Tommaso d’Aquino elevarsi da sola

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Tommaso d’Aquino 1225-1274 “Rivaluta il ruolo della ragione per realizzare una vita buona. La ragione può elevarsi da sola alle più alte conoscenze. Ma il percorso di elevazione è difficoltoso: la Rivelazione è un amorevole soccorso divino”.

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Tommaso d’Aquino1225-1274

“Rivaluta il ruolo della ragione per realizzare una vita buona. La ragione può elevarsi da sola alle più alte conoscenze. Ma il percorso di elevazione è difficoltoso: la Rivelazione è un amorevole soccorso divino”.

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Esaltazione dell’aristotelismoL’opera principale di Tommaso è la Summa theologiae. In essa è concentrata l’intera filosofia tomista, il cui scopo è conciliare (e non subordinare) la filosofia con la teologia.

La Summa si divide in tre sezioni. Nella prima parte della seconda sezione (detta Prima secundae), Tommaso affronta la questione relativa alla vita buona, alla definizione dei suoi principi e delle virtù necessarie per realizzarla.

Si distinguono due tipi di principi:

● intrinseci agli atti umani: rinviano all’essere della persona, alle sue modalità di azione. Su questi principi si fonda la riflessione sulla vita buona e il discorso sulle virtù.

● estrinseci agli atti umani: riflessione sugli obblighi e i doveri esteriori (leggi).

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VirtùPer definire questa nozione è

necessario introdurre le nozioni di “abito”, “abito operativo” e “potenza”

Abito è una qualità dell’essere di una persona, che si manifesta nell’agire.

L’abito non è innato ma si forma nel corso del tempo.

Nella formazione di un abito gioca dunque un ruolo importante la ripetizione libera di determinati atti. La ripetizione conferisce all’abito il carattere della stabilità.

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Abito operativoLa sola nozione di abito non è sufficiente a caratterizzare una

virtù

Per sottolineare la natura pratica (cioè legata alla prassi umana, all’agire), Tommaso parla di abito operativo: questo, per sottolineare il carattere esclusivamente umano dell’abito.

La virtù è allora definita come “abito operativo buono” (e il vizio come “abito operativo cattivo”

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Vizio o virtùAbito cattivo o abito buono

La virtù è quell’esercizio reiterato nel tempo che, con impegno e dedizione, porta a maturazione e compimento la forma (cioè l’essenza) dell’essere umano, ossia la sua razionalità.

Questo “maturare” dell’essenza è ciò che Tommaso descrive come “passaggio dalla potenza all’atto”, cioè da una condizione di potenzialità a una condizione di piena espressione.

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Le potenzeEsistono diverse forme di

potenzialità

Tommaso distingue due tipi di potenzialità:

● potenza ad essere: è generica ed ha attinenza alla materia e al corpo

● potenza ad agire (capacità di dominio sugli appetiti): propria del solo uomo.

Le virtù sono dunque abiti operativi buoni in quanto realizzano il dominio della ragione sulla facoltà desiderativa umana.

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Che cos’è la libertà?

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Forme di libertàEssere causa delle proprie scelte, indipendenti da condizionamenti esterni (→ autodeterminazione)

Capacità di affermare la propria autonomia, senza invadere o interferire con l’autonomia altrui

Nonostante il condizionamento esterno, capacità di scegliere tra possibilità diverse

Capacità di investire di significato le situazioni attraverso le nostre scelte e le azioni

>

>

Libertà da...

Libertà di...

“Libertasminor”

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Libertas maior

Si tratta della vera libertà, che consiste nell’adesione al bene (presuppone quindi la conoscenza di cosa sia vero bene e la volontà di adesione ad esso)

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La volontà

La volontà è la facoltà che decide: a fronte di quanto la ragione conoscitiva le offre come oggetti di valutazione, la volontà è ciò che determina il criterio del nostro agire.

La volontà è espressione della nostra libertà che, intesa come capacità di orientamento e indirizzamento dell’agire verso questo o quest’altro oggetto, è detta libero arbitrio (liberum arbitrium)

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Il libero arbitrio

Caratteristica specifica di tutte le intelligenze create.

In quanto effetto della creazione, il libero arbitrio è bene in se stesso.

Tuttavia, l’uso che si può fare del libero arbitrio può non essere conforme all’ordine stabilito da Dio (→peccato).

Esemplificazione di questo discorso è nella teoria agostiniana della volontà libera come “bene medio”

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AgostinoLa volontà libera come

“bene medio”

In quanto creata da Dio, la facoltà di volere è di per sé un bene.

Dal suo uso possono scaturire situazioni diverse:

● se orientata verso beni superiori, la volontà realizza necessariamente il bene. Il suo uso è virtuoso.

● Se orientata verso altri beni, la volontà allontana l’uomo dal bene.

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Libertà e peccato

Che libertà è, quella creata da Dio-Bene, se poi proprio quella libertà

espone l’uomo al peccato?

Il senso della creazione può essere così riassunto: la creazione predispone l’uomo verso la beatitudine. Questo risultato, però, non è nulla di necessario: la beatitudine è a disposizione soltanto di coloro che la desiderano, la vogliono autenticamente.

Se il raggiungimento della felicità prescindesse dalla volontà umana, si avrebbe il paradosso per cui la felicità sarebbe una condizione “subita” dall’uomo.

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“Subire” la felicità?

Se fosse una condizione voluta da Dio e non scelta dall’uomo,

la felicità avrebbe piuttosto il senso di una condanna

La filosofia cristiana difende dunque da questo presupposto: la felicità è tale solo se scelta dall’uomo.

Ma l’uomo da solo non può “crearsi” da sé le condizioni della felicità: in effetti, l’uomo non “crea”, bensì sceglie.

Il libero arbitrio presuppone la creazione divina, la quale per fede è concepita come buona in quanto fatta da Dio per salvare l’uomo.

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Ma una volontà che è, in sostanza, “costretta” a scegliere il bene supremo per realizzare la propria felicità, può dirsi davvero “libera”?

Posta in questi termini, l’obiezione intende difendere un concetto di libertà che afferma più o meno questo:

Libertà = assenza di condizioni (o costrizioni)

Si tratta di un concetto di libertà che, in realtà, maturerà solo successivamente la “crisi” del pensiero cristiano medievale.

In ogni caso, per il pensiero medievale un simile concetto di libertà è un’assurdità.

Nella prospettiva cristiana medievale, la libertà non consiste nell’assenza totale di vincoli, bensì nella scelta di quell’unico e solo vincolo che garantisce la salvezza. “Libero” è l’uomo che sceglie di aderire all’ordine e alla razionalità scaturente dal Principio unico di tutte le cose.

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A differenza di Socrate (→intellettualismo etico), il cristianesimo valorizza il ruolo della volontà libera

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Rag

ione

e

volo

ntà Esaltare il ruolo della volontà libera o del libero arbitrio, non

significa negare alcun ruolo alla ragione. Al contrario, significa riconoscere che, all’interno dei processi decisionali, accanto alla ragione entrano in gioco altri fattori, che non necessariamente rimandano a influenze esterne (educazione, società, politica…) ma all’individuo stesso: alla sua capacità di autodeterminarsi.

Questo significa riconoscere all’individuo, oltre alla libertà dell’arbitrio, anche una responsabilità, cioè una imputabilità per le scelte deliberate e le azioni compiute.

Tuttavia: se si è responsabili delle proprie azioni, è perché esse sono il frutto di un ragionamento. Il problema è allora capire come ragione e volontà si combinano insieme (→ Tommaso d’Aquino).

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Tommaso d’Aquino

Descrive la volontà libera come appetitus intellectivus (desiderio intellettivo).

La sua teoria ricalca e presuppone le teorie aristoteliche sull’anima

Tommaso distingue tre forme di appetito (cioè desiderio):

1. naturale: tendenza inconsapevole a nutrirsi e esistere. Caratteristico di tutti gli esseri animati, incluse le piante.

2. sensitivo: tendenza istintiva all’autoconservazione.

3. intellettivo: tendenza consapevole verso ciò che è conosciuto e valutato come bene (degno di essere desiderato).

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La teoria dell’anima tripartitaAristotele distingue tre forme dell’anima:

● vegetativa (governa le attività più elementari: la nutrizione e la riproduzione)

● sensibile/desiderativa (ricomprende le funzioni dell’anima vegetativa, con in più la sensibilità)

● razionale

Queste tre forme non sono separate: nell’anima umana coesistono tutte. Anche l’uomo, come l’animale è attraversato da passioni, istinti. Ma l’uomo, a differenza dell’animale, può dirigere e controllare gli istinti attraverso la ragione.

Benché l’uomo sia sempre influenzabile dall’esterno (e, quindi, passibile di eteronomia), è tuttavia sempre in grado di convertire questa apparente passività in attività: attraverso la ragione, l’uomo è in grado di “piegare” la realtà ai suoi scopi, darle un senso in vista della realizzazione della sua umanità.

Questa capacità che ha l’uomo, grazie alla ragione, di ribaltare la sua sudditanza rispetto al mondo esterno, è ciò che Aristotele chiama virtù.

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Volontà e libero arbitrio

Per Tommaso non sono la stessa cosa, anche se sono

strettamente legati tra loro

La volontà è la capacità di tendere verso il fine ultimo, il bene supremo. Rispetto a questo fine non c’è arbitrio.

Nell’esperienza, però, l’uomo incontra una molteplicità di beni particolari: ad essa la volontà si rapporta, stabilendo di volta in volta se accoglierli o meno. Solo rispetto a questi beni, e non verso il fine ultimo), la volontà esercita la facoltà dell’arbitrio.

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Libertà dell’arbitrio e ragioneRispetto ai beni particolari, la volontà è libera, cioè non necessariamente vincolata.

La volontà umana può anche sentirsi attratta verso beni materiali o altri beni “inferiori” rispetto al vero bene, ma non per questo vi aderisce automaticamente. Nel momento dell’adesione (o del rifiuto) entra in gioco un altro fattore: la mediazione della ragione, che conosce l’oggetto del desiderio ed esprime su di esso un giudizio di valore. Appoggiandosi sul giudizio espresso dalla ragione, la volontà decide.

Questa mediazione è una caratteristica esclusiva della volontà umana, che è libera anche grazie all’intervento della ragione. Ecco perché l’appetito umano può dirsi “intellettivo”.

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Ragione e volontà:a chi il primato?

Abbiamo visto che la volontà esercita la propria libertà (arbitrium) nei confronti dei beni particolari, grazie alla mediazione della ragione. Ma è possibile un arbitrio della volontà anche nei confronti della ragione? Oppure si deve intendere che, rispetto alla ragione, la volontà è subordinata?

Tommaso intende che la massima espressione della libertà è necessariamente razionale. Quindi, sebbene la volontà possa ignorare le indicazioni della ragione, quest’atto significherebbe la negazione della sua stessa libertà. In definitiva, esiste un primato della ragione sulla volontà (→Intellettualismo).

Ci sono stati tuttavia filosofi cristiani che hanno riposto nella volontà il senso autentico della libertà, affermando il primato della volontà sulla ragione.

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Duns ScotoFilosofo e teologo scozzese, noto

anche come Doctor Subtilis (1266-1308)

«La necessità naturale non coesiste con la libertà. E lo provo: la natura e la volontà sono princìpi attivi che hanno un modo opposto di agire, quindi col modo di agire della volontà non coesiste il modo di agire della natura; ma la volontà vuole il fine liberamente, quindi non può volere il fine per necessità naturale, né per conseguenza può volerlo in alcun modo necessariamente».

(Ordinatio I, d. 1, nn.80-146)

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Natura vs. LibertàLa natura è contrassegnata dalla necessità: date certe cause, ne discendono automaticamente effetti determinati.

La libertà consiste nell’assenza di questa necessità relativa alle cause: la volontà determina per se stessa le sue cause, cioè i principi dell’agire.

Inoltre la volontà è libera tanto nei confronti dei beni particolari quanto nei confronti del fine ultimo.

Duns scoto radicalizza l’idea secondo cui la volontà non può essere determinata da altro che da se stessa (→autonomia morale).

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VolontarismoDuns Scoto non nega il ruolo dell’intelletto e il suo apporto nella valutazione morale. Esso è indispensabile quando si tratta di stabilire i tempi, i modi, le circostanze utili rispetto ai fini possibili da perseguire. Tuttavia, nel momento in cui la volontà sceglie è sola e incondizionata: di fronte alla conoscenza del bene la libertà non ha alcun vincolo predeterminato.

Duns Scoto contesta dunque l’idea che, in quanto creato, l’uomo sia naturalmente tendente verso il bene. La presenza di un elemento “naturale” limiterebbe la libertà dell’uomo il quale, se aderisce al bene lo fa solo grazie alla volontà. Ed è dunque la volontà a determinare la futura beatitudine o meno dell’uomo.

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“Irrazionalismo” morale?La filosofia di Duns Scoto non conduce ad un irrazionalismo morale.

Certo, Duns Scoto esalta il ruolo dell’amore, quindi del sentimento. Ma una scelta libera non è mai una scelta cieca. Anche se ad operare la scelta non è mai la ragione, ma la volontà, questo non vuol dire che le scelte fatte siano “irrazionali” o “irragionevoli”: la volontà libera è comunque espressione di un atteggiamento coerente.

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Ragione e libertà

La libertà non esclude la ragione, ma non esclude neppure il ruolo dell’amore: non è puro calcolo, né desiderio cieco.

Si ricordi che Duns Scoto è un francescano: ragione e libertà sono dunque pensati nel tentativo di stabilire un’armonia con il messaggio evangelico dell’amore professato da Francesco d’Assisi.