione mia”, ivi, p. 185. 66 “I boschi dorati,| giovani,| i buoni miei boschi galiziani”, ivi, p. 132. 67 “Anche il mio amore,| ponderato e ironico,| già da tempo non è chiassoso”, ivi, p. 137.

2. Dnevnik o arnojevi u 96

Nella messa in rilievo degli elementi della frase per mezzo della virgola ciò che

conta è la loro funzione nella frase, non l’appartenenza a questa o quella parte del

discorso. Si veda la frase: “Sede ranjenici,| krvavi,| prljavi,| drhte,| hladno im je”.68 La

posposizione degli attributi krvavi e prljavi rende possibile una segmentazione

dell’espressione in cinque parti, mentre con un ordine abituale delle parole (“Krvavi

prljavi ranjenici sede,| drhte,| hladno im je”) ne distingueremmo solo tre. Nella

nuova segmentazione si succedono tre cola formati da un solo elemento (di natura

grammaticale diversa: due attributi e un predicato) nei quali si ripete in posizione

iniziale un nesso in r vocalica: kr-, pr, dr-. La ripetizione del nesso crea inoltre nel

lettore una forma d’attesa per cui – dopo la successione di due aggettivi che iniziano

con lo stesso tipo di nesso – anche il verbo che segue (drhte) e inizia allo stesso modo

è percepito come un aggettivo con un evidente effetto di straniamento grammaticale.

Un diverso espediente per creare nuove forme di scansione è quello costituito

dalla creazione di cola formati da due aggettivi determinativi posposti coordinati dalla

congiunzione i e non separati dalla virgola. In questi casi la pausa è scandita dalla

virgola posta subito dopo il sostantivo che precede oppure, quando gli attributi sono

tre, dopo il primo attributo della serie. Si veda il sintagma “kasarna smradna, vašljiva i

derna”.69 La violazione dell’ordine normale delle parole: (“smradna, vašljiva i derna

kasarna”) crea una scansione in cui l’accento è posto sul membro vašljiva i derna,

isolato dal primo che costituisce un’unità a sé, grazie anche alla ripetizione dei suoni

s, r, n che riccorrono nello stesso ordine e alla insistenza della vocale a). Lo stesso

discorso potrebbe facilmente ripetersi nei casi di: “A šume, crvene, mlade i uvele, sa

toplom, slatkom maglom”70; “moji ljudi prljavi, vašljivi i gladni”; “mom sinu, bledom i

napa enom”;71 “svu žutu, pocrnelu i sasušenu”; “u zid crkve, velike i prazne”;72 “A òne su

tûžno i blâgo govòrile, nàmu ene i slabe, nose i sa sobom crepove vrú e, što su ih

stískale na prozébla rebra”.73

68 “Stanno seduti i feriti,| insanguinati,| sporchi,| tremano,| hanno freddo”, ivi, p. 131. 69 “la fetida, pidocchiosa e cadente caserma”, ivi, p. 125. 70 “E i boschi, rossi, giovani e appassiti, con la nebbia calda, dolce”, ivi, p. 133. 71 “i miei sporchi, pidocchiosi e affamati uomini”, “al mio pallido e stanco figlio”, ivi, p. 137. 72 “tutta gialla, annerita e prosciugata”, “sul muro della chiesa, grande e vuota”, ivi, p. 140. 73 “Ed esse parlavano in modo triste e mite, spossate e deboli, portando con sé le calde tegole, che

premevano sulle costole gelate”, ivi, p. 146.

2. Dnevnik o arnojevi u 97

Da ultimo vale la pena di segnalare una particolare variante di inversione

sintattica, quando gli elementi di un sintagma nominale sono separati fra loro

mediante l’interposizione di altri elementi della frase: “Ljûbio sam je, kao da nikog

nêmam svôga na svêtu cêlom, osim nje”;74 “U tu ini sam, i prolaze senke oko mene,

crne, tamne”.75 L’effetto straniante che ne deriva carica emotivamente il processo di

significazione all’interno della narrazione.

2.4.2. Ellissi

Spesso, all’interno di D. o . si verificano casi di ellissi verbali, che ricorrono

indipendentemente dalla lunghezza della frase. Il procedimento che, secondo quanto

ha per tempo messo in risalto Tomaševskij, è tipico della lirica, nel romanzo di

Crnjanski corrisponde a un’intenzione artistica ben definita: evidenziare uno stato,

non un’azione o un avvenimento, ma uno stato d’animo. In D. o . troviamo

numerosi esempi di parcellizzazione a cominciare dallo stesso incipit del romanzo in

cui l’ellissi: “Jesen, i život bez smisla”76 crea subito un’atmosfera di inerzia e di attesa.

Ma essi di costruzione ellittica ricorrono ovunque e con notevole frequenza.77

Quanto all’uso dell’ellissi nel caso di successioni di aggettivi determinativi,

osserviamo che in D. o . si presenta in una fase iniziale quello che a partire da Seobe

diventa un tratto distintivo del processo di ritmizzazione crnjanskiana.

74 “La baciavo, come se nessuno avessi avuto di mio nell’intero mondo, tranne lei”, ivi, p. 136. 75 “Sono all’estero, e passano le ombre intorno a me, nere, oscure”, ivi, p. 154. 76 “Autunno, e vita senza senso”, ivi, p. 125. In questa serie di citazioni il corsivo è nostro. 77 “Jevrej e lepo, crnpurasto […] Jedan mrtvac potrbuške u lokvama krvi”; “Kome ja ovo pišem?

Mladi ima; možda mom sinu, bledom i napa enom. A oko mene kulja velika ludorija rata, sve se lomi poda mnom i ja smeše i se gledam te rulje i idem od grada do grada. Rulje pustih žena, rulje hulja trgovaca, rulje radnika, rulje bolesnih i rulje mrtvih. Grdne gradove, šume i polja; tamne, hladne stanice. Decu i žene. Pijanu hrpu onih koji se sad bogate.”; “Sneg veje. Pusti sokaci, crni poderani kaputi.”; “A ljubav? U ljubi astim žilama je. U belim kao labudovi rebrima, i na lancima rumenim od strasti.”; “Ho u da Vam pri am. O jednom oveku, koga ne mogu da zaboravim, i koji mi je više nego brat. Jedan jedini ovek. Jedan mladi u svetu” (trad.: “Il piccolo ebreo bello, scuro […] Un morto a pancia in giù in una pozza di sangue”; “A chi scrivo queste cose? Ai giovani; forse al mio pallido e stanco figlio. Ma intorno a me si spande la grande follia della guerra, tutto si rompe sotto di me e io sorridendo guardo quella marmaglia e vado di città in città. Una marmaglia di donne abbandonate, una marmaglia di mercanti canaglie, una marmaglia di operai, una marmaglia di malati e una marmaglia di morti. Città, boschi e campi spaventosi; stazioni oscure, fredde. Bambini e donne. La massa ubriaca di quelli che ora si stanno arricchendo”; “La neve sbuffava. Vicoli desolati, cappotti neri cenciosi”; “E l’amore? È nelle vene violacee. Nelle costole bianche come cigni, e nelle articolazioni rosse di passione”; “Le voglio raccontare. Di un uomo, che non posso dimenticare, e che per me è più che un fratello. Un unico uomo. Un giovane nel mondo”), ivi, pp. 131, 137, 139, 151, 156.

2. Dnevnik o arnojevi u 98

2.4.3. Frasi interrogative

In questo romanzo le frasi interrogative non pongono mai domanda reale, non

sono lì per far sapere al narratore qualcosa che egli non conosce. Il loro scopo è

invece quello di rappresentare gli stati d’animo dell’io e costituiscono dunque un

artificio con cui, come ha già messo in luce Z. Škreb, un autore può “restringere un

contenuto della coscienza a un unico punto, mentre tutto il resto rimane nell’ombra”.

In D. o . serve insomma accentuare un fatto tra molti altri.78

Tre sono i tipi di proposizione interrogativa che si osservano nel testo. Il primo è

qello di una domanda posta in modo da non attendere risposta. Essa introduce una

realtà poetica di indeterminatezza, alla quale corrispondono sentimenti di

inquietudine o incertezza:

Ko si ti? Ko si ti, sa toplim, žutim o ima u ve ernjoj magli? Zar nisam još toliko

bolestan i nežan, da te dodirnem? Kako je tvoj poljski govor mutan i nežan. Što si tako

dobra prema meni, ta to nije tvoj zanat. Zašto me gledaš tako milo?79

Spesso queste frasi, pur iniziando con un pronome interrogativo, si presentano

come enunciative, anche se in questo caso sono solitamente collegate con una frase

predicativa che ha la funzione di commento del soggetto narrante:

Šta ho e one šume od mene; eno, tamo, iza brda one me zovu, one se veselo smeju

sa mnom. Zašto ja tako nežno diram zidove? Kuda idem; ja nikog nemam u ovom

gradu, ja ne znam puta. Zašto me gledaju tako ovi stari ljudi?80

78 “suzuje [se] sadržaj svijesti na jednu jedinu to ku, dok sve drugo ostaje u mraku; ona [upitna re enica] ide me u najja a sredstva za naglašavanje jedne injenice izme u mnogih drugih” (trad.: [si] restringe il contenuto della coscienza in un unico punto, mentre tutto il resto rimane nella penombra; essa [la proposizione interrogativa] si annovera tra i mezzi più efficaci per accentuare un fatto tra molti altri), Z. Škreb, op. cit., p. 270.

79 “Chi sei tu? Chi sei tu, con gli occhi caldi, gialli, nella foschia serale? Forse non sono ancora abbastanza malato e tenero per toccarti? Com’è fosca e tenera la tua parlata polacca. Come sei buona nei miei confronti, eppure non è il tuo mestiere. Perché mi guardi così soavemente?”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 135.

80 “Che cosa vogliono quei boschi da me; ecco, là, dietro i monti essi mi chiamano, essi ridono allegramente con me. Perché io tocco così teneramente le pareti? Dove vado; io non ho nessuno in questa città, io non conosco la strada. Perché mi guardano così questi anziani?”, ivi, p. 136.

2. Dnevnik o arnojevi u 99

Se ate li se onog, što je dokazivao da smo najmuzikalniji narod, se ate li se onog, što

je vikao: “otvori oblok ja bum peval?”, i onog, što je po vazdan govorio Vuka

Manduši a? Se ate li se kako su nam kose bile duge?81

Vi è poi la domanda seguita prontamente da una risposta dello stesso narratore,

ma – ancora una volta. Questo tipo serve “esclusivamente ad accentuare l’importanza

della dichiarazione del poeta e a volgere l’attenzione su di essa”.82 Ciò significa che

l’accento viene posto sul soggetto stesso e sulle sue espressioni verbali:

Ko si ti, divna, lepa, strasna, me u ogledalima i ašicama u sumraku kafane? Ja ne u

tebe; tamo napolje ho u, da izi eš.83

Šta e s nama biti? Ne znam, a i nisam radoznao. Da se vratim ku i? Oni ne vole

mene, a ja mrzim njih.84

Šta sam mogao initi, dragi moj? Okretoh se zidu.85

No dugo sam se pitao, šta je hteo od mene. Je li sa Volge, ili sa Urala, ili iz daleke

stepe? Je li petrogradski ludi ak, ili malovaroška oficirska kurtizana? Za im pla e, da li

za aš u izgubljenom, ili za kakvom napudrovanom ženom? Šta misli, gine li sad za

matušku Moskvu, kad su mu Japanci najbolji prijatelji, pre deset godina su mu bili

neprijatelji? Ima li sina, ili je glumac? Šta mi je to dreknuo u lice?86

81 “Vi ricordate di quello che dimostrava che siamo il popolo più musicale, vi ricordate di quello che urlava: «apri la volta io canterò?», e quello che diceva tutto il giorno Vuk Manduši ? Vi ricodate come erano lunghi i nostri capelli?”, ivi, p. 156.

82 Z. Škreb, op. cit., p. 270. 83 “Chi sei tu, stupenda, bella, passionale, tra gli specchi e i bicchierini nella penombra del caffè?

Io non ti voglio; lì fuori voglio che esci”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 135. 84 “Che ne sarà di noi? Non lo so, e non sono curioso di saperlo. Che io ritorni a casa? Loro non

amano me, e io odio loro”, ivi, p. 153. 85 “Che potevo fare, caro mio? Mi voltai verso il muro”, ivi, p. 166. 86 “Ma a lungo mi sono chiesto, che cosa volesse da me. Viene dal Volga, o dagli Urali, o dalla

lontana steppa? È uno studente matto di Pietrogrado, o la cortigiana provinciale di un ufficiale? Per chi piange, per l’onore perduto, o per qualche donna incipriata? Che cosa pensa, muore per la mammina Mosca ora, quando i Giapponesi sono i suoi migliori amici, dieci anni fa erano suoi nemici? Ha un figlio, o è un attore? Che cosa mi ha urlato in faccia?”, ivi, p. 174.

2. Dnevnik o arnojevi u 100

Più raramente compare anche la forma della domanda retorica, ridotta a cliché

esspressivo, artificio formale per innestare pathos nel discorso:87

Ko zna? Možda e jednom sve nestati u umetnosti koja ne e re i ni šta ho e, ni šta

zna i ono što kaže. Možda e nestati govor, i pisanje, i odre ivanje: da je ovo smrt, a ovo

ljubav, a ovo prole e, a ovo muzika. Ko zna?88

2.4.4. Ripetizioni fonetiche e lessicali

In Dnevnik o arnojevi u la ricerca di effetti ritmici spesso si realizza come

ripetizione di singoli fonemi o gruppi di fonemi all’interno di una sequenza. La

ripetizione si articola in giochi di allitterazione, assonanza e consonanza (in cui vocali

e consonanti sono riprese in un intreccio complesso di microstrutture stilistiche):

I znala je dobro šta ini. Nikad devoj e ne može dati te ari. Tek jad, o aj i želja za

izgubljenim dovode do ekstaze. Za rumene ase i prigušene krike, mi smo dali avolu

dušu. Nije ljubav Bog, ni životinja, ni ludilo; ona je magla, magla krvi, mladosti i neba.89

In diversi casi la ripresa riguarda intere sequenze, le quali – tuttavia – non si

susseguono nel segno dell’identico, ma tornano con piccoli mutamenti di segno, che

imprimono fremiti febbrili alla pagina.

Posle emo si i iz te tu inske crkve dole na Vislu, gde me eka un, obrastao

zelenom, mokrom mahovinom, i otplovi emo me u trske i biljke, što ni u iz vode, a

umiru na Suncu.

87 Cfr. Z. Škreb, op. cit., pp. 270-271. 88 “Chissà? Forse un giorno sparirà tutto in un’arte che non dirà né che cosa vuole, né che cosa

significa ciò che dice. Forse sparirà il linguaggio, e la scrittura, e lo stabilire: che questa è la morte, e questo l’amore, e questa la primavera, e questa la musica. Chissà?”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., pp. 132-133. Il corsivo è nostro.

89 “E sapeva bene che cosa faceva. Mai una ragazzina può fare quegli incantesimi. Solo la pena, la disperazione e il desiderio di ciò che è perso portano all’estasi. Per bicchieri rossi e urla soffocate, noi abbiamo dato l’anima al diavolo. L’amore non è Dio, né un animale, né la follia; esso è nebbia, la nebbia del sangue, della gioventù e del cielo”, ivi, p. 152.

2. Dnevnik o arnojevi u 101

Laste e se igrati oko nas, a posle emo za i me trske, i kad un zastane i setimo se

da sutra valja opet po i dalje, spusti emo glavu umorni od nedelje ove.90

Nell’esempio citato si può facilmente cogliere l’uso calcolato dell’allitterazione

(dei suoni m, s, ) e dei nessi consonantici (sk, st, sl), con un gioco di assonanze (od

nedelje ove) e di consonanze (om e ke), veri e propri equivalenti funzionali delle rime

imperfette in un testo poetico (tu inske – me trske). All’effetto di scansione ritmica

della frase cotribuisce inoltre il ricorso a un sobrio – ma non meno costruito –

parallelismo sintattico: Posle emo si i iz te tu inske crkve; a posle emo za i me trske.

Frequenti sono le anafore che introducono parallelismi semantici e sintattici. In

entrambi gli esempi seguenti mediante la ripetizione anaforica si ottiene una

gradazione, cioè un rafforzamento dell’espressione:

Ko zna? Možda e jednom sve nestati u umetnosti koja ne e re i ni šta ho e, ni šta zna i

ono što kaže. Možda e nestati govor, i pisanje, i odre ivanje: da je ovo smrt, a ovo ljubav,

a ovo prole e, a ovo muzika. Ko zna?91

Kako se on smejao drugovima, što su po eli nositi fes, i brodovima što su promicali

obojadisani žuto-crno. Kako se on smejao državama i stegovima raznim i topovima

uperenim na njih, i svirci vojnoj koja se odnekud ula. Kako se on smejao svetu što se

vrteo, šalio i igrao, pa i onima što ih sahranjivahu zavijene u neke bele, krvave aršave.92

Nella frase: “Tu sam,| prvi put,| osetio strašan strah,|| tu sam,| prvi put,|

sažalio se,| nad svima nama”93 le due proposizioni separate dalla virgola dopo strah

90 “Dopo scenderemo da quella chiesa straniera già alla Vistola, dove mi attende una barca, ricoperta di muschio verde, umido, e navigheremo tra le canne e le piante, che spuntano dall’acqua, e muoiono al Sole. / Le rondini giocheranno intorno a noi, e poi penetreremo tra le canne, e quando la barca si fermerà e ci ricorderemo che domani bisogna di nuovo andare avanti, abbasseremo la testa stanchi di questa domenica”, ivi, p. 174.

91 Ivi, pp. 132-133. Qui, come nell’esempio successivo, il corsivo è nostro. 92 “Come rideva lui degli amici che avevano cominciato a portare il fez, e delle navi che fuggivano

tinte di giallo-nero. Come rideva lui degli stati e degli stendardi vari e dei cannoni puntati verso di loro, e della musica militare che si sentiva da qualche parte. Come rideva lui del mondo che girava, scherzava e giocava, e anche di quelli che venivano sepolti avvolti in certi lenzuoli bianchi, insanguinati”, ivi, p. 164.

93 “Qui,| per la prima volta,| ho provato una paura terribile,|| qui,| per la prima volta,| ho avuto compassione,| di tutti noi”, ivi, p. 152.

2. Dnevnik o arnojevi u 102

presentano entrambe lo stesso numero di unità accentuate (sei ciascuna), mentre

all’interno dei singoli segmenti separati dalle virgole si ripetono gli stessi fonemi (p, s,

a), con effetti di alliterazione e di annominazione (strašan strah).

Un esempio particolarmente significativo di come Crnjanski si serva dell’anafora

per creare una specifica distribuzione ritmica dei periodi è offerta dal II frammento

del cap. II:

I tek što sam pred zoru legao, probudi me vrisak i zapevanje žena.

Umrla je i nije dala da me bude.

Stare žene su zadizale suknje i tr ale po dvorištu, plakale i skakale; jedna je pala kraj

postelje i naricala. I to naricanje je prodiralo, kao i zavijanje uplašenih pasâ sa dvorišta,

kroz sva vrata i sve zidove. I tek što svanu, videh kako žurno tr e neke žene po ku i,

to e vino i piju rakiju. Nepoznati neki starci prilazili su mi i tražili od mene klju eve. I

dok sam sav težak i podbuo lutao po ku i, osetio sam, kao na zapovest iz mrtva ke sobe,

da je sve bilo spremno. To me je ispunilo ludim užasom. Stajao sam kraj prozora

zagledan u krovove, u zid crkve, velike i prazne, i stresao sam se. I dok sam, drže i se za

glavu, gledao kroz zavesu kako je golu dižu i kupaju, svu žutu, pocrnelu i sasušenu, a pri

tom to e i piju rakiju, po eo me je hvatati neki suludi strah.94

Come è evidente dal passo appena citato il valore enfatico del frammento è

ulteriormente rafforzato dall’uso del polisindeto che sottolinea la congiunzione di

coordinazione i; quest’ultima esprime non soltanto la coordinazione paratattica tra i

diversi membri del singolo enunciato. Ne deriva la creazione di un secondo discorso

che istituisce nuove correlazoni significanti tra cola che si istituiscono in un’unità

melodico-sintattica al di là dei segni di interpunzione o reiterazioni, fonetiche,

94 “E non appena mi coricai verso l’alba, mi svegliarono un urlo e il canto di una donna. / Era morta e non aveva permesso che mi svegliassero. / Le vecchie alzavano le gonne e correvano per il cortile, piangevano e saltavano; una cadde accanto al letto e si lamentava. E quel lamento penetrava, come l’ululato di cani spaventati proveniente dal cortile, attraverso tutte le porte e tutte le pareti. E appena fece giorno, vidi alcune donne correre sollecitamente per la casa, versare vino e bere acquavite. Alcuni vecchi sconosciuti mi si avvicinavano e mi chiedevano le chiavi. E mentre vagavo per la casa tutto pesante e gonfio, sentii, come ad un comando proveniente dalla stanza della defunta, che era tutto pronto. Ciò mi riempì di un folle orrore. Stavo in piedi accanto alla finestra con lo sguardo fisso sui tetti, sul muro della chiesa, grandi e vuoti, e trasalii. E mentre attraverso la tenda guardavo, tenendomi la testa, come la sollevavano nuda e la lavavano, tutta gialla, annerita e asciutta, e nel frattempo mescevano e bevevano acquavite, incominciò a prendermi una paura matta”, ivi, p. 140.

2. Dnevnik o arnojevi u 103

morfologiche, lessicali. Questa marcata ritmicità risalta ancora più chiaramente se si

prova a presentare il brano in forma di versi ipotetici ottenuti isolando i singoli

elementi del periodo separati dalla virgola o dal punto:

I tek što sam pred zoru legao,

probudi me vrisak i zapevanje žena.

Umrla je i nije dala da me bude.

Stare žene su zadizale suknje i tr ale po dvorištu,

plakale i skakale;

jedna je pala kraj postelje i naricala.

I to naricanje je prodiralo,

kao i zavijanje uplašenih pasâ sa dvorišta,

kroz sva vrata i sve zidove.

I tek što svanu,

videh kako žurno tr e neke žene po ku i,

to e vino i piju rakiju.

Nepoznati neki starci prilazili su mi i tražili od mene klju eve.

I dok sam sav težak i podbuo lutao po ku i,

osetio sam,

kao na zapovest iz mrtva ke sobe,

da je sve bilo spremno.

To me je ispunilo ludim užasom.

Stajao sam kraj prozora zagledan u krovove,

u zid crkve,

velike i prazne,

i stresao sam se.

I dok sam,

drže i se za glavu,

gledao kroz zavesu kako je golu dižu i kupaju,

svu žutu,

pocrnelu i sasušenu,

a pri tom to e i piju rakiju,

po eo me je hvatati neki suludi strah.

2. Dnevnik o arnojevi u 104

Anche in questo caso l’adozione della figura di costruzione è raddoppiata dallo

stabilirsi di isotopie fonoprosodiche (assonanze: golu dižu i kupaju, svu žutu, pocrnelu i

sasušenu; allitterazioni: stresao sam se; suludi strah; iterazioni di suffissi: zidove – klju eve –

krovove; zapevanje – naricanje – zavijanje; umrla – dala – pala –naricala; tr ale – plakale –

skakle).95

Caratteristica di D. o . è la presenza dei cosiddetti lirski pasaži (“passaggi lirici”)

da Nemec definiti “izdvojene, kompozicijski neovisne cjeline ritmizirane proze u

kojima se raspoloženje prenosi u rije i i u kojima se semantiziraju elementi koji u

narativnim djelima obi no nisu zna enjski markirani”.96

Si vedano due passaggi riprodotti qui di seguito:

Ko si ti? Ko si ti, sa toplim, žutim o ima u ve ernjoj magli? Zar nisam još toliko

bolestan i nežan, da te dodirnem? Kako je tvoj poljski govor mutan i nežan. Što si tako

dobra prema meni, ta to nije tvoj zanat. Zašto me gledaš tako milo? Tvoja bluza pada mi

na glavu, što gori i mu i me; groznice me tresu. Ko si ti, divna, lepa, strasna, me u

ogledalima i ašicama u sumraku kafane? Ja ne u tebe; tamo napolje ho u, da iza eš.

Gledaj, jesi li videla one bunare; da uješ kako ljupko romore, kako nežno pljuskaju.

Meni je isto žao što nisam umro, ali to ini jesen. To mlako Sunce što te e po ku ama,

belim i istim. Šta ho e one šume od mene; eno, tamo iza brda one me zovu, one se

veselo smeju sa mnom. Zašto ja tako nežno diram zidove? Kuda idem; ja nikog nemam u

ovom gradu, ja ne znam puta. Zašto me gledaju tako ovi stari ljudi?97

95 È noto come Crnjanski nella sua poesia abbia decanonizzato la rima semplice, legata alla fine dei versi, spostandola verso la parte centrale del verso, e inoltre come al posto della rima vera e propria ricorresse anche all’allitterazione, nel cui caso “l’attenzione non va soltanto dalla fine di un verso alla fine di un altro, ma si sposta anche lungo gli stessi versi”, il che ha consentito che comparisse una rima anche a grande distanza. Con il nuovo procedimento rimico nella lirica di Crnjanski la melodia ha preso il sopravvento sul ritmo, che dipende dal metro. Cfr. N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., pp. 67-69.

96 “unità distinte, compositivamente indipendenti, di prosa ritmata in cui uno stato d’animo si trasferisce nelle parole e in cui si semantizzano elementi che nelle opere narrative di solito non sono semanticamente marcati”, K. Nemec, Lirski roman Ive Kozar anina. Poetika romana Sam ovjek, in Id., Tragom tradicije. Ogledi iz novije hrvatske književnosti, Matica hrvatska, Zagreb 1995, p. 102.

97 “Chi sei tu? Chi sei tu, con gli occhi caldi, gialli, nella foschia serale? Forse non sono ancora abbastanza malato e tenero, per toccarti? Com’è fosca e tenera la tua parlata polacca. Come sei buona nei miei confronti, eppure non è il tuo mestiere. Perché mi guardi così soavemente? La tua camicetta mi cade sulla testa, che arde e mi tormenta; la febbre mi scuote. Chi sei tu, stupenda, bella, passionale, tra gli specchi e i bicchierini nella penombra del caffè? Io non ti voglio; lì fuori voglio che esci. Guarda, hai visto quei pozzi; dovresti sentire come mormorano leggiadramente, come scrosciano teneramente. A me semplicemente dispiace di non essere morto, ma questo lo fa l’autunno. Questo

2. Dnevnik o arnojevi u 105

[1] Kome ja ovo pišem?|| [2] Mladi ima;| možda mom sinu,| bledom i

napa enom.|| [3] A oko mene kulja velika ludorija rata,| sve se lomi poda mnom i ja

smeše i se gledam te rulje |i idem od grada do grada.|| [4] Rulje pustih žena,| rulje

hulja trgovaca,| rulje radnika,| rulje bolesnih| i rulje mrtvih.|| [5] Grdne gradove,|

šume i polja|; tamne,| hladne stanice.|| [6] Decu i žene.|| [7] Pijanu hrpu onih koji se

sad bogate.|| [8] Sve ja to vidim |i gledam sa osmehom.|| [9] Niti sam iji,| niti imam

koga,| ni brata,| ni sluge,| ni gospodara.|| [10] Gledam tihe,| plave,| mokre,|

proletnje ulice.|| [11] Vitke,| rumene mostove,| u zalasku Sunca,| kad ih najviše

volim.|| [12] Oni me vide uvek vedrog,| nekad,| retko,| umornog,| skoro uvek

nasmešenog,| ni ijeg.|| [13] Ja pri am to tihim i mokrim proletnjim ulicama,| po

vodama i gradovima žutim od jesenjeg sjaja,| o njoj,| vitkoj,| bledoj,| istoj i

maglovitoj,| o njoj,| o mladosti.|| [14] Ko zna,| kud i zašto me vodi,| ja idem za

njom.|| [15] Njoj krvave šumarke,| njoj mrtvace,| njoj moje zdravlje,| njoj se klanjam,|

pred njom kle im,| jedino dobrom i ve nom.|| [16] I moja ljubav,| promišljena i

ironi na,| ve davno nije bu na.|| [17] Ah,| sve je to tako smešno.|| [18] Nemo an

sam,| tužan i zamišljen.|| [19] Ne daje mi se da živim.98

In entrambi i casi le sequenze sono introdotte da un enunciato interrogativo, che

nel primo frammento prosegue per tutta la sequenza. In questo primo esempio si

osserva una evidente tendenza al poliptoto: non solo alcuni significanti si ripetono ‘a

Sole tiepido che scorre per le case, bianche e pulite. Che cosa vogliono quei boschi da me; ecco, là, dietro i monti essi mi chiamano, essi ridono allegramente con me. Perché io tocco così teneramente le pareti? Dove vado; io non ho nessuno in questa città, io non conosco la strada. Perché mi guardano così questi anziani?”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., pp. 135-136.

98 “[1] A chi scrivo queste cose?|| [2] Ai giovani;| forse a mio figlio,| pallido e stanco.|| [3] Ma intorno a me si spande la grande follia della guerra,| tutto si rompe sotto di me e io sorridendo guardo quella marmaglia | e vado di città in città.|| [4] Una marmaglia di donne abbandonate,| una marmaglia di mercanti canaglie,| una marmaglia di operai,| una marmaglia di malati| e una marmaglia di morti.|| [5] Spaventose città,| boschi e campi|; stazioni oscure,| fredde.|| [6] Bambini e donne.|| [7] La massa ubriaca di quelli che ora si stanno arricchendo.|| [8] Tutto questo vedo io |e guardo con un sorriso.|| [9] Né sono di qualcuno,| né ho qualcuno,| né un fratello,| né un servo,| né un signore.|| [10] Guardo le strade silenti,| azzurre,| umide,| primaverili.|| [11] Gli snelli,| rossi ponti,| al tramonto del Sole,| quando più mi piacciono.|| [12] Essi mi vedono sempre sereno,| a volte,| di rado,| stanco,| quasi sempre sorridente,| di nessuno.|| [13] Io racconto alle silenti e umide strade primaverili,| sulle acque e le città gialle per il fulgore autunnale,| di lei,| snella,| pallida,| pura e nebulosa,| di lei,| della giovinezza.|| [14] Chissà,| dove mi porta e perché,| io vado dietro di lei.|| [15] Per lei i boschetti insanguinati,| per lei i morti,| per lei la mia salute,| a lei mi inchino,| dinanzi a lei mi inginocchio,| l’unica buona ed eterna.|| [16] Anche il mio amore,| ponderato e ironico,| già da tempo non è rumoroso.|| [17] Ah,| tutto ciò è così ridicolo.|| [18] Sono impotente,| triste e assorto.|| [19] Non mi va di vivere”, ivi, p. 137.

2. Dnevnik o arnojevi u 106

distanza’ (Ko si ti; Zašto me gleda(š)ju), ma gli aggettivi si susseguono in serie numeriche

(toplim, žutim o ima; ku ama, belim i istim; govor mutan i nežan) e l’iterazione riguardasi le

stesse consonanti (t, , š, ž). Nel secondo esempio la ripetizione concerne le vocali (si

vedano le vocali e, i, o) e il numero 15 si conclude con l’equivalente di una rima

incompleta – ironi na : bu na. Infine, l’uso frequente delle pause scandisce al livello

dell’organizzazione sintagmatica nuove unità di segmenti che danno vita a un

autonomo discorso poetico.

2.4.5. Elencazione di enunciati e periodi contrastanti

Connesso alla cura costante di rompere gli automatismi di lingua nel tentativo di

creare nuovi effetti di senso è anche il lavoro sul valore differenziale del significante,

che investe tutti i livelli della struttura del romanzo. Si consideri il seguente paragrafo,

dove i diversi enunciati sono contrassegnati da una numerazione cardinale crescente

e i singoli periodi dalla serie letterale.

[1a] Ja vidim zavejane ma arske i nema ke gradove. [1b] Osvetljene prozore cincarskih ku a,

gde su ih rado primali. [2a] Živelo se uvek u tu ini. [2b] Selili smo se, selili smo se. [2c] A

grudobolni smo umirali kod ku e, u zavi aju. [3] Sneg veje. [4] Pusti sokaci, crni, poderani

kaputi. [5] [A] Tambure svetlucaju pod pazuhom, [B] a pesma tek jekne pod kojim

nakrivljenim, pijanim fenjerom. [6] Zatrese se kolo. [7] [A] Napolju pada sneg, [B] a unutra

crne o i gore kao žar. [8] [A] Taj žar je neprolazan, neprolazan kao miris ovih ravnica, što

ve vide jesen, kako se, no u, dovla i kroz kukuruze, [B] a jutrom odlazi po rosi.99

(1a – 8) – la frase 1a contiene l’immagine della neve nelle città (inverno) ed è in

contrasto con l’enunciato 8, che riporta l’immagine dell’autunno in pianura;

99 “[1a] Io vedo città ungheresi e tedesche ricoperte di neve. [1b] Le finestre illuminate delle case dei zinzari, dove li accoglievano volentieri. [2a] Si viveva sempre in terra straniera. [2b] Emigravamo, emigravamo. [2c] E a casa, in patria, morivamo malati di petto. [3] La neve sbuffa. [4] Vicoli desolati, cappotti neri, cenciosi. [5] [A] Le mandole luccicano sotto le ascelle, [B] e il canto echeggia appena sotto un lampione ricurvo, ubriaco. [6] Inizia a scuotersi il kolo. [7] [A] Fuori nevica, [B] e dentro gli occhi neri ardono come brace. [8] [A] Quella brace è imperitura, imperitura come l’odore di queste pianure, che vedono già l’autunno avvicinarsi, di notte, attraverso il granturco, [B] e al mattino andarsene sulla rugiada”, ivi, p. 139.

2. Dnevnik o arnojevi u 107

(3 – 6) – l’enunciato 3, con l’immagine della neve che cade (silenzio), è in

contrasto con l’enunciato 6, in cui si trova l’immagine della danza “kolo”

(confusione);

(1a – 1b) – la frase 1a riporta l’immagine delle città ricoperte di neve (immagine

di un insieme) e contrasta con la frase 1b e la relativa immagine delle finestre

illuminate (immagine di un dettaglio);

(2a – 2c) – la frase 2a contiene un’immagine della vita in terra straniera ed è in

contrasto con la frase 2c, in cui si trova l’immagine della morte nel proprio paese

natale;

(3 – 4) – anche gli enunciati 3 e 4 sono in contrasto per le loro immagini,

rispettivamente incentrate sulla neve (biancore) e sui cappotti neri (oscurità);

(5A – 5B) – le clausole 5A e 5B contrastano per le rispettive immagini delle

tambure tenute sotto il braccio (silenzio) e del canto che risuona (chiasso);

(7A – 7B) – il contrasto tra le clausole 7A e 7B si riflette nel riferimento spaziale

(esterno : interno) e in un parallelismo grammaticale (pada snijeg : crne o i gore);

(8A – 8B) – in questo caso, l’autunno che si avvicina di notte nella prima frase è

in contrasto con l’autunno che se ne va di mattina nella seconda frase, e questo è

espresso ancora mediante un parallelismo grammaticale.

Nelle ultime frasi si trovano l’immagine, con similitudine, degli occhi che ardono

come una brace (o i koje gore kao žar) e quella, con personificazione, delle pianure che

vedono l’autunno (ravnice što ve vide jesen). In realtà, anche nel secondo caso si ha una

similitudine, quella della brace imperitura come il profumo delle pianure (žar je

neprolazan, neprolazan kao miris ovih ravnica). Mediante queste due similitudini si crea

un’associazione tra gli occhi e la pianura, dunque si ottiene un’immagine metonimica

dello sguardo del soggetto che osserva la natura (uno sguardo sulla natura, sul paese

natale).

2.4.6. Frammenti con struttura lirica

Riportiamo ora un frammento del Dnevnik (capitolo secondo, frammento

secondo) che è caratteristico in quanto sul piano formale e semantico si accosta alla

2. Dnevnik o arnojevi u 108

struttura di una poesia lirica. Questo frammento è composto di tre paragrafi, ha

come tema l’amore, o più precisamente l’amore che svanisce, mentre due motivi

fondamentali sono costituiti dalla vita in un paese straniero e dall’amata. Questi

motivi in ognuno dei tre paragrafi compaiono in successione, ma ogni volta in un

modo peculiare: nel primo paragrafo per associazione (in astratto), nel secondo

concretamente, mentre nel terzo paragrafo si presentano non autonomamente ma

come parte di un nuovo insieme.100

Nel primo paragrafo il soggetto narrante guarda sulla finestra tre giacinti che gli

ha regalato la sua amata:

Prozor mi još uvek gleda na snežne krovove. U prozoru su tri njena zumbula. Pri ao

sam joj o selima našim, o prozoru u domu mome, i sutradan mi je donela tri zumbula. Ona ima

malog sina i mora da je u potaji mnogo plakala. Jedan stoji levo. On je ruži ast i tih. Kad

ga jutrom zalivam, on je tako mio, miran. On mi vene. Po sredi je jedan beo. Svako jutro

me se a bledih lica koja sam ljubio i koja su sad ko zna gde. On je suzan i plah kao

jagnje. Tre i stoji desno. On je rumen. O njemu ne mogu ništa da kažem.101

Qui, come si è anticipato, i due motivi fondamentali del frammento, il motivo

della vita all’estero e quello dell’amata, vengono raffigurati in astratto, per

associazione, in un enunciato: Pri ao sam joj o selima našim, o prozoru u domu mome, i

sutradan mi je donela tri zumbula. Il paese straniero è presentato nella prima clausola

(Pri ao sam joj o selima našim, o prozoru u domu mome), con cui per associazione si rimanda

agli altri frammenti del romanzo e si richiamano i motivi della patria, della migrazione

e dell’infanzia del soggetto.

100 “Vještina uokvirivanja lirske teme sastoji se uglavnom u uvo enju stanovita diskontinuiteta izme u znakovnih jedinica upotrijebljenih u središnjem dijelu pjesme i onih s njezina po etka i završetka” (trad.: “L’abilità di incorniciare il tema lirico consiste essenzialmente nell’introduzione di una certa discontinuità tra le unità segniche usate nella parte centrale della poesia e quelle poste all’inizio e alla fine”), Z. Kravar, op. cit., p. 384.

101 “La mia finestra guarda ancora i tetti innevati. Sulla finestra ci sono i tre giacinti di lei. Le raccontavo dei villaggi nostri, della finestra nella casa mia, e all’indomani mi portò tre giacinti. Lei ha un figlio piccolo e di nascosto deve aver pianto molto. Uno sta a sinistra. È rosa e taciturno. Quando lo annaffio al mattino, è così caro, tranquillo. Mi appassisced. Al centro ce n’è uno bianco. Ogni mattino mi ricorda i volti pallidi cui volevo bene e che ora sono chissà dove. Questo è lacrimoso e timoroso come un agnello. Il terzo sta a destra. È rosso. Di lui non posso dire nulla”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., pp. 152-153. Il corsivo è nostro.

2. Dnevnik o arnojevi u 109

Il secondo motivo è presentato nella seconda clausola: i sutradan mi je donela tri

zumbula. Il fiore, il giacinto, è associato all’amata. Subito dopo nel paragrafo si parla di

come il soggetto osservi i tre giacinti regalatigli, bianco, rosa e cremisi, e del

sentimento che i fiori suscitano nel soggetto stesso. Ogni singolo giacinto è

caratterizzato mediante un’espressione emotiva del soggetto e l’immagine generale

dei tre giacinti non è altro che un’associazione, in forma di gradazione discendente,

all’amore che svanisce (rosa: On mi vene; bianco: On je suzan i plah kao jagnje; rumeni: O

njemu ne mogu ništa da kažem).

Nel secondo paragrafo il soggetto, che si trova all’estero, ‘descrive’ l’amata.

‘Descrive’ non è forse l’espressione più adeguata, poiché si tratta di una successione

di brevi enunciati in cui si esprime il modo in cui il soggetto percepisce l’amata, e in

particolare il suo aspetto esteriore:

U tu ini sam, postelju sam pokrio ba vanskim ilimima. Sigurno ih je kakva

Bunjevka tkala – prosto joj bilo. On je veseo i bogat, uvek me razveseli u tu ini; kad ga

pogledam, nebo zarumeni. Ja joj ne rekoh ni re i. Ja je ne ljubim. Ja ljubim nebo, moja je

ljubav blaga, u snu, i neprolazna. Nje nema u životu mome. Njene su o i tamne i tople

kao urme. Kosa joj je rumena kao trava u jesen. Ili se to samo ini, tako ini? Ta kosa me

dirnu, te kose mi je žao, te uvele trave. Tu kosu poljubih prvo. Njen glas je detinjast,

njena je maramica namirisana, a i da nije, mirisala bi od istote. Njene su o i mra ne i

rumene kao krv, one su moja radost. Ona mi mnogo govori o svome sin i u. Mi mnogo

govorimo o njenom sin i u. Njeno je elo smešno, tako bolno, naborano, umoreno;

možda što je majka, možda što mene voli. Meni je žao nje, osobito njenih ruku, toplih i

bledih. Ona je poštena, ne recite mi nikad da ona nije poštena. Ona ima strasne, blede,

iskrhane ruke što se stide i kriju. Njena ple a drhte kao granje pod snegom.102

102 “Sono in terra straniera, ho ricoperto il letto con tappeti della Ba ka. Li ha di certo intessuti una bunjevka [croata della regione di Subotica] – che faccia pure. Esso è allegro e ricco, mi rallegra sempre in terra straniera; quando lo guardo, il cielo si fa rosso. Io non le dissi neanche una parola. Io non la amo. Io amo il cielo, il mio amore è mite, nel sonno, e imperituro. Lei non c’è nella vita mia. I suoi occhi sono scuri e caldi come datteri. I suoi capelli sono rossi come l’erba in autunno. Oppure sembra soltanto, sembra così? Quei capelli mi toccarono, per quei capelli mi dispiace, per quell’erba avvizzita. Quei capelli baciai per prima cosa. La sua voce è infantile, il suo fazzoletto è profumato, e anche se non lo fosse, profumerebbe di pulito. I suoi occhi sono tetri e rossi come sangue, essi sono la mia gioia. Lei mi parla tanto del suo figlioletto. Noi parliamo tanto del suo figlioletto. La sua fronte è ridicola, così dolente, grinzosa, affaticata; forse perché è una madre, forse perché ama me. A me dispiace per lei, specialmente per le sue mani, calde e pallide. Lei è onesta, non ditemi mai che lei non è onesta. Lei

2. Dnevnik o arnojevi u 110

Qui i motivi del paese straniero e dell’amata sono resi concretamente. Il primo

compare nell’enunciato U tu ini sam, postelju sam pokrio ba vanskim ilimima. Il secondo

motivo è invece presentato in una serie di brevi frasi, in cui il soggetto esprime il

proprio atteggiamento emotivo in base a determinate parti del corpo dell’amata: gli

occhi, i capelli, la voce, la fronte, le mani, le spalle.

Nel terzo paragrafo il soggetto si chiede che cosa ne sarà di quell’amore; egli è

preso nello stesso tempo dall’indifferenza e dal compatimento, si aspetta che nella

vita le accada qualcosa, si abbandona impotente, poiché dopo il compatimento non

vi è nulla di nuovo:

Šta e s nama biti? Ne znam, a i nisam radoznao. Da se vratim ku i? Oni ne vole

mene, a ja mrzim njih. Možda smo sre ni, jer je žalim. Oko nas pupe pod snegom

gran ice, a oblaci mlaki i umorni u e nas nekoj staroj, bolnoj ironiji, kojoj je koren

prevelika ljubav. Sve sam ekao da e još nešto do i u životu, da ovo do sad beše samo

komedija. Sad vidim, da posle sažaljenja ne dolazi ništa novo.103

Il paragrafo conclusivo chiude così la struttura ‘lirica’ del frammento dando una

completa trattazione del soggetto come tema del testo e introducendo un nuovo

motivo, quello della rassegnazione.

Che siamo in presenza di una struttura affine a quella della poesia lirica è

mostrato dalla ben determinata strutturazione del paragrafo, che in questo caso può

essere definito uno strofoide,104 ma dello stesso siamo avvertiti anche dalla presenza

di alcuni elementi formali, che sono più visibili nella parte centrale del paragrafo, in

cui è raffigurata la posizione emotiva del soggetto nei confronti dell’amata. Il

fenomeno più evidente è costituito dalle ripetizioni anaforiche: “Ja joj ne rekoh ni

ha delle mani passionali, pallide, spezzate che si vergognano e si nascondono. Le sue spalle tremolano come rami sotto la neve”, ivi, p. 153. Il corsivo è nostro.

103 “Che ne sarà di noi? Non lo so, e non sono curioso di saperlo. Che io ritorni a casa? Loro non amano me, e io odio loro. Forse siamo fortunati, perché la compiango. Intorno a noi i ramoscelli germogliano sotto la neve, e le nuvole indifferenti e stanche ci insegnano una vecchia, dolente ironia, di cui è radice un amore troppo grande. Ho sempre aspettato che avvenisse ancora qualcosa nella vita, che ciò che è accaduto finora fosse solo una commedia. Ora vedo, che dopo il compianto non arriva nulla di nuovo”, ivi, p. 153.

104 Cfr. Ju. Orlickij, Stich i proza v russkoj literature, Rossijskij gosudarstvennyj gumanitarnyj universitet, Moskva 2002, p. 178.

2. Dnevnik o arnojevi u 111

re i. Ja je ne ljubim. Ja ljubim nebo, moja je ljubav blaga, u snu, i neprolazna”. Si

osservano poi anche altre microstrutture stilistiche, come il poliptoto (Ta kosa me

dirnu, te kose mi je žao, te uvele trave. Tu kosu poljubih prvo)105 e il parallelismo

sintattico o grammaticale (“Ona mi mnogo govori o svome sin i u. Mi mnogo

govorimo o njenom sin i u”). Come è già emerso in precedenza, spicca infine la

presenza particolarmente ampia delle similitudini: “o i tamne i tople kao urme”;

“kosa rumena kao trava u jesen”; “o i mra ne i rumene kao krv”; “ple a drhte kao

granje pod snegom”, con cui l’amore è messo in rapporto con la natura.

È interessante rilevare che nel tono del soggetto nei confronti dell’amata è sì

presente l’affetto, ma in questo caso la descrizione tradizionale della donna è distrutta

con similitudini inattese. Questa distruzione del topos può essere identificata proprio

grazie al fatto che il frammento in questione ha la struttura di una poesia lirica.

2.5. Lo sdoppiamento del personaggio come principio compositivo

Nel capitolo centrale del romanzo – l’ottavo, composto da un unico frammento

– l’identità dell’io narrante è per la prima volta comunicata al lettore attraverso un

procedimento di rifrazione linguistica (per la prima volta il lettore viene a sapere i dati

anagrafici esatti del personaggio-narratore): non è, infatti, il protagonista a dire di sé,

ma una anonima tabella appesa sopra il suo letto. Questi si trova in un ospedale

polacco, a Zakopane. La tabella è in tedesco, come a dire che l’iscrizione del soggetto

nella lingua che lui abita (il serbo) può avenire solo attraverso la propria scissione di

soggetto parlante, simboleggiata dal pasaggio per un’altra lingua.

Ime: Petar Raji ;

in: hrana za top;

Veroispovest: gr ko ist.;

Stalež: neženjen;

Starost: 23;

105 La terza ripetizione appartiene al secondo enunciato, e tuttavia possiamo metterla in diretta relazione con le due precedenti, poiché sono collegate dallo stesso ritmo della frase, determinato da un parallelismo grammaticale quasi completo.

2. Dnevnik o arnojevi u 112

Zanat: kraljeubica;

Dijagnoza: tuberkuloza.106

Il frammento che costituisce l’ottavo capitolo è collocato dopo i tre capitoli (V,

VI, VII) in cui il soggetto narrante mette al centro dell’attenzione il suo sentimento

per l’infermiera polacca;107 nello stato di profonda rassegnazione in cui versa, questo

amore sensuale diventa per lui un peso e oggetto di compassione, dal che nasce un

forte desiderio di fuga: “Ja evo ekam, da se još štogod dogodi u mom životu, ali

vidim ve , da posle sažaljenja ne dolazi ništa novo”;108 “Moj život je dovršen ovako, a

da nisam primetio gde je stao, a onog, što nazivam život, i nema, i nema”;109 “Otišao

bih nekud daleko i ne bih se osvrnuo. Otišao bih nekuda u žuto liš e, ko zna

kuda”;110 “U mojoj duši ne beše nikakvog bola, ali ni sre e”;111 “Nikog mi nije žao,

najmanje sebe samog”.112 Il tempo narrato, quello in cui si manifesta questo stato

d’animo del soggetto, è indicato come tre anni dall’inizio della sua esperienza di

guerra, mentre la stagione è l’inverno, che, insieme alla neve, è ininterrottamente

evocato dal soggetto, fino al punto di diventare un vero e proprio Leitmotiv.

D’altro canto, l’ottavo capitolo, in cui il personaggio-narratore acquisisce

un’identità anagrafica e sociale, è collocato anche subito prima di uno dei tre capitoli

106 “Nome: Petar Raji / Grado: cibo per cannone / Confessione: greco-orient. / Classe sociale: celibe / Età: 23 / Mestiere: ammazzaregnanti / Diagnosi: tubercolosi”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 155.

107 È stato ripetuto più volte che la frammentarietà del primo romanzo di Crnjanski è la causa della sua composizione molto debole: si tratta di un testo composto di parti autonome in cui sono stati espressi gli stati d’animo di un personaggio che ricorda. Lo stesso autore ha testimoniato che durante la stampa del Dnevnik nel 1921 sono state invertite alcune parti del testo: “Vinaver je vršio korekturu Dnevnika, dok se štampao, pa je pomešao i raspored pojedinih poglavlja. Ja sam onda ve bio u Parizu” (trad.: “Vinaver ha eseguito la correzione del Diario, mentre veniva stampato, e ha confuso anche l’ordine di singoli capitoli. Io allora ero già a Parigi”). È comunque rilevante che l’errore redazionale di Stanislav Vinaver, poeta e amico di Crnjanski, nelle edizioni successive non sia stato corretto dall’autore. In ogni caso, la posizione – per così dire – fortuita dei frammenti nel romanzo non riguarda l’ottavo capitolo. Nella composizione dell’opera questa breve parte ha una funzione ben precisa, determinante, e il suo spostamento avrebbe squilibrato la struttura del romanzo.

108 “Io ecco aspetto che accada ancora qualche cosa nella mia vita, ma vedo già che dopo il compianto non arriva nulla di nuovo”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 153 (capit. V).

109 “La mia vita è completa così, senza che mi accorgessi di dove si è fermata, e ciò che chiamo vita non c’è, non c’è”, ivi, p. 154 (capit. V).

110 “Me ne andrei da qualche parte lontano senza voltarmi indietro. Me ne andrei da qualche parte nelle foglie gialle, chissà dove”, ibidem (capit. VI).

111 “Nellam mia anima non c’era alcun dolore, ma neanche felicità”, ibidem (capit. VI). 112 “Non mi dispiace per nessuno, men che meno per me stesso”, ivi, p. 155 (capit. VII).

2. Dnevnik o arnojevi u 113

più lunghi del romanzo: Raji racconta il proprio sogno su arnojevi . Osserviamo

che questo punto (corrispondente al cap. IX) è l’unico punto in tutto il romanzo in

cui viene nominato il personaggio che darà il titolo a tutta l’opera.

Il capitolo su Raji (VIII) segna la fine della prima parte di D. o ., il capitolo su

arnojevi (IX) inaugura la seconda, cioè la parte centrale dell’opera, che è dedicata

alla rivelazione dello sdoppiamento di Raji / arnojevi .

2.5.1. Raji e arnojevi : narratore e poeta, buntovnik e lutalica

Come ha già notato Novica Petkovi , in passato la critica letteraria ha confuso il

nome del protagonista del romanzo, così che questo ruolo veniva attribuito a

arnojevi poiché questi era identificato con Petar Raji , vero personaggio-narratore

dell’opera.113 Nel Dnevnik essi sono due personaggi dversi dalla cui distinzione

dipende anche l’interpretazione della composizione del romanzo. Distinguendo

arnojevi da Raji è possibile spiegare le posizioni contrastanti espresse dal soggetto

narrante, in forma di brevi enunciati contraddittori, lungo tutto il testo del Dnevnik.

arnojevi appare in sogno a Raji che è malato in un letto di ospedale. Ma non

si tratta di un semplice sogno: il personaggio-narratore inizia a raccontare la “storia”,

il sogno di jedan mladi u svetu (“un giovane nel mondo”) che per lui è “più di un

fratello”. La narrazione prende le mosse da una lettera scritta da Raji a un amico

della Dalmazia, compagno di università, nel ricordo di quella umorna omladina

(“gioventù stanca”), cui si è ormai ridotta la gioventù jugoslava di Vienna alla viglia

del conflitto mondiale:

Ho u da Vam pri am.

113 Cfr. N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., p. 123. Petkovi si riferisce al noto specialista dell’opera di Crnjanski e alla sua importante monografia sul romanzo di questo scrittore, Roman Miloša Crnjanskog. Qui Nikola Miloševi parla di arnojevi come del protagonista del Dnevnik. Tuttavia, gli equivoci che riguardano i nomi del ‘personaggio sdoppiato’ continuano anche oggi. Per esempio, a

arnojevi , di cui nel romanzo non è indicato il nome di battesimo e che è determinato solo come figlio di Egon arnojevi , viene attribuito erroneamente il nome del padre, cfr. P. Milosavljevi , Diskurs romana Dnevnik o arnojevi u Miloša Crnjanskog, in Miloš Crnjanski. Teorijsko-esteti ki pristup…, cit., p. 202, B. Stojanovi -Pantovi , Srpski ekspresionizam, Matica srpska, Novi Sad 1998, p. 111.

2. Dnevnik o arnojevi u 114

O jednom oveku, koga ne mogu da zaboravim, i koji mi je više nego brat. Jedan

jedini ovek. Jedan mladi u svetu.

Beše prva aprilska no , ja je nikad zaboraviti ne u […]114

Dopo la parte introduttiva in cui in forma evocativa viene rivelata l’identità del

gruppo, segue la parte del frammento focalizzata sul personaggio-narratore che giace

sul letto dell’ospedale. L’attenzione si sposta quindi sullo stesso narratore colto nella

sua spossatezza fisica e morale:

Ležim, i vidim samo mutne krovove. Danas su mi dvaput fotografisali plu a, pa sam

filosofski raspoložen, dragi moj. A oni su ve inom mrtvi. Leže, lepo leže pod zemljom,

neki na severu, neki na jugu, neki na istoku, neki na zapadu. Zašto, dragi moj? Ah, ho u

da ti pri am san, jedan moj san, i da te uspavam, mada znam da i ti sad ležiš negde i ne

možeš da spavaš. Danas su mi dvaput fotografisali plu a, pa sam sentimentalan.

Tada, jedno ve e, došao je on, ja ga nikada više zaboraviti ne u. Brzo je nestao

posle, pa ipak, on mi je bio više nego brat.115

Raji quindi racconta il suo sogno, e che si tratti di un sogno, si capisce anche dal

modo in cui ‘descrive’ il personaggio del sogno, che gli appare come un essere

fantastico, irreale, staccato dalla terra. Ma, nello stesso tempo, il narratore esprime

anche il suo pensiero e introduce la propria figura, diventando anch’egli oggetto della

narrazione:

inilo se da njegove duge i tanke, kao motka, noge ne gaze po zemlji, kao da je

lebdeo nad zemljom. […] Ja sam od njega nau io da govorim iskreno. Prišao je stolu tiho

i pozdravio: “Polinezija, gospodo”.

114 “Voglio raccontarvi. / Di un uomo che non posso dimenticare, e che per me è più che un fratello. Un unico uomo. Un giovane nel mondo. / Era la prima notte di aprile, io mai la dimenticherò […]”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 156.

115 “Sto sdraiato, e vedo solo i tetti torbidi. Oggi mi hanno fotografato due volte i polmoni, e sono filosoficamente di buon umore, caro mio. Mentre loro sono in gran parte morti. Giacciono, giacciono bene sotto terra, alcuni a nord, alcuni a sud, alcuni a est, alcuni a ovest. Perché, caro mio? Ah, voglio raccontarti un sogno, un mio sogno, e farti addormentare, sebbene io sappia che anche tu ora stai sdraiato da qualche parte e non puoi dormire. Oggi mi hanno fotografato due volte i polmoni, e sono sentimentale. / Allora, una sera, venne lui, mai più lo dimenticherò. Dopo scomparve presto, e tuttavia egli era per me più che un fratello”, ivi, p. 157.

2. Dnevnik o arnojevi u 115

[…] Pomislio sam da je kakav pesnik, jer mi smo esto bili pesnici.

Mene je pogledao, nepoznatog, samo je mene pogledao; a te o i behu svetle, bistre,

one me setiše neba.116

Da questo momento in poi, infatti, assistiamo al processo di graduale fusione tra

Raji e il personaggio del sogno, del quale il lettore non conosce ancora il nome:

On mi pruži ruku i re e: “Vi li ite na mene, da niste i vi na putu? […]”117

Pa, ipak, dragi moj, kako beše strašno ono što pri aše o svojoj majci. […] Ded, otac,

bra a, svi su bili pijani […] Ona je pla ala dugove, ona ga je školovala, otac mu beše

pisar. Kad pri aše o njenoj kosi sedoj, meni se u ini da snivam, toliko je li ila na moju majku. Ah,

nikad ne mogu da zaboravim tu ženu. […] Njegov otac beše veseo ovek, kao i moj.118

In un primo momento i due personaggi ( arnojevi e Raji ) risultano ancora

distinti: Raji si rivela partigiano dello slavenstvo, ammiratore della cultura classica,

patriota (“U to doba, ja sam govorio samo o korintskim stupovima i o rodoljublju”,

oppure “Ja sam govorio samo o Rjepinu”,119 o ancora “govorili [smo] sa o ajnom

radoš u o slavenstvu” e “zastajali smo i govorili dugo o svetu; o zemljoradni kim

zadrugama i slavenstvu”120). Il personaggio del sogno parla invece della neve e del

cielo, dichiara di essere ‘sumatraista’:

116 “Sembrava che le sue gambe lunghe e sottili, come pertiche, non calpestassero il terreno, come se stesse sospeso al di sopra della terra. […] Io ho imparato da lui a parlare sinceramente. Si avvicinò al tavolo silenziosamente e salutò: «Polinesia, signori». / […] Pensai che fosse un poeta, poiché eravamo spesso poeti. / Mi guardò, sconosciuto, solo me guardò; e quegli occhi erano luminosi, limpidi, mi ricordarono il cielo”, ibidem.

117 “Lui mi porse la mano e disse: «Lei somiglia a me, è forse anche lei in viaggio? […]»”, ibidem. Il corsivo è nostro.

118 “E tuttavia, caro mio, come era terribile ciò che raccontò di sua madre. […] Il nonno, il padre, i fratelli, erano tutti ubriachi […] Lei pagava i debiti, lei lo fece studiare, suo padre era uno scrivano. Quando raccontò dei capelli bianchi di lei, mi sembrò di sognare, somigliava tanto a mia madre. Ah, non potrò mai dimenticare quella donna. […] Suo padre era un uomo allegro, come il mio”, ivi, pp. 158-159. Il corsivo è nostro.

119 “In quel periodo io parlavo solo di colonne corinzie e di patriottismo” […] “Io parlavo solo di Repin”, ivi, p. 158.

120 “parlavamo con gioia disperata della slavità” […] “ci fermavamo e parlavamo a lungo del mondo; delle cooperative agricole e della slavità”, ibidem.

2. Dnevnik o arnojevi u 116

Svi su vikali, rugali mu se i udarali ga, pitali ga je li sindakalista, je li platonista ili

anarhista, nihilista, nešto je morao biti. A on je pri ao o snegu, o krstokljunu, koji zimi drži

svadbu, o snežnim oblacima, a najviše o nebu. Sve je mrmljao nešto nerazgovetno o nebu. Ja sam

mislio da je i on pijan, jer svi su ostali bili pijani. Tada ga pritisnuše o jedno staklo i

po eše ga udarati, a on raširi ruke i re e: “Ja sam sumatraista”. Se am se, bila je zora,

nebo je bilo tamnozeleno, a beše prva aprilska no .121

Nell’ora incerta dell’alba, man mano che la conversazione procede tra i due,

cominciano ad assottigliarsi e a venir meno i confini tra le de figure. Al personaggio-

narratore il viso dell’altro appare nello specchio come il proprio:

Ja sam pokušao da zaspim, ali je teško išlo, on mi je jednako šaputao, a svaki as sam

kao u nekom ogledalu video, nad svojom glavom, sam svoje lice. Bila je to udna no . Iznenada, on

mi se u ini davno poznat i mi smo dugo govorili o budu nosti Srbije, o narodnoj nošnji i

o korintskim stupovima. On je jednako po injao o nebu.122

I due personaggi, quindi, si fondono, ovvero il personaggio-narratore si identifica

con il personaggio del suo sogno, che però continua a parlare delle strisce del cielo, di

sua madre e delle isole lontane: “[…] Mislio je o mladosti, a pri ao mi je zamršeno,

kao moj život”.123

La sistematizzazione delirante si stabilisce alla fine del frammento, quando anche

il personaggio del sogno si identifica con colui che lo sogna – arnojevi si sdoppia

nella figura di Raji e vi si identifica:

121 “Tutti urlavano, lo prendevano in giro e lo colpivano, gli chiedevano se fosse un sindacalista, un platonico o un anarchico, un nichilista, qualcosa doveva essere. Ma lui raccontava della neve, del crociere, che d’inverno tiene le nozze, delle nuvole innevate, e soprattutto del cielo. Borbottava tutto il tempo qualcosa di incomprensibile sul cielo. Io pensavo che anche lui fosse ubriaco, poiché tutti gli altri lo erano. Allora lo schiacciarono a un vetro e cominciarono a percuoterlo, e lui allargò le braccia e disse: «Io sono sumatraista». Ricordo, era l’alba, il cielo era verde scuro, ed era la prima notte di aprile”, ibidem. Il corsivo è nostro.

122 “Io provavo ad addormentarmi, ma mi era difficile, lui continuava a sussurrarmi, e ogni momento vedevo come in uno specchio, sopra la mia testa, il mio stesso volto. Quella era una notte strana. All’improvviso, lui mi sembrò conosciuto da tanto tempo e abbiamo parlato a lungo del futuro della Serbia, del costume tradizionale e delle colonne corinzie. E lui cominciava sempre a parlare del cielo”, ivi, p. 160. Il corsivo è nostro.

123 “[…] Pensava alla giovinezza, e mi raccontava in modo ingarbugliato, come la mia vita”, ibidem.

2. Dnevnik o arnojevi u 117

Okrenuo se onima što su sedeli oko stola, na kojem se vrtela igra i zlatnici, i po eo

vikati, uzdižu i ruke: «Gospodo, smešite se, možda e to neko na Sumatri osetiti». Posle

je po eo da govori o nekim korintskim stupovima i osetio da umire.124

Con lo sdoppiamento, ossia con l’identificazione del personaggio-narratore e del

personaggio del suo sogno, si è verificato uno sdoppiamento del sogno nel sogno,

come indicano chiaramente alcune frasi: “tada se opet javi neki, udan bol i tuga u

njegovom pri anju, i jedva ujno šapu u i, ose ao sam samo da mi grli glavu i hladi

elo […] Ja sam uo samo kako se smeje, a taj smeh mi je probadao san”.125 In effetti,

il personaggio-narratore che racconta il sogno in cui gli compare arnojevi non è

sveglio, ma sogna anche nel momento in cui narra. Insomma, nello stesso tempo in

cui racconta il suo sogno su arnojevi , Raji sogna il sogno su arnojevi . Mediante

questa tecnica di inclusione del sogno nel sogno si ottiene una completa simultaneità

degli avvenimenti e soprattutto si evidenzia l’identificazione del personaggio-

narratore e del personaggio del sogno, cioè di Raji e di arnojevi . Raji ,

personaggio che racconta la propria vita e l’esperienza della guerra, è tutt’uno con

arnojevi , personaggio del sogno, che a sua volta racconta della propria vita

trascorsa navigando per i mari e credendo nel collegamento di ogni cosa. In questo

modo, viene espressa l’unità in un unico personaggio delle sue due parti: quella

concreta, legata alla diretta realtà ed espressa nel personaggio-narratore (Raji ), e

quella irreale, ultraterrena, liberata da ogni limitazione pragmatica ed espressa nel

personaggio di arnojevi .

Così è stata creata anche una contrapposizione tra i due personaggi: da un lato, il

personaggio-ribelle, che si oppone all’ordine sociale dato, e, dall’altro, “nežna i

odsutna, poeti na lutalica sa ivice snova”.126 Concretamente, da una parte si trova il

124 “Si voltò verso quelli che stavano seduti intorno al tavolo su cui giravano una trottola e delle monete d’oro, e cominciò a urlare, alzando le braccia: «Signori, sorridete, forse qualcuno a Sumatra lo percepirà». Poi cominciò a parlare di certe colonne corinzie e sentì che stava morendo”, ivi, p. 165.

125 “allora affiorarono ancora uno strano dolore e una certa tristezza nel suo racconto, e sussurrando in modo appena percettibile, sentivo solo che mi abbracciava la testa e mi rinfrescava la fronte […] Sentivo solo come rideva, e quella risata mi trafiggeva il sonno”, ivi, p. 161.

126 “un vagabondo poetico, delicato e assente, proveniente dal limite del sogno”, P. Džadži , Mirni ovek sa Sumatre, in Povlaš eni prostori Miloša Crnjanskog, Zavod za udžbenike i nastavna sredstva, Beograd 1995, p. 53.

2. Dnevnik o arnojevi u 118

narratore che lascia una confessione in cui parla della propria vita, della gioventù

trascorsa in guerra, come ha annotato nel manoscritto, nel diario, segno dell’esistenza

storica, dall’altra parte si trova il poeta, l’amante dell’infinito, che espone un suo

programma poetico.127

Raji e arnojevi rappresentano a loro volta il sogno di Crnjanski di fare Uno

tra l’impegno dello scrittore politicamente e socialmente impegnato e l’ideale di

fusione cosmica dell’uomo e dell’artista – ideale espresso da Crnjanski come

aspirazione ad essere parte intimamente connessa con un Tutto.

2.5.2. Kako je sve u vezi, na svetu: il programma poetico di Crnjanski

In un suo articolo dedicato a Dnevnik o arnojevi u, pubblicato in occasione della

seconda edizione del romanzo, Rastko Petrovi ha scritto quanto segue:

Ideja “sumatraizma” ba ena u svoj ogroman metež vrednosti po banatskim i galicijskim

poljima, gde se sukobljavale sudbine i tragi ke li nosti, vojski, gomila i naroda, gde su

razlivene vode, magluštine blata i epidemije obeležava ta no poslednje kidanje duha iz

onoga što je san u koliko logika, i ilogizam u koliko stvarnost. Iza svega toga

(Crnjanskov ovek je uveren), postoji jedan apsolut, ma gde, ma kad i ma kako; u

središtu ega i po zakonu ega sve to što se tu zbiva ima svoju sudbonosnu vrednost.

Jedan ovek koji pada tu u blatu kod Krakova, krvav i razoren, vezan je za stvaranje

nekog cveta u Polineziji.128

127 Alla luce delle osservazioni fatte, merita attenzione quanto osserva Zvonko Kova a proposito del modo di Crnjanski di raffigurare la realtà e della sua poetica: “Karakteristika je Crnjanskijeva «na ina» da razli ita svjedo anstva o svijetu, razli ite istine, pa i najrazli itije pojave i zbivanja i lica, podataka uzetih iz stvarnosti i onih preuzetih «iz sna», povezuje i spaja u jedinstvenu artificijelnu sugestiju, naj eš e tuma enu u zajedni kom nazivniku sumatraizma […]” (trad.: “È una caratteristica del «modo» di Crnjanski il collegare e l’unire diverse testimonianze del mondo, diverse verità, e inoltre i più vari fenomeni e avvenimenti e personaggi, dei dati presi dalla realtà e di quelli presi «dal sogno», di collegarli appunto in una suggestione artificiale unitaria, molto spesso interpretata secondo il denominatore comune del sumatraismo […]”), Z. Kova , op. cit., p. 104.

128 “L’idea del «sumatraismo» gettata nella sua enorme confusione di valori, di eserciti, di masse e di popoli sui campi del Banato e della Galizia, in cui si scontravano destini e personalità tragiche, in cui si sono riversate acque, nebbioni di fango e epidemie, segna esattamente l’ultima lacerazione dello spirito da ciò che è sogno a una qualche logica, e da ciò che è illogicità a una qualche realtà. Dietro tutto ciò (l’uomo di Crnjanski ne è convinto) esiste un assoluto, in qualunque luogo, in qualunque tempo e in qualunque modo; al centro del quale e secondo la cui legge tutto ciò che qui avviene ha un

2. Dnevnik o arnojevi u 119

Già nel titolo del romanzo viene messa in evidenza la duplicità del personaggio: il

diario è tenuto durante la guerra da Raji , ma con il titolo si sottolinea che quello non

è un diario dedicato al suo ‘io’ guerriero, ma un diario dedicato al suo ‘io’ del sogno.

L’unitarietà di queste due parti antitetiche, incarnate nelle figure di Raji e arnojevi ,

conduce a una terza identificazione, che chiama in causa l’autore implicito. Prima di

Dnevnik o arnojevi u, apparso nel 1921 e nato negli anni della guerra, come testimonia

l’autore stesso,129 su invito di Bogdan Popovi nel 1920 Crnjanski aveva pubblicato

su «Srpski književni glasnik» la poesia Sumatra con il relativo commento esplicativo

(Objašnjenje) sotto forma di testo lirico-programmatico.130 Qui riportiamo l’intera

poesia:

Sumatra

Sad smo bezbrižni, laki i nežni.

Pomislimo: kako su tihi, snežni

vrhovi Urala.

Rastuži li nas kakav bledi lik,

što ga izgubismo jedno ve e,

znamo da, negde, neki potok,

mesto njega, rumeno te e!

suo valore fatale. Un uomo che cade qui nel fango presso Cracovia, insanguinato e distrutto, è legato alla creazione di un fiore in Polinesia”, R. Petrovi , Miloš Crnjanski, cit., pp. 203-204.

129 “Ja sam za vreme rata imao dnevnik koji sam vukao sa sobom, kao neku kupusaru. Bio je strašno narastao. Ono što sam bio rešio da štampam na Univerzitetu u Beogradu iznosilo je, ini mi se, najmanje dvanaest štampanih tabaka. Pošto izdanje «Maske», latinicom, nije niko itao, ja sam prvo štampao «Masku» u asopisu «Dan», a posle sam po eo da tražim izdava a za «Dnevnik», koji sam bio nazvao «o arnojevi u»” (trad.: “Durante la guerra avevo un diario che trascinavo con me, come un libraccio. Era cresciuto terribilmente. Ciò che avevo deciso di stampare all’Università di Belgrado ammontava, mi sembra, quantomeno a dodici fascicoli stampati. Poiché l’edizione di La maschera, in latinica, non l’aveva letta nessuno, stampai per primo La maschera sulla rivista «Giorno», e poi incominciai a cercare l’editore per Diario, che avevo chiamato su arnojevi ”), M. Crnjanski, Komentar uz pesmu “Ja, ti, i svi savremeni parovi”, cit., p. 279.

130 “Urednik «Srpskog književnog glasnika», g. Bogdan Popovi , pozvao me je, pri štampanju «Sumatre», da u obliku nekog dodatka izložim sa njom i svoje «Veruju» o poeziji” (trad.: “Il redattore del «Messaggero Letterario Serbo», il sig. Bogdan Popovi , mi invitò, al momento di mandare in stampa Sumatra, ad esporre con essa in forma di appendice anche il mio «Credo» sulla poesia”), M. Crnjanski, Objašnjenje “Sumatre”, cit., p. 288.

2. Dnevnik o arnojevi u 120

Po jedna ljubav, jutro, u tu ini,

dušu nam uvija, sve tešnje,

beskrajnim mirom plavih mora,

iz kojih crvene zrna korala,

kao iz zavi aja, trešnje.

Probudimo se no u i smešimo, drago,

na Mesec sa zapetim lukom.

I milujemo daleka brda

i ledene gore, blago, rukom.

Beograd, Bra e Nedi a 29, 1920.131

Il componimento rivela un’atmosfera di pace, di beatitudine del soggetto lirico,

che si esprime in prima persona plurale e che conosce la spensieratezza e la

leggerezza quando pensa alle vette ghiacciate degli Urali, alla tranquillità infinita dei

mari blu, a un “certo ruscello” che “scorre rosso” al posto “di una figura pallida”, al

paese natio e alla Luna.

Come si è detto, la poesia Sumatra è accompagnata da Objašnjenje “Sumatre”, che si

compone di due parti: una prima in cui Crnjanski espone il proprio programma sulla

sua lirica e sulla lirica della sua generazione, e una seconda parte, rappresentata da un

breve scritto tra il lirico e il narrativo in cui parla della genesi di Sumatra, annunciato

dall’autore stesso con queste parole:

Sad bi trebalo da se upustim u metri ke diskusije. Me utim, za to je, prvo, još rano,

a, drugo, ja nisam nikad bio toliko svestan kao neki Malerbov ak. Ne u da budem ni

131 Qui si riporta la traduzione in italiano di Sofia Zani: “Oggi siamo leggeri e garbati, / tranquilli al tocco dei silenzi nevosi / delle cime degli Urali. // Ci rattrista una pallida faccia, / che smarrimmo una sera, / sappiamo che rosso / ruscello in sua vece scorre! // Più di un amore, al mattino, in terra straniera, / l’anima ci avvince, / con la sconfinata pace dei mari azzurri, / di cui rosseggiano grani di corallo, / come rosse ciliegie di terra natale. // Ci svegliamo la note e sorridiamo caramente, / alla luna con l’arco teso. / E accarezziamo i lontani monti / e i gelati picchi caramente con la mano”, Sofia Zani, op. cit., p. 13.

2. Dnevnik o arnojevi u 121

duhovit, pa da upotrebim ironiju Edgara Poa. Bez prepirke o versifikaciji, ja u, prosto,

da ispri am kako dolazi do tih pesni kih, hipermodernih, buncanja, kao što je Sumatra.132

Il personaggio-narratore alla stazione di Zagabria incontra un suo buon amico

che ritorna dalla guerra e che ha viaggiato “da Bukharta” attraverso “il Giappone e

l’Inghilterra”, dopo di che anche il personaggio-narratore prende posto nel treno con

cui prosegue il viaggio. In treno, metafora del caos bellico che porta via tutto con sé,

il personaggio-narratore mette in ordine i pensieri e i sentimenti che si intrecciano

con il ricordo della storia dell’amico su posti lontani, del volto pallido di una donna,

degli “innevati monti Urali”, di “mari blu, isole lontane”:

A moje misli, jednako su još pratile mog druga na onom njegovom putovanju o kojem mi je,

bezbrižan, sa gorkim humorom, pri ao. […]

Najzad, mir, mir zore, polako je ulazio u mene. Sve što je moj drug pri ao, pa i on sam, poguren,

u pohabanom, vojni kom šinjelu, ostalo je zauvek u mom mozgu. Odjednom sam se se ao, i ja, gradova,

i ljudi, koje sam ja video, na povratku iz rata. Prvi put primetih neku ogromnu promenu.

[…] Iznuren, opet sam seo u mra an kut vagona, sam samcit. Po nekoliko puta rekoh sam sebi: S

u m a t r a, S u m a t r a!133

Il brano lirico si conclude mentre il treno è fermo con il risveglio del

personaggio-narratore, che diviene cosciente dell’impotenza umana dinanzi a ciò che

è accaduto e si fa prendere dall’amore per i posti lontani:

Osetih svu našu nemo , svu svoju tugu. “Sumatra”, prošaptah, sa izvesnom afektacijom.

132 “Ora dovrei entrare in discussioni metriche. Tuttavia, per questo è, in primo luogo, ancora presto, e, in secondo luogo, io non sono mai stato così cosciente come un allievo di Malherbe. Non voglio essere neanche spiritoso, e usare l’ironia di Edgar Poe. Senza dispute sulla versificazione, racconterò semplicemente come si arriva a quei vaneggiamenti poetici ipermoderni, qual è Sumatra”, M. Crnjanski, Objašnjenje “Sumatre”, cit., p. 291.

133 “E i miei pensieri parimenti seguivano ancora il mio compagno in quel suo viaggio di cui, spensierato, con uno humour amaro, mi raccontava. […] / Infine, la pace, la pace dell’alba, penetrava lentamente dentro di me. Tutto ciò che raccontava il mio compagno, e lui stesso, ricurvo, con indosso un logoro cappotto militare, è rimasto per sempre nella mia mente. Ad un tratto mi ricordavo, anche io, delle città, e della gente, che ho visto, di ritorno dalla guerra. Per la prima volta notai un enorme cambiamento. / […] Spossato, mi sedetti di nuovo in un angolo scuro del vagone, solo soletto. Per alcune volte dissi a me stesso: S u m a t r a, S u m a t r a!”, ivi, p. 292. In corsivo nell’originale.

2. Dnevnik o arnojevi u 122

Ali, u duši, duboko, kraj svega opiranja da to priznam, ja sam ose ao neizmernu ljubav prema

tim dalekim brdima, snežnim gorama, ak tamo gore do ledenih mora. Za ona daleka ostrva, gde se

doga a ono što smo, možda, mi u inili. Izgubio sam strah od smrti. Veze za okolinu. Kao u nekoj

ludoj halucinaciji, dizao sam se u te bezmerne, jutarnje magle, da ispružim ruku i pomilujem daleki

Ural, mora indijska, kud je otišla rumen i sa mog lica. Da pomilujem ostrva, ljubavi, zaljubljene, blede

prilike. Sva ta zamršenost postade jedan ogroman mir i bezgrani na uteha.134

Come si può vedere, la parte lirica di Objašnjenje “Sumatre” è una versione in prosa,

ampliata, della poesia Sumatra, ma nello stesso tempo è anche una versione sintetica

di Dnevnik o arnojevi u.

Nel Dnevnik il ‘sumatraismo’ è espresso nel personaggio di arnojevi , che ne

spiega il fondamento, ma che esiste soltanto come sdoppiamento di Petar Raji :

On je rekao: da nismo gospodari svojih misli, ni svojih dela, da je on obavezan

jednoj staroj ženi, koja je sahranjena negde, na jednom dalmatinskom ostrvu, i da nikog

više ne voli na svetu.135

Tada bi sa osmehom gorkim, priznavao da je nesre an. Sve što je bilo oko njega

prezirao je; sve to beše uzaludno i smešno, a o ajnu bi radost budilo u njemu ono što je

bilo daleko. I bio je miran i blag.136

Nije više znao šta je dobro a šta zlo i merio je sve rumenilom neba, utehom

njegovom. Tako, iz daljine, imao je strašnu mo nad doga ajima u svetu, nad draganom

134 “Sentii tutta la nostra impotenza, tutta la mia tristezza. “Sumatra”, sussurrai, con una certa affettazione. / Ma, nell’anima, in profondità, nonostante tutte le mie resistenze a riconoscerlo, provavo un amore smisurato per quei monti lontani, per quelle alture innevate, fin lassù verso i mari ghiacciati. Per quelle isole lontane, dove avviene ciò che, forse, abbiamo fatto noi stessi. Persi la paura della morte. I legami con l’ambiente circostante. Come in una folle allucinazione, mi sollevavo in quelle smisurate nebbie mattutine, per porgere la mano e accarezzare gli Urali lontani, i mari indiani, dove se ne andò il rossore anche dal mio volto. Per accarezzare isole, gli amori, i sembianti innamorati, pallidi. Tutto quel groviglio divenne un’enorme pace e una consolazione infinita”, ivi, p. 293. In corsivo nell’originale.

135 “Lui disse: che non siamo padroni dei nostri pensieri, né delle nostre azioni, che lui ha degli obblighi verso un’anziana donna che è sepolta da qualche parte, su un’isola dalmata, e che non ama più nessuno al mondo”, M. Crnjanski, Dnevnik…, cit., p. 161.

136 “In tali occasioni riconosceva, con un sorriso amaro, di essere infelice. Disprezzava tutto ciò che era intorno a lui; tutto ciò era inutile e ridicolo, e in lui destava una gioia disperata ciò che era lontano. Ed era tranquillo e mite”, ivi, p. 162.

2. Dnevnik o arnojevi u 123

svojom i zavi ajem svojim, nad svim što mu beše milo i drago. Tako, nepomi an, sa

mutnim i blagim osmehom i mislima na ostrva daleka.137

Oko njega su svi plakali i pevali, ali njemu ne beše ni ega žao. […]

Okrenuo se onima što su sedeli oko stola, na kojem se vrtela igra i zlatnici, i po eo

vikati, uzdižu i ruke: “Gospodo, smešite se, možda e neko na Sumatri osetiti”. Posle je

po eo da govori o nekim korintskim stupovima i osetio da umire.138

Si può facilmente osservare che, per quanto riguarda i tre testi di Crnjanski in

questione, si tratta di tre forme di un’unica idea poetica, l’idea del ‘sumatraismo’, il

programma poetico dell’autore. L’unione di luoghi vicini e lontani, del passato e del

presente, della realtà e dell’irrealtà, indica il collegamento doppiamente antitetico del

“tutto” in uno. Nella poesia lirica tale collegamento di concetti contrastanti è del

tutto evidente già dalla loro successione e dalla vicinanza nel testo, dal loro

accostamento (paese straniero – paese natale; uomo – natura; qui – lì; realtà – sogno).

Nel testo in prosa questo ‘sumatraistico’ collegamento, qui non più così evidente

dal punto di vista grafico come nella poesia, è espresso nella maniera più chiara

tramite il binomio dei personaggi, che apparentemente sono in antitesi, ma che sono

anche vicini (il personaggio-narratore e il suo “buon amico”, Raji e arnojevi ).

Non vi è dubbio che nei due testi in prosa Crnjanski si sia servito della tecnica dello

sdoppiamento del personaggio per esprimere l’idea del “collegamento di tutto”, il suo

‘sumatraismo’. Per questo nella poesia Sumatra, in cui il ‘noi’ lirico “va inteso come un

‘io’ camuffato per moltiplicazione”,139 nella piccola storia in prima persona in cui lo

‘ja’ narrante e l’Altro (il “buon amico”) si sono quasi uniti in un nuovo ‘io’, e infine

nel romanzo breve in cui il personaggio-narratore (Raji ) e personaggio del suo

137 “Non sapeva più che cosa fosse bene e che cosa fosse male e misurava ogni cosa con il rossore del cielo, sua consolazione. Così, da lontano, aveva una terribile forza sugli avvenimenti nel mondo, sulla sua amata e sulla sua terra natale, su tutto ciò che gli era caro e importante. Così, immobile, con un sorriso torbido e mite e con i pensieri rivolti verso isole lontane”, ivi, p. 163.

138 “Intorno a lui piangevano e cantavano tutti, ma a lui non dispiaceva di nulla. […] / Si voltò verso quelli che stavano seduti intorno al tavolo su cui giravano una trottola e delle monete d’oro, e cominciò a urlare, alzando le braccia: «Signori, sorridete, forse qualcuno a Sumatra lo percepirà». Poi cominciò a parlare di certe colonne corinzie e sentì che stava morendo”, ivi, p. 165.

139 N. Petkovi , Lirske epifanije…, cit., p. 100.

2. Dnevnik o arnojevi u 124

sogno ( arnojevi ) costituiscono un ‘io’ unitario, si scopre gradualmente e si

concretizza gradatamente un’idea poetica, che condice al suo stesso autore.

In D. o ., terzo anello della catena del sumatraismo, il personaggio sdoppiato

Raji - arnojevi , il primo portatore del principio in cui si riflette la realtà quotidiana,

il secondo come espressione dell’immaginazione poetica del primo, non è che un alter

ego di Crnjanski. Nel testo in prosa, ma si potrebbe dire anche nella poesia lirica, lo

scrittore ha scelto la tecnica della maschera dietro cui si nasconde l’autore implicito.140

La maschera serve proprio come strumento che rende possibile il raddoppiamento

dei personaggi, che tiene una moltitudine di ‘io’ in una forma sola. Essa attira

l’attenzione proprio su ciò che si nasconde dietro di lei, ma serve principalmente a

svelare questo ‘io’ moltiplicato. In un punto dei Komentari nati come spiegazione di

Lirika Itake Crnjanski esprime esplicitamente il legame autore-personaggio, realizzato

nel Dnevnik attraverso vari elementi (biografici, intellettuali, programmatici):

Pa ipak, sutradan, pri opštem pregledu, dr. Dumi je pronašao da imam bolesna

plu a i tolika je bila disciplina u Austriji, u vojsci, da su i dva mlada lekara, Ma ara,

potvrdila tu dijagnozu.

Otuda tuberkuloza kod junaka romana u Dnevniku o arnojevi u.141

Questo dato ci indurrebbe a prendere in esame l’autobiograficità del Dnevnik, che

ha un significato ampio e chiare ragioni di esistere. Tale autobiograficità va

comunque interpretata nel contesto della poetica del periodo in cui si colloca. Così

uno dei protagonisti della scena letteraria degli anni ’20, Rastko Petrovi , esprime

l’idea di come dovesse essere il libro dei suoi tempi:

140 “[…] svijest implicitnoga autora, negdje izme u svijesti autora i pripovjeda a, kao da se neposredno spaja sa svijesti itaoca, bez ikakvoga posredovanja od strane pripovjeda a, a ini se da je i subjektivnost glavnoga lika zavisna od autorove subjektivnosti, pa se ovakav psihološki, subjektivan roman doima kao prikriven oblik autobiografije” (trad.: “[…] la coscienza dell’autore implicito, più o meno a metà tra la coscienza dell’autora e quella del narratore, è come se si fondesse direttamente con la coscienza del lettore, senza alcuna mediazione da parte del narratore, e sembra che anche la soggettività del protagonista dipenda dalla soggettività dell’autore, e un tale romanzo psicologico, soggettivo, dà l’impressione di una forma nascosta di autobiografia”), Z. Kova , op. cit., p. 99.

141 “E tuttavia, all’indomani, durante una visita generica, il dr Dumi trovò che ho i polmoni malati e tale era la disciplina in Austria, nell’esercito, che anche due giovani medici, ungheresi, confermarono la diagnosi. / Da qui deriva la tubercolosi del protagonista del romanzo nel Diario su

arnojevi ”, M. Crnjanski, Komentar uz ovu “Odu”, in Id., Lirika…, cit., p. 222.

2. Dnevnik o arnojevi u 125

Ako je knjiga o jednome životu, ho emo da onaj koji opisuje taj život ima

najintimnije saznanje, najpronicljivije, o svakom njegovom iniocu. I više volimo da se o

jednom delu toga života kaže da ne postoje sigurni podaci, no da se proizvoljno

rekonstruišu. Volimo da knjiga o jednom životu bude ili autobiografija ili da je bar

sasvim zamenjuje; da je ona jedna vrsta ispovesti.142

142 “Se un libro è dedicato a una vita, vogliamo che colui che descrive tale vita abbia la cognizione più intima, più penetrante, di ogni suo fattore. E preferiamo che per una parte di tale vita si dica che non esistono dati sicuri, piuttosto che essi vengano ricostruiti arbitrariamente. Ci piace che il libro dedicato a una vita sia o un’autobiografia o che perlomeno la sostituisca in tutto; che sia una specie di confessione”, R. Petrovi , Stvarnost u stranoj i našoj književnosti…, cit., p. 255.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi

3.1. L’eterno canto sull’amore e la caducità di tutto: Grozdanin kikot

Ni život ni smrt ne pripada meni

Ja sam tek onaj koji je u sjeni

Onog što u vremenu se

Ovremeni1

(Mak Dizdar)

3.1.1. La questione testuale. L’espressione linguistica (s) raskrš a

Il primo romanzo di Hamza Humo, Grozdanin kikot (La risata di Grozdana), è

stato pubblicato per la prima volta nel 1927 a Belgrado per i tipi dell’editore S. B.

Cvijanovi . Così come la maggior parte dei romanzi apparsi negli anni Venti del

Novecento nelle letterature in serbo-croato, anche quello di Humo, prima di essere

stampato in forma integrale, è stato stampato in versione parziale su due riviste

letterarie slave meridionali, due anni prima che uscisse la versione definitiva. La

prima parte (più precisamente i capp. XI e XII) fu pubblicata sullo zagabrese

«Vijenac», in versione ijekava. Nello stesso anno uscirono un’altra parte intitolata

Peva i (Cantori), questa volta sulla belgradese «Misao», in ekavo, e la parte conclusiva

dell’opera, sul «Srpski književni glasnik».2 Il romanzo Grozdanin kikot, nella versione

1 “Né la vita né la morte appartengono a me / io sono solo colui che è nell’ombra / di ciò che nel tempo si / fa tempo”, M. Dizdar, Radimlja, in Id., Kameni spava , Ljiljan, Sarajevo 1997, p. 95.

2 H. Humo, Sa strana zamagljenih. Ulomak iz romana Grozdanin kikot, «Vijenac», 5/10 (1925), pp. 233-34; Id., Peva i. Ulomak iz romana Grozdanin kikot, «Misao», 1 (1925), pp. 615-618 e Oproštaj s letom, «Srpski književni glasnik», 3 (1925), pp. 161-171. Già nel 1920 ancora sulla rivista «Misao», di cui allora erano redattori Sima Pandurovi e Velimir Živojinovi -Massuka, Humo pubblicò anche la sua prima prosa, intitolata Iz jednog dnevnika (Da un diario). La rivista «Misao», in realtà, fu una specie di pendant all’allora principale rivista serba, «Srpski književni glasnik». Si noti tra l’altro che proprio «Misao», soprattutto nel periodo in cui erano redattori Ranko Mladenovi e Stanislav Vinaver (1921-1923), fu il

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 127

integrale, è stato pubblicato in ekavo e in cirillico, così come sono stati scritti in

ekavo anche le poesie e i saggi di Humo pubblicati nel periodo tra le due guerre

mondiali, e soprattutto negli anni Venti.3 Anche il romanzo breve di Humo, come le

altre sue opere, nelle edizioni successive, apparse comunque durante la vita

dell’autore, è stato trasposto dall’ekavo in ijekavo.4 Le quattro edizioni ijekavizzate

sono precedenti alle Opere complete (Sabrana djela) dell’autore, nelle quali il curatore,

Muhsin Rizvi , rispettando la volontà dell’autore, ha inserito anche l’ultima versione

ijekava del romanzo, nonostante che nell’introduzione alle stesse Opere complete osservi

che tra le due guerre mondiali nella produzione artistica di Humo la parlata ekava

aveva per lo stesso scrittore un «significato stilistico» e dava alla sua lingua, tra l’altro,

espressività, concisione (“jedrina”), forza e nuova determinatezza (“odre enost”).5 È

primo periodico dei giovani scrittori serbi di avanguardia, e con una politica redazionale secondo la quale viene chiaramente spostato l’accento dalle questioni cosmologiche e cosmico-metafisiche a quelle costruttivo-morfologiche, ovvero sulle questioni che riguardano direttamente le tecniche dell’opera poetica. Proprio durante i due anni della guida della rivista da parte di Stanislav Vinaver, in «Misao» è dedicata particolare attenzione alla poesia, mentre lo stesso Vinaver redigeva la cronaca relativa alla musica. Su questa stessa rivista Miloš Crnjanski pubblicò il suo saggio programmatico Za slobodni stih (Per il verso libero, 1922), nel quale si danno un’interpretazione e una difesa del verso libero rispetto alla metrica tradizionale; il saggio, visto nella sua interezza, è nato comunque sulla linea della poetica della giovane generazione prebellica, all’insegna della ricerca della tradizione nazionale, che è da loro individuata nella poesia popolare, cfr. R. Vu kovi , Poetika hrvatskog i srpskog ekspresionizma, Svjetlost, Sarajevo 1979, p. 361 (nota 48). Quindi, non è per puro caso che proprio sulla rivista «Misao» nel 1925 Humo pubblicò il più lungo e il più significativo capitolo del suo primo romanzo; in esso viene trattata la gara di due cantori della poesia popolare lirica e vengono espresse idee sul significato della poesia (qui cantata), ovvero della sua superiorità su qualsiasi forma della comunicazione umana.

3 Prima del romanzo breve Grozdanin kikot, Humo pubblicò due raccolte di poesie – Nutarnji život (La vita interiore, 1919), apparsa nella sua città natale, Mostar, e Grad rima i ritmova (La città delle rime e dei ritmi, 1924), a Belgrado – e una raccolta di poesia in prosa, Sa plo a isto nih (Dalle lastre orientali, 1925), uscita sempre a Belgrado. Dopo la Seconda guerra mondiale, in due momenti diversi Humo preparò una scelta delle sue poesie con il titolo Izabrane pjesme (Poesie scelte), la prima volta nel 1954 e la seconda nel 1968, rispettivamente per gli editori sarajevesi Svjetlost e Veselin Masleša; in queste edizioni sono stati ovviamente inclusi anche i componimenti poetici del periodo tra le due guerre, i quali però hanno subito una trasposizione, per mano dello stesso autore, dall’originale ekavo in ijekavo. Soltanto la raccolta Nutarnji žvot, che non è stata ripubblicata durante la vita dell’autore, è rimasta nella versione originale, ekava. Nel 1976 Muhsin Rizvi ha redatto per l’editore Svjetlost le opere complete di Humo (Sabrana djela Hamze Hume), in cui sono entrate tutte le opere dello scrittore così come erano redatte nell’ultima versione da lui data, cfr. H. Humo, Sabrana djela [knj. 1-6], izbor, redakcija i predgovor M. Rizvi , Svjetlost, Sarajevo 1976.

4 Si hanno quattro edizione uscite durante la vita di Humo: H. Humo, Grozdanin kikot, Selja ka knjiga, Sarajevo 1953; Id., Grozdanin kikot, Narodna prosvjeta, Sarajevo 1956; Id., Grozdanin kikot. Pod žrvnjem vremena (La risata di Grozdana. Sotto la macina del tempo), Svjetlost, Sarajevo 1958; Id., Grozdanin kikot i druge pri e (La risata di Grozdana e altri racconti], Svjetlost, Sarajevo 1962.

5 Cfr. M. Rizvi , Prenapregnuta ulnost kao opsesija izraza, in H. Humo, Sabrana djela, 1, Svjetlost, Sarajevo 1976, p. 38.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 128

allora opportuno rilevare come il critico e storico della letteratura sarajevese Midhat

Begi a suo tempo abbia criticato l’intervento linguistico ijekavizzante e abbia

osservato che la contemporanea trasposizione delle opere di H. Humo, nate nel

periodo tra le due guerre mondiali, dalla versione ekava in quella ijekava era

un’operazione da non compiere.6

In questa parte del nostro lavoro incentrata sull’analisi del romanzo breve

Grozdanin kikot ci serviamo come fonte dell’editio princeps ekava del 1927, e non della

versione ijekava del dopoguerra, né di quella (sempre ijekava) inclusa nelle Opere

complete. Tale scelta è stata fatta in base a una duplice motivazione, già in parte emersa

da quanto si è detto poc’anzi. Nelle frasi concise di questo romanzo (dalla sintassi

elementare, spesso composta soltanto da soggetto, predicato e oggetto), frasi in cui

viene marcato acusticamente e semanticamente ogni singolo elemento, la parlata

ekava rappresenta uno dei principali tratti compositivi. Il secondo motivo è di natura

storico-letteraria: l’espressione linguistica nelle opere di Humo, come d’altronde

anche nelle opere di altri scrittori jugoslavi degli anni Dieci e soprattutto degli anni

Venti del Novecento, dovrebbe essere pienamente rispettata e sempre interpretata

nell’ambito della poetica di questo variegato e complesso periodo della storia

letteraria degli Slavi del Sud.7 La scelta degli autori di scrivere i loro testi in una veste

linguistica o nell’altra non era in tutti i casi soltanto una scelta ‘ideologica’ di coloro

che erano affascinati dall’idea dello jugoslavenstvo/jugoslovenstvo; tali scelte da parte di

alcuni autori (proprio come nel caso di Humo) si compiono nel segno della ricerca di

un’espressione linguistica che corrisponda nel modo migliore alla nuova sensibilità di

quel peculiare periodo letterario, che si prefiggeva di abbattere le poetiche, di

6 Cfr. M. Begi , Raskrš a 4. Bosanskohercegova ke književne teme, priredila H. Kapidži -Osmanagi , [Djela, knj. 5], Veselin Masleša - Svjetlost, Sarajevo 1987, p.

7 Sono numerosi gli esempi di scrittori croati e bosniaci che in questo periodo scrivono le loro opere in ekavo. Ma non mancano nemmeno gli scrittori serbi che pubblicano invece in ijekavo. Miloš Crnjanski, per esempio, ha pubblicato i suoi primi componimenti in versi a Zagabria e in ijekavo. Dall’altra parte, si pensi ai fratelli Mici , operanti inizialmente a Zagabria, dove hanno fondato la rivista «Zenit» (1921), che poteva vantare un respiro e collaboratori internazionali, per poi passare a Belgrado (dov’è stata trapiantata anche la rivista), o a I. Andri , che passa dallo ijekavo all’ekavo. In ekavo scrivevano anche A. B. Šimi , Tin Ujevi , M. Krleža. Comunque, la vivacità creativa, la ricchezza e la dinamicità della vita culturale (e dell’esperienza linguistica) di questo periodo forse si rispecchia nel modo migliore nell’attività delle riviste («Vijenac», «Savremenik», «Srpski književni glasnik», «Bosanska vila», «Misao»), che escono a Zagabria, Belgrado, Sarajevo, e con cui collaborano attivamente tutti i principali scrittori dell’area serbo-croato-bosniaca.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 129

innovare la sintassi e di ibridare i generi letterari ‘canonici’,8 proprio all’insegna

dell’innovazione. ‘Traducendo’ le opere di un autore da una parlata (variante) all’altra,

oltre a creare un taglio innaturale nel suo stile e nella sua poetica, vengono cancellate

anche coordinate importanti per la comprensione di un periodo letterario e, in

generale, culturale.

3.1.2. La struttura lirica del romanzo. Un’unione di leggenda e vita

In Grozdanin kikot si rileva una narrazione autodiegetica, in cui la figura del

personaggio principale coincide con quella del narratore e del testimone ‘oculare’

degli eventi narrati, il cui nome però viene svelato al lettore soltanto nel cap. X. La

narrazione in prima persona ha per certi versi facilitato la realizzazione di una

struttura frammentaria, che non è basata su una azione che prosegue secondo

motivazioni rigorose in una prospettiva causale-temporale, ma si fonda sui sentimenti

e sugli stati d’animo del personaggio-narratore. Questi è, non a caso, un soggetto

intriso di spirito panteistico. Inoltre, la narrazione in prima persona con un soggetto

situato in uno spazio ben preciso, ma oscillante tra lo spazio fisico e quello mentale,

ha permesso nell’opera lo sfaldamento dei confini temporali. Il tempo della

narrazione viene rappresentato semplicemente con l’alternarsi delle parti del giorno

(alba, mattino, mezzogiorno, crepuscolo, notte) e delle stagioni (il momento del

passaggio dalla primavera all’estate, l’estate e il passaggio dall’estate in autunno),

mentre vengono determinati soltanto due momenti del calendario cristiano, Ilindne (a

giugno) e Miholjevo (a settembre), le due date che delimitano il periodo dell’azione.

La fabula è palesemente ridotta ad alcuni momenti essenziali, che possono essere

estrapolati dal testo per delineare appena un’ossatura tematica del romanzo:

Il giovane studente Ozren è tornato dalla città alla fine della primavera nel

villaggio erzegovese che si trova sotto il monte Mrkulja (quasi tutti i toponimi sono

8 Il noto teorico della letteratura Z. Leši ha definito il periodo in cui Humo ha fatto la sua comparsa sulla scena letteraria con le sue prime pagine (subito dopo la Grande guerra) come periodo della “grande rivoluzione lirica” (“velika lirska revolucija”), come il tempo della poesia senza distinzioni di genere, in cui si osserva come una generale estasi poetica, cfr. Z. Leši , Hamza Humo: pjesnik kao pripovjeda , in Id., Pripovjeda i. orovi , Ko i , Andri , Samokovlija, Humo, Veselin Masleša, Sarajevo 1988, p. 366.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 130

inventati), nella casa paterna dove la famiglia passava le vacanze estive. Subito dopo

essere arrivato conosce la giovane vedova Ivanka con la quale inizia una relazione

amorosa, basata sulla passione. Ma subito dopo incontra anche Mara, una giovane

obanica (“pastorella”), soprannominata Grlica, verso la quale prova un grande affetto.

Ozren trascorre i giorni soprattutto rimanendo seduto in silenzio su una roccia che si

trova dietro la sua casa, oppure vicino al fiume, o ancora nella kr ma (“locanda”) del

villaggio, mentre passa le notti da Ivanka. Questo ordine delle cose è interrotto dagli

importanti eventi collettivi a cui partecipa l’intero villaggio: la raccolta delle ciliegie, la

festa religiosa, la raccolta dell’uva e la produzione del vino. Nei momenti di

solitudine, nella natura o durante la notte, di solito nel sonno o in uno stato di

dormiveglia, Ozren vede e osserva i due amanti invisibili, Grozdan e Grozdana, nella

loro allegria e nel loro amore passionale. Un cambiamento nel romanzo e in Ozren

avviene dal momento in cui egli bacia Grlica, dopo il quale essi sempre più spesso

passano il tempo insieme nella natura erzegovese, e più l’estate si avvicina all’autunno

meno Ozren si reca da Ivanka. Con il passare dell’estate l’atmosfera allegra viene

offuscata da eventi meno piacevoli, mentre si allude all’arrivo dell’autunno e alla

tragedia che si prepara per mezzo di alcuni motivi di rottura rispetto all’ordine cui si è

accennato sopra: un sogno in cui un caro amico di Ozren si suicida, la follia del pope,

il litigio di Grozdan e Grozdana che interrompe il loro idillio, lo sguardo cattivo di

Jure che di nascosto osserva Grlica e Ozren. L’estate ormai è finita e Ozren si

prepara a ritornare in città, saluta tutti, ma arriva all’improvviso la voce che Juro

glavarov ha violentato Grlica. Dopo questo drammatico avvenimento la giovane

mostra gli evidenti segni di un’incipiente follia (nemmeno fra Alojzije riesce a curarla

“fratarskim istjeravanjem ne astivog” [“con gli esorcismi del maligno fatti dai frati”])

e infine si getta nel fiume da una roccia. Juro, denunciato dal collettivo (dalla gente

del villaggio) e dalla sua stessa famiglia, viene portato via, mentre Ozren si prepara a

ritornare in città pervaso dal forte sentimento e dalla profonda consapevolezza del

passare di ogni cosa.

Grozdanin kikot, un romanzo di 95 pagine, è composto di 44 brevi capitoli. Tutti i

capitoli sono composti da paragrafi in forma monologica o dialogica, ma in entrambi

i casi predomina di gran lunga la focalizzazione secondo il punto di vista del

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 131

personaggio-narratore. I paragrafi in forma monologica sono in gran parte

espressioni liriche della natura, ovvero espressioni della realtà oggettiva secondo il

punto di osservazione del soggetto. Si tratta in realtà di passaggi nei quali viene

espresso uno stato d’animo del soggetto narrante che riceve gli impulsi dall’oggetto

osservato (la natura), rifrange lo stesso oggetto nella coscienza (che è nella maggior

parte dei casi aperta verso le sfere del fantastico), e infine riporta l’espressione finale

rifranta attraverso la stessa coscienza. Non si tratta di descrizioni impressionistiche

della natura espresse in lunghe frasi, bensì di paragrafi monologici contraddistinti da

una frase breve o comunque molto frequentemente dalla paratassi, spesso ellittica, “la

quale non può descrivere ma soltanto esprimere l’essenza”.9 In tali passaggi l’attività

viene spostata dal soggetto narrante alla stessa natura, che viene ingrandita e resa

misteriosa:

Dani bistri, jasni. Vru ine pridolaze. Podnevi vreli i osamljeni žive u plavom kršu. Nad

litice se slegla prestravljena tišina i nešto vrelo i vrsto, skriveno stenje u klisurama. Neko

ne ujno dahtanje pada jezivo na dušu a osamljenost, raspeta u suncu, kao bela prikaza

oteže se do neba. Kroz gole litice promi e plava reka i nestaje negde daleko, daleko u

poljima. Nešto gigantsko, divlje leži u liticama. U njima spava drevni bog i zapanjeno uti

pritajen mir.10

Tuttavia, al di là di questo tipo di descrizione, nel romanzo sono presenti anche

parti monologiche, finalizzate alla rappresentazione di una determinata situazione

con più personaggi:

Nasta utanje. Galama se zagleda niz drum. Krivošija i Leko legoše na klupu a

Svrzimantija se opruži po zidu. Vreme prolazi. Laka omara klati se u vazduhu a šum

9 “Koja ne može da opisuje ve samo izražava suštinu”, M. Miloševi , Poetski roman Ljudi govore Rastka Petrovi a, in R. Petrovi , Ljudi govore, priredio M. Miloševi , Dragani , Beograd 1999, p. 75.

10 “Giorni limpidi, chiari. La calura sopraggiunge. I mezzigiorni roventi e solitari vivono nel carso azzurro. Sopra le rocce si è disteso un silenzio atterrito e qualcosa di rovente e di solido, di nascosto, geme tra le gole. Un impercettibile ansimo crolla orridamente sull’anima e la solitudine, crocifissa nel sole, come uno spettro bianco si distende fino al cielo. Tra le rocce nude scorre un fiume azzurro e scompare da qualche parte lontano, lontano nei campi. Qualcosa di gigantesco, di selvaggio, giace nelle rocce. In esse dorme un dio antico e sbalordita tace una la pace nascosta”, H. Humo, Grozdanin kikot, Izdanje S. B. Cvijanovi a, Beograd 1927, p. 18.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 132

esme uspavljuje. Posle za e sunce za vrbe, pirnu vetar s Mrkulje i pokrete utišale grane.

Seljaci po eše da izbijaju s rada.11

Nelle parti dialogiche, invece, il personaggio-narratore è sempre presente, o come

partecipante al dialogo o come colui che osserva. Nonostante tali dialoghi siano

brevi, essenziali, non di rado presentati soltanto in forma di scambio di saluti tra i

dialoganti, nel romanzo essi hanno una duplice funzione: 1) quella di attivare l’azione,

vale a dire di dinamizzare la struttura del romanzo ponendo l’accento sull’espressione

linguistica, ossia sull’atto comunicativo; 2) quella di fornire una minima

caratterizzazione dei personaggi. Quindi, le parti dialogiche servono come

opposizione ai passaggi descrittivi, monologici, nei quali il personaggio-narratore è

inerte e passivo. L’opposizione formale delle parti monologiche, da un lato, e delle

parti dialogiche, dall’altro, opposizione che infatti si nota a prima vista e anche

graficamente, ha un senso più specifico: essa riguarda la stessa composizione del

romanzo, il suo significato. I passaggi monologici sono legati ad un determinato stato

del soggetto narrante – mentre sta seduto sulla roccia, mentre sta sdraiato sull’argine

del fiume oppure nella sua stanza –, uno stato di solitudine, di isolamento dagli altri

uomini. Questi sono i momenti che nascono nel “silenzio” del romanzo. Invece, le

parti dialogiche nell’opera si trovano in opposizione alla solitudine: esse sono legate a

quella parte del soggetto narrante rivolta agli altri uomini, alla sua sfera sociale. È così

messa in evidenza la relazione tra il soggetto narrante e il mondo che lo circonda, tra

l’Io e l’Altro. Se i passaggi monologici sono espressione del sentimento panteistico

del personaggio-narratore, le parti dialogiche, invece, sono espressione del suo

sentimento umanistico. Proprio la presenza evidente delle parti dialogate, in cui

interagiscono i personaggi, esprime il sentimento di benevolenza e di affetto del

personaggio-narratore nei confronti delle persone che passano la loro esistenza

umilmente, subordinando la loro vita al ritmo dei cambiamenti della natura.

11 “Si fece silenzio. Galama fissò lo sguardo assorto lungo la strada. Krivošija e Leko si sdraiarono sulla panca e Svrzimantija si distese sul muro. Il tempo passa. Una leggera afa si dondola nell’aria e il mormorio della fontana fa addormentare. Dopo il sole si nascose dietro i salici, il vento soffiò leggermente dalla Mrkulja e mosse i rami quieti. I contadini cominciarono a venir via dal lavoro”, ivi, p. 22.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 133

Insieme a questi due tipi di organizzazione del testo, vi è anche una terza forma,

non meno significativa: i versi. Si tratta di versi della poesia popolare interpolati nel

tessuto del romanzo. La loro presenza è delimitata a delle parti precise dell’opera. La

prima volta appaiono nel cap. VII: si tratta di quattro versi osmerci (“ottonari”), con

rima baciata aa bb, che parlano dell’amore segreto e impossibile tra due innamorati, e

vengono cantati dalla vedova Ivanka. La loro funzione è di esprimere il rapporto del

personaggio-narratore, Ozren, con la giovane vedova, il loro amore passionale

nascosto agli altri. La seconda volta invece i versi appaiono nel cap. X: qui si tratta di

solo due versi in decasillabo epico (epski deseterac), che vengono cantati accompagnati

dalla guzla; la loro funzione è di esprimere l’atteggiamento negativo del soggetto

narrante nei confronti dei versi epici (Ozren si alza e lascia la kr ma alle prime note

della guzla e ai primi versi del cantore). Vi è quindi un rifiuto della forma epica, che

canta e narra le guerre e i loro eroi, a favore della forma lirica. La terza volta i versi

appaiono nel cap. XVI, in cui è trattato il tema della festa del paese: vengono riportati

i versi di una canzone che si canta per accompagnare il kolo. La loro funzione è di

esprimere l’omogeneità e l’unitarietà del collettivo, riflesse proprio nella canzone e

nella danza, mentre esse sono in opposizione con il canto singolo di Krivošija e di

Mindo, tema del cap. XV. Anche in questo capitolo appaiono dei versi, e del resto la

sua particolarità consiste proprio nel fatto che in esso il canto e il ballo costituiscono

i temi principali (si descrive la gara di canto tra due cantori della poesia popolare

lirica). Dopo questa acme del canto e del ballo, i versi appaiono ancora in altri cinque

capitoli (XXXI, XXXII, XXXIII, XXXIX e XL): essi sono cantati prima da Grlica,

poi da Ivanka, quindi di nuovo da Grlica, mentre gli ultimi versi vengono cantati da

Krivošija. Tutti esprimono la tristezza del cantore dinanzi alla vita che finisce (tutti

cantano della morte), ma lo stesso sentimento è condiviso anche dal soggetto

narrante.

Bisogna evidenziare che tutti i versi vengono cantati, mentre alcuni sono anche

accompagnati dal ballo. Si rileva così una concezione originaria della poesia lirica

come unione di canto, ballo e versi. Inoltre, nel romanzo è stata introdotta un’altra

forma di canto, quello accompagnato da dvojnice (“piffero doppio”), ma questo tipo

appartiene solo al pensiero del personaggio-narratore che viene proiettato nel futuro

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 134

e il cui canto non viene riportato in versi, bensì in prosa, senza rima, e indicato fra le

virgolette.12 Quindi viene introdotta la poesia in prosa come espressione diretta della

sensibilità moderna del personaggio-narratore e della sua visione del mondo. Più che

in qualsiasi altra parte del romanzo è in questa che si concretizza la figura del poeta,

identificato con il personaggio-narratore, e il romanzo si rivela una vera visione

poetica. Mediante l’introduzione dei versi, in gran parte appartenenti alla poesia lirica,

nella composizione di un’opera in prosa, versi che hanno la funzione di esprime lo

stato d’animo del personaggio-narratore e a cui si aggiungono anche il canto e il

ballo, è stato evidenziato il principio lirico come dominante del romanzo.

Tutti i capitoli di Grozdanin kikot, tranne i due centrali, sono unità narrative e

compositive piuttosto autonome, e come ha ben osservato un critico degli anni ’20, le

rispettive parti possono essere lette come “racconti e poesie in prosa”.13 Tuttavia, la

narrazione è alquanto ridotta, il che vale a dire che il tema narrativo viene mediato da

un altro procedimento della prosa, la descrizione, fondamentale per i generi prosastici

brevi, come il racconto breve o il bozzetto. Come sostiene Bojana Stojanovi

Pantovi , tale procedimento narrativo è stato ripreso anche da un altro genere

intermedio (me užanr), il poema in prosa.14

La lunghezza dei capitoli varia da una a cinque pagine (ma se vi sono diversi

capitoli di una pagina, soltanto uno conta cinque pagine). Il più lungo, il cap. XXV,

anche per la sua posizione nel testo è uno dei capitoli centrali e il suo significato nella

composizione è evidenziato proprio dalla lunghezza. Al centro di esso vi è il tema

dalla gara dei due cantori della poesia popolare (in primo luogo della poesia lirica),

gara che si svolge in presenza di un piccolo e chiuso pubblico nella locanda (kr ma).

Anche il secondo punto saliente della narrazione, forse il più importante

nell’intera struttura dell’opera, si trova proprio nella parte centrale. Questa volta si

tratta di una centralità in senso stretto, quella dei capitoli XXII e XXIII (il romanzo

ne contiene in tutto 44), che formano un’unica unità semantica e che sono gli unici

due capitoli non dotati di una loro autonomia se presi singolarmente, poiché il

12 Ivi, p. 13. 13 M. M. Peši , Hamza Humo, in Književnost izme u dva rata, 2, prir. S. Velmar-Jankovi , Nolit,

Beograd 1966, p. 288. 14 B. Stojanovi Pantovi , Morfologija ekspresionisti ke proze, Artist, Beograd 2003, p. 57.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 135

secondo è subordinato al primo. Al loro centro non vi è la poesia popolare, ma

un’altra importante componente della tradizione folklorica, la leggenda, nel caso

specifico la leggenda di due innamorati sfortunati, Grozdan e Grozdana. In ogni

caso, benché si tratti di leggenda e non di poesia, è ripreso quel particolare tipo che

ha come tema portante l’amore impossibile, proibito, di due govani, e questa tematica

conferisce comunque alla narrazione un carattere lirico, legato alle emozioni e al

sentimento amoroso.

Come in Dnevnik o arnojevi u nello stesso titolo è posto in rilievo il sogno su

arnojevi come elemento significativo della composizione, così anche nel primo

romanzo di Humo la ‘risata di Grozdana’ (che dà il titolo all’opera) si impone come

essenza della sua composizione. Anche qui, come nel Dnevnik di Crnjanski, il

personaggio-narratore non è il personaggio eponimo, ma è il giovane Ozren, che vive

e “narra” la sua estate nella campagna erzegovese, mentre Grozdana è una figura che

appartiene alla leggenda e che esiste soltanto in collegamento ad Ozren: ella è

presente nelle sue visioni e nei suoi sogni. Ozren, giovane studente, racconta la

leggenda dei due innamorati alla giovane obanica Grlica, alla quale è sinceramente

affezionato. Si tratta di una leggenda sull’amore socialmente impossibile fra due

giovani, una nobildonna e il figlio di poveri contadini, i quali abitavano in quegli

stessi luoghi. In questo modo è stato tracciato simbolicamente un parallelo, viene

creata un’associazione tra l’amore impossibile raccontato nella leggenda, quello di

Grozdan e Grozdana, e quello altrettanto ostacolato, ma ‘vissuto direttamente’ dal

protagonista, l’amore di Ozren e Grlica.

Come abbiamo appena osservato, nel titolo del romanzo viene messa in risalto la

risata di Grozdana, ma occorre specificare che si tratta più precisamente di un

particolare tipo di risata (espresso dal sostantivo kikot), una risata sincopata e allegra

in toni alti (“iskidan i veseo u visokim tonovima”). Con questo vocabolo

onomatopeico, così frequente nei testi dell’espressionismo, si sottintende la risata

come elemento collegato alla femminilità, alla passione, all’amore carnale, alla sfera

materiale, e per ciò stesso all’inevitabile caducità delle cose, ma in Humo essa esprime

inoltre un’idea vitalistica, l’idea di una vita che passa e vola via ma che tuttavia si

rinnova insieme alla natura:

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 136

O prole e, što u srcu nosiš toplu radost a u o ima smeh, kad opet do eš u naše

strane, probudi eš Grozdana i Grozdanu iz dugog sna; i kikot života kikot Grozdanin,

ponovo e da zazvoni našom kotlinom. I sve e biti kao i pre.15

In questa prospettiva, un romanzo dotato di tale titolo rivela una caratteristica

semantico-strutturale rilevante, che potremmo definire come caratterisica principale,

che si innalza al di sopra degli altri elementi dell’opera e che nello stesso tempo li

riunisce tutti in un insieme più elevato di significato: si tratta dell’unione di leggenda

(Grozdana) e vita (kikot), della compresenza del sentimento della gioia di vivere e

della consapevolezza del suo inesorabile passare e finire. Non è un caso che il

romanzo inizi e finisca con esclamazioni relative al passare di ogni cosa. Nel primo

esempio è la primavera (associata all’infanzia) ad essersene andata, mentre nel

secondo l’autunno (associato alla giovinezza) riporta il sentimento della caducità delle

cose:

O, sve je prošlo! Prošlo je detinjstvo, kažem ja i slušam kako ve ernjak žamori u

koš elama.16;

Avaj! Prošlo je sve! Prohujalo je pijano leto, prohujalo kao vihor nepovratne mladosti i

odnelo sve osim lepih i bolnih uspomena.17

Con la ripetizione dell’enunciato relativo al ‘passare di tutto’, per di più in forma

speculare (“sve je prošlo”, “prošlo je sve”), nel primo e nell’ultimo capitolo del

romanzo, viene rimarcato, ripetuto quasi come un ritornello, l’enunciato indicante un

identico stato d’animo del soggetto all’inizio e alla fine. Questa ricercata circolarità è

una caratteristica delle strutture liriche (in cui non vi è progressione ma variazione di

15 “O primavera, che nel cuore porti una calda allegria e negli occhi il sorriso, quando ritornerai dalle nostre parti, sveglierai Grozdan e Grozdana dal lungo sonno; e la risata della vita la risata di Grozdana, risuonerà ancora per la nostra valle. E tutto sarà come prima”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 97.

16 “Oh, tutto è passato! È passata l’infanzia, dico io e ascolto il vento della sera bisbigliare nei bagolari”, ivi, p. 3.

17 “Ahimè! È passato tutto! È volata via l’ebbra estate, è volata via come il turbine della giovinezza che non torna più e ha portato via tutto tranne i ricordi belli e dolorosi”, ivi, p. 98.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 137

temi e motivi) e non di quelle narrative in senso stretto (che si realizzano in una

progressione e in una accumulazione di temi sempre nuovi). Già dall’inizio del

romanzo mediante l’uso di un simile enunciato che ritorna è annunciata l’idea più

profonda del romanzo (la consapevolezza del passare del tempo), un’idea che permea

tutta l’opera sotto forma di Leitmotiv e che spesso è espressa proprio in brevi,

significativi enunciati: “Prolaze asovi”18, “Vreme prolazi”19, “I dan prolazi”20:

O, prošla je berba…

O, sve sam jutros osetio, kažem sve! Osetio sam da je leto prošlo i nešto me je bolno

taknulo u srce.21

O, samo još nekoliko dana ovog vrelog sna! Poslednjom kišom pre i e jesen

kotlinom i odneti sve letnje snove.22

Dani izmi u.23

Kada se do godine povratim u ove strane, može biti da e moj prijatelj ležati pod

ovim dubom. On e ležati a dub e stara ki šumiti vrh njega i širiti nad njim svoje

oronule ruke. Peva e o prolaznosti svega i govori e zaprašenim i pokislim putnicima

[…]24

Život te e i le i teške rane […]25

O, sve je prošlo, mislim ja.26

18 “Passano le ore”, ivi, p. 17. 19 “Il tempo passa”, ivi, pp. 22, 28, 60. 20 “Anche il giorno passa”, ivi, p. 28. 21 “Oh, passato è la raccolta… / Oh, stamani ho sentito tutto, dico tutto! Ho sentito che l’estate è

passata e qualcosa mi ha toccato dolorosamente nel cuore”, ivi, p. 72. 22 “Oh, ancora solo qualche giorno di questo sogno rovente! Con l’ultima pioggia l’autunno

attraverserà la valle e porterà via tutti i sogni estivi”, ivi, p. 73. 23 “I giorni fuggono pian piano”, ivi, p. 79. 24 “Quando fra un anno tornerò da queste parti, forse il mio amico giacerà sotto questa quercia.

Lui giacerà e la quercia stormirà come una vecchia sopra di lui e allargherà su di lui le sue braccia decrepite. Canterà della caducità di tutto e parlerà ai viaggiatori polverosi e bagnati di pioggia […]”, ivi, p. 89.

25 “La vita scorre e cura le ferite gravi […]”, ivi, p. 93. 26 “Oh, tutto è passato, penso io”, ivi, p. 94.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 138

Il motivo del passare di tutto alla fine del romanzo raggiunge il culmine in una

forma maggiore, più estesa, una preghiera per il mondo intero (uomini, animali e

natura) che è recitata da Ozren nella forma trasmessagli dal vecchio “ i a” Krnjo:

Veliki Gospode, na nebu i u ti ijem gnezdu, u velikoj šumi i u sitnom mravu, stvorio

si nas od zemlje i svi emo biti zemlja. Opaš emo kao što liš e opada i bi emo zemlja

kao i ono. I po svakoga e smrt do i: po mrava i po medveda, po travku i po oveka.

Ovaj svet beo cvet u tvojoj je ruci, Bože. Daj mu po smrti ve ni miris i neka sja kao tvoje

sunce na zemlji!

Amin!27

3.1.3. Il principio della dualità come principio costruttivo fondamentale

Per principio della dualità intendiamo un determinato modo di costruire il

romanzo, un modo che si fonda su una particolare strutturazione dell’opera letteraria

che consente di mettere in evidenza gli elementi paralleli e quelli contrastanti della

struttura per mezzo di una tecnica basata sulla continua alternanza di essi, oppure per

mezzo di paragoni (in primo luogo mediante la microstruttura stilistica della

similitudine), o ancora con un semplice accostamento di tali elementi. Tale principio

è evidente su vari piani del romanzo (microstrutturali e macrostrutturali), a partire

dall’organizzazione interna dei singoli capitoli e dal loro reciproco collegamento, fino

al modellamento dei personaggi, dei temi e dei motivi, per estendersi alla costruzione

complessiva del romanzo.

Come abbiamo osservato sopra, i capitoli di Grozdanin kikot sono unità piuttosto

autonome, ciascuna con una propria sistemazione del materiale. Già nel capitolo che

apre il romanzo e in cui la dominante è costituita dal principio lirico (una descrizione

interiorizzata della natura e l’apostrofe) troviamo una serie di elementi, spaziali e

temporali, concreti e astratti, in opposizione tra loro – roccia : acqua, collina : valle,

27 “Grande Signore, nel cielo e nel nido degli uccelli, nella grande foresta e nella minuta formica, ci hai creato dalla terra e tutti saremo terra. Cadremo come cadono le foglie e saremo terra come loro. E la morte verrà a prendere tutti: la formica e l’orso, l’erba e l’uomo. Questo mondo bianco fiore è nella tua mano, Dio. Dagli dopo la morte un profumo eterno e che brilli come il tuo sole sulla terra! / Amen!”, ivi, pp. 96-97.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 139

qualcuno : io, alto : basso, davanti : dietro, realtà : irrealtà, mobilità : immobilità,

passato : futuro.28 È significativa la distribuzione di tali opposizioni nel testo rispetto

alla posizione del soggetto narrante (secondo l’alternarsi dei singoli paragrafi). Così,

per esempio, se il primo paragrafo introduce un’immagine di spazi alti (colline,

montagne) e di qualcuno di cui si sente soltanto la voce che riecheggia, nel secondo

paragrafo è introdotta la posizione del soggetto narrante, che sta seduto in alto sulla

roccia nel silenzio in contemplazione della natura. Lo stesso soggetto narrante nel

paragrafo successivo lascia la situazione di immobilità e si dirige verso l’acqua, mentre

in quello dopo ritorna indietro, ma con il cambiamento della sua posizione cambia

anche la percezione della natura che lo circonda:

Idem na Pojila. Lenj i umoran šum leži na razlivenoj vodi;

[…]

Vra am se. Kupine cvatu. Težak, rosan miris diže se iz plotina.29

Dapprima è messo in evidenza il senso dell’udito (šum), che antropomorfizzato

per mezzo degli aggettivi e del verbo (lenj i umoran šum leži) esprime una completa

interiorizzazione della natura da parte dello stesso soggetto narrante. Nella seconda

immagine, invece, è l’olfatto il senso per mezzo del quale il soggetto percepisce

l’ambiente circostante (težak, rosan miris diže se). Il collegamento delle due immagini è

espresso e rafforzato sul piano espressivo mediante un parallelismo grammaticale

(due aggettivi, sostantivo e verbo) e uno sintattico (soggetto, predicato e oggetto).

Il capitolo si racchiude intorno al soggetto narrante, che dalla valle risale in

collina e che dal suo stato momentaneo richiama il passato evocato all’inizio del

capitolo come dispiacere per il tempo dell’infanzia ormai trascorso per sempre:

Prole e je zakliktalo u našim brdima, zakliktalo kao so na žena i otišlo. Neko je

dozivao no as sa gorske kose a glas mu prelazio planine.

28 Ivi, pp. 3-5. 29 “Vado sul Pojila. Un mormorio pigro e stanco giace sull’acqua straripata; / […] / Ritorno. Le

more fioriscono. Un profumo pesante, rugiadoso si alza dal boschetto”, ivi, p. 3.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 140

esto, po cele sate sedim sam na steni povrh ku e. Se am se svake litice, svakog

stabla. O, sve je prošlo! Prošlo je detinjstvo, kažem ja i slušam kako ve ernjak žamori u

koš elama.30

Alla fine del capitolo lo stesso soggetto narrante si proietta invece nel futuro

esprimendo il proprio desiderio amoroso per la giovane vedova. Questo è espresso in

forma di apostrofe nella seconda persona grammaticale. È proprio nella grande

emotività del soggetto – i cui sentimenti si collocano tra due punti opposti, espressi

in due monologhi interiori (il dispiacere per il passato e il desiderio di ciò che non si

possiede) – che viene a riflettersi la liricità del capitolo. Nella parte finale,

‘apostrofata’, dello stesso capitolo, composta da otto brevi paragrafi, il soggetto

evoca la donna amata, il cui nome si ripete anaforicamente, con enfasi finale:

Ivanka, do i u ti jedne ve eri kad popci zapevaju u strani vrh sela. Prikraš u se pod

vaš dud i zva u te tiho, tiho kao što Grozdan zove Grozdanu na ljubavne sastanke:

Ivanka, ekam te i sav drhtim od o ekivanja, šapta u ti. Ceo sam dan mislio na tebe.

Slušaj kako se dozivlju popci u stranama! […]

Ivanka, dolazi u ti svake ve eri da slušam kako vetrovi šušte u dudu i kako ti srce

bije pod jele etom.

Ivanka, no je hladna; da te ogrlim. […]

O, Ivanka!31

Un accostamento di contrasti, che permette una variazione dei motivi – i quali

sono i principali elementi portanti di una struttura solo apparentemente statica (non

fondata sull’azione dei personaggi, bensì sull’espressione degli stati d’animo del

30 “La primavera ha gridato gioiosamente sui nostri monti, ha gridato gioiosamente come una donna succosa e se n’è andata. Stanotte qualcuno chiamava dal giogo delle alture e la sua voce attraversava le montagne. / Spesso, per ore intere sto seduto solo sulla roccia sopra la casa. Ricordo ogni roccia, ogni albero. Oh, tutto è passato! È passata l’infanzia, dico io e ascolto il vento della sera bisbigliare nei bagolari”, ibidem.

31 “Ivanka, verrò da te una sera quando i grilli si mettono a cantare sulla collina sopra il villaggio. Mi avvicinerò di soppiatto sotto il vostro gelso e ti chiamerò sottovoce, sottovoce così come Grozdan chiama Grozdana agli incontri amorosi: / Ivanka, ti aspetto e fremo tutto per l’attesa, ti sussurrerò. Ho pensato tutto il giorno a te. Ascolta come si chiamano i grilli sulle colline! […] / Ivanka, verrò da te ogni sera per ascoltare i venti stormire nel gelso e il tuo cuore battere sotto il corpetto. / Ivanka, la notte è fredda; ti abbraccio […] / O, Ivanka!”, ivi, pp. 4-5. Il corsivo è nostro.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 141

protagonista) –, nei singoli brevi capitoli è osservabile anche nell’esempio che segue.

Si tratta del cap. XI, che qui ovviamente viene scelto come rappresentativo e non

come unico esempio significativo:

Leto. Dani izgaraju a no i mlake i bele kao žene. Mesec se popne nad kotlinu a

kamen vrh naše ku e beli se kao oblak zalutao na zemlju. Gaj vrh ku e no u beo, pun

krhkih šumova a danju, pricvrkao za krš, cvr i kao cvr ak.

Ležim pod dubom na proplanku i osluškujem. Sunce mi blešti u o ima. Posiplje me

vreo vazduh. Nešto kao zmija, kao strast izjeda se i sik e u suncu. Tako ležim omamljen

vatrom a gole i pijane povorke žena i crvenih avola zvone i silaze s brda. ujem

brujanje, vrisku, kikot i draganje. Buncam kroza san.32

È ben evidente in questo esempio un’alternanza dei motivi all’interno dei brevi

periodi contrastanti che si susseguono in modo grammaticalmente simmetrico nel

primo paragrafo. Infatti, il paragrafo è composto da tre proposizioni contrastive le

cui parti sono collegate mediante la stessa congiunzione a. La ripetizione così

evidente di uno stesso tipo di periodo produce un effetto ‘ritmico’ che comprende

l’intero paragrafo, un effetto che rafforza ulteriormente il significato di ciascuno dei

periodi. In tal modo, in una struttura grammaticale simmetrica, l’accento viene posto

sui contrasti e sulle opposizioni di determinati elementi, come, per esempio, giorno :

notte, valle : collina, boschetto : carso, luna : terra, rumori flebili : rumori stridenti,

bianco : infuocato. Così costruito il paragrafo esprime una dualità insita nella natura,

e di conseguenza il passare del tempo come susseguirsi con ritmo sempre uguale del

giorno e della notte. L’effetto di ritmo scandito del tempo che passa, che costituisce il

significato principale del brano, viene creato nel testo proprio mediante periodi

simmetrici. Inoltre, vi è anche un secondo livello su cui il principio ‘dualistico’ si

realizza in un parallelismo sintattico: si tratta delle seconde proposizioni di ciascun

32 “Estate. I giorni ardono e le notti sono tiepide e bianche come donne. La luna sale sulla valle e la pietra sopra la nostra casa biancheggia come una nuvola smarritasi sulla terra. Il boschetto sopra la casa, di notte bianco, pieno di fragili rumori, e di giorno sfrigolante sul carso, frinisce come una cicala. / Sto sdraiato sotto la quercia nella radura e origlio. Il sole mi splende negli occhi. Mi cosparge di aria bollente. Qualcosa come un serpe, come una passione si strugge e sibila al sole. Così sto sdraiao intontito dal fuoco e cortei nudi ed ebbri di donne e di diavoli rossi suonano e scendono dai monti. Sento un ronzio, delle grida, una risata e delle carezze. Vaneggio nel sonno”, ivi, p. 24.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 142

periodo, in cui per mezzo della similitudine vengono collegati, ossia comparati, i vari

elementi. Le coppie sostantivali notti : donne, pietra : nuvola, boschetto : cicala

appaiono in una gradazione ascendente per la loro attività. Mentre le notti sono

tiepide e bianche come le donne (il loro rapporto è statico, espresso per mezzo degli

aggettivi), il biancore della pietra comparata con la nuvola viene, invece, espresso

mediante un verbo (beliti se) che non esprime ancora un’azione, ma una qualità, un

modo. Nella terza e ultima comparazione – il boschetto stride come una cicala – è

finalmente dinamizzato il rapporto tra i due elementi. Così, per mezzo delle

comparazioni, si ottiene un’intonazione crescente che in una “progressione

qualitativa” esprime lo stato d’animo del soggeto narrante. In tal modo, il messaggio

ultimo del testo viene colto su due piani che sono inscindibili: quello formale (frase o

periodo) e quello semantico (i motivi). Anche se non si descrive direttamente il

passare del tempo, questo effetto è comunque conseguito atttraverso una ben precisa

e ponderata costruzione formale.

La struttura di Grozdanin kikot è composta di due sfere di pari importanza,

entrambe con elementi ben delineati – la sfera del reale e la sfera dell’irreale. La

prima, la sfera del reale, è determinata dagli elementi che riguardano gli esseri viventi

e la loro vita quotidiana, vale a dire da quegli elementi che sono legati alla vita del

personaggio-narratore – Ivanka, Grlica (Mara), Svrzimantija, Gaja, Leko, Bu kuriš,

Roda, Krivošija, Špica, il parroco Alojzije (Haralampije), Vida, Galama, dedo

Škembo, i a Krnjo, Jure glavarov, il padre, la madre, il cane Puto. La sfera

dell’irreale, invece, è determinata da due componenti diverse: una legata alla leggenda

e un’altra che si riferisce al sogno. Mentre l’elemento leggendario comprende gli

esseri ripresi dalla leggenda popolare slava (fate, diavoletti, spiriti, forze ignote,

principi, principesse, gli eterni amanti Grozdana e Grozdan), l’elemento onirico

riguarda sia gli esseri viventi che quelli ripresi dalla leggenda. Ciò che tiene insieme e

che permette una coesistenza parallela delle due sfere sono la figura del protagonista-

narratore e lo spazio in cui si realizzano entrambe le sfere.

Il personaggio di Ozren si identifica con l’ambiente e nello stesso tempo si

innalza al di sopra di esso, che nel romanzo viene espresso attraverso il movimento

del personaggio nello spazio – egli osserva tutto da una roccia oppure scende nel

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 143

villaggio. Ozren osserva tutto ciò che lo circonda da una distanza che nel contempo

si trasforma in un’esperienza vissuta, perché la vita reale (quella degli uomini e della

natura) “non ha cessato di esistere, ma ha cambiato il modo di esistere, poiché è

diventata oggetto della coscienza, e non più oggettività in sé”.33 Il personaggio-

narratore è colui che vive contemporaneamente nella realtà e nella leggenda (parla

con i diavoletti del bosco, sente Grozdana, con cui entra in un rapporto più intimo).

Egli è, da un lato, un solitario che fa sogni legati alla leggenda ma anche alla realtà

fisica che lo circonda (così sogna la morte dell’amico Svrzimantija), mentre, dall’altro

lato, vive concretamente le giornate nella taverna con gli altri. Egli si rammarica di

non essere un Altro, “barem i a Krnjo” (“almeno il vecchio Krnjo”), qualcuno più

semplice, più ordinario, che non porti su di sé il peso del mondo. Ozren è insomma

come un poeta che crea la sua opera, la vive, ma la osserva anche da una certa

distanza – egli è quindi come un alter ego dello stesso Hamza Humo.34 L’autore si

nasconde e insieme si rivela dietro all’edonistica concezione della vita del suo

33 “Realni život – život ljudi i život prirode – nije prestao da postoji, ali je promijenio na in postojanja, jer je postao predmet svijesti, a ne više predmetnost po sebi”, Z. Leši , Hamza Humo…, cit., p. 376.

34 Sembra che la duplice ma in sé inscindibile natura dell’uomo e del poeta Hamza Humo venga colta appieno da un suo illustre conterraneo, Meša Selimovi , che nelle sue memorie ha lasciato, tra le altre cose, anche un profilo indelebile del “poeta nascosto” di Grozdanin kikot. Selimovi si ricorda di un viaggio fatto con Humo e della notte passata insieme sotto la pioggia in una piccola stazione ferroviaria bosniaca, in attesa del treno che al mattino avrebbero dovuto prendere per recarsi a una cerimonia per la consegna di un premio letterario: “ uti, spokojno, ili kaže nešto bez ogor enja, nešto uz kišu i tamu kasabe, bez zlobe, ak s vedrinom koja ga teško napušta. Sigurno mu nije prijatno što mu kiša pada za vrat, u životu je hedonist, ali on je filozof posebne vrste: ne treba se tužiti na ono što ne možeš izmijeniti. Voli da mu je ugodno u životu, ali ako nije, ne kuka, zna da e sve pro i. Citira jednu tursku poslovicu: I ovo e pro i! […] udan je na in kako govori. Dok ga slušaš, izgleda sve obi no, ak suviše obi no. Nije slatkorje iv, ni eg naro itog nema u onome što kaže, ne pamti se pojedina no ni njegova misao ni slika, a ipak u sje anju ostaje kao svježina i prijatnost. Možda zato što ne name e sebe, iako se ne skriva, nikad daleko od ovjeka ali ni suviše blizu, spreman i na utanje i na razgovor, i uvijek prirodan” (trad.: “Tace, tranquillo, o dice qualcosa senza amarezza, qualcosa che va con la pioggia e il buio della borgata, senza cattiveria, anzi con una serenità che difficilmente lo abbandona. Non gli fa di certo piacere che gli piova sul collo, nella vita è un edonista, ma egli è un filosofo di una specie particolare: non ci si deve lamentare di ciò che non si può cambiare. Gli piace la comodità nella vita, ma se non c’è, non si lamenta, sa che tutto passerà. Cita un proverbio turco: Anche questo passerà! […] È strano il modo in cui parla. Mentre lo ascolti sembra tutto normale, persino troppo normale. Non è facondo nel parlare, non c’è niente di speciale in quello che dice, non si memorizza né ogni suo pensiero né ogni sua immagine, eppure rimane nei ricordi come qualcosa di fresco e gradevole. Forse perché non impone se stesso, sebbene non si nasconda, mai lontano dall’uomo ma nemmeno troppo vicino, pronto sia alla conversazione che al silenzio, e sempre naturale”), M. Selimovi , Hamza Humo, in Sje anja. Memoarska proza, [Sabrana dela, 9], BIGZ, Beograd 1986, pp. 248-249.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 144

personaggio, mentre è rapito dallo spazio erzegovese e dal suo incanto per la poesia

lirica popolare.35

3.1.4. Il folklore slavo. Temi e motivi della ballata e della leggenda

Nelle varie forme del folklore slavo balcanico vi sono dei motivi che riguardano

anche il fondamento del romanzo breve di Hamza Humo, tra cui il principale è

quello dei due giovani innamorati a cui però l’amore non è permesso. Infatti,

35 Il profondo legame dell’autore con l’ambiente erzegovese e con la natia Mostar è testimoniato nel saggio autobiografico che Humo scrisse negli anni Venti e che è apparso sullo zagabrese «Vijenac» un anno prima del suo romanzo: “I danas nosim u sebi uspomene iz detinjstva i ceo moj zavi aj. Mostarsku kotlinu. ini mi se da ima nešto neiscrpno u toj kotlini, nešto žalobno i treperljivo. Li i mi na bajku, po kojoj kora aju minareta i jablanovi, a život u njoj na snovi enje […] Vi ao sam svakakva uda: bele prikaze u suncu kako mi u po golim brdima, po vorovim zidovima razli ite dede, prosjake

i utvare, a u gradu, u sutone po zapuštenim haremima (grobljima), opet dede, sa zelenim almama i dugim, sedim bradama. I sve je to nicalo i raslo oko mene i spli alo se u bajku uda i straha” (trad.: “Anche oggi porto dentro di me i ricordi dell’infanzia e tutta la mia terra natale. La vallata di Mostar. Mi sembra che ci sia qualcosa di inesauribile in quella vallata, qualcosa di funebre e di tremolante. Somiglia a una fiaba, nella quale camminano minareti e pioppi, e la vita in essa somiglia a una visione in sogno […] Vedevo meraviglie di ogni tipo: apparizioni bianche muoversi nel sole sulle colline spoglie, sui muri nodosi diversi vecchi, mendicanti e fantasmi, e nella città, nei crepuscoli negli harem (cimiteri) trascurati, ancora i vecchi, con turbanti verdi e barbe lunghe, bianche. E tutto ciò spuntava e cresceva intorno a me e si intrecciava in una fiaba di meraviglie e di paura”), H. Humo, Jedan let kroz moj život, «Vijenac», IV (1926), pp. 14-15. Nello stesso anno di Grozdanin kikot uscì un altro saggio di Humo, questa volta dedicato alla sevdalinka, un saggio in cui l’autore non teme di rivelare la sua ammirazione per questa particolare forma lirica della poesia popolare e il suo profondo legame con essa. La sevdalinka tocca il più profondo dell’essere dell’uomo e del poeta Humo, nel quale esiste come una parte di lui e lo lega inscindibilmente all’ambiente natio: “Umetni ka vrednost sevdalinke i leži upravo u toj njenoj spontanoj neposrednosti, u reljefnom i dugo neomeranom, a opet do u srž proniknutom izrazu. Njen melanholi ni ton zaje i esto snagom i varijacijom arapske sure i takne vam srce do suza i slatkog bola. Nešto vam ustane u grudima toplom bujicom, obuzme vas zanos i vi niste više svoji. Nosi vas plima, nosi vas u neke krajeve koji su vam i poznati, ro eni, ali opet tako lepi kakve ih u stvarnosti niste nikada videli. Opevani doga aji dobijaju naro itu draž romanti ne prošlosti i žalbe za njom. Tako sevdalinka živi u dušama našim i zatitra u njima kao probu ena struna, zatitra od bola za rodnom stranom, od žalbe za prohujalim danima, od žalbe za mladoš u, od strasti, krika ploti, žene i sevdaha. U njoj prevladava erotski elemenat od nežnog do brutalnog. U njoj oživljuju sve naše mane i vrline” (trad.: “Il valore artistico della sevdalinka consiste proprio in questa sua spontanea immediatezza, nell’espressione in rilievo e a lungo non misurata, ma comunque compenetrata fino in fondo. Il suo tono melanconico risuona spesso con la forza e la variazione della sura araba e vi tocca il cuore fino alle lacrime e a un dolce dolore. Qualcosa vi si alza nel petto in un caldo fiotto, vi prende l’entusiasmo e non siete più padroni di voi stessi. Vi porta l’altamarea, vi porta in alcuni luoghi che per voi sono anche noti, natii, eppure tanto belli che così nella realtà non ne avete mai visti. Gli eventi cantati assumono il particolare fascino del passato romantico e del rimpianto per esso. Così la sevdalinka vive nelle nostre anime e si mette a vibrare in esse come una corda risvegliata, vibra per il dolore per i luoghi natii, per il rimpianto per i giorni passati, per il rimpianto per la giovinezza, per la passione, per l’urlo della carne, per una donna e per il sevdah [il trasporto amoroso]. In essa prevale l’elemento erotico che va dal tenero al brutale. In essa prendono vita tutti i nostri difetti e tutti i nostri pregi”), H. Humo, Sevdalinke, «Re i slika», 2 (1927), pp. 33-34.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 145

Grozdanin kikot possiede una base di motivi che si basano sulla tradizione popolare

locale, la quale rappresenta l’essenza della struttura di quest’opera. Gli stessi Grozdan

e Grozdana sono rappresentati come figure riprese dalla leggenda locale: Grozdana è

la figlia del principe Trpimir, del popolo dei “bogumili”, il quale “davno, davno [je]

živeo u ovim stranama” (“è vissuto molto, molto tempo fa da queste parti”), mentre

Grozdan, “najlepši momak u selu” (“il più bel giovane del villaggio”), si distingueva

dagli altri perché “najbolje [je] bacao kamena s ramena a iz lova se nikad nije prazan

vra ao svojoj ku i” (“era il più bravo nel lancio della pietra e non tornava mai a casa

dalla caccia a mani vuote”), e nonostante tutto era “siromah” (“povero”).36

Tuttavia, diversamente dalla poesia popolare, nell’opera di Humo la leggenda di

Grozdana e Grozdan, che viene raccontata dal giovane Ozren alla pastorella Grlica e

che occupa un posto centrale nel romanzo (capp. XII e XIII), non presenta il motivo

dell’amore tra fratello e sorella, motivo che ricorre di regola nella poesia popolare su

due giovani, Momir e Grozda. Il motivo dell’amore tra fratello e sorella è presente

nella poesia sul “nahod Momir” (“il trovatello Momir”), figlio del “srpski car

Stjepan” (dello “zar serbo Stjepan”) e di sua sorella Grozdana, il cui amore non viene

consumato, ma lei “podmetnuta [je] od zlobnika, na što otac daje smaknuti sina

Momira, a sestra se ubija”.37 Nel romanzo i due giovani, Grozdana e Grozdan, non

sono fratelli; si tratta di un giovane bello ma povero e di una principessa, il cui amore

è socialmente impossibile. Inoltre, Grozdana è figlia del principe erzegovese Trpimir,

legato al bogomilismo e alle terre erzegovesi, lo stesso spazio in cui si collocano

anche i protagonisti dell’opera di Humo. Nella leggenda che racconta Ozren,

Grozdan e Grozdana, con l’aiuto della maga Domulja e dello “zmijski car” (“boa”),

diventano invisibili a tutti, tranne che alla stessa maga, mentre il principe muore a

causa della tristezza per la figlia scomparsa e la madre di Grozdan per il suo unico

figlio “isplakala [je] o nji vid” (letteralmente “ha pianto la vista degli occhi”, ossia “ha

pianto fino a perdere la vista”, ma questo sintagma è un cliché della poesia popolare).

In realtà, oltre alla poesia che viene segnalata da Vuk Stefanovi Karadži , nella

tradizione della poesia popolare slava meridionale esiste anche una bugarštica in cui

36 H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 51. 37 “è stata sottomessa dal maligno, e per questo il padre ordina l’uccisione del figlio e la sorella si

suicida”, N. Nodilo, Stara vjera Srba i Hrvata, Logos, Split 1981, p. 123.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 146

Momir e Grozdana sono due personaggi “šumske fauni ne naravi” (“con la natura di

fauno del bosco”). Come osserva Natko Nodilo:

U našeg Momira, kao što i u gr kog Edipa, glavno je svojstvo […] umlje i

premudrost […] Momir i Grozda dva su proljetna božanstva. […] Od so ne klice, koja

ispod kore izbija, te e naskoro iz sebe izviti udnu divotu cvijeta i blagoslov ploda, naši

oci napraviše šumsku boginju. To je Grozda, proljetnom toplotom napirena i opojena.

Ali Grozda kipi i oplogjuje se, uz druga svoga. To je Momir, ljuta ežnja ljubavni žar,

koji s prolje a bu i u krilu majke prirode.38

In Grozdanin kikot domina proprio il motivo dei giovani amanti, che solo Ozren

riesce a vedere e che sono come due dèi che appaiono in primavera, vivono d’estate e

scompaiono in autunno, per ritornare ancora nella primavera successiva. Essi

appaiono nel vigneto o vicino al fiume, oppure tra i rami degli alberi, proprio come

nella tradizione folklorica:

Grozdan i Grozdana, u crvenim haljinama, silaze niz modri vinograd. Oni, spletenih

ruku, kao dva crvena, velika cveta si oše i zastadoše nad rekom a dva crvena mlaza

planuše na reci.

[…]

Grozdanu drhte ruke. On joj otkop a i drugu kop u a donja haljina spade na pesak i

na reci se zabeli naga božica, sa belom zvezdom u kosi.39

38 “Del nostro Momir, come del greco Edipo, le principali caratteristiche sono […] l’intelletto e la grande saggezza […] Momir e Grozda sono due divinità primaverili. […] Del germoglio pieno di succo, che viene fuori dalla corteccia, e presto da sé fa spuntare la meravigliosa bellezza del fiore e la benedizione del frutto, i nostri padri fecero una dea del bosco. Questa è Grozda, eccitata e inebriata dal caldo primaverile. Ma Grozda brulica e si feconda accanto al suo compagno. Questi è Momir, desiderio acceso, passione amorosa, che con la primavera strepita nel grembo della madre natura”, ivi, p. 126.

39 “Grozdan e Grozdana, in abiti rossi, scendono lungo la vigna azzurra. Loro, con le braccia incrociate, come due fiori rossi, grandi, scesero e si fermarono sul fiume e due getti rossi si infiammarono sul fiume. / […] / A Grozdan tremano le mani. Lui le aprì anche la seconda fibbia e la sottoveste cadde sulla sabbia e sul fiume biancheggiò una dea nuda, con una stella bianca nei capelli”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p.19; oppure “Setih se sna o Grozdanu i Grozdani i o uh ih negde skrivene u drve u” (trad.: “Mi ricordai del sogno di Grozdan e Grozdana e li sentii da qualche parte nascosti negli alberi”), ivi, p. 26.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 147

Anche il motivo del personaggio del folklore come soggetto che pensa, riflette, è

stato colto da Humo nel romanzo e attribuito a Grozdan:

– Grozdanee! Pri vrsti dobro krov na kolibi da ga vetrovi ne odnesu! Ooj,

Grozdane!

A Grozdan sedi na bregu mrk i zamišljen i ne sluša re i Grozdanine.40

Tuttavia, in uno dei capitoli finali appare anche il motivo dell’amore proibito tra

fratello e sorella, in questo caso i due pastori Ivan e Ivanka (e si noti anche qui il

parallelismo nominale), riportato nei versi di una ballata, in decasillabo epico, e il

motivo della loro morte come punizione divina per il loro amore proibito (un amore

comunque non consumato, ma solo bramato).41 Quindi, il motivo dell’amore proibito

tra i due amanti nel romanzo viene legato alla sua origine lirica e non leggendaria del

folklore.

Oltre che dal motivo dell’amore impossibile tra i due giovani, Grozdanin kikot è

permeato anche da altri motivi ripresi dal folklore slavo meridionale, come quello

della leggenda raccontata da Grlica sulla fata cattiva (“štetna vila”), che aggredisce

una lavandaia alla sorgente del fiume. Il motivo della fata nel romanzo è in generale

legato alla rappresentazione di Grozdana: si tratta di una donna bella e giovane, con i

capelli sciolti. Ella appare al giovane Ozren vicino al fiume o nella grotta, mentre la

sogna, ed è quindi strettamente legata a lui, egli la vede ed ella gli rivolge la parola.42

Tutti questi motivi ripresi dalla leggenda e dal folklore riguardano direttamente la

tematica lirica – l’amore tra due giovani. Ma ciò che più ci interessa è il modo in cui

tutti questi motivi di derivazione folklorica vengono inseriti nell’opera prosastica.

Essi formano lo sostanza del romanzo, poiché strettamente e inscindibilmente

intessuti nel suo protagonista, il quale esprime la propria emotività proprio attraverso

i legami con le figure apparentemente fantastiche. Tali figure, in realtà, fanno parte

40 “– Groozdan! Fissa bene il tetto della capanna che i venti non lo portino via! Ehii, Grozdan! / Ma Grozdan sta seduto sulla collina fosco e pensieroso e non sente le parole di Grozdana”, ivi, p. 9.

41 Ivi, p. 93. 42 Cfr. Slovenska mitologija. Enciklopedijski re nik, redaktori Svetlana M. Tolstoj, Ljubinko

Radenkovi , prevod sa ruskog R. Me anin, Lj. Radenkovi , A. Loma, Zepter Book World, Beograd 2001, p. 80.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 148

della coscienza del protagonista (personaggio-narratore), una coscienza intrisa di

motivi del folklore slavo meridionale che si intrecciano con la realtà fisica che

circonda lo stesso Ozren. Nel suo mondo non vi è un netto confine tra queste due

sfere – quella leggendaria, fantastica, e quella della realtà oggettiva. Anzi, l’una e l’altra

hanno pieno senso e sono portatrici di un determinato significato proprio perché nel

testo si completano vicendevolmente in un unico piano – la coscienza del

protagonista:

To neko dozivlje odozgo iz okine kr evine.

Naš stari Puto tuli i pribija njušku uz moje noge.

Idem pod brest: nema Grlice. Gde li je to Grlica, gde li pase kravu? mislim ja i

slušam hujanje vetra vrh mene. Huuu! zaleti se besno, zahukti u vrhovima i, kao da ga

džinovi nose, sruši se niz njive. Najednom: potmuo jek nekog stabla razleže se gore na

drumu, tup udarac i stablo iš upano iz korena leži na drumu.

A naš je brest ogroman i u deblu mu rupa kao sobica. Ja sedim u rupi a neko kucka i

popuckuje u celom stablu.

– Ej, ko ste vi što kuckate!

Sve utiša a vetar navali još bešnje, ode nekuda, strovali se i nasta zatišje. A oni

po eše opet da kuckaju pod korom.

– Ej, ko ste vi što kuckate!

– Mi smo šumski avoli i: Trkan, Potrkan, Drvan, Obrvan, Zvrcan, Koprcan, Smuk

i Vuk.

– Huuu! Krah, Krrahh, trese! – i jedna grana pade pred otvor.

A no u, koš ela grebe granjem po krovu. Jeza se š u urila pod tavanicu pa ni miš ne sme

da zakoprca. A neko lupa prozorskim kanatima.

– Ko lupa u ovo doba!

– Hihii! Hihihiii! – zasmeje se podrugljivo i drsko drmne još ja e kanatima pa se

izgubi uz besnu i ludu huku u no .

Otvaram prozor: sve igra ludo vrzino kolo. Stabla sa svojim crnim siluetama hukte,

zvižde i šibaju se granjem. Izgledaju kao pobesneli crni duhovi.43

43 “È qualcuno che chiama da su dalla radura di oko. / Il nostro vecchio Puto ulula e spinge il muso sulle mie gambe. / Vado sotto l’olmo: Grlica non c’è. Dov’è Grlica, dove fa pascolare la mucca? penso io e ascolto il fischiare del vento sopra di me. Huuu! prende la rincorsa furiosamente, sibila sulle cime, e come se lo portassero dei giganti, precipita lungo i campi. All’improvviso: l’eco cupa di qualche

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 149

L’“elemento fantastico” in Humo non può essere equiparato a quello che Tz.

Todorov intende come il fantastico che contraddistingue il relativo genere letterario,

cioè esso non implica puramente “l’esistenza di un avvenimento strano che provochi

un’esitazione nel lettore e nel protagonista”, poiché il fantastico può indicare anche

una modalità di lettura che non deve essere “né poetica né allegorica”.44 Possiamo

infatti accettare la tesi dello stesso Todorov, il quale afferma che in determinati testi,

per lui di natura “poetica” (e noi diremmo lirica), non si debba cercare il fantastico:

“ce ne distolgono le rime, il metro regolare, il discorso emotivo […]”.45 I motivi con

elemento fantastico in Grozdanin kikot sono inscindibilmente legati proprio al folklore

e alla profonda emotività del personaggio-narratore, che si identifica con lo stesso

ambiente della leggenda, è tutt’uno con esso.

In Grozdanin kikot un posto di assoluto rilievo spetta al riferimento ad una forma

particolare della poesia popolare, la ballata. Questa breve forma ibrida, “al confine”

(“na me i”) tra quelle femminili (liriche) e quelle maschili (epiche), secondo la nota

terminologia adottata da Vuk Karadži , presenta un carattere narrativo, ma con

un’azione che viene condizionata e permeata dall’emozione, elemento per cui essa si

avvicina alla poesia lirica.46 Nel romanzo di Humo la ballata si è “fatta avanti” sotto

l’aspetto sia della forma, sia dei motivi.

albero riecheggia in alto sulla strada, un colpo sordo e un albero sradicato sta disteso sulla strada. / E il nostro olmo è enorme e nel tronco ha un buco grande come una stanzetta. Io sto seduto nel buco e qualcuno picchietta e scoppietta in tutto l’albero. / – Ehi, chi siete voi che picchiettate! / Tutto si placò e il vento si precipitò ancora più furiosamente, se ne andò da qualche parte, crollò e si fece silenzio. E loro cominciarono di nuovo a picchiettare sotto la corteccia. / – Ehi, chi siete voi che picchiettate! / – Siamo i diavoletti del bosco: Trkan, Potrkan, Drvan, Obrvan, Zvrcan, Koprcan, Smuk i Vuk. / – Huuu! Crac, craaac, si scuote! – e un ramo cadde davanti all’apertura. / E di notte il bagolaro gratta con i rami sul tetto. Un brivido si è rannicchiato sotto il soffitto e nemmeno il topo ha il coraggio di agitarsi. E qualcuno batte con i battenti delle finestre. / – Chi batte a quest’ora! / – Hihii! Hihihiii! – si mette a ridere in modo beffardo e con arroganza batte ancora più forte con i battenti e poi con un sibilo rabbioso e folle svanisce nella notte. / Apro la finestra: tutto danza un folle ballo di streghe. I tronchi con le loro nere silhouette ululano, fischiano e si fustigano con i rami. Sembrano come furiosi spiriti neri”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., pp. 5-6.

44 Tz. Todorov, La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 1995, p. 35. 45 Ivi, p. 65. 46 “Za razliku od lirske pesme koja je po pravilu iskaz ili slika jednog zate enog stanja, balada

neposredno ostvaruje radnju u ijoj osnovi stoji neko složeno stanje ili snažno ose anje kao podsticaj” (trad.: “A differenza della poesia lirica, che di regola è espressione o immagine di un determinato stato, la ballata realizza direttamente un’azione alla cui base, come stimolo, sta uno stato complesso o una forte emozione”), H. Krnjevi , Predgovor. O našim narodnim baladama, in Antologija narodnih balada, SKZ, Beograd 1978, p. 27.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 150

Osserviamo infatti che Grozdanin kikot presenta una costruzione in cui motivi ed

altri elementi caratteristici della ballata trovano un loro spazio consistente. Tali sono,

per esempio, il motivo della danza e la sua origine popolare, la contrapposizione fra

due personaggi, l’uso del dialogo e del monologo, la presenza del sentimento della

paura, il finale tragico, lo svolgimento della vicenda nel corso della notte, l’elemento

numinoso.47 Quest’ultimo, l’elemento numinoso, è particolarmente ricco e variegato

nel romanzo che qui prendiamo in considerazione ed è uno degli elementi più

importanti per la sua struttura. La presenza delle fate, dei diavoletti del bosco, degli

spiriti e in generale delle “forze ignote”, sovrannaturali, con le quali il protagonista

Ozren comunica e delle quali Grlica ha paura, ovvero il modo in cui questo elemento

viene rappresentato nell’opera, suggeriscono la sua origine balladesca. Inoltre, il

motivo dell’amore infelice ed impossibile tra due giovani, un amore condannato sin

dall’inizio a una fine tragica, è uno dei motivi principali che ricorrono nella forma

della ballata e che la caratterizzano. A questi si aggiunge ancora un motivo

importante per la poetica della ballata – quello dello scontro improvviso tra due

opposti,48 come appare nel romanzo lo scontro tra Ozren e Jure glavarov per Grlica.

Infine, nel romanzo di Humo, nella sua costruzione complessiva, si può scorgere

ancora una caratteristica strutturale propria delle ballate, quella che riguarda i

sentimenti dell’uomo, che vengono rappresentati secondo le modalità di questa

forma poetica, anche se non rimangono nella forma iniziale, ma si sviluppano

gradualmente verso il tragico. Così, l’amore di Grlica per Ozren passa per gradi

dall’affetto all’amore più profondo e passionale, fino al punto in cui lei si sente

tutt’uno con Ozren (a ciò allude il fatto che in un dato momento anche Grlica sente

la voce di Grozdana che chiama Ozren).49 Contemporaneamente alla crescita del

sentimento positivo, prende vita una vena tragica che culmina nella follia e, quindi,

47 Cfr. J. Jerkov, La ballata Lud Gidija di P. P. Slavejkov fra tradizione orale e letteratura europea, «Ricerche slavistiche», Nuova serie, 3 (XLIX) (2005), p. 55.

48 Cfr. H. Krnjevi , op. cit., p. 36. 49 “– Ozrene, ula sam kako se smeje Grozdana. Jest, duše mi, ula sam – kaže Grlica sva

uzrujana. – Ju e ja idem ispod Smr enjaka a neko se kiko e gore u Rosi a vinogradu. Bože moj, što sam se uplašila! ula sam kako te zove po imenu i sva a se sa Grozdanom” (trad.: “– Ozren, ho sentito Grozdana ridere. Sì, per l’anima mia, l’ho sentita – dice Grlica tutta agitata. – Ieri me ne vado sotto lo Smr enjak e qualcuno ride forte su nelle vigne di Rosi . Dio mio, come mi sono spaventata! Ho sentito che ti chiama per nome e litiga con Grozdan”), H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 80.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 151

nella morte dello stesso personaggio femminile. Quando si tratta invece del

personaggio maschile, in questo caso del personaggio-narratore Ozren, è anche

attraverso la sua esperienza vissuta che si realizza la componente lirica del romanzo. I

suoi sentimenti verso i personaggi femminili non cambiano, nemmeno nel caso in cui

questi gli facciano dei dispetti (come quando Ivanka lo deride), e tuttavia seguono

una certa graduazione, secondo una linea che va dal desiderio fino all’amore

passionale.50

Abbiamo già ricordato che uno dei capitoli centrali del romanzo è dedicato al

tema del canto e della poesia. Ebbene, la base semantica del romanzo si trova proprio

in questa parte XXV, al cui centro vi è il tema della gara di canto tra i due cantori di

poesie popolari liriche. Qui i versi della poesia lirica vengono inseriti nella stessa

narrazione del personaggio-narratore, il quale è osservatore-testimone della gara di

canto tra Minda e Krivošija che si svolge nella taverna (“kr ma”):

Minda je probao glas.

Opet gucnu i otpo e:

Voda tekla,

Voda tekla kroz luge zelene,

A kraj vode,

A kraj vode arape vunene.

Bože mili, ije li bi bile!

Minda se sav dao u pesmu. Glas mu treperi toplo i osvaja slušaoce. Nešto so no i

muškara ko ima u njegovu glasu što nam otvara celog Mindu. A kada do e do onog

mesta:

Traže Maru,

Traže Maru, al’ je na i ne e;

Kroz lugove hitra voda te e.

50 “Lirsko u baladama ovaplo uje se u dinami noj gradaciji ose anja sve do strasnih o itovanja koja munjevito obasjavaju lice i nali je ljudskog života” (trad.: “Il lirico nelle ballate si incarna in una gradazione dinamica dei sentimenti fino a manifestazioni passionali che con la rapidità di un lampo illuminano il diritto e il rovescio della vita umana”), H. Krnjevi , op. cit. p. 31.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 152

Svi pomislismo da je Krivošija izgubio okladu. Svi smo bili tronuti a Minda izdiže,

izdiže, ciknu i prese e.51

I versi inseriti nella narrazione sono quelli di una delle più note ballate slave

meridionali dedicate a Mara.52 Il personaggio-narratore è anche colui che riassume i

momenti essenziali (la trama) di un’altra ballata, quella su Ivan, la cui amata si è

risposata mentre egli è imprigionato e la cui madre ha perso la vista e gli muore in

braccio per la gioia di rivederlo vivo. Nel brano narrativo in questione il personaggio-

narratore racconta il contenuto dei versi che mancano nel testo e commenta l’effetto

del canto sugli ascoltatori, un canto che in essi risveglia “najdublja i najskrivenija

ose anja” (“i sentimenti più profondi e più riposti”) e sotto il cui effetto tutti sono

diventati “dobri, pobožni i krotki kao pokajnici” (“buoni, devoti e docili come

penitenti”).53 A questo breve commento narrativo seguono i brevi commenti dei

personaggi sulla poesia-canto, sulle emozioni che essa è riuscita a risvegliare in loro.

Nella parte narrativa (in senso stretto) la forza di questi sentimenti è paragonata alla

forza della religione per mezzo di una particolare similitudine e dell’uso di un lessico

che si associa a quello religioso: “dobri, pobožni i krotki kao pokajnici”, “a mi svi mirno,

kao na molitvu, pri osmo stolu” (“buoni, devoti e docili come penitenti”, “e noi tutti

tranquillamente, come in preghiera, ci avvicinammo al tavolo”). Nella parte dialogica la

posizione implicita relativa al canto come preghiera culmina in modo esplicito nelle

parole di dedo Škembo, che simboleggia la vecchia generazione, il mondo del passato:

– Eto, šta vam je pesma. Ja a je od svega na svetu. Ja a je, Bože me oprosti, i od

molitve – kaže dedo.54

51 “Minda provò la voce. / Prese ancora un sorso e iniziò: / L’acqua scorreva, l’acqua scorreva attraverso i boschetti verdi, / E vicino all’acqua, / E vicino all’acqua le calze di lana. / Dio caro, di chi saranno! / Minda si abbandonò del tutto alla canzone. La sua voce vibrava calda e conquistò gli ascoltatori. Nella sua voce c’è qualcosa di succoso e di maschile che ci svela tutto Minda. E quando arrivò a quel punto: / Cercano Mara, / Cercano Mara, ma non la troveranno; / attraverso i boschetti l’acqua scorre veloce. / Tutti pensammo che Krivošija aveva perso la scomessa. Eravamo tutti commossi ma Minda andò su, andò su, emanò un grido e smise in tronco”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., pp. 57-58.

52 H. Krnjevi , op. cit. 53 H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 59. 54 “Ecco che cos’è una canzone. È più forte di qualsiasi cosa al mondo. È più forte, che Dio mi

perdoni, anche della preghiera – dice il vecchio”, ivi, p. 60.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 153

Tuttavia, a quest’idea della forza unificatrice, benefica e con effetto ‘spirituale’ del

canto sull’uomo, che sarà confermata e rafforzata mediante l’artificio dell’iperbole,

segue un’ulteriore specificazione relativa al canto, ossia alla differenza fra i due tipi di

canto – quello epico e quello lirico –, espressa questa volta (e non può essere un

caso) dall’amico di Ozren, Svrzimantija:

Ni stotine Haralampijevih predika ne bi ovako delovalo na ljude – kaže Svrzimantija.

– Samo ima razlike izme u pesme i pesme. Ile može da ti gusla po celu no pa jedna u

uho, druga mimo uho.55

La parte dedicata alle ballate cantate termina con un breve commento del

narratore sulla conversazione che si ravviva e sul tempo che passa e che si ripete:

Razgovor oživljava. Pesma ostaje u nama kao neka prekaljena uspomena a laka

svakidašnjica obnavlja se i treperi.56

L’intero episodio relativo alla ballata si colloca temporalmente in una infuocata

giornata d’estate, ma la scena è situata in uno spazio chiuso, nella locanda (kr ma),

buia e umida, posta nel silenzio e isolata dal mondo esterno, e a ciò corrisponde la

triste tematica dell’infelicità dell’uomo cantata nelle stesse ballate. Nel momento in

cui vengono aperte le finestre e viene ripresa la conversazione tra coloro che sono

presenti, cambia il ‘ritmo’ dello stato d’animo, la tristezza viene sostituita da un

sentimento più allegro, mentre i versi decasillabi ‘lenti’ della ballata sono sostituiti da

versi più brevi, di ritmo più ‘veloce’, composti da coppie di versi ottonari e quinari

(osmerci e peterci), ma anche di senari e settenari (šesterci e sedmerci). Ai temi tristi espressi

nei versi della ballata, che sono associati ad uno spazio chiuso e buio, si oppongono i

temi allegri, espressi formalmente mediante i versi più brevi e associati ad uno spazio

più luminoso (grazie alle finestre aperte e alla luce del giorno che così può entrare):

55 “Nemmeno centinaia di prediche di Haralampije avrebbero avuto questo effetto sulla gente – dice Svrzimantija. – Solo che c’è differenza tra una canzone e l’altra. Ile ti può suonare la guzla per tutta la notte, e una va dentro l’orecchio mentre l’altra gli passa accanto”, ibidem.

56 “La conversazione si ravviva. La canzone rimane dentro di noi come un ricordo temprato e la leggera quotidianità si rinnova e vibra”, ibidem.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 154

Pije se. Vreme prolazi. A kada Vida otvori prozore: osen prešao preko kr me. Svež

vetar pirnu i pokrete raspoloženje.

– E, jesi me natpevao, Krivošija, ali hajdemo sad jednu veselu! – kaže Minda i

zapeva treskaju i nogom i daju i takt.57

In tal modo si esprime la duplice condizione dell’uomo, accostata qui alla natura:

la compresenza inscindibile del sentimento della tristezza, da una parte (associato alla

fragilità del mondo materiale, alla privazione e alla morte), e, dall’altra, della gioia di

vivere (espressa nel ballo collettivo e nel movimento). Questo procedimento di

alternanza di diversi ‘ritmi’ in questo capitolo è realizzato anche nei diversi stati

d’animo del soggetto narrante e, in generale, nell’atmosfera raffigurata. Inoltre, tale

dualità, i cui poli si alternano nell’opera e sulla quale Humo insiste e che, inoltre,

diventa il tratto compositivo fondamentale del romanzo, può essere rinvenuta e

considerata anche in un contesto più ampio, quello che coinvolge diversi scrittori (in

primis giovani poeti) slavi meridionali dell’avanguardia, i quali si esprimono anche

esplicitamente nei loro testi teorici e programmatici. Tra di loro si ricordi almeno

Antun Branko Šimi , a cui Humo era legato oltre che da amicizia e dallo stesso luogo

di nascita, anche dalle idee sulla letteratura che in quegli anni circolavano senza

barriere. Šimi così esprime la concezione del nuovo ritmo nella poesia:

Za svaku temu nije svaki ritam. I to zna svatko, ali ne u više ni pitati: koji se naš

pjesnik toga drži? – nego: zašto se rijetko tko zamisli što ta re enica zapravo zna i?

U re enici je ponajprije pravdanje slobodnog stiha.

Pravi umjetnik u rije i ne e initi kao ona dva slavna srpska versifikatora koji su

gotovo sve svoje pjesme ispjevali u dvanaestercu i jedanaestercu. Ne e izražavati u

istom ritmu ples i mirovanje, brzinu i utanje, nego e nastojati da i sam ritam izražava

stvar. Da ritam bude elemenat ekspresije. Da ritam ne bude mehani ki nego ekspresivan.

[…]

Ako ritam treba da bude ekspresivan a ne mehani ki, onda su svi zahtjevi da ritam

bude (uvijek) melodiozan, muzikalan, sasvim neopravdani. emu glatko a ondje gdje baš

57 “Si beve. Il tempo passa. E quando Vida aprì le finestre: un’ombra attraversò la locanda. Un vento fresco soffiò e mosse gli animi. / Eh, mi hai proprio superato nel canto, Krivošija, ma adesso cantiamone una allegra! – dice Minda e cominciò a cantare battendo con la gamba e dando il ritmo”, ibidem.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 155

treba hrapavost, lako a gdje baš treba težina? Nije isti ritam valcera i valjanja kamena. I

sve to što velim o ritmu vrijedi i za sam zvuk rije i, za zvuk vokala i konsonanata jedne

rije i. Mnogi traže uvijek zvu nost; no emu zveka ondje gdje je potrebna tišina ili

utanje?58

All’atmosfera e allo stato d’animo generale di allegria corrisponde un’altra forma

caratteristica del folklore, il kolo (la particolare danza che si compie in circolo), che è

l’espressione più alta dell’allegria collettiva. Essa rappresenta anche l’ultimo e il più

alto livello nella gradazione dello stato d’animo generale suscitato dal canto, che va

58 “Non tutti i ritmi vanno bene per tutti i temi. E questo lo sanno tutti, ma non chiederò nemmeno più: quale dei nostri poeti si attiene a questo principio? – anzi: perché raramente qualcuno riflette su che cosa significhi in realtà questa frase? / In quella frase vi è innanzitutto una giustificazione del verso libero. / Il vero artista della parola non farà come quei due celebri versificatori serbi che hanno composto quasi tutte le loro poesie in dodecasillabi ed endecasillabi. Egli non esprimerà con uno stesso ritmo il ballo e la quiete, la velocità e il silenzo, ma cercherà di far sì che anche lo stesso ritmo esprima la cosa. Che il ritmo sia un elemento dell’espressione. Che il ritmo non sia meccanico bensì espressivo. / […] / Se il ritmo deve essere espressivo e non meccanico, allora tutte le istanze che il ritmo sia (sempre) melodioso, musicale, sono del tutto ingiustificate. A che cosa serve la levigatezza lì dove c’è bisogno proprio della ruvidezza, a che cosa serva la leggerezza dove c’è bisogno proprio della pesantezza? Il ritmo del valzer e quello del rotolamento delle pietre non sono uguali. E tutto quello che dico a proposito del ritmo vale anche per il suono delle parole, per il suono delle vocali e delle consonanti di una parola. Molti cercano sempre la sonorità; ma a che cosa serve il rumore lì dove è necessaria la quiete o il silenzio?”, A. B. Šimi , Tehnika pjesme, in Id., Djela, 1. Pjesme, proza I, priredio N. Mihanovi , August Cesarec, Zagreb 1988, p. 492 (per la prima volta il testo è apparso sulla rivista «Savremenik», XVII, 3, 1923, pp. 161-163). Dopo la fine della Grande guerra, che lo ha visto nelle file dell’esercito austro-ungarico (come Crnjanski e tanti altri scrittori slavidel Sud), Humo si è iscritto al corso di storia dell’arte presso l’Università di Zagabria. In questa città, nella “Kazališna kavana” (Caffè del teatro) e nelle passeggiate “per il Tuškanac”, egli ha trascorso i primi anni dei suoi studi in compagnia di altri giovani poeti che si trovavano lì: A. B. Šimi , U. Donadini e N. Mili evi , cosa che proprio quest’ultimo ricorda in modo scherzoso: “U to je vrijeme vojni ka policija prire ivala mnoge racije po Zagrebu. Sje am se jedne u Kazališnoj kavani. Tko je god ulazio, bio je ve na vratima legitimiran. Svi gosti iznutra gledali su znatiželjno to legitimiranje na vratima. Zaori najednom gromoglasni smijeh cijelom kavanom. A. B. Šimi , malen, djetinjeg izgleda, ušao je bez ikakve napasti legitimiranja. To ga je strašno uvrijedilo. Nije mogao preboljeti fizi ku neuglednost, tješio se samo time što je bio stalno sa mnom, a ja sam tada bio kao ’krik’. Sje am se jedne šetnje po Tuškancu. Hamza Humo, Abo Koen, A. B. Šimi i ja. Ja bih nešto zaostao za njima i gledam ih. Raspravljaju nekog avola, zajapurili se, gestikuliraju i – ogledavaju se jedan na drugog, propinju se, kradom jedan od drugog. Ja, svejedno, nisam mogao konstatirati koji je od njih manji” (trad.: “In quel periodo la polizia militare faceva molte razzie a Zagabria. Me ne ricordo una al Caffè del Teatro. A chiunque entrasse veniva controllato il documento già alla porta. Tutti gli ospiti all’interno guardavano incuriositi questo controllo dei documenti alla porta. All’improvviso una forte risata risuonò per tutto il caffè. A. B. Šimi , piccolo, con l’aspetto di un bambino, entrò senza alcun controllo dei documenti. Questo lo offese terribilmente. Non poteva rassegnarsi al suo fisico poco appariscente, lo consolava soltanto il fatto di stare sempre con me, e io allora ero da ‘grido’. Mi ricordo di una passeggiata per il Tuškanac. Hamza Humo, Abo Koen, A. B. Šimi ed io. Io ero rimasto un po’ indietro e li osservavo. Discutevano di qualche diavolo, erano diventati rossi in viso, gesticolavano e si misuravano l’uno con l’altro, si mettevano in punta di piedi, di nascosto l’uno dall’altro. Io, comunque, non riuscivo a notare quale di loro fosse più piccolo”), D. Jel i , ABŠ Curriculum vitae, in A. B. Šimi , Djela, 2. Proza II, priredio D. Jel i , August Cesarec, Zagreb 1988, pp. 698-699.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 156

dalla tristezza all’allegria per sbocciare infine nel vero e proprio grottesco. Proprio

tale danza (il kolo), in cui però ognuno (compreso anche il personaggio-narratore)

balla a modo suo sotto l’effetto dell’alcool e con cui termina la gara dei cantori, che si

vedono finalmente uniti ai loro ascoltatori, viene rappresentata in modo grottesco:

Kasnije predloži neko da igramo i uhvatismo se u kolo. Ja sam igrao besno, kao

konj, a Svrzimantija je dizao kolena do zuba. Krivošija isteglio šiju pa se klimata a

Galama se truska leno i pospano. Vida i Minda sede za tezgom i pucaju od smeha.

[…]

Dedo je huktao i podizao teške nožurine a trbuh mu se tresao kao meh.

[…]

A mi udarismo još ja e. aše zvone kao lanac, a mi besomu no mlatimo uz

medveda dedu, sve dok se, napola mrtvi, ne svaljasmo pod stolove.59

Questa danza, che dovrebbe essere rappresentazione dell’armonia del collettivo

che vi partecipa e in cui i movimenti di tutti sono uguali e simmetrici, viene così

‘decanonizzata’ dal momento in cui ciascuno dei suoi partecipanti individualizza i

propri movimenti, ma soprattutto per il modo grottesco in cui essa termina, con la

caduta a terra di tutti i danzatori.

Infine, il canto e la danza hanno fatto sì che la percezione del tempo e dello

spazio del soggetto narrante diventi completamente autonoma; essa perde la sua

dimensione ‘sicura’, chiara, così che la realtà viene sostituita dall’apparenza,

l’ambiente che circonda il soggetto viene interiorizzato, le cose assumono una forma

antropomorfizzata:

Smrkavalo se kad sam napustio kr mu. A može biti da je bila i duboka no . Snažan

vetar zaletao se sa Mrkulje i povijao me k zemlji. Išao sam etvoronoške. Neko je urlao u

stablima kao da mu avoli kožu deru.

59 “Più tardi qualcuno propose di danzare e noi ci mettemmo a ballare il kolo. Io ballavo rabbiosamente, come un cavallo, e Svrzimantija alzava le ginocchia fino ai denti. Krivošija distese il collo e gesticolava mentre Galama si dondola pigro e assonnato. Vida e Minda stavano seduti dietro il bancone e scoppiavano dalle risate. […] Il nonno ansimava e alzava le gambone pesanti e la pancia gli si scuoteva come un otre. […] E noi ci demmo dentro ancora più forte. I bicchieri suonavano come catene, e noi battevamo forte insieme al nonno orso, finchè, mezzi morti, non rotolammo sotto i tavoli”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 61.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 157

Vile tuku staru avarušu, mislim ja i dalje se vu em uzbrdicom, razbijaju i prste i

hvataju i se za stenje.

Nad Svrzimantijinom ku om zakikota bura i zaigra u borovima. A Mindin refren

izlete iz granja i zavrišta:

Haj, haj, haaj!

Prazan vratila.60

Dunque, il primo romanzo di Humo presenta una struttura intessuta di motivi

del folklore. In esso l’elemento balladesco è rafforzato ed evidenziato mediante

l’introduzione di veri e propri versi, ma anche nella sua dimensione più profonda, che

riguarda direttamente il messaggio dell’opera, si dimostra un forte legame con questo

genere della lirica popolare. Allora non sarà futile ricordare come interpreta il senso

della ballata H. Dizdarevi Krnjevi , tra i massimi esperti in materia:

U središtu doga anja je ovek sa svojom tajnom, otkriven u svojoj ljudskosti i

duševnosti ili u svojoj ubogosti i duševnoj surovosti, ovek kao racionalno ali i kao

iracionalno bi e, ovek na javi i u snu. […] U svetlosti stradanja, dobrota potiskuje zlo u,

pravda pokazuje svoje lice makar i uz žrtve, ljubav živi preko granica života i smrti

životvornom energijom koja se ostvaruje u drugima. […] Balade su poezija stradanja,

tragi na vizija ovekovog života koja poznaje i iskazuje i takav paroksizam življenja kao

što je ose anje i shvatanje smrti kao ne eg privremenog, kao prolazne žrtve u ime života

budu nosti.61

60 “Si faceva buio quando lasciai la locanda. E forse era anche notte fonda. Un forte vento prendeva la rincorsa dal Mrkulja e mi piegava verso la terra. Avanzavo carponi. Qualcuno urlava negli alberi come se i diavoli gli scorticassero la pelle. / Le fate picchiano la vecchia Cavaruša, penso io e continuo a trascinarmi in salita, rompendomi le dita e agrappandomi alle rocce. / Sopra la casa di Svrzimantija la bora sghignazzò e si mise a ballare tra i pini. E il ritornello di Minda volò via dai rami e si sentì in un urlo: // Ehi, ehi, ehii! / Vuoto l’ha riportata”, ivi, pp. 61-2.

61 “Al centro degli avvenimenti c’è l’uomo con il suo segreto, scoperto nella sua umanità e nella sua spiritualità o nella sua povertà e nella sua crudezza spirituale, l’uomo come essere razionale ma anche irrazionale, l’uomo nella veglia e nel sonno. […] Nella luce della sofferenza, la bontà respinge la cattiveria, la giustizia mostra la sua faccia anche se con delle vittime, l’amore vive al di là dei confini della vita e della morte con un’energia vivificante che si realizza negli altri. […] Le ballate sono la poesia della sofferenza, una visione tragica della vita dell’uomo che conosce ed esprime anche un tale parossismo del vivere quale è il sentimento e la concezione della morte come qualcosa di provvisorio, come un sacrificio transitorio nel nome della vita futura”, H. Krnjevi , op. cit. pp. 48-49.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 158

L’intero mondo di Grozdanin kikot appare come un’immagine balladesca sulla

fragilità della vita umana, incarnata nei personaggi di Grlica, di Jure glavarov,

dell’amico di Ozren – Svrzimantija, del raspop Melentije e infine di Grozdan e

Grozdana, un’immagine riunita in un unico personaggio – il giovane Ozren – il cui

sentimento della vita, nonostante tutto, non viene identificato con la tragedia. La

coscienza di Ozren è profondamente intessuta dell’idea della caducità delle cose, del

passare di tutto, e perciò anche la sua concezione della vita, dell’amore e della morte

come un’unica cosa, come un insieme che riceve un senso al di fuori dei “confini

della vita” (l’amore eterno di Grozdan e Grozdana che appaiono e scompaiono

insieme alle stagioni, la morte di Grlica, l’avvicinarsi della morte di Svrzimantija), tale

concezione quindi tiene unita e compatta in modo assoluto questa struttura

romanzesca, il cui messaggio raggiunge il culmine dell’esplicazione proprio nelle

ultime pagine:

Ju e sam mnogo pio. Silno su me izmorili ovi poslednji dani. Ležim u mojoj odaji i

tupo gledam u tavanicu. Ne mislim ni o emu. Ose am tugu koju u odneti skoro u

bu ne gradove. Boli me za Grlicom i žalim Svrzimantiju. Se am se Ivankinih milovanja i

zahvata me neka tužna praznina.62

Stojim nad Svrzimantijinom ku om i mislim o sino njem snu. Siromah Svrzimantija!

Kada se do godine povratim u ove strane, može biti da e moj prijatelj ležati pod ovim

dubom. On e ležati a dub e stara ki šumiti vrh njega i širiti nad njim svoje oronule

ruke. Peva e o prolaznosti svega i govori e zaprašenim i pokislim putnicima:

“O, zaprašeni i pokisli prolaznici! Setite se nepoznatog što svakog oveka u životu

eka! Setite se zagonetnih putova sudbine, jer pod mojim granama leži ovek koji ih je

preteško ose ao!”63

62 “Ieri ho bevuto molto. Mi hanno molto stancato questi ultimi giorni. Sto sdraiato nella mia stanza e guardo ottusamente il soffitto. Non penso a niente. Sento la tristezza che porterò presto in città rumorose. Provo dolore per Grlica e mi dispiace per Svrzimantija. Ricordo le carezze di Ivanka e mi prende un triste vuoto”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 87.

63 “Sto sulla casa di Svrzimantija e penso al sogno di stanotte. Povero Svrzimantija! Quando fra un anno tornerò da queste parti, forse il mio amico giacerà sotto questa quercia. Lui giacerà e la quercia stormirà come un vecchio sopra di lui e allargherà su di lui le sue braccia decrepite. Canteranno della caducità di tutto e diranno ai viaggiatori polverosi e bagnati: / «Oh, viaggiatori

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 159

O, nemam više snage kao pre! Pre sam se, kao dete s dedom, smejao s Njim, s

Velikom Gospodom, a sada lutam osamljenim potokom, razgovaram s Njim i molim mu

se.64

O prole e, što u srcu nosiš toplu radost a u o ima smeh, kad opet do eš u naše

strane, probudi eš Grozdana i Grozdanu iz dugog sna; i kikot života kikot Grozdanin,

ponovo e da zazvoni našom kotlinom. I sve e biti kao i pre. I svilene laste lete e kroz

zlatno sunce i kroz modre sutone, i savi e gnezda i cvrkut e im odlegati našim tavanom.

O, sve e biti kao pre! Samo u mojoj duši mirova e jedna tužna sena, sena one koju više

ne u videti u našim stranama.65

3.1.5. Una sintassi elementare

Grozdanin kikot è costruito con una sintassi che rifugge dalla complessità delle

subordinate e la maggior parte del romanzo presenta quindi una sintassi elementare,

di tipo paratattico. I periodi del romanzo spesso sono composti da un numero

ridotto, essenziale di componenti (soggetto, predicato, oggetto), oppure da

esclamazioni o ellissi. In questo modo un accento particolare viene posto proprio

sulla lingua del romanzo, sulla sua espressività, sul suo significante, come emerge dai

seguenti esempi:

U selu mrak. Zirkaju svetla. Zvonca zvonckaju nemirno u tami. Tiho. uje se kako,

ak gore pod ardakom, srdito reži naš Puto. Neko zapeva stranom preko Preseke.66

polverosi e bagnati! Ricordatevi dell’ignoto che attende ogni uomo nella vita! Ricordatevi delle strade enigmatiche del destino, perché sotto i miei rami giace un uomo che le sentiva troppo!»”, ivi, p. 89.

64 “Oh, non ho più forza come prima! Prima, come un bambino con il nonno, ridevo con Lui, con il Grande Signore, e adesso vagabondo sul ruscello solitario, parlo con Lui e gli rivolgo preghiere”, ivi, p. 95.

65 “O primavera, che nel cuore porti una calda allegria e negli occhi il sorriso, quando ritornerai dalle nostre parti, sveglierai Grozdan e Grozdana dal lungo sonno; e la risata della vita la risata di Grozdana risuonerà ancora per la nostra valle. E tutto sarà come prima. E le rondini di seta voleranno attraverso il sole dorato e i crepuscoli azzurri, e faranno il nido e il loro cinguettio risuonerà per la nostra soffitta. Oh, tutto sarà come prima! Solo che nella mia anima starà in pace un’ombra triste, l’ombra di colei che non vedrò più dalle nostre parti”, ivi, p. 97.

66 “Buio nel villaggio. Le luci fanno capolino. Dei campanelli suonano inquieti nell’oscurità. Sommessamente. Si sente, persino lassù sotto il ardak, il nostro Puto ringhia rabbiosamente. Qualcuno si mette a cantare sulla salita della Preseka”, ivi, p. 33.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 160

Oppure:

Zora bledi u oknu. Pevci u estali.

– Zbogom, Ivanka!

– O, ne idi još! Ne idi! – kaže ona. – To se no beli u oknu. Ostani!

I ja ostajem.

Svi e dan. Ja utim. Ivanka duboko diše. Spava. Puto me eka pred ku om. Žute se

njive. Selo se budi a vrh Mrkulje krvavo se zlati u nebu.67

Possiamo osservare come vengano marcati tutti gli elementi della struttura, anche

quelli minimimi (a partire dallo stesso fonema), e ognuno di essi assume una certa

autonomia e si riveste di significato. Nel romanzo breve humiano la sintassi non ha

nessun elemento ridondante che potrebbe essere tolto o sostituito da un altro. Le

ripetizioni di determinati suoni, le inversioni delle componenti sintattiche (anche se

non sempre consistenti), vari parallelismi fanno sì che la narratività venga respinta o

comunque messa in secondo piano a favore della ritmicità.68 Il prevalere del principio

lirico (caratterizzato dalla ritmizzazione della sintassi) su quello narrativo, ma anche

su quello drammatico, è ben esemplificato nel seguente esempio:

Istina,| bilo je i gr ega grada |a i draga je ništila njive.| Ali ove tutnjave |ni ovoga

straha |ne pamti ni kusa vrana.69

Qui si scorge una parallela segmentazione della sintassi regolata dalle pause

intonative, una sintassi in cui i due periodi vengono composti dallo stesso numero di

segmenti – tre in entrambi i periodi. Inoltre, i segmenti sono formati da un

67 “L’alba sbiadisce nella finestra. I galli si fanno vivi più frequentemente. / Addio, Ivanka! / O, non andare ancora! Non andare! – dice lei. – È la notte che biancheggia nella finestra. Resta! / E io resto. / Si fa giorno. Io taccio. Ivanka respira profondamente. Dorme. Puto mi aspetta davanti alla casa. I campi ingialliscono. Il villaggio si sta svegliando e sopra al Mrkulja il cielo assume sanguinosamente un color oro”, ivi, p. 42.

68 Nel 1925, nello stesso anno in cui Grozdanin kikot è apparso in frammenti su rivista, è uscita la raccolta di poesie in prosa di Humo intitolata Sa plo a isto nih (Dalle lastre orientali), nella quale l’autore ha realizzato appieno la sintesi tra il discorso narrativo e quello poetico, cfr. Z. Leši , Hamza Humo…, cit., p. 370.

69 “Veramente, c’è stata anche una grandine peggiore, e anche distruggeva i campi. Ma questo rombo e questa paura non li ricorda neanche la cornacchia senza coda”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 11.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 161

determinato numero di unità accentate – escludendo il primo segmento, l’unico

diviso dalla virgola, i segmenti successivi presentano il seguente schema: 3 – 3 – 2 – 2

– 3. Il parallelismo grammaticale (uno stesso ordine delle componenti grammaticali

nei segmenti 2 e 6, da una parte, e 4 e 5, dall’altra), la ripetizione di determinati

fonemi (grada – draga; i nessi: -gr, -ga, -ve; la vocale a alla fine della parola), l’uso di

parole brevi (da una a tre sillabe) e, infine, la prima e l’ultima parola della sequenza,

che terminano con la stessa sillaba, -na (istina, vrana), mettono in chiara evidenza il

valore ritmico della frase, il che va a scapito del suo significato.

In Grozdanin kikot tale ritmicità viene costruita, inoltre, con una tessitura di

immagini legate dalle simmetrie sintattiche, dove le proposizioni complementari sono

molto spesso di tipo avversativo (legate dalla congiunzione a, che, inoltre, esprime

non solo il rapporto avversativo tra gli elementi, ma anche la loro diversità). Il legame

sintattico viene realizzato anche al livello della proposizione coordinata espressa dalla

congiunzione i. Tale ‘elementarità’ e ripetitività del periodo di Humo sono costanti

del suo romanzo che, distogliendo qualsiasi equivoco semantico, spostano in esso

l’accento sulla espressione, mettendo in primo piano il significante e non il

significato, come si può osservare nei seguenti esempi:

Vetar mu odnosi glas, a njega nestade na vratima. Beli cvetovi ljuljaju se u kapinama.

Vazduh miriše vlagom, a ljudi strahuju pred gradom. Ja hitam drumom a vetar povija

lozu po vinogradima kao da hiljade ruku zovu i domahuju s bregova. A Grozdana kaže

Grozdanu […]

A Grozdan sedi na bregu mrk i zamišljen i ne sluša re i Grozdanine.70

Oppure:

Izi oh u dvorište. Ku a sumorno uti a hiljade vrabaca žamore vrh nje u lipama. Sve

zjapi rastvoreno, prazno a gomila razbijenih boca blešti u dnu dvorišta. Na ulazu stražari

star, napola sasušen dub. Na ulici Ivanka. Oslonila na stenu upr eno burilo pa po iva.71

70 “Il vento gli portò via la voce, e lui sparì dalla porta. I bianchi fiori si dondolano nelle ginestre. L’aria odora di umido e gli uomini hanno paura dinanzi alla grandine. Io mi affretto per la strada e il vento piega la vite nei vigneti come se migliaia di mani chiamassero e facessero cenno dalle colline. E Grozdana dice a Grozdan […] E Grozdan sta seduto sulla collina torvo e assorto e non ascolta le parole di Grozdana”, ivi, p. 9.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 162

In Grozdanin kikot si rileva un ricorso consistente alla comparazione, la quale è un

“spia evidente di un periodo statico che continua a tornare su se stesso” e che inoltre

è, “ai fini della narrazione, sempre una aggiunzione gratuita, un’amplificazione che

può essere o non essere”:72

Lozove mladice polomljene leže pod trsovima a vinogradi tužni kao da kuga prelazi

preko njih.73

Oppure:

U jutru me probudi silna jeka. Kao da neka džinovska i železna zveka tutnji u golim

brdima.74

Tramite le rime e le ripetizioni di determinate sillabe finali – (silna) jeka : (železna)

zveka (: neka) e džinovska – viene evocato e messo in rilievo il rumore forte della

pioggia e dei tuoni. Inoltre, il primo periodo e la prima parte del secondo mediante

tali ripetizioni vengono incorniciati come un’insieme, mentre la seconda parte del

secondo periodo, senza un collegamento fonetico con le prime, diventa autonoma e

quindi messa in evidenza per il proprio significato.

Oltre che di comparazioni del periodo, il romanzo è costellato di comparazioni

dei sostantivi (vengono comparati gli opposti), espresse per mezzo della similitudine.

Tramite la comparazione viene posta in risalto l’affettività e viene evidenziato uno

stato d’animo del protagonista-narratore. Inoltre, il campo semantico del soggetto

paragonato viene allargato e addirittura sostituito da quello dell’oggetto con cui viene

paragonato e, infine, si ottiene un’ascesa dell’intonazione sintattica, poiché un singolo

71 “Uscii nel cortile. La casa tace tetramente e migliaia di passeri mormorano sopra di lei nei tigli. Ogni cosa è spalancata, vuota, e un mucchio di bottiglie rotte sfavilla in fondo al cortile. All’ingresso fa la guardia una vecchia quercia, mezzadisseccata. In strada c’è Ivanka. Ha appoggiato a un masso il barile che portava sulle spalle e si riposa”, ivi, p. 31.

72 L. Beccaria, L’autonomia del significante. Figure del ritmo e della sintassi. Dante, Pascoli, D’Annunzio, Einaudi, Torino 1975, p. 293.

73 “I germogli di vite giacciono spaccati sotto i sarmenti e i vigneti sono tristi come se la peste passasse attraverso di loro”, H. Humo, Grozdanin kikot, cit., p. 5.

74 “Al mattino mi svegliò un forte rimbombo. Come se un gigantesco suono metallico rimbombasse sui nudi monti”, ivi, p. 7.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 163

elemento (il sostantivo) è paragonato per mezzo del sintagma (uno o due aggettivi e

sostantivo) o mediante più sostantivi che coinvolgono varie qualità sensoriali, per

esempio: “Prole e je zakliktalo u našim brdima, zakliktalo kao so na žena i otišlo”,75

dove la primavera viene paragonata alla donna (l’aggettivo “succosa” che determina il

sostantivo “donna” indica la sua vitalità), il corpo femminile alla stagione più

“giovane”. Ma qui il paragone evidenzia anche due opposti, il corpo femminile con la

sua caducità e la natura con il suo ciclo di stagioni che si rinnova sempre. Anche nel

seguente esempio: “Izgledaju [stabla] kao pobesneli crni duhovi”,76 gli alberi diventano

“fantasmi” rabbiosi, strani e fonti di paura. Oppure si veda anche questo esempio:

“U seni Mrkulje miruje naše selo kao teško, umorno telo. No pada kao ne ujan širok

zagrljaj”,77 o ancora: “Puto zavija u ku ici. Zavija i tuli kao sova, kao vetar u klisurama”,78

dove l’abbaiare del cane è come il verso del gufo e il rumore del vento, così che il

verso di un animale domestico attraverso il paragone con l’uccello notturno e con il

vento delle strettoie tra le rocce crea un’atmosfera di paura e di incertezza.

Una delle componenti più rilevanti del periodo humiano, che evidenzia le sue

potenzialità linguistiche e va a scapito della narrazione, è il discorso emozionale,

espresso per mezzo delle frasi esclamative o interrogative (e delle esclamazioni in

generale) oppure per mezzo delle onomatopee. Vi è ancora un tipo sintattico a cui

Humo ricorre molto spesso e che insieme ai tipi di periodo appena menzionati forma

un insieme determinante per la resa melodico-intonativa del discorso. Si tratta

dell’ellissi (del verbo). Essa contribuisce a potenziare il tono del romanzo e a mettere

ancora più in evidenza la dualità tra le parti di tono più alto e quelle di tono più

basso, le sequenze di rumore alternate a quelle di silenzio, quelle di movimento

alternate a quelle di immobilità, le sequenze di vita collettiva alternate a quelle

dominate dalla solitudine, e così via.79

75 “La primavera emise un grido di gioia sui nostri monti, emise un grido di gioia come una donna succosa e se ne andò”, ivi, p. 3.

76 “[Gli alberi] Sembrano come spiriti neri infuriati”, ivi, p. 6. 77 “All’ombra del Mrkulja il nostro villaggio sta quieto come un corpo pesante, stanco. La notte

cala come un grande abbraccio impercettibile”, ivi, p. 20. 78 “Puto mugola nella casetta. Mugola e ulula come un gufo, come il vento nelle gole”, ivi, p. 6. 79 “– Dobro jutro, i o? Jesi li zapeo vršu? // – Bog dobro dao, prijatelju! Hehee! Danas emo

pod Brestove. Vru ina je pa se riba krije, beži u hladovinu – vi e on. // i a drži vršu a ja nosim veliki štap, gur, i guram u brestove žile. Voda nam dopire do pojasa, dere o obalu i kloko e. Pljusnem

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 164

Il primo capitolo del romanzo presenta tutte le caratteristiche di un poema in

prosa il cui carattere lirico viene ancor più consolidato dalla presenza di determinate

ripetizioni consonantiche e vocaliche:

esto, po cele sate sedim sam na steni povrh ku e. Se am se svake litice, svakog

stabla.80

Nell’esempio appena citato è evidente la ripetizione insistita della fricativa sorda s

all’inizio delle parole e in più all’interno di determinati nessi, simili per sonorità (sa-,

gurom po obasjanoj površini, a duga zatreperi nad rekom. // – Hehee! Tako, tako prijatelju! Plahni ti njih malo! – vi e i a. // Klok, klok, klok! i a podiže vršu, zaškilji u nju a brada mu se zasmeja. // – Ohohoo! Pobratime evo ih dve! // I i a ih vada i niže na vrbovu mladicu. Njegovo crveno lice, zaraslo u bradu, smeje se faunski, rutavo a niz stara ko telo cedi mu se voda i saleva u jamice”; “Svaku ve er sedim na steni i gledam u dolinu. Mrk i crn oblak nad kotlinom. Pada mrak a dolina se pretvara u crno, šuplje džinovo oko. No utišala. O ekuje kišu. Mnogo pada ove godine, kažem ja tiho i osluškujem pritajeno kao no . Ja sam napeto uho u dubokoj no i. Bog me posmatra odnekud iz tame svojim prodirnim pogledom. Negde leži širok uzdah. No . Duboka no . Mir. // A oko pono i, pevaju kaplje po mom krovu i uspavljuju me. Pri aju mi pri u o Grozdanu i Grozdani. Pri aju mi o Grozdaninu kikotu. // U jutru sva kotlina umivena. Bistrina se smeje u vazduhu. Gore u kr evini kr e težaci. Dvoje dece penje se uz prisoj. Sitni su kao mravi. // – Heej! Uuuu! – zvoni dozivanje i vriska. Krass-krass-krasss, laju krasne o ledinu. Vazduh zvonak kao boca. Na Koravcu, vrhovi jablanova miruju u visinama. // Sunce odsko ilo a ja pred Galaminu kr mu. Leškarim pod vrbama a podne se primi e i razmahuje vru ina. ujem razgovor gore u kr mi. Vida razgovara s Mindom Ženskarom. Ulicom prolazi Dôma” (trad.: “– Buon giorno, zio? Hai posizionato la nassa? // – Che dio ce la mandi buona, Amico! Hehee! Oggi andiamo sotto gli Olmi. C’è gran calura e il pesce si nasconde, fugge al fresco – urla lui. // Lo zio regge la nassa e io porto la grossa canna, un bastone, e lo spingo tra le radici degli olmi. L’acqua ci arriva alla cintola, lacera la sponda e gorgoglia. Faccio un tonfo con il bastone sulla superficie illuminata, e un arcobaleno tremola sul fiume. // – Hehee! Così, così amico! Spaventali un po’! – urla lo zio. // Cloc, cloc, cloc! Lo zio solleva la nassa, ci sbircia dentro e la barba si distende in un sorriso. // – Ohohoo! Amico eccone due! // E lo zio li tira fuori e li infila su un ramoscello di salice. Il suo volto rosso, ricoperto dalla barba, ride come quello di un fauno, peloso, e lungo il corpo del vecchio gronda l’acqua e si versa nelle fossette”; “Ogni sera mi siedo su una roccia e guardo la vallata. Sulla valle una nube fosca e nera. Cala l’oscurità e la vallata si tramuta in un occhio di gigante nero, vuoto. La notte si è quietata. Attende la pioggia. Piove molto quest’anno, dico io sottovoce e tendo le orecchie di nascosto come la notte. Io sono un orecchio teso nella notte profonda. Dio mi osserva da qualche parte nell’oscurità con il suo sguardo penetrante. Da qualche parte c’è un ampio sospiro. Notte. Notte fonda. Pace. // E verso mezzanotte, cantano le gocce sul mio tetto e mi addormentano. Mi raccontano la storia di Grozdan e Grozdana. Mi raccontano della risata di Grozdana. // Al mattino tutta la vallata è lavata. La lucentezza ride nell’aria. Su nella selva disboscata gemono i braccianti. Due bambini si arrampicano lungo il lato soleggiato. Sono minuti come formiche. // – Heej! Uuuu! – risuonano i richiami e le urla. Crass-crass-crasss, gracchiano sulla brughiera. L’aria è sonora come una bottiglia. A Koravac, le cime dei pioppi stanno quiete in alto. // Il sole è balzato giù e io vado davanti alla locanda di Galama. Sto sdraiato sotto i salici e il mezzogiorno si avvicina e fa vibrare la calura. Sento una conversazione su nella locanda. Vida sta parlando con Mindo il Donnaiolo. Per la strada passa Doma”), ivi, pp. 31-32, 47-48.

80 “Spesso, per ore intere sto seduto solo sulla roccia sopra la casa. Mi ricordo di ogni masso, di ogni albero”, ivi, p. 3.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 165

ste-, se-, sva-, sta-, oppure -est-). Inoltre, questa specie di allitterazione viene potenziata

ulteriormente dalla vicinanza con cui compaiono gli stessi suoni, e ciò è conseguito

mediante l’uso di parole molto brevi (di una o due sillabe, e soltanto in un’occorrenza

di tre). In questo modo si ottiene un ritmo più veloce, mentre vengono potenziati ed

evidenziati sia singoli suoni (o grafemi) che ogni singola parola della frase.81

Anche nei due esempi seguenti un particolare effetto sonoro che viene associato

o, meglio, che esprime e completa il significato della frase, viene conseguito mediante

la ripetizione di determinati suoni. Nel primo esempio le consonanti sorde e t e le

vocali chiuse o e u evocano lo scalpiccio dei bovini: “ ujem tup topot gove eta”,

mentre nella frase: “Preplašene |tice |poleteše |iz plotina |u mrak” la ripetizione dei

nessi pre-, pla-, pol-, plo- e la ben ponderata distribuzione delle parole, ovvero dei

segmenti che formano la stessa unità accentata, con un determinato numero di sillabe

(4 e 2), accompagnano l’immagine del volo degli uccelli impauriti nel buio. Infatti, le

preposizioni iz e u, prive generalmente dell’accento, formano un’unità accentata con i

due sostantivi postposti che determinano, prendendo il loro accento. Così, “iz

plotina” e “u mrak” formano due segmenti rispettivamente di 4 e di 2 sillabe, e ciò

corrisponde al fatto che vi è una ben precisa segmentazione della frase. I segmenti di

4 sillabe (preplašene, poleteše, iz plotina) con determinate ripetizioni dei suoni vengono

associati acusticamente, mentre sul piano semantico viene lasciata una certa

incertezza, come un’incognita, poiché manca il sostantivo che determina questo

improvviso volo provocato dalla paura. Tale immagine di paura e di incertezza viene

ripetuta in varie forme, come un Leitmotiv nell’intero capitolo (“Neko je dozivao

no as sa gorske kose a glas mu prelazio planine”, “Trgnem se: gušter me poplašeno

gleda ispod voravog kamena”,82 “Osluškujem: šupalj vetar duva kroz klisure”83). I

segmenti di 2 sillabe (tice, u mrak) si discostano, invece, per il numero di sillabe e di

suoni, e vengono così marcati semanticamente. Infatti, l’immagine degli uccelli nel

81 Nell’esempio citato, nella versione ijekavizzata del romanzo, in parte si perde la percezione di un ritmo veloce della frase, poiché vengono sostituite le parole ekave bisillabiche come: cele, stena con quelle di tre sillabe in ijekavo: cijele, stijena. Inoltre, nel testo ijekavo viene introdotta la semivocalica ‘j’ e anche la vocale ‘i’: cijele, sjedim, stijena, sje am ciò in qualche modo rallenta il ritmo e cambia una certa regolarità con cui appaiono le consonanti sorde accompagnate da sole due vocali aperte quali ‘a’ ed ‘e’.

82 “Trasalisco: una lucertola mi guarda spaventata sotto una pietra nodosa”, ibidem. 83 “Sto ad ascoltare: un vento vuoto soffia attraverso le gole”, ibidem.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 166

buio esprime un’inquietudine e un’incertezza che corrispondono allo stato d’animo

del soggetto narrante nell’intero capitolo.

Un esempio simile si ha anche nella frase: “Kaduljom| i vreskom| prostre u|

podinu| pod nama”.84 Anche qui abbiamo parole bisillabiche e trisillabiche portatrici di

accento. Tuttavia, le unità intonative non si limitano alle singole parole, ma vengono

uniti due membri della frase in un unico membro con accento. La congiunzione i,

priva di accento, forma infatti un insieme con il sostantivo portatore dell’accento,

vreskom, che gli è postposto, mentre dal pronome nama l’accento viene spostato in

avanti, sulla preposizione pod. In questo modo si ottiene una frase simmetrica dal

punto di vista intonativo, poiché i suoi membri portatori dell’accento sono tutti

composti da tre sillabe con accento sulla prima.

84 “Con la salvia e l’erica stendono il pavimento sotto di noi”, ivi, p. 4.

3.2. Il viaggio nel tempo come espressione linguistica di un sogno interiore: Burleska

gospodina Peruna boga groma

Sa jednim užasnim ose anjem usamljenosti, straha od lepote i ljubavi za nju, kora am sa

velikom blistavom kapljom tuge nad srcem. Smešim se kao najnesre niji, pa ipak izbrani,

ovek na svetu. Svaki kamen mi govori da mi nijedno mesto ne e biti dovoljno dobro da

pod njim ležim; nijedan dah ne e me toliko zasititi vazduha da pristanem da je poslednji.

Volim gledati široke i mo ne kompozicije boja, gde god osvrnem pogled; ovde sa leve

obale jezerske, ili iz kola, ili leže i na livadi, kroz dve grane. Uvek se na e kakva tiha

muzika, ma gde u naboru se anja ili pronalazaka, koja pokuša da ih veže za moj duh i da

izmiri njinu ve nu obnovu sa mojom ve nom prolaznoš u.1

Rastko Petrovi

Nel 1921, dopo Dnevnik o arnojevi u di Miloš Crnjanski e Gromobran svemira di

Stanislav Vinaver, nella storica collana d’avanguardia «Biblioteka Albatros» l’editore

belgradese Sveslovenska knjižarnica M. J. Stefanovi a i druga ha pubblicato un altro

libro di prosa breve, anche questa volta opera di un giovane autore, intitolato Burleska

gospodina Peruna boga groma (Il burlesque del signor Perun dio del tuono).2 La storia

editoriale del primo romanzo di Rastko Petrovi racconta di un’impresa tutt’altro che

facile e priva di incidenti. Infatti, sebbene Vinaver si fosse preoccupato di dare le

garanzie all’editore per questa prosa scritta tra il 1919 e il 1920, epoca in cui il suo

autore aveva 22 anni,3 le prime reazioni contro Burleska4 arrivarono già in tipografia

1 “Con una terribile sensazione di solitudine, di paura del bello e dell’amore per esso, cammino con una grande, scintillante goccia di tristezza sul cuore. Sorrido come il più infelice, e tuttavia eletto, uomo al mondo. Ogni pietra mi dice che nemmeno un luogo sarà per me sufficientemente buono per coricarmici sotto; neanche un respiro mi sazierà tanto di aria da far sì che io acconsenta acché sia l’ultimo. Mi piace guardare ampie e potenti composizioni di colori, dovunque io volti lo sguardo; qui dalla sponda sinista del lago, o da un carro, o stando sdraiato su un prato, attraverso due rami. Si trova sempre una qualche musica silente, dovunque in una piega dei ricordi o delle scoperte, una musica che tenta di legarli al mio spirito e di riconciliare il loro eterno rinnovamento con la mia eterna caducità”, R. Petrovi , Manastirski krovovi nad jezerom ohridskim. Svodovi i ikone manastira Sv. Klimenta, in Id., Putopisi, izbor, bibliografski podaci i završna napomena M. Dedinca i M. Risti a, jezi ka redakcija V. Stoji , [Dela Rastka Petrovi a, V], Nolit, Beograd 1977, p. 21.

2 Qui ci serviamo dell’edizione inclusa nelle Opere complete di Rastko Petrovi in sette volumi, cfr. R. Petrovi , Burleska gospodina Peruna boga groma, in Id., Burleska gospodina Peruna boga groma. Staroslovenske i druge pri e, priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, I], Nolit, Beograd 1974, pp. 5-126.

3 In realtà, in quel periodo Rastko Petrovi (1898-1949) stava per tornare nella sua città natale, Belgrado, da cui era assente da alcuni anni. Era allievo della VI classe del ginnasio e non aveva ancora compiuto i 18 anni, quando insieme agli altri scolari profughi attraverso l’Albania arrivò a Nizza

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 168

da parte di coloro che preparavano i tipi per la stampa: dopo un certo numero di

pagine i tipografi si rifiutarono infatti di proseguire il lavoro poiché il tutto sembrava

loro un’inutile perdita di tempo, una “sterile inezia” (“jalova besposlica”).5 Perché si

proseguisse con la stampa di Burleska fu necessario proprio l’intervento di Vinaver,

impegnato appunto a rassicurare l’editore che tale romanzo è “geniale e che lo si deve

stampare ad ogni costo” (“genijalan i da ga po svaku cenu treba štampati”). Esso ha

così visto finalmente la luce nel mese di settembre.6 A ben vedere, le preoccupazioni

manifestate dall’autore non erano infondate. Sull’autorevole quotidiano «Politika» V.

Jovanovi Marambo, che l’anno successivo avrebbe assunto la direzione del «Srpski

književni glasnik», il maggiore periodico letterario serbo dell’epoca, scrive:

Burleska Gospodina Peruna Boga Groma prva je knjiga g. Petrovi a, i, posle ovoga što je

re eno, o ekivati je bilo da e njen mladi pisac, i ako tek na pomolu svoje prve mete,

pokušati njome da izi e iz kruga književnih eksperimenata i preduzeti bar da prikaže u

all’inizio del 1916. In questa città sostenne anche l’esame di maturità dopo di che si trasferì a Parigi con l’intenzione di studiare la musica. Ma questo rimarrà soltanto un desiderio poiché egli iniziò gli studi universitari in diritto, studi che porterà a termine nel 1920. Gli anni vissuti a Parigi hanno lasciato un’impronta indelebile nella crescita e nell’educazione del giovane, che proprio allora iniziava la sua esperienza di scrittore. Oltre a frequentare i giovani artisti slavi meridionali, in primo luogo scrittori e pittori come Dušan Mati , Aleksandar Vu o, ma anche Sava Šumanovi , Sreten Stojanovi , nei famosi caffè della città capitale francese, in cui si ritrovavano gli artisti allora fautori della moderna concezione dell’arte, Rastko potè conoscere André Breton, Paul Eluard, Tristan Tzara, Philippe Soupault, Caucteau, André Gide, Pablo Picasso. Nella stessa città frequentò gli artisti che collaboravano con la rivista «Action», poi la piccola colonia di artisti jugoslavi, dipingeva ritratti (che erano la sua seconda passione) e si dedicò agli studi dell’antichità slava e della mitologia slava. Non stupisce allora che il suo primo romanzo, Burleska gospodina Peruna boga groma, sia stato scritto proprio in questo periodo del percorso intellettuale e dell’esperienza esistenziale dell’autore.

4 D’ora in poi indicheremo il titolo del romanzo petroviciano Burleska gospodina Peruna boga groma perlopiù in forma abbreviata, semplicemente come Burleska.

5 Cfr. R. Popovi , Izabrani ovek ili život Rastka Petrovi a, drugo dopunjeno izd., Prosveta, Beograd 2002, p. 18.

6 Bisogna dire che anche lo stesso autore di Burleska non era indifferente verso le reazioni negative che già nella fase della sua stampa fossero apparse e si preoccupava di preparare il pubblico in qualche modo per l’uscita del suo primo romanzo. Infatti, in una lettera egli si rivolse al professore Slobodan Jovanovi , allora il caporedattore della più importante rivista letteraria serba «Srpski književni glasnik», a cui ci teneva molto e a cui scrive dal suo viaggio in Macedonia: “[…] Meni bi od neobi ne koristi bilo a od Vas ogromna ljubaznost kad bi objašnjenje uz nekoliko pesama izišlo uskoro, ak pre one druge pripovetke, jer bi to poslužilo i kao objašnjenje za knjigu (Burlesku Gospodina Peruna) koja u septembru pušta se u prodaju. No uvek, kako je Vama najzgodnije” (trad.: “[…] Per me sarebbe eccezionalmente utile e da parte Sua sarebbe una enorme cortesia se la spiegazione di alcune poesie uscisse a breve, addirittura prima dell’altro racconto, poiché essa servirebbe anche da spiegazione al libro (Burleska Gospodina Peruna) che a settembre si mette in vendita. Ma in ogni caso, faccia come è più comodo per Lei”), R. Popovi , op. cit., pp. 18, 20.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 169

njoj – nekome više do uskom društvu prijatelja, i u punoj svetlosti, – sve glavnije,

osobine svoga talenta […] Sve bi se možda i dalo oprostiti ovoj knjizi – kad bi se ona

dala itati […].7

È ancora una volta Vinaver a svolgere il ruolo di mediatore e di difensore del

primo romanzo di Rastko, e infatti dichiara: “S kim se sve nisam posva ao, pobrkao i

pokarabasio odnose zbog ove Rastkove knjige koja je bila kao ‘jeres u svetu

dobronamernih vernika’”.8

Tuttavia, non mancarono nemmeno le manifestazioni di sostegno al giovane

autore, le quali provenivano questa volta dalla penna di un compagno di solo qualche

anno più grande di lui, Ivo Andri . Nel 1922, in una recensione apparsa sul «Srpski

književni glasnik», questi si pronunciò a favore del primo romanzo di Rastko,

paragonandolo al Dnevnik di Crnjanski:

Da, potrebno je odista da se kaže nekoliko re i o ovoj knjizi. Ina e može da joj se desi

ono što se desilo i boljima od nje. Primer je blizak s knjigom Miloša Crnjanskog: Dnevnik

o arnojevi u. Ta knjiga duboke i ve ite poezije bila je pre utana ili bar nedovoljno

zapažena. Ili zaista niko nije imao dovoljno srca da kaže njene mane i oseti njene vrline?

[…] To se najavljuje jedan nov pesnik koji ima tek da zauzme svoje mesto, ali koji

zaslužuje našu punu pažnju. I u tom je smislu i glavna važnost ove knjige.9

7 “Burleska Gospodina Peruna Boga Groma è il primo libro del sig. Petrovi , e, dopo ciò che è stato detto, c’era da aspettarsi che il suo giovane autore, anche se in vista della sua prima meta, tentasse con esso di uscire dalla cerchia degli esperimenti letterari e si impegnasse almeno a raffigurare in esso – a qualche persona in più che a una ristretta compagnia di amici, e in piena luce – tutti i principali tratti del suo talento […] Forse si potrebbe perdonare anche tutto a questo libro – se si potesse leggere […]”, citato in R. Popovi , op. cit., p. 24. Ma, sembra che questo episodio fosse soltanto una ouverture, un preparativo per quello che qualche mese più tardi, all’inizio del 1922 susciterà la poesia “Spomenik” di Rastko, apparsa sul primo numero della rivista «Putevi». Contro tale componimento alzò la sua voce, niente meno che, il patriarca Dimitrije, il quale minacciò di riunire il Sinodo per escludere Rastko Petrovi dalla Chiesa serba ortodossa; in seguito a ciò Rastko dovette scrivere un testo di spiegazione del suo verso sul Cristo, quale inteso come una divinità e non rappresentante di una particolare religione.

8 “Con chi non ho litigato, con chi non ho guastato e rovinato le relazioni a causa di questo libro di Rastko che era come ‘un’eresia in un mondo di fedeli benevoli’”, citato in ivi, pp. 23-24.

9 “Sì, è davvero necessario dire qualche parola a proposito di questo libro. Altrimenti gli può succedere quello che è successo anche a libri migliori. Un esempio simile è quello del libro di Miloš Crnjanski: Il diario di arnojevi u. Quel libro di profonda ed eterna poesia è passato in silenzio o perlomeno non è stato abbastanza notato. O davvero nessuno ha avuto abbastanza cuore da dire i suoi difetti e sentire i suoi pregi? […] Si annuncia un nuovo poeta che deve ancora prendere il suo posto, ma che merita la nostra massima attenzione. E in questo sta la principale importanza di questo

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 170

Nello stesso testo, Andri si oppone in qualche modo alla critica tradizionalista

estrema, la quale rifiutava a priori e categoricamente ogni forma di innovazione

letteraria, quali in quel periodo venivano spesso proposte in primo luogo dagli

scrittori più giovani:

Tražiti od današnje književnosti da bude druk ija nego što jeste, zna i hteti izdvojiti

književnost iz opšteg doživljavanja i ispod opšte nužde razvoja. Kulture koje ocvetavaju i

civilizacije u zapadanju nisu nikad davale najlepše i najutešljivije slike. Za svoj ra un mi

priznajemo da smo mnogo više tzv. neverovatnosti videli ro enim o ima nego što smo

ih itali u modernoj književnosti […] I oduvek je bivalo tako da su ljudi nove oblike

života i razvoja, mada im se pred o ima ra aju, upoznavali tek iz dela svojih umetnika. I

prirodno je da su uvi anju i mirenju prethodila iš u avanja i protesti.10

A proposito delle novità non soltanto nel campo della letteratura, ma anche delle

arti figurative, con idee affini a quelle di Andri , si esprimeva anche lo stesso Rastko.

In un saggio apparso nel 1921 sulla zagabrese «Savremenik» egli afferma:

Postoji discipliniranje svoje snage, postoji vaspitanje svoga temperamenta, postoji šire

gledanje i unošenje nove ose ajnosti, koje svako veliko doba donosi sobom. im posle

nau enog i ve ušabloniziranog na ina osmatranja u umetnosti do e neko novije, ovo

uvek izgleda cerebralnije, prvo, što je za nj potreban izvestan napor kod umetnika, da se

ne bi upalo u stvari, i zatim, što je potreban još ja i intelektualan napor publike da ga

shvati i prihvati.11

libro”, I. Andri , Rastko Petrovi : Burleska gospodina Peruna boga groma, in Id., Umetnik i njegovo delo. Eseji, ogledi i lanci, [Sabrana dela, 13], Prosveta, Beograd 1997, p. 241.

10 “Chiedere alla letteratura odierna di essere diversa da ciò che è, significa voler separare la letteratura dalla generale esperienza vissuta e al di sotto della necessità generale dello sviluppo. Le culture che appassiscono e le civiltà che sprofondano non hanno mai dato le immagini più belle e più confortanti. Per conto nostro noi riconosciamo che di cose cosiddette improbabili ne abbiamo viste molte di più con i nostri occhi di quante ne abbiamo lette nella letteratura moderna […] Ed è sempre stato così che le nuove forme di vita e di sviluppo, nonostante che gli nascessero sotto gli occhi, gli uomini le hanno conosciute soltanto dalle opere dei loro artisti. Ed è naturale che il riconoscimento e la pacificazione siano stati preceduti dallo stupore e dalle proteste”, ibidem.

11 “Esiste il disciplinamento della propria forza, esiste l’educazione del proprio temperamento, esiste una visione più ampia e l’introduzione di una nuova sensibilità, che ogni grande epoca porta con sé. Appena dopo un modo di osservare imparato e già stereotipato nell’arte ne arriva uno più nuovo, questo sembra sempre più cerebrale, innanzittutto perché per esso è necessario un certo sforzo dell’artista, per non sprofondare nelle cose, e poi, perché è necessario uno sforzo intellettuale ancora

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 171

3.2.1. Una struttura ciclica

Burleska gospodina Peruna boga groma è composto di quattro parti, ciascuna con un

proprio titolo: O raspuštenosti bogova (Sulla dissolutezza degli dei); O Naboru Devolcu (Su

Nabor di Devol); Apokrifna (Apocrifa); Šta je bilo naposletku (Che cosa è accaduto alla

fine). Queste sono definite dall’autore Knjige (‘libri’) e, da una parte, attraverso i titoli

riportano un’indicazione sul contenuto (con la parziale eccezione dell’ultimo

capitolo) con una chiara volontà da parte dell’autore di creare nel lettore una certa

percezione e una certa attesa, mentre, dall’altra, con la loro estensione assai ridotta

mettono in primo piano l’intenzionale artificiosità che deriva dal loro carattere

letterario. Infatti, il primo e l’ultimo “libro” contano appena una quindicina di pagine

ciascuno, numero dal quale non si discosta molto nemmeno il “terzo libro”

(Apokrifna), mentre soltanto la parte dedicata alla storia di Nabor di Devol o Devolac

(il “secondo libro”) occupa una parte considerevole di testo, corrispondente alla

maggior parte del romanzo, e conta poco più di cinquanta pagine (quasi come gli altri

tre capitoli messi insieme).

Il capitolo iniziale si presenta come una rielaborazione personale (dell’autore)

della mitologia slava. Al centro dell’attenzione vi sono gli dèi dell’olimpo slavo e la

loro vita allegra e spensierata nel paradiso. Nel secondo capitolo, invece, i

protagonisti sono gli slavi zemljoradnici (“agricoltori”) e la loro vita che si svolge in un

mondo bucolico e pagano, fino al momento in cui uno di loro, Nabor di Devol, non

uccide un dio pagano. Il terzo capitolo appare come una rielaborazione di un preteso

testo apocrifo, la cui origine viene attribuita al monaco Simeone (Simeon) e in cui

personaggi mitologici, storici, letterari o inventati di sana pianta si muovono in uno

spazio indicato come l’inferno. Inoltre, in questo capitolo è inserita anche una parte

che contiene la presunta biografia artistica di Vincent Van Gogh. L’ultimo capitolo si

presenta come un riassunto dei precedenti, in cui scorre la lunga lista dell’albero

più forte da parte del pubblico per comprenderlo e accettarlo”, R. Petrovi , Sava Šumanovi i estetika suviše stvarnog u novoj umetnosti, in Id., Eseji i lanci, priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, VI], Nolit, Beograd 1974, p. 23. Il saggio è stato pubblicato insieme all’articolo di A. B. Šimi sulla già citata rivista «Savremenik» con un titolo comune: Konstruktivno slikarstvo, parti I e II (le parti corrispondono, appunto, ai due autori).

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 172

genealogico del protagonista, mentre anche il suo stesso inizio si propone come una

specie di brevissimo riassunto dei precedenti tre capitoli:

Bio Nabor Devolac, rodio se u selu Poljanima, obi an deran kod jezera Mali a. Prvo

obi an deran, pa posle po nagovoru bogova, preselio se u raj: tamo se oženio, tamo

nekome odrubio glavu, odande pobegao. Ispri ana je njegova smrt, kao smrt svetog oca

umrlog šest stotina godina posle svoga ro enja; ali ako to nije samo onaj hrabri, što

pogibe najjuna nije u boju Stevana De anskog protiv bugarskog cara Mihajla. Ina e bio i

jedan ovek (možda se zvao Ilja, Miloš ili Nabor, ne znam više) koji se jednom na e na

raskrsnici […] Evo našeg oveka izvanredno zbunjenog. Vrati se onamo odakle je došao,

tu se prostre po tlu i ostade tako u potpunoj dosadi do danas. Mada se ne kaže odre eno

koji je to ovek, izgleda lako mogu no da je to baš Nabor Devolac.12

Nel suo insieme il romanzo non segue un filo narrativo in cui la successione dei

motivi si risolve in una relazione di causa ed effetto, bensì presenta una struttura

circolare associativa, che permette di dare una certa unità al testo nonostante il fatto

che in esso il principio narrativo non abbia più la funzione fondamentale che riveste

solitamente nell’organizzazione di un romanzo. Tale circolarità è evidente soprattutto

sul piano macrostrutturale e si riflette nel rapporto tra i singoli capitoli, un rapporto

che, in ultima analisi, esprime una determinata visione del mondo.

Innanzitutto, sul piano dello spazio vi è una certa ossessione compositiva:13 gli

spazi, per quanto immaginari, sono distribuiti nei capitoli lungo un’ideale asse

12 “Era Nabor di Devol, nato nel villaggio di Poljani, un semplice monello presso il lago Mali . Prima un semplice monello e dopo, grazie al convincimento degli dèi, si trasferì in paradiso: lì si sposò, lì a qualcuno tagliò la testa, da lì scappò. È stata raccontata la sua morte, come morte di un santo padre morto seicento anni dopo la sua nascita; se questo però non era soltanto quel coraggioso che morì eroicamente nella battaglia di Stefano di De ani contro lo zar bulgaro Michele. Altrimenti c’era un uomo (forse si chiamava Ilja, Miloš o Nabor, non lo so più) che una volta si trovò ad un bivio. […] Ecco il nostro uomo eccezionalmente confuso. Ritornò lì da dove era venuto, si distese a terra ed è rimasto così nella più totale noia fino ad oggi. Anche se non si dice con precisione chi sia quell’uomo, sembra molto probabile che sia proprio Nabor di Devol”, R. Petrovi , Burleska…, cit., pp. 111-112.

13 Non è errato né esagerato parlare di una certa “ossessione” nella composizione delle opere di Rastko e in primo luogo di quelle della fase giovanile, poiché l’autore con una certa insistenza ritorna a riproporre un determinato modello costruttivo, come fa anche in Burleska. Questo modello era già stato sperimentato dall’autore nelle sue poesie: un parallelismo di due parti uguali, di cui la prima è in discesa numerica (formale) e temporale, e la seconda in ascesa. Si veda, per esempio, Bodinova balada, in cui “odražavanja u ogledalu, reci i jezeru smenjuju se kao paralelna, ali od po etka pesme vode sve dublje, prema vremenski sve udaljenijoj ta ki u njenoj sredini, da bi nas onda – na njenome kraju – u

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 173

verticale decrescente per poi ritornare indietro: il paradiso (il cielo nel primo

capitolo), la terra (nel secondo), l’inferno (spazio acquatico, spazio sotterraneo, nel

terzo capitolo) e alla fine di nuovo la terra (ma con tutti gli spazi che si mescolano e

si confondono nella coscienza del soggetto malato sul letto di morte). Ciò che li lega

è tuttavia il fatto che tutti hanno il proprio ‘centro di gravità’ nella “devolska dolina”

(“la valle del Devol”), vero cronotopo di questo romanzo.

Il piano dello spazio è strettamente connesso con quello del tempo – il tempo

pagano, il tempo cristiano, con riferimenti ai loro vari momenti. La disposizione dei

capitoli, il loro ordine, segna una traiettoria temporale che procede a tappe, dal tempo

senza tempo, quello del mito, attraverso il Medioevo pagano e cristiano, per arrivare

al XX secolo. Un movimento che collega i due punti estremi – quello primordiale in

cui l’umanità riconosce i suoi inizi e quello della modernità, degli anni Venti, dopo la

prima guerra mondiale, con cui si conclude il romanzo.

La strutturazione dei capitoli corrisponde ad uno schema binario, caratterizzato

dalla loro opposizione, e si risolve in un certo parallelismo nell’ordine di

presentazione: nella prima parte del romanzo viene espressa l’allegria di un mondo

bucolico e giovane (i capitoli 1 e 2 fino all’uccisione di uno degli dèi da parte di un

uomo), mentre la seconda parte (i capitoli 3 e 4) raffigura la tristezza dovuta alla

perdita di quel mondo bucolico e di quella giovinezza, condizioni che saranno

obrnutom poretku vratila nazad” (trad.: “i riverberi nello specchio, nel fiume e nel lago si alternano come paralleli, ma dall’inizio della poesia conducono sempre più in profondità, su base temporale verso un punto sempre più distante al suo centro, per riportarci poi indietro – alla fine – secondo un ordine inverso”), oppure si pensi a Jadi junakovi, in cui lo stesso modello compositivo si palesa in una “costruzione pura, esprimibile in numeri” (“ ista, brojevima izraziva konstrukcija”) che segue il menzionato schema con un ben preciso numero di sillabe, cfr. N. Petkovi , Pukotina u jeziku, in Pesnik Rastko Petrovi , a cura di N. Petkovi , Institut za književnost i umetnost, Beograd 1999, p. 30. In Burleska si ha il parallelismo tra le due parti del romanzo (2 + 2 capitoli) ed è presente una struttura con una discesa e una ascesa spaziale, mentre il tono espositivo più alto si trova all’inizio e alla fine del romanzo, e quello discendente si colloca verso il centro. Invece, sull’asse temporale, l’opera comincia nel suo punto più lontano (in un mito) per risalire verso la contemporaneità (il secolo VIII, poi il Medioevo e infine l’inizio del Novecento, per terminare con uno sguardo nel futuro). Tuttavia, alla fine non vi è un ritorno temporale secondo un ordine inverso, come nella poesia, bensì un ritorno nel tempo secondo lo stesso ordine, come una ripetizione dello stesso ciclo, anche se questa volta in maniera più sintetica poiché viene espressa nella forma del rodoslov (‘genealogia’), per di più spostata in una dimensione mentale (il tempo percorso dal romanzo torna nella mente del ferito Bogoljub mentre sta morendo in un letto d’ospedale). Una certa temporalità progressiva, individuata nei punti cronologici menzionati, però non è assolutamente lineare, bensì dal suo inizio viene interrotta di continuo dalla voce della contemporaneità (quale è la voce dell’autore), a cui corrisponde anche un diverso stile espositivo.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 174

ricercate con insistenza dal protagonista, il quale si trova a percorrere l’inevitabile

cammino verso l’ultimo punto dell’esistenza e del progressivo deperimento umano,

un punto da cui però egli di continuo fugge nel tentativo di rimandarlo. Per l’amore

di Upravda, Nabor accetta di morire e di essere trasferito nel paradiso pagano, ma in

realtà egli inganna gli dèi e non muore, conservando il proprio corpo. Così uccide per

gelosia uno degli dèi pagani e scappa dal paradiso per poi diventare il monaco

Simeone, che vive seicento anni e viene infine ucciso da un bandito nel suo

monastero. Ma anche in questo caso, prima di essere ucciso il monaco cerca di

ingannare il bandito e di guadagnare ancora tempo per vivere. Infine, in un letto di

ospedale, un discendente di Nabor, il rivoluzionario Bogoljub, cerca di rimandare la

morte con un insistito accendere e spegnere la fiamma di una candela che ha messo

vicino alla propria testa.14

Come è già stato rilevato dalla critica, l’intero opus di Rastko Petrovi è

contraddistinto da una marcata coerenza conseguita con il ricorrere di temi e motivi

legati ai “momenti-chiave della vita dell’individuo: la nascita, la crescita, l’amore, la

morte…”.15 Così anche in Burleska ciascuna delle due (macro)parti contiene i motivi

dell’amore, della crescita e i motivi della morte, i quali sono in una relazione di stretta

interdipendenza, sono inseparabili. Ciascuna delle due (macro)parti contiene però

anche l’allusione ad uno stato ormai perduto dell’umanità e dell’uomo, uno stato che

precede il suo diventare individuo, un mondo mitologico e ‘prenatale’, trasposto nel

romanzo nel motivo della donna incinta, la sposa amata di Braten:

Uskoro se na drugom kraju polja pojavi neka žena. Izgleda kao k i milostive no i, za

njom se vu e mese asti plašt, ispred nje pada crni plašt senke, na glavi joj lepota. «To je

ona», pomisli obradovani Braten. Tamo se nalazio široki crveni plast na kom su spavale

14 Un riferimento esplicito alle due parti opposte è dato anche in un commento della voce narrante nel primo capitolo: “Uopšte kad se govori o raju, neka se govori o ljubavi, i to ne o ljubavi punoj tužnih susreta, nego o ljubavi raspuštenosti i dosade: ono e se govoriti o onoj prvoj kad bude re o zemljoradnicima devolskim” (Trad.: “In generale quando si parla del paradiso, che si parli pure dell’amore, e non dell’amore pieno di tristi incontri, ma di quello della dissolutezza e della noia; si parlerà di quel primo tipo di amore quando si tratterà degli agricoltori di Devol”), R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 17.

15 Cfr. B. Jovi , Poetika Rastka Petrovi a. Struktura, kontekst, [Biblioteka Novi kontekst. Serija Teorija, 2], Narodna knjiga - Alfa - Institut za književnost i umetnost, Beograd 2005, pp. 127, 176.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 175

devojke i neveste; me u njima ona trudna što je s Upravdom pre neki dan brala

konoplju: pod pojasom joj spava junak koji e ubiti osamnaest vukova.16

Anche se nel romanzo non trova esplicitamente spazio il motivo della nascita,

esso si presenta comunque in modo implicito nel motivo della morte, che non indica

soltanto un determinato punto dell’esistenza umana, bensì l’intero processo circolare

che inizia ancora prima della nascita del singolo individuo.17 Così la stessa struttura

dell’opera si presenta, da un lato, come circolarità progressiva tra due punti, come un

viaggio continuo dell’umanità, un viaggio che però è possibile soltanto in un’unica

direzione – dalla sua creazione alla morte.18 Dall’altro lato, tuttavia quel punto

d’arrivo della singola esistenza significa non la fine ultima delle cose, bensì una loro

trasformazione in un altro stato di cose, in un’altra forma. In Burleska quello che

dovrebbe corrispondere ai due punti estremi dell’esistenza umana (il suo inizio e la

sua fine) si ritrova in un unico momento in cui i due significati sono inseparabili.19

16 “Presto dall’altra parte dei campi comparve una donna. Sembrava una figlia della notte benigna, dietro a lei si trascina un manto lunato, davanti a lei cala il manto nero dell’ombra, sulla sua testa sta la bellezza. «È lei», pensò rallegrato Braten. Lì si trovava un ampio mucchio di fieno rosso su cui dormivano ragazze e giovani spose; tra di loro c’era quella incinta che qualche giorno prima con Upravda aveva raccolto la canapa: sotto la sua cinta dorme l’eroe che avrebbe ucciso diciotto lupi”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 55.

17 “Ro enje kod Petrovi a jeste traumati ni trenutak u kome jedinka okon ava jedno stanje i zapo inje drugo, prelazi iz tople bezbednosti maj ine utrobe u neizvesnu neumitnost spoljašnjeg sveta. Novi status jedinke ozna ava otpo injanje njenog duševnog, telesnog i društvenog rasta i razvitka; rast i razvitak su, me utim, samo lice procesa ije je nali je starenje i propadanje. Tako za autora ro enje ne ozna ava samo po etak i život, nego ravnopravno i okon anje i smrt” (Trad.: “In Petrovi la nascita è un momento traumatico in cui l’individuo termina uno stato e ne inizia un altro, passa dalla calda sicurezza delle viscere della madre all’incerta inesorabilità del mondo esterno. Il nuovo status dell’individuo segna l’inizio della sua crescita e del suo sviluppo spirituale, fisico e sociale; la crescita e lo sviluppo sono però soltanto una faccia del processo il cui rovescio sono l’invecchiamento e il deperimento. Così per l’autore la nascita non segna soltanto l’inizio e la vita, bensì parimenti la fine e la morte”), B. Jovi , op. cit., pp. 176-177.

18 “Povratak u prethodno stanje, me utim, nije mogu e ostvariti kretanjem unazad – ono je ozna eno kao «umrli dom gde se ne vra a» – ve samo ka napred, sve do samog kraja životnog puta, do smrti. Ova pak predstavlja koliko kraj života toliko i zatvaranje kružne putanje i ponovni prelazak u neko drugo stanje, možda u novi životni ciklus” (trad.: “Tuttavia, il ritorno allo stato precedente non si può realizzare con un movimento all’indietro – esso è segnato come ‘casa morta cui non si ritorna’ – ma soltanto in avanti, fino alla fine del cammino della vita, fino alla morte. Questa rappresenta infatti tanto la fine della vita quanto la chiusura della traiettoria circolare e un nuovo passaggio in un altro stato, forse in un nuovo ciclo di vita”), ivi, p. 179.

19 “Ni sedam dana nije još prošlo, a Nabor i Upravda na oše se u raju. Neka užasna zaraza prelete preko Devola, da ko je vide, umre od samog izgleda. Ožališe ih lepo po obi aju i nastaviše poljske radove. Nabor i Upravda na oše se u raju: Upravdu uze Radgost sebi dok ne do e vreme da je može mladi privesti ognjištu […] Ali joj se neka žalost za e u duši za širokom dolinom” (trad.: “Non erano

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 176

Questa visione del mondo e della propria esistenza dell’autore corrisponde

perfettamente alla sua visione dell’arte e dell’opera artistica. Nell’arte si può arrivare a

quella verità complessiva che sfugge altrimenti allo sguardo particolare, singolo. In

essa, inoltre, è possibile immortalare ciò che nell’esistenza deperisce senza via di

scampo. In uno dei saggi che presenta un tono più esplicitamente autobiografico,

Rastko scrive:

On sam sad je bio mlad, snažan ove i , koji je želeo po i svima pravcima sveta. Bežao

je kroz Albaniju, gde je jeo hleb od bu i, i gde se grejao uz tu e ple i i gledao lica koja je

ju e poštovao da se sad gadno sva aju o malo mesta kraj vatre. […] On se toliko puta ta

grozio, i uvek je hteo da živi. Tek tad po eo je da piše pesme, i da mu se svaka re koju

izgovori u ini strahovito skupocenom […] Po eo se strahovito i nepojmljivo užasavati

od kraja života. Pojmio je da ako piše pesme, to nije zato da bi se izrazio, niti da bi imao

uspeha, ve jedino da bi se budu om slavom mogao produžiti i posle fizi kog umiranja.

Umetnost je bila za njega kupovanje života negde preko granica pojmljivog. O, biti od

ma kog spomenut posle hiljadu godina.20

passati neanche sette giorni, e Nabor e Upravda si ritrovarono in paradiso. Un terribile contagio volò attraverso Devol, e chi lo vide, morì per il solo aspetto. Li compiansero per bene secondo i costumi e continuarono i lavori dei campi. Nabor e Upravda si ritrovarono in paradiso: Radgost prese con sé Upravda fino al momento in cui il giovane potrà portarla al suo focolare […] Però una rammarico le si insediò nell’anima per l’ampia valle”), R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 59; “A otac Simeon, star šest stotina godina, zvao se nekad Nabor Devolac. Nikako nije mogao odu iti svet od svoga starog imena; nikako svet nije mogao saznati od njega njegovu prošlost. Rodio se na devolskoj dolini, u selu Poljanima, blizu jezera Mali a, nedaleko od grada Ohride, poživeo šest stotina godina i rekao: «Ne u umreti dokle Boga ne vidim!»” (trad.: “E padre Simeon, di seicento anni di età, una volta si chiamava Nabor di Devol. Non riusciva in nessun modo a disabituare la gente dall’uso del suo vecchio nome; in nessun modo la gente poteva sapere da lui il suo passato. Nacque nella valle del Devol, nel villaggio di Poljani, vicino al lago Mali , non distante dalla città di Ocrida, visse seicento anni e disse: «Non morirò finchè non vedo Dio!»”), ivi, p. 95; “Bio Nabor Devolac, rodio se u selu Poljanima, obi an deran kod jezera Mali a. Prvo obi an deran, pa posle po nagovoru bogova, preselio se u raj: tamo se oženio, tamo nekome odrubio glavu, odande pobegao. Ispri ana je njegova smrt, kao smrt svetog oca umrlog šest stotina godina posle svoga ro enja; ali ako to nije samo onaj hrabri, što pogibe najjuna nije u boju Stevana De anskog protiv bugarskog cara Mihajla. Ina e bio i jedan ovek (možda se zvao Ilja, Miloš ili Nabor, ne znam više) koji se jednom na e na raskrsnici […] Evo našeg oveka izvanredno zbunjenog. Vrati se onamo odakle je došao, tu se prostre po tlu i ostade tako u potpunoj dosadi do danas. Mada se ne kaže odre eno koji je to ovek, izgleda lako mogu no da je to baš Nabor Devolac” (brano già tradotto, cfr. nota 96), ivi, pp. 111-112.

20 “Lui stesso ora era un ometto giovane, forte, che desiderava partire in tutte le direzioni del mondo. Scappava attraverso l’Albania, dove mangiava pane ammuffito, e dove si scaldava appoggiato alle spalle degli altri e guardava persone che il giorno prima rispettava litigare in modo schifoso per un piccolo posto accanto al fuoco. […] Lui era inorridito così tante volte, e sempre voleva vivere. Solo allora incominciò a scrivere poesie, e ogni parola che pronunciava gli sembrava terribilmente preziosa […] Incominciò a provare un orrore terribile e incomprensibile per la fine della vita. Secondo la sua

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 177

Nel terzo capitolo, che contiene tre unità – il viaggio di Maria, madre di Dio,

negli inferi, una sorta di žitije di san Simeone e la biografia di Van Gogh – nelle

parole che l’autore fa pronunciare, di certo non per caso, alla voce del pittore

fiammingo si nasconde una vera concezione dell’atto creativo:

Sede na stolicu, u e u svoju sobu, po e da misli. Svet postoji, to je izvesno. Ali ako

ga je neko stvorio, svet postade. Pa ako je stvaran, stvarao se samo po nekim zakonima.

Ali ako postoji a nije se stvarao, svet biva. I to je strašno. Da potvrdim, da opunovažim

stvaranje sveta, moram biti prisutan stvaranju sveta. Ja kora am, ja gledam, ja uzimam.

Od svih rasturenih bivstava i odnosa ja uzimam. Me em ih u retortu i retortu na pe .

[…] Iz svega što uzmem treba da na inim jedan metal samo, i taj metal da bude zlato

isto. Evo kako. Zemlja oteža kao i svaka ženka. I pod uticajem planeta i posle kona nog

broja lunacija, u utrobi svojoj prera uje u zlato sve niže elemente. Ali koliko vremena

traje njena trudno a! Nekoliko hiljada godina. ekam, ekam, ekam, i smrt do e, i

umrem i sahrane me, i jedu mi da u. Ja uzimam onda, i ne ekam prirodu, nego stavljam

u retortu i retortu na oganj. I oganj gore. Ako se dobije mnogo zlata, pretvoriti u

tinkturu zlatnu pa ste i eliksir života. Jer zlato sve isti i, ako je zlo, ubija: ako je zlato u

rastvorenom stanju. Vitriol, stipsa, šalitra, nišador. Ali nije to ono što je najvažnije; ne

samo zlato i eliksir života nego stvoriti svet da bi se prisustvovalo njegovom stvaranju.

Uzeti bivstva i odnose vasionske; uzeti samo bivstva, a pustiti da se po nekom novom

odnosu, neodoljivo, neumitno stvori nova vasiona, nova neka realnost. Druk ija, ali iste

vrednosti kao ona stara.

Da se potvrdi prvo stvaranje i sva stvaranja mogu na, da im se prisustvuje

zavra enjem vremena.21

concezione se scrive poesie non è per esprimersi, né per avere successo, ma unicamente per potersi prolungare con la gloria futura anche dopo la morte fisica. L’arte per lui era l’acquisizione della vita da qualche parte oltre i confini del comprensibile. Oh, essere menzionato da chicchessia dopo mille anni”, R. Petrovi , Opšti podaci i život pesnika, in Id., Eseji i lanci, cit., pp. 463-464.

21 “Si sedette sulla sedia, entrò nella sua stanza, incominciò a pensare. Il mondo esiste, questo è sicuro. Ma se qualcuno lo ha creato, il mondo ha avuto un’origine. E se è stato creato, si è creato solamente secondo alcune leggi. Ma se esiste e non si è creato, il mondo è. E questo è terribile. Per confermare, per dare pieno valore alla creazione del mondo, devo essere presente alla creazione del mondo. Io cammino, io guardo, io prendo. Io prendo da tutte le sostanze e le relazioni sparse. Li metto nell’alambicco e poi metto l’alambicco sul fuoco. […] Di tutto ciò che prendo devo fare un unico metallo, e quel metallo deve essere oro puro. Ecco come. La terra diviene pregna come ogni femmina. E sotto l’influenza dei pianeti e dopo un numero definito di lunazioni, nelle sue viscere converte in oro tutti gli elementi inferiori. Ma quanto tempo dura la sua gravidanza! Alcune migliaia di anni. Attendo, attendo, attendo, e la morte arriva, e muoio e mi seppelliscono, e mangiano al mio

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 178

Creare il mondo per assistere alla sua creazione. Che si riconfermi la prima

creazione e tutte le creazioni possibili, che ad esse si assista facendo ritornare il

tempo – questa concezione corrisponde a quella intessuta ed espressa dall’autore

nella struttura ciclica di Burleska. Far ritornare quello che è già stato, ma non per

destare la nostalgia del passato, bensì per creare, servendosi di esso, un’opera nuova

secondo leggi diverse, ma per questo non meno valida.

3.2.2. La prosa associativa

Sarebbe poco esatto dire che in Burleska la narrazione viene del tutto meno, cioè

che scompare qualsiasi traccia di un’esposizione che rispetti i principi di causa ed

effetto, e di tempo. Se fosse così, sarebbe lecito domandarsi se si può in questo caso

parlare di romanzo per determinare tipologicamente il genere cui appartiene l’opera.

Ma sarebbe altrettanto erroneo non riconoscere che la narrazione in questo romanzo

subisce dei radicali cambiamenti ed è uno degli elementi di una struttura che, come

auspicato dal Van Gogh petroviciano, viene ad essere costruita secondo un diverso

principio organizzativo (rispetto al principio tradizioale), quello delle associazioni. Il

piano semantico dell’opera, infatti, non si compie in una concatenazione di eventi

provocati e motivati dalle azioni dei suoi protagonisti, che vengono chiaramente e

conseguentemente descritte. Esso si realizza interamente soltanto per mezzo di vari

tipi di associazione, che fungono da collante tra le parti del testo.

Dunque, in Burleska vi sono più livelli associativi. Oltre a quelli del materiale o dei

macrocontenuti (storici, letterari, mitologici), significativi in primo luogo perché in

funzione di una determinante spazio-temporale, vi sono quelli dei motivi e della

sintassi (ripetizioni di periodi e di suoni, incorniciamento delle immagini).

banchetto funebre. Io allora prendo, e non aspetto la natura, ma metto nell’alambicco e metto l’alambicco sul fuoco. E su il fuoco. Se si ottiene molto oro, lo si trasforma in tintura dorata e si ha l’elisir della vita. Poiché l’oro purifica tutto e, se è cattivo, uccide: se è oro disciolto. Vetriolo, allume, salnitro, sale ammoniaco. Ma non è questa la cosa più importante; non solo oro ed elisir della vita ma creare il mondo per assistere alla sua creazione. Prendere sostanze e relazioni dell’universo; prendere solo sostanze, e lasciare che secondo una nuova relazione, in modo irresistibile, inesorabile, si crei un nuovo universo, una data nuova realtà. Diversa, ma dello stesso valore di quella vecchia. / Per confermare la prima creazione e tutte le creazioni possibili, per assistere a loro con un ritorno del tempo”, R. Petrovi , Burleska…, cit., pp. 99-100.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 179

Una rappresentazione storica della realtà in una data opera è strettamente legata

alla rappresentazione del tempo e dello spazio. In Burleska, nonostante i numerosi

riferimenti a date, personaggi o eventi storici distribuiti su una linea compositiva che

ascende, almeno secondo la disposizione dei capitoli, lungo l’asse temporale, dai

momenti più lontani nel tempo per progredire verso quelli sempre più vicini all’epoca

dell’autore, l’intento di fondo non è quello di ricostruire una storia nazionale, in cui si

presentano insieme eventi gloriosi e personaggi eroici. Così, nel secondo capitolo vi è

un punto in cui il giovane Nabor, dopo essersi trasferito nel paradiso, nel quale gli è

finalmente possibile l’unione con la sua amata Upravda, rifiuta la particolarità di

qualsiasi posto:

“Isto”, re e Nabor sam za sebe, kora aju i; “u dolini, u planini ili raju, sve je to uvek isto!

Uvek tlo pod nogama, a nebo daleko. Perun li i na istarelog konja!”22

mentre nel capitolo terzo san Pietro, in una conversazione con la Madonna, che si

svolge in un me uprostor tra la terra e l’inferno, rifiuta la diversità delle epoche:

Kad do e naspram amca božijeg, zdraviše se pa produžiše zajedno. Bogorodica ga

upita:

– Kako ti možeš da pušiš, kad duvan još nije prona en. Tek Kolumbo ima da ga

donese iz Amerike, a mi smo sad u etrnaestom veku, i na moru izme u zemlje i pakla.

Sv. Petar otpusti dva dima; sleže ramenima i odgovori:

– Slušaj, sestro; bili mi u etrnaestom, osamnaestom ili šestom veku, sve je to

svejedno. Ja se stalno prenosim izme u neba, zemlje i pakla, te sam u bližem odnosu sa

stvarima nego ostali ljudi, pa zato ih mogu upotrebiti i pre nego što budu prona ene.23

22 “«Uguale», disse Nabor tra sé e sé, camminando; «in una valle, su una montagna o in paradiso, è tutto sempre uguale! C’è sempre il terreno sotto i piedi, e il cielo è lontano. Perun somiglia a un cavallo invecchiato!»”, ivi, pp. 72-73.

23 “Quando giunse davanti alla barca divina, si salutarono e proseguirono insieme. La Madonna gli chiese: / – Come fai a fumare, se il tabacco non è ancora stato scoperto. Sarà appena Colombo a portarlo dall’America, e noi ora siamo nel quattordicesimo secolo, e sul mare tra la terra e l’inferno. / S. Pietro fece due buffi di fumo; sollevò le spalle e rispose: / – Ascolta, sorella; che noi siamo nel quattordicesimo, nel diciottesimo o nel sesto secolo, fa lo stesso. Io mi trasporto costantemente tra il cielo, la terra e l’inferno, e sono in un più stretto rapporto con le cose degli altri uomini, e perciò le posso usare anche prima che siano scoperte”, ivi, pp. 86-87.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 180

I richiami alla storia occorrono, da un lato, per dare una determinante temporale

alla struttura complessiva, che rischierebbe altrimenti di perdersi nel “caos creativo”

dell’opera, da un altro lato, invece, proprio attraverso l’impiego nel romanzo di

materiale storico-documentario si è conseguita un’immagine relativizzata dello stesso

tempo storico, dal momento in cui non c’è nessun confine tra epoche, personaggi,

luoghi, fatti reali e irreali. Bisogna dire tuttavia che in Burleska una prospettiva storica

tradizionale viene distorta da una personale visione della storia.24 Il vero obiettivo

non è la storia in sé, bensì il passato culturale, un ritorno indietro in cui quell’unatrag

non è pensato in senso ‘storico’, ma “unatrag [je] mišljeno na na in mitskog po ela,

nevinosti i istote ranoga ove anstva”.25

In uno dei suoi saggi del periodo giovanile – che si colloca nei primi anni Venti –,

un saggio pubblicato solo tre anni dopo Burleska, Rastko cerca di oggettivare il

rapporto dell’individuo con il proprio passato. Questo testo svela o, meglio, denuda

l’atteggiamento verso il passato dello stesso autore, un atteggiamento da cui è nato un

principio su cui si basa anche il primo romanzo petroviciano:

Težnja je ljudska da sa istom postojanoš u i grozni avoš u sa kojom ovek priprema

sebi budu nost – preradi svoju prošlost daju i joj legendarni smisao, stvaraju i iz nje

itavu jednu mitologiju koja mu uvek može poslužiti kao vrst oslonac za njegov

unutrašnji san.26

Il concetto tutto personale della temporalità viene espresso nel romanzo anche in

un contesto senza tempo, nel tempo del mito – l’eternità non è nemmeno lì, nel

24 Anche nel primo romanzo dell’autore si può osservare lo stesso atteggiamento verso la storia, già riconosciuto nelle sue prime poesie: “pesnik beži od tradicionalnih tema, od istorije i morala, te veli: «a mnogo me briga istorija» (Pustolov u kavezu), «odbacih poštenje» (Iz kovnice izašav)” (trad.: “il poeta rifugge i temi tradizionali, la storia e la morale, e dice: «e assai mi importa della storia» (L’avventuriero in gabbia), «ho rigettato l’onestà» (Uscito dalla zecca)”), . Vukovi , Poezija Rastka Petrovi a, in Pesnik Rastko Petrovi , cit., p. 62.

25 “l’indietro [è] pensato alla maniera del principio mitico, dell’innocenza e della purezza della prima umanità”, M. Panti , Haoti ni sintetizam ili o nekim poeti kim toposima književnog dela Rastka Petrovi a, in Pesnik Rastko Petrovi , cit., p. 188.

26 “È un’aspirazione degli uomini quella di rielaborare il proprio passato con la stessa costanza e lo stesso stato febbrile con cui l’uomo prepara per sé il futuro, di rielaborare il proprio passato conferendogli un senso leggendario, creando da esso un’intera mitologia che gli può sempre servire come solido appoggio per il suo sogno interiore”, R. Petrovi , Jedan prijatelj iz detinjstva. Leonid Mihajlovi Erofejev, in Eseji i lanci, cit., p. 452.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 181

paradiso pagano, ma vi si trova soltanto un sentimento di caducità e di oblio di ogni

cosa:

No , pade no . Mirna no . I sam bog, leže i ruku zaturenih za glavu, ose ao je kako

vreme prolazi. Kako sve prolazi, oseti bog, i dolaze nove stvari, u kojima se ne ponavlja

više ono što je bilo. Sa pola pažnje slušao je pri u suseda. Ali šta ini to! U svakom

slu aju, nijedan kami ak docnije ne e spominjati da je postojao iš ezli. Valjda neko

pomišlja na dedu svoga dede. Za zvezdom koja bi lete i ošinula svod ostajala je svetla

pruga i gubila se. No pade, no .27

Non è un caso che tale immagine venga incorniciata da due brevi periodi ripetuti,

in cui cambia soltanto l’intonazione della frase (nel primo ascendente, nel secondo

discendente). Sembra che solo in una costruzione linguistica sia possibile riprodurre

una certa compiutezza, mentre tutto il resto è incerto e sfuggevole.

In Burleska esiste un unico tempo – svevreme –, non come una categoria spazio-

temporale, bensì come “težnja za spekulativnim jezi ko-kreativnim dosezanjem

svevremena”,28 come una realizzazione dell’atto creativo che trova la sua completa

espressione in quella attività umana che tocca il più profondo dell’essere di ognuno:

l’espressione linguistica. L’autore è colui che seleziona il materiale, prodotto delle sue

ricerche e delle sue letture, lo pone sotto una lente di ingrandimento, per cui i dettagli

diventano importanti nella loro autonomia e, nello stesso tempo, diventano oggetto

della riflessione di colui che li osserva.29 In tal senso si ottiene uno sdoppiamento

27 “La notte, calò la notte. Una notte tranquilla. Lo stesso dio, stando sdraiato con le mani dietro la testa, sentiva come passa il tempo. Come tutto passa, sentì dio, e arrivano nuove cose, in cui non si ripete più ciò che è stato. Attento a metà ascoltava la storia del vicino. Ma che cos’è questo! In ogni caso, neanche un sassolino dopo ricorderà che è esistito lo sparito. Forse qualcuno pensa al nonno di suo nonno. Dietro una stella che volando ha frustato la volta celeste rimaneva una striscia luminosa e si perdeva. Calò la notte, la notte”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 69.

28 “tendenza al raggiungimento linguistico-creativo speculativo dell’onnitemporalità”, M. Panti , op. cit., p. 188.

29 Infatti, nella recensione uscita sul «Srpski književni glasnik» nel 1922 a Burleska Ivo Andri coglie subito e nella giusta misura il ruolo del passato e della storia nel romanzo, i quali appaiono come un pretesto necessario a colui che scrive per esprimere quel che viene portato dentro di sé, mettendo in primo piano e caricando di significato il mezzo espressivo a scapito della storia: “Mi ostavljamo potpuno po strani Gospodina Peruna, gledaju i u njemu kao neku polaznu ta ku nužnu tek da bi se moglo kazati ono što se nosi u sebi i vidi oko sebe […] Jer g. Petrovi ne uspeva da nam dade, kao što izgleda da bi hteo, vrtlog stole a i previranje i talasanje rasâ i epohâ. I razvijaju i svoju fabulu po svaku cenu, on se kona no sasvim gubi u praksi re i i vitlanju slika i situacija, u cerebralnim podvizima iz

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 182

dello stesso oggetto, che in questo caso riguarda il profondo dell’essere di colui che

lo osserva: da un lato, vi è il proprio passato culturale, di cui non si era partecipi

attivamente, e, dall’altro, vi è l’io del creatore, che lascia che quel passato culturale

agisca su di lui diventando tutt’uno con l’autore-creatore. Questo processo così

apparentemente complesso di azione-reazione viene in qualche modo esposto in uno

dei saggi che più degli altri rivela i principi della poetica di Rastko, Helioterapija afazije

(Elioterapia dell’afasia), pubblicato sulla rivista «Misao» nel 1923. La parola come

mezzo di comunicazione e il suo ruolo nell’espressione del sentimento della vita è al

centro del pensiero esposto dall’autore, che in questo caso corrisponde anche alla

visione petroviciana della storia e del suo rapporto con il mondo che lo circonda:

Možda u sve ve oj gladi za životom mi sve više iziskujemo od sredstava koja su nam na

raspolaganju, dakle od onih za saopštavanje. Zatim, ako su re i izgubile mnogo od svoje

preciznosti, odnosi u prirodi svojom spoljašnjom logi noš u postaju sve manje

primetnim za nas. Da nas jedna pojava prestane iznena ivati, nije nužno da je objasnimo,

ve samo da je dokažemo, tj. da poverujemo u nju i njenu mogu nost […] Treba

napregnuti samo svoju pažnju, i misterija e se opet pojaviti tu kao duh. Bi emo

za u eni pred pojavom kao da smo joj prvi put prepre ili put. Kako je mogu e da se

nalazimo na ovom baš mestu, a ne na kom drugom; i u ovom trenutku baš! Život nam

izgleda logi an im prestaje da nas zanima. Napregnemo li još više pažnju, zakon sâm te

pojave raspaš e se neumitno, ima emo pred sobom i oko sebe samo jedno udo od

situacije; zakon sâm te pojave može nam se ukazati još jednom idealan, fatamorgani an i

izvrnut [...] Dakle, me odnose u prirodi moramo sa naro itom veštinom ulaziti da bi se

ceo život u našim o ima obnovio. Dovoljan je kakav izvanredan doživljaj pa da i svi

detalji koji ga prate, i koji bi u svakoj drugoj prilici ostali neprimetni, predstave nam se

tako e izvanrednim i neo ekivanim.30

kojih se ose a jedino dah biblioteka i brzo listanih folijanata” (trad.: “Noi lasciamo del tutto da parte il Signor Perun, vedendo in lui come un punto di partenza necessario per poter dire ciò che portiamo in noi e che vediamo intorno a noi […] Poiché il sig. Petrovi non riesce a darci, come sembra volesse fare, il vortice dei secoli e l’agitazione e l’ondeggiamento di razze ed epoche. E sviluppando la sua fabula ad ogni costo, egli alla fine si smarrisce del tutto nella prassi delle parole e nell’inseguimento di immagini e situazioni, in imprese cerebrali da cui si sente solamente il respiro di biblioteche e di volumi sfogliati in fretta”), I. Andri , op. cit., pp. 242-243.

30 “Forse in una sempre più grande fame di vita noi esigiamo sempre di più dai mezzi a nostra disposizione, dunque dai mezzi di comunicazione. Poi, se le parole hanno perso molto della loro precisione, i rapporti nella natura con la loro logica esteriore diventano sempre meno percepibili per

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 183

Quindi, le associazioni storiche, che nel romanzo riguardano soprattutto

personaggi ed eventi slavi, sono segnalate come coordinate temporali di una storia

culturale, che però non è soltanto quella slava o serba. Infatti, accanto ai nomi di

personaggi slavi che sono in qualche modo attivi – come gli dèi dell’olimpo slavo

(Perun, Dažbog, Trojan ecc.) o personaggi storici (Vladimir principe di Kiev, Jelena

Balši , padre Simeone, il despota Stefano/Stefan Lazarevi ) – vi sono richiami e

associazioni a personaggi che escono dalla sfera prettamente slava (Dante, Van

Gogh, la Madonna, san Pietro, san Michele). Il richiamo ad essi spesso si presenta

sotto forma di associazione a un’opera letteraria (Divina commedia, Ognjena Marija u

paklu, Slovo ljubve) o comunque alle biografie dei personaggi della storia culturale (san

Simeone, Van Gogh). Tutto questo materiale, sotto la forma di una storia culturale,

passa poi attraverso il filtro della visione personale e della creazione artistica del

redattore del testo, ovvero dell’autore implicito. Questa visione corrisponde

volutamente a una distorsione di quella tradizionale, e ciò perché la prospettiva

diversa, spesso umoristica o ironica, è all’origine del romanzo.31

In una struttura che si basa sull’associazione dei singoli elementi, di cui non può

fare a meno, vengono a ridursi tutte quelle componenti che invece hanno importanza

in una struttura basata sulla narrazione in senso stretto. Tale riduzione è più evidente

al livello sintattico. Ogni parola e persino ogni singolo fonema vengono rimarcati e

diventano così portatori del significato nella struttura. I meccanismi di associazione

noi. Perché un fenomeno smetta di sorprenderci non è necessario che lo spieghiamo, ma solo che lo dimostriamo, cioè che crediamo in lui e nel suo essere possibile […] Occorre solo impegnare la propria attenzione, e il mistero ricomparirà come uno spirito. Saremo stupiti dinanzi al fenomeno come se per la prima volta gli sbarrassimo la strada. Come è possibile che ci troviamo proprio in questo luogo, e non in qualcun altro; e proprio in questo istante! La vita ci sembra logica appena cessa di interessarci. Se facciamo ancora più attenzione, la legge stessa di quel fenomeno andrà in rovina inesorabilmente, avremo davanti a noi e intorno a noi solo un miracolo della situazione; la legge stessa di quel fenomeno ci si può presentare ancora una volta ideale, rovesciata e come una fata morgana […] Dunque, tra i rapporti in natura dobbiamo entrare con particolare destrezza affinché la vita intera si rinnovi ai nostri occhi. È sufficiente una qualche esperienza di vita eccezionale perché tutti i dettagli che la accompagnano, e che in ogni altra occasione non sarebbero notati, ci si presentino altrettanto eccezionali e inattesi”, R. Petrovi , Helioterapija afazije, in Eseji i lanci, cit., pp. 412-3.

31 “Bez obzira, dakle, što Petrovi u mnogim delima obra uje mitske, religiozne ili istorijske teme, upravo uo eno «smehovno na elo», utemeljeno u folkloru, razara bilo kakvu epsku ili hijerarhijsku distancu, onemogu avaju i idealizaciju prošlosti i samim tim potkopavaju i autoritaran i zvani an karakter slike sveta” (trad.: “Quindi, a prescindere dal fatto che Petrovi in molte opere tratta temi mitologici, religiosi o storici, l’appena osservato ‘principio comico’, fondato nel folklore, smantella qualsiasi distanza epica o gerarchica, impedendo l’idealizzazione del passato e con questo insidiando il carattere autoritario e ufficiale dell’immagine del mondo”), B. Jovi , op. cit., p. 227.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 184

sono però molto importanti per i generi lirici mentre, almeno fino a una certa epoca,

sono perlopiù inconsueti per i generi narrativi, tra cui il romanzo è forse il genere per

eccellenza. Proprio attraverso questi meccanismi vengono prodotti nuovi elementi

stilistici e tematici necessari per l’ampliamento del campo semantico della prosa, che

non descrive più o non descrive semplicemente, ma crea, attraverso le associazioni,

nuovi significati. Naturalmente questo tipo di prosa richiede un patto implicito tra

autore e lettore, poiché tutti questi elementi devono essere percepiti e riconosciuti dal

lettore per far sì che il significato completo dell’opera sia decodificato.

È già stato osservato che il mondo letterario di Rastko Petrovi è modellato

(formato) secondo “rappresentazioni e strutture mitico-mitologiche, ossia folklorico-

carnevalesche” e che “il carattere iterativo del mondo mitologico e della sua struttura

ciclica ha così un equivalente nel fenomeno della ripetizione linguistica, ossia dei

parallelismi di qualsiasi tipo”; tali ripetizioni nelle opere petroviciane vengono quindi

intese come base linguistica del pensiero primordiale e come principale caratteristica

della lingua del folklore.32 Le ripetizioni e le variazioni in Burleska si presentano sia sul

piano più elementare della lingua (fonetico), sia nelle figure retoriche (stilistiche).

Uno dei meccanismi associativi più comuni è la ripetizione di un motivo con

variazione, sia a grande distanza nel testo sia in una variazione sintattica

nell’incorniciamento di un’immagine. Uno dei motivi ripetuti a distanza, ma con

variazione, è quello dello stormo di oche e poi di anatre selvatiche in volo, che appare

all’inizio e alla fine dell’opera. Una sua variazione si trova a metà del romanzo in due

immagini di stormi di cigni bianchi, motivo risalente al folklore slavo meridionale. I

contesti in cui figurano i motivi sono diversi, ma nella loro successione formano un

insieme che si presenta come gradazione, collegando i vari punti del testo:

Mla i brat pogleda starijeg pogledom punim izazivanja, a stariji brat sa mrzoš u

odvrati glavu od mla eg, pa stade kao da broji jato divljih gusaka.33

32 “mito-mitološke, odnosno folklorno-karnevalske predstave i strukture”; “iterativnost mitskog sveta, njegove cikli ne strukture dobijaju tako svoj ekvivalent u pojavi jezi kog ponavljanja, odnosno paralelizama svih vrsta”, ivi, pp. 213-214.

33 “Il fratello più piccolo guardò il più grande con lo sguardo pieno di provocazione, e il fratello più grande con avversione girò la testa dal più piccolo, e si mise come a contare uno stormo di anatre selvatiche”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 10.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 185

Stvarali su se po pe enoj zemlji polukružni brežuljci sivog zrnevlja. Jata belih

labedova nad nevidljivim jezerom kružila su; krila im izgledahu nepomi na i treperila su

od svetlosti. Bili su labedi iznad žitne prašine i teškog zrikanja insekata kao grebenski

snegovi… Uz de aka što dotera kola da tovari žito do e i Nabor.34

Pred ve e Nabor ode na jezero. Kratki, glatki talasi nabirahu zelenu površinu. Sa

restresitih oblaka padaju granate senke kao šape zmajeva. Kroz vodu se provide modre,

debele alge; ugasitoplave pege gledaju iz vode. Jata belih lebedova kruže nad jezerom.

Crni se narovi gnjuraju izme u šiljastog bilja.35

I dosada je vladala divno, od pre Nabora pa za dugo. Ali jedan zrak novog života, –

života nekog udaljenog, ljubljenog – veli anstveni, prostreli me. Užasni, slatki bol

potrese me od tabana pa do temena. Raširenih ruku padoh po velikoj snežnoj poljani,

skoro u ropcu, a jedno jato divljih pataka letelo je pravcem istoka i gakalo razdragano: da

li ime Nabora Devolca; da li moj tajni život u slavi?36

Un tipo di ripetizione di un’immagine con una certa variazione usato spesso nel

romanzo è la sintesi della stessa immagine. Si tratta della riduzione della sintassi, ma

anche di una variazione di due tecniche espositive opposte: la prima è quella

descrittiva con un elevato numero di periodi e con tutti i loro elementi che servono a

creare un’atmosfera con dei tratti romantici e misteriosi; la seconda tecnica è quella

dell’accorciamento drastico della sintassi, per cui vengono ripetuti soltanto quegli

elementi che esprimono un’azione, ossia quelle parti che indicano il movimento del

giovane (la ripetizione di una serie di verbi), e non più le sue percezioni, come nella

34 “Si formavano sulla terra cotta delle collinette semicircolari di granelli grigi. Stormi di cigni bianchi giravano sopra il lago invisibile; le loro ali sembravano immobili e scintillavano di luce. Sopra la polvere di grano e il pesante canto degli insetti i cigni erano come neve delle colline […] Insieme al ragazzino che portò il carro per caricare il grano arrivò anche Nabor”, ivi, p. 43.

35 “Verso sera Nabor andò al lago. Onde corte, lisce increspavano la superficie verde. Dalle nuvole sparse cadono ombre ramificate come zampe di draghi. Attraverso l’acqua si scorgono alghe azzurre, grosse; macchie bluscure guardano dall’acqua. Stormi di cigni bianchi girano sul lago. Neri melograni nuotano sott’acqua tra le piante appuntite”, ivi, p. 58.

36 “E la noia dominava stupendamente, da prima di Nabor e ancora a lungo. Ma un raggio di vita nuova – una vita lontana, amata –, magnifico, mi trafisse. Un dolore terribile, dolce mi scosse da cima a piedi. Caddi con le braccia allargate sulla grande piana innevata, quasi con un rantolo, e uno stormo di anatre selvatiche volava in direzione dell’oriente e schiamazzava esultante: forse il nome di Nabor di Devol; forse la mia vita segreta nella gloria?”, ivi, p. 126.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 186

parte descrittiva dell’immagine. Quindi, prima si ha un brano descrittivo con

l’immagine del giovane dio pagano che si avvia di notte all’appuntamento con la sua

amata. In esso il movimento del giovane è accompagnato anche dalla focalizzazione

sul suo pensiero, sulle sue percezioni, sulle sue osservazioni, sui suoi sentimenti:

Sad, kad ve e sasvim pade, znao je Perunov prvenac gde e je na i. Požuri, požuri, pravo

niz re icu, u kojoj se duboko ogledale vrbe. A, on se približi, mesec po vodi pobeže

ispred njega. On se približi, mesec pobeže. To se mladi u dosadi. Pošto je prošao

podobru poljanu još nekošenu, zastade da se uveri da li je na dobrom mestu. Potraži

okom brežuljak, na e ga, zviznu, uvi kao kos. Njegov zvižduk, jasan i svetao, raspe se po

no i. Sam, oseti se sam, izgubljen. […] u kratak krik sove: to mu je Veligosta

odgovarala. Zatalasana krv zašine u njemu. Požuri, požuri. Veligosta i Upravda sedele su

u jami staroj za vukove pod lozom kupine. Kad do e sin Perunov Upravda ustade i

ode.37

Subito dopo, in una sola frase molto breve, viene ripetuta in sintesi la stessa

immagine in cui tutta quell’ansia di incontrare l’amata viene ridotta a delle

associazioni lessicali (šum vrele krvi, mila, mladost):

Po e mladi bog po no i, do e kraj re ice, zviznu, po eka. Zašume vrela krv u njemu, sa

ela mu mladost kliknu. Sede kraj mile.38

Tali ripetizioni, ovvero le variazioni sintetizzate dei motivi, sono una prassi

compositiva privilegiata nel romanzo, anche se un tale procedimento viene ripreso

dalla poesia, che si basa sulla ripetizione di temi e motivi. Con la ripetizione in sintesi

di una stessa immagine si vuole ottenere una struttura dinamica, anche se, in realtà, la

37 “Quando la notte calò del tutto, il primogenito di Perun sapeva dove trovarla. Si affrettò, si affrettò dritto lungo il fiumiciattolo, nel quale si specchiavano profondamente i salici. E, lui si avvicinò, la luna sull’acqua scappò davanti a lui. Lui si avvicinò, la luna scappò. Questo annoiò il giovane. Dopo avere oltrepassato una piana abbastanza buona ancora non falciata, si fermò per accertarsi che si trovava in un buon posto. Cercò con l’occhio la collinetta, la trovò, fischiò, contorse come un merlo. Il suo fischio, chiaro e luminoso, si distese nella notte. Solo, si sentì solo, smarrito. […] Sentì il breve strido di un gufo: è Veligosta che gli risponde. Il sangue mosso scoppiò in lui. Si affrettò, si affrettò. Veligosta e Upravda stavano sedute nella vecchia tana dei lupi sotto i viticci di rovo. Quando arrivò il figlio di Perun Upravda si alzò e se ne andò”, ivi, p. 70.

38 “Partì il giovane dio nella notte, arrivò sul fiumiciattolo, fischiò, aspettò. Mormoreggiò in lui il sangue caldo. Dalla fronte gli urlò la giovinezza. Si sedette vicino all’amata”, ibidem.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 187

ripetizione dello stesso motivo è sempre espressione di una staticità. Quindi,

abbiamo un insistente tentativo di mettere insieme due principi che si oppongono:

quello dinamico, del movimento, dell’azione, che caratterizza la narrazione, e quello

statico, ripetitivo, che varia dei motivi e che caratterizza la lirica. Bisogna ricordare

che uno dei procedimenti preferiti di Rastko nei componimenti poetici era proprio la

ripetizione di un’immagine o di un verso presi dalla poesia precedente e il loro

sviluppo o la loro variazione in una poesia successiva (come ad esempio il verso: “Ko

ti re e, prijatelju, da u do i u nedelju, u nedelju Dunav te e!” ripreso dalla poesia

Putnik e poi sviluppato nella successiva Vuk II):39

Bogoljub zapali još jednom i stade da motri […] im mu se u ini da je kraj tu, upali je i

onda pun pažnje eka, i napregnutosti. A kad uvidi da još ne uspeva da umre, brže gasi; i

opet pun napregnutosti eka kad treba da iznova zapali: zapali zbunjen, zarumenjen i

eka, broji i motri dahove, pa dune. To bi i užasno smešno i užasno tragi no. Tako

jednom; tako drugi put; tako tre i put. Tako do podne. U podne zapali, dunu. Sve se

iznova ili pre vremena zbi u isti mah: stvaranje, morali, Peruni, divke, mladi i, raj, pakao,

ubistva, srednji vek, religije, revolucije, komarci, ulice, ulice... sve se zbi i umre u tom

trenutku. Bilo je u tome još ne eg užasnijeg i neizrecivijeg. Za to vreme, koje bi

najgrozovitije i najveli anstvenije u svoj istoriji…40

3.2.3. Molteplicità di stili e di generi

Come si è già ricordato, la complessità e l’eterogeneità del materiale trattato e

delle tecniche usate nel primo romanzo di Rastko non hanno mancato di suscitare

39 “Chi ti ha detto, amico, che verrò domenica, domenica il Danubio scorre!”, N. Petkovi , op. cit., p. 38.

40 “Bogoljub accese ancora una volta e si mise ad osservare […] Appena gli sembrò che la fine fosse vicina, la accese e allora con attenzione si mise ad aspettare, e in tensione. E quando si rese conto che non riusciva ancora a morire, la spense subito; e di nuovo tutto teso aspettava il momento in cui doveva di nuovo accendere; accese confuso, arrossito e aspettava, contava e osservava gli sbuffi, e soffiò. Questo fu e terribilmente ridicolo e terribilmente tragico. Così una volta; così la seconda volta; così la terza volta. Così fino a mezzogiorno. A mezzogiorno accese, soffiò. Tutto accadde di nuovo o in anticipo nello stesso momento: la creazione, le morali, i Perun, le ragazze, i giovani, il paradiso, l’inferno, gli omicidi, il Medio Evo, le religioni, le rivoluzioni, le zanzare, le strade, le strade… tutto accadde e morì in quell’istante. In ciò c’era qualcosa di ancora più terribile e ineffabile. Durante quel tempo, che fu il più orribile e il più grandioso in tutta la storia…”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 126.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 188

reazioni drastiche, persino da parte dei tipografi, che si lamentarono della perdita di

tempo legata al lavoro per quella “sterile inezia”. In effetti, Burleska è una vera e

propria enciclopedia di argomenti, stili e generi, che si susseguono e si alternano

anche all’improvviso:41 mitologia slava (Perun, Dažbog, Trojan), apocrifo (Hod

Bogorodice po mukama), aneddoti della tradizione popolare (sulle tre strade, su San

Pietro e Satana), poesia popolare (Ognjena Marija u paklu, Ubava moma roda ne ima),

poesia medievale (Slovo ljubve, Divina commedia), vite dei santi (žitija) (San Simeone),

stile della lingua parlata moderna, del dialetto, della lingua popolare, dialogo

drammatico, versi, lingua della preghiera cristiana, il procedimento della “reciproca

mescolanza di due immagini” (“uzajamno pretapanje dvaju slika”), il procedimento

dell’inversione dei ruoli, narrazione eterodiegetica, narrazione omodiegetica, genere

lirico e genere drammatico, modo parodistico, biografia, razbrajalice, basme, fiabe.

Novità assoluta e radicale nella letteratura serba, esso corrisponde perfettamente alla

tendenza – insita negli anni Venti nelle letterature europee in generale – verso la

creazione di opere originali, che corrispondano alla sensibilità moderna e nuova,

attraverso la mescolanza di materiale appartenente per tradizione a vari generi, non

solo letterari. Il modello compositivo già sperimentato nella poesia, riguardante in

sostanza la tendenza a mettere insieme in un unico componimento forme distinte

dell’espressione in modo da creare non solo una mescolanza di generi ma anche un

vero pastiche,42 viene applicato dall’autore anche nella composizione del suo primo

romanzo, che, tra l’altro, coincide cronologicamente con la sua prima fase poetica.

Proprio l’accostamento e la mescolanza di una gran varietà di stili e di generi che non

sono solitamente riconducibili alla poesia (come lo stile documentario, oppure la

cronaca, o ancora il lessico appartenente alla lingua parlata, accostato al lessico

letterario, elevato, per eccellenza), in un’opera che ha come base strutturale il modello

41 Inoltre, come si afferma in vari studi dedicati al primo romanzo di Rastko, nemmeno la sua appartenenza ad un determinato genere era sempre chiara: era definito come libro di prosa, romanzo breve, romanzo novellistico, libro di prosa novellistica, cronaca letteraria, antiromanzo, e così via, cfr. M. Nedi , Poeti ki dis/kontinuiteti u delu Rastka Petrovi a, in Književno delo Rastka Petrovi a, ur. . Vukovi , Institut za književnost i umetnost, Beograd 1989, p. 143.

42 Tuttavia, negli studi non è stata dedicata molta attenzione ai vari esperimenti dei generi in Rastko, anche se questo autore fu il primo nella poesia serba ad introdurre in modo serio e pensato alcuni dei generi tipici invece per la prosa, nota Tanja Popovi in un saggio che riguarda la produzione poetica di questo autore, cfr. T. Popovi , Rastkova žanrovska iskušenja, in Pesnik Rastko Petrovi …, cit., pp. 166-167.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 189

poetico dell’autore, fa sì che il primo libro in prosa di Rastko diventi “altamente

specifico”.43 In Burleska il materiale a cui si attinge diventa semanticamente attivo

soltanto in base alla relazione con gli altri elementi con cui viene mescolato. L’intento

non è di creare un’elenco di generi e stili appartenenti ad una tradizione culturale,

bensì di realizzare un insieme nuovo ricorrendo a materiale esistente, che così

acquisisce un nuovo significato.

Un esempio di intersezione di generi come il mito, il racconto popolare e la

cronaca si trova proprio all’inizio del romanzo. Qui si mescolano vari piani temporali

– mitologia, medioevo, contemporaneità – con commenti dell’istanza che scrive e

controlla tutto il testo. Si tratta della leggenda di Trojan, il personaggio della

mitologia slava che ha abbandonato l’olimpo slavo e si è trasferito sulla terra, del

quale vi è traccia nei racconti popolari. Attraverso la storia di Trojan viene collegato il

pantheon slavo del dio Dažbog con il XIV secolo, intorno al fiume Sava, e il XX

secolo dell’autore (in cui si allude al caos della guerra). Così la mitologia, il racconto

popolare e la cronaca contemporanea vengono percepiti come un unico insieme con

un significato nuovo che rispecchia una visione personale dell’autore, che aspira a

vedere e ad esprimere un’insieme di cose in un unico momento. Così il particolare si

rispecchia nel Tutto e il Tutto non può essere percepito senza la necessaria

attenzione al particolare. Poiché la parte dedicata a Trojan è lunga, qui riporteremo,

come esempio, solo alcuni punti salienti:

Jednoga dana doznade Dažbog da bog Trojan, koji ga nije voleo nikako, gazi sve izdane

propise. […] Kako ga Dažbog, po vas dan prehode i nebo nije nikad sretao, to ga skoro

i zaboravi da postoji. No eto duše stigoše u raj uzbu ene Trojanovim životom. Stigoše

duše, zagrajaše, progovoriše u glas. Danju provodi u spavanju, a no u luta obalom i

ubave žene zavodi, i kad bude pred svanu e, u koji svoj dvor prvo stigne, za ceo dan se

skloni. […] A vele da je dolazio na konju i da je odsko ivši sa konja do ekivao se u jedan

mah na obe noge raskora ene. […] Uskoro ga bezbroj devojaka, hiljadu, milion,

43 Come nota R. Jakobson: “La prosa di uno scrittore e di una corrente letteraria impostata sulle poesie è altamente specifica sia là dove essa soggiace all’influenza dell’elemento predominante, ossia dell’elemento poetico, sia anche nei punti in cui si svincola da tale elemento con uno sforzo teso ed intenzionale”, R. Jakobson, Poetica e poesia. Questioni di teoria e analisi testuali, intr. di R. Picchio, Einaudi, Torino 1985, p. 57.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 190

milijardu, sedamdeset sedam milijardi, beskrajno milijardi ekalo, pevalo za kapijama,

svaka zasebno. Beskraj žena ekalo, a samo jedna nije patila. Tako redom i užasno,

mnogo bola i patnje treperi u užasu. Duše digoše ruke uvis, pa stadoše da se klanjaju i

kljanjaju i se udaraju glavom o zemlju; i da preklinju; duše mrtve za one što ostaše žive.

[…] Tako ovaj doga aj do e do ušiju nebeskom bogu Dažbogu (ovaj bog imao je

mnogo brige zbog morala) […] Ostalo je sve vezano za Trojana nesigurno. Tu kod Save

ima neki rudnik, pa kad su 1327. godine kopali rudari, nai u na nekog idola sa zlatnom

glavom ije su uši bile jare e. Oni navale da ga izvuku, progovori ovaj idol: ‘More, ljudi,

ostavite me, zar me je malo moja strast kinjila (on se to gadnije izrazio), nego ete sad i

vi!’ […] A niže uto išta Zasavice u Savu, na pet domašaja kopljem, nalaze se ruševine što

ih je Sava poplavila. Stariji pamte da je grad negda bio na obali, a gnjurci su primetili na

gradu šestora vrata s katancima. […] Narod i sad pripisuje taj grad bogu Trojanu, kao i

onaj na planini Ceru i druge.44

Mettendo insieme i vari piani temporali che si susseguono nel racconto, insieme

al ricorso a diversi registri linguistici (racconto orale di tipo folklorico, stile del parlato

moderno che si presenta come commento del narratore/autore implicito) e con un

uso diverso dei tempi verbali e delle coordinate avverbiali del tempo e dello spazio

che conducono alla contemporaneità e ad un unico punto da cui tutto ciò viene

raccontato – quello di chi crea il testo –, il risultato ottenuto è un insieme unitario

44 “Un giorno Dažbog venne a sapere che il dio Trojan, che non lo amava affatto, calpesta tutte le regole stabilite. […] Siccome Dažbog solcando tutto il giorno il cielo non lo incontrava mai, quasi dimenticò che esisteva. Ma ecco giunsero in paradiso delle anime agitate per la vita di Trojan. Giunsero la anime, rumoreggiarono, parlarono . Trascorre il giorno dormendo, e di notte vagabonda per la sponda e seduce donne attraenti, e sul far del giorno si ripara per tutto il giorno nella prima delle sue reggie in cui arriva. […] E dicono che giungesse a cavallo e che scendendo con un balzo dal cavallo atterrasse nello stesso istante su entrambe le gambe allargate. […] In poco tempo un’infinità di ragazze, mille, un milione, un miliardo, settantasette miliardi, un’infinità di miliardi lo aspettava ai portoni, cantava, ognuna per conto suo. Un’infinità di donne aspettava, e solo una non soffriva. E così di seguito e in modo terribile, nell’orrore vibrava molto dolore e sofferenza. Le anime alzarono le braccia verso l’alto, e si misero a inchinarsi e inchinandosi battevano la testa a terra; e supplicavano; le anime morte per quelle rimaste vive. […] Così tale evento giunse alle orecchie del dio del cielo Dažbog (questo dio aveva molte preoccupazioni a causa della morale) […] Tutto il resto delle cose legato a Trojan è incerto. Qui sulla Sava c’è una miniera, e nel 1327 i minatori scavando rinvennero un idolo con la testa d’oro e con le orecchie di caprone. Essi accorsero in massa per tirarlo fuori, l’idolo iniziò a parlare: ‘Allora, gente, lasciatemi, la mia passione mi ha forse tormentato poco (ma si espresse in maniera più sconcia), che adesso vi ci mettete anche voi!’ […] E al di sotto della confluenza della Zasavica nella Sava, a cinque aste di profondità, si trovano delle rovine inondate dalla Sava. I più anziani ricordano che una volta c’era una città sulla sponda, e i palombari notarono nella città sei porte con catenacci. […] Il popolo anche ora attribuisce quella città al dio Trojan, come pure la città sul monte Cer e altre”, R. Petrovi , Burleska…, cit., pp. 12-16.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 191

che tende all’omogeneità, non sul piano del materiale utilizzato, bensì sul piano

compositivo. Tutti gli elementi della struttura, anche se singolarmente collocabili su

piani semantici diversi, dal momento in cui vengono interpolati nel testo

acquisiscono un significato nuovo. Così nasce una struttura nuova, un’opera

autonoma, in cui con una precisa intenzionalità si smaschera lo stesso atto creativo.

Questo procedimento, che appare come implicito intento poetico in Burleska, trova

ulteriore conferma, e diventa un obiettivo autopoetico di Rastko, nel successivo

romanzo breve, Ljudi govore (La gente parla, 1931).45 Qui si legge il seguente brano, in

cui il narratore-protagonista, mentre osserva il volo delle api, pensa:

Sav prostor iznad bilja, kao da je zahva en u njihov pokret, prestaje biti za o i stati an. I

cvetovi kao da igraju pod letom p ela; kao da jedni dotr avaju pod njih, da drugi u strahu

i užasu beže. «Kakav rad!» mislim u sebi. «Tako bih voleo jednom da stvaram, skupljaju i

ono što je najbolje u bogatstvima oko mene, da preradim to zatim u jednu jedinstvenu

homogenost. Na kraju rada p elinog je med koji sadrži u sebi srž svih cvetova a nije ak

ni skup onoga što su oni, ve nešto novo i izvanredno. To nije ni ovaj, ni onaj cvet; to je

med; i osobine su toliko druk ije da to ak nije ni miris pre svega, ve ukus»46

In Burleska non sono affatto rari il tono lirico e un’atmosfera lirica. Il dio della

primavera sta morendo mentre la natura cerca di aiutarlo:

Trava i zemlja omekšavaju da bi mu bili postelja, nebo i oblaci se sagibaju da ga pokriju,

kamen se zagreva mesto jastuka, dvore ga jele i omare, skupljaju i sve mirise planinske

45 Ljudi govore, un altro romanzo breve considerato come romanzo poetico, è uscito dieci anni più tardi rispetto a Burleska ed è anche l’ultimo romanzo di Rastko uscito durante la sua vita e considerato come la sua opera più complessa e più riuscita insieme. Scritto in prima persona da un viaggiatore/narratore il quale anche “ricercatore dei destini umani” (M. Miloševi ), in esso viene messa in primo piano la forza del discorso umano che si trasforma nella lingua dei destini dell’uomo di un’isola mediterranea.

46 “Tutto lo spazio sopra le piante è come preso nel loro movimento, cessa di essere statico per gli occhi. E i fiori è come se danzassero sotto il volo delle api; come se gli uni accorressero sotto di loro e gli altri scappassero impauriti e inorriditi. «Che lavoro!» penso fra me e me. «Così mi piacerebbe creare un giorno, raccogliendo ciò che c’è di meglio delle ricchezza intorno a me, rielaborare poi il tutto in un’unica omogeneità. Alla fine del lavoro delle api c’è il miele che contiene in sé la quintessenza di tutti i fiori e non è l’insieme di ciò che essi sono, ma qualcosa di nuovo e di eccezionale. Non è né questo, né quel fiore; è il miele; e le proprietà sono talmente diverse che ciò non è prima di tutto odore, ma sapore»”, R. Petrovi , Ljudi govore, in Id., Sa silama nemerljivim. Ljudi govore, napomena M. Risti a, redakcija M. Risti a i V. Stoji , [Dela Rastka Petrovi a, 3], Nolit, Beograd 1977, p. 162.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 192

vetar mu sprema ponude, kiša iz oblaka ga umiva, poji ga soko siva tica, miluje ga sunce

sa visine, pohode ga mravi i iz trave, puni su brige listovi na granama, žale ga nebeske

zvezdice, ljube ga gorske bubice, maze ga cvetovi deteline, šapu u mu zrikavci, budi ga

gorski vuk, otkriva ga zora nevesta, celiva ga lahor jutarnji, klanjaju se opori volova,

daju mu svoje mle ne suze krave tek isterane, grle ga obanice, kiti ga klasje žitno, uva

ga hladni studeni izvor, pozdravljaju ga ribe iz reka, pevaju mu valovi izvorski, kli u mu

gore i brda, dozivaju ga ovce i ovnovi, dozivaju ga ždrebice razigrane, dozivaju ga toke

juna ke.47

Il tono lirico viene riportato in una struttura che richiama il genere lirico, ma in

cui si inserisce anche il discorso drammatico, mediante due immagini – il cielo di

notte e il pensiero del giovane all’amata – a cui corrispondono due intonazioni, una

pacata con frasi più lunghe e l’altra veloce con periodi brevi e parallelismi, ripetizioni

e anche rime. Per il discorso drammatico viene adottato il sistema grafico della prosa,

quindi viene cambiato il suo significato all’interno di una struttura lirica:

Nabor se spusti na svoje legalo i zagleda se daleko preko dvorišta; na planinu, gde je

ko vrlo sjajna zvezda gorela vatra. Neka senka prolazi ispred plamena. No . ini se da je

žalosno i smešno. Iz utrobe se prilivaju talasi slasti i tuge. Evo sna nepospanog mladi a

što misli sve na jednu devojku. Jedna devojka koja je Upravda, a ipak pokornija od nje.

Mladi posko i, posko i, otr a, dotr a; dovede je preko utabane staze dvorišta, pored

košnica uljišta. Ona se nasmeši, a on oseti kako joj zatreperi ruka, pa onda srce, pa onda

trepavice, pa onda usne. Potr a, potr a, provede je pored drvljanika za ruku. Ona

zadrhta, htede da padne u nesvest. «Kuda, kuda?» govori ona drh u i. – «Tuda, tuda»,

odgovara drh u i! – «Kuda, kuda?» jedva progovori, ve ho e da se obeznani. – «Evo,

evo, hajde samo za mnom, odmah ovde.» – «Ne u, ne mogu, ne smem!» [...] Opet

47 “L’erba e la terra si ammorbidiscono per fargli da letto, il cielo e le nuvole si piegano per coprirlo, la pietra si riscalda per fargli da cuscino, lo servono gli abeti e gli abeti rossi, raccogliendo tutti gli odori di montagna il vento gli prepara delle offerte, la pioggia dalle nuvole lo lava, lo disseta il falco uccello grigio, lo accarezza il sole dall’alto, gli fanno visita le formichine dall’erba, sono pieni di ogni cura le foglie sui rami, lo compatiscono le stelline celesti, lo baciano gli insettini della montagna, lo coccolano i trifogli, gli sussurrano i grilli, lo sveglia il lupo della montagna, lo scopre la sposa aurora, lo bacia la brezza mattutina, si inchinano le mandrie di buoi, gli danno le loro lacrime di latte le mucche appena portate fuori, lo abbracciano le pastorelle, lo adornano le spighe di grano, lo protegge la fredda fonte, lo salutano i pesci dal fiume, gli cantano le onde della sorgente, lo acclamano colli e monti, lo evocano pecore e montoni, lo evocano le puledre entusiaste, lo evocano le borchie egli eroi”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 18.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 193

zvezdano nebo; no ; metalno žamore trske, buljina klima glavom. Duga ko se uju

zrikavci kako zri u u polju, a malena divlja zverad štek e u planini na zvezda toliko

nekretnica, i na zvezda toliko putnica.48

Nel romanzo vi sono diversi brani in discorso drammatico, con delle vere e

proprie elencazioni didascaliche dei personaggi. Questi sono spersonalizzati e

appartengono ad una determinata categoria: žeteoci (mietitori), bogovi (dèi slavi), svati

(convitati alle nozze), grešnici (peccatori), kalu eri (monaci) e bolesnici (malati). Ma ciò

che rende significative le parti del discorso drammatico è la loro disposizione nella

struttura del testo e, poi, una precisa organizzazione delle voci nella forma e nel

contenuto.

Innanzitutto, nel romanzo appaiono sei volte sei tipi di voci e vi è una loro

bipartizione simmetrica nella struttura dell’opera. Il primo gruppo di voci, cioè i

primi tre tipi di voci (mietitori, dèi e convitati) compaiono nella prima metà dell’opera

(nei primi due capitoli) e hanno la loro collocazione temporale e spaziale

nell’ambiente pagano. Invece il secondo gruppo, composto dagli altri tre tipi di voci

(peccatori, monaci e malati), compare rispettivamente nella seconda parte (terzo e

quarto capitolo), ossia in quella parte dell’opera in cui è rappresentato il periodo

cristiano. Ciascuno dei due gruppi di voci presenta una determinata coesione

tematico-formale e nel suo insieme semantico è opposti all’altro, così come nel

romanzo si oppongono il periodo pagano e quello cristiano.

Vi è un preciso schema formale nel modo in cui appaiono le voci nei due gruppi

menzionati, uno schema che crea una certa coesione strutturale interna ma anche una

48 “Nabor si adagiò sul suo giaciglio e guardava assorto lontano attraverso il cortile; sulla montagna, dove come una stella molto luminosa ardeva un fuoco. Un’ombra passa davanti alla fiamma. La notte. Sembra che sia tutto misero e ridicolo. Dalle viscere si riversano onde di diletto e di tristezza. Ecco il sonno del giovane non addormentato che pensa sempre a una ragazza. Una ragazza che è Upravda, eppure è più docile di lei [N.B.: cioè della Giustizia = Pravda, da cui Upravda]. Il giovane fece un balzo, fece un balzo, corse via, accorse; la condusse attraverso il sentiero calpestato del cortile, accanto all’alveare colmo di miele. Lei sorride, e lui le sente fremere la mano, e poi il cuore, e poi le ciglia, e poi le labbra. Si mette a correre, a correre, la porta per mano accanto alla legnaia. Lei trasalisce, voleva svenire. «Dove, dove?» dice lei tremando. – «Per di qua, per di qua», risponde tremando! – «Dove, dove?» riuscì appena a dire, ma voleva perdere i sensi. – «Ecco, ecco, vieni solo dietro di me, subito qui.» – «Non voglio, non posso, non mi è permesso!» […] Il cielo nuovamente stellato; la notte; le canne mormorano metallicamente, il gufo reale annuisce con la testa. A lungo si sentono i grilli cantare nel campo, i piccoli animali selvatici in montagna latrano alla stella così immobile, e alla stella così viaggiatrice”, ivi, pp. 37-38.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 194

distinzione tra le due parti. Nel primo gruppo ciascun tipo conta cinque voci e la loro

disposizione formale nel testo segue un unico schema di base, che è il seguente:

1/2/3/4/5/4/3/2/1. Tale schema, che segue una linea prima ascendente e poi

discendente, rimane invariato per tutti e tre i tipi di voci, con un’unica differenza nel

numero dei cicli ripetuti, poiché vi è una progressione dal primo al terzo tipo. Così, i

mietitori hanno un ciclo di base, ascendente e discendente: 1/2/3/4/5/4/3/2/149, gli

dèi ascendente, discendente e poi ancora ascendente: 1/2/3/4/5/4/3/2/1/2/350,

49 “Prvi žetelac: / – Kažu da mu je stric vrlo bolestan: kosti mu se rasipaju. Daj taj brus. / Drugi žetelac: / – Ljudi se razbolevaju pred smrt i onda umiru. Ja znam jednog oveka koji je živeo sto godina. / Tre i žetelac: / – To nije mnogo. Ja znam jednoga od sto i dvadeset. / etvrti žetelac: / – A ja sam uo da Heleni neki i po dvesta godina žive. / Peti žetelac: / – Ima, valjda, i po dvesta pedeset: samo, to nije najvažnije. Uravnaj se, brajaško, sa mnom da kosimo. Vrlo sam zaradovan da te vidim tako durašna u radu. / evrti žetelac: / – Eh, pa valjda znaš da sam u drvarstvu još i bolji! / Starac: / - Reklo bi se da od dvadeset godina više nemam! / Starica: / – Ni meni više od petnaest. / Tre i žetelac: / – Bome smo i umorni: pazite dlanove. Dodaj i meni da pijem. / Drugi žetelac: / – Ja znam jednog oveka koji je živeo sto godina. / Prvi žetelac: / – Hajd, hajd, još malo; hajd! Makar i sto!” (trad.: “Primo mietitore: / – Dicono che suo zio sia molto malato: le ossa gli si sciupano. Dammi quell’affilatoio. / Secondo mietitore: / – Gli uomini si ammalano prima della morte e poi muoiono. Io conosco un uomo che ha vissuto cento anni. / Terzo mietitore: / – Non è tanto. Io ne conosco uno che ne ha vissuti centoventi. / Quarto mietitore: / – E io ho sentito che certi elleni vivono anche duecento anni. / Quinto mietitore: / – Ce n’è, forse, anche di duecentocinquanta: solo che non è questa la cosa più importante. Mettiti in riga con me, fratellino, e falciamo insieme. Mi rallegra molto vederti così vigoroso nel lavoro. / Quarto mietitore: / – Eh, forse lo sai che come boscaiolo sono anche migliore! / Il vecchio: / – Si direbbe che più di vent’anni non ho! / La vecchia: / – Né che io ne abbia più di quindici. / Terzo mietitore: / – perbacco siamo anche stanchi: fate attenzione ai palmi delle mani. Passalo anche a me, che anch’io beva. / Secondo mietitore: / – Io conosco un uomo che ha vissuto cento anni. / Primo mietitore: / – Dài, dài, ancora un po’; dài! Almeno cento!”), ivi, pp. 31-32.

50 “Prvi bog: / – Kako je mlad i vitak, kao devojka! O i su mu ugasite. / Drugi bog: / – U svih njih mrke o i; zato valjda što su ne isti. / Tre i bog: / – Što ga ne ubi, bozi te poživeli? Zar bi on tebe štedeo? / etvrti bog: / – Treba mu otkup. Volovi mu trebaju. Ako ne dovedu, lako e u nav poslati. / Peti bog: / – Kako je vitak i ponosit! / etvrti bog: / – Skupo e te, sokoli u, stati ribe. A nisi na njih ni mnogo truda potrošio. / Tre i bog: / – Da li je bar mnogo odneo? / Drugi bog: / – Kako da nije! Iscedio je najmanje osam mreža. Nekad je dolazio možda i dvaput na dan, jer mu je kesa bila suviše mala da sve zahvati odjednom. / Prvi bog: / – I još smo ih krpili cele zime, bile se izderale: nismo znali za koga. / Drugi bog: / – Gledajte, sokoli, kako gleda na sušnicu. Možda oni tamo ne umeju da ih suše, pa se sad u i. / Tre i bog: / – Ali je tanan, tanan kao devoj e!” (trad.: “Primo dio: / – Com’è giovane e snello, come una ragazza! Ha gli occhi scuri. / Secondo dio: / – Tutti loro hanno gli occhi torvi; forse perché non sono puri. / Terzo dio: / – Perché non l’hai ucciso, che gli dèi ti diano lunga vita? Forse lui ti avrebbe risparmiato? / Quarto dio: / – Gli serve il riscatto. I buoi gli servono. Se non portano, è facile che li mandino. / Quinto dio: / – Com’è snello e fiero! / Quarto dio: / – Ti costeranno cari, falchetto, i pesci. E per loro non hai speso neanche molti sforzi. / Terzo dio: / – Almeno ha portato via molto? / Secondo dio: / – Come no! Ha spremuto perlomeno otto reti. A volte veniva forse anche due volte al giorno, poiché il suo sacco era troppo piccolo per prendere tutto in una volta. / Primo dio: / – E le abbiamo rattoppate per tutto l’anno, si erano logorate: non sapevamo per chi. / Secondo dio: / – Guardate, falchi, come guarda l’essiccatoio. Forse quelli lì non sanno essiccarli, e ora imparano. / Terzo dio: / – Ma è sottile, sottile come una ragazzetta!”), ivi, p. 61.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 195

mentre i convitati presentano un numero ancora più alto di movimenti, due

ascendenti e due discendenti: 1/2/3/4/5/4/3/2/1/2/3/4/5/4/3/2/1, e infine vi è

un’unica voce corale, come una specie di pointe.51 Quindi, si ha lo stesso numero di

voci in tutti e tre i casi con una gradazione progressiva numerica nel ripetersi dello

schema che si presenta come una ondulazione sempre più lunga, culminante in un

grido corale unisono. A una siffatta disposizione schematica dell’ordine delle voci

corrisponde anche una gradazione dei contenuti. Nel discorso drammatico dei

mietitori al centro vi sono i temi della lunghezza della vita e del lavoro e su essi si

esprimono, secondo una gradazione numerica, le voci, mentre all’inizio e alla fine, in

una specie di ritornello, una voce ripete la stessa frase. Anche nel discorso degli dèi,

che verte sul tema della prigionia di un giovane, con una simmetria all’inizio, a metà e

alla fine, vengono ripetute con una minima variazione lessicale le stesse frasi. Infine,

51 “Prvi svat: / – Je li mogu no da e ubio jednog boga? / Drugi svat: / – Zašto ne! Ko da se i tako što ne može dogoditi! / Tre i svat: / – Ali ako je jedan bog ubijen, zna i da je sad šupljina u stvaranju i harmoniji. Naši e stomaci to možda brzo osetiti. / etvrti svat: / – Svakako, svakako; ali ime da popunimo? / Peti svat: / – Ko bi to rekao! / etvrti svat: / – Meni se ak i zeva! / Tre i svat:

/ – Ova mi je babetina užasno mrska. Eto udaje k er, gubi je, a ne žali je; a za zecom koliko kuknjave. / Drugi svat: / – Izgleda mi da nam je ona umnogome pokvarila veselje. Ja sam taman lizao ovnujski but, kad me prekide. / Prvi svat: / – Iz kog si sela? / Drugi svat: / – Pa iz Trpezice; iz Ljubaništa je malo došlo. Mnogo više iz Gorice. / Tre i svat: / – Za kaznu bacimo joj telo ma kud. / etvrti svat: / – Dajte psima. / Peti svat: / – A, nikako: psi su životinje Svantovidove! / etvrti svat: / – U vatru s njom! / Tre i svat: / – Ta zar tako što da dozvolimo! Vatra je sveta, vatra je uvarku a; nikako, nikako! / Drugi svat: / – Izbacimo je. Ali gde? / Prvi svat: / – Da, ali gde? Pa na bunjište, pa na bunjište! / Svi: / – Na bunjište s njom! […] Prvi svat: / – Gde je Nabor? / Drugi svat: / – Sedi na trupcu. Kao da ništa ne opaža! […] Osmi svat: / – Za udo da i Nabor nije s nama dok smo u najve oj razdraganosti! / Deveti svat: / – Eno ga sedi na trupcu. Da li je mogu e da je ubio boga; toliko je tup!” (trad.: “Primo convitato: / – È possibile che abbia ucciso un dio? / Secondo convitato: / – Perché no! Come se una cosa così non potesse accadere! / Terzo convitato: / – Ma se è stato ucciso un dio, significa che ora c’è un vuoto nella creazione e nell’armonia. I nostri stomaci forse lo sentiranno presto. / Quarto convitato: / – Senz’altro, senz’altro; ma con che cosa possiamo riempirlo? / Quinto convitato: / – Che lo avrebbe detto! / Quarto convitato: / – A me viene addirittura da sbadigliare! / Terzo convitato: / – Questa vecchiaccia mi è terribilmente odiosa. Ecco fa sposare la figlia, la perde, e non la rimpiange; e per una lepre quanti piagnistei. / Secondo convitato: / – Mi sembra che lei ci abbia rovinato in buona parte il divertimento. Io ce l’ho fatta appena a leccare una coscia di montone, quando sono stato interrotto. / Primo convitato: / – Da quale villaggio vieni? / Secondo convitato: / – Ma da Trpezica; da Ljubanište sono venuti in pochi. Molti di più da Gorica. / Terzo convitato: / – Per punizione gettiamo il suo corpo dove capita. / Quarto convitato: / – Datelo ai cani. / Quinto convitato: / – Ma, assolutamente no: i cani sono animali di Svantovid! / Quarto convitato: / – Nel fuoco con lei! / Terzo convitato: / – Possiamo forse permettere una cosa simile! Il fuoco è santo, il fuoco è il custode della casa; assolutamente no, assolutamente no! / Secondo convitato: / – Gettiamola via. Ma dove? / Primo convitato: / – Sì, ma dove? Ma nel letamaio, ma nel letamaio! / Tutti: / – Nel letamaio con lei! […] Primoa convitato: / – Dov’è Nabor? / Secondo convitato: / – Sta seduto su un tronco. Come se non notasse nulla! […] Ottavo convitato: / – Che strano che anche Nabor non sia con noi mentre siamo nel massimo giubilo! / Nono convitato: / – Eccolo seduto sul tronco. È possibile che abbia ucciso un dio; è così ottuso!”), ivi, pp. 75-76, 79, 80.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 196

l’ultimo discorso drammatico, che è anche quello più complesso, in cui il tema è la

morte (l’uccisione di uno degli dèi da parte di Nabor e la morte naturale provocata

dalla tristezza di una donna anziana), culmina in un coro isterico di vendetta sul

corpo esanime. Dopo di questo, appaiono ancora due volte le due voci dei convitati

(1/2 e 8/9) che si interrogano su Nabor, ma ormai la loro brevissima forma

spezzettata non può riflettere più quell’armonia espressa nei dialoghi precedenti. Qui

la forma distrutta attiva un corrispondente semantico – la perdita dell’omogeneità e

dell’ordine del tempo del mito. Inoltre, il punto principale che accomuna i tre discorsi

è la condizione dell’uomo, al cui centro si trova la giovinezza come punto più alto

della vita.

Il secondo trittico di voci, che fa parte degli ultimi due capitoli, conosce solo uno

schema unidirezionale della disposizione delle voci: 1/2/3/4/5/6/7/8/952 è lo

schema base che caratterizza le voci dei peccatori, mentre i seguenti due, quelli dei

monaci e dei malati, sono allargati a undici voci: 1/2/3/4/5/6/7/8/9/10/11.53 In

52 “Prvi grešnik: / – Nalazim se ovde ima ve milion godina. Ja sam praotac ovih satana i bogova; ja sam klasik. / Drugi grešnik: / – Pakao ne bi bio tako strašan kad bi pred njim bio kakav još gori pakao kome bismo težili. / Tre i grešnik: / – Istog sam mišljenja. Nas ubija to što je naš položaj jednom zauvek rešen... / etvrti grešnik: / – U tome je mnogo bolja katoli ka vera, gde izme u raja i pakla postoji itav niz istilišta. / Peti grešnik: / – Kod Slovena ima samo raj i pakao. / Šesti grešnik: / – Raj i pakao! / Sedmi grešnik: / – Jedu me škorpije; rado bih se menjao s nekim koga ujedaju divlji psi. / Osmi grešnik: / – A ja bih svoje crve s kondorima! / Deveti grešnik: / – A, koliko dosade!” (trad.: “Primo peccatore: / – Mi trovo qui da già un milione di anni. Io sono il progenitore di tutti questi demoni e dèi; io sono il classico. / Secondo peccatore: / – L’inferno non sarebbe così terribile se davanti a lui ci fosse un qualche inferno ancora peggiore cui possiamo aspirare. / Terzo peccatore: / – Sono dello stesso parere. Ci uccide il fatto che la nostra posizione è decisa una volta per sempre… / Quarto peccatore: / – Sotto questo aspetto è molto migliore la fede cattolica, in cui tra il paradiso e l’inferno esiste un’intera serie di purgatori. / Quinto peccatore: / – Presso gli Slavi ci sono solo il paradiso e l’inferno. / Sesto peccatore: / – Il paradiso e l’inferno! / Settimo peccatore: / – Mi divorano gli scorpioni; mi scambierei volentieri con uno che viene morso dai cani selvatici. / Ottavo peccatore: / – E io scambierei i miei vermi con i condor! / Nono peccatore: / – Ah, che noia!”), ivi, p. 93.

53 “Prvi kalu er: / – Gospo o Bogorodice, Gospo o Bogorodice! / Drugi kalu er: / – Gospo o Bogorodice! / Tre i kalu er: / – Danas je po etak našeg spasenja i otkrovenje ve ne tajne; Sin božiji postaje sin Djevin, a Gavril blagoveštava blagodet. / etvrti kalu er: / – Presveta, presveta Gospo o! / Peti kalu er: / – Presveta, presveta, presveta Gospo o! / Šesti kalu er: / – Gospo o Bogorodice, Gospo o Bogorodice! / Sedmi kalu er: / – Svetim ro enjem tvojim, pre ista, Joakim i Ana odbegoše sramotu što nema ahu dece, i Adam i Eva od smrtne truleži oslobodiše se. / Osmi kalu er: / – To praznuju pokajnici kad ti pevaju: Nerotkinja ra a Bogorodicu i Hraniteljku života našega! / Deveti kalu er: / – Gospo o, Gospo o, Gospo o Bogorodice, spasi nas! / Deseti kalu er: / – Gospo o, spasi nas, sluge tvoje! / Jedanaesti kalu er: / – Gospo o, gospo o” (trad.: “Primo monaco: / – Signora Madonna, signora Madonna! / Secondo monaco: / – Signora Madonna! / Terzo monaco: / – Oggi è l’inizio della nostra salvezza e la rivelazione del mistero eterno; il Fuglio di Dio diventa Figlio della Vergine, e Gabriele annuncia la grazia. / Quarto monaco: / – Santissima, santissima Signora! /

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 197

tutti e tre i casi la nona voce segna un punto di cambiamento (tematico o tonale).

Così strutturati questi discorsi si oppongono a quelli della prima parte, e non solo

nella strutturazione, ma anche nella tematica e nel relativo significato. Quello dei

peccatori ha come tema la condizione umana che non può essere cambiata, mentre

quello dei monaci parla della speranza nella salvezza in un grido disperato, e infine il

discorso dei malati ha come oggetto la riflessione su se stessi e sull’impossibilità per

l’uomo di cambiare le cose. Lo schema non ritorna mai indietro, a differenza di

quello della prima parte, in cui è espressa una certa omogeneità, un’armonia del

mondo giovane del mito. Esso qui conosce soltanto la progressione del mondo

invecchiato, tanto che i mietitori sono sostituiti dai peccatori, gli dèi pagani dai

monaci e i convitati alle nozze dai malati dell’ospedale. Anche questa parte è

caratterizzata dalle ripetizioni (con una regolazione dell’intonazione del discorso

attraverso la ripetizione degli stessi vocativi).

È evidente come la composizione del discorso drammatico segua uno schema

costruttivo ponderato e, potremmo dire, già sperimentato nelle poesie dell’autore del

Quinto monaco: / – Santissima, santissima, santissima Signora! / Sesto monaco: / – Signora Madonna, signora Madonna! / Settimo monaco: / – Con la tua santa nascita, purissima, Gioacchino e Anna hanno evitato la vergogna di non avere figli, e Adamo ed Eva del mortale marciume si sono liberati. / Ottavo monaco: / – Lo celebrano i penitenti quando ti cantano: la Donna Sterile partorisce la Madonna e Nutrice della vita nostra! / Nono monaco: / – Signora, Signora, Signora Madonna, salvaci! / Decimo monaco: / – Signora, salvaci, salva noi servi tuoi! / Undicesimo monaco: / – Signora, Signora”); “Prvi bolesnik: / – Mi smo bolesnici. / Drugi bolesnik: / – Zaista, mi smo bolesnici; kažu da je teško to podnositi. / Tre i bolesnik: / – Što: kažu! Valjda ja ne bih sad voleo da su mi noge zdrave, pa da odem. / etvrti bolesnik: / – A kud bi ti išao, na primer, da su ti noge zdrave? / Peti bolesnik: / – Ja bih u selo kod strica. Sad su tamo zapalili dobru vatru; sede i razgovaraju; jedu masno meso, i jedu slanine i gibanice. / Šesti bolesnik: / – Ja bih vrlo rado pojeo sad dobar komad masnoga. / Sedmi bolesnik: / – I meni pljušti kad na to mislim. / Osmi bolesnik: / – Pa mi smo sigurno same kože i kosti. / Deveti bolesnik: / – Šta vi mislite o revoluciji? Celu no nisam spavao misle i na revoluciju duhova. Mi smo neki duhovi, pobunjeni duhovi? / Deseti bolesnik: / – Teško je mom duhu biti u istoj kožnoj vre i sa kostima. I ja mislim da je revolucija mo na. A ti? Zašto bi bio ina e ovde! / Jedanaesti bolesnik: / – I ja mislim da je mo na. Samo, hi, hi, hi! Meni je dobro ovde; hi, hi, hi!” (trad.: “Primo malato: / – Noi siamo malati. / Secondo malato: / – Davvero, noi siamo malati; dicono che sia difficile sopportarlo. / Terzo malato: / – Che cosa: dicono! Come se a me ora non piacerebbe avere le gambe sane, e andarmene via. / Quarto malato: / – E dove andresti, per esempio, se avessi le gambe sane? / Quinto malato: / – Io me ne andrei al villaggio da mio zio. Ora lì hanno acceso un bel fuoco; stanno seduti e parlano; mangiano carne grassa, e mangiano lardo e gubane. / Sesto malato: / – Io ora mangerei molto volentieri un bel pezzo di grasso. / Settimo malato: / – Anche a me viene un colpo quando penso a questo. / Ottavo malato: / – E noi siamo certamente solo pelle e ossa. / Nono malato: / – Che cosa pensate della rivoluzione? Non ho dormito tutta la notte pensando alla rivoluzione degli spiriti. Noi siamo degli spiriti, spiriti ribelli? / Decimo malato: / – Per il mio spirito è difficile stare nella stessa sacca di pelle con le ossa. Anch’io penso che la rivoluzione sia forte. E tu? Altrimenti perché saresti qui! / Undicesimo malato: / – Anch’io penso che sia forte. Solo, hi, hi, hi! Io sto bene qui; hi, hi, hi!”), ivi, pp. 105-106, 120.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 198

1921.54 Inoltre, come abbiamo già osservato, esso corrisponde anche alla struttura

complessiva del romanzo. Così l’organizzazione grafica del genere drammatico,

evidente a prima vista, viene in realtà subordinata ad un principio che caratterizza un

altro genere, quello lirico.

Attraverso la molteplicità di stili e di generi a cui l’autore fa ricorso, in forma

diretta (con vere citazioni) oppure implicita, indiretta (con motivi, topoi, allusioni

sintattiche, ritmiche e intonative), in Burleska si rispecchia un intento poetico già

sperimentato dal giovane Petrovi nelle sue poesie. Da un lato, vi è l’intenzione di

cancellare qualsiasi ‘purezza’ del genere dell’opera letteraria e, dall’altro, la volontà di

creare un’opera nuova in cui proprio dall’accostamento e dall’alternanza di elementi

opposti nasce un insieme che ha come obiettivo una verità universale. In Burleska tale

verità, così cara ai poeti delle avanguardie europee, viene cercata e ottenuta, non nelle

storie raccontate o nei caratteri dei personaggi, bensì nell’attivazione dell’espressione

linguistica. Il materiale linguistico non è più soltanto uno strumento di espressione

tramite cui creare un’opera con un determinato oggetto, ma nello stesso tempo

diventa anche oggetto dell’opera artistica. L’identificazione di un determinato stile

viene necessariamente collegata ad un determinato genere letterario, in forma di

54 Nella composizione delle poesie Bodinova balada e Jadi junakovi Rastko Petrovi ha creato e seguito un determinato modello costruttivo quale “paralelizam dveju polovina, ali sa narastanjem prema krajevima i opadanjem idu i ka sredini”, cfr. N. Petkovi , Pukotina u jeziku, in Pesnik Rastko Petrovi , ur. N. Petkovi , Institut za književnost i umetnost, Beograd 1999, p. 30. Nello stesso anno in cui sono datati tali componimenti poetici, 1921, Rastko ha pubblicato anche il saggio sulla composizione nell’arte figurativa di Sava Šumanovi in cui espone una determinata preoccupazione per la costruzione e la composizione dell’opera; per lui la composizione “kada je linijski i u prostoru ravni rešena, kompozicija nastaje na mu nom uravnotežavanju elemenata postavljenih: za izrazom teške mase dolazi izražavanje lakše mase; za oštrim uglovima i pravim linijama, obline; za kockom, valjak, za toplim tonom, hladan; za osvetljenjem, senka” (trad.: “quando è decisa linearmente e nello spazio dei piani, la composizione nasce nel tormentato equilibramento degli elementi disposti: dopo l’espressione della massa pesante viene l’espressione della massa più leggera; dopo gli angoli acuti e le linee rette vengono le rotondità; dopo il cubo viene il cilindro, dopo un tono caldo viene un tono freddo; dopo un’illuminazione viene l’ombra”), R. Petrovi , Sava Šumanovi …, cit., p. 23. Non sorprende affatto che lo stesso modello compositivo venga trasferito anche nel primo romanzo dell’autore, Burleska, pubblicato nello stesso anno dei succitati suoi lavori, anno in cui, tra l’altro, appare per la prima volta la poesia Jadi junakovi. Naturalmente, in questo romanzo non possiamo cercare una rigidità matematica della composizione. Anche se Rastko rifugge da qualsiasi purezza numerica assoluta in questa opera è comunque ben visibile lo stesso modello compositivo applicato nelle sue poesie. Per il suo primo romanzo vale la stessa osservazione fatta da N. Petkovi per Bodinova balada: “Rastko Petrovi je u ovakvu pesmu punu pokreta, ponavljanja i variranja, morao ugraditi vrš u kompozicionu konstrukciju” (trad.: “In una poesia così piena di movimento, di ripetizioni e di

variazioni, Rastko Petrovi ha potuto applicare una costruzione compositiva più solida”), N. Petkovi , op. cit., p. 29.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 199

citazioni o associazioni, ma non per far resuscitare o per distruggere queste forme

dell’espressione culturale, bensì, mettendole in relazione l’una con l’altra, per

riempirle di nuovi significati e per ottenere dalla loro relazione quella verità

universale, quell’unitarietà, che è ancora possibile avere in un’opera letteraria.

3.2.4. I personaggi: una dualità di mondi

Nel “caos creativo”55 di Burleska gospodina Peruna boga groma esiste un evidente

ordine strutturale basato sul principio della dualità dei suoi elementi, un principio che

ha un ruolo fondamentale nella composizione dell’opera. Così dietro ad un evidente

caos temporale e spaziale, in cui si muovono personaggi mitologici, fantasmagorici,

storici ed inventati si celano veri mondi legati ai vari piani dell’esistenza dell’uomo, e

qui più specificamente alla realtà degli Slavi. Abbiamo già sottolineato che questo

romanzo nasce nel periodo in cui il suo giovane autore si è occupato con particolare

intensità e dedizione della storia antica e della mitologia slave, ma anche nel periodo

di una forte ricerca nell’arte di risposte legate all’esistenza umana. Così nell’ampio

saggio scritto in questi anni e dedicato all’arte popolare degli Slavi, ritenuto il suo

miglior saggio, Rastko Petrovi espone una tesi basata sulla dualità dell’arte popolare

in cui infine si rispecchia la sua concezione fondamentale della vita e dell’arte, una

concezione che si trova alla base del suo primo romanzo:

Skoro svaki moralni, eti ki, ulni princip može na i svoj ve izgra eni ekvivalenat u

našoj narodnoj umetnosti […] No najpre trebalo bi raš istiti jednu stvar: najradije se

zamišlja da je celokupna naša narodna umetnost jedinstvena, jednoobrazna […] da isti

duh veje i ista kultura duha, kako u pesništvu, tako u muzici, tako i u plasti koj

umetnosti ili igri. Odmah emo i bez teško e utvrditi da je to zabluda […]56

55 Questo sintagma è stato usato con riferimento a Burleska da Jasmina Musabegovi nella sua monografia Rastko Petrovi i njegovo djelo, Slovo ljubve, Beograd 1976.

56 “Quasi ogni principio morale, etico, sensoriale può trovare un suo equivalente già costruito nella nostra arte popolare […] Ma prima di tutto bisognerebbe chiarire una cosa: più volentieri si immagina che l’intera nostra arte popolare sia unitaria, uniforme […] che lo stesso spirito e la stessa cultura dello spirito spiri nella poesia come nella musica, e così nelle arti plastiche o nella danza. Stabiliamo subito e senza difficoltà che questo è un inganno […]”, R. Petrovi , Mladi stvo narodnoga genija, in Eseji i lanci, cit., pp. 314-315.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 200

E in seguito vi è un’altra affermazione, diremmo ‘autopoetica’, da cui viene alla

luce lo stesso principio dualistico (uomo-natura e arte-cosmo) secondo il quale si

costruisce anche Burleska:

Tako emo uvoda radi pokazati najpre kako se u jednoj narodnoj pesmi, skidaju i sloj po

sloj estetike i postupnog civilizovanja anegdote, može do i do verovatne mitološke

legende koja je mogla poslužiti za motiv pesni kom stvaranju [...] Život ljudi na zemlji

ako ima jednu tragi nu analogiju sa životom cele prirode, ako se priroda i ljudi uzajamno

simboliziraju: onda i svaka pesni ka hiperbola, metafora, pore enje itd. ne zna e samo

jedan umetni ki oblik nego neprestano spajanje sudbine oveka i prirode cele, i to

pomo u slikovitog proširivanja jezikovnog i pesni kog izraza; zna i neprestano strujanje

njihovih života i pulsacija, koja jedino ovde u umetnosti može biti sli na onoj u

kosmosu.57

Si tratta di una concezione dell’arte secondo cui la vita e la natura si esprimono

direttamente nell’atto creativo, mediante le forme espositive, che a loro volta

assumono una funzione che va al di là del mondo fisico, ma che tuttavia trova una

conferma e una sua immagine nell’espressione linguistica e poetica. In questo modo

la vita che ci circonda e che fa parte della nostra esistenza fisica (quella dell’uomo e

della natura) attraverso la lingua e la sua forma poetica si riveste di metafisico.

Nell’universo del romanzo vi sono due sfere fondamentali entro cui si muovono i

personaggi – la sfera del mondo pagano e la sfera del mondo cristiano. Questi due

mondi si succedono secondo l’ordine della storia: il mondo cristiano succede a quello

pagano, ma essi sono separati anche sul piano strutturale in base ai relativi capitoli

dell’opera (prima vengono i due capitoli legati al mondo pagano e poi i due che si

riferiscono a quello cristiano). La sfera del mondo pagano, in cui è rappresentata la

57 “Così come introduzione mostreremo innanzitutto come in un canto popolare, togliendo uno strato dopo l’altro l’estetica e la graduale assunzione di civiltà dell’aneddoto, si può arrivare alla probabile leggenda mitologica che è potuta servire come motivo per la creazione poetica […] Se la vita degli uomini sulla terra ha una tragica analogia con la vita dell’intera natura, se la natura e gli uomini diventano vicendevolmente simboli l’uno dell’altro: allora anche ogni iperbole poetica, ogni metafora, ogni similitudine ecc. non rappresentano solo una forma artistica ma anche un incessante collegamento del destino dell’uomo e della natura intera, e ciò per mezzo dell’ampliamento figurativo dell’espressione linguistica e poetica; rappresenta l’incessante flusso delle loro vite e la pulsazione, che solo qui nell’arte può essere simile a quella del cosmo”, ivi, pp. 319-320.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 201

vita primordiale, è divisa tra il mondo degli dèi (una vita allegra e spensierata, in cui la

noia viene interrotta da innumerevoli storie d’amore e di tradimenti)58 e il mondo

degli uomini-zemljoradnici (una vita bucolica, ma non spensierata, in cui vi sono amori

felici e altri impossibili)59, mentre quella cristiana, in cui si muovono personaggi

storici, mitologici e letterari, conosce la tristezza, il dolore e l’ironia.

Il capitolo introduttivo, intitolato O raspuštenosti bogova, è dedicato proprio alla vita

spensierata degli dèi sull’olimpo slavo, con Perun a capo di questo paradiso.60 Il

secondo capitolo (O Naboru Devolcu) riguarda invece il mondo degli Slavi agricoltori,

in cui si colloca la storia di uno di loro, Nabor di Devol, intorno alla quale esso si

organizza. Questi due mondi sono separati, ma nello stesso tempo in continuo

contatto. Da un lato, quello degli uomini è dominato dal mondo degli dèi, mentre

dall’altro il mondo degli dèi viene antropomorfizzato – essi con le loro abitazioni,

con i loro comportamenti appaiono come umani, fino al punto di essere smitizzati. Il

modo di vivere di questi dèi non ha niente di paradisiaco, anzi le loro case e le loro

abitudini sono del tutto simili a quelli umani (Perun forgia catene, sua moglie mette le

toppe ai pantaloni, Veles si lava dallo sporco della cenere, oppure annaffia con una

zucca il cavolo del suo orto). Ecco come viene rappresentato questo paradiso slavo:

Raj je bio okružen visokim palisadom. Kako je zadruga bogova u po etku bila mala, to je

i raj ostao tesan: malo šumica, malo njivica, paša, utrine i kut s domovima. Najpre su svi

58 “[…] bog gromova je od ljutine grmio […] – Jesam li ti naredio da u raj ne smeju u i oni što su napa eni, da bi u raju ostalo veselo. Otkud da se danas, tako ti svega, zaboraviš i ostaviš vrata ne uvana! Eno nam se uvukla tri bednika” (trad.: “[…] il dio del tuono dalla collera tuonava […] – Ti avevo ordinato che in paradiso non entrassero quelli che sono tormentati, così che il paradiso potesse restare allegro. Com’è successo che oggi, ecco qua, te ne dimentichi e lasci la porta incustodita! Ecco che si sono infilati tre miserabili”), R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 7.

59 “Uopšte kad se govori o ljubavi, i to ne o ljubavi punoj tužnih susreta, nego o ljubavi raspuštenosti i dosade; ono e se govoriti o onoj prvoj kad bude re o zemljoradnicima devolskim” (trad.: “In generale quando si parla dell’amore, e non dell’amore pieno di tristi incontri, ma di quello della dissolutezza e della noia; si parlerà di quel primo tipo di amore quando si tratterà degli agricoltori di Devol”), ivi, p. 16.

60 Nel pantheon di Burleska ci sono i seguenti dèi: Perun, dio del tuono, anche fabbro; i suoi due figli; Koledo, dio dei pascoli; Radgost e le sue figlie, di cui una è Veligosta; Svarog e suo figlio Dažbog, dio del sole, della luce e della ricchezza; Trojan, dio ribelle che ha abbandonato il paradiso e si è trasferito a vivere sul fiume Sava, dove seduce le donne; Kupalo, dio della primavera, e sua madre, dea della terra; Korzu, padre di Kupalo; Lada, sorella di Kupalo; Sorja, sorella di Perun, divinità della luce solare; Manus, la luna; Auhrena, dea dell’alba; Veles, nipote di Perun, domatore del fuoco, giovane amante “di tutto, dal cielo alla terra” e “favoreggiatore” (povla avalac) e corteggiatore di tutti, “bugiardo come tutti gli amanti e affettato”; Triglav, dio con tre teste, ciascuna delle quali contiene rispettivamente il dolore del paradiso, della terra e del cielo, è muto e cieco, ma non sordo.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 202

živeli zajedno ko dobri sinovi i bra a, docnije se izdvojiše u vajate, ali se ipak nisu odve

udaljavali. Dom Perunov: zgrada od rastovih brvana sa krovom izdignutim, ukopana

malo u zemlju, zvana ruski zemljonka, poljski zemjanka, srpski zemunica, eški zemnica,

i još zvana busara, lubnja a, prizemka, iša, hiža, hžta uzem. Okolo sporedne zgrade:

torovi za stoku, hlevovi; pa koševi za žito, duvne; pa kletovi, i pe i i ku arice, štale i

ka njaci za kace, burad i alate. U ku i dosta isto; prozori olepljeni osušenom bešikom te

vetar lupka o njih, u sredi ognjište; u jednom uglu budžak, u drugom uglu mutvak, u

tre em uglu dolap. U etvrtom je velika postelja zastrta. Još je u ku i polica i atula,

nekoliko tronožaca, puno koža što smrde, koplja, strele, pra ke. Mati Perunova sedi pred

krevetom na zemlji, trebi se, grudi vrlo duga ke i isušene naslonile se na trbuh, o i suze

od starosti. U šljivaku sinovci, sinovice, ne aci duga kom motkom otresaju šljive sa

grana. Vrlo im je bilo zaparno pod košuljama i akširama i kad se digne glava zrake

prožižahu kroz o i.61

La posizione spaziale del mondo degli dèi in rapporto a quello degli uomini si

presenta nello stesso tempo sia verticalmente, sia orizzontalmente. Infatti, i primi

spesso vire, sbirciano ciò che fanno i secondi, affacciandosi da una prospettiva

verticale. Ma la posizione del paradiso in relazione a quella della valle del Devol è

orizzontale: è posto dietro ad un bosco e si raggiunge a piedi. Tuttavia, la

relativizzazione dello spazio in cui si trova il paradiso, già osservabile da queste due

prospettive che si mescolano, viene rafforzata con l’introduzione di motivi fiabeschi

nella descrizione spaziale, motivi ancora una volta mescolati con elementi ‘reali’.

61 “Il paradiso era circondato da un’alta palizzata. Siccome la comunità degli dèi all’inizio era piccola, anche il paradiso rimase stretto: un po’ di boschetti, un po’ di campicelli, il pascolo, i prati e un angolo con le abitazioni. Inizialmente vivevano tutti insieme come buoni figli e fratelli, in seguito si divisero in camere, e tuttavia non si allontanavano troppo. L’abitazione di Perun: un edificio fatto di travi di quercia con il tetto elevato, scavato un po’ nella terra, chiamato in russo zemljonka, in polacco zemjanka, in serbo zemunica, in ceco zemnica, e chiamato ancora busara, lubnja a, prizemka, iša, hiža, hžta uzem. Intorno gli edifici secondari: i recinti per il bestiame, hlevovi; e le ceste per il grano, duvne; e le dispense, e i forni e le capanne, le stalle e i locali per i tini, le boti e gli attrezzi. La casa era abbastanza pulita; le finestre ricoperte di vescica essiccata contro cui batte leggermente il vento, in mezzo il focolare; in un angolo il ripostiglio, in un altro angolo la cucina, in un terzo angolo un armadio. Nel quarto angolo c’è un grande letto coperto. In casa ci sono ancora mensole e atule, alcuni treppiedi, molte pelli puzzolenti, lance, frecce, fionde. La madre di Perun sta seduta a terra davanti al letto, sguscia, i seni molto lunghi e rinsecchiti si sono appoggiati alla pancia, gli occhi lacrimano dalla vecchiaia. Nel prugneto i nipoti e le nipoti (figli dei fratelli e delle sorelle) con una lunga pertica scuotono le prugne e le fanno cadere dai rami. Era molto afoso sotto le loro camicie e i loro calzoni e quando alzavano la testa i raggi balenavano attraverso gli occhi”, ivi, pp. 15-16.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 203

Così, la strada che percorre Nabor dal suo villaggio, Poljani, nella valle del fiume

Devol, al paradiso di Perun e di Veles, passa

preko osam jaruga i preko devet kladenaca. […] as je put išao uz breg, as niz breg,

jednom kroz šumarak […] U šumarku su pevale tice, sunce je ljuljalo svetle kolute, drva

bila ogromna; u šumarku je bilo divno: najdivnije [...] Poskakuta tako u velikoj radosti

kad primeti da put prelazi u stazu, a da se staza postepeno briše […] Put je zaista skretao

udesno i odmah njim po e do male plavo obojene ku e. Ku a je bila obojena plavo,

imala dva velika prozora i jedna mala vrata, krov je bio visok od žutih dasaka […] Mladi

u e na vrata […] Nad vatrom visi kotao i puši se. Na panju u i zec […] Uto se podiže

neko kog ovek nije odmah opazio. To je bila izvesna mlada i skladna žena, lepote kakvu

Nabor ni u snu nije zamišljao.62

Tuttavia, scopo dell’introduzione del fiabesco e del misterioso non è la creazione

di un mondo fantastico, ma il conferimento di un’immediatezza ai sensi espressi

attraverso questo viaggio-immaginazione dell’autore-creatore.

Il viaggio di Nabor si compie in un lasso di tempo molto ridotto (egli parte dal

suo villaggio il pomeriggio e già la sera è di nuovo a casa), il che è un’ulteriore

conferma della continua relativizzazione non solo dello spazio, ma anche del tempo

nel romanzo, in cui appunto il tempo narrato e quello della narrazione non solo non

corrispondono, ma sono anche esplicitamente e volutamente sfasati.

La vita degli Slavi della valle del Devol scorre secondo il ritmo della natura: tra

nascita e morte, lavoro nei campi di giorno e riposo di sera, quando si balla. Un

mondo in cui vivono insieme giovani e anziani, in sintonia con la natura e nel rispetto

dei suoi cambiamenti, un mondo del “canto dell’eternità e dell’uniformità”:

62 “attraverso otto burroni e attraverso nove fonti. […] Ora la strada andava in salita sulla collina, ora in discesa, una volta attraverso un boschetto […] Nel boschetto cantavano gli uccelli, il sole dondolava gli anelli luminosi, gli alberi erano enormi; nel boschetto era stupendo: più che stupendo […] Saltellava così nella sua grande gioia quando notò che la strada attraversa un sentiero, e che il sentiero gradualmente si cancella […] La strada voltava davvero a destra e subito raggiungeva una piccola casa colorata di azzurro. La casa era colorata di azzurro, aveva due grandi finestre e una piccola porta, il tetto era alto e di tavole gialle […] Il giovane entrò nella porta […] Sulla porta pendeva un paiolo e fumava. Su un ciocco stava accoccolata una lepre […] In quel mentre si alzò qualcuno che l’uomo non aveva notato subito. Era una donna giovane e dal corpo armonioso, di una bellezza che Nabor non immaginava neanche in sogno”, ivi, pp. 49-50.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 204

U ravnici poslovi se sustigoše. Hej, hej, zemlja orana, i sejana, i negovana spuni

plodove svoje krepkoš u. Kad pristigoše žetve pšenice jarice, tad pristiže i žetva jare raži;

kad pristigoše žetve ovsa, tad se dovršava obojeg je ma proljetnjeg i jesenjeg. Žene

upaju lan i konoplju. Grozni avo doba ratara, napona, mladosti … De aci donose

starcima rukoveti sa svih polja. Ovi žmure i valjaju zrno izme u hrapavih prstiju; mirišu

ga, grickaju; zalamaju vlat, okre u prema suncu, razdražuju se… Sve to srede starci pa

kažu: na gumnu Radotove zadruge vršili raž.63

Tale armonia ha però un ordine ben preciso: come il mondo degli uomini è

subordinato a quello degli dèi, dalla cui volontà dipende, così il mondo dei giovani è

subordinato alla volontà degli anziani (Nabor non può sposare Upravda perché lo zio

non gli dà il bue che gli serve per chiedere e ottenere la mano dell’amata dal padre di

lei, mentre il dio Veles promette loro la felicità coniugale non nella loro terra, ma nel

paradiso). L’armonia e l’ordine così stabiliti vengono distrutti quando il giovane

Nabor accetta la proposta di Veles di far morire lui e la sua amata per poterli

trasferire nel paradiso. Da qui inizia il cammino “tragico” e finisce l’armonia tra

l’uomo, la natura e il cosmo. Infatti, Nabor, prima di uccidere uno degli dèi per

gelosia, inganna due volte: la prima quando stipula il patto con Veles all’insaputa dagli

altri uomini e la seconda quando finge di essere morto e si trasferisce nel paradiso

con il proprio corpo. In tal modo egli inganna sia gli Slavi di Devol, sia gli dèi

dell’olimpo.

3.2.5. Il giovane e l’autore. La costruzione burlesca come maschera

Ciò che ha impresso l’impronta poetica fondamentale al primo romanzo di

Rastko Petrovi è stata quella “eccezionale esperienza di vita” (izvanredan doživljaj)

63 “Nella pianura i lavori si sustigoše. Hei, hei, la terra arata, e seminata, e coltivata dà i suoi frutti con vigore. Quando arrivarono le mietiture di frumento estivo, allora arrivò anche la mietitura di segale estiva; Quando arrivarono le mietiture di avena, allora si completava quella dell’orzo primaverile e autunnale. Le donne tolgono il lino e la canapa. Il periodo febbrile degli agricoltori, della pienezza, della gioventù … I ragazzi portano agli anziani cespi da tutti i campi. Con gli occhi socchiusi fanno rotolare un granello fra le dita ruvide; lo annusano, lo mordicchiano; spezzano una spiga, la girano verso il sole, si agitano… Gli anziani seguono tutto ciò e dicono: nell’aia della comunità di Radot hanno fatto la segale”, ivi, p. 40.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 205

consistente nella turbolenta storia vissuta e negli eventi che hanno caratterizzato tutto

il periodo della prima giovinezza dell’autore, identificabili con una consapevolezza

dello slovenstvo.

Un ricordo di Rastko è riportato nelle memorie di Aleksandar Deroko, il quale

annota che il giovane Petrovi tornò da Parigi nel 1921

sav oduševljen legendama o starim Slovenima koje je najbolje upoznao iz knjiga u enoga

eha Niderlea, i vizijama iz srednjovekovne srpske umetnosti, i to ne samo arhitekture i

zidnog slikarstva ve i stare književnosti, poezije, narodnog eposa, pa i svega još

nasle enoga, zabeleženoga i sa uvanoga kroz pri e, bajke, pesme, nošnju, nakit.64

Nel saggio apparso anonimo nel 1924 sulla rivista «Svedo anstva» e dedicato a

Leonid Michailovi Erofeev, Rastko conferma esplicitamente quanto lo slovenstvo

fosse determinate nella formazione e nei sentimenti di un’intera generazione, cui

anch’egli apparteneva:

U takvo vreme detinjstva izgradila se, pod silinom emotivnog materijala koji je tad

epoha navalila na nas li nost mojih drugova i moja. Kako zamisliti “29. maj”, koji se zbio

u zoru našeg detinjstva, aneksiju, ratove peša enje po snegu i duga prekomorska

putovanja kojima se nije znao cilj, a da nam to direktno i zauvek nije izvajalo neki duh

toploga mladi stva. Svi ti doga aji obrtali su naš duh izvesnome smislu, osloba ali ga

katkad od drugih zna enja, esto nas brutalno i neo ekivano, za jednu no skoro, sasvim

preobražavali. Tako u izvesno vreme naše mladosti ova je sva bila upu ena, kao jedinom

jutru, samo slovenstvu. Docnije mi smo bili razbacani po Evropi, namu eni, apsolutni

duh individualizma završio je naše vaspitanje.65

64 “pieno di entusiasmo per le leggende sugli antichi Slavi che aveva potuto conoscere meglio grazie ai libri del dotto ceco Niederle, e per le visioni dell’arte medievale serba, non solo dell’architettura e della pittura parietale ma anche della letteratura e della poesia antiche, dell’epica popolare, e di tutto ciò che è stato ereditato, annotato e preservato attraverso racconti, favole, poesie, costumi, gioielli”, R. Popovi , op. cit., p. 19.

65 “In quel tempo dell’infanzia, sotto l’intensa esperienza del materiale emotivo che allora l’epoca caricava su di noi, si formò la personalità mia e dei miei compagni. Come immaginare il «29 maggio», che avvenne all’alba della nostra infanzia, l’annessione, le guerre, le marce sulla neve e i lunghi viaggi d’oltremare di cui non si conosceva il fine, senza che tutto ciò scolpisse in noi direttamente e per sempre lo spirito di una calda giovinezza. Tutti quegli avvenimenti rivolgevano il nostro spirito verso un certo senso, lo affrancavano di quando in quando da altri significati, e spesso in maniera brutale e

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 206

La parola mladi stvo (mladost, ‘giovinezza’), che nell’intera opera di Rastko appare

spesso divenendo un vero topos,66 è di importanza capitale specie nel primo romanzo,

costruito intorno ad essa. In Burleska il mladi stvo è l’essenza che collega e tiene unita

la struttura, composta di elementi diversi e lontani, nel tempo e nello spazio (spazi

concreti intrecciati con spazi interiori, tempi pagani e medievali intrecciati con la

contemporaneità), ma esso esprime anche la visione del mondo dell’autore. Il suo

significato è duplice: la giovinezza è allegria, ingenuità e grande energia espressa nel

continuo movimento a cui sono sconosciuti la tristezza e il deperimento fisico, ma

essa è altresì riempita di esperienza vissuta, da cui nascono malinconia e tristezza, e

una forte consapevolezza di ciò che è passato e di ciò che si sta vivendo. Dietro a tale

consapevolezza, da cui derivano lo stile ironico e la costruzione burlesca, si nasconde

il giovane autore con la sua piena appartenenza a quel toplo mladi stvo.

Il primo romanzo petroviciano è nato dall’iniziale esperienza emotiva dell’autore,

legata all’adolescenza e a una consapevolezza dell’identità slava trasformata in “sogno

poetico interiore”.67 Tale consapevolezza in seguito fu il motore di una ricerca più

inattesa, quasi nel giro di una notte, ci trasformavano del tutto. Così in un dato periodo della nostra giovinezza essa era tutta rivolta, come all’unico mattino, solo verso la slavità. In seguito siamo stati sparpagliati per l’Europa, tormentati, lo spirito assoluto dell’individualismo ha completato la nostra educazione”, R. Petrovi , Jedan prijatelj iz detinjstva…, cit., p. 453.

66 Cfr. M. Panti , op. cit., p. 191. Si noti brevemente la costruzione della parola in oggetto, mladi stvo (e non mladost), dal sostantivo maschile mladi (giovane) con il suffisso -stvo. Con tale neologismo l’autore intende non solo la giovinezza come un periodo della vita dell’uomo, ma come spirito giovanile, come condizione esistenziale di quella generazione che viveva la propria giovinezza nel periodo della Grande Guerra.

67 “On [il poeta] mora da vrši jedan spontani izbor data koje mu svet može pružiti, i koje mu mogu odgovarati […] Celog života pesnik bez prestanka vrši taj izbor, pod kontrolom svoje ose ajnosti, uzbu uju i se pred jednim datama i odbacuju i druge kao nezanimljive od sebe. Otuda ona velika i nagla pesni ka otkri a pri životnim promenama samoga pesnika, koja su u stvari duboke i prave pesni ke inspiracije […] Tako promene individualne, preobrazivši razumevanje života, žude da život što je mogu e pre prenesu i produže iz objektivnosti u carstvo ose anja i emocija. Život pesni ki tako, onaj pravi život njegovih emocija, toliko deformiše, protkiva, razgranjava ono što bi ina e bila njegova biografija da se doga aji kojima smisao treba tražiti u unutarnjem pesni kom snu nadovezuju neobi no tipi no” (trad.: “Egli [il poeta] deve compiere una scelta spontanea dei dati che il mondo gli può offrire, e che gli possono andar bene […] Per tutta la vita il poeta compie senza sosta tale scelta, sotto il controllo della sua sensibilità, emozionandosi dinanzi a certi dati e rifiutandone altri in quanto non interessanti. Da ciò derivano quelle grandi e repentine scoperte poetiche in concomitanza con i cambiamenti esistenziali del poeta stesso, scoperte che sono in realtà vere e profonde ispirazioni poetiche […] Così i cambiamenti individuali, dopo aver trasformato la comprensione della vita, agognano a trasferire e a prolungare la vita il prima possibile dall’oggettività al regno dei sentimenti e delle emozioni. Così la vita del poeta, la vita vera delle sue emozioni, a tal punto deforma, intesse, ramifica ciò che sarebbe altrimenti la sua biografia che gli avvenimenti il cui senso va cercato nel

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 207

approfondita condota sui documenti relativi all’antichità e al folklore slavi reperiti in

varie biblioteche (soprattutto nella Nazionale di Parigi). Essi servirono come base per

la costruzione burlesca dietro a cui si cela, ma anche si svela, l’individualità creativa di

Rastko. Questa si riflette in una costruzione in cui l’autore usa varie maschere,

implicite ed esplicite, per intensificare ciò che propone come essenza della sua opera.

Una di tali maschere, forse la più esplicita, è legata all’interpolazione nel testo del

poema medievale del despota Stefan Lazarevi , Slovo ljubve (Discorso sull’amore).68

L’amore e la giovinezza, il corpo e lo spirito, sono il fondamento di quest’opera, di

cui Rastko fa tesoro e che rende la base poetica del suo primo romanzo.

In Burleska sono tre i punti in cui l’autore fa sentire la sua voce in prima persona,

nel capitolo iniziale e in quello finale. Verso la fine del primo capitolo le pagine

dedicate ai vari tipi di amore (di cui l’ultimo è quello “sentimentale” e tragico tra due

divinità mitologiche – la sorella di Perun Sorja e il dio Manus – in cui Perun vendica

la sorella tradita con la divinità dell’alba Auhrena durante la festa di nozze

trasformandola in un bagno di sangue) si concludono con un commento della voce

narrante in prima persona che ritrae un’immagine dello stesso autore implicito:

Manus je mesec, Auhrena je zora, Sorja je sunce, a Perun je kiša ognjena jutarnja. Nego,

to je sporedno, glavno je da je mladost u meni i dvadeset i dve godine; zatim, o i su mi

zelene, elo mi je visoko, usta su mi puna ljubavi.69

sogno poetico interiore si collegano in maniera insolitamente tipica”), R. Petrovi , Opšti podaci i život pesnika, cit., pp. 460-461.

68 “Poimanje ljubavi nije u spisu precizirano, ono može da obuhvati ljubav prijateljsku, bratsku, vereni ku, ljubav prema jednom licu ili prema celoj grupi, da bi se na kraju konstatovalo da se ne radi o ljubavi u nekom posebnom vidu nego o ljubavi uopšte […] Slovo poti e od Despotovih ljubavnih pesama pisanih u mladim danima […] To su dve lirske pesme, sa temama i raspoloženjima kakve dotle ne poznaje srpska književnost, a tipi ne su za sve renesansne kanconijere – zbirke ljubavnih pesama. To je radosna prole na pesma ljubavi i setna pesma rastavljenih ljubavnika” (trad.: “La concezione dell’amore nello scritto non è precisata, essa può comprendere l’amore tra amici, tra fratelli, tra fidanzati, l’amore verso una persona o verso un intero gruppo, per constatare alla fine che non si tratta dell’amore sotto un particolare aspetto ma dell’amore in assoluto […] Il Discorso ha origine dalle poesie amorose del Despota scritte nei giorni della giovinezza […] Si tratta di due poesie liriche, con temi e stati d’animo che fino a quel momento erano sconosciuti alla letteratura serba, ma che sono tipici per tutti i canzonieri rinascimentali – raccolte di poesie amorose. Una è una gioiosa poesia primaverile all’amore e l’altra la triste poesia di due amanti separati”), R. Marinkovi , O genezi Slova ljubve ili Despotov kanconijer, in Resavska škola i despot Stefan Lazarevi . (Okrugli sto, manastir Manasija, 28. 8. 1993), glavni ur. M. Panti , Narodna biblioteka “Resavska škola”, Despotovac 1994, pp. 24, 44.

69 “Manus è la luna, Auhrena è l’aurora, Sorja è il sole, e Perun l’infuocata pioggia del mattino. Ma questo è di secondaria importanza, la cosa principale è che la giovinezza è in me e che ho ventidue anni; poi, ho gli occhi verdi, la fronte alta, la bocca piena di amore”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 20.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 208

In questo punto il narratore viene identificato con l’autore, che accenna un suo

autoritratto (dato dagli occhi verdi e dalla fronte alta – i due tratti più caratteristici

della figura di Rastko). Nell’autoritratto rientra anche il riferimento all’età anagrafica

dell’autore nel momento in cui scrive il romanzo (il giovane innamorato ha infatti

ventidue anni).70 Se fino a questo punto i commenti di carattere esplicativo della voce

narrante venivano riportati tra parentesi (come succede anche nei capitoli successivi)

e non potevano essere attribuiti all’autore implicito, qui invece questi si scopre non

più come una semplice voce che commenta, ma come un tutt’uno con l’oggetto della

sus scrittura. Tale voce, in prima persona singolare, appare in altri due punti, all’inizio

e alla fine dell’ultimo capitolo. Nel primo punto è evidenziata in sintesi la molteplicità

della trasformazione del personaggio (deran – svetac – junak – ovek), mentre dietro il

commento fra parentesi si cela l’autore implicito, che in una sovrapposizione di più

identità si scopre impotente a distinguerle: l’opera scritta si è ormai impossessata del

suo creatore, che non la controlla più poiché è diventato tutt’uno con essa:

Ina e bio i jedan ovek (možda se zvao Ilja, Miloš ili Nabor, ne znam više) i koji se

jednom na e na raskrsnici. […] Zatvoriše mu paklena vrata ispred nosa, dvaput ih

zaringlaše. Šta da se ini? Evo našeg oveka izvanredno zbunjenog. Vrati se onamo

odakle je došao, tu se prostre po tlu i ostade tako u potpunoj dosadi do danas. Mada se

ne kaže odre eno koji je to ovek, izgleda lako mogu no da je to baš Nabor Devolac.71

70 Nei primissimi anni Venti un contemporaneo di Rastko, Kosta St. Pavlovi , così descrive la figura impacciata e il carattere bonario del giovane Petrovi : “Na tim se žurevima redovno igralo uz zvuke klavira o koji je udarao jedan bivši carski ruski oficir koga je progonstvo primoralo da uniformu, konja i sablju zameni žaketom, klavirom i notama […] I Rastko je bio igra , ali nezgrapan. Bio je visok, krupan, pomalo poguren i prili no težak. Duge ruke završavale su mu se ri emaljavim šakama tankih i nešto vornovatih prstiju […] Još kao mlad bio je prili no elav, ela jako razvijenog, predugog i grbavog nosa me u razvijenim jagodicama […] Vrskao je kad govori […] kao celina njegova ružno a je bila privla na. Iz nje su zra ili dobrota, poštenje i obrazovanost […]” (trad.: “Durante quei ricevimenti solitamente si ballava al suono del pianoforte su cui batteva un ex ufficiale imperiale russo che per la persecuzione era stato costretto a scambiare l’uniforme, il cavallo e la sciabola con la giacca, il pianoforte e le note […] Anche Rastko era un ballerino, ma sgraziato. Era alto, grosso, un po’ ricurvo e abbastanza pesante. Le sue lunghe braccia terminavano con delle manone dal pelo rossiccio e dalle dita sottili e un po’ nodose […] Già da giovane era abbastanza calvo, con una fronte molto ampia, con un naso oltremodo lungo e gobbo tra le guance sporgenti […] Aveva un modo di parlare bleso […] nell’insieme la sua bruttezza era attraente. Essa sprigionava bontà, onestà e cultura […]”), R. Popovi , op. cit., p. 33.

71 “Altrimenti c’era un uomo (forse si chiamava Ilja, Miloš o Nabor, non lo so più) che una volta si trovò ad un bivio. […] Gli chiusero la porta dell’inferno davanti al naso, la serrarono due volte. Che cosa fare? Ecco il nostro uomo eccezionalmente confuso. Ritornò lì da dove era venuto, si distese a

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 209

Questa vita ormai autonoma della creazione artistica è confermata nel brano

finale del romanzo, che si conclude con una narrazione condotta in prima persona

dalla voce dello stesso autore implicito, il quale si rivela come colui che si nasconde

dietro il testo, da intendersi in quest’ottica come una sua visione poetica. Proprio il

finale, corrispondente al punto più marcato dell’opera, svela in qualche modo “il

segreto” di ciò che si presentava come “caos creativo”:

I dosada je vladala divno, od pre Nabora pa za dugo. Ali jedan zrak novog života, –

života nekog udaljenog, ljubljenog – veli anstveni, prostreli me. Užasni, slatki bol

potrese me od tabana pa do temena. Raširenih ruku padoh po velikoj snežnoj poljani,

skoro u ropcu, a jedno jato divljih pataka letelo je pravcem istoka i gakalo razdragano: da

li ime Nabora Devolca; da li moj tajni život u slavi?

To bi po podne, no zatim se, opet kao, povrati no .72

Non è difficile riconoscere qui una visione poetica basata sulla moltiplicazione

delle esperienze emotive dell’autore-poeta. Tale emotività è da questi riconosciuta

come un gioco di specchi in cui si perde la nitidezza della distinzione tra l’io e l’altro.

Di questo procedimento, che è uno dei più diffusi nella poesia di Rastko, ma che

inserito nel suo primo romanzo in chiave autopoetica tocca direttamente il creatore

dell’opera, troviamo una testimonianza esplicita in uno dei saggi petroviciani di

connotazione autobiografica, publicato nel 1924 sulla rivista «Svedo anstva» con un

titolo significativo, Opšti podaci i život pesnika (Dati generali e vita del poeta):

Isto kao i svi drugi društveni tipovi, i tip pesnika bazira svoj život na jednoj

racionalisti koj osnovi […] Emocionalni život je za pesnika jedno emocionalno

oboga ivanje, on ga neguje, uva, razvija, vaspitava, ima itavu nauku da ga

materijalizuje, ide za novim iskustvima na tom polju, i kao što se jedan tzv., prakti an

terra ed è rimasto così nella più totale noia fino ad oggi. Anche se non si dice con precisione chi sia quell’uomo, sembra molto probabile che sia proprio Nabor di Devol”, R. Petrovi , Burleska…, cit., pp. 111-112.

72 “E la noia dominava stupendamente, da prima di Nabor e ancora a lungo. Ma un raggio di vita nuova – una vita lontana, amata –, magnifico, mi trafisse. Un dolore terribile, dolce mi scosse da cima a piedi. Caddi con le braccia allargate sulla grande piana innevata, quasi con un rantolo, e uno stormo di anatre selvatiche volava in direzione dell’oriente e schiamazzava esultante: forse il nome di Nabor di Devol; forse la mia vita segreta nella gloria? / Questo accadde nel pomeriggio, ma poi, di nuovo come, ritornò la notte”, ivi, p. 126.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 210

ovek emocionira kad uve a svoje dotadanje bogatstvo, i pesnik ima istu emociju

saznanja i uspeha pri otkri u kakve nove emocije u sebi; to je emocija emocije; tako da je

kod njega celi emocionalni život udvojen, i on se može na i izme u dva ogledala koja se

ogledaju jedno u drugom do u beskraj.73

3.2.6. Tra lirica orale e lirica dell’autore

Benché nelle sue opere la lingua si trovi quasi sempre “na granici rasula” (“al

limite dello sfacelo”), Rastko Petrovi è riuscito a “disciplinare” la sintassi e

l’intonazione delle sue prime poesie “conformandole alla misura del verso e della

strofa” (“usaglašavaju i ih s merom stiha i strofe”).74 Nel suo primo romanzo, scritto

proprio durante il suo primo periodo lirico, la sintassi è organizzata secondo le regole

di un ritmo caratterizzato da ripetizioni, parallelismi, inversione dell’ordine regolare

(grammaticale) delle sue componenti. Sin dalla prima frase del romanzo Rastko

propone un modello di ritmizzazione della sintassi in cui si scorge l’influenza della

sua produzione lirica. Si tratta di un’immagine incorniciata da due ripetizioni:

Otvorio je kapije raja najstariji sin Perunov.| Pri vrsti im krila sa jedne i sa druge strane|

naro itim ko i ima, zatim opljunuo ruke,| zevnuo, protegnuo se: najstariji sin Perunov.75

In questi due periodi in prosa si nasconde una quartina tipica della poesia di

Rastko76, ovvero dei suoi versi lunghi. Si tratta appunto di versi che hanno più di

quattordici sillabe (tra 14 e 19) e con cesura dopo la settima sillaba.

73 “Così come tutti gli altri tipi sociali, anche il tipo del poeta fonda la propria vita su una base razionale […] La vita emotiva è per il poeta un arricchimento di emozioni, egli la coltiva, la cura, la sviluppa, la educa, ha un’intera scienza per materializzarla, cerca nuove esperienze in quel campo, e come un cosiddetto uomo pratico si emoziona quando aumenta la sua precedente ricchezza, così anche il poeta prova la stessa emozione di conoscenza e di successo al momento della scoperta di una qualche nuova emozione in sé; questa è l’emozione dell’emozione; così che in lui l’intera vita emotiva è raddoppiata, ed egli si può trovare tra due specchi che si riflettono l’un l’altro all’infinito”, R. Petrovi , Opšti podaci i život pesnika, cit., p. 459.

74 N. Petkovi , op. cit., p. 48. 75 “Aprì il portone del paradiso il figlio maggiore di Perun.| Bloccò le imposte da entrambe le

parti| con appositi pioli, poi si sputò sulle mani,| sbadigliò, si stiracchiò: il figlio maggiore di Perun”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 9.

76 Cfr. R. Baturan, Otkrovenja Rastka Petrovi a. Književno delo Rastka Petrovi a, Narodna knjiga, Beograd 1993, p. 177.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 211

Anche nel brano seguente si scorge una segmentazione della frase realizzata

secondo una ben determinata regola ritmica, riconducibile ai versi lunghi dell’autore:

Stan je odmanuo ramenima da ga se ne ti u žene,| nego da je on me u svojima, me u

mužima.| Sa o ima punim suza Hvaleslava ode za hleb.| Brat je zovnu. Brat po e iz

dvorišta.| Na jezeru isparenje vode, bilja i riba| ven ava se sa mirisom sena, pe uraka i

šuma;| kum je ve ernja tišina, svati zvezde i mese ina.77

Si tratta di sette segmenti che corrispondono a versi lunghi (con più di 14 sillabe

e con cesura dopo l’ottava sillaba). Fa eccezione il segmento centrale, ossia il quarto

(con undici sillabe e cesura dopo la quarta), il quale divide il brano in due parti (3 + 3

segmenti). Inoltre, nello stesso passo si osserva la presenza di un determinato schema

adottato per la segmentazione delle unità accentate: (I) 3 + 3; (II) 5 + 2; (III) 3 + 3;

(IV) 2 + 3; (V) 2 + 3; (VI) 2 + 3; (VII) 3 + 3. Quindi, il primo, il terzo e l’ultimo

segmento sono composti da 3 + 3 unità accentate, mentre i segmenti quattro, cinque

e sei presentano 2 + 3 unità accentate, con l’eccezione del secondo (5 + 2). La

ritmizzazione della sintassi è sostenuta anche dalle rime imperfette (ramenima – svojima

– mužima – o ima; tišina – mese ina) e dai parallelismi grammaticali (ripetizione dei

gruppi di tre sostantivi), nei quali però si presenta una intenzionale rottura della

simmetria sillabica (vode, bilja i riba; sena, pe uraka i šuma; svati zvezde i mese ina).78

77 “Stan alzò le spalle per dire che non lo riguardano le donne,| ma che lui è tra i suoi, tra gli uomini.| Con gli occhi pieni di lacrime Hvaleslava andò a prendere il pane.| Il fratello la chiamò. Il fratello si mosse dal cortile.| Sul lago l’evaporazione dell’acqua, delle piante e dei pesci| si sposava con l’odore del fieno, dei funghi e dei boschi;| il silenzio della sera è il compare, le stelle e il chiaro di luna sono i convitati”, R. Petrovi , Burleska…, cit., pp. 45-46.

78 A proposito della poesia di Rastko, Novica Petkovi osserva: “Rastko Petrovi , kao i Crnjanski, nije prosto napustio vezani stih prešavši na slobodni, nego je neke njegove osobine, kao što je rimovanje, nekad delimi no, nekad potpuno zadržavao, ali je zato druga njegova ograni enja, druge mere, oštro narušavao. On nije samo osloba ao sintaksu od stihovnih stega, nego ju je razglobljavao i davao maha ekspresivnim intonacijama toliko da se esto gubilo jedinstvo stiha. Otuda i utisak o osipanju u prozu. Govorni niz ispresecan oštro su eljenim, gotovo dijaloški dramatizovanim intonacijama (tvrdnja, uzvik, pitanje, sumnja, kolebanje), poja ava napetost sve do prigušavanja ritmi ki ujedna enog toka” (trad.: “Rastko Petrovi , come Crnjanski, non ha semplicemente abbandonato il verso legato passando a quello libero, ma, a volte in parte, a volte del tutto, ha mantenuto alcune sue proprietà, come la rima, ma perciò ha duramente demolito le altre sue limitazioni, le altre misure. Egli non ha solo affrancato la sintassi dalle norme del verso, ma la ha scomposta e ha dato slancio alle intonazioni espressive al punto che spesso si è persa l’unità del verso. Da ciò deriva anche l’impressione del disfacimento verso la prosa. La serie parlata, sezionata mediante intonazioni messe aspramente a confronto e drammatizzate in maniera quasi dialogica (affermazione,

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 212

In questo brano così ritmato determinate frasi-immagini si susseguono in una

specie di enumerazione che richiama alla memoria quanto l’autore ha scritto a

proposito di un genere della poesia popolare, la razbrojnica, e della forza con cui

questo tipo di componimento lirico e il suo ritmo si imprimono sin dall’infanzia nella

mente sua (di Rastko Petrovi ):

Svi smo mi u svom detinjstvu, svesno ili nesvesno, bili frapirani izvesnom ritmi kom

igrom fraza, iji smisao apsolutno nismo razumevali, a koje smo primali jedan od drugog

za vreme igre. Lepota njina ležala je u jedinstvenoj poeti nosti njinog oblika i izraza, a

zatim i u samoj tajanstvenosti njinog zna enja […] Mislimo da naj istije gra enje, što se

ti e same mehanike gra enja (ne lepote smisla, ni zahvalnosti zna enja), nalazi se baš u

ovoj lirici: razbrojnica […] Za razbrojnice, dakle, možemo slobodno re i da su postale u

momentima traženja jednog neposrednijeg jezika […] Njin uticaj na druga poetska dela

mora da je bio vrlo zamašan. Najpre deca, koja su odrastavši postajala i sami guslari,

pastiri, peva i improvizatori poema, nosila su nesvesno razra en u sebi ritam, mehaniku

celu, pore enja i metafore, koji su kao živopisni žigovi bili usa eni u njihovu mladu

maštu od ovih rabrojnica.79

Nello stesso 1924, anno in cui è apparso il saggio appena citato, è stato redatto e

pubblicato un almanacco dedicato da nove poeti belgradesi alla memoria del poeta

romantico Branko Radi evi – tanto amato da quei giovani autori – nel centenario

della sua nascita. In esso Rastko Petrovi , in una presentazione autopoetica, svela la

sua concezione della poesia, secondo la quale essa è da sempre inscindibile dalla vita

esclamazione, domanda, dubbio, tentennamento), rafforza la tensione fino a smorzare il flusso ritmicamente uniforme”), N. Petkovi , op. cit., p. 47.

79 “Tutti noi durante l’infanzia siamo stati colpiti, in modo consapevole o inconsapevole, da un certo gioco ritmico delle frasi, il cui senso non ci era assolutamente comprensibile, e che prendevamo l’uno dall’altro durante il gioco. La sua bellezza consisteva nell’unicità poetica della sua forma e della sua espressione, e poi anche nella stessa misteriosità del suo significato […] Pensiamo che la costruzione più pura, per quanto riguarda la stessa meccanica della costruzione (non la bellezza del senso, né la favorevolezza del significato), si trovi proprio in questa lirica: la razbrojnica […] A proposito delle razbrojnice, dunque, possiamo liberamente dire che sono nate nei momenti in cui si cerca una lingua più diretta […] La sua influenza sulle altre opere poetiche deve essere stata molto notevole. Prima di tutto i bambini, che crescendo diventavano essi stessi rapsodi, pastori, cantori improvvisatori di poemi, portavano inconsciamente in sé il ritmo, un’intera meccanica, le similitudini e le metafore, che come pittoreschi marchi erano stati piantati nella loro giovane fantasia dalle razbrojnice”, R. Petrovi , Mladi stvo narodnoga genija, cit., pp. 351-352, 357-358.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 213

del poeta, essa è l’unico modo di vivere del poeta stesso e come tale per lui esiste un

unico modo di fare poesia:

Od svega onog, ega se mogu osloboditi, najviše ljubavi imao bih za poeziju, i, kao

što bih mogao re i za disanje, ne se am se ni jednoga dana svoga života, a da mu ona

nije poja avala vrednost – ako je druk ijih bilo, oni ne bi bili pravi trenutci ovoga života.

Kao i drugi impulsi, poezija živi u nama, as prigušeno ko zaspala i divlja snaga, as jasno

i svetlo. Nikad ne bih ni umeo, ni hteo re i svoje mišljenje o poeziji, ve samo ose anje:

kako bi se moglo re i svoje mišljenje o ulu gledanja kad je mnogo ve e udo saznanje

mo i i širenja realnosti njim. Ja mogu initi ili odbaciti poeziju sasvim; ali ako je inim,

onda mogu na jedan i ni na kakav drugi na in. Postoji samo jedan na in živeti, a to je

jedino pomo u sila koje nam je priroda pružila. Poezija je jedna od takvih snaga.80

A proposito della poesia di Rastko, soprattutto di quella di dimensioni maggiori,

è già stato notato che difficilmente segue delle regole ferree nella sua composizione e

che in essa un ruolo significativo è attribuito alle associazioni sonore e alle ripetizioni

di versi simili o uguali, che a loro volta non seguono un ordine prestabilito.81

Nel primo romanzo petroviciano sono stati inseriti 16 versi lunghi (tutti di 18

sillabe, tranne due che ne hanno 16 e 17):

Sedamnaest hiljada godina nije se makao s mesta.

I samo je gledao pod sobom mnoge njive uzorane.

I mnogo ljudi kako uzvikuju za zapregom plugova,

Kako škripe to kovi kola natovarenih hranom zrelom.

Postepeno ga je pokrivala zemlja, trava i semenje,

80 “Di tutto ciò di cui mi posso liberare avrei il massimo dell’amore per la poesia, e, come potrei dire per la respirazione, non ricordo nemmeno un giorno della mia vita senza che essa ne abbia rafforzato il valore – se ce ne sono stati di diversi, essi non sarebbero veri momenti di questa vita. Come gli altri impulsi, la poesia vive dentro di noi, ora smorzata come una forza latente e selvaggia, ora in maniera chiara e luminosa. Non potrei né vorrei mai esprimere il mio parere sulla poesia, ma solo la mia sensazione: come si potrebbe esprimere il proprio parere sul senso della vista quando è un miracolo molto più grande la conoscenza del rafforzamento e della dilatazione della realtà che con esso si ottiene. Io posso fare o rifiutare del tutto la poesia; ma se la faccio, allora posso farla in un modo o in un altro. Esiste solo un modo di vivere, ed è quello che si attua mediante le forze che ci ha offerto la natura. La poesia è una di tali forze”, Rastko Petrovi in Almanah Branka Radi evi a. Pomen devetorice beogradskih pesnika posve en stogodišnjici Brankovog ro enja, Izdanja Savitar, Beograd 1924, s.p.

81 Cfr. . Vukovi , Novator i prete a, in Književno delo Rastka Petrovi a, cit., p. 385.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 214

Tice polagale svoja gnezda i toplile ga predano

I dovla ile se zmije da mladunce truju gadnim jedom;

Još su gledale samo umorne i vlažne o i junaka.

Tako pro e još bezbroj mnogo stole a u zemlji dedova;

Jednog jutra stiže seljanin zapevav mladi ku pesmu:

Doveo je pobedno par volova i doneo je orilo,

I tada stade da ore seljanin mo nu planinu;

A ve su o i bile ugašene preteškoga diva,

Jedino je breg zadržao oblik njegovog mo nog tela;

Seljanin dok je orao ralo zaškripa ujedna eno,

I svi plugovi svetova zaškripaše tad ujedna eno:82

A questi seguono, come parte corale in uno schema binario, sei versi di 8, 9 e 11

sillabe con ripetizione del deveterac in funzione di ritornello dopo il primo, il terzo e il

quinto verso:

Mi plužimo neodmerenu snagu,

Dosado, dosado svetova;

Mi plužimo neodmerenu snagu,

Dosado, dosado svetova;

I nas e plužiti sutra,

Dosado, dosado svetova;83

In questo brano in versi in realtà viene ripetuta la storia sintetizzata di Nabor di

Devol, resa in forma di breve racconto orale con cui inizia l’ultimo capitolo del

82 “Per diciassettemila anni non si è mosso dal posto. / E ha solo guardato sotto di sé molti campi arati. / E molti uomini gridare dietro l’aratro tirato dai buoi, / E le ruote dei carri carichi di cibo maturo stridere. / Man mano lo copriva la terra, l’erba e le semenze, / Gli uccelli facevano i loro nidi e lo scaldavano con dedizione / E i serpenti arrivavano strisciando per avvelenare i loro piccoli con abominevole veleno; / Guardavano ancora soltanto gli occhi stanchi e umidi dell’eroe. / Così trascorse ancora un’infinità di anni nella terra degli avi; / un mattino giunse un contadino cantando un canto giovanile: / conduceva trionfalmente con sé un paio di buoi e portava il vomere, / E allora si mise ad arare il contadino la possente montagna; / Ma già erano spenti gli occhi del pesantissimo gigante, / Solo la collina manteneva la forma del suo possente corpo; / Mentre il contadino arava l’aratro cominciò a stridere in modo uniforme, / E tutti gli aratri del mondo allora cominciarono a stridere in modo uniforme”, R. Petrovi , Burleska…, cit., pp. 112-113.

83 “Noi ariamo una forza smisurata, / O noia, o noia dei mondi; / Noi ariamo una forza smisurata, / O noia, o noia dei mondi; / Anche noi saremo arati domani, / O noia, o noia dei mondi”, Ibidem.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 215

romanzo, e in cui gli elementi del fiabesco vengono mescolati al commento del

narratore. In tal modo è conseguita una simultaneità della secolare esistenza

moltiplicata di Nabor, ma viene anche ripetuta sinteticamente – mediante una specie

di immagini flash – la struttura del romanzo intero, ossia il susseguirsi delle immagini

e dei motivi secondo l’ordine in cui in esso compaiono. Nella parte in versi, invece, in

una particolare forma di associazioni è riproposta la trasformazione del personaggio

secondo l’ordine cronologico del romanzo (mito, Medioevo, contemporaneità). Tale

trasformazione è legata alla caducità umana (ljudska prolaznost) in ciascun ciclo della

sua esistenza ed è resa con una consapevolezza della condizione umana espressa

nell’ultimo verso (“I nas e plužiti sutra”). Inoltre, la forma dei versi si presenta in

una duplice luce: la prima e più grande parte è in versi lunghi che richiamano la

poesia dell’autore, mentre la seconda parte è caratterizzata da versi più brevi che

alludono al ritmo della poesia popolare, anche se il loro contenuto è strettamente

legato al presente e al futuro (espressi anche nelle forme verbali del presente e del

futuro e in un lessico moderno). Una struttura binaria si riflette anche nel binomio

immobilità (del passato) : mobilità (del presente) relativo al personaggio cantato.

Così, il passato viene sostituito dal presente con la consapevolezza della sua futura

trasformazione, ma ciò che resta immutabile è la sua forma (“A ve su o i bile

ugašene preteškoga diva / Jedino je breg zadržao oblik njegovog mo nog tela”).

Invece in una delle prime poesie petroviciane, Bodinova balada (La ballata di

Bodin), pubblicata sul «Srpski književni glasnik» nel 1921, appaiono gli stessi spazi

presenti in Burleska – la valle del Devol (“devolska dolina”), i “campi lontani” (“polja

daleka”) – e gli antichi slavi, antenati del poeta e personaggi del suo primo romanzo:

Kroz ogledalo oti e orahova dvorana kao reka.

I sve pesme pesnika

Kroz dušu moju oti u u polja daleka.

U polja, gde ogledaju i se jezerom brda silaze u ponor,

Sa njima prestari hrastovi i bela krda i sveo bor

Pod kim se skuplja slovenska gospoda na dogovor;

Bor, divni zeleni bor,

Dedova mojih zeleni bor.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 216

[…]

Sa dna jezera lovcu dižu se isparenja:

Otrovan njima lovac malaksava, usamljen, bez leka;

Kroz dušu oti u mi pesme u polja predaleka,

Kroz dušu, kroz mlaka ogledala ugla anih reka,

Sve do udnih jezera kojima nebesa silaze u ponor,

Silaze i maticom svojom ko šibljiku odnese i zeleni bor

Kome je žurno negda gospode zbor na dogovor;

Taj bor, taj divni zeleni bor,

Dedova mojih zeleni bor.84

In Burleska lo spazio in cui si muovono gli slavi zemljoradnici e il luogo natale di

Nabor di Devol sono costituiti dalla valle del fiume Devol, vicino al lago Malik, non

lontano dalla città di Ocrida.85

Un’altra poesia dell’autore, Jadi junakovi (I dolori dell’eroe), inserita in seguito

nella prima raccolta poetica, è apparsa per la prima volta in Burleska, come parte

integrante del romanzo. Si tratta di un componimento con una costruzione “pura,

esprimibile in numeri” (“ ista, brojevima izraziva”).86 Esso si compone di 12 strofe in

cui vi è una ben precisa distribuzione delle sillabe. Infatti, tutte le strofe constano di

84 “Attraverso lo specchio la sala di legno di noce scorre via come un fiume. / E tutte le poesie del poeta / Attraverso l’anima mia scorrono via in campi lontani. / Nei campi, in cui specchiandosi nel lago i monti discendono nell’abisso, / Con loro le vecchissime querce e bianche mandrie e il pino avvizzito / Sotto il quale si raccolgono i signori slavi per accordarsi; / Il pino, il magnifico pino verde, / Degli avi miei il pino verde. / […] / Dal fondo del lago al cacciatore si alzano esalazioni: / Intossicato da esse il cacciatore si sente mancare, solo, senza rimedio; / Attraverso l’anima mi scorrono via le poesie nei campi lontanissimi, / Attraverso l’anima, attraverso gli specchi indifferenti dei fiumi levigati, / Fino agli strani laghi con cui i cieli scendono nell’abisso, / Scendendo con il suo alveo come verso un cespuglio porta via anche il pino verde / Al quale un tempo premeva dei signori un’adunanza per accordarsi; / Quel pino, quel magnifico pino verde, / Degli avi miei il pino verde”, R. Petrovi , Bodinova balada, in Id., Poezija. Sabinjanke, priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, 2], Nolit, Beograd 1974, pp. 26-27.

85 “A Sloveni Devolci, na reci Devolu i jezeru Maliku. S obe strane Devola, pa jezerskom dolinom zažuteše se žita sazrela. / Dolina bila devolska, dolina jezerska; i sva polja zasejana pred kraj leta 798. godine” (trad.: “Ma gli Slavi di Devol, sul fiume Devol e sul lago Malik. Da entrambi i lati del Devol, e per il declivio del lago cominciò a ingiallire il grano maturo. / La valle del Devol, la valle del lago; e tutti i campi seminati prima della fine dell’estate dell’anno 798”), R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 26; “Rodio se [Nabor Devolac] na devolskoj dolini, u selu Poljanima, blizu jezera Mali a, nedaleko od grada Ohride” (trad.: “Nacque [Nabor Devolac] nella valle del Devol, nel villaggio di Poljani, vicino al lago Mali , non lontano dalla città di Ocrida”), R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 95.

86 N. Petkovi , op. cit., p. 30.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 217

quattro versi, tranne la sesta e la dodicesima (quindi la strofa centrale e quella

conclusiva), che contano rispettivamente tre e due versi. Il numero delle sillabe per

ciascuna strofa segue il seguente schema: (I) 13; (II) 10; (III) 8; (IV) 4; (V) 2; (VI) 1;

(VII) 2; (VIII) 8; (IX) 9-7; (X) 10; (XI) 13; (XII) 15-6. Si può osservare una struttura

diadica, la cui prima parte è discendente, mentre la seconda è ascendente, con

ripetizione dello stesso numero di sillabe. Fanno eccezione la nona strofa, che rientra

comunque in un ordine numerico prestabilito, e l’ultima, che costituisce il culmine

del componimento. È importante, invece, osservare il contesto in cui essa appare nel

romanzo.

Innanzitutto, questa poesia è collocata nelle ultimissime pagine dell’opera, dove è

presentata una scena tragicomica e grottesca: il giovane rivoluzionario Bogoljub

Markovi , agonizzante in un letto d’ospedale, accende e spegne per l’ennesima volta

una candela per se stesso, mentre l’infermiere che lo dovrebbe curare sta tornando

dal mercato con il cavolo sotto sale che ha comprato su ordine della moglie di un

dottore dell’ospedale. Le due immagini sono parallele: da un lato si ha l’infermiere

Stanoje che avvolge il cavolo in un pezzo di giornale vecchio di qualche anno, in cui

sono riportate le notizie della guerra, e dall’altro c’è Bogoljub moribondo. Tra le due

immagini si introduce il commento del narratore, che collega le due scene: “Vest je

bila od pre nekoliko godina, ali sad nemade neke naro ite veze sa Bogoljubom, koji

ponovo zapali sve u”.87 A questo inciso segue una narrazione con focalizzazione

interna su Bogoljub, in cui si rende un’immagine del suo pensiero e in cui la sua

percezione si restringe gradualmente dall’osservazione più generale a quella più

determinata, la cui intensità viene espressa mediante il passaggio dei verbi dal passato

prossimo ai sostantivi deverbali e all’aoristo:

Od tada je vrlo pažljivo motrio šta mu se zbiva u unutrašnjosti i tako dalje: jedno

nervozno drhtanje ispod dijafragme, potom kr anje u crevima, potom okorelost ki me.

Nešto se postepeno pelo iz trbuha do pod grlo; dah postade re i i prazniji.88

87 “La notizia era di qualche anno prima, ma ora non aveva legami particolari con Bogoljub, che accese di nuovo una candela”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 123.

88 “Da allora osservava molto attentamente che cosa avveniva dentro di lui e così via: un tremito nervoso sotto il diaframma, poi un gorgoglio nelle viscere, poi l’irrigidimento della spina dorsale.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 218

In questo preciso momento, in cui l’immagine degli organi di Bogoljub si

sofferma sulla gola e sul respiro, si sente un canto che viene attribuito ad un giovane

contadino che passa lì vicino. I versi del canto si trovano incorniciati tra due frasi di

commento del narratore. Essi sono introdotti dalla frase: “Jedan mlad seljak protera

puna kola sena, i otpeva ovu pesmu koju je sam spevao”,89 dopo di che segue: “ uše

se samo dve srednje strofe, koje ipak inspirisaše nekome onu drugu pesmu, pa je

odmah i izrecitova”.90 Questo “qualcuno” che viene ispirato non è altro che lo stesso

Rastko Petrovi , poiché i quattro versi che seguono fanno parte della poesia Nešto što

ne bi trebalo da znam, anche se qui essa è presentata in una versione leggermente

modificata rspetto a quella pubblicata nel 1920 sulla rivista «Putevi». La versione

originale è la seguente:

Kada je umro krevet broj 8 u sobi broj 9,

Doktor da je otvorio leš. Ptica zapeva na grani,

Devojka zapeva u bašti. Doktor trbuh prese e,

Izvadi bubreg bolesni: O koliko je veliki!

I bi mu milo u duši što e i takvog imati u zbirci.

Ptica zapeva na grani, divka zaplaka u bašti,

Doktor je spustio udni bubreg u teglu!91

La versione apparsa nel romanzo si presenta invece così:

Kada je umro krevet broj 8 u sobi broj 9…

Doktor mu prose e trbuh, tica zaplaka u bašti;

Qualcosa si arrampicò pian piano dalla pancia fin sotto la gola; il respiro si fece più raro e più vuoto”, Ibidem.

89 “Un giovane contadino conduce un carro pieno di fieno, e canta quel canto che lui stesso aveva composto”, ibidem.

90 “Si sentirono solo le due strofe centrali, che tuttavia ispirarono a qualcuno quell’altro canto, e subito lo recitò”, ivi, p. 125.

91 “Quando morì il numero 8 nella stanza numero 9, / Il dottore aprì il cadavere. Un uccello si mise a cantare sul ramo, / Una ragazza si mise a cantare nel giardino. Il dottore tagliò la pancia da parte a parte, / Estrasse il malato rene: O quanto è grande! / E nell’anima provò piacere per averne uno così nella sua collezione. / Un uccello si mise a cantare sul ramo, una giovane si mise a piangere nel giarino, / Il dottore posò lo strano rene nel recipiente di vetro!”, R. Petrovi , Nešto što ne bi trebalo da znam, in Poezija. Sabinjanke, cit., p. 15.

3. Hamza Humo e Rastko Petrovi 219

Izvadi bubreg umrlog, divka zapeva u gradini,

Spusti bubreg u teglu, prazni leš izdade, itd.92

La poesia appare spezzettata, con cambiamenti semantici e lessicali e con

parallelismi grammaticali. Tica e divka sono degli arcaismi lessicali caratteristici della

poesia popolare, mentre la giovane ragazza non canta nel giardino, bensì nei resti di

un castello, e l’uccello non canta sull’albero, bensì si mette a piangere nel giardino. La

combinazione in versi lunghi (più di tredici sillabe con cesura dopo la settima) di un

tipo lessicale arcaico e di uno moderno, di immagini romantiche e naturalistiche, di

due stati d’animo divergenti (allegria e tristezza), è un procedimento molto caro al

poeta Rastko. Tutti questi elementi dei versi contengono un rimando allo stato

d’animo e alla condizione non solo di Bogoljub, ma di un’intera generazione, di cui fa

parte lo stesso poeta, che ha perso la giovinezza nel cataclisma della guerra. Dei versi

della poesia originale, che esprimono un forte dolore e una marcata ironia, nei versi

inseriti nel romanzo resta soltanto il dolore. Tuttavia, dopo di essi il narratore

introduce un altro commento, che in qualche modo si riallaccia alla poesia originale e

interpreta il significato dei versi, ampliando il campo semantico dallo stretto piano

individuale e dalla condizione del singolo a un piano più ampio, collettivo:

Tako se pevalo svuda o smrti na jedan ironi an i bolan na in. A ljudi umirahu, i

životinje umirahu, i sve umiraše.93

92 “Quando morì il numero 8 nella stanza numero 9… / Il dottore gli tagliò la pancia da parte a parte, un uccello si mise a piangere nel giardino; / Estrasse il rene del morto, una giovane si mise a cantare nel cortile, / Posò il rene nel recipiente di vetro, diede via il cadavere vuoto, ecc.”, R. Petrovi , Burleska…, cit., p. 125.

93 “Così si cantava dappertutto della morte in una maniera ironica e dolorosa. E gli uomini morivano, e gli animali morivano, e tutto moriva”, ibidem.

4. Considerazioni conclusive

Il nostro lavoro è suddiviso in tre capitoli. Il primo capitolo è impostato secondo

una prospettiva storico-teorica, mentre i due successivi sono di natura analitica. Tale

impostazione è in stretta relazione con l’argomento trattato, poiché lo studio di un

determinato tipo di romanzo richiede, a nostro avviso, in primo luogo un

inquadramento storico del fenomeno, che a sua volta abbraccia i vari suoi aspetti. Nel

nostro caso il problema si presenta già dalla denominazione di questo tipo di

romanzo e della sua eccessiva proliferazione (romanzo lirico, romanzo poetico,

romanzo-poema), denominazione che a sua volta sottintende anche la concezione (o

le concezioni) alla base di tale fenomeno. Per questo motivo la prima parte del nostro

primo capitolo, intitolato La questione del romanzo lirico, viene dedicata agli studi di tale

tipo di romanzo. In essa abbiamo cercato di presentare, in un primo momento, il

pensiero critico occidentale che ha accompagnato il fenomeno del romanzo lirico e

poi, nella seconda parte, gli studi dedicati allo stesso fenomeno nell’area linguistica

serbo-croata (o serbo-croato-bosniaca). Abbiamo ritenuto necessario soffermarci su

due studi in particolare: Histoire du roman moderne di René Marill Albérès e The Lyrical

Novel di Ralph Freedman, entrambi pubblicati nei primi anni Sessanta, poiché a

nostro avviso hanno direttamente influenzato la critica serba e croata. Il primo

innanzitutto con il ricorso a varie denominazioni per lo stesso tipo di romanzo e il

secondo con la concezione del romanzo lirico presentata, che si basa, in primo luogo,

sull’alternanza di immagini opposte nel tipo di opere in questione. Inoltre, abbiamo

preso in considerazione gli altri studi dedicati al tipo di romanzo che ci interessa,

studi che però privilegiano una denominazione diversa. Siccome la denominazione e

la concezione del romanzo lirico continuano ad essere adoperati fino ai giorni nostri

anche negli studi italiani, infine abbiamo illustrato succintamente anche i relativi

contenuti. Tutto ciò è servito per arrivare ad una conclusione nello stesso tempo

Considerazioni conclusive 221

ovvia e paradossale: non esiste un’unica definizione per questo particolare tipo di

romanzo moderno e, di conseguenza, abbiamo una proliferazione di approcci e di

denominazioni (romanzo lirico, romanzo poetico, romanzo del fenotipo).

Negli studi serbi e croati emerge innanzitutto una certa preferenza per la

denominazione ‘romanzo lirico’, anche se, soprattutto nella critica serba, viene

adoperato anche il termine ‘romanzo poetico’, in funzione sinonimica e perlopiù non

distintiva. Tuttavia, fino ad oggi abbiamo un unico studio in questa area dedicato

specificamente al romanzo lirico, ed esso è limitato alla letteratura serba, né è esente

da lacune (su tutte, la mancata trattazione del rapporto tra il romanzo e gli altri generi

letterari oppure la mancanza della definizione di un corpus di opere).

La seconda parte del nostro primo capitolo è dedicata al rapporto tra il romanzo

e gli altri generi. Da una parte abbiamo cercato di tracciare il rapporto tra il romanzo

e i generi brevi in prosa, quali sono la novella, il racconto breve, il poema in prosa, il

bozzetto e il frammento, all’inizio del XX secolo, e in ciò ci siamo avvalsi dei risultati

raggiunti negli studi teorici dedicati a tali generi. Dall’altra parte, è stato invece

necessario presentare in una prospettiva storica dei generi la concezione del genere

lirico e del modo lirico, poiché il tipo di romanzo che ci interessa sin dalla sua

denominazione entra in relazione anche con la lirica. Così si è giunti alla conclusione

che all’inizio del secolo XX i confini tra i vari generi brevi in prosa vengono in buona

parte o quasi del tutto cancellati, specialmente in quella parte della produzione

complessiva con maggiori aspirazioni artistiche e innovative. Il motivo di ciò è la

riduzione di tutti gli elementi prettamente narrativi, il che provoca una marcata

concentrazione sulla forma. Forma per eccellenza è quella breve, e la brevità è un

tratto che, insieme agli altri elementi ottenuti con la riduzione del materiale, funge da

anello di collegamento con un altro genere, la lirica. Il tipo di romanzo da noi preso

in considerazione nel suo tentativo di avvicinarsi alla lirica si avvale quindi degli altri

generi in prosa brevi, e perciò capita che venga anche identificato in questo periodo

con la novella o il poema, come emerge in alcuni casi dalle indicazioni tipologiche –

ovvero dalle denominazioni – fornite dai critici e, in alcuni casi, dagli autori stessi).

Visti i presupposti più volte esplicitati nel corso della trattazione, era scontato che

nel primo capitolo cercassimo anche di dare una definizione, seppur minima e

Considerazioni conclusive 222

operativa, del tipo di romanzo preso in esame, partendo dal ben determinato periodo

storico (gli anni Venti) in cui esso si realizza appieno e per la prima volta nelle

letterature slave meridionali e tenendo sempre presente le varie caratteristiche delle

opere nate in questo periodo. Quindi, un periodo e un’area linguistica e storico-

letteraria delimitati, e non un tipo in assoluto. Così, anche questo tipo di romanzo si

realizza compiutamente nella sua peculiare composizione, in cui si intrecciano tutti e

tre i modi del ‘poetico’ – il narrativo, il drammatico e il lirico –, anche se in esso la

dominante è e deve essere costituita dal modo lirico. A questa vengono in qualche

modo subordinati gli altri due modi. Lì dove l’azione dei personaggi e la storia narrata

(ovvero la componente dinamica) prendono anche solo per poco il sopravvento sulla

raffigurazione degli stati d’animo (ovvero sulla componente statica) il romanzo lirico

non si realizza. Inoltre, risultano fondamentali i seguenti elementi compositivi, messi

in evidenza soprattutto nelle analisi dei tre romanzi ritenuti esemplari:

- la brevità – questo tipo di romanzo proprio attraverso la riduzione di tutti

gli elementi della narrazione, in primo piano della sintassi, ottiene una

struttura ‘costruita’ secondo regole determinate (si procede per

associazioni, per ripetizioni di diversi elementi sintattici, e così via) che non

corrispondono ai procedimenti posti alla base della prosa narrativa, bensì

della lirica;

- l’intensificazione della lingua (dell’esperienza linguistica), che si riflette in

una sintassi ritmata. La frammentarietà della struttura di queste opere non

permette uno sviluppo degli avvenimenti (in senso stretto, dinamico), bensì

gli stessi avvenimenti si presentano anch’essi ridotti, in modo da apparire

soltanto come motivi che si ripetono e, almeno in parte, variano. Nel

romanzo lirico degli anni Venti l’esperienza empirica del personaggio viene

sostituita dall’esperienza linguistica dell’autore-artista. Questi cerca di

raggiungere attraverso la lingua lo stadio iniziale del tutto – l’opera d’arte

nasce come fatto linguistico dell’autorealizzazione creativa dell’autore;

- l’esperienza linguistica dell’autore è strettamente connessa ad un’altra

caratteristica di queste opere, ovvero al fatto che in esse si ha una

identificazione del narratore-personaggio con l’autore implicito, così che

Considerazioni conclusive 223

viene a crearsi una sorta di autobiografismo poetico. Essendo scritti da

poeti, questi romanzi vedono identificate l’esperienza vissuta e l’esperienza

poetica in quelo che è l’unico insieme capace di esprimere la verità nel testo

letterario. Tale identificazione non si realizza soltanto nei romanzi

raccontati nella prima persona grammaticale, ma viene estesa anche alla

narrazione ‘neutrale’ o con ‘riflettore’, in cui l’autore si avvicina al

personaggio, in terza persona.

Nell’ultima parte del primo capitolo abbiamo cercato innanzitutto di ricostruire il

corpus del romanzo lirico così come emerge dagli studi critici dedicati all’argomento,

ma poi abbiamo analizzato sinteticamente le caratteristiche principali dei singoli testi

per porre in risalto in cosa e perché la definizione di romanzo lirico può essere

ritenuta più o meno accettabile nei singoli casi. Abbiamo così visto che ci sono

diversi romanzi che presentano una più o meno evidente liricizzazione, ma sono in

realtà molto pochi quelli in cui si segue coerentemente – dall’inizio alla fine e in tutti

gli elementi della struttura – il ben determinato principio compositivo basato sul

principio lirico. Ai più esemplari e rappresentativi (in senso ‘lirico’) di questi romanzi

sono stati dedicati i capitoli 2 e 3.

In Dnevnik o arnojevi u di Miloš Crnjanski, Grozdanin kikot di Hamza Humo e

Burleska gospodina Peruna boga groma di Rastko Petrovi si ha una chiara subordinazione

del principio narrativo a quello lirico, e ciò nelle varie componenti che costituiscono

la struttura delle opere. Così nel Dnevnik di Crnjanski viene costruita una struttura

basata sul frammento come principale elemento organizzativo del testo e come

portatore della liricizzazione dell’opera, liricizzazione che si realizza per mezzo di

determinate ripetizioni di parti costitutive in stretto rapporto con la forma indicata

nel paratesto, che è quella della confessione intima (il diario). Il relativo modello di

prosa vuole esprimere una determinata visione del mondo dell’autore implicito

(un’incolmabile tristezza provocata dai traumi dell’esistenza del singolo, fenomeno

che è così marcato d far predominare l’emotività sull’intellettualità) ed è supportato

da una determinata scelta linguistica, quella che privilegia la sintassi deformata a causa

di una marcata ritmizzazione delle varie parti. La lingua si pone non come un

semplice mezzo espressivo, bensì come portatore del significato dell’intera opera in

Considerazioni conclusive 224

cui lo sdoppiamento del personaggio esprime l’inscindibile legame tra l’esperienza

vissuta e la testimonianza poetica di colui che scrive.

I romanzi di Hamza Humo e Rastko Petrovi qui vengono accomunati in base a

una stessa fonte di ispirazione, costituita dall’antichità slava e dal folklore, da cui

nascono comunque due opere completamente diverse e contrassegnate da una chiara

originalità individuale.

Grozanin kikot privilegia una struttura composta da un elevato numero di capitoli

brevissimi disposti e collegati secondo un principio ben determinato, che richiama il

poema in prosa. Inoltre questo romanzo poggia su un principio costruttivo binario,

costituito da un alternarsi delle forme del folklore slavo e dal loro intrecciarsi poi con

l’esperienza vissuta del personaggio-narratore. Tale esperienza viene associata a quella

del suo autore in una sorta di autobiografismo poetico espresso in una lingua che

privilegia la sintassi elementare.

Burleska gospodina Peruna boga groma di Rastko Petrovi presenta invece una

struttura ciclica che preferisce il procedere per vari tipi di associazioni, con il

collegamento e la concentrazione di una simultaneità di tempi lontani e di personaggi

diversi intorno all’esperienza di un personaggio centrale ‘moltiplicato’: Nabor di

Devol nelle sue varie esperienze. Nel romanzo l’esperienza empirica del personaggio

viene sostituita dall’esperienza linguistica dell’autore-artista, l’opera d’arte nasce come

fatto linguistico dell’autorealizzazione creativa dell’autore, che dietro una maschera

‘burlesca’ svela una visione del mondo che proprio nella lingua e nella poesia vede

l’unico modo di esistere e di realizzarsi.

Nei tre romanzi scelti per un’analisi più specifica e dettagliata, in modo diverso in

ciascuno di essi, l’unità dell’opera si trova nell’autore ossia nella sua espressione

linguistica, attraverso la quale controlla l’atto creativo. Il mondo caotico, disgregato,

acquisisce un senso e un seppur fragile ordine soltanto nell’opera d’arte. Lo scrittore

è un poeta il quale non può che esprimere il proprio sgomento dinanzi al mondo che

si sbriciola mediante e in un linguaggio proprio del genere lirico, poichè la poesia è

l’unica, per lui, capace di avvicinarsi alla verità, della cui impossibilità è cosciente.

Il romanzo lirico degli anni Venti nelle letterature serba, croata e bosniaca,

attraverso una serrata ricerca linguistica e la mescolanza di determinati generi

Considerazioni conclusive 225

letterari, attua una sintesi che fino ad allora era mancata nel romanzo come si

concretizzava in queste letterature, e ha offerto effettivamente una possibilità di

rinnovamento e di crescita di questo genere prosastico. Non stupisce allora che –

come si è già in parte accennato – nei decenni successivi i procedimenti del romanzo

lirico si siano palesati come componenti ormai acquisite e metabolizzate dal romanzo

in queste letterature, e ciò emerge chiaramente soprattutto in quel suo particolare

tipo che privilegia l’esistenzialismo e che nel suo ambito si realizza e si sviluppa.

Bibliografia

1. Fonti primarie

Almanah Branka Radi evi a. Pomen devetorice beogradskih pesnika posve en stogodišnjici

Brankovog ro enja, Izdanja Savitar, Beograd 1924, [48 pp.].

Andri , Ivo, Na sun anoj strani. (Rekonstrukcija romana), priredila Ž. uki

Periši , Matica srpska, Novi Sad 1994, 205 pp. (trad. it.: La storia

maledetta. Racconti triestini, a cura di M. Mitrovi , trad. di A.

Parmeggiani, Mondadori, Milano 2007, XXIX-135 pp).

Begovi , Milan, Dunja u kov egu, in Id., Dunja u kov egu. Novele. Put po Italiji, II,

priredio B. He imovi , [Pet stolje a hrvatske književnosti, 76],

Matica hrvatska - Zora, Zagreb 1964, pp. 7-134 (1ª ed.: 1921).

Cesarec, August, Bijeli lutalac. Krist i Juda. Iz ostavštine, priredio M. Šicel, [Sabrana

djela Augusta Cesarca, 2], Mladost, Zagreb 1982, 249 pp.

manoscritto conservato presso l’Arhiv Instituta za historiju

radnji kog pokreta Hrvatske, segn. RO-AC-5-IV A/1 e RO-

AC-5-IV A/2.

Crnjanski, Miloš, Dnevnik o arnojevi u, [Biblioteka Albatros, 1], Sveslovenska

knjižarnica M.J. Stefanovi a i Druga, Beograd 1921.

Pripovedna proza. Pri e o muškom / Pripovetke / Dnevnik o

arnojevi u, priredio N. Petkovi , [Dela, tom II, knj. 5-7],

Zadužbina Miloša Crnjanskog - L’Age d’Homme - BIGZ -

SKZ, Beograd - Lausanne 1996, pp. 123-185.

Bibliografia 227

Lirika. Lirika / Itaka i komentari / Antologija kineske lirike / Pesme

starog Japana, priredio Ž. Stojkovi , [Dela, tom I, knj. 1-4],

Zadužbina Miloša Crnjanskog - L’Age d’Homme - BIGZ -

SKZ, Beograd - Lausanne 1993, 734 pp.

Davi o, Oskar, Anatomija, Izdanje nadrealista, Beograd 1930, 29 pp.

Humo, Hamza, Grozdanin kikot, naslovni list od Sretena Stojanovi a, Izdanje S.

B. Cvijanovi a, Beograd 1927, 98 pp.

Strast, [Biblioteka Raskrsnica, 2], Štamparija Jugoslavija,

Beograd 1923, 16 pp.

Ili , Aleksandar, Gluvne ini. Roman, [Narodna knjižnica, 43], Narodna knjižnica,

Beograd 1930, 158 pp.

Gluvne ini, priredio, pogovor i napomene . Vukovi , [Srpska

književnost. Roman, 26], Nolit, Beograd 1982, 253 pp.

Ili , Dragutin, Sekund ve nosti. Isto nja ki roman, Izdanje knjižarnice Zdravka

Spasojevi a, Beograd 1921, 52 pp.

Posle milijon godina / Sekund ve nosti, fototipsko izd., priredio i

pogovor napisao S. Damjanov, [Biblioteka Živa prošlost],

Narodna biblioteka Srbije - De je novine, Beograd - Gornji

Milanovac 1988, 72 + 52 + XXIII pp.

Kozar anin, Ivo, Sam ovjek. Roman, Matica hrvatska, Zagreb 1937.

Pjesme. Novele. Sam ovjek. Kritike, priredio K. Špoljar, [Pet

stolje a hrvatske književnosti, 131], Zora - Matica hrvatska,

Zagreb 1975, 438 pp.

Krakov, Stanislav, Kroz buru. Roman, naslovni list izradio M. S. Petrov, [Moderna

biblioteka, 21], Izdanje S.B. Cvijanovi a, Beograd 1921, 224 pp.

Kroz buru. Roman, priredio G. Teši , [Dela Stanislava Krakova,

1], Filip Višnji , Beograd 1994, 277 pp., ill.

Krila. Roman, Vreme, Beograd 1922, 118 pp.

Bibliografia 228

Krila. Roman, priredio G. Teši , [Dela Stanislava Krakova, 2],

Filip Višnji , Beograd 1991, 163 pp., ill.

Krleža, Miroslav, Tri kavalira gospo ice Melanije, Matica hrvatska, Zagreb 1922.

Tri kavaljera frajle Melanije. Staromodna pripovijest iz vremena kada je

umirala hrvatska moderna, [Djela, 2], Naklada Ljevak - Matica

hrvatska - HAZU, Zagreb 2000, 167 pp.

Vražji otok, «Savremenik» (1923).

Vražji otok, [Djela, 1], Naklada Ljevak - Matica hrvatska -

HAZU, Zagreb 2000, 243 pp.

Kulundži , Josip, Lunar, [Biblioteka Albatros, 4], Sveslovenska knjižarnica M.J.

Stefanovi a i Druga, Beograd 1921, 156 pp.

Mihali , Stjepan, Zapaljena krv, in Id., Zapaljena krv. Dvije novele i lirski roman,

[Zabavnik Matice hrvatske, 6], Matica hrvatska, Zagreb 1933,

pp. 50-140.

Mili i , Sibe, Veli anstveni beli brik sveti Juraj. Ispovest jednog oveka. Roman,

Izdanje Sveslovenske knjižarnice, Beograd 1928, 135 pp.

Petrovi , Rastko, Burleska Gospodina Peruna Boga Groma, Izdanje Sveslovenske

knjižarnice M.J. Stefanovi a i Druga, Beograd 1921.

Burleska gospodina Peruna boga groma. Staroslovenske i druge pri e,

priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, 1], Nolit, Beograd

1974, 277 pp.

Poezija. Sabinjanke, priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, 2],

Nolit, Beograd 1974, 380 pp.

Sa silama nemerljivim. Ljudi govore, napomena M. Risti a, redakcija

M. Risti a i V. Stoji , [Dela Rastka Petrovi a, 3], Nolit, Beograd

1977, 209 pp.

Dan šesti. Roman, pogovor M. Dedinca, bibliografska beleška M.

Risti a, redakcija M. Risti a i V. Stoji , [Dela Rastka Petrovi a,

4], Nolit, Beograd 1961, 639 pp.

Bibliografia 229

Eseji i lanci, priredio J. Hristi , [Dela Rastka Petrovi a, 6], Nolit,

Beograd 1974, 489 pp.

Poljanski, Branko Ve, 77 samoubica. Neverovatna ljubavna zbitija gospodina Nikifora

Mortona. Veoma brz nadfantasti an roman, naslovni list crtao Ve

Poljanski, Reflektor, Zagreb 1923, 28 pp.

Ratkovi , Risto, Nevidbog. Roman, [Savremenik Srpske književne zadruge, kolo

III, knj. 10], SKZ, Beograd 1933, 157 pp.

Šimi , Antun Branko, Djela, 1. Pjesme, proza I, priredio N. Mihanovi , August Cesarec,

Zagreb 1988, 633 pp.

Djela, 2. Proza II, priredio D. Jel i , August Cesarec, Zagreb

1988, 719 pp.

Vasi , Dragiša, Crvene magle. Kriti ari o Dragiši Vasi u, priredio G. Teši ,

[Izabrana dela Dragiše Vasi a, 1], Prosveta, Beograd 1990, 378

pp. (1ª ed.: 1922).

2. Fonti secondarie

Baudelaire, Charles, Œuvres complètes, 2, texte établi, presenté et annoté par C.

Pichois, [Bibliotheque de la Pléiade, 7], Gallimard, Paris 1976.

Flaubert, Gustave, Opere, vol. I. 1838-1862, progetto editoriale e saggio introduttivo

di G. Bogliolo, Mondadori, Milano 2006.

Goethe, Johann Wolfgang, Romanzi, a cura di R. Caruzzi, Mondadori, Milano 1996.

Hamsun, Knut, Pan (1894), trad. di F. Ferrari, Adelphi, Milano 2001.

Mann, Thomas, Romanzi brevi, a cura di R. Fertonani, Mondadori, Milano 1977.

Novalis, Frammenti, trad. di E. Pocar, Fabbri Editori, Milano 1996.

Bibliografia 230

Schlegel, Friedrich, Lucinde (1799), introduction, traduction et notes de J-J. Anslett,

Aubier – Édition Montagne, Paris 1943.

Frammenti critici e scritti di estetica, intr. e trad. di V. Santoli,

Sansoni, Firenze 1967.

3. Studi generali

Adorno, Theodor W., Filozofsko-sociološki eseji o književnosti, priredio N. a inovi -

Puhovski, Zagreb 1985.

Filosofia della musica moderna, intr. di A. Serravezza, con un saggio

di L. Rognoni, Einaudi, Torino 2004.

Albérès, René Marill, Histoire du roman moderne, Albin Michel, Paris 19714.

Métamorphoses du roman, Albin Michel, Paris 19722.

Bahtin, Mihail [Bachtin, Michail], Problemi poetike Dostojevskog, predgovor N. Miloševi ,

Nolit, Beograd 1967.

Epos e romanzo, in Id., Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 2001,

pp. 445-482.

Barenghi, Mario, L’autorità dell’autore, pref. di F. Brioschi, Unicopli, Milano 2000.

Beccaria, Gian Luigi, L’autonomia del significante. Figure del ritmo e della sintassi. Dante,

Pascoli, D’Annunzio, Einaudi, Torino 1975.

Begi , Midhat, Raskrš a 4. Bosanskohercegova ke književne teme, priredila H.

Kapidži -Osmanagi , [Djela, knj. 5], Veselin Masleša - Svjetlost,

Sarajevo 1987.

Berardinelli, Alfonso, La poesia verso la prosa: controversie sulla lirica moderna, Einaudi,

Torino 1994.

Bernard, Suzanne, Le poème en prose de Baudelaire jusqua’a nos jours, Nizet, Paris 1959.

Bourneuf, Roland - Ouellet, Réal, L’universo del romanzo, Einaudi, Torino 1996.

Bibliografia 231

Brajovi , Tihomir, Teorija pesni ke slike, Zavod za udžbenike i nastavna sredstva,

Beograd 2000.

Brückner, Aleksander, Mitologia Slava, con una pref. originale dell’autore, trad. dal

polacco e note di J. Dicksteinówna, Zanichelli, Bologna 1923.

Butler, Christopher, Early Modernism. Literature, Music and Painting in Europe 1900-

1916, Clarendon press, Oxford 1994.

Chérel, Albert, La prose poétique française, L’Artisan du livre, Paris 1940.

Clark, Katerina, La prosa degli anni Venti, in Storia della letteratura russa, diretta da

E. Etkind, G. Nivat, I. Serman e V. Strada, III. Il Novecento, 2.

La rivoluzione e gli anni Venti, Einaudi, Torino 1990, pp. 407-437.

Debenedetti, Giacomo, Il romanzo del Novecento, pres. di E. Montale, Garzanti, Milano

1996.

De Meijer, Pieter - Achille Tartaro - Alberto Asor Rosa, La narrativa italiana dalle

Origini ai giorni nostri, a cura di A. Asor Rosa. Einaudi, Torino

1997.

Dereti , Jovan, Srpski roman 1800-1950, Nolit, Beograd 1981.

Istorija srpske književnosti, tre e, prošireno izd., Prosveta, Beograd

2002.

Di Giacomo, Giuseppe, Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra Ottocento e Novecento,

Laterza, Roma-Bari 2003.

Dizdarevi Krnjevi , Hatidža, Utva zlatokrila. Delo, tvornost, tradicija, Filip Višnji ,

Beograd 1998.

urovi , Vojislav, Poetsko proze, «Savremenik» XIV, 12 (1968), pp. 502-506.

Ekspresionizam i hrvatska književnost, posebno izd. «Kritika», 3 (1969).

Bibliografia 232

Ekspresionizam u hrvatskoj književnosti i umjetnosti. Zbornik radova I. znanstvenog skupa s

me unarodnim sudjelovanjem (Zagreb 30. XI – 1. XII 2001), glavni

urednik C. Milanja, Altagama, Zagreb 2002.

Flaker, Aleksandar, Poetika osporavanja. Avangarda i književna ljevica, Školska knjiga,

Zagreb 1982.

Rije , slika, grad. Hrvatske intermedijalne studije, HAZU – Razred za

književnost, Zagreb 1995.

La disintegrazione del realismo, in Storia della civiltà letteraria russa,

diretta da M. Colucci e R. Picchio, vol. II, Il Novecento, UTET,

Torino 1997, pp. 33-56.

“Eretici” e sognatori: le nuove strutture della narrativa, in Storia della

civiltà letteraria russa, diretta da M. Colucci e R. Picchio, vol. II, Il

Novecento, UTET, Torino 1997, pp. 271-303.

Flaker, Vida, asopisi hrvatskoga modernisti kog pokreta, HFD, Zagreb 1977.

Formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico (I), a cura di T. Todorov, pref. di R.

Jakobson, Einaudi, Torino 1968.

Freedman, Ralph, The Lyrical Novel. Studies in Herman Hesse, André Gide and Virginia

Woolf, Princeton University Press, Princeton, New Jersey 1963.

Frye, Northrop, Anatomia della critica. Quattro saggi. Einaudi, Torino 2000.

Genette, Gerard, Introduction à l’architexte, Seuil, Paris 1979.

Gr evi , Franjo, Lirizam proze hrvatske i srpske književnosti XX veka, in Prilozi,

Hrvatsko filološko društvo, Zagreb 1978, pp. 719-732.

Grimm, Reinhold, Romani fenotipa, «Umjetnost rije i» 3 (1963), pp. 187-196.

Guglielmi, Guido, La prosa italiana del Novecento II. Tra romanzo e racconto, Einaudi,

Torino 1998.

Guglielminetti, Marziano, Struttura e sintassi del romanzo italiano del primo Novecento, Silva

Editore, Genova 1967.

Bibliografia 233

Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, Estetica, 2 voll., a cura di N. Merker, trad. di N.

Merker e N. Vaccaro, Einaudi, Torino 1967 (ed. orig.: 1817-

1829).

Histoire de la littérature française. De Chateaubriand à Baudelaire 1820-1869, par M. Milner

et C. Pichois, Nouvelle édition révisée, Flammarion, Paris 1996.

Histoire de la littérature française. De Zola à Guillaum Apollinaire 1869-1920, par M.

Décaudin et D. Leuwers, Nouvelle édition révisée, Flammarion,

Paris 1996.

Il’ina, Galina Jakovlevna, Razvitie jugoslavskogo romana v 20-30-e gody XX v., Akademija

Nauk SSSR, Moskva 1985.

Jakobson, Roman, Questions de poétique, sous la direction de Tz. Todorov, Éditions

du Seuil, Paris 1973.

Poetica e poesia. Questioni di teoria e analisi testuali, intr. di R. Picchio,

Einaudi, Torino 1985.

Saggi di linguistica generale, cura e intr. di L. Heilmann, Feltrinelli,

Milano 2002.

Jerkov, Janja, La ballata Lud Gidija di P. P. Slavejkov fra tradizione orale e

letteratura europea, «Ricerche Slavistiche», Nuova serie, 3 (XLIX)

(2005), pp. 39-61.

Jovi , Bojan, Lirski roman srpskog ekspresionizma, Institut za književnost i

umetnost, Beograd 1994.

Kaizer, Volfgang [Kayser, Wolfgang], Jezi ko umetni ko delo, SKZ, Beograd 1973 (ed.

orig.: Das sprachliche Kunstwerk, Bern 1948).

Karadži Stefanovi , Vuk, Narodne srpske pripovijetke (1821), Srpske narodne pripovijetke

(1853), priredio M. Panti , [Sabrana dela Vuka Karadži a, 3],

Prosveta, Beograd 1988.

Srpske narodne pjesme, knj. 2 (1845), priredio R. Peši , [Sabrana

dela Vuka Karadži a, 5], Prosveta, Beograd 1988.

Bibliografia 234

Kora , Stanko, Hrvatski roman izme u dva rata, drugo izd., August Cesarec,

Zagreb 1975.

Srpski roman izme u dva rata 1918-1941, Nolit, Beograd 1982.

Krnjevi , Hatidža, Predgovor. O našim narodnim baladama, in Antologija narodnih balada,

SKZ, Beograd 1978.

Lasi , Stanko, Hermeneutika individualnosti i ontološki strukturalizam. Prilog teoriji

knjiuževne znanosti, Zagreb 1994.

Mladi Krleža i njegovi kriti ari (1914-1924), Zagreb 1987.

Levin, Viktor, La prosa dell’inizio del secolo (1900-1920), in Storia della letteratura

russa, diretta da E. Etkind, G. Nivat, I. Serman e V. Strada, III.

Il Novecento, 1. Dal decadentismo all’avanguardia, Einaudi, Torino

1989, pp. 315-339.

Lodge, David, Na ini modernog pisanja. Metafora, metonimija i tipologija moderne

književnosti, prev. G. Gra an i S. Baši , Zagreb 1988.

L’arte della narrativa, con una nota di H. Grosser, trad. di M.

Buckwell e R. Palazzi, Bompiani, Milano 2006.

Lotman, Jurij, La struttura del testo poetico, a cura di E. Bazzarelli, Mursia, Milano

2002.

Lukács, György, Teoria del romanzo, intr. di G. Di Giacomo, Pratiche, Parma 1994.

Markovi , Slobodan Ž., Književne pojave izme u dva svetska rata, GIRO Mili Raki ,

Valjevo 1982.

Srpska književnost izme u dva svetska rata. Pojave, pisci i dela,

Društvo za srpski jezik i književnost Srbije, Beograd 2004.

Mengaldo, Pier Vincenzo, La tradizione del Novecento, Einaudi, Torino 1991.

Modernism 1890-1930, edited by M. Bradbury and J. McFarlane, Pelican Books,

Harmondsworth 1976.

Moretti, Franco, Il romanzo di formazione, Einaudi, Torino 1999.

Bibliografia 235

Opere mondo. Saggio sulla forma epica dal Faust a Cent’anni di

solitudine, Einaudi, Torino 2003 (1ª ed.: 1994).

Nemec, Krešimir, Povijest hrvatskog romana od po etaka do 19. stolje a, Znanje, Zagreb

1999.

Povijest hrvatskog romana od 1900. do 1945. godine, Znanje, Zagreb

1998.

Povijest hrvatskog romana od 1945. do 2000. godine, Školska knjiga,

Zagreb 2003.

Hrvatska ekspresionisti ka proza, in Ekspresionizam u hrvatskoj

književnosti i umjetnosti. Zbornik radova I. znanstvenog skupa s

me unarodnim sudjelovanjem (Zagreb 30. XI – 1. XII 2001), glavni

urednik C. Milanja, Altagama, Zagreb 2002, pp. 85-96.

Nodilo, Natko, Stara vjera Srba i Hrvata, Logos, Split 1981 (1ª ed.: Religija Srba i

Hrvata, na glavnoj osnovi pjesama, pri a i govora narodnog, voll. 1-10,

«Rad JAZU», 77-86, 89, 91-94, 99-102, JAZU, Zagreb 1885-

1890).

Novak Popov, Irena, Lirizacija romana, in Slovenski roman. Mednarodni simpozij, ur. M.

Hladnik in G. Kocijan, «Obdobja» 21 (2003), pp. 379-388.

Orlickij, Jurij, Stich i proza v russkoj literature, Rossijskij gosudarstvennyj

gumanitarnyj universitet, Moskva 2002.

Palavestra, Predrag, Skriveni pesnik. Prilog kriti koj biografiji Ive Andri a, Beograd, Slovo

Ljubve, 1981.

Panorama hrvatske književnosti XX stolje a, priredio V. Pavleti , Stvarnost, Zagreb 1965.

Panti , Mihajlo, Modernisti ko pripovedanje. Srpska i hrvatska pripovetka/novela 1918-

1930, Zavod za udžbenike i nastavna sredstva, Beograd 1999.

Parmeggiani Dri, Alice, Scritti sulla pietra. Voci e immagini dalla Bosnia ed Erzegovina fra

Medioevo ed età moderna, Forum, Udine 2005.

Bibliografia 236

Pekovi , Slobodanka, Osnovni pojmovi moderne, Narodna knjiga - Alfa, Beograd 2002.

Srpska proza po etkom dvadesetog veka. Formalno-stilske i tematske

inovacije, Prosveta - Institut za književnost i umetnost, Beograd

1987.

Petrov, Aleksandar, Srpski modernizam. Glasnici, glasila, sudije, Signature, Beograd

1996.

Petrovi , Predrag, Lirski roman, «Svet re i», 17-18 (2004), pp. 52-56.

Avangardni roman bez romana. Poetika kratkog romana srpske

avangarde, Institut za književnost i umetnost, Beograd 2008.

Pisma Vladana Desnice, «Gradina», XX, 6 (1985), pp. 108-120.

Poggioli, Renato, Teoria dell’arte d’avanguardia, Il Mulino, Bologna 1962.

Re nik književnih termina, drugo dopunjeno izd., glavni urednik D. Živkovi , Nolit,

Beograd 1992.

Resavska škola i despot Stefan Lazarevi . (Okrugli sto, manastir Manasija, 28. 8. 1993), glavni

urednik M. Panti , Narodna biblioteka “Resavska škola”,

Despotovac 1994.

Romanzo (Il), a cura di Franco Moretti, I. La cultura del romanzo, Einaudi, Torino 2001.

Romanzo (Il), a cura di Franco Moretti, II. Le forme, Einaudi, Torino 2002.

Sabol i, Mikloš, Avangarda & neoavangarda, prevela s ma arskog M. Cindori-

Šinkovi , Narodna knjiga - Alfa, Beograd 1997.

Scholes, Robert - Kellogg, Robert, La natura della narrativa, Il Mulino, Bologna 2003.

Segre, Cesare, Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1999.

Teatro e romanzo, Einaudi, Torino 1994.

Sibilio, Elisabetta, Il sistema dei generi nel secondo ‘800. Il caso del poema in prosa, in

Lezioni di dottorato 2006, a cura di E. Sibilio, Edizioni Spartaco,

Caserta 2007, pp. 111-130.

Bibliografia 237

Simultanizam, priredili A. Flaker i J. Vojvodi , Naklada Slap, Zagreb 2001.

Sintesi del Futurismo. Storia e documenti, a cura di L. Scrivo, Bulzoni, Roma 1968.

Solar, Milivoj, Teorija književnosti, XX izd., Školska knjiga, Zagreb 2005.

Ideja i pri a, [Izabrana djela, 1], Golden marketing - Tehni ka

knjiga, Zagreb 2004.

Stojanovi Pantovi , Bojana, Morfologija ekspresionisti ke proze, Artist, Beograd 2003.

Srpski ekspresionizam, Matica srpska, Novi Sad 1998.

Teorijske i terminološke kontroverze (rec. a: Bojan Jovi , Lirski roman

srpskog ekspresionizma, Institut za književnost i umetnost,

Beograd 1994), «Književna istorija», XXVII, 95 (1995), pp. 137-

139.

Linija dodira. Ogledi i studije, De je novine, Gornji Milanovac

1994.

Šklovskij, Viktor, Teoria della prosa, Einaudi, Torino 19974.

Škreb, Zdenko - Stama , Ante, Uvod u književnost. Teorija, metodologija, peto poboljšano

izd., Nakladni zavod Globus, Zagreb 1998.

Štancl, Frnac K., [Stanzel, Franz] Tipi ne forme romana, Književna zajednica Novog

Sada, Novi Sad 1987 (ed. orig.: Typische Formes des Romans,

Göttingen 1964).

Teši , Gojko, Avangarda i tradicija. Anketa Književne re i 1980-1982, Narodna

knjiga - Alfa, Beograd 2002.

Kontekst za itanje pripovetke srpskog modernizma i avangarde, in

Antologija srpske avangardne pripovetke (1920-1930), priredio G.

Teši , Bratstvo-Jedinstvo, Novi Sad 1989, pp. V-XXIX.

Srpska avangarda u polemi kom kontekstu (dvadesete godine), Svetovi -

Institut za književnost i umetnost, Novi Sad - Beograd 1991.

Todorov, Tzvetan, Poetica della prosa, Theoria, Roma-Napoli 1989.

La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 1995.

Bibliografia 238

Tomaševskij, Boris, Teoria della letteratura, intr. e trad. di M. Di Salvo, Feltrinelli,

Milano 1978 (trad. parziale: Teorija književnosti. Tematika, preveo

J. Užarevi , priredio M. Solar, Matica hrvatska, Zagreb 1998.

Tynjanov, Jurij, Avanguardia e tradizione, trad. di S. Leone, intr. di V. Šklovskij,

Dedalo Libri, Bari 1968.

Il problema del linguaggio poetico, trad. di G. Giudici e Lj. Kortikova,

Il Saggiatore, Milano 1968.

Ujevi , Tin, Sabrana djela, IX. Eseji, rasprave, lanci II, priredio M. Vaupoti ,

Znanje, Zagreb 1963.

Vaglio, Luca, I romanzi di Vladan Desnica. L’evoluzione della forma, tesi di

dottorato, “Sapienza” Università di Roma 2008.

Valli, Donato, Vita e morte del frammento in Italia, Milella, Lecce 1980.

Vidan, Ivo, Roman struje svijesti, Zagreb 1971.

Vu kovi , Radovan, Poetika hrvatskog i srpskog ekspresionizma, Svjetlost, Sarajevo 1979.

Moderna srpska proza. Kraj XIX i po etak XX veka, Prosveta,

Beograd 1990.

Srpska avangardna proza, Otkrovenje, Beograd 2000.

Watt, Ian, Le origini del romanzo borghese. Studi su Defoe, Richardson e Fielding, a

cura di L. Del Grosso Destreri, Bompiani, Milano 1996.

Wellek, René - Warren, Austin, Teoria della letteratura, Il Mulino, Bologna 1999.

Žmega , Viktor, Istina fikcije, Zagreb 1982.

Opažanja o strukturi suvremenog romana, «Umjetnost rije i» 1

(1985).

Povijesna poetika romana, tre e prošireno izd., Matica hrvatska,

Zagreb 2004.

Težišta modernizma. Od Baudelairea do ekspresionizma, Zagreb 1986.

Bibliografia 239

4. Studi su singoli autori

IVO ANDRI

uki -Periši , Žaneta, Kavaljer svetoga duha, Zadužbina Ive Andri a - BIGZ, Beograd

1992.

Karaulac, Miroslav, Rani Andri , drugo dopunjeno izd., Prosveta, Beograd 2003.

MILOŠ CRNJANSKI

Džadži , Petar, Sabrana dela, 4. Povlaš eni prostori Miloša Crnjanskoga, Zavod za

udžbenike i nastavna sredstva, Beograd 1995.

Knjiga o Crnjanskom, priredio M. Lompar, SKZ, Beograd 2005.

Kova , Zvonko, Poetika Miloša Crnjanskog, Izdava ki centar Rijeka, Rijeka 1988.

Miloš Crnjanski. Teorijsko-esteti ki pristup književnom delu. Zbornik radova, urednik M.

Šuti , Institut za književnost i umetnost, Beograd 1996.

Miloševi , Nikola, Roman Miloša Crnjanskog. Problem univerzalnog iskaza, Nolit,

Beograd 1988.

Petkovi , Novica, Lirske epifanije Miloša Crnjanskog, SKZ, Beograd 1996.

Zani, Sofia, Chiose a certi passi di Miloš Crnjanski, Istituto di Filologia Slava,

Università di Padova, Padova 1992.

HAMZA HUMO

Kapidži Osmanagi , Hanifa, Sedamdeset godina Grozdaninog kikota. Jedan današnji pogled

na djelo Hamze Hume, in Sarajevo, Sarajevo…, P.E.N. Centar

Bosne i Hercegovine – Edicija Novi Izraz, Sarajevo 1998, pp.

14-38.

Konstantinovi , Radomir, Hamza Humo, in Bi e i jezik. U iskustvu pesnika srpske kulture

dvadesetog veka, 3, Prosveta - Rad - Matica srpska, Beograd 1983,

pp. 63-92.

Bibliografia 240

Leši , Zdenko, Hamza Humo: pjesnik kao pripovjeda , in Id., Pripovjeda i. orovi ,

Ko i , Andri , Samokovlija, Humo, Veselin Masleša, Sarajevo 1988,

pp. 357-438.

Peši , M. M., Hamza Humo (1928), in Književnost izme u dva rata, 2, priredila S.

Velmar-Jankovi , Nolit, Beograd 1966, pp. 284-288.

Rizvi , Muhsin, Prenapregnuta ulnost kao opsesija izraza, in Hamza Humo, Sabrana

djela, I, izbor, redakcija i predgovor M. Rizvi , Svjetlost,

Sarajevo 1976, pp. 9-75.

Selimovi , Meša, Hamza Humo, in Id., Sje anja. Memoarska proza, [Sabrana dela, 9],

BIGZ, Beograd 1986, pp. 243-249.

DRAGUTIN ILI

Damjanov, Sava, Dragutin Ili , pisac fantastike, in Dragutin Ili , Posle milijon godina /

Sekund ve nosti, fototipsko izd., priredio i pogovor napisao S.

Damjanov, Narodna biblioteka Srbije - De je novine, Beograd -

Gornji Milanovac 1988, pp. I-XIX.

Erakovi , Radoslav, Roman Dragutina Ili a, Mali Nemo, Pan evo 2004.

Konstantinovi , Radomir, Dragutin J. Ili , in Bi e i jezik. U iskustvu pesnika srpske kulture

dvadesetog veka, 3, Prosveta - Rad - Matica srpska, Beograd 1983,

pp. 137-156.

Stojanovi Pantovi , Bojana, “Sekund ve nosti” Dragutina Ili a i problem ekspresionisti kog

romana, in Id., Linija dodira. Studije i ogledi, De je novine, Gornji

Milanovac 1994, pp. 203-213.

IVO KOZAR ANIN

Nemec, Krešimir, Lirski roman Ive Kozar anina. (Poetika romana Sam ovjek), in Id.,

Tragom tradicije. Ogledi iz novije hrvatske književnosti, Matica

hrvatska, Zagreb 1995, pp. 99-111.

Bibliografia 241

MIROSLAV KRLEŽA

Lasi , Stanko, Krleža. Kronologija života i rada. Grafi ki zavod Hrvatske, Zagreb

1982.

Matvejevi , Predrag, Razgovori s Krležom, VII dopunjeno i prošireno izd., Prometej,

Zagreb 2001.

RASTKO PETROVI

Andri , Ivo, Rastko Petrovi : Burleska gospodina Peruna boga groma, in Id.,

Umetnik i njegovo delo. Eseji, ogledi i lanci, [Sabrana dela, 13],

Prosveta, Beograd 1997, pp. 241-243.

Baturan, Radomir, Otkrovenja Rastka Petrovi a. Književno delo Rastka Petrovi a,

Narodna knjiga, Beograd 1993.

Jovi , Bojan, Poetika Rastka Petrovi a. Struktura, kontekst, [Biblioteka Novi

kontekst. Serija Teorija, 2], Narodna knjiga - Alfa - Institut za

književnost i umetnost, Beograd 2005.

Književno delo Rastka Petrovi a. Zbornik radova, ur. . Vukovi , Institut za književnost i

umetnost, Beograd 1989.

Konstantinovi , Radomir, Rastko Petrovi , in Bi e i jezik. U iskustvu pesnika srpske kulture

dvadesetog veka, 6, Prosveta - Rad - Matica srpska, Beograd 1983,

pp. 315-367.

Miloševi , Miloš, Poetski roman “Ljudi govore” Rastka Petrovi a, in Rastko Petrovi ,

Ljudi govore, priredio M. Miloševi , Dragani , Beograd 1999, pp.

69-82.

Musabegovi , Jasmina, Rastko Petrovi i njegovo djelo, Slovo ljubve, Beograd 1976.

Nedi , Marko, Magija poetske proze, Delo, Beograd 1972.

Pesnik Rastko Petrovi . Zbornik radova, ur. N. Petkovi , [Nauka o književnosti. Poeti ka

istraživanja, 4], Institut za književnost i umetnost, Beograd

1999.

Bibliografia 242

Popovi , Radovan, Izabrani ovek ili život Rastka Petrovi a, drugo dopunjeno izd.,

Prosveta, Beograd 2002.

DRAGIŠA VASI

Lompar, Milo, Moderna vremena u prozi Dragiše Vasi a, Filip Višnji , Beograd

1996.

Profil Dragiše Vasi a, in Dragiša Vasi , Izabrana dela, izbor i

predgovor M. Lompar, Narodna knjiga - Alfa, Beograd 2004,

pp. 5-31.