Ticchettio distante

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Ticchettio distante Anila Resuli

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poesie di Anila Resuli

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Ticchettio distante

Anila Resuli

Ticchettio distante

Anila Resuli

Prima edizione: marzo 2009

Ebook © Edizioni foglia

e dimmi come fai a piangere, ché non so come:una volta ero altra e ora, qui, sono pietra

rotta a metà, aspettando il mare.

dammi una bocca per congelarmi nel fiato, un tantocosì grave peccato dove ungere le unghie e dipingermi l’anima. qui sta il buio delle cose antiche, nell’aria che piano piano si frantuma.

non ho abbastanza fame, come un’edera che si sospende a lato delle cose; sono una forma contratta in quel lato di mondo che ti appartiene; e tu, in là, una radice scomposta che mi chiede corteccia. l’avere e il togliere sono due strati di muschio che lentamente ci consumano.

mi neghi e io addosso tengo cuciti mille risvegli; come nodi di corde tutte in fila, gli anelli sulla mia schiena restano stretti, stretti agli occhi della mia carne. avessi tempo come fummo piccoli in altre dimore, tempo curvo nelle stesse ore, domani sarei qui un giardino ubriaco di magnolia, un corpo cortese e gigante, con la ruga sul volto, che t’implora.

mischi il fiato; come un’onda che s’infrange su sé stessa, trovi il dolore delle cose, i menti delle notti cave - e il buio sta dentro, sempre; non piove se non dentro i tuoi gusci maestri, le tue bocche spalancate, le pareti che sformano l’altezza e diventano rigide storte.

non so dove sono io: un punto in meno sulle tue labbra, che s’incrociano piano, dietro la sera.

cambi e voli; l’appartenere alle case, l’entrare nelle polveri di esse, lontane e vive, coprirsi con quella poca aria che consumano gli alberi, la dimenticanza che odora di te - tutto ha colore qui, nella parte di me che si tormenta, si strappa le ore, le perdona, quasi a voler estirpare ogni silenzio che, col tuo sapore, in me dimora.

piangi e lo so bene come guardi con volti stanchi le mie vie - non sono gli occhi che mi comprendono: parte di te è qui che sgorga, è qui che infiamma. una finestra a poca luce qui deforma - siamo soli, e solo è l’esserci, eppure tante foglie, tutte maldestre, cadono a fiocchi.

riconosco ciò che in te non ha che dita lunghe e distratte tanto per comprendere che l’ordine delle cose ha un unico verso - sai bene come, e so bene da dove partire: tutte le mie gambe e tutti gli occhi, così spessi, stanno al sole, pronti a nascere.

cosa poca è l’anima qui - il tormento delle cose ha più voci da rammentare.

guardami negli occhi e dimmi la forma che vedi; i gigli più in là concorrono col colore delle palpebre sotto la luce; e la pietra che si incarna come ramo sotto la pelle, forma un’ala gigantesca; eppure, cado.

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Ebook © Edizioni foglia