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1 Pontificia Università Lateranense Cattedra Gloria Crucis «LA COLPA UMANA DINANZI AL MISTERO DELLA CROCE» Seminario di ricerca interdisciplinare Roma, giovedì 12 marzo 2009 Dimensione Biblica Paolo Farinella, prete Biblista, parroco nella diocesi di Genova Dall’albero dell’Eden all’albero della Croce: tipologia «Adam-Crocifisso» 1 1 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE. ARANDA PÉREZ G. GARCÍA MARTÍNEZ F. PÉREZ FERNÁNDEZ M., Letteratura giudaica intertestamentaria, Bre- scia 1998; BADESCHI L., Il Modernismo Italiano. Voci e volti, Cinisello Balsamo (MI) 1995; BAGATTI B. – TESTA E., Il Golgota e la Croce, Ricerche storico- archeologiche, Jerusalem, 1978 (rist. 1984); BALDI D., Enchiridion Locorum San- ctorum. Documenta S. Evangelii loca respicientia (ELS), Jerusalem, 1982 2 ; BATTISTA A. BAGATTI B., Il combattimento di Adamo. Testo arabo inedito con traduzione italiana e commento, Franciscan Printing Press, Jerusalem 1982; BIANCHI E., Adamo, dove sei? Commento esegetico spirituale ai capitoli 1-11 del libro della Genesi, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Magnano (BI); BROWN R. E., Giovanni, voll. 1-2, Assisi 1979; BROWN R. E.– FITZMYER J.A. –MURPHY R.E., et alii, Nuovo Grande Commentario Biblico (= NGCB), Editrice Queriniana, Brescia 1997; BURKITT F. C., «What Christians Think of Jews», Hibbert Journal 28 (1929- 30) 261-72; «Christian Wiews of Judaism», in In Spirit and in Truth. Aspects of Ju- daism and Christianity, edited for the Society of Jews and Christians by George A. Yates, Hodder and Stoughton, London 1934; BUSSCHE, H. VAN DEN, Giovanni, As- sisi 1974; CAVALCANTI E., «Esegesi tipologica riferita alla croce (sec, H-III). Temi e sviluppi», Bessarione 10 (1993) 27-45; CORBO V., Il Santo Sepolcro di Gerusa- lemme. Aspetti archeologici dalle origini al periodo crociato, voll. 3, Jerusalem 1982; ETERIA, Diario di Viaggio (traduzione dì Clara di Zoppola), Roma 1979; CORBO V. – MANNS F., «Saint Sépulcre», in Dictionnaire de la Bible, Supplément (DBS) 61, coll. 399-431; tradotto in spagnolo in edizione fuori commercio da FRANCÉS P. MARÍN J. A., El Santo Sepulcro, Zaragoza 1991; DE SANTOS OTERO A., Los evangelios apócrifos, BAC, Madrid 1996 9 ; DODD C. H., L’interpretazione del quarto vangelo, Brescia 1974; Du BUIT M.., «Le saint Sépulcre», Le monde de la Bible 2 (1978) 44-46; EPSTEIN B., Tora Temima avec Rachi, vol. 1, Beréchith, Jeru- salem 1998; FABRIS R., Giovanni, Roma 1992; FARINELLA P., Crocifisso tra potere e grazia, Dio e la civiltà occidentale, Il Segno dei Gabrielli Editore, San Pietro in Cariano (VR) 2006; ID., «L’esaltazione della croce tra Scrittura e Ghematrìa» in La Sapienza della Croce (= SDC) 19 (2003) 327-350; FONTANA R., Sinaitica, Ebrei e Gentili tra teologia e storia, Giuntina, Firenze 2006; FLUSSER D., Le fonti ebraiche del Cristianesimo delle origini, Gribaudi, Muilano 2005; ID., Jesus, Morcelliana, Brescia 1997; ID., Il Giudaismo e le origini del Cristianesimo, Marietti, Genova 1995;GREGO I., «Il Golgota, Monte Santo dei Cristiani». BiOrXXÌll (1981), 115, 124, 221-224; GINZBERG L., Le leggende degli ebrei, voll. I-III, Milano 1995-1999; HARL M., La Bible d’Alexandrie. 1. La Genèse, Paris 1994; JEREMIAS J., Golgothà, Leipzig 1926; LÉON-DUFOUR X., Lettura dell’evangelo secondo Giovanni, voll. I- IV, Cinisello Balsamo (MI) 1990-1998; MANNS F., L’Evangile de Jean a la lumière du Judaïsme, Jerusalem 1991; MARA M. G., Il Vangelo di Pietro. Introduzione, Ver- sione, Commento, Bologna 2003; MARTINI C. M., II Vangelo secondo Giovanni, Roma 1993; MATEOS J.-BARRETO J., Il Vangelo di Giovanni, analisi linguistica e commentario esegetico, Assisi 1982; MELLO A, a cura di, Il Dono della Toràh.

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Pontificia Università Lateranense Cattedra Gloria Crucis

«LA COLPA UMANA DINANZI AL MISTERO DELLA CROCE»

Seminario di ricerca interdisciplinare Roma, giovedì 12 marzo 2009

Dimensione Biblica Paolo Farinella, prete

Biblista, parroco nella diocesi di Genova

Dall’albero dell’Eden all’albero della Croce: tipologia «Adam-Crocifisso»1

1 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE. ARANDA PÉREZ G. – GARCÍA

MARTÍNEZ F. – PÉREZ FERNÁNDEZ M., Letteratura giudaica intertestamentaria, Bre-scia 1998; BADESCHI L., Il Modernismo Italiano. Voci e volti, Cinisello Balsamo (MI) 1995; BAGATTI B. – TESTA E., Il Golgota e la Croce, Ricerche storico-archeologiche, Jerusalem, 1978 (rist. 1984); BALDI D., Enchiridion Locorum San-ctorum. Documenta S. Evangelii loca respicientia (ELS), Jerusalem, 19822; BATTISTA A. – BAGATTI B., Il combattimento di Adamo. Testo arabo inedito con traduzione italiana e commento, Franciscan Printing Press, Jerusalem 1982; BIANCHI E., Adamo, dove sei? Commento esegetico spirituale ai capitoli 1-11 del libro della Genesi, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Magnano (BI); BROWN R. E., Giovanni, voll. 1-2, Assisi 1979; BROWN R. E.– FITZMYER J.A. –MURPHY R.E., et alii, Nuovo Grande Commentario Biblico (= NGCB), Editrice Queriniana, Brescia 1997; BURKITT F. C., «What Christians Think of Jews», Hibbert Journal 28 (1929-30) 261-72; «Christian Wiews of Judaism», in In Spirit and in Truth. Aspects of Ju-daism and Christianity, edited for the Society of Jews and Christians by George A. Yates, Hodder and Stoughton, London 1934; BUSSCHE, H. VAN DEN, Giovanni, As-sisi 1974; CAVALCANTI E., «Esegesi tipologica riferita alla croce (sec, H-III). Temi e sviluppi», Bessarione 10 (1993) 27-45; CORBO V., Il Santo Sepolcro di Gerusa-lemme. Aspetti archeologici dalle origini al periodo crociato, voll. 3, Jerusalem 1982; ETERIA, Diario di Viaggio (traduzione dì Clara di Zoppola), Roma 1979; CORBO V. – MANNS F., «Saint Sépulcre», in Dictionnaire de la Bible, Supplément (DBS) 61, coll. 399-431; tradotto in spagnolo in edizione fuori commercio da FRANCÉS P. – MARÍN J. A., El Santo Sepulcro, Zaragoza 1991; DE SANTOS OTERO A., Los evangelios apócrifos, BAC, Madrid 19969; DODD C. H., L’interpretazione del quarto vangelo, Brescia 1974; Du BUIT M.., «Le saint Sépulcre», Le monde de la Bible 2 (1978) 44-46; EPSTEIN B., Tora Temima avec Rachi, vol. 1, Beréchith, Jeru-salem 1998; FABRIS R., Giovanni, Roma 1992; FARINELLA P., Crocifisso tra potere e grazia, Dio e la civiltà occidentale, Il Segno dei Gabrielli Editore, San Pietro in Cariano (VR) 2006; ID., «L’esaltazione della croce tra Scrittura e Ghematrìa» in La Sapienza della Croce (= SDC) 19 (2003) 327-350; FONTANA R., Sinaitica, Ebrei e Gentili tra teologia e storia, Giuntina, Firenze 2006; FLUSSER D., Le fonti ebraiche del Cristianesimo delle origini, Gribaudi, Muilano 2005; ID., Jesus, Morcelliana, Brescia 1997; ID., Il Giudaismo e le origini del Cristianesimo, Marietti, Genova 1995;GREGO I., «Il Golgota, Monte Santo dei Cristiani». BiOrXXÌll (1981), 115, 124, 221-224; GINZBERG L., Le leggende degli ebrei, voll. I-III, Milano 1995-1999; HARL M., La Bible d’Alexandrie. 1. La Genèse, Paris 1994; JEREMIAS J., Golgothà, Leipzig 1926; LÉON-DUFOUR X., Lettura dell’evangelo secondo Giovanni, voll. I-IV, Cinisello Balsamo (MI) 1990-1998; MANNS F., L’Evangile de Jean a la lumière du Judaïsme, Jerusalem 1991; MARA M. G., Il Vangelo di Pietro. Introduzione, Ver-sione, Commento, Bologna 2003; MARTINI C. M., II Vangelo secondo Giovanni, Roma 1993; MATEOS J.-BARRETO J., Il Vangelo di Giovanni, analisi linguistica e commentario esegetico, Assisi 1982; MELLO A, a cura di, Il Dono della Toràh.

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Il tema della colpa e della redenzione, nella tradizione cristiana, è «l’incipit» delle Sacre Scritture, ossia il «Bereshìt» della salvezza che si fa storia2. Il 2° racconto della creazione che è il 1° in ordine crono-logico (Gen 2-3: tradizione J, databile sec. X a. C.), descrive la colpa dei progenitori Adam ed Eva (Gen 3,1-24) e contemporaneamente ri-porta l’annuncio preventivo della redenzione, comunemente detto «protovangelo» (Gen 3,15). Da questa constatazione possiamo rileva-re con tranquilla certezza che è la Scrittura stessa a mettere in stretta connessione la colpa delle origini e la redenzione degli ultimi tempi messianici. Ci domandiamo: qual è il contenuto della colpa primordia-le? In che cosa consiste la redenzione messianica? Quale è il nesso tra la colpa di Adam ed Eva e la venuta del Figlio nella nostra natura? L’incarnazione è un atto d’amore gratuito di Dio o è una conseguenza del peccato di Adam ed Eva? In altri termini, l’incarnazione di Cristo ci sarebbe stata lo stesso se non ci fosse stata la colpa di Adamo? Il rapporto tra colpa e redenzione è un rapporto di causa ed effetto per cui la colpa dei progenitori è «necessaria» per la redenzione3. In que-sto caso, Cristo non avrebbe senso senza Adam. Gesù viene per riscat-tare Adam o viene per altri motivi? [«farci l’esegesi», cioè rivelarci il volto del Padre? (Gv 1,18) che quella colpa ha oscurato e reso incono-scibile?]. La questione è affrontata da San Tommaso che ammette le due possibilità4. Cercheremo di dare una risposta a queste domande, dopo alcune precisazioni. Dalla teologia cronologica alla teologia logica Commento al decalogo di Es. 20 nella Mekilta di R.Ishmael, Roma 1982; MONTAIGNE B., ed., Exégèse et obéissance. Correspondance Cormier-Lagrange (1904-1916), Gabalda, Paris 1989; NERI U., L’ora della Glorificazione di Gesù : passione e riusrezzione secondo Giovanni (Gv 18-20), Edizioni San Lorenzo, Reg-gio Emilia 2003; OUAKNIN M. A., Mystères de la kabbale, Paris 2000; PADOVESE

L., Lo scandalo della croce. La polemica anticristiana nei primi secoli, Roma 1988; PARKES J., The Foundatìons of Judaism and Christianity, Chicago 1960; PAUL A., Le Judaïsme ancien el la Bible Paris 1987; Rituale Armenorum, edited from the ol-dest mss. by F. C. CONYBEARE, Oxford 1905. SEGAL A. F., Rehbecca’s Children. Judaism and Christianity in the Roman World, Cambridge 1986; TANTARDINI G., Invito alla lettura di Sant’Agostino. Senso religioso, peccato originale, fede in sant’Agostino, 30Giorni, pro manuscripto, supllemento al numero 1-2/2006 di «30Giorni»; TESTA E., Il simbolismo dei Giudei-Cristiani. Jerusalem 1981; ID., Il peccato di Adamo nella Patristica (Gen III), Tipografia dei PP. Francescani, Gerusa-lemme 1970; WEIDINGER E., ed., L’altra Bibbia che non fu scritta da Dio. I libri na-scosti del Primo Testamento, Edizione italiana e traduzione a cura di E. Jucci, Casale Monferrato 20022; WIGODER G., ed., Dictionnaire Encyclopedique du Judaisme (DEJ), Paris 1993.

2 Per questo intervento attingo al mio «L’esaltazione della croce tra Scrittura e Ghematrìa» in La Sapienza della Croce (= SDC) 19 (2003) 327-350.

3 Su questa linea sembra porsi anche Benedetto XVI (cf Udienza generale del 3 dicembre 2008, dal titolo «Adamo e Cristo: dal peccato [originale] alla libertà», in L’Osservatore Romano del 4 dicembre 2008,1).

4 SAN TOMMASO D’A QUINO, Summa theologiae, III, q. 1, a. 3, ad 3; a riprova del rapporto causa-effetto (Adam-Cristo) riporta le parole del preconio pasquale o «Exsultet», secc. IV-XII).

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La domanda nasce dall’interno della teologia che presenta la salvezza che entra nella storia, da Adam a Cristo, in chiave cronologi-ca, per cui Adam è necessario all’incarnazione come la causa lo è all’effetto. La liturgia della veglia pasquale si appropria di questa di-namica che è la teologia corrente tradizionale. Nell’Inno al Cero pa-squale o Preconio, simbolo cristologico, infatti, inneggia e plaude alla colpa di Adam che dichiara «beata» perché ha permesso l’incarnazione: «O felix culpa quae talem ac tantum meruisti habere redentorem». Da ciò si ricava la necessità della colpa primigenia per-ché senza di essa, non avremmo avuto la redenzione. In questa pro-spettiva, fa da supporto la successione cronologica, raccolta nel blocco di Gen 1-11, che è il cappello teologico di tutta la storia della salvez-za. Esso si dipana in sette momenti principali:

1. creazione del cosmo e dell’umanità; 2. Adamo/peccato di ribellione; 3. perdita del paradiso/dispersione; 4. fratricidio: il fratello diventa nemico; 5. omicidio e vendetta: l’armonia dell’Eden diventa guerra spie-

tata; 6. diluvio: l’uomo coinvolge anche il cosmo nel degrado totale; 7. incomunicabilità dell’umanità in se stessa (Babele: Gen 10).

Questa fase negativa della storia registra un progressivo e line-

are allontanamento dell’umanità da Dio, il quale non si rassegna al fal-limento della sua creazione e prende l’ iniziativa di contrapporre un processo positivo di segno opposto che registra un cammino di avvici-namento dell’umanità a Dio. Anche questo processo si enuclea in set-te passaggi:

1. storia del Patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe); 2. irruzione di Dio nella guerra di liberazione di Israele

dall’Egitto; 3. esodo verso la Terra della Promessa; 4. predicazione dei profeti come scuola di formazione alla fede; 5. il buio dell’esilio come castigo per l’infedeltà; 6. l’attesa messianica come progetto di riscatto 7. l’arrivo del Messia «quando venne la pienezza del tempo» ac-

coglie «il Figlio di Dio nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4).

Questo schema si trova anche nella letteratura giudaica, il Mi-

drash, che lo esplicita enumerando i passaggi dell’allontanamento e dell’avvicinamento, giocando sulla simbologia del numero «7» che esprime totalità e completezza per dire da una parte che l’umanità raggiunse il culmine massimo del male nella schiavitù di Egitto e al contrario toccò il vertice della vicinanza di Dio con Mosè nella conse-gna della Toràh sul monte Sinai:

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«Gli empi allontanano la Dimora dalla terra, i giusti invece fanno abitare la Di-mora sulla terra. Quando peccò il primo uomo, la Dimora salì al primo cielo; peccò Caino, e salì al secondo cielo; con la generazione di Enoch, al terzo; con la generazione del diluvio, al quarto, con la generazione della torre di Babele, al quinto; con i sodomiti, al sesto, con gli Egiziani ai giorni di Abramo al settimo. Al contrario, vi furono sette giusti: Abramo, Isacco, Giacobbe, Levi, Keat, Am-ram,5 Mosè (con il quale la Dimora discese di nuovo sulla terra, al Sinai, come era sulla terra, all’Eden, prima del peccato)» (Numeri Rabbà [= grande] (XIII,4); Genesi Rabbà (XIX,13 = Cantico Rabbà V,1).

I tre midrashìm citati dicono una verità straordinaria che è il

cuore del mistero della elezione di Israele: il dono della Toràh, cioè la Parola consegnata a Israele sul Sinai per mano di Mosè è un ripristino dello stato primordiale dell’Eden, quando Dio e l’umanità erano fami-liari e intimi. Il 1° racconto della creazione che è il 2° in ordine crono-logico (Gen 1,1-2,4a: tradizione P, sec. V a.C.) si compiace di presen-tare Dio che crea l’universo e l’umanità con dieci parole. Il redattore infatti per dieci volte afferma che «Disse Dio» (Wayyòmer ‘Elohim) e a questa parola corrisponde un avvenimento, un fatto: «E così fu» (Wayehì [ken])6. Il mondo nasce dalla Parola di Dio ed è la Parola di Dio che genera Israele come «popolo» quando riceve da lui le dieci parole di libertà e di identità: i comandamenti (Es 20,1-21). Con dieci parole è creato il mondo, con dieci parole è costituito il Israele «regno di sacerdoti e nazione santa» (Es 19,6).

Da questo processo di allontanamento dell’umanità da Dio e di avvicinamento di Dio all’umanità e di questa a Dio, rileviamo che vi è sempre la Parola come punto discriminante e determinante. Tutta la creazione e tutta la storia d’Israele è un cammino dal «più» al «meno» (non in senso di valore, ma di quantità): la prima parola di Dio è la creazione, cioè «dieci parole» complesse che si esprimono in «parole» e in «azioni»; dopo il fallimento, Dio restringe il suo campo e dalla cosmogonia passa all’antropologia, chiamando i Patriarchi; di fronte ai scarsi successi, attraverso i profeti, individua un «resto» come por-

5 Levi. Terzogenito di patriarca Giacobbe e Lea/Lia (Gen 29,34; Es 1,2; 1Cr

2,1). I suoi figli furono Gherson, Keat e Merari e sua figlia fu Iochebed. Visse 137 anni (Gen 46,11; Es 6,16; Nm 26,59; 1Cr 6,1.16). Con suo fratello Simone uccise gli abitanti di Sichem per cui fu condannato da suo padre (Gen 34,25-30; 49,5). Il di-scendente più importante di Levi fu Mosè (Es 2,1-10). Da lui discendono i Leviti che tenevano il servizio nel tabernacolo e nel tempio. Malachia parla di un patto con Levi, riferendosi probabilmente a questo ruolo dei suoi discendenti (Ml 2,4.8). Ke-at/Cheat. Secondo figlio di Levi (Gen 46,11; Es 6,16; Nm 3,17; 1Cr 6,1.16; 23,6); padre di Aram, Isear, Ebreon e Uzziel (Es 6,18; Nm 3,19.27; 26,58; 1Cr 6,2.18.38; 23,12). Durante la peregrinazione nel deserto, la famiglia di Keat era responsabile del servizio del tabernacolo (Nm 3,28-31; 4,4-20; 7,9; 10,21; 1Cr 9,32). Amram . Figlio di Keat, marito di Iochebed (sua zia) e padre di Aronne, Mosè e Maria. Visse 137 anni. Da lui discese la famiglia degli Amramiti (Es 6,18-20; Nm 3,19.17; 26,58-59; 1Cr 6,2-3,18; 23,12-13). Durante il regno di Davide, fu capo degli Amramiti (1Cr 24,20; 26,23).

6 Per «Disse Dio» (Wayyòmer ‘Elohim) cf Gen 1,3.6.9.11.14.20.24.26.28.29. Per «E così fu» (Wayehì [ken]), cf Gen 1,3.7.9.11.15.24.30.

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tatore della sua alleanza e infine restringe ancora la sua azione, ridu-cendo tutto al «Lògos», che è una persona.

1. La «nuova alleanza»

Il Messia riconosciuto da una parte di Israele, proclama l’alleanza del Vangelo che è la riproposizione della «alleanza nuova» di Ger 31,31. Parlare di «alleanza nuova» nel contesto biblico di ele-zione di Israele è una bestemmia e rasenta l’eresia, per cui è necessa-rio stabilire il senso esatto della «novità». La novità dell’alleanza non consiste nella sostituzione del popolo di Israele con un altro popolo, ad es. la Chiesa, come vorrebbe la «teologia della sostituzione», così cara ai tradizionalisti lefebvriani che ne fanno un punto centrale del loro sistema dottrinale, dentro il quale l’antisemitismo è intrinseca-mente strutturale e necessario come necessità consequenziale della teologia della sostituzione.

Questa teologia addomesticata, ma molto diffusa in campo cat-tolico, è antitetica alla rivelazione biblica, perché è semplicemente impossibile: «Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli si è scelto fin da principio» (Rm 9-11, 1ui 11,2). La novità non consiste nemme-no nell’abolizione dell’alleanza del Sinai a cui subentrerebbe l’alleanza nel sacrificio della croce. Anche questo modo di pensare è impossibile, perché la parola di Dio è definitiva: «la parola di Dio non è venuta meno» (Rm 9,6) ed è altrettanto impossibile che Dio abbia «ripudiato il suo popolo» (Rm 11,1) perché avrebbe dovuto ripudiare anche Gesù che è ebreo per sempre, come sua madre Maria è ebrea per sempre, come i suoi discepoli sono ebrei per sempre, come ebrei per sempre sono coloro che per primi hanno riconosciuto in Gesù il Messia d’Israele, come ebrei per sempre siamo noi che crediamo in Gesù Figlio Dio e nostro salvatore.

La novità dell’alleanza profetizzata da Geremia e ripresa da Gesù di Nazaret riguarda le modalità diverse con cui Dio riprende e riformula il suo patto:

a) Sul Sinai la Toràh scende dall’alto ed è esterna al popolo che

deve stare lontano dal monte di Dio (Es 19,12-13.23-25). - Sul monte delle beatitudini, sul Tabor e sul Calvario è il

Lògos stesso che direttamente annuncia la nuova alleanza, radunando attorno a sé il popolo che egli stesso avvicina e tocca (cf Mt 5,1-2; 17,1-8; Mc 9,2-8; Lc 9,28-36).

b) L’alleanza del Sinai fu scritta sulla pietra (Es 31,18; cf 32,19-20) e fu scritta due volte (Es 34,1-4) perché fu disattesa prima ancora che fosse comunicata. - L’alleanza nuova è depositata «dentro di loro» ed è scritta

«nel loro cuore» (Ger 31,33) perché è un processo di attra-zione verso la comunione con Dio e non una separazione da lui: «quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32; cf 19,37).

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c) L’esito della prima alleanza, dopo la consegna della Toràh

scritta e orale, è un rapporto sponsale. Il popolo infatti, accetta la Parola prima ancora di conoscerla: «Quanto il Signore ha detto noi faremo e ubbidiremo» (Es 24,7)7. Da parte sua Dio assume un impegno espressamente sponsale: «Voi sarete per me una proprietà particolare … un regno di sacerdoti e una na-zione santa» (Es 19,5). Il «codice di santità» (Lv 17-26) de-scrive questo impegno con la formula giuridica del contratto matrimoniale: «Sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (Lv 26,12). - L’esito della seconda alleanza è identico alla prima perché

si conclude con la stessa formula sponsale: «Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo» (Ger 31,33). Questo sposalizio non avrà mai fine perché andrà oltre il tempo quando la storia si concluderà con la stesa formula, ma dentro uno scenario cosmico diverso: «E vidi un cielo nuovo e una terra nuova; il cielo e la terra di prima e-rano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una spo-sa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Di-o» (Ap 21,1-3; 9-10; cf 22,17).

Il progetto sponsale entra nella storia e vi rimane attraverso la presenza di Gesù che lo trasforma in un impegno di eternità: «Io

7 «Prima di donarla agli Israeliti, l’Onnipotente offrì la Toràh a ogni tribù e

nazione del mondo perché nessuno potesse dire: “Se il Santo benedetto avesse volu-to darcela, noi l’avremmo accolta”. Si recò dai figli di Esaù e chiese: “Accettate la Toràh?” – “Che cosa vi sta scritto?”, risposero quelli. – “Non uccidere” (Es 20,13). – “E tu vorresti privarci della benedizione impartita al nostro padre Esaù, cui è stato detto: ‘vivrai della tua spada?’ (Gen 27,40). Non vogliamo la Toràh”. – Allora il Si-gnore l’offrì alla stirpe di Lot dicendo: “Accettate la Toràh?” – “Che cosa vi sta scritto?”. – “Non commettere adulterio” (ES 20,14). – “Proprio da atti impuri siamo nati! Non vogliamo la Toràh”. Allora il Signore chiese ai figli di Ismaele: “Accettate la Toràh?” – “Che cosa vi sta scritto?”. – “Non rubare” (ES 20,15). – “Vorresti forse portarci via la benedizione impartita a nostro padre, cui fu detto: ‘La sua mano sarà contro tutti’ (Gen 16,12)? No, non vogliamo affatto la Toràh”. Così fece con tutti gli altri popoli, i quali parimenti rifiutarono quel dono dicendo: “Non possiamo rinun-ciare alla legge dei nostri antenati, non vogliamo la tua Toràh, dàlla al tuo popolo Israele”. – Per questo Egli –benedetto sia il suo Nome – andò infine dagli Israeliti e disse: “Accettate la Toràh?” – Risposero: “Che cosa contiene?”. – “Seicentotredeici precetti”. Quelli risposero ad una sola voce: “Tutto quanto il Signore ha detto noi faremo e ubbidiremo”» (Sifre Dt 142b; cf Midrash Tannaim 210). Israele senza pre-occuparsi del contenuto, rispose come un sol uomo: «Quello che il Signore ha detto, noi faremo e ubbidiremo». Israele prima mette in pratica la Toràh e poi se ne do-manda la ragione: (ebr.) «‘asher dibèr Adonai ne’hassèh wenishmà’» che la Lxx tra-duce con «panta hòsa elàlesen Kýrios poiêsomen kài akousòmetha» (sul rifiuto dei popoli e l’accoglienza d’Israele cf, L. GINZBERG, Le Leggende degli Ebrei, vol. IV. Mosè in Egitto, Mosè nel deserto, 199-201 e 320 nota 180 con ampia bibliografia dei Midrashìm).

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sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

2. Attraverso la Sapienza Il secondo passaggio obbligato passa attraverso la letteratura

sapienziale che ci apre una prospettiva nuova e una nuova visione. Il libro del Siràcide8, infatti, ci conferma in modo inequivocabile la pro-spettiva che stiamo illustrando. L’autore del testo greco che vive a ri-dosso del NT, uomo innamorato di «donna Sapienza» ci assicura che essa stessa narra la sua preesistenza al creato e alla storia perché si di-chiara contemporanea di Dio creatore:

«2 Nell’Assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: 3 “Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e co-me nube ho ricoperto la terra. 4 Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi* … 8 Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi dis-se: ‘Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele’. 9 Prima dei se-coli e fin dal principio, egli mi ha creato, per tuta l’eternità non verrò mai meno. 10 Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabili-ta in Sion. 11 Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. 12 Ho posto le radici in mezzo ad un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità … 17 Io come vite ho prodotto splendidi germogli e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza”» (Sir 24,1-4.8-12.17).

* Neovolgata aggiunge: «Ego ex ore Alsissimi prodivi, primogenita ante omnem creaturam. Ego feci in coelis, ut oriretur lumen indeficiens – Io so-no uscita dalla bocca dell’Altisismo, primogenita di tutte le creature. Nel cielo ho fatto sorgere una luce perenne» (Neovolg. 24,5-6a; cf Gen 1,1-3; Pr 8,22; Col 1,15). Senza addentrarci in questioni esegetiche che diamo tutte per

scontate, il testo ci serve solo per affermare, in accordo con tutti gli studiosi, la personificazione che l’autore fa di «donna Sapienza», de-scrivendone la preesistenza: la Sapienza infatti afferma che esiste

8 Il libro biblico del Siràcide fu scritto in ebraico verso la fine del sec. II a.C. da Yoshuà ben Siràh, cioè Gesù figlio di Sira (da cui il nome del libro «Siràcide»: cf 50,27). Un suo nipote, rimasto anonimo (cf Sir-prologo), tradusse il testo in greco ad Alessandria di Egitto per gli Ebrei della diaspora che non parlavano più l’ebraico. La data probabile della traduzione è l’anno 117 a.C., quindi a ridosso del NT. Poiché i cristiani usavano in senso messianico la personificazione della Sapienza fatta dall’autore, alla fine del sec. I d.C. quando, dopo la distruzione del tempio e di Ge-rusalemme (70 d.C.), gli Ebrei fissarono il canone delle Scritture, il Siràcide fu tenu-to fuori e non venne più letto nelle sinagoghe per cui se ne persero le tracce. Tra il 1896 e il 1964 negli scavi archeologici vicino al Cairo fu rinvenuta una Ghenizà (ri-postiglio usato in sinagoga dove si depistavano i libri liturgici non più in uso) che conservava il testo ebraico del Siracide, quasi completo. Anche a Qumran tra i ma-noscritti biblici e liturgici ebraici fu trovata la copia ebraica del Siracide, segno che prima della polemica giudeo-cristiana il Siràcide era un libro ebraico a tutti gli effet-ti. La Chiesa latina e ortodossa hanno sempre fatto riferimento però al testo greco che è conservato in due forme: una breve, più attendibile dal punto di vista critico e una più lunga. La Bibbia della Cei, nelle prime due edizioni (1971 e 1974) riportava la forma breve, mentre nella terza edizione (2008) ha integrato la forma breve con quella lunga che è riportata in corsivo.

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«prima dei secoli e fin dal principio» (v. 9)9. Sono interessanti alcune varianti:

Al v. 3 (Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo) la Neovol-

gata (24,5b-6a) aggiunge: «Primogenita di tutte le creature. Nel cielo ho fatto sorgere una luce perenne» (cf Gen 1,1-3; Pr 8,22; Col 1,15) che è una ripresa della creazione che qui è descritta come opera della Sapienza, lasciando intendere la sua uguaglianza con Dio creatore. - La Sapienza è preesistente al creato (Sir 24,3-4). - Essa al contempo è immanente alla storia perché ha una destinazio-

ne missionaria: deve «piantare la tenda (tēn skēnên)… in Giacob-be» (Sir 24,8).

- Donna Sapienza si paragona alla vite (àmpelos) che produce splen-didi germogli» (Sir 24,17).

- La Sapienza guida e illumina la terra come la nube accompagnava e illuminava l’esodo d’Israele nel deserto ( Sir 24,3-4; cf Es 13,21-22; 14,19-24; 16,10; 19,9.16, ecc.).

- Secondo l’apocrifo 1Enoch (sec III a.C.) la Sapienza non trova di-mora tra gli uomini: «Quando la sapienza venne per prendere dimo-ra tra gli uomini, e non poté trovare nessuna dimora, la sapienza ri-tornò in quel luogo e scelse la sua sede tra gli angeli» (1En 42,2).

3. Fino al Lògos

Giovanni nel prologo si ispira alla tradizione sapienziale: - Descrive il Lògos nella sua eterna preesistenza: «In principio era il

Lògos e il Lògos era presso Dio e il Lògos era Dio. Egli era, in principio, presso Dio» (cf Gv 1,1-2.4-5).

- Lo annuncia anche nella sua piena immanenza perché «In [tutto] ciò che fu fatto [il Lògos] era vita e [la] vita era la luce degli uomi-ni; la luce brilla nelle tenebre» (Gv 1,4-5) a motivo dell’assurdo ra-zionale: «Il Lògps-carne fu fatto» (Gv 1,14).

- Il Lògos ha una destinazione di natura missionaria: «abitò (eskênō-sen) in mezzo a noi» (Gv 1,14).

- Come per la Sapienza (1Enoch 42,2) anche il Lògos è respinto dal-la tenebre: «Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11).

- Gesù è la «vera vite» che genera tralci (i discepoli) i quali portano molti frutti. Nell’identificarsi con la «vite», a differenza di «donna Sapienza», Gesù usa la formula pregnante di autopresentazione «I-o-Sono» (gr. egō eimì), che per i suoi uditori significava attribuirsi l’identità del Dio d’Israele, Yhwh, che nel roveto bruciante si è ri-velato a Mosè come «Io-Sono» (Es 3,14; cf v. 6)10.

9 Cf anche Sir 1,1-10; 4,11-19; 6,18-36; 14,20-15,10; Pr 1,20-33; 8,1-36;

9,1-6; Gb 28; Bar 3,9,4,4). 10 «I Lxx del Dt-Is chiaramente intendono l’espressione egô eimí, “io sono”,

come il nome divino (Is 51,12;52,6)» (PHEME PERKINS, «Il vangelo di Giovanni», in NGCB 1235). La conferma di questa identificazione si ha nel vangelo di Giovanni, quando, al momento dell’arresto nell’orto del Getsèmani, Gesù è raggiunto da Giuda e dalle «guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei» con i quali intrattiene un

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4. Sapienza e Lògos sono prima di Adam

Il concetto della preesistenza «prima della creazione» non è una novità né per il giudaismo né per la tradizione neotestamentaria. I Rabbini insegnano, infatti, che dieci [o sette] cose sono state create prima della creazione del mondo, tra cui le lettere dell’alfabeto, l’agnello del sacrificio pasquale e il Messia (cf Sal 72,17; Mi 5,1; Zc 4,7):

«Dieci cose furono create al crepuscolo del primo Sabato e cioè: 1° l’apertura della terra11; 2° la bocca del pozzo12; 3° la bocca dell’asina13; 4° l’arcobaleno14; 5° la manna15; 6° la verga [di Mosè]16; 7° lo shamìr17; 8° le lettere dell’alfabeto18; 9° la scrittura19 e 10° le Tavole della Toràh20. Alcuni [sosten-

breve dialogo: «Gesù si fece innanzi e disse: “Chi cercate?”. Gli risposero: “Gesù, il Nazareno”. Disse loro Gesù: “Io-Sono!” [purtroppo anche l’ultima edizione della Bibbia-Cei (2008) traduce con l’incolore e blando “Sono io!”] … appena disse loro: “ Io-Sono”, indietreggiarono e caddero a terra» (Gv 18,4-8), perché nessuno può vedere la faccia di Dio e restare in vita (cf Es 3,6; 33,20; 19,21; Gen 32,31; Lv 16,2; Nm 4,20; Dt 5,24; Gdc 6,22-23; Is 6,5; 1Re 19,13). Nel IV vangelo la formula di autopresentazione «Io-Sono – egō eimì)» ricorre 24 volte che è un numero impres-sionante e sempre nella stessa direzione: presentare Gesù che si appropria dell’Identità di Yhwh (che la Lxx rende con egō eimì) . La formula si trova 9x in forma assoluta e altre 15x con immagini diverse, come dal seguente elenco: «Io-Sono» (Gv 6,20; 8,24.28.58; 9,9; 13,19; 18,5.6.8); «Io-Sono il rivelatore» (Gv 4,26); «Io-Sono il pane della vita» (Gv 6,35.48); «Io-Sono il pane disceso dal cielo» (Gv 6,41); «Io-Sono il pane vivente» (Gv 6,51); «Io-Sono la luce del mondo» (Gv 8,12); «Io-Sono il testimone» (Gv 8,18); «IoSono la porta delle pecore» (Gv 10,7); «Io-Sono la porta» (Gv 10,9); «Io-Sono il pastore bello» (Gv 10,11.14); «Io-Sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25); «Io-Sono la via e la verità e la vita» (Gv 14,6); Io-Sono la vite [vera]» (Gv 15,1.5). Sarà questa identificazione a portare Gesù alla morte perché reo di bestemmia: «Si è fatto figlio di Dio» (Gv 19,7; Cf Mt 26,59-67).

11 Nm 26,9-10: la terra apre la sua bocca e inghiotte i figli di Core che si ri-bellarono a Mosè.

12 Nm 21,16: è il pozzo di Beer da cui il Signore fece sgorgare l’acqua per dissetare Israele.

13 Nm 22,22-35:l’asina che vede l’angelo parla a Balaam che invece di ma-ledire Giacobbe, lo benedirà.

14 Gen 9,12-17: l’arco che Dio pone sulle nubi come segno della sua allean-za con Noè.

15 Es 16,15: è il pane del cielo che il Signore che dato a Israele per sfamarlo nel deserto. Una bottiglia di essa era conservata nel tempio di Gerusalemme.

16 Es 4,4; 7,19-20; 8,1.12; 9,23; 10,13;17,5.9: è il bastone di Dio con cui Mosè operò i prodigi in Egitto e che era custodito nel tempio di Gerusalemme.

17 Shamìr significa «spina appuntit – diamante» con cui si può incidere su materiale duro come le pietre, «ma qui è mitologicamente inteso come un verme [miracoloso] di cui Salomone si sarebbe servito per scolpire le pietre da usare nella costruzione del Tempio [che non potevano essere tagliate con strumenti di ferro: cf 1Re 6,7; v. anche Es 28,9-12]» (Detti dei Rabbini - Pirqè Avot, a cura di Alberto Mello, monaco di Bose, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bosè Magnano (VC), 1993, 162, nota 6).

18 Secondo la tradizione giudaica sono le lettere con cui furono incise le ta-vole della Toràh (Es 24,12) da cui sprigionavano le scintille di fuoco mentre Dio le incideva (cf bSanhedrin 34a; bShabbat 88b).

19 Non nel senso di Rivelazione scritta, ma la scrittura come codice di segni per scrivere un testo che esprime la grandezza di ogni parola perché scrigno del vo-

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gono]: anche gli spiriti maligni21 e la tomba di Mosè nostro Maestro22, l’ariete di Abramo nostro patriarca23 e c’è chi aggiunge anche la tenaglia fatta con te-naglia»24 (Mishnàh, Pirqè ’Avot/Massime dei Padri, V,6). Altra variante «Sette cose furono create prima della creazione del mondo: la Toràh, la con-versione, il Giardino dell’Eden, la Geenna, il trono della gloria, il tempio e il NOME del Messia»25( in ebraico il nome è la natura intima della persona). Anche il NT si ispira a questa tradizione giudaica della Toràh ora-

le che evidentemente era conosciuta nel sec. I d.C., sebbene codificata per iscritto dopo il sec. II d.C.:

- «17,5 E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse (pro toû ton kòsmon eînai)»

- «17,24Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato pri-ma della fondazione del mondo (pro katabolês kòsmou)» (Gv 17,5.24).

- «Egli è l’immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione» (Col 1,15).

- «Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo (pro katabolês kòsmou), ma negli ultimi tempi si è manife-stato per voi» (1Pt 1,20) 26.

- «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il Nome che è al diso-pra di ogni nome; perché nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra » (Fil 2,9-10), ri-ferimento evidente alla tradizione delle sette cose create prima della creazione del mondo con esplicito riferimento

lere di Dio.

20 Cf nota 17. 21 Sono gli spiriti creati dopo Adam ed Eva, ma essendo già arrivato lo

Shabbàt, rimasero senza corpi e si ribellarono, diventando cattivi e nemici dell’umanità.

22 Nessuno ha mai trovato la tomba del grande condottiero, per cui si fanta-stica che non sia di questo mondo.

23 Gen 22,13: è l’ariete che Abramo sostituisce al figlio Isacco e che resterà sempre attraverso il suono del corno il segno dei «meriti dell’aqedàh – legatura» del patriarca Isacco.

24 Mishnàh, Pirqè ‘Avot/Massime dei Padri, V,6; Talmud Pesachim/Pasqua 54a. Cf R. LE DÉAUT, «Le Targum de Genèse, 22,8 et 1 Pierre 1,20», in Rech. Sc. Rel. 1961,103-106.

25 Talmud babilonese Pesachim/Pasqua 54a; Pirqe de Rabbi Eliezer 3; Bereshit Rabbah 1, 4.

26 Qui troviamo un esempio dell’influenza del giudaismo sul cristianesimo, ma anche la prova che alcune tradizioni orali tardive della Mishnàh e del Talmud, possono essere datate in base agli scritti cristiani che così fungono da «terminus a quo»: la tradizione della Mishnàh sulla preesistenza è almeno contemporanea al NT cioè è databile sec. I d. C. La conseguenza è che la Mishnàh e il Talmud scritti (dal sec. II d.C. al sec. VI d.C.) possono riportare tradizioni molto più antiche che biso-gna datare di volta in volta.

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a alla totalità del creato, secondo la tripartizione ebraica (cielo, terra sotto terra/inferi).

5. Ritorno al principio La colpa di Adam ed Eva è inerente la cristologia e non

l’antropologia soltanto.. Non è l’uomo che afferma se stesso, ma l’uomo che rifiuta il Lògos come «ragione» della propria vita e della propria etica. La colpa primordiale che corrisponde al senso di «ha-martìa» giovanneo27 e consiste nel rifiutarsi di essere «immagine e somiglianza» del Lògos/Sapienza, che Dio Padre aveva posto come «modello e mediatore», in vista della rivelazione finale che si sarebbe manifestata in Gesù di Nazaret con l’incarnazione. Adam ed Eva non accettano di riconoscersi nel Figlio, ma voglio essere autosufficienti, «simili a Dio» da sé e per sé e non nel volto del Figlio prediletto.

a) «Verbum abbreviatum»

Non è casuale che Giovanni inizia il suo vangelo con lo stesso afflato e la stessa Parola del racconto della creazione: «En archê ên ho Lògos» (Gv 1,1), dove il Il principio non è un inizio temporale, ma un principio assoluto che trascende il tempo per entrare nella relazione del Lògos con Dio. E' una finestra spalancata sull'eternità del Verbo che decide di incarnarsi nella storia. La creazione è il primo atto dell’incarnazione del Lògos che inizia «prima che il mondo fosse» e si realizza «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4): un processo lungo, un processo che attraversa tutta la storia d’Israele e la sua speranza mes-sianica. San Francesco d’Assisi sintetizza questo straordinario concet-to teologico, dicendo che con l’incarnazione il Logòs di Dio si è ac-corciato, si è fatto «verbum abbreviatum»:28 Le dieci parole dell’«in principio» (Gen 1,1) e la complessità della storia di Israele costellata da molte parole di Dio, proclamate dai profeti si accorciano in una so-la Parola e in un Nome perché possano essere contenuti da ciascuno di noi e nessuno possa dire di non essere in grado di portarne il peso per-ché la Parola/le parole sono parte intima di noi stessi con cui realiz-ziamo il nostro bisogno di comunicazione cioè di relazione.

Ne consegue che l'incarnazione del Verbo che si fa carne non è altro che la rivelazione in basso (nel mondo) della vita in Dio. L’esi-stenza eterna del Verbo è indicata dall’imperfetto «ên - era»: gli ese-geti parlano di imperfetto divino perché perpetua nel presente ciò che è iniziato «in principio- en archê». L’Apocalisse presenta il Lògos nel-la sua «singolarità» di trascendente e immanente nel divenire della storia con la mirabile espressione di auto-presentazione: «Io-Sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene» (Ap 1,8; cf 1,4; 4,8). quasi volesse dire il Verbo-Lògos è il principio, cioè il fonda-

27 In Gv su 17 occorrenze 8x sono al singolare e si riferiscono al rifiuto di

Gesù Cristo, e 9x al plurale che indicano le modalità con cui si realizza il rifiuto di fondo.

28Regola Bollata (1223), IX,2 in Fonti Francescane, Movimento France-scano, Assisi 1977 (2a rist. 1978) n. 98.

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mento e la ragione di tutto ciò che è ed è stato creato (vv 3-4). Se dieci sono le parole della creazione29 e in corrispondenza

dieci sono anche quelle dei comandamenti30, i rabbini del dopo esilio avevano codificato la Toràh in una serie sconfinata di 613 precetti31 da osservare per essere un buon giudeo. E’ l’estensione a dismisura della legge morale che non lascia nulla al caso o alla determinazione della libertà personale, ma tutto è previsto, stabilito. codificato. Al tempo di Gesù l’osservanza di tutti i precetti della Torah (Sir 51,26; Ger 2,20; 5,5; Gal 5,1) erano considerati un giogo pesante da portare: i 613 pre-cetti, erano suddivisi in due parti: 248 positivi corrispondenti al nume-ro delle membra del corpo umano e 365 negativi, uno per ogni giorno dell’anno solare32. Le donne erano obbligate ad osservare i comanda-menti positivi, ma erano dispensate da quelli negativi.

I farisei pensavano che il popolo non potesse salvarsi perché incapace di osservare tutti i precetti prescritti. Quando un non ebreo chiedeva di convertirsi all’ebraismo gli si spiegava come fosse duro portare il giogo della Toràh per scoraggiarlo (Talmud, Berakot 30b). Il giogo però indicava anche la fatica quotidiana dello studio della Toràh che equivale all’osservanza di tutti i comandamenti presi nella loro to-talità33. Giovanni nel prologo parla di «Lògos» al singolare che è una magnifica contrapposizione all’inflazione delle «parole» che domina-va il suo tempo. La «pienezza del tempo» si caratterizza per il fatto che la Parola per eccellenza, la Toràh, la creazione e i comandamenti non sono altro che anticipi, prolessi dell'unica Parola che è il Figlio di Dio, il quale non ha più bisogno di molte parole per manifestare il vol-to di Dio, ma ora è Lui stesso il Figlio prediletto che diventa Parola. Per questo sul monte Tabor, la voce celeste ordinerà di ascoltarlo (cf Mt 17,5; Mc 9,7; Lc 9,35).

b) Dalla Legge alla Coscienza

Gesù si presenta in una maniera rivoluzionaria: è un Rabbi che non scoraggia, ma che invita a prendere un giogo che egli stesso si è preoccupato di rendere leggero e facile da portare, facendo piazza pu-lita di tutta la casistica e riportando la legge morale al cuore della rive-lazione che è la coscienza consapevole che si abbandona alla volontà

29 Cf Mishnàh, Pirqè Avot, V, 1. 30 I dieci comandamenti descritti in Es 20,1-17. 31 Il Talmud babilonese (trattato Makkoth 23b: tradizione di Rav. Simlai,

amoraita del III sec. d.C.) insegna che la Toràh contiene 613 mitzvòt dei quali 248 sono mitzvòt asèh (comandamenti/precetti positivi, prescrizioni) e corrispondono alle parti di cui si compone il corpo umano che sono in totale 248 (ossa, nervi, ecc.); 365 sono mitzvòt taasèh (comandamenti/precetti negativi, divieti) e corrispondono ai giorni dell'anno che solare che sono 365. La Toràh deve essere osservata con tutta la persona (248 ossa) e questo impegno deve durare tutto l’anno (365 giorni). Il nume-ro 613 si ricava dalla ghematrìa: la parola Toràh in ebraico (T_W_R_H) ha un valo-re numerico di 611 (400_6_200_5) a cui devono essere aggiunti i due pronomi per-sonali con i quali Dio si presenta nel consegnare l’intera Toràh a Mosè sul Sinai (Es 20,2-3; Dt 5,6-7). La somma di 311+2 dà il risultato di 613.

32 Cf Rav. Simlai, amoraita del III sec. d.C. in Makkot 23b. 33 Cf Mishnàh, Pèah/Angolo, 1,1; Talmud, Shabàt 127a.

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del Padre che accetta come propria. La morale per Gesù è il frutto ma-turo della relazione che a sua volta è il frutto genuino dell’incontro.

Egli infatti, riduce «tutta la Toràh e i Profeti» (Mt 22,40; cf 7,12) cioè tutta la rivelazione scritta e orale, i 613 mitzvòt/precetti sol-tanto ad un comandamento che assume una duplice direzione: vertica-le e orizzontale. E’ il comandamento dell’amore (Mt 22,36-40). Non solo, Gesù va a cercare addirittura tutti gli esclusi e gli impuri, coloro cioè che la religione ufficiale dichiarava irrecuperabili preventivamen-te e li dichiara «Beati», cioè i destinatari privilegiati dell’azione di Di-o, mettendo a soqquadro le certezze acquisite della religione e del si-stema socio-politico che ne decreteranno la morte.

Gesù entra nella storia degli uomini non per riparare i danni di Adam, ma per proseguire il piano di Dio nonostante il rifiuto di Adam ed Eva, nonostante l’allontanamento progressivo dell’umanità dal progetto originario. La chiave di questa lettura che è al tempo stesso ontologica ed etica, la troviamo nel prologo di Giovanni che purtroppo anche la nuova traduzione della Bibbia-Cei rende in modo insoddisfa-cente. Leggiamo i vv. 3-5 nella versione ufficiale e poi diamo una ver-sione letterale:

Bibbia-Cei Traduzione letterale 1 In principio era il Verbo 1 In principio era il Lògos, e il Verbo era presso Dio e il Lògos era volto verso Dio e il Verbo era Dio. e il Lògos era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 2 Egli era in principio volto verso Di-

o. 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui 3Tutto fu fatto (gr.: eghèneto) per

mezzo di lui, e senza di lui nulla è stato fatto e, fuori di lui, [tutto] diventò (gr.: e-

ghèneto) niente. di ciò che esiste. 4 In [tutto] ciò che fu fatto 4 In lui era la vita [il Lògos] era vita e la vita era la luce degli uomini; e [la] vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre 5 la luce brilla nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta. ma le tenebre non l’hanno doma-

ta/vinta»34.

Dal testo greco rileviamo in modo evidente che il Cristo è il modello della creazione che in lui trova il suo proprio senso; al v. 3 infatti, «fuori di lui, [tutto] diventò niente» è un chiaro riferimento alla ribellione di Adam ed Eva e si contrappone al loro desiderio di essere come Dio (cf Gen 3,5): il progetto di onnipotenza di Adam che vuole realizzarsi «fuori di lui», cioè «separato dal Lògos» (cf Gv 1,3) si sgonfia e «diventò niente»35. Un altro indizio si trova nel termine te-

34 La traduzione letterale proposta e compatibile con la morfosintassi del testo greco. Per l’analisi critica e testuale come anche per i riferimenti al contesto e alla letteratura giudaici, cf F. MANNS, L’Evangile de Jean à la lumière du Judaïsme, Franciscan Printing Press, Jerusalem 1991, 1-50; per la traduzione letterale, spe-cialmente 36-37.

35 La preposizione greca chorìs che in prima battuta significa «senza»; in Gv

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nebre Gv 1,5 che è una ripresa di Gen 2,2 dove esse «ricoprivano l’abisso» su cui inaspettatamente risuona per 10 volte la parola crea-trice di Dio. Con l’atteggiamento di Adam le tenebre estendono il loro potere e avvolgono anche l’umanità che così è solidale «nel nul-la/vuoto» con l’intero cosmo, come insegna l’apostolo Paolo:

La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che la sottoposta – , nella speranza che anche la stessa cre-azione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare la libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,20-21).

Sia nella creazione che nel tempo del Messia le tenebre non riescono ad imprigionare/domare la luce del Lògos che «in principio» è luce creatrice, mentre ora diventa «luce che era la vita degli uomini» (Gv 1,4b): allora come oggi, anche nel tempo del Messia, le tenebre cercano di avere il sopravvento sulla luce, ma non riescono perché la Parola diventa visibile e sperimentabile:

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toc-carono del Verbo della vita … quello che abbiamo veduto e udito, noi lo an-nunciamo anche a voi … Dio è luce e in lui non vi sono affatto tenebre (1Gv 1,1.3.5).

In Gv 14, 6 Gesù per identificarsi con la vita non usa media-

zioni, ma afferma in modo assoluto l’identità piena e immediata: «Io-Sono la vita», espressione che si capisce solo nel contesto dell’AT che definiva la Toràh come sorgente della vita (Dt 8,3; 30,15-20). Il Tar-gum di Gen 3 non aveva esitato a identificare la Toràh con l’albero della vita del Paradiso terrestre e Gv, presentando il Lògos come vita, s’inserisce in questa tradizione: per lui il Lògos è l’obiettivo che fi-nalmente la Toràh raggiunge36 come spiega Paolo: essere pedagogo a Cristo (cf Gal 3,24-25)37.

c) Dal giardino al giardino La riprova definitiva si ha ancora in Gv nell’«ora» suprema

15, 5 e 20, 7 però ha il significato di «separato da...». Allo stesso modo nella Bibbia della LXX in 1 Sam 12, 21 e Is 40, 17 e 23, il termine ouden che significa «nul-la/niente» traduce tohu wabohu, espressione che troviamo in Gen 1,2 per indicare il vuoto iniziale prima della creazione: «La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque». La forma verbale di Gv 1,3 è il tempo aoristo (eghèneto) che indica un’azione precisa, fissa e determina-ta. Il riferimento è al peccato di Adam che trascina con sé, nel caos e nel nulla tutta la creazione per il suo rifiuto di accettare la «primogenitura» del Lògos che è il Cri-sto Signore.

36 La stessa idea sarà ripresa in Gv 1,17 nel parallelismo tra Gesù e Mosè (trad. letterale): «perché la Legge/Toràh fu data per mezzo di Mosè, la grazia della verità fu data per mezzo di Gesù Cristo».

37 La stessa applicazione che si fa per il termine «vita» deve valere anche per il vocabolo « luce», altro titolo con cui Gesù si identifica (Gv 8,12; 9,5; 12,46); co-me «vita» anche «luce» è un titolo che l’AT attribuisce alla Legge (Sal 19,8) e alla Sapienza (Targum 2 Bar 3, 14).

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della glorificazione, quando il Lògos è appeso al legno38: «lo crocifis-sero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo – mèson de ton Iēsoûn» (Gv 19,18), esattamente come «l’albero della vita in mezzo al giardino – ho xýlon tês zōês en mèsō tōi paradeísōi» (Gen 2,9) 39. Se la croce è il nuovo albero carico della Vita che è il Lògos/Cristo, la colpa di Adam e di Eva non può essere altro che il rifiuto di partecipare a questa Vita, l’esclusione del Figlio dalla loro prospettiva di esistenza: peccano perché scelgono di vivere da sé e per sé, al di fuori «chorìs-senza» il Lògos, «fuori» dal piano d’amore di Dio che trova bel Figlio il compimento e la maturità.

Il libro apocrifo La caverna del Tesoro, rielaborazione cristia-na di un testo precedente giudaico, databile fine del sec. IV, seguendo la tradizione cristiana, identifica il Gòlgota con l’Eden di Genesi 2-3 e, seguendo la tradizione giudaica, con il monte Moria/Tempio di Ge-rusalemme, operando una trasposizione teologica, motivata anche dal-le polemiche tra la sinagoga e la chiesa: i giudeo-cristiani, infatti, tra-sferiscono il ricordo di Adamo dal monte Moria al monte Calvario:

“[ Sacrificio di Isacco] 29 3 Isacco aveva ventidue anni quando il padre lo pre-se con sé e lo fece salire sul monte Jebus da Melchisedek, servo del Dio Altis-simo. 4 Il monte Jebus infatti è la montagna degli amorrei e su questo luogo fu eretta la croce del Messia…6 Questo luogo è il punto di mezzo della terra, la tomba di Adamo, l’altare di Melchisedek, il Golgota, il luogo della testa e il Gabbatha. 7 Là Davide vide l’agnello che reggeva la spada di fuoco. 8 E là A-bramo condusse suo figlio Isacco, per offrirlo in olocausto. E vide la croce del Messia e la redenzione del nostro padre Adamo. 9 L’albero era il simbolo della croce di nostro Signore, il Messia, e l’agnello fra i suoi rami era il segreto dell’incarnazione dell’unico Verbo”. [La tentazione nel Paradiso] “4, 2 E Dio fece abitare Adamo ed Eva nel Pa-radiso. 3 La parola è vera e annuncia verità: questo albero della vita nel mezzo del Paradiso è un simbolo della croce del redentore, il vero albero della vita, e fu eretto nel mezzo della terra”. [Morte di Adamo] “6, 15 Quando si apprese la notizia della morte imminente di Adamo, vennero presso di lui tutti i suoi discendenti…16 Egli allora li bene-

38 Prima che il termine croce (gr.: stauròs) prendesse il sopravvento, si usava

il termine legno (gr.: xýlon) che è un esplicito richiamo all’albero (gr.: xýlon) della vita e l’albero (gr.: xýlon) della conoscenza del bene e del male di Eden (Gen-Lxx 2, 9.16.17 e altre 10x in 2-3); cf anche Ap 22,1-2. Il racconto della passione del IV vangelo (Gv 18-19) è rinchiuso in un chiasmo formato dalla parola «giardino – kê-pos» (Gv 18,1; 19,41 [2x]), altro termine ricco di simbolismo che riporta al giardino di Eden.

39 F. MANNS, L’Evangile 426-427 per il quale l’espressione «in mezzo» di Giovanni rinvia sicuramente a Genesi perché egli presenta la croce come il nuovo albero della vita. Diversa l’opinione di R, E. Brown che rimanda, invece, sempli-cemente al Sal 22,17: «una banda di malvagi (ponérèuomenoi) mi circonda» (cf Giovanni, vol. 2, 1118). Due altri autori classici Charles Dodd (L’interpretazione del quarto vangelo, 517-541) e JAN VAN DEN BUSSCHE (Giovanni, 596-598) non vi fanno alcun accenno. Per l’espressione «da una parte e dall'altra», a noi sembra che non si possa parlare di piena corrispondenza tra i testi come fa Manns, ma solo di similitudine, perché Ap 22,2 può spiegare Gv in quanto riporta sia evn me,sw| (en mè-sō) che evnteu/qen (enteûthen), ma non Ez che usa l’altro avverbio, evnteu/qen (enteû-then), ripetuto 2x; il confronto tra i testi deve essere sempre lineare ed ermeneuti-camente fondato sulla morfosintassi; si può anche stare sul piano teologico, ma è altra cosa.

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disse e pregò su di loro. 17 E nell’anno novecentotrentesimo a contare dalla cre-azione, Adamo lasciò questo mondo, il quattordici di Nisan nell’ora nona, un venerdì. 18 Nella stessa ora nella quale il Figlio dell’uomo sulla croce restituì la sua anima al proprio creatore e lasciò questo mondo”.

Su questa linea si colloca anche la tradizione patristica che ri-

prendendo lo schema «tipologico» della Scrittura (Rm 5,14; 1Cor 15,22.45) sviluppa teologicamente il nesso tra Cristo e Adam40. Anche la liturgia si appropria di questo processo e canta: «Nell’albero della Croce tu hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva la vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore” 41.

Nella croce i primi cristiani vedevano il segno della redenzione universale, lo strumento privilegiato con cui Dio non abbandona il progetto della creazione vanificato da Adam, ma addirittura includono Adam in questa «ri-creazione» che alla fine dei tempi Cristo restaura in modo definitivo, riscattando così anche la colpa dei progenitori. Ri-prendendo un procedimento ebraico, essi leggono le quattro lettere che lo compongono la parola «A_D_A_M» in acrostico, dando così origi-ne ad altre quattro parole che sono i quattro punti cardinali: A(natolē�) Oriente/Est* *Per i primi cristiani «O-

riente» era anche il «nome» di Cristo, in base a Zc 6,12 nella versione della Lxx, ma non nel testo ebraico42.

D(ýsis) Occidente/Ovest Á(rctos) Settentrione/Nord M (esēmbrìa) Meridione/Sud

A questa tradizione «cosmica» sembra riferirsi Paolo in Ef

3,18 dove parla delle quattro dimensioni dell’agape di Cristo43.

40 Non ci addentriamo sulla teologia tipologica sviluppata dai Padri della Chiesa perché entreremmo in un mare immenso. A titolo esemplificativo citiamo: IRENEO, Adv. Her., III, 21,10; per un immediato repertorio, quasi un prontuario di testi «tipologici» patristici, cf la Collana di Testi Patristici, edita da Città Nuova, Roma 1976-1992, con 100 opere scelte (di seguito, indichiamo l’Autore patristico, il titolo dell’opera, il numero che l’opera ha nella Collana e la pagina della citazione): AMBRO-SIASTER, Commento alla lettera ai Romani, 43, 140ss; Commento alla prima lettera ai Corìnzi, 78, 224-26; CIRILLO DI ALESSANDRIA, Perché Cristo è uno, 37, 88ss; Commento alla lettera ai Romani, 95, 51-52. 57; GIOVANNI CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali, 31,135; CROMAZIO DI AQUILEIA, Catechesi al popolo, 20, 116ss.; 144-45; PIER CRISOLOGO, Omelie per la vita quotidiana, 12, 207; VENERABILE BEDA, Omelie sul Vangelo, 90, 136-37; RUFINO, Spiegazione del credo, 11,76; per l’idea del valore cosmico della croce cf S. Pascha 51, 9-10, omelia ano-nima (II sec.) e MELITONE DI SARDI, De Pascha XVI, 12-15. Per avere una idea e alcuni riferimenti bibliografici cf T. ŠPIDLÍK , La spiritualità dell’Oriente cristiano. Manuale sistematico, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1995.

41 Prefazio «La croce, albero della vita», Festa dell’Esaltazione della Croce (14 settembre).

42 Cf M. HARL, La Bible d’Alexandrie, 1 La Genèse, 101, commento a Gen 2,8 e 149 commento a Gen 11,2.

43 «17Che il Cristo abiti per fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, 18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lun-

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D’altronde la salvezza di Dio non è stata pensata per tutti i popoli (Is 52,10; Tt 2,11;) e Gesù non ha dato forse la sua vita e non ha sparso tutto il suo sangue per la salvezza di «pollòi/tutti» (Mt 26,28;Mc 14,24; Le 22,19-20; 1Cor 11,24-25; Gv 6,33.51)?44 La croce, «scanda-lo e stoltezza» (1Cor 1, 23), è la prova suprema dell’agàpe di Dio che da legno di supplizio trasforma in trono di gloria, come canta la litur-gia del venerdì santo: «Per noi dolce legno, che porti | appeso il Si-gnore del mondo. Tu fosti l’albero degno | di reggere il nostro riscat-to»45. Dal «legno» dell’Eden venne la morte con Adam, dal «legno» del Gòlgota scende la salvezza nell’obbedienza del Figlio che conse-gna al Padre il riscatto dell’umanità intera: «D’Adamo comprese l’inganno | e n’ebbe il Signore pietà, | quando egli del frutto proibito | gustò e la morte lo colse. | Un albero scelse, rimedio | al male dell’albero antico» (v. nota 45) L’apocrifo già citato, La caverna del Tesoro, nel sec. IV d. C. ripete questa idea come acquisita perché è parte ormai di una tradizione molto antica:

[La tentazione nel Paradiso] «4, 2 E Dio fece abitare Adamo ed Eva nel Para-diso. 3 La parola è vera e annuncia verità: questo albero della vita nel mezzo del Paradiso è un simbolo della croce del redentore, il vero albero della vita, e fu eretto nel mezzo della terra»46.

Questi testi confermano che tutte le caratteristiche che l’aggadàh47 giudaica collocava nel Tempio (creazione, terra dai quattro angoli, creazione di Adam, sacrificio di Isacco, altare del sacrificio,

ghezza, l’altezza e la profondità, 19e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio».

44 Deliberatamente non vogliamo accennare alla teologia paolina del rapporto «Adamo/Cristo», sviluppato nella lettera ai Romani (cap. 5) perché merita una trat-tazione a se stante. Sulla questione del «pollòi – tutti/molti» cf «Circolare della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali Nazionali sulla traduzione in volgare dell’espressione “pro multis” contenuta nella formula della Consacrazione del Prezioso Sangue, nel Canone della S. Messa» del 17 ottobre 2006 (Prot. n. 467/05/L) con cui si chiede di cambiare la formula «per tutti» in «per molti»: un altro passo di distanza dal conci-lio Vaticano II.

45 Inno «Crux fidelis» del Venerdì santo attribuito dalla tradizione a Venanzio Fortunato (c530-c609).

46 Un altro testo interessante è il «Descensus ad inferos» che fa parte del Van-gelo di Nicodemo, dove si fa dire a Gesù: «Voi tutti che siete morti a causa del legno toccato da costui [Adamo], venite dietro a me. Ecco, infatti, che io vi faccio risorge-re tutti, per mezzo del legno della croce» (DE SANCTOS OTERO, Los Evangelios Apó-crifos, 452).

47 Aggadàh è il commento alla Bibbia di tipo edificante, leggendario, parabo-lico, narrativo, da non confondere con Haggadàh che è l'interpretazione della Bibbia con valore giuridico. Per i testi giudaici alternativi sulla collocazione degli eventi primordiali nel luogo del Tempio, cf Libro dei Giuhilei IV, 29 (III-I sec. a. C.); Tar-gum Jonatan a Gn 2.7.15; 3,23 (III sec. d. C.); La Vita di Adamo ed Èva 48,6 (I sec. d. C.): L'Apocalisse di Mosè 40,6 (MI sec. d. C.); Midrash Gen Kahbà 14,8 (V-VII sec. d. C.); Midrash Pirqè di R- Eliezer 12, 20 (VIII sec. d. C); Talmud Jerushalmì, Nazìr 7,2, 56b (VI sec. d. C.): questi testi sono tardivi in rapporto ai fatti che narra-no, ma redigono tradizioni orali più antiche che bisogna datare con metodo storico-critico.

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ecc., v. saprà nota ) dai giudeo-cristiani sono trasferite al Gòlgota, quasi a farne altrettanti teologùmenoi: l’umanità di Cristo, gloriosa sulla croce, è il nuovo Tempio dove risiede la kabòd / dòxa / gloria di Yhwh (cf Gv2,2; 17,1.5)48.

L’albero della vita nell’Eden prolessi della croce sul Gòlgota

L’idea soggiacente è semplice: la creazione che avrebbe dovu-to essere fonte di gioia e di luce, fu sorgente di morte e di tenebre a causa dell’uomo; la crocifissione che era motivo di morte e di tenebre, diventa sorgente di vita e luce, a causa del Figlio dell’uomo. Nessuna tristezza offusca la gioia che promana dalla vivida luce della croce del Risorto. Tutte le liturgie, infatti, che celebrano la «Croce» hanno un impianto «esaltante», esultante e gioioso con uno schema festoso, do-ve la stessa idea di morte è trasformata in ragione di esultanza: «Di null’altro mai ci glorieremo se non della croce dì Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione. Per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati» (Gal 6,14) canta l’antìfona d’ingresso della festa dell’Esaltazione della Croce e della Messa della cena del giovedì santo. Se Cristo «tipologicamente» è collegato ad Adamo, è inevitabile che l’albero/croce del Gòlgota si confronti con l’albero del-la vita dell’Eden paradisiaco49, come abbiamo già visto.

A modo di sintesi conclusiva, elenchiamo, oltre quelli già menzionati, alcuni elementi convergenti/tipologici, che possono rac-cordare, almeno a livello tematico, Gv 18-19 con Gen 2-3. Emerge l’insegnamento che sta dietro le parole e le strutture dell’esegesi antica che trasmettono non solo alle generazioni dei primi cristiani, ma anche ai cristiani di ogni tempo, la redenzione della croce, operata da Gesù, Messia e Dio, nel giardino del Gòlgota che riprende la storia spezzata da Adamo e ricostruisce la creazione ferita e distrutta dal primo uomo nel giardino di Eden. Nonostante Adam ed Eva, nonostante l’umanità

48 Da questa gara di appropriazione delle autentiche tradizioni, emerge

l’atteggiamento di rivalità tra i due «giudaismi»: quello ebraico e quello cristiano. Nati dallo stesso albero, ma sviluppati su rami diversi, giudei e giudeo-cristiani si disputano la fedeltà alla tradizione, l'ortodossia nell'interpretazione della Torah e dei Profeti e quindi il diritto ad essere considerati eredi autentici dei Patriarchi e, per essi, i veri adoratori di Yhwh. La disputa che è notevole già al tempo del IV Vangelo (cf. le scomuniche in Gv 9 contro i parenti del cieco nato), diventano «guerra» appena dopo il 70 (distruzione del Tempio), il 90 (concilio di Javne e ricostruzione del «nuovo» fariseismo con formazione del canone ebraico ed esclusione dei testi usati dai cristiani in chiave messianica, come. p. es. il libro della Sapienza) e il 135 d. C. (rivolta di Bar Kochba, distruzione definitiva di Gerusalemme che cambia nome in Capitolina», proibizione agli Ebrei di risiedere non solo in Gerusalemme, ma in tut-ta Giudea). Sul rapporto tra Giudaismo e Cristianesimo, nati «fratelli» e vissuti «se-parati», cf SEGAL, Rebbeccas Chitdren 1 e 179: BURKITT, «What Christìans Think of Jews» 261 -72; «Christian Wiews of Judaism» 311-31; J. PARKES, The Foundations ofJudaìsm and Christianity, XIII; PAUL, Le Judaìsme ancìen et la Bible, 282.

49 II IV vangelo, in verità, sviluppa un simbolismo tra il «giardino di Eden» di Gen 2-3 e il «giardino del Getsèmani» di Gv 18-19; per una panoramica completa cf MANNS, L’Evangile de Jean 401-429. Nell’economia del presente articolo ci limi-tiamo solo ad accennare alla simbologia specifica dell'albero della vita di Gen 2,9 e dell’albero della croce di Gv 19,17-19.

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conseguente che si allontana da Dio, nonostante il peccato continui ad essere «originale» perché è l’esperienza di ciascuno in ogni tempo e luogo, a Cristo che è il Lògos del Padre non può non corrispondere la salvezza che egli aveva pensato «prima della creazione del mondo e a cui i progenitori si sono ribellati. In Gesù entrato nella storia, noi veri-fichiamo che la consistenza del «Dabar» ebraico che significa sia «pa-rola» che «fatto». Genesi 2-3 IV Vangelo 1. 2,8 Dio crea un giardino-

paradiso. 18,1 Gesù va nel giardino del Ge-

tsemani. 2. 3,8 Adam ed Èva si nasco-

sero dal Signore Dio. 18,4 Gesù si fa innanzi a coloro che

lo vogliono arrestare. 3. 3,

8.24 Dall’albero, per la loro disobbedienza, Adam ed Eva sono cacciati ed esclusi dall'intimità con Dio.

19,37 (12,32)

Dall'albero della croce, nuova stella polare (Ap 22,16) per la sua obbedienza, Gesù attira tut-ti a sé.

4. 2,25 Ai piedi dell’albero del-la vita, un uomo e una donna, nudi e senza vergogna, progenitori di tutti i viventi, danno inizio alla storia dell’umanità.

19,23.25.26-27

Ai piedi dell'albero della croce 4 uomini, soldati-pagani e 4 donne credenti, sono simbolo dell'umanità intera; il discepolo e la Madre sono simbolo della Chiesa la nuova umanità.

5. 3,7 L’albero della cono-scenza svela la nudità di Adam ed Eva che ricoprono dignità per-duta con foglie di fico.

19, 23-24

Sull’albero della croce, il Figlio di Dio è spogliato delle vesti: dona anche la sua dignità

6. 3,19 Dall’albero dell'Eden scende sul mondo inte-ro la morte

9,37 Sull’albero croce la morte è sconfitta nella morte di Gesù.

7. 3,18 (Sir 25, 28

[24])

Mangiando dell’albero, Eva, la «madre di tutti i viventi» (Gen 3,20), ha causato la maledizione e morte dei suoi figli.

19,26 Ai piedi dell’albero della croce, la Madre riceve dal «Figlio» tutti i suoi figli futuri.

8. 3, 16-19

L’albero è causa di sof-ferenze, sudore e fatica per i figli di Adam e Eva.

18, 39-40

Da Gesù, «Bar Abba», Figlio del Padre, nasce la libertà di tutti i «Bar-abba», i figli di pa-pà50

9. 3, 12-13

Sotto l’albero dell’Eden, dopo il pec-cato, Adam ed Eva s’incolpano a vicenda.

19,36 Is 52, 4-8

Dall’albero della croce, il Figlio prende su di sé le colpe del mondo come il Servo di Yhwh.

10. 3,18 A causa dell’albero di Eden, Adam proverà le spine che gli produrrà la terra.

19, 2-3

Il capo di Cristo è incoronato con la corona regale fatta con le spine delle miserie umane.

50 «”Vi è tra voi l’usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?”. Allora essi gridarono di nuovo: “Non costui, ma Barabba!”. Barabba era un brigante». In Gv nulla è casuale: lo scambio della condanna di Gesù con la libertà di Barabba è un'allusione esplicita che gioca sull’etimologia aramaica di «Barabba = Bar Abbà».

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11. 2, 10-11

Adamo ed Eva perdono l’abbondanza dell’acqua che scorre nell’Eden.

19,34 Dal costato di Cristo sgorgano acqua e sangue per irrorare l’umanità e la terra di fertilità.

12. 2, 22-23

Dal costato di Adam, nasce la donna che lo condannerà

19,34 Dal costato di Cristo, nasce la Chiesa che salva i suoi figli nell’acqua del battesimo e nel sangue dell’Eucaristia..

13. 3,22 L’albero della vita resta solo «nel mezzo» del giardino, dopo a caccia-ta dall’Eden di Adam ed Eva, privi della vita immortale.

19,30 L’albero della croce genera una moltitudine di figli nel momen-to in cui Gesù «consegnò il suo Spirito», restituendo ad Adam ed Eva «l’alito di vita» (Gen 2,7).

Questa lettura tipologica fu costante nella tradizione della chiesa, dalle origini, attraverso la Patristica e tutto il Medio Evo, fino al concilio di Trento51. Ne diamo un solo esempio: «Adam ex terra virgine figu-ratur; Adam fu formato da una ter-ra vergine

Filius Dei ex virgine Maria nascitur. Il Figlio di Dio nasce dalla vergine Maria.

Illic virgo mortem concepit; là la vergine concepì la mor-te,

hic virgo vitam generavit. qui la vergine generò la vita.

Illic vir per virginem ruit; Là l’uomo rovinò per una vergine;

hic vir per virginem stetit. qui per una vergine l’uomo ristette [saldo]

Illic ruina mortis, Là [si ebbe] la rovina della morte

hic triumphus victoriae. qui il trionfo della vittoria»52.

Conclusione

Nel trattato Tehillìm (= Lodi/Salmi/Preghiere) del Talmud si dice che alla fine del mondo, nel tempo del Messia, Dio farà scendere la Gerusa-lemme celeste (cf Ap 21) su quattro monti: il Tabor, l’Hermon, il Carmelo e il Sinai, simboli dei quattro angoli della terra da cui Dio aveva raccolto un

51 Il concilio di Trento, per timore dei «Protestanti», mise letteralmente la

Bibbia «sotto-chiave» e ne interdisse anche la lettura. S'impedì così una serena ricerca, bloccando lo sviluppo degli studi biblici per almeno due secoli. La paura dell’eresia poi ritardò la ricerca e lo studio delle scienze bibliche a favore della Teologia Dogma-tica e del Diritto, ormai sganciati dalla Scrittura che veniva usata a spizzichi e solo in forma strumentale: pezze d’appoggio per le dimostrazioni speculative. Questo processo culminò in un'epoca di vero terrore, sotto il pontificato di Pio X, quando tutto fu sospet-tato di «modernismo», sul cui altare, costruito sulle delazioni, furono crocifissi e immolati grandi nomi di autentici credenti, oggi venerati come pionieri, ricercatori «ortodossi» e fedeli servitori della Parola di Dio e della Chiesa [un nome per tutti: il domenicano Ma-rie Joseph Lagrange sul cui caso cf MONTAIGNE B. (a cura di), Exégèse et obéissan-ce. Correspondance Cormier-Lagrange (1904-1916), Gabalda, Paris 1989. Per, per una panoramica sintetica quanto efficace e dolorosa diq uanto accaduto in Italia, cf BADESCHI L., Il Modernismo Italiano. Voci e volti, Cinisello Balsamo (MI) 1995].

52 CROMAZIO DI AQUILEIA, Tractatus II,5, 119-122.

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pizzico di polvere per creare Adam53 e su cui radunerà i dispersi della fine. Il Midrash Gen Rabbà, insieme ad altri testi giudaici fanno provenire la polvere dalla zona del Tempio, dal Monte Moira che è il monte del sa-crificio di Isacco (cf Gen 22), e ne spiega anche il motivo: nel tempo del Messia dallo stesso luogo sarebbe arrivata a Israele l’espiazione dei peccati.54

Come si vede sia nella tradizione biblica, che in quella Giudai-ca prima e cristiana dopo, la tipologia Adam-Cristo è costante, ma questo rapporto non è di causa ed effetto, la colpa di Adam che genera la redenzione del Messia, ma nell’ordine dell’Agàpē, quell’amore to-tale di Dio che non vuole né può perdere l’uomo che ha creato, nem-meno se questi cerca di annullare il progetto originario: Cristo è re-dentore, nonostante la colpa di Adam ed Eva. Per questo possiamo concludere anche noi con San Paolo che nell’inno di Colossesi 1, ri-prende e consolida la tesi da noi esposta:

15 Egli è l’immagine del Dio invisibile, / Primogenito di tutta la creazione, 16 perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili … Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. 17 Egli esiste prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. 18 Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risor-gono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. 19 E’ piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza 20 e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra sia, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,15-20).

Cristo, il Lògos che abbiamo riconosciuto in Gesù di Nazaret,

è all’origine della creazione (Tutte le cose sono state create per mezzo di lui; Egli esiste prima di tutte le cose), di cui è il fondamento (tutte le cose in lui sussistono) e anche il fine (in vista di lui siano riconci-liate tutte le cose). Se ne siamo consapevoli, non ci resta che superare la logica della «Felix culpa» e fare nostra la dossologia della sinassi eucaristica «per Cristo, con Cristo e in Cristo, a Te Dio Padre onnipo-tente, nell’Unità dello Spirito Santo», perché con «il sangue della sua croce» ci ha pacificato con noi stessi, restituendoci l’immagine sua che avevamo smarrito: «questa è la volontà di Colui che mi ha manda-to: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma io lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Ancora una volta la colpa è annegata

53 «Dio disse a Gabriele: “Va’ a prenderMi un poco di polvere ai quattro

angoli della terra: con essa Io creerò l’uomo”» (GINZBERG, Le leggende degli ebrei I, 65. Vi sono anche tradizioni con varianti: «1La creazione dell’uomo avvenne nella seguente maniera… 7 Poi videro [gli angeli] che da tutta la terra raccolsero un pugno di polvere, da tutte le acque attinse qualche goccia, da tutta l’aria ne prese un soffio e da tutto il fuoco ne trasse un po’ di calore… 9 Poi Dio plasmò Adamo» (La Caver-na del Tesoro 2, in L’altra Bibbia che non fu scritta da Dio, 50; cf DEJ, 20-21). Altre tradizioni fanno provenire la polvere della creazione di Adam dalla zona del Tempio (Targum Gionata a Gen 2,7; 3, 23; Pirkè di R. Eliezer 11,2 e 12,1; Talmud Jerushalmì Nazir 7,56b).

54 Gen Rabbà 14,8; cf anche BAGATTI-TESTA Il Golgota e la Croce, 17 e 109.

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nel mare di misericordia, perché in Dio la giustizia è il perdono e il perdono è il mestiere di Dio.

Anche il grande Johann Sebastian Bach (1685-1750) canta il

rapporto Cristo-Adam nell’oratorio «La Passione secondo Matteo» in cui con l’accenno alla «colomba» in un certo senso indica anche l’arca di Noè come anticipo del legno della croce

Alla sera nell’ora delle frescura / Fu manifesto il peccato di Adamo, Alla sera lo soggiogò il Salvatore; Alla sera ritornò la colomba Portando un ramo d’ulivo. / O tempo meraviglioso! O ora vespertina! Ora è conclusa l’alleanza con Dio, / Perché Gesù ha portato la sua croce. Il suo corpo riposa in pace55.

Dal legno della Croce, l’albero della vita, non scende più una

tavola di pietra, ma ora scende a noi la vita stessa di Dio, perché anche nell’ora della morte, Dio per amore si svuota totalmente per darci quella vita che avevamo perso, lo Spirito Santo, che Dio ha custodito per noi, nonostante Adam, nonostante le nostre resistenze: «E chinato il capo, consegnò lo Spirito» (Gv 19,30) perché «Dio è Amore» (1Gv 4,8) e supera sempre qualsiasi colpa, anche quella di Adam, anche le nostre (1Gv 2,1-2; 4,17-19).

55 Am Abend, da es kühle war, / Ward Adams Fallen offenbar;

Am Abend drücket ihn der Heiland nieder. / Am Abend kam die Taube wieder Und trug ein Ölblatt in dem Munde. / O schöne Zeit! O Abendstunde! Der Friedensschluss ist nun mit Gott gemacht, / Denn Jesus hat sein Kreuz voll-bracht. Sein Leichnam kömmt zur Ruh.