Testimoni - Dehoniane · 2018. 1. 31. · ATTUALITÀ Testimoni 1/2018 3 I numeri di passeggeri....

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Testimoni 1/2018 1 1 Gennaio 2018 TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA” VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA non è una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, e rende tangibile il Vange- lo». Così twittava il 28 novembre 2016 papa Francesco. La misericordia è inconcepibile sen- za le opere di misericordia. E cioè, le opere, le azioni e iniziative rivolte a renderla visibile e tangibile possono essere ideate, organizzate e conti- nuate senza una conoscenza diretta e concreta e, aggiungiamo in fretta, approfondita dei nuovi e vecchi vol- ti della povertà? Le opere di miseri- O ggi, nel mondo cattolico chi non parla, non pensa o non prega per il dono della mi- sericordia? Anche perché sembra che questo valore e dono evangelico sia diventato, come afferma Andrea Tornielli nel suo recente libro/inter- vista “Il nome di Dio è misericordia” la cifra di questo pontificato. In una sua omelia, papa Francesco ebbe ad affermare che il nostro mondo “troppe volte è duro con il peccato- re e molle con il peccato”. Il Papa ha voluto ricordare che «la misericordia Convegno a Piacenza sulle migrazioni MIGRANTI DI IERI E DI OGGI L’opinione pubblica italiana guarda sbigottita agli approdi sulle coste italiane dei numerosi barconi, colmi di uomini, donne e bambini (anche cadaveri!) e tutti quegli occhi sbarrati. Ma dimentica che il dramma è stato affrontato dai nostri bisnonni o trisnonni, a partire dall’unità d’Italia. Testi moni In questo numero CHIESA NEL MONDO Persecuzioni nel continente asiatico 5 VITA DEGLI ISTITUTI Relazioni tra Istituti di vita consacrata 13 VITA CONSACRATA Vita religiosa in Cina: indagine sulle suore 10 PASTORALE Lo stile cristiano: accoglienza ospitale 17 PSICOLOGIA Salute mentale ed esperienza di gioia 20 VITA DELLA CHIESA VC e Chiesa locale: i vicari episcopali 23 NOVITÀ LIBRARIE Appassionarsi e compatire 46 CHIESA NEL MONDO Russia ieri e oggi: la rivoluzione in sordina 26 PASTORALE Umanizzare l’educazione 29 PSICOLOGIA Dal guardarsi “dentro” al guardare “oltre” 32 QUESTIONI SOCIALI Il rischio di una guerra nucleare 35 BREVI DAL MONDO 37 VOCE DELLO SPIRITO Ho perduto il Signore 39 SPECIALE Carisma e carismi: quale VC in quale Chiesa? 40 MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

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  • Testimoni 1/2018 1

    1Gennaio 2018TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A.SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA”VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA

    non è una parentesi nella vita dellaChiesa, ma costituisce la sua stessaesistenza, e rende tangibile il Vange-lo». Così twittava il 28 novembre2016 papa Francesco.La misericordia è inconcepibile sen-za le opere di misericordia. E cioè, leopere, le azioni e iniziative rivolte arenderla visibile e tangibile possonoessere ideate, organizzate e conti-nuate senza una conoscenza direttae concreta e, aggiungiamo in fretta,approfondita dei nuovi e vecchi vol-ti della povertà? Le opere di miseri-

    Oggi, nel mondo cattolico chinon parla, non pensa o nonprega per il dono della mi-sericordia? Anche perché sembrache questo valore e dono evangelicosia diventato, come afferma AndreaTornielli nel suo recente libro/inter-vista “Il nome di Dio è misericordia”la cifra di questo pontificato. In unasua omelia, papa Francesco ebbe adaffermare che il nostro mondo“troppe volte è duro con il peccato-re e molle con il peccato”. Il Papa havoluto ricordare che «la misericordia

    Convegno a Piacenza sulle migrazioni

    MIGRANTIDI IERI E DI OGGI

    L’opinione pubblica italiana guarda sbigottita agli approdisulle coste italiane dei numerosi barconi, colmi di uomini,

    donne e bambini (anche cadaveri!) e tutti quegli occhisbarrati. Ma dimentica che il dramma è stato affrontato

    dai nostri bisnonni o trisnonni, a partire dall’unità d’Italia.

    TestimoniIn questo numero

    CHIESA NEL MONDOPersecuzioninel continente asiatico5

    VITA DEGLI ISTITUTIRelazioni tra Istitutidi vita consacrata 13

    VITA CONSACRATAVita religiosa in Cina:indagine sulle suore 10

    PASTORALELo stile cristiano:accoglienza ospitale17PSICOLOGIASalute mentaleed esperienza di gioia20VITA DELLA CHIESAVC e Chiesa locale:i vicari episcopali23

    NOVITÀ LIBRARIEAppassionarsie compatire46

    CHIESA NEL MONDORussia ieri e oggi:la rivoluzione in sordina26PASTORALEUmanizzarel’educazione29PSICOLOGIADal guardarsi “dentro”al guardare “oltre”32QUESTIONI SOCIALIIl rischio diuna guerra nucleare35BREVI DAL MONDO37VOCE DELLO SPIRITO

    Ho perduto il Signore39SPECIALE

    Carisma e carismi:quale VC in quale Chiesa?

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    MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATAMENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

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  • ATTUALITÀ

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    cordia hanno bisogno di scuola e dialunni che la frequentino regolar-mente. È vero ieri come oggi, perchéle lezioni della storia sono semprericche di spunti e anche di somiglian-ze con le sfide attuali.

    —Fenomeni nuovie antichi di povertàTra i nuovi e antichi fenomeni di po-vertà vanno annoverate le emigra-zioni forzate che oggi dilagano comeun fiume in piena sul nostro pianeta.Il Mediterraneo non ne è certo l’uni-co teatro: occorre subito aggiungerei corridoi che per via mare, percor-rendo distanze molto più grandi, in-

    terpellano l’Australia e alcune na-zioni del sud est asiatico o i grandiflussi di latino-americani che da di-verse nazioni dell’America Latina sispostano, ammassati su treni, versol’Eldorado, el Norte, sperando di po-ter essere accolti o meglio non inter-cettati dalle guardie di frontiera de-gli Stati Uniti. Sono abbastanza note le piste segui-te dagli africani, i nostri antichissimiprogenitori (Gian Antonio Stella),per avvicinarsi alle coste sud del Me-diterraneo. Queste piste (vedi “Cor-riere della Sera”, 28/8/2017) fannovenire in mente una ragnatela chespunta nei vari paesi al sud del Saha-ra, attraversa il deserto stesso e ap-proda sulle coste sud del Mediterra-neo. Nonostante percorsi diversi, tut-ti gli emigranti sono uniti dallo stes-so desiderio: tentare la fortuna e sal-pare diretti per qualsiasi costa dellaSpagna, Grecia e soprattutto dell’I-talia. L’opinione pubblica italiana guardasbigottita agli approdi sulle coste ita-liane dei numerosi barconi, colmi diuomini, donne e bambini (anche ca-daveri!) e tutti quegli occhi sbarrati.Così diversi anche per il colore dellapelle, son ritenuti un peso di troppoper una nazione già appesantita daproblemi quali: scarsa produttività,disoccupazione giovanile, servizi so-ciali carenti, attività mafiose, disoc-cupazione giovanile ecc...Chi non siaccorge che coloro che arrivano sul-le coste siciliane o calabresi han pro-prio bisogno di tutto! Non dobbiamoforse risolvere, prima di tutto, i pro-blemi di casa nostra?! Questi ed altri “problemi di casa no-stra” come sono stati affrontati dainostri bisnonni o trisnonni, a partiredall’ unità d’Italia? Alcuni ap-profondimenti necessari sono avve-nuti durante un convegno “Pionieridella sollecitudine pastorale nelle mi-grazioni” (18 novembre, Piacenza),organizzato dallo scalabriniano p.Gabriele Bentoglio. Al convegnosono intervenuti come relatori: GianAntonio Stella, editorialista delCorriere della Sera, gli studiosi sca-labriniani Gelmino Costa e AndrewBrizzolara, la postulatrice delle Suo-re scalabriniane Leocadia Mezzomoe la Superiora Generale delle Cabri-niane, Barbara Louise Staley. I vari

    relatori hanno offerto uno sguardoapprofondito sui viaggi di Scalabri-ni e Cabrini e le loro strategie mis-sionarie, collocabili accanto alla pa-storale migratoria di oggi. Hannoofferto interessanti spunti anche trevescovi: mons. Gian Carlo Perego,arcivescovo di Ferrara-Comacchio,mons. Gianni Ambrosio, vescovo diPiacenza-Bobbio e mons. MaurizioMalvestiti, vescovo di Lodi. La dire-zione generale degli Scalabrinianiera rappresentata dal consigliere ge-nerale, p. Diaz Lamus Luis Antonio.

    —Due esperienzestoricheDurante il convegno di Piacenza dueesperienze storiche di emigrazioniforzate si sono incontrate e rispec-chiate a vicenda: la prima, dei nostrigiorni, in entrata nel nostro paese ela seconda, in uscita, quella dellagrande emigrazione, dall’unità d’Ita-lia (1861) fino allo scoppio della se-conda guerra mondiale. In manieraschematica, descriviamo ora le carat-teristiche (non sono poche le somi-glianze) di chi oggi bussa alla portadi casa nostra e di chi (emigranti ita-liani) han bussato alla porta altrui.

    Barconi e bastimenti a vapore. Ibarconi li vediamo in televisione osulla stampa laica e cattolica: pigiatiall’inverosimile, strapieni di uomini,donne e bambini. Non mancano i ca-daveri! E su quei barconi così pigia-ti di volti e corpi scuri, con quegli oc-chi sbarrati si teme che si nasconda-no malattie tropicali o incurabili.Sulla scorta di foto del tempo, non èdifficile immaginare le stive dei ba-stimenti del tempo, sovraffollate dicorpi letteralmente accatastati unoaccanto all’altro, al chiuso, senza laminima privacy, con malattie comeil tifo, la malaria, la dissenteria e al-tre malattie che la facevano da pa-drone. I numerosi morti (fonti atten-dibili han suggerito il 25% degli im-barcati) venivano semplicementegettati in mare, durante viaggi cheduravano, non due o tre giorni, mavarie settimane. Per evitare il conta-gio per le proprie popolazioni, di-versi bastimenti sono stati rispeditiin Italia dalle autorità portuali ame-ricane.

    Gennaio 2018 – anno XLI (72)DIRETTORE RESPONSABILE:p. Lorenzo Prezzi

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    Reg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

    associatoall’unione stampa periodica italiana

    L’editore è a disposizione degli aventi diritto che nonè stato possibile contattare, nonché per eventuali einvolontarie inesattezze e/o omissioni nella citazionedelle fonti iconografiche riprodotte nella rivista.

    Questo numero è stato consegnato alle poste il 9-1-2018

    moniTestiMensile di informazione spiritualità e vita consacrata

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    I numeri di passeggeri. Oggi parlia-mo di un massimo annuo, almeno fi-nora di 170.000 richiedenti asilo po-litico. La nostra grande emigrazioneha registrato un crescendo spettaco-lare (400.000 nel 1900) fino a rag-giungere quasi un milione nel 1913.Gian Antonio Stella, nel suo libro, ladefinisce appunto come il titolo an-nuncia: un’“orda”.

    Scafisti, “mercanti di carne umana”(Scalabrini), migration agents, recrui-ters nel lontano Oriente (“Victims oftrafficking” Exodus V, Singapore,Graziano Battistella, cs) o in Ameri-ca del Sud e in Africa (“Benin City.L’orrore che ignoriamo”, in ‘Corrie-re della Sera, novembre 2017). Primadi mettere piede su un aereo, su unbastimento o su un barcone, l’emi-grante perché privo di protezione, èvessato da speculatori esistenti unpo’ ovunque. È soprattutto nei movi-menti clandestini che si incontranosopraffazioni di ogni genere. Nell’I-talia del 1982 si contavano 5.172agenti, aumentati a 7.169 nel 1985 epiù di 10.000 nel 1900 (Luigi de Ro-sa, Consiglio Nazionale delle Ricer-che). Queste cifre possono essere in-terpretate come la punta di un ice-berg!

    Minori emigranti: soli, abbandonatie non protetti. Uno sviluppo tragico:quante altre sorprese inaspettate edolorose ci riservano i flussi contem-poranei?! La schiavitù è stata aboli-

    ta con l’approvazione, sia a livellonazionale che sovranazionale, di leg-gi che hanno vietato il commercio dischiavi. L’articolo 4 della Dichiara-zione universale dei diritti umani del1948 vieta la schiavitù in tutte le sueforme. Ma la situazione dei minoren-ni in emigrazione suscita enormiperplessità. E non sono pochi: 14.579giunti finora quest’anno e 18.491schedati dal sistema di accoglienzain Italia. Cosa pensare poi dei tantiminorenni, gli orfani di ieri: i nume-rosi sciuscià (= shoe shiners), che sidavano da fare agli angoli dellegrandi metropoli americane per da-re una lustratina alle scarpe altrui; oai numerosi spazzaca-mini, piccoli di statura,sporchi come non maiche ripulivano i caminidi tante case d’oltral-pe?

    Gli emigranti di ieri edi oggi: quali e quantipesi o vantaggi, qualepotrebbe essere un’a-nalisi dei costs and be-nefits’ ratio.Nel nostro mondo, co-sì profondamente di-seguale a livello eco-nomico (i pochi sem-pre più ricchi e i trop-pi e tantissimi poveri),vale la pena mettere inrisalto i vantaggi eco-nomici derivanti dalle

    “camicie sudate” di tanti emigranti.È inutile citare i numerosi studi pub-blicati sul valore aggiunto dei flussimigratori italiani finiti nel Nord eSud America e in Australia. Perquanto riguarda i nuovi arrivati inItalia ricordiamo quanto la Fonda-zione Moresca ha recentemente(“Avvenire”, 19/10/17) evidenziato: i2,4 milioni di stranieri occupati insettori non certo ricercati dagli ita-liani (servizi ed edilizia) rappresen-tano il 9% della ricchezza nazionale,versano 11.5 miliardi di contributi.Non solo: le 570.000 imprese da lorogestite rappresentano un valore ag-giunto di 102 miliardi.Ci sono state diverse persone, comeil beato Giovanni Battista Scalabrini(1838-1905) e Santa Francesca Ca-brini (1850-1917) che si sono rim-boccate le maniche per assistere i“loro e nostri” connazionali in pro-cinto di partire dai loro paesi o unavolta giunti a destinazione. Cabrini eScalabrini hanno conosciuto da vici-no, condiviso ed intrapreso numero-se iniziative rivolte a rimediare si-tuazioni di estremo abbandono e mi-seria deplorevole in cui versavano ipoveri e sbandati emigranti di allora.Anche se con volti e identità multi-ple e diverse, oggi, gli stessi emigran-ti poveri di tutto, come i nostri di ie-ri, continueranno ad essere presentisul nostro territorio.

    Tony Paganoni, Scalabriniano

    PRIMO MAZZOLARI

    La parola che non passa

    EDB

    EDIZIONE CRITICAA CURA DIPIER LUIGI FERRARI

    pp. 312 - € 24,00

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    ATTUALITÀ

    Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra!La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella not-te di Natale, è un’aspirazione profonda di tutte le perso-ne e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramentene patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei mieipensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ri-cordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, deiquali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, co-me affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI,«sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cer-cano un luogo dove vivere in pace». Per trovarlo, molti diloro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che ingran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche esofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per te-nerli lontani dalla meta. Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro chefuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti alasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecu-zioni, povertà e degrado ambientale...

    Perché così tanti rifugiati e migranti?

    In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annun-cio di pace degli angeli a Betlemme, san Giovanni PaoloII annoverò il crescente numero di profughi tra le conse-guenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre,di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”», che avevanosegnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registra-to una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di vio-lenza organizzata continuano a provocare spostamenti dipopolazione all’interno dei confini nazionali e oltre.Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fratutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte voltealla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di unfuturo impossibile da costruire». Si parte per ricongiun-gersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di la-voro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti,non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enci-clica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti chefuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».La maggioranza migra seguendo un percorso regolare,mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causadella disperazione, quando la patria non offre loro sicu-rezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabi-le, bloccata o troppo lenta...Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internaziona-le indicano che le migrazioni globali continueranno a se-gnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia.Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico difiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.

    Con sguardo contemplativo

    La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di ac-corgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, mi-granti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hannolo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui de-stinazione è universale, come insegna la dottrina socialedella Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e lacondivisione». Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui vi-viamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo

    di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nel-le sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solida-rietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giusti-zia», in altre parole realizzando la promessa della pace.

    Quattro pietre miliari per l’azione

    Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime ditratta una possibilità di trovare quella pace che stannocercando, richiede una strategia che combini quattro azio-ni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. “Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibi-lità di ingresso legale, di non respingere profughi e mi-granti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e vio-lenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezzanazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. LaScrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni,praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo».“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelarel’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericoloreale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfrut-tamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini chesi trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi eagli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non di-scrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostienel’orfano e la vedova».“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umanointegrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti chepossono aiutare in questo compito, desidero sottolinearel’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’acces-so a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non so-lo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capa-cità, ma saranno anche maggiormente in grado di andareincontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anzi-ché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio«ama lo straniero e gli dà pane e vestito»; perciò esorta:«Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stra-nieri nel paese d’Egitto».“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e mi-granti di partecipare pienamente alla vita della società cheli accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e difeconda collaborazione nella promozione dello sviluppoumano integrale delle comunità locali. Come scrive SanPaolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti,ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».

    Una proposta per due Patti internazionali

    Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il pro-cesso che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’ap-provazione da parte delle Nazioni Unite di due patti glo-bali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’al-tro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a li-vello globale, questi patti rappresenteranno un quadro diriferimento per proposte politiche e misure pratiche. Perquesto è importante che siano ispirati da compassione,lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occa-sione per far avanzare la costruzione della pace: solo co-sì il necessario realismo della politica internazionale nondiventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione del-l’indifferenza.

    Dal messaggio di papa Francesco per il 1° gennaio 2018

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    Èancor viva negli occhi ester-refatti di tutti l’immaginedell’esodo massiccio degli ol-tre 580.000 Rohingya in fuga dallaviolenza inflitta loro gratuitamentedai militari in Myanmar. Almeno6.700, inclusi 730 bambini sotto i 5anni, sono stati uccisi tra agosto e set-tembre scorsi nel paese: lo denunciaMedici senza Frontiere in uno studiopubblicato online. Il Papa, nel suo re-cente viaggio laggiù ha pianto davan-ti a questa immane tragedia. E la vi-cenda non è ancora conclusa. Moltealtre persone ne saranno vittime emolti ancora saranno costretti a fug-gire per salvarsi da una delle più gra-vi crisi umanitarie in Asia dalla finedella guerra del Vietnam nel 1975.Le attuali sfide – come offrire allog-gio e nutrimento a oltre mezzo mi-lione di persone che cercano asilo –non faranno altro che crescere men-tre nella regione ci si domanda checosa fare con e per questi poveri di-

    sperati. Rimarranno dove sono? Sa-ranno rimpatriati? Chi sarà ritenutoresponsabile di questi crimini ese-crabili contro questa minoranza di-sprezzata in un paese già instabile eimpoverito da cui è fuggita – ilMyanmar’? Gran parte dei Rohingya erano ve-nuti a lavorare in Birmania su invitodegli inglesi agli inizi del secolo 19°,anche se essi rivendicano un’ereditànel paese che risale a un millenniofa. Sono musulmani e sono vissutiprincipalmente nello stato di Rhaki-ne (uno Stato della Birmania, ad ove-st del paese). Ma qui ci sono altri mu-sulmani non Rohingya, assieme abuddisti e indù.Il governo militare del Myanmar haripetutamente attaccato per decennii Rohingya, non ha mai garantito lo-ro la cittadinanza e ha cercato di cac-ciarli dal paese. I Rohingya costitui-scono solo una delle 135 minoranzeetniche riconosciute in un paese

    CHIESA NEL MONDO

    Uno sguardo panoramico attraverso l’Asia

    RELIGIONI ED ETNIESOTTO PRESSIONE

    Padre Michael Kelly, da Bangkok dove è direttoreesecutivo dell’agenzia cattolica Ucanews, traccia un

    panorama sulla pressione e persecuzione esercitata nelcontinente asiatico, a carico delle religioni e gruppi etnici

    di minoranza.

    multilinghe, multiculturale e multi-religioso.Il trattamento dei Rohingya è inne-scato dall’aggressivo nazionalismobuddista alimentato da monaciestremisti e da altri che sono paladi-ni di una definizione distintiva edesclusiva di ciò che significa esserecittadino del Myanmar. Il card.Charles Bo di Yangoon è giunto a di-re che i Rohingya costituiscono il ca-pro espiatorio delle lamentele e deiconflitti che affliggono l’insieme del-la popolazione .Ma i Rohingya sono solo uno deigruppi trattati in questo modo inMyanmar.

    —La persecuzionenella vicina CinaUn altro paese dove le minoranze ei cristiani in particolare sono a ri-schio è la Cina. L’appartenenza etni-ca e la religione si coniugano nell’o-riginare alcuni tra i suoi punti piùnevralgici di ricorrente malessere. IlTibet è la patria del Dalai Lama dacui è fuggito nel 1959 per rifugiarsiin India e i tibetani rappresentanoun loro gruppo etnico distinto. Il go-verno della Repubblica democraticadella Cina (PRC) non ha mai accet-tato che nessun altro potesse gover-nare il Tibet al di fuori di essa, ser-vendosi del modo tradizionale concui la sua politica estera ha sempreoperato, mediante cioè la creazionedi cuscinetti ai suoi confini, in questocaso con l’India.Sotto il controllo esercitato dallaRepubblica popolare cinese è stataattuata una progressiva “hanificazio-ne” del Tibet: attraverso l’immigra-zione del gruppo maggioritario cine-se degli Han. I tibetani si trovano difronte alla negazione della libertàbasilare di parola, di riunione e dimovimento, e il più grande monaste-ro tibetano in Cina, Larung Gar, ècontinuamente distrutto.Sviluppi analoghi si possono costata-re anche nella regione autonomadello Xinjiang, patria dei musulmaniuiguri, giunti in Cina attraverso laleggendaria via della seta dalla Tur-chia attuale.«È difficile vedere come le cose pos-sano andare peggio in termini di li-bertà di religione in Tibet e nel

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  • Testimoni 1/20186

    Xinjiang, ma è cosa che potrebbe av-venire», ha affermato William Nee,responsabile dell’ agenzia di ricercaAmnesty International per la Cina,con sede a Hong Kong. «In certo senso queste regioni servo-no come “piastre di Petri” per speri-mentare modalità nuove di estremocontrollo... e se il governo vede chequeste politiche funzionano bene lepotrà usare anche per altre popola-zioni».

    CHIESA NEL MONDO

    Molte di queste restrizioni sono unacreatura del cervello del segretariodel Partito, Chen Quanguo, il qualeera stato trasferito dal suo posto inTibet, perché il governo l’aveva rico-nosciuto quanto mai abile nel soffo-care i disordini in Xinjiang, lo scorsoanno.In Xinjiang ci sono stati dei control-li porta a porta per vedere se la gen-te aveva del materiale religioso opregava. Le autorità hanno spesso

    fermato, a quel che si dice, delle per-sone a caso per verificare cosa c’eranei loro telefoni, mentre, stando aquanto si dice, sono proliferate nellaregione le strutture di detenzionedei ministri del culto per la cosiddet-ta rieducazione. Al recente 19° Congresso di ottobre,appena concluso, il presidente cine-se Xi Jinping ha operato un rimpastodel suo governo, scegliendo le perso-ne centrali del suo Politburo.

    NIGERIA. Boko Haram: e

    Il 29 novembre la Conferenza episcopale tedesca, nel-l’ambito della solidarietà con i cristiani perseguitati,ha reso noto uno studio sulla Nigeria (Arbeitshilfen, n.295). 180 milioni di abitanti, 400 gruppi etnici, uno deipiù grandi produttori di petrolio dell’Africa: la Nigeriaè da un decennio nei primi posti relativamente alla per-secuzione contro i cristiani. Sia Open Door come Aiu-to alla Chiesa che soffre, l’Istitute for Religious Freedomcome il Center for Study of Global Christianity conver-gono nel denunciare il Nord del paese come uno deiterritori più pericolosi per il cristianesimo. Dal 2006 al2014 sono stati uccisi 11.500 cristiani, mentre 1,3 milio-ni sono costretti ad andarsene dai loro villaggi e 13.000chiese sono state distrutte. Cifre da collocare in unaemergenza più ampia, provocata dal fondamentalismoislamista di Boko Haram (la costola di Daesh nel pae-se): 3,2 milioni di nigeriani sono stati obbligati a migra-re, 1,6 milioni all’interno del paese e altrettanti verso ipaesi confinanti (Ciad, Camerun, Niger). Gli attacchiterroristici degli ultimi anni hanno provocato 20.000morti, in gran parte musulmani.

    Fondamentalismo islamico

    La persecuzione anticristiana e la violenza civile sonoprodotti di una lunga storia di violenze e prevaricazio-ni, come anche di condizioni strutturali che veicolano lericchezze del paese in mano a pochi e condannano allapovertà la grande maggioranza della popolazione.«Ogni anno un fiume di miliardi di petrol-dollari va nel-le tasche dei politici nigeriani. Corruzione e impunitàsono, accanto al terrorismo, i grandi problemi del pae-se». Il paese, frutto della partizione coloniale, vede i tremaggiori gruppi etnici dislocati in diversi territori: glihausa-fulani al Nord, gli yoruba a Sud-Ovest e gli igboad Est. L’egemonia politica del Nord musulmano all’in-domani dell’indipendenza (1960) ha provocato unaguerra civile con gli igbo che volevano una repubblicaautonoma. La ribellione (1967) fu soffocata nel sangue:due milioni di morti. La parte centrale del paese ha co-munque conosciuto scontri più o meno violenti. Lo sta-to è laico, ma 12 stati del Nord sono retti dalla sharia,la legge islamica.Cristiani e musulmani si dividono in parti equivalenti il

    90% della popolazione. I cattolici sono 27 milioni, glianglicani 18. Vi sono diverse altre confessioni e sette. Inforte crescita le comunità evangelicali. I 19 stati delNord appartenevano fino all’inizio del 1800 alla cittàstato degli hausa. La conquista musulmana, caratteriz-zata da violenze e conversioni obbligate, ha distrutto laciviltà precedente governando per un secolo quei terri-tori (1804-1903), col califfato di Sokoto. Le armi del co-lonialismo inglese hanno occupato il territorio del Nordcome quello del Sud, lasciando vittime e risentimenti.Gli inglesi hanno demandato l’amministrazione delNord in mano ai musulmani, limitandosi a raccoglierele tasse e a garantire il controllo militare del territorio.Se l’islam dell’800 era percepito come violento, non me-no il cristianesimo del ‘900 è stato assimilato al colonia-lismo. In particolare, la ramificata presenza delle scuo-le cristiane, è stata percepita dai musulmani come unaforma educativa anti-islamica. Dal punto di vista deicristiani l’egemonia politica del Nord musulmano è vi-sta come causa delle difficoltà che conoscono al Nord:permessi molto rari per la costruzione di chiese, cittadi-nanza di secondo livello, nessun rappresentante nelleassemblee legislative locali, esclusione dall’amministra-zione e dal personale militare. La tradizionale economia nomadica del Nord della po-polazione fulani, a causa della crescita demografica edei progressivi mutamenti climatici che hanno deserti-ficato ampie aree del territorio, hanno progressivamen-te spinto i greggi e i bovini a entrare nei territori colti-vati dai contadini che si vedevano ridurre sul lastricodalla prepotenza dei pastori. Va ricordato che la pro-prietà delle mandrie non è dei pastori, ma dei maggio-renti e di poche famiglie del Nord. La richiesta dei con-tadini di favorire l’allevamento intensivo al Nord cozzacontro la convinzione dei fulani della loro libertà di pa-scolo. Il riarmo dei contadini ha alimentato a sua voltale violenze.

    Contro le scuole

    In questo contesto di tensioni ha preso avvio il movi-mento fondamentalista e violento di Boko Haram cheporta nel nome un elemento del suo consenso: BokoHaram significa «proibizione della formazione occiden-

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  • 7Testimoni 1/2018

    In seguito al congresso, gli osserva-tori dei diritti umani temono che, da-to l’attuale corso del governo cinese,la situazione delle minoranze reli-giose del paese diventi ancor piùburrascosa. «A questo punto, l’im-pulso del governo cinese a restringe-re il controllo in tutti i campi – com-presa la religione – lascia intravede-re una cupa prospettiva per la libertàreligiosa in Cina per gli anni a veni-re», ha dichiarato all’agenzia Uca-

    news.com Maya Wand ricercatoresenior del settore per l’Asia di Hu-man Rights Watch.«Mi aspetto che il governo conti-nuerà a imprimere una maggiore “si-nizzazione” sulle religioni. Ciò signi-fica che il governo continuerà la suacampagna per restringere gli influssistranieri, i legami e i finanziamentidelle religioni in Cina», ha dichiara-to Wang, rilevando che questa è giàla tendenza sia in Xinjiang e sia nel

    Tibet.Questa religione sinizzata compren-de la pratica della vita cristiana sot-to la supervisione dell’Associazionedella chiesa patriottica cinese(CPA’s), un organismo creato dal-l’amministrazione statale per gli Af-fari religiosi (SARA). Il rifiuto daparte di questo organismo di ricono-scere il Vaticano induce molti catto-lici a vivere illegalmente il loro cultoin maniera sotterranea.

    : etnie e persecuzioni

    tale». Fin dal 2004, capeggiato da Ustaz MohammedYosuf, si oppone alle scuole cristiane e si avvicina all’i-spirazione dei Talebani, dando origine ad aree di forma-zione paramilitare ai confini nordici del paese. I primiattacchi sono contro i presìdi di polizia e le caserme.Come ha fatto notare Brandon Kendhammer all’inizioil movimento ottenne consensi per la sua attività con-tro la corruzione e l’ingiustizia. La proposta della sha-ria non era direttamente contro la democrazia. Il saltodi qualità terroristica avviene nel 2009, con attacchibrutali sia verso i cristiani che i musulmani di indirizzonon salafista. Viene alimentato ad arte lo scontro etni-co: le razzie dei fulani diventano sempre più pesanti neiconfronti dei contadini. «In genere gli attacchi notturnisi svolgono così: gli assalitori arrivano a notte fonda,verso le due o le tre del mattino, su convogli di pick-upche si spostano a grande velocità. Gli uomini armati co-minciano a sparare con i fucili, danno fuoco alle case,cercano di uccidere tutti quelli che possono, donne ebambini compresi. In genere tutto finisce nel giro diun’ora o due al massimo, fino all’arrivo dei rinforzi.Qualche anno fa molti di questi massacri venivanocompiuti all’arma bianca, con i machete, ma negli ulti-mi tempi i testimoni raccontano che i terroristi sonoequipaggiati sempre meglio con armi pesanti. Nascespontanea la domanda: chi li arma? Esistono conniven-ze con Boko Haram, sapendo che agisce preferibilmen-te nel Nord-Est della Nigeria, negli stati periferici di Yo-be, Borno e Adamawa? Esistono complicità politiche opersino internazionali?». I sospetti vanno sistematica-mente verso l’Arabia Saudita. «I raid dei fulani controi villaggi di agricoltori cristiani avvengono ormai quasiogni settimana e non fanno quasi più notizia, né sullastampa internazionale, né su quella nigeriana, stanca diraccontare sempre le stesse storie. Gli attacchi non so-no più limitati al Plateau, dove restano comunque piùfrequenti, ma si sono ormai diffusi ad altri stati della Ni-geria centrale, come Kaduna e Benue» (AA.VV, Il libronero della condizione dei cristiani nel mondo, Milano2014, pp. 320-321). Nel 2012 Boko Haram allarga le operazioni di guerraal Camerun e al Ciad e conosce il vertice della violen-za nel 2014 con 8.000 vittime e la proclamazione del ca-

    liffato. Si proclama «stato islamico» e vaste aree delNord passano sotto il suo diretto controllo. Lo statocentrale comincia a reagire nel maggio del 2013 dichia-rando guerra al fondamentalismo, ma inizia a prevale-re solo nel 2016. Boko Haram ricorre agli attentati com-piuti da minorenni e da bambini. In quanto movimen-to fondamentalista rifiuta ogni pluralismo, qualsiasi di-versità di stile di vita e una assoluta fedeltà alle normecoraniche. Gli effetti reali sono l’impoverimento, lamancanza di formazione scolastica, l’allargamento del-la crisi democratica ed economica.

    Sostegno alle vittime

    Il positivo e democratico passaggio di consegne allapresidenza della repubblica, da Goodluck Jonathan(cristiano) a Muhammad Buhari (musulmano) e il mag-giore impegno delle forze armate costituiscono segnalipositivi. Una buona parte della dirigenza islamica e i ve-scovi cristiani sono in prima fila per ricucire relazioni ealimentare dialoghi. Tutte le iniziative cristiane sono in-dirizzare alle vittime, a prescindere dalla loro apparte-nenza religiosa. Ma questo non elimina la fatica e i ri-sentimenti di quanti sono colpiti. Come fa notare nellostudio il vescovo di Sokoto, mons. M. Hassan Kukah, èdifficile invitare al dialogo chi per due o tre volte all’an-no si trova coinvolto in uno scontro o in un conflitto cherimane impunito. «La nostra gente vede sui giornali lefoto di imam e vescovi sorridenti che si tengono per ma-no, che si battono le mani sulle spalle, che bevono insie-me un tè o che festeggiano insieme la fine del digiuno.L’esperienza quotidiana della gente comune non è diquesto tipo». Per questo il dialogo interreligioso non èsolo una volontà, ma una necessità, come ricorda il ve-scovo di Bamberg (Germania), mons. Ludwig Schick.«Una coesistenza religiosa pacifica – annota mons.Klaus Klämer, presidente internazionale di Missio –Aachen – richiede un impegno deciso, anche davanti adamare sconfitte. Essa cammina assieme al dovere di unacompetenza interculturale, allo sviluppo di una specifi-ca identità religiosa, così come alla disponibilità e capa-cità del dialogo interreligioso».

    CHIESA NEL MONDO

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  • Testimoni 1/20188

    CHIESA NEL MONDO

    Nel luglio scorso, il direttoredel SARA Wang Zuoan hachiesto a tutti i membri delpartito comunista di abban-donare la religione. Ha dettoloro che era vietato sostenerela religione per scopi di svi-luppo economico o culturale.Nell’aprile dello scorso anno,Xi con grande anticipo, hasteso un progetto su come ilgoverno dovrà trattare le reli-gioni d’ora in avanti – e laprognosi è fosca poiché il pre-sidente cinese ha insistitomolto sul fatto di limitare lelibertà religiose restringendonello stesso tempo il potere del par-tito comunista.«Il progetto sottolineava i temi reli-giosi guida per il governo del partitocomunista: il diritto del governo diregolare strettamente la religione, la“sinizzazione” della dottrina religio-sa, la prevenzione dell’ “infiltrazio-ne” straniera della religione, la ga-ranzia che i quadri del partito comu-nista siano atei fidati», così ha di-chiarato William Nee di Amnesty In-ternational all’agenzia Ucanews.Nee ha aggiunto: «ci vorranno di-versi anni prima che questo proget-to sia attuato nei dettagli, perciòprevedo maggiori restrizioni circa lareligione quando saranno messe inatto politiche dettagliate e istituito ilpersonale».

    —Il casodel PakistanIl subcontinente asiatico presentaaltre reti per stringere in stretti nodil’etnicità, il nazionalismo e la religio-ne. Il Pakistan è il luogo della violen-za motivata dalla religione – musul-mani contro musulmani e musulma-ni contro cristiani e indù – tutti pre-si di mira dalle note leggi sulla bla-sfemia.Introdotte negli anni ’80, queste leg-gi permettono ad un musulmano diaccusare altri (musulmani, cristiani,indù) di profanare il profeta Mao-metto e, senza il giudizio o i limitidella polizia o dei tribunali, di giusti-ziare la presunta blasfemia in nomedel profeta. Una volta dichiarata laFatwa, non esiste più protezione el’unica opzione possibile è la fuga.

    Un altro fattore che complica la si-tuazione in Pakistan e anche nellamaggioranza musulmana del Bangla-desh è l’internazionalizzazione dell’i-slam militante. Varianti e fazioni deigruppi terroristi internazionali han-no messo piede in ambedue i paesi el’Arabia Saudita sponsorizza lo svi-luppo del suo stesso estremismo isla-mico – il wahabismo – con miliardi didollari donati specialmente al Ban-gladesh per costruire moschee e ma-drase o scuole islamiche.

    —Nella vicina IndiaIl nazionalismo religioso e la perse-cuzione hanno trovato un terrenofertile in cui prosperare anche in In-dia. L’India è un vasto complesso diidiomi, di eredità etniche e di religio-ni. Dopo l’Indonesia e il Pakistan hail più alto numero di musulmani (172milioni) rispetto ad ogni altro paesedel mondo.È un paese dove esistono considere-voli minoranze religiose – i cristianistimati a circa 30 milioni di cui 19cattolici, gli sikhs con 20 milioni ecirca 10 milioni di buddisti nel paesedove è nato Buddha.Il governo federale di Narendra Mo-di ha i suoi affiliati al comando diuna maggioranza di governi di statoe ci si attende che altri abbiano a se-guirne l’esempio. Il partito guida a li-vello nazionale – il pro-Indu Bhara-tiya Party (BIP) – ha la sua sala mac-chine ideologica nella fanatica Rash-triya Swayamesevak Sangh. Questopotente gruppo socio-religioso indùcostituisce la fonte dell’orientamen-to nazionalistico del BJP, che signifi-

    ca “Partito del popolo india-no”.Attualmente sei stati gover-nati dal BJP hanno emanatodelle leggi per perseguire laconversione religiosa. L’ulti-mo nell’ordine è lo stato diJharkhand, con una legge checriminalizza le conversioni eche i non-indù, specialmente icristiani, considerano comestrumento usato dagli indùper prendere di mira i cristia-ni.Jharkhand è cristiano per il4,5%, circa il doppio della me-dia nazionale che è del 2,3%.

    Tuttavia, i cristiani continuano ad es-sere un’esigua minoranza dopo oltreun secolo di attività missionaria. Cisono qui 1 milione e 400 mila cristia-ni su una popolazione di 33 milionidi abitanti, in gran parte tribali o ap-partenenti a coloro che prima eranoconosciuti come caste “intoccabili”.Il primo ministro dello Jharkhand,Raghuvar Das, ha esercitato unapressione per questa legge fin dal di-cembre 2014 quando il suo partito ei suoi partner di coalizione giunseroal potere. La legge contro le conver-sioni forzate o per allettamento pre-vede fino a tre anni di carcere e unamulta di 50.000 rupie (800 dollariUSA).Coloro che desiderano convertirsidevono informare l’ufficiale capodel distretto circa le ragioni e il luo-go della conversione oppure rischia-re il processo. Ci sono punizioni piùsevere se si usa la “forza” per con-vertire i minori e le donne come pu-re gli appartenenti alle minoranzetribali e caste inferiori.In altri stati gli estremisti indùavrebbero abusato della legge perraccogliere false accuse contro alcu-ni pastori e per intimidire i cristiani.Spesso considerano le opere missio-narie cristiane, quali l’educazione e iservizi sanitari come un allettamen-to o costrizione per ottenere delleconversioni tra i poveri nonostanteche la grande maggioranza dei bene-ficiari siano dei non cristiani.

    —Altre paesicoinvoltiLe Filippine, l’Indonesia, la Cambo-

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    gia, il Laos e la Malaysia sono an-ch’essi aree dove esistono vari tipi dipersecuzione.Nelle Filippine, paese a grande mag-gioranza cristiana, per esempio, i ri-belli del Fronte di Liberazione Isla-mico Moro sono in guerra contro ilgoverno da almeno quattro decenni.In Indonesia, di recente, grandi pro-teste da parte di gruppi musulmaniradicali hanno portato all’arresto delgovernatore cristiano cinese diJakarta, Basuki Tjahaja Purnama,per presunta blasfemia. Ciò è statoconsiderato da molti come un tenta-tivo dei gruppi militanti per minarela costituzione laica del paese.Anche la Malaysia è alle prese con

    leggi che garantiscano che la mag-gior parte dei suoi programmi e del-la sua politica sia in armonia con leleggi islamiche. In Laos e in Cambo-gia, la persecuzione potrebbe esseredeterminata da un certo numero difattori comprendenti la razza, l’ap-partenenza etnica, l’opinione politi-ca o la religione, i problemi riguar-danti l’apoliticità, o le preoccupazio-ni relative al genere. Tuttavia, in nessuno di questi paesiesiste un sistematico livello, talvoltaritenuto legittimo, di pregiudizi e dipersecuzione come invece sono chia-ramente evidenti in Myanmar, Cinae India.

    —L’eccezionedello Sri LankaL’unico punto luminoso in Asia è lariduzione della persecuzione etnicae religiosa nello Sri Lanka dove de-cenni di guerra civile si sono conclu-si ufficialmente nel 2009 quando ilgoverno sconfisse i guerriglieri Tamildel nord del paese.Anche se ci sono ancora dei conflit-ti e una certa violenza tra i Tamil(spesso indù) e i cingalesi (in granparte buddisti) il grado devastante dirivalità etnica e religiosa è una cosadel passato.La maggior parte delle società, cul-ture, governi e religioni in Asia sonodei cantieri aperti. Il livello e la mi-sura della persecuzione, di solito col-legata con l’aspetto etnico, mostraun lieve segno di declino.

    Michael Kelly

    2018. Dove siamo arrivati?

    Un anno nuovo: dove siamo arrivati? La risposta dipende dal punto dipartenza. Se contiamo sul periodo breve, siamo all’anno numero 2018.Se partiamo dal periodo lungo, siamo al numero 13 miliardi di anni, piùalcuni spiccioli (in centinaia di milioni di anni). Siamo piuttosto vecchiotti,da qualsiasi punto di vista partiamo. Per di più stiamo viaggiando su unpiccolo punto dell’universo (il puntino che sta sotto il grande puntointerrogativo?), su un convoglio che va non sappiamo dove… E siamopieni di paure (molte) e di speranza (meno) per il nostro futuroimmediato e persino per quello del nostro puntino sul quale viaggiamo. Ma a ringiovanirci viene il computo sul periodo breve, non tanto perchéavremmo molti meno anni, ma per il fatto sconvolgente che il periodobreve ricorda costantemente che Colui che ha messo in moto tuttoquesto colossale spettacolo, è venuto ad abitare sul nostro puntino percondurre a buon fine il viaggio.Ma ci pensiamo davvero? Colui che ha detto “sia fatta la luce”, dandoinizio al periodo lungo, è venuto a dire “Io sono la luce del mondo”,dando origine al periodo breve. Non solo, perché Colui che ha fattotutto senza di te, non vuole portare il tutto al traguardo senza di te.Non ha forse detto: “Voi siete la luce del mondo”? Perché allora temi per il tuo futuro, per il futuro della società, dellafamiglia, della …fede, della… Chiesa, della… vita religiosa? Non crediche il Creatore e Signore di tutto quanto esiste, non riesca a trarrebeneficio anche dalla congiuntura di questo anno 2018, di questa quasiimpercettibile frazione di tempo, sia che lo collochi nel periodo lungo onel periodo breve?Non dire dunque: “Dove andremo a finire?” A te è chiesto di fare quelloche puoi e di lasciar fare il resto a Colui che tutto può. Egli ti ha posto in questo anno, in primo luogo perché tu possa darvoce a tutto il creato, con lo stupore dei tuoi occhi incantati, con ilgrazie del tuo cuore ammirato, con il canto delle tue labbra esultanti!Canta con tutto il tuo essere anche per quelli che non sanno piùcantare e sarai luce per questo puntino sperduto nel tempo e nellospazio, puntino che talvolta può sembrarti un “atomo opaco del male”,ma che è stato visitato e riconciliato dalla bontà misericordiosa delnostro Dio, Sole invitto che sorge dall’Alto!

    Piergiordano Cabra

    Buon anno!Buon anno!

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  • 10 Testimoni 1/201810

    P. Sidi-Brette e M. Chambon, appar-so sull’agenzia Eglise d’Asie in tresuccessivi articoli sulla formazione eriforma della vita consacrata femmi-nile. I dati generali della piccola mi-noranza cattolica in Cina sono giànoti: 12-15 milioni di fedeli, 3.500preti, 1.500 i seminaristi, una novan-tina i vescovi per 140 diocesi (45 le-gali e altrettanti clandestini; una doz-zina non riconosciuti da Roma). Siparlava di 7.000 suore, ma lo studione riduce la stima: sarebbero 3.170,in 87 congregazioni ufficiali, e 1.391in 37 congregazioni clandestine onon registrate.La forma più tradizionale è quelladelle vergini consacrate che continuaa vivere in alcune diocesi e ambitidella vasta Cina. La prima sarebbeapparsa a nord di Fujian nel 1650. Fa-cendo eco a pratiche spagnole, nume-rose giovani donne fecero voto diverginità per dedicarsi interamente alservizio della comunità cristiana. Ri-manevano all’interno della propriafamiglia e si occupavano del luogo diculto, della recita quotidiana dellepreghiere, della visita ai malati. È unaforma di vita che continua a sussiste-re anche se, nelle categorie codiciali,sarebbe più assimilabile all’ordo vir-ginum che non alla vita religiosa. Nel-le quattro diocesi di Fujian sarebbe-ro circa 90 e alcune centinaia quelleche fanno riferimento alle comunità«illegali». Non sembra pronuncinovoti espliciti, non hanno comunità e sidedicano al servizio delle comunitàcattoliche locali.Un caso emblematico è quello disuor Teresa che nel 1988 avvia unbiennio di servizio a una parrocchiae poi la diocesi la invita a due anni emezzo di formazione. Viene destina-ta a una diversa diocesi in cui opera-no 9 preti e 3 suore. Peraltro le suo-re erano 8, ma tre si sono sposate,una è partita in formazione e l’altraè rientrata nella sua diocesi. Le suo-re sono affiancate a un prete e turna-no dopo cinque anni. Teresa lavoranella parrocchia dell’amministratorediocesano, in un territorio lungo piùdi 150 km e abitato da 400.000 abi-tanti. È la presenza più stabile dellaparrocchia. Tiene aperta e pulita lachiesa, supervisiona i servizi dei vo-lontari, segue gli eventuali lavori, or-ganizza la liturgia, prepara battesimi

    Le informazioni sulla Cina, ol-tre ai dati macro-economici epolitici di una potenza che sicandida a pesare molto nel prossimofuturo (cf. i post di F. Sisci su Settima-nanews.it), diventano più difficili inaltri campi come gli orientamenti difede o i temi dei diritti umani. Sulversante cattolico rimane centralel’attesa soluzione della nomina deivescovi e la riconciliazione fra la tra-dizione «sotterranea» e quella «lega-le» delle comunità dei fedeli. Dopola lettera ai cattolici cinesi di Bene-detto XVI, c’è stata una stagione dinomine condivise (2007-2010), quel-la delle nomine non condivise (2010-2012) e l’attuale, che continua unasorta di patto di non aggressione: no-minati in Cina ma non invisi a Ro-ma. Più difficili da indagare risultanole questioni pastorali. Ci sono traccesui seminari, sui santuari (cf. Testi-moni 7-8/2017, p. 13), sull’ecumeni-

    smo (cf. Testimoni 3/2016, p. 15). Frammentarie le indicazioni anchesulla vita monastica e consacrata.Erano quasi 2000 i fedeli a festeggia-re l’avvio del primo monastero di vi-ta contemplativa femminile a LinTou (Shanxi, 1 maggio 2014). E mol-ti attendono il ritorno di piccoligruppi in formazione monastica inalcuni luoghi occidentali (St. Ottilienin Germania, Camaldoli in Italia,Septfons in Francia). Secondo duemodalità diverse: chi compie l’interocammino di formazione monasticaall’interno di abbazie in Occidente echi, invece, sviluppa il proprio cam-mino in Cina con temporanei sog-giorni in Occidente (anche se in Ci-na non è ancora permessa la vita co-mune maschile).

    —I tre modelliDa apprezzare è lo studio, a firma di

    VITA CONSACRATA

    Vita religiosa in Cina

    INDAGINESULLE SUORE

    La forma più tradizionale è quella delle vergini consacrateche continua a vivere in alcune diocesi e ambiti. Un

    secondo modello è rappresentato dalle congregazionireligiose femminili, ossia da famiglie religiose con un forte

    ancoraggio storico. Un terzo modello è costituito dacongregazioni di recente fondazione diocesana.

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  • Testimoni 1/2018 11

    VITA CONSACRATA

    Il 4 novembre scorso a Indore, in India, è stata proclamata“Beata” sr. Rani Maria Vattalil, clarissa francescana, assassi-nata nel 1995. Tra i presenti al rito, anche Samander Singh, ilsuo assassino, un povero tribale, poi pentitosi e perdonato dal-la famiglia, e convertitosi al cristianesimo. Accanto a lui, in pri-ma fila, c’era anche la sorella di sr. Rani, sr. Selmy Paul, an-ch’essa suora.Ha presieduto la cerimonia di beatificazione, davanti a 10/15mila fedeli, il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazio-ne per le cause dei santi, assistito dal card. Baselios Cleemis,presidente della Conferenza episcopale dell’India, il card.George Alencherry, capo della chiesa siro-malabarese e il card.Oswald Gracias, presidente della Conferenza di rito latino e al-tri vescovi.Il card. A. Amato, leggendo la lettera del papa con cui Rani Ma-ria veniva proclamata “beata” ha affermato che questa “vergi-ne e martire” ha riconosciuto «il volto di Cristo sofferente neipoveri e negli afflitti, e li ha amati fino a versare il suo sangue».Il giorno dopo la beatificazione, domenica 5 novembre, lo stes-so papa Francesco l’ha ricordata all’Angelus dicendo: «SuorVattalil ha dato testimonianza a Cristo nell’amore e nella mi-tezza, e si unisce alla lunga schiera dei martiri del nostro tem-po. Il suo sacrificio sia seme di fede e di pace, specialmente interra indiana. Era tanto buona. La chiamavano “la suora delsorriso”».

    Prima martire dell’India

    Sr. Rani è la prima donna martire dell’India. Era originaria delKerala, dov’era nata nel piccolo villaggio di Pulluvazhy il 29gennaio 1954, da una famiglia di contadini. I suoi genitori, fer-venti praticanti, nel battesimo le avevano imposto il nome diMariam. Fin dall’infanzia era solita assistere regolarmente alla santa mes-sa e prendere parte alle devozioni popolari. Suo fratello Stephentestimonia di lei: «Era una ragazza di poche parole, vestiva soloabiti molto semplici, senza fronzoli... Era diversa dalle altre ra-gazze ed era straordinariamente obbediente. A scuola era mol-to brava, ma trovava il tempo anche per aiutare suo padre nellavoro dei campi e sua madre nelle faccende domestiche».All’età di 20 anni entrò nella Congregazione delle suore fran-cescane clarisse, un istituto di origine locale, ispirato alla spiri-tualità di S. Francesco d’Assisi. Era infiammata di zelo missio-nario e ripeteva spesso: «Anch’io voglio andare nel nord del-l’India a servire i poveri e a morire per loro». Una volta esaudita, fu inviata a Udainagar, nella diocesi di In-dore, nel Madhya Pradesh, dove rimase per 20 anni fino al gior-no del suo martirio. Era convinta che un evangelizzatore deveinteressarsi della vita dei poveri, per donare loro Cristo, il suoamore, il suo messaggio di redenzione e aiutarli a crescere ma-terialmente e spiritualmente.Studiando a fondo le tribù dei villaggi, si accorse che la genteera vittima degli strozzini e degli sfruttatori. Organizzò alloradei programmi di coscientizzazione e si adoperò per la bonifi-ca delle zone paludose del luogo che furono trasformate in ter-reni fertili. E soprattutto riuscì a liberare la gente dai loro usu-rai. Ma questi, toccati nei loro interessi, pieni di odio verso dilei, decisero di eliminarla.L’occasione si presentò presto. Il 25 febbraio 1995 sr. Rani ave-va preso il pullman che doveva condurla fino a Indore e di quiproseguire fino nel Kerala. Sul pullman erano saliti anche treindividui intenzionati ad ucciderla. Il capo di questi, Sa-mandhar Singh, 28 anni, dopo aver preso posto accanto a lei,cominciò a insultarla dicendole: «Perché sei venuta qui dal Ke-

    rala. Sei venuta a convertire al cristianesimo questa poveragente tribale? Noi non lo permetteremo».Dopo una ventina di chilometri, Samandhar chiese all’autista difermarsi. Scese e spaccò una noce di cocco contro una roccia: eraun pooja, un rito sacro di offerta alle loro divinità. Risalito inpullman, distribuì i pezzi ai passeggeri. Poi finse di darne uno an-che a sr.Rani che gli chiese: «perché sei così allegro, oggi?”. Ti-rando fuori un coltello, le rispose: «per questo qui», e la colpì nel-lo stomaco e continuò a pugnalarla, trascinandola fuori dal pul-lman, mentre Rani ripeteva “Gesù, Gesù”, fino a spirare. Nel-l’autopsia le furono riscontrate 40 ferite gravi e 14 ecchimosi.

    Il perdono

    L’assassino fu poi arrestato e condannato a 20 di carcere. Lavigilia dell’ottavo anniversario dell’uccisione, la mamma disr.Rani, Eliswa, andò a trovarlo per offrirgli il perdono: «desi-deravo – disse – compiere questo gesto, baciare le mani cheavevano ucciso mia figlia, perché quelle mani erano bagnatedal suo sangue».Lo stesso gesto di perdono fu compiuto anche dalla sorella piùgiovane di sr.Rani, sr. Selmy Paul. Profondamente colpito, Sa-mandhar Singh chiese perdono a sr. Selmy.Durante gli anni trascorsi in carcere, sua moglie aveva divor-ziato e il suo primo figlio era morto. Intanto rimuginava tra sécome poter vendicarsi dell’uomo che l’aveva spinto ad uccide-re la suora. Ma toccato nel profondo dal perdono concessoglidalla famiglia di sr. Rani abbandonò il progetto.Dopo 11 anni di detenzione, fu rilasciato in seguito a una peti-zione firmata dalla famiglia di sr. Rani, dalla superiora provin-ciale della sua Congregazione e dal vescovo di Indore. Ma sic-come il rilascio tardava a venire, una delegazione si recò dal go-vernatore locale per perorare la sua causa. Questi disse: «Solovoi cristiani siete capaci veramente di perdonare. Siete un gran-de esempio. Andate, farò il possibile perché sia rilasciato».Ora Samandhar Singh è una persona libera. Non solo si è pen-tito, ma ha anche abbracciato la fede cristiana. Adesso trascor-re il tempo nell’aiutare la gente tribale e considera la famigliadi sr. Rani come sua. «Io visito regolarmente la sua tomba» hadichiarato, «per me è come un santuario di pace e di forza. De-sidero che tutti sappiano che i cristiani lavorano per renderegrande l’India. I missionari ci danno speranza con il loro servi-zio che ha lo scopo di rendere un popolo forte e indipendente.In occasione della beatificazione, sr. Rani è stata presentata co-me un modello per coloro che sono perseguitati e il suo mar-tirio infonderà forza ai cristiani che in questo momento devo-no far fronte a una “allarmante” crescita della persecuzione.«Noi - ha dichiarato un giornalista - solo durante quest’anno,abbiamo registrato più di 600 episodi di attacchi contro i cri-stiani, aggressioni fisiche, distruzione di chiese, impedimenti al-la preghiera».Secondo un’altra testimonianza, i gruppi radicali indù sono de-cisi a recare danno all’immagine dei cristiani e possibilmentea cancellare il cristianesimo dall’India. Per questo, sempre se-condo la stessa fonte, oggi l’evangelizzazione diretta nel norddell’India è impensabile, i radicaliindù si oppongono persino alle ordi-narie attività umanitarie dei missionari. «Non abbiamo paura di questi attacchi», ha affermato da par-te sua il vescovo Basil, della diocesi di Jhabua, nel Madhya Pra-desh. «La maggior parte dei cattolici nella mia diocesi – ha ag-giunto – sono tribali. Ma una volta che hanno accolto la fede,non si arrenderanno, qualsiasi cosa avvenga. Sono pronti a mo-rire come la beata Rani Maria».

    Sr. Rani Maria, prima beata “vergine e martire” dell’India

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    VITA CONSACRATA

    e matrimoni, anima i campi estivi.Ha un ruolo molto vistoso e ricono-sciuto. Ogni tre mesi le religiose del-la diocesi si confrontano. Avevanoprogettato una sorta di convento, male emergenze finanziarie sono trop-pe e finora tutto è fermo. Suor Tere-sa conosce bene le congregazionioperanti in Cina. Conosce anche ledifficoltà della vita comunitaria chele altre suore le raccontano. Sa dinon avere uno statuto canonico pre-ciso, ma ricorda la diffidenza dellevecchie suore nei confronti dellecongregazioni diocesane. D’altraparte, da diversi anni nessuna giova-ne chiede più di entrare in questoservizio e che il favore concesso allecongregazioni forse segnerà la scom-parsa del suo modo di consacrazio-ne. A nord della regione (Fujian) cisono giovani donne che fanno votodi celibato, ma rimangono in fami-glia e servono comunità cristiane ditipo rurale.

    —Le congregazioniUn secondo modello è rappresenta-to dalle congregazioni religiose fem-minili. Più in particolare, delle fami-glie religiose con un forte ancorag-gio storico, come le suore del Cuoredi Maria. Nate nell’ ‘800, le giovanireligiose emettevano i voti nelle ma-ni del vescovo e venivano inviate inmissione a due a due. Hanno fattonascere piccole scuole, orfanotrofi,case per anziani, tipografie artigiana-li. La vita consacrata rispondeva a unvuoto amministrativo e ai bisogni so-ciali più acuti. Nel 1940, alla vigiliadella rivoluzione, contava un centi-naio di aderenti. Dopo la bufera del-la rivoluzione una ventina di suore sirifugiano a Taiwan e quelle che re-stano sul posto tornano in famigliaper evitare la morte. Tutto sembrascomparire nella rivoluzione cultu-rale (1966-1976) di Mao, ma alcunedi loro continuano la consacrazionein segreto. Con le riforme di DengXiaoping (1979) qualcosa si muove edieci anni dopo il vescovo e i fedelidanno riconoscimento pubblico allarinata congregazione: una decina disuore anziane lascia il testimone auna ventina di giovani suore. Oggi lacongregazione conta 93 suore e 3 no-vizie. Nel 2008 inaugurano la nuova

    casa madre, a cui affiancano una ca-sa per anziani e una serie di struttu-re per la formazione spirituale delpopolo. La grande maggioranza faservizi in parrocchia, mantenendoun ritmo di preghiera comune, a cuisi è aggiunta l’adorazione perpetua.

    Un terzo modello è costituito dacongregazioni di recente fondazionediocesana, come le suore di san Giu-seppe. Fondate nel 1983, esse respi-ravano l’apertura dei nuovi spazi dilibertà e si mettevano a disposizionedelle comunità «illegittime». Per undecennio le postulanti erano una de-cina all’anno. Oggi sono 42. Vivonodi carità, abitano una piccola casacon un annesso asilo per gli anziani.Partite sulla base dell’entusiasmo edi una formazione elementare han-no dovuto investire molto sull’ag-giornamento, le lingue e il percorsoaccademico, anche all’estero. Daiservizi elementari di un contestocontadino sono passate all’accompa-gnamento alla domanda di senso diuna società che è esplosa nell’indu-stria e nella globalizzazione.

    —Finanza, ruoloe carisma Al di là dei vari modelli di vita con-sacrata e della loro attuale vitalità ri-mangono alcune sfide che li riguar-dano tutti. Anzitutto le difficoltà diordine finanziario. «Come la mag-gior parte delle congregazioni “ille-gali” la maggioranza delle suore nonbeneficiano di una copertura sanita-ria. Fra le 95 religiose del Cuore diMaria, per esempio, solo nove sono

    coperte. Per regolarizzare la loro si-tuazione presso le assicurazioni, lesuore del Cuore di Maria avrebberobisogno di un milione di euro e dicirca 100.000 euro all’anno. Le suoredi San Giuseppe, legate alla Chiesa“sotterranea” non beneficiano di al-cuna assistenza medica e devonocercarsi un lavoro fuori della congre-gazione per rimediarla». È un pro-blema che interessa la grande mag-gioranza delle suore e che non rice-ve attenzione dai fedeli. Le loro of-ferte sono finalizzate ad altro.Una seconda sfida è costituita dalrapporto con i preti diocesani. Men-tre la persecuzione infuria e poi du-rante la rivoluzione culturale preti esuore erano sullo stesso piano e cor-revano gli stessi pericoli. I nuovi spa-zi di libertà e la diversità dei servizie ministeri li portano su strade diver-genti. Le suore hanno spesso unaformazione intellettuale e professio-nale più accurata dei preti (in parti-colare di quelli “illegali”) e non siadattano a ruoli di semplici domesti-che. Inoltre i fedeli riconoscono piùfacilmente il ruolo e la centralità delprete rispetto a quello della suora,distanziando di fatto le due figure. «Iconflitti sono più numerosi e, in as-senza di soluzioni, le suore sonoquelle che devono abbandonare laparrocchia», correndo il rischio diperdere i beni e di vedere dissolta lacongregazione. Per evitare dispute lesuore del Cuore di Maria chiedonoal vescovo che la parrocchia servitadevolva una cifra stabile per la suo-ra (fra i 70 e i 150 euro). Cosa che leparrocchie trovano talora troppooneroso.

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    La terza sfida è l’identità carismati-ca. Nei cambiamenti radicali che sisono verificati e si verificano nellasocietà cinese, il passaggio all’indu-stria, al digitale, alla potenza econo-mica e politica, al relativo benessere,ecc. cambiano i servizi a cui le reli-giose sono chiamate: rimangonoquelli agli anziani, ma non più lescuole, quelli elementari della sanitàma non più i dispensari. Da ridiscu-tere i servizi parrocchiali. «Ma, in ra-dice, esse sono costrette a riprende-re la questione di fondo: qual è il no-stro specifico come religiose delCuore di Maria o come religiose diSan Giuseppe? Scelta contemplati-va, vita apostolica? Quale tipo diapostolato?». Il cammino post-con-ciliare della Chiesa insiste molto sulcarisma del fondatore o di fondazio-ne e le istanze romane e internazio-nali spingono perché esse definisca-no meglio la loro identità spirituale.Ma, se sono nate nell’800 il fondato-re è spesso un prete straniero chenon è mai stato parte della congre-gazione oppure nascono da donnevotate al celibato che non si sonomai sentite fondatrici. In un contestoultraminoritario, con problemi fi-nanziari irrisolti, la differenziazionedei carismi è sentita come indeboli-mento davanti a una struttura ammi-nistrativa statale e anche religiosa«ufficiale» che snobbano i gruppiminori. Due fenomeni ulteriori accompa-gnano la vita consacrata femminilein Cina. Il primo è la rete internazio-nale di aiuto e sostegno. Da Roma,da Hong Kong, da Taiwan, dalle Fi-lippine, dalla Corea del Sud, ma an-che dagli Stati Uniti e dall’Europagiungono in Cina persone, aiuti e af-fiancamenti. In secondo luogo, il ca-so non infrequente di «suore senzafissa dimora», sia in senso fisico chespirituale. Il corrispettivo dei clericivagi di un tempo. Donne che fatica-no ad adattarsi a modelli di vita co-munitaria o personale nel mezzo dimutazioni sociali e culturali di gran-de rilievo. Un segnale di allarme, mache dice anche la sfida decisiva e lanecessità di un sostegno fattivo. Mol-to del futuro del cristianesimo si gio-ca «nell’impero di mezzo».

    Lorenzo Prezzi

    “Quando uno dice: «Iosono di Paolo», e unaltro: «Io sono diApollo», non vi dimostrate semplicemente uo-mini?Ma che cosa è mai Apollo? Cosa èPaolo? Ministri attraverso i quali siete venu-ti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gliha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi irriga èqualche cosa, ma Dio che fa crescere. Non c’è differenza tra chi pianta e chiirriga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificiodi Dio”.

    1 Cor 3, 4-9

    —Siate sempre lieti (1 Ts 5,16)Una saggia tradizione della Chiesa ciincoraggia a iniziare qualsiasi valuta-zione importante della nostra vitapartendo dalla consolazione, dallagioia, e credo sia questo anche il luo-go migliore da dove iniziare questabreve comunicazione su come gliIstituti di Vita Consacrata si relazio-nano tra loro. All’inizio di EvangeliiGaudium, comunque, papa France-sco ci ricorda in modo salutare che iltipo di gioia di cui stiamo parlando,la gioia dell’evangelizzatore, spuntasempre dallo sfondo di una gratamemoria. Sarebbe tutt’altro che sbagliato ini-ziare con farci questa domanda: qua-li sono i ricordi grati che abbiamo direlazioni positive e vitali tra altri Isti-tuti e il nostro che continuano a dar-ci una gioia duratura, che ci ispira eci dà energia?

    VITA DEGLI ISTITUTI

    Relazioni tra Istituti di Vita Consacrata

    GIOIE, SFIDEE POTENZIALITÀ

    Una sfida ancora da scoprire nei nostri carismi fondanti.Per i nostri Fondatori, il loro carisma era un dono di

    relazione e di cooperazione? E in quale modo la nostrafedeltà ci spinge oggi ad avere relazioni simili e a

    cooperare? Conversazione di p. Glenday.

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    E forse anche questa può essere unalezione da ricordare e da cui impara-re: siamo capaci di costruire su espe-rienze come questa, causate in uncerto qual modo da crisi, quando es-sa è superata e si ritorna alla ‘norma-lità’? Spesso, ed è triste dirlo, misembra che non ne siamo capaci. Co-me diremo dopo, dobbiamo impara-re ad amare e sviluppare il dono del-la relazione, e non lasciarlo svanire oappassire.Ancora più ampiamente, penso chepossiamo dire che spesso manca unapianificazione strategica tra gli Isti-tuti religiosi che operano nella stes-sa nazione o regione, mentre avreb-be molto più senso per loro pianifi-care insieme e mettere in comune lerisorse per il bene della Chiesa.

    d) Partner nel discernimento

    Nel corso degli anni sono stato spes-so coinvolto nel governo e nell’ani-mazione del mio Istituto, a livello lo-cale, provinciale e generale, e ancorauna volta la missione che svolgo inseno dell’USG mi trova immerso inquesto campo. Certamente è motivo di grande gioiaessere coinvolti nel discernimentocondiviso che ciò necessariamentesuppone. Detto con parole semplici,di fronte alle enormi sfide relativealla vita e alla missione, non c’è altraalternativa se non quella di unire inostri cuori e le nostre menti, aiutan-doci a vicenda per poter scorgere ciòche il Signore sta facendo nella sto-ria, e trovare il modo di dargli la ma-no che Egli, sembra, continuare acercare. Il coinvolgimento in questotipo di condivisione offre un modospeciale di scoprire i doni dello Spi-rito, la saggezza e la santità di reli-giosi e religiose di altre Congrega-zioni, ed edifica profondamente, nelmiglior senso della parola. Ma anche qui spunta una sfida: se-condo me, dobbiamo essere più riso-luti nel seguire le conseguenze prati-che del nostro discernimento condi-viso ed incarnarle in progetti di mis-sione comune.

    —Gioia nello Spirito Santo(Rm 14, 17)Nel riflettere su questo camminodella memoria grata per le esperien-

    Nella speranza di incoraggiarvi atrovare le vostre risposte a questadomanda, permettetemi di risponde-re partendo dalla mia storia ed espe-rienza, con riferimento a quattropunti chiave della nostra vita consa-crata:

    a) L’esperienza carismatica equindi relazionale delFondatore

    Mi considero benedetto per averavuto come fondatore san DanieleComboni, un missionario per cui l’a-micizia, le relazioni e la cooperazio-ne con altri nella Chiesa erano comel’aria che respirava. Appassionato edeterminato com’era nell’evangeliz-zazione dell’Africa, e con l’esperien-za personale delle enormi difficoltàche questo progetto comportava,non ebbe mai dubbi sul fatto chequesto impegno chiamasse tutti acompiere sforzi concertati nellaChiesa. Anzi, si potrebbe dire che fucondotto a fondare i suoi stessi Isti-tuti missionari, solamente quandol’urgenza della missione prese il so-pravvento sulle difficoltà e resisten-ze provocate dall’appello alla coope-razione.

    È chiaro che non penso nemmenoper un momento che questa apertu-ra di Daniele Comboni fosse una suadote esclusiva. Immagino che se tut-ti noi volgiamo lo sguardo verso inostri Fondatori e Fondatrici, donnee uomini dello Spirito, sicuramentetroviamo in loro persone che credet-tero nella creazione di reti di amici-zia e di cooperazione con altri.Quando studiamo e riflettiamo suinostri Fondatori, forse questo è unaspetto della loro esperienza di gra-zia che noi trascuriamo, e così corria-mo il rischio di non renderci contodella sfida ancora da scoprire nei no-stri carismi fondanti. In quale modo,per i nostri Fondatori, il loro carismaera un dono di relazione e di coope-razione? E in quale modo la nostrafedeltà verso di loro ci spinge oggiad avere relazionali simili e a coope-rare?

    b) Insieme nella formazione

    Mi considero molto fortunato diavere avuto la possibilità, da giova-ne, di studiare filosofia e teologia nel

    Missionary Institute London (MIL),consorzio fondato da sette congrega-zioni esclusivamente missionarie,che nel corso di vari decenni hannoformato donne e uomini evangeliz-zatori, ma che tristemente, alla lucedei cambiamenti avvenuti nella de-mografia delle vocazioni missiona-rie, è stato chiuso alcuni anni fa.

    C’era un qualcosa che producevaun’enorme energia e vitalità nel pre-pararsi per la missione con colleghidi altre famiglie missionarie, e i frut-ti per la nostra missione erano ab-bondanti. Si intessevano amicizie e siviveva la fraternità; i nostri orizzon-ti si espandevano; apprendevamo ascoprire approcci diversi alla missio-ne, frutto di storie diverse; imparava-mo a vedere come agisce lo Spiritoin modi così diversi e meravigliosi;immaginavamo la missione in termi-ni di comunione e di cooperazione.

    Penso che molti di voi abbiate avu-to, in un modo o nell’altro, similiesperienze di formazione con uomi-ni e donne di altre congregazioni re-ligiose, e suppongo che può essere il-luminante ed incoraggiante per voivisitare e gustare di nuovo questeesperienze, viste le sfide oggetto diquesta breve riflessione. La forma-zione che offriamo ai membri deinostri Istituti li sfida e li prepara asvolgere insieme la missione?

    c) Missione condivisa

    La memoria grata, e quindi la gioiache dà energia, si genera anche ritor-nando alle nostre esperienze di mis-sione e di apostolato, che in un mo-do o nell’altro ci hanno spinto a coo-perare con altri religiosi e religiose. Un’esperienza che considero parti-colarmente preziosa è stata il perio-do trascorso in Uganda, negli anni‘80, un tempo di forte instabilità po-litica e di una vera sofferenza permolti. Ebbi la fortuna, allora, di esse-re direttore di Leadership, una rivi-sta creata allo scopo di formare lea-der cristiani laici, che evoca la rete dicooperazione e di sostegno offertadai missionari di molte diverse con-gregazioni in tutto il paese e oltre,che permise alla rivista di essere unpunto focale di speranza e di inco-raggiamento per molti.

    VITA DEGLI ISTITUTI

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    VITA DEGLI ISTITUTI

    che sorgono quando ci uniamo inprogetti di missione; l’esperienza cidimostra che senza questa visione,sarà molto difficile farcela. È una vi-sione che, se abbracciata di tuttocuore, ci libera rendendoci generosi,immaginativi e creativi.

    Forse il nucleo essenziale di ciò chestiamo cercando di dire è meglioespresso nelle memorabili parole delPapa Benedetto XVI nella sua ome-lia della domenica di Pentecoste2012:

    “Gesù, parlando dello Spirito Santo,ci spiega che cos’è la Chiesa e comeessa debba vivere per essere se stes-sa, per essere il luogo dell’unità e del-la comunione nella Verità; ci dice cheagire da cristiani significa non esserechiusi nel proprio «io», ma orientar-si verso il tutto; significa accogliere inse stessi la Chiesa tutta intera o, an-cora meglio, lasciare interiormenteche essa ci accolga. Allora, quando ioparlo, penso, agisco come cristiano,non lo faccio chiudendomi nel mioio, ma lo faccio sempre nel tutto e apartire dal tutto: così lo Spirito San-to, Spirito di unità e di verità, puòcontinuare a risuonare nei nostricuori e nelle menti degli uomini espingerli ad incontrarsi e ad acco-gliersi a vicenda. Lo Spirito, proprioper il fatto che agisce così, ci introdu-ce in tutta la verità, che è Gesù, ciguida nell’approfondirla, nel com-prenderla: noi non cresciamo nellaconoscenza chiudendoci nel nostroio, ma solo diventando capaci di

    ze positive di relazione tra vari Isti-tuti, sulla gioia che queste relazionigenerano, scopriamo di essere staticondotti nel cuore stesso della vitaconsacrata: questa gioia è in definiti-va opera e frutto dello Spirito, checontinua a donare la vita religiosa al-la Chiesa e al mondo.

    Questa presa di coscienza – dallamemoria grata alla gioia di una nuo-va comprensione dell’azione delloSpirito – ci spinge a esprimere varieaffermazioni impegnative, afferma-zione che possono avere non pocheconseguenze pratiche:

    – tutta la questione di costruire rela-zioni tra gli Istituti religiosi non è se-condaria o periferica, bensì costitui-sce l’essenza stessa di ciò che la vitaconsacrata è chiamata ad essere. È loSpirito che ci unisce;

    – queste relazioni sono un elementoessenziale della realtà carismaticadella vita consacrata; senza di essegli Istituti non potrebbero vivere inpienezza i loro carismi, e non potran-no sperimentare il potere e la ric-chezza di questi carismi. E solamen-te qui, come in altri campi della vitaumana, scopro in pieno chi sono at-traverso di te, precisamente perchésiamo allo stesso tempo uguali e dif-ferenti;

    – è auspicabile, ovviamente, che gli

    Istituti cooperino nella missione, equesto ha senso in termini di buonuso delle risorse a disposizione perrispondere alle sfide missionarie delgiorno. Comunque, questo approc-cio, anche se positivo, non è tutto; c’èin gioco qui qualcosa di più profon-do e di più prezioso. Non basta unapproccio esclusivamente utilitario;

    – questa visione essenzialmente cari-smatica e non puramente funzionalearde nelle parole di Gesù, nella suapreghiera nell’Ultima Cena: “ComeTu, Padre, sei in me e io in Te, sianoanch’essi in noi una cosa sola, perchéil mondo creda che Tu mi hai manda-to”. La nostra comunione non è so-lamente un modo di organizzarci

    meglio per risponderealle necessità; è la no-stra principale e piùefficace testimonianzadel Signore che se-guiamo.

    Come già suggerito,questa visione di co-munione non è unateoria; ha conseguen-ze di vasta portata.Quando è mancante,può condurre i nostriIstituti a forme di par-rocchialismo o perfinodi sterile e poco edifi-cante competitività.Questa visione è vitalese dobbiamo resisterealle inevitabili diffi-coltà e complicazioniEDB

    pp. 720 € 44,50

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    ascoltare e di condividere, solo nel«noi» della Chiesa, con un atteggia-mento di profonda umiltà interiore”.

    —Collaboratori della tuagioia (2Cor 1, 24)Dalla memoria grata alla gioia; dallagioia all’azione dello Spirito; dall’a-zione dello Spirito alla missione incomunione: e quale potrebbe esserela forma di questa missione oggi enel futuro? Cerchiamo di dare qualche modestarisposta:

    a) Una spiritualità di cooperazione

    Da ciò che è stato detto fin qui, è evi-dente che questa visione di comu-nione può sostenersi solo con moti-vazioni di fede alimentate dalla Pa-rola di Dio, dalla preghiera e dallacontemplazione, dall’amore per laCroce e dalla gioia nella Risurrezio-ne. La comunione ci chiama alla san-tità, all’intimità con il Signore che ciha chiamati, insieme. Visto da un’al-tra prospettiva, potremmo dire chequalsiasi spiritualità della vita reli-giosa, senza questo elemento di co-munione dei carismi è seriamente in-completa.

    b) La pazienza del seminatore

    Sarebbe molto illuminante rileggerele parabole del Signore sul seme e ilseminatore per scorgerne le implica-zioni riguardo alla missione-in-co-munione della vita consacrata. Cisentiremmo, senz’altro, incoraggiatia credere abbastanza in questa mis-sione da essere pronti ad iniziareumilmente; apprenderemmo ad es-sere pazienti e ad essere disposti acominciare di nuovo; capiremmo cheil seme è molto prezioso e quindi ap-prezzeremmo le varie esperienze dicomunione, anche se apparentemen-te marginali.

    Questo ultimo punto riveste un’im-portanza particolare. È facilmentecomprensibile che in certi casi, i pro-getti di comunione possano diventa-re meno rilevanti o viabili nel tempo,e devono essere terminati. Ma nonbisognerebbe mai fermarsi lì: tutte leesperienze positive vissute insiemedevono essere l’inizio di qualcosa dinuovo e di diverso, una tradizione e

    VITA DEGLI ISTITUTI

    un’eredità che ci chiama a forme dicomunione e di cooperazione nuovee concrete nel futuro. L’esperienza ètroppo preziosa per essere buttatavia.

    c) Verso il rinnovamento insieme

    Tutti siamo ben consapevoli dellesfide che i nostri Istituti affrontanoin questo momento, e lo sforzo con-siderevole e l’energia che vengonomessi nelle iniziative di formazionecontinua tendente al rinnovamento.Ci sono progetti di cooperazione inquesto ambito, e ciò è positivo, madevono essere moltiplicati, nati dal-la convinzione che qualsiasi vero rin-novamento sarà rinnovamento insie-me, e che veramente abbiamo biso-gno gli uni degli altri per svolgerequesto compito.

    —Con maggior coraggioNon possiamo concludere questabreve comunicazione senza ricorda-re la parole di Papa Francesco all’i-nizio dell’Anno della Vita Consacra-ta, che sfidava i religiosi e le religio-se a vivere questo momento, caratte-rizzato in un certo senso dalla fragi-lità e dalla diminuzione, come un’op-portunità nello Spirito: «Mi aspetto … che cresca la comu-nione tra i membri dei diversi Istitu-ti. Non potrebbe essere quest’Annol’occasione per uscire con maggiorcoraggio dai confini del proprio Isti-tuto per elaborare insieme, a livellolocale e globale, progetti comuni diformazione, di evangelizzazione, diinterventi sociali? In questo modopotrà essere offerta più efficacemen-te una reale testimonianza profetica.La comunione e l’incontro fra diffe-renti carismi e vocazioni è un cam-mino di speranza. Nessuno costrui-sce il futuro isolandosi, né solo con leproprie forze, ma riconoscendosinella verità di una comunione chesempre si apre all’incontro, al dialo-go, all’ascolto, all’aiuto reciproco e cipreserva dalla malattia dell’autore-ferenzialità».

    p. David Glenday MCCJ1

    1. Padre David Glenday, Missionario Combo-niano, è attualmente il Segretario Generaledella USG (Unione dei Superiori Generali).

    E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

    PER RELIGIOSE E CONSACRATE

    � 25 feb-4 mar: don GuidoPietrogrande “Rimanete in me eio in voi” (Gv 15,4) La vita inCristo per la missioneSEDE: Centro di spiritualità“Mericianum”, Località Brodazzo, 1– 25015 Desenzano del Garda (BS);tel. 030.9120356 – fax 030.9912435;e-mail: [email protected][email protected]

    � 1-8 mar: don Livio Pagani, cp“Se uno è in Cristo è unacreatura nuova” (2 Cor 5,17)SEDE: Casa di spiritualità “VillaMoretta” – 38057 PergineValsugana (TN); tel.0461.531366 –fax 0461.531189; e-mail:[email protected]

    � 1-10 mar: p. Giuseppe Koch, sj“Vogliamo vedere Gesù” SEDE: “Casa di Esercizi SacroCostato”, Via Alberto Vaccari, 9 –00135 Roma (RM); tel. 06.30815004– 06.30813624 – fax 06.30815004;e-mail:[email protected]

    � 4-10 mar: p. Lorenzo Gilardi“La coscienza di Gesù neiVangeli. Percorso biblico conintroduzione al discernimento” SEDE: Monastero S.Croce, ViaS.Croce, 30 – 19030 Bocca diMagra (SP); tel. 0187.60911 – fax0187.6091333; e-mail:[email protected]

    � 4-10 mar: p. Carlo Scarongella,C.P. “Vi ho costituiti perchéandiate e portiate frutto” (Gv15,16) I consacrati messaggeridella gioia del VangeloSEDE: Casa Esercizi Spirituali “SsGiovanni e Paolo” Passionisti,Piazza SS. Giovanni e Paolo, 13 –00184 ROMA; tel. 06.772711 – fax06.77271367; e-mail:[email protected]

    � 9-16 mar: p. Andrea Arvalli,ofmconv “Cercate il Signore e lasua potenza (Sal 105,4). Ridare aDio il primo posto”SEDE: Centro di Spiritualità“Barbara Micarelli”, Via Patronod’Italia, 5/E – 06081 Assisi –Santa Maria degli Angeli (PG); tel.075.8043976 – fax 075.8040750;e-mail: [email protected]

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    Accoglienza è voce che faparte del “patrimonio del-l’umanità”, come molte al-tre voci che delineano lo “stile” cri-stiano del vivere. Non è specificodella fede cristiana, e tuttavia la fedecristiana può essere espressa in granparte come accoglienza, nella suaespressione attiva e passiva.L’esperienza di fede nel Dio di Ge-sù può definirsi per intero come unincontro nel quale ci si sente accoltida Dio, al di là dei propri meriti e no-nostante il peccato, e nello stesso in-contro accogliamo Dio, che chiede diessere accolto come il Dio-con-noi.Si può dire, come riprova a contra-rio, che l’accoglienza rappresentiuna dinamica dirimente rispetto allavita di fede. La Bibbia lo mette inevidenza nei primi capitoli della sto-ria di alleanza con gli episodi diMamre e Sodoma.

    —Mamre / SodomaA Mamre, quel Dio che si era fattoconoscere fin qui per la sua parola e

    i suoi segni, si rivela per la prima vol-ta ad Abramo in forma visibile equesta prima rivelazione di Dio av-viene nel segno dell’ospitalità adAbramo, il quale a sua volta vivevada “ospite”, nella condizione di stra-niero e non proprietario. È opportu-no tener conto che questa, comeogni “prima volta”, si arricchisce diun valore “originario”, che rende l’e-vento paradigmatico.La rivelazione avviene alle querce,che nella Bibbia indicano la sacralitàdel luogo. Abramo «sedeva all’in-gresso nell’ora più calda del giorno»,quando è meno probabile il passag-gio di qualcuno. Alcuni rabbini riten-gono che Abramo fosse spossatodalla febbre oltre che dal caldo, acausa della circoncisione, della qua-le si era raccontato nel capitolo pre-cedente.Alla vista dei pellegrini, Abramo«corre loro incontro». Passa dalla“siesta” alla fretta, dalla spossatezzaalla sollecitudine: la visita dell’ospi-te cambia la vita, la guarisce, gli re-stituisce le forze (come non riandare

    PASTORALE

    Lo stile cristiano del vivere

    ACCOGLIENZAOSPITALE

    L’intera esperienza di fede trova espressionenell’accoglienza: accogliere Dio e sapersi da lui accolti.

    Coinvolge la vita personale, civile e di Chiesa e costituisceuna dinamica dirimente rispetto alla vita di fede.

    all’accoglienza di Gesù in casa di Si-mone, che guarisce la suocera, laquale «si alza per servirli»).Ne vede tre ma si rivolge come aduno: «Mio signore». I tre non sono lìper caso («è ben per questo che voisiete passati dal vostro servo») e l’o-ra sorprendente della loro visitarinforza l’allusione al “mistero” cheva ben oltre il “caso”.L’identità e il nome dei tre ospiti so-no sconosciuti. Eb 13,2 («Non di-menticate la philoxenia, alcuni, pra-ticandola, senza saperlo hanno ac-colto degli angeli») rinforza la valen-za paradigmatica “originaria” dell’e-pisodio. Non viene esplicitato il no-me di Abramo così come è “ignara”l’identità dell’ospite: invito a identi-ficarsi con lui e con la sua ospitalitàaccogliente.L’accoglienza praticata da Abramo,dopo avere rivitalizzato lui stesso,porta vitalità anche al grembo di Sa-ra con l’annuncio della nascita diIsacco.Al contrario, la mancata accoglienzada parte di Sodoma, anzi la violenzaprogettata contro l’ospite, porta a di-struzione e morte.Nell’accoglienza o non-accoglienzasi gioca il futuro di vita o di morte,personale e collettivo. Non è solo ilsingolo ad essere invitato all’acco-glienza, è l’intera città (Sodoma) adessere destinataria dell’invito. Cometutte le dinamiche portanti della fe-de, anche l’accoglienza è pervasiva, esi estende a tutti gli aspetti e ambitidel vivere.

    —Accogliereil dono che è DioLa fede è offrire accoglienza a Dio.È questione vitale anche per lui. Egliche si donò sempre tutto, senza riser-ve, senza tenersi da parte un “teso-retto” per sé; e se non ha chi lo accol-ga s’è “buttato invano” (cf. Gv 1,11-12). Nell’episodio di Zaccheo è beneespressa l’urgenza, la necessità delFiglio di Dio: «Oggi devo fermarmi acasa tua».Corrispettivamente, nell’episodioparabolico di Emmaus si dice che lo“straniero” «fece come se dovesseandare oltre». Egli si propone senzaimporsi, «sta alla porta e bussa» (cf.Ap 3,20) e se non viene invitato a

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    spezzare il pane non viene ricono-sciuto.In questo pendolo tra la “neces-sità” di essere accolto e la “legge-rezza” del suo proporsi come ospi-te si circoscrive il perimetro ester-no di quella che Christoph Theo-bald, nella sua opera Il cristianesi-mo come stile, chiama «la santitàospitale di Gesù».Se l’accoglienza è “patrimonio del-l’umanità”, non è marchio pro-prietario del cristianesimo, nono-stante la sua valenza determinanteper la fede, la “santità” ospitale bentraduce lo specifico evangelico del-l’accoglienza.

    —La santità ospitaledi GesùIl cristianesimo, inteso come la reli-gione inaugurata da Gesù di Nazaret(se di religione si può parlare), nellasua costituzione fondamentale è da-to non tanto da dogmi e norme,quanto piuttosto da uno stile di rela-zioni con Dio (Padre) e con il pros-simo che ha in Gesù il suo modello eva continuamente rimodulato, rein-terpretato alla luce del vissuto diognuno e di ogni relazione. È un mo-do di abitare il mondo e la storia co-sì come Gesù ha abitato il suo mon-do e la sua storia, senza lasciare indi-cazioni scritte e fissate per sempre.La chiamata che Gesù rivolge a chivuol essere suo discepolo e per laquale prega il Padre suo è chiamataad essere santi come è santo il Padre(cf. Mt 5,43-48). Quale è la santità diDio che si mostra in Gesù? Postoche il suo volto, le sue parole, i suoigesti sono l’unica e ultima rivelazio-ne data a noi per conoscere Dio.Santità, nel suo significato originale,indica separatezza, distinzione; qual-cuno che è “altro” dagli altri perchémigliore. Dio è tre volte santo, l’Al-tro per eccellenza, colui che “sta neicieli”, il diverso, l’estraneo dal nostromondo.Il Dio abitatore onnipotente dei cie-li ha scelto di farsi abitatore dellanostra Terra, l’eterno della nostrastoria. In Gesù, l’Estraneo ha chiestoaccoglienza tra di noi, chiede di esse-re nostro ospite.Nasce uomo in Gesù, nasce in unastalla (o probabilmente, meglio, al-

    l’aperto, dove i pastori vegliavano inquella notte) cioè in un luogo non ri-servato, accessibile a tutti. Non nascenel tempio, dimora del Santo.Gran parte della sua vita è copertadal silenzio. Ma anche questo silen-zio è rivelazione di Dio. Ci dice lamodalità ordinaria della sua presen-za tra noi. Abita la terra senza pos-sederla, lui al quale appartengono icieli e la terra. Non ha dove posare ilcapo. Privo di una dimor