Tesina sui Frattali

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A.SC. 2011/2012 LICEO SCIENTIFICO E. SANFELICE VIADANA (MN) OMNIA MEA MECUM PORTO UN FRATTALE PER TUTTI, A CIASCUNO IL SUO FRATTALE BEATRICE BOLSI

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A.SC. 2011/2012 LICEO SCIENTIFICO E. SANFELICE

VIADANA (MN)

OMNIA MEA MECUM PORTO

UN FRATTALE PER TUTTI,

A CIASCUNO IL SUO FRATTALE

BEATRICE BOLSI

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Omnia Mea Mecum Porto Beatrice Bolsi

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« Si ritiene che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze con la struttura della mente umana, è per questo che la gente li trova così familiari. Questa

familiarità è ancora un mistero e più si approfondisce l'argomento più il mistero aumenta »

Benoit Mandelbrot

Introduzione. L’argomento che ho scelto di approfondire è quello dei Frattali, meravigliose strutture matematiche che mi hanno affascinato sin dal primo incontro, e che per me costituiscono un vero e proprio collegamento tra la natura poetica e quella scientifica propria dell’essere umano, sancendo il legame indissolubile tra i due ambiti spesso ed erroneamente contrapposti della scienza e dell’umanesimo, il cui destino comune è quello di inaridirsi come due rami dello stesso ceppo, che non riconoscono di vivere della stessa linfa umana, nella stessa tensione alla perfezione. Questa considerazione è fondamentale per comprendere il taglio che ho voluto dare al presente elaborato, rispettando il “promemoria per il nuovo millennio” della Molteplicità, in cui gli intrecci e gli scambi reciprochi tra le diverse discipline saranno la chiave del mistero dei Frattali. E sempre coerentemente rispetto a quanto ho esposto, ho scelto come titolo questa frase latina omnia mea mecum porto1, che significa porto con me ogni mia ricchezza, in riferimento sia all’inscindibilità dei diversi apporti delle discipline concorrenti alla formazione della persona, sia al motto che potrebbe essere attribuito agli stessi frattali, per la loro indole completa e frantumata simultaneamente. Sono i Frattali una pura invenzione matematica o piuttosto una scoperta? Sono stati immaginati prima di essere matematizzati? Sono stati assorbiti dalla mente umana, o la mente umana stessa ha un approccio frattale all’apprendimento? Attraverso questo percorso, che verte sulla molteplicità degli ambiti in cui è possibile ravvisare i sintomi della “frattalità”, intendo focalizzare l’attenzione su uno strumento matematico di indubbia utilità il cui nome ha fatto capolino attorno agli anni settanta del secolo scorso, per l’appunto i frattali. Il termine, coniato da Benoit Mandelbrot, deriva etimologicamente dal latino “fractus”, ovvero “infranto, spezzato”, e sta a designare tutte quelle figure aventi le proprietà dell’autosimilarità e una dimensione non intera. Approfondiamo ora questi aspetti.

1 Cicerone, da Paradoxa Stoicorum, 1,1,8. La frase sarebbe stata pronunciata da Biante che fuggì da Priene assediata senza portare via nulla, mentre gli altri indugiavano nel raccogliere le proprie ricchezze. Essa è oggi citata per indicare il distacco dai beni materiali e la consapevolezza della propria ricchezza interiore. (da Frasi Latine a cura di A.M.Zanoner)

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«Perché la geometria viene spesso definita fredda e arida? Uno dei motivi è la sua incapacità di descrivere la forma di una nuvola, di una montagna, di una linea

costiera, di un albero. Osservando la natura vediamo che le montagne non sono dei coni, le nuvole non sono delle sfere, le coste non sono cerchi, ma sono degli oggetti

geometricamente molto complessi. » Benoit Mandelbrot

Cenni teorici di base. Si dice che una figura geometrica è autosimile (o che possiede un’invarianza di scala)se la sua struttura si ripete a diverse scale, se nei dettagli si ripropone l’intero, se quindi ha, in termini tecnici un’omotetia interna in senso allargato all’orientamento della figura; come ad esempio accade per gli alberi: dal tronco si dipartono diversi rami, a loro volta ramificati; immaginando di ripetere questa operazione all’infinito otterremmo un vero e proprio frattale, in cui ogni piccolo rametto è simile alla totalità dell’albero. Ed ecco svelata un’altra caratteristica: essi sono spesso generati da un algoritmo ricorsivo, ovvero dall’applicare una certa procedura (nel caso dell’albero, ad esempio: “aggiungi due rami a destra ed uno a sinistra ad ogni ramo”) per un certo numero di iterazioni. Infatti ad ogni ingrandimento, il frattale non perde qualità nell’immagine, ma si arricchisce di particolari, per questo motivo diremo anche che ogni minima variazione nella formula generatrice provocherà vistosissimi cambiamenti nella configurazione del frattale. Questo aspetto spiega inoltre quanto siano utili i frattali nella descrizione di sistemi caotici, uno dei cui capisaldi è per l’appunto “sensibilità alle condizioni di partenza”. Il concetto di dimensione non intera (in gergo: frattale) deriva anch’esso dalla stessa proprietà di autosimilarità, ma prima di capire questo è necessario spiegare cosa significa in matematica parlare di dimensione. Si parte dall’assioma che il punto abbia dimensione uguale a zero, la retta dimensione uno, il quadrato due e il cubo tre. Eppure, come esistono oggetti di dimensione intera superiore a tre, ne esistono anche di dimensione intermedia tra 0 e 1, tra 1 e 2, e così via. Come è possibile determinare la dimensione di un oggetto? Partiamo dall’esempio di un quadrato. Esso ha dimensione due poiché per comporre un quadrato di lato l sono necessari (l/n)^2 quadrati di lato l/n, così come per comporre un cubo di spigolo l ne sono necessari (l/n)^3. Possiamo definire perciò il concetto di dimensione in questo modo intuitivo, con r rapporto di similitudine fra la lunghezza totale e la parte (r = l/n), n il numero delle parti autosimili, e dim la dimensione dell’oggetto: Eppure, ciò che è di così semplice determinazione con la matematica, è talvolta difficile da visualizzare: la dimensione di un piano è 2, quella di un cubo è 3, ma cosa significa avere dimensione intermedia? Proviamo ad immaginare una spugna: essa ha 3 dimensioni, tuttavia non le riempie tutte, avendo cavità di vario genere. In tal modo può essere visualizzata la dimensione frattale, in questo caso intermedia tra 2 e 3.

dim nr =

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Osservando ad esempio le immagini a fianco, può diventare tutto un po’ più chiaro: l’insieme di Cantor è detto anche “polvere di Cantor”, perché ciascun segmento tende a diventare un punto, e come potete notare la curva di Koch, essa è sicuramente più “ricca” di una curva unidimensionale...

Pertanto, noto il numero di copie di sé a una certa scala contenute da una figura è formalmente possibile determinarne la dimensione, secondo la relazione:

E otterremo che la curva di Koch ha dimensione ln4/ln3, approssimabile ad 1,26; mentre la polvere di Cantor ln2/ln3,

circa 0,63. La dimensione di un frattale indica la progressiva complessità di esso, al tendere alla dimensione successiva, con essa possiamo classificare i frattali in base alla “scabrosità”. Ma non siamo anche noi delle copie a scala ridotta di ciò che ci circonda, del nostro contesto storico, culturale, e nonostante questo sempre arricchiti di nuovi dettagli nei luoghi meno sospettabili? E non abbiamo forse noi solo il nostro mondo per rapportarci con ciò che c’è al di fuori? Non è la comprensione di sé la chiave per comprendere ciò che è al di fuori di noi, e la nostra relazione con esso?

dim ln numero di copieln fattore di divisione

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« Oh, poor man, even that small fragment that you represent, has always its close relationship with the cosmos and it is oriented towards it, although it does not seem

that you perceive that every life rises for the whole and for the happy condition of universal harmony.2»

Plato The macrocosm in the microcosm: Emily Dickinson. I chose this quotation by Plato because it seemed to me really suitable to the concept of the macrocosm in the microcosm expressed by Emily Dickinson in her poetry. Dickinson lived a secluded life after a brief contact with the social world, and this aspect impressed me a lot: she understood that the real mistery was the inner world and not the outer one, as she clearly states with this poem:

Soto! Explore thyself! Therein thyself shalt find The "Undiscovered Continent" - No Settler had the Mind.3

Hernando de Soto was a Spanish conquerer and explorer, he becomes the symbol of all those people thinking that the “undiscovered continent” is the external one. Dickinson, almost anticipating the late nineteenth – early twentieth trends towards the inner world of thoughts and feelings, urges the reader to look within himself first of all. The poem also suggests that what you will find in the self is the same thing you are looking for outside, i.e. a continent that you can’t even imagine. Finally this is the reason why Dickinson preferred living far from the chaotic external world looking for a shelter in the self, and although the inner ground is undoubtedly more chaotic, she elevated herself to the role of the explorer of the self, and, describing her microcosm, enabled the readers to find themselves in her poems, showing how fractal their set was. Emily Dickinson expresses this idea in another poem (only the first stanza is reported here):

The Brain is wider than the sky, For, put them side by side,

The one the other will include With ease, and you beside.4

2 “Anche quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto col cosmo e un orientamento a esso, anche se non sembra che tu ti accorga che ogni vita sorge per il Tutto e per la felice condizione dell'universale armonia.” Platone da Leggi, libro X 3 Soto! Esplora te stesso!/Dentro te stesso troverai/Il "Continente Inesplorato" -/Che mai Colono immaginò.

4 La mente – è più grande del cielo –/Perché – se li metti fianco a fianco/ –L'una contiene l'altro/Facilmente – e te – anche.

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Thus the Brain becomes a fractal which comprehends even the Sky within its frame of reference, and so is Dickinson who comprehends the reality she chose not to take part of, exploring the twists and turns of the mind which are similar to the whole and reveal details in every turning point. And even the influences of her readings shape her fractal mind, as we are shaped by the context we are in, moulded by our past and present experiences, always enriching ourselves. The quotation by Plato conveys also the spiritual aspect of Dickinson’s poetry which is felt as the indissoluble link with Nature, often leading to the identification with it, to the obsession with Death, in which microsmic human beings become one with the macrocosmic universe.

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«Alle volte cerco di concentrarmi sulla storia che vorrei scrivere e m'accorgo che quello che m'interessa è un'altra cosa, ossia, non una cosa precisa ma tutto ciò che

resta escluso dalla cosa che dovrei scrivere; il rapporto tra quell'argomento determinato e tutte le sue possibili varianti e alternative, tutti gli avvenimenti che il tempo e lo spazio possono contenere. E' un'ossessione divorante, distruggitrice, che basta a bloccarmi. Per combatterla, cerco di limitare il campo di quel che devo dire,

poi a dividerlo in campi ancor più limitati, poi a suddividerli ancora, e così via. E allora mi prende un'altra vertigine, quella del dettaglio del dettaglio del dettaglio,

vengo risucchiato dall'infinitesimo, dall'infinitamente piccolo, come prima mi disperdevo nell'infinitamente vasto.5 »

Italo Calvino Italo Calvino: iperconnessioni e iperromanzo. Abbiamo visto come Emily Dickinson abbia infine esplorato il cosmo attraverso sé stessa, e si può dire che Calvino attui l’operazione inversa. Ciò che stupisce di quest’autore è la straordinaria Molteplicità con cui tratta ogni argomento, aldilà degli iper-romanzi noti (Se una notte d’inverno un viaggiatore, Il castello dei destini incrociati, Le città invisibili), tenendo sempre presente la pluralità dei punti di vista necessaria ad accrescere la letteratura e noi esseri umani stessi. La definizione che Calvino propone di iper-romanzo è campionatura della molteplicità potenziale del narrabile6, e ad essa si ricollega l’intima necessità dell’autore di narrare tutto il narrabile cercando di non disperdersi nell’infinitamente piccolo o nell’infinitamente vasto. Sono numerosi gli esempi attraverso i quali è possibile comprendere la connessione tra la letteratura e i frattali, il primo che propongo è un estratto da “Le città invisibili”, che narra della città di Eudossia:

A Eudossia, che si estende in alto e in basso, con vicoli tortuosi, scale, angiporti, catapecchie, si conserva un tappeto in cui puoi contemplare la vera forma della città. A prima vista nulla sembra assomigliare meno a Eudossia che il disegno del tappeto, ordinato in figure simmetriche che ripetono i loro motivi lungo linee rette e circolari, intessuto di gugliate dai colori splendenti, l’alternarsi delle cui trame puoi seguire lungo tutto l’ordito. Ma se ti fermi a osservarlo con attenzione, ti persuadi che a ogni luogo del tappeto corrisponde un luogo della città e che tutte le cose contenute nella città sono comprese nel disegno, disposte secondo i loro veri rapporti, quali sfuggono al tuo occhio distratto dall’andirivieni dal brulichio dal pigia–pigia. Tutta la confusione di Eudossia, i ragli dei muli, le macchie di nerofumo, l’odore di pesce, è quanto appare nella prospettiva parziale che tu cogli; ma il tappeto prova che c’è un punto dal quale la città mostra le sue vere proporzioni, lo schema geometrico implicito in ogni suo minimo dettaglio. Perdersi a Eudossia è facile: ma quando ti concentri a fissare il tappeto riconosci la strada che cercavi in un filo cremisi o indaco o amaranto che attraverso un lungo giro ti fa entrare in un recinto color porpora che è il tuo vero punto d’arrivo. Ogni abitante di Eudossia confronta all’ordine immobile del tappeto una sua immagine della città, una sua angoscia, e

5 I.Calvino, da Lezioni Americane – Sei proposte per il nuovo millennio, cap. “Esattezza” 6 I.Calvino, da Lezioni Americane – Sei proposte per il nuovo millennio, cap. “Molteplicità”

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ognuno può trovare nascosta tra gli arabeschi una risposta, il racconto della sua vita, le svolte del destino. Sul rapporto misterioso di due oggetti così diversi come il tappeto e la città fu interrogato un oracolo. Uno dei due oggetti, – fu il responso, – ha la forma che gli dei diedero al cielo stellato e alle orbite su cui ruotano i mondi; l’altro ne è un approssimativo riflesso, come ogni opera umana. Gli àuguri già da tempo erano certi che l’armonico disegno del tappeto fosse di fattura divina; in questo senso fu interpretato l’oracolo, senza dar luogo a controversie. Ma nello stesso modo tu puoi trarne la conclusione opposta: che la vera mappa dell’universo sia la città d’Eudossia così com’è, una macchia che dilaga senza forma, con vie tutte a zigzag, case che franano una sull’altra nel polverone, incendi, urla nel buio.7

Le Città Invisibili è un iperromanzo che sviluppa le descrizioni di diverse città (per la precisione cinquantacinque) attraverso la voce narrante di Marco Polo, che riferisce a Kublai Khan, l’imperatore dei Tartari di tutti i suoi viaggi, tessendo una storia diversa per ogni città in cui però lo stesso confessa di aver riportato i dettagli, amplificati e rielaborati, di Venezia, la sua città natale. Nel tappeto della città di Eudossia è rappresentata l’intera città, alcuni credono che sia addirittura una mappa dell’universo, è il dettaglio in cui è contenuto il tutto, e in cui ciascuno cerca la propria tortuosa strada. Se dovessi paragonare questo tappeto ad una struttura frattale, con un omaggio alla Visibilità tanto acclamata dallo stesso autore sceglierei questo:

7 I.Calvino, da Le Città Invisibili (1972), cap. “Le Città e il Cielo. 1”

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La prima edizione di questo libro risale al 1972, curiosamente vicino, alla prima pubblicazione di rilievo sui frattali, nel 1975, dal titolo “Gli oggetti frattali: forma caso e dimensione”, di Benoit Mandelbrot. Ma Calvino non si è fermato qui. Riporto a questo punto il celebre finale del Barone Rampante:

Ombrosa non c’è più. Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spiumi, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli, forse c’era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d’inchiostro, come l’ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s’intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si dipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito.8

Calvino descrive la stessa forma della scrittura come una linea frastagliata e irregolare, allargando poi alla narrativa. I rami su cui soli sceglie di spostarsi il Barone Rampante sono le stesse tortuose vie della letteratura, ora dense e fitte, ora più scorrevoli, che riportano in ogni grappolo di parole le idee e i sogni dell’autore, che ormai è tutt’uno con il romanzo, e agisce in modo simile al Marco Polo sopracitato, racchiudendo in piccoli mondi i dettagli di sé stesso, inscindibili e sempre simili al tutto. Questo a fianco è il frattale che potrebbe descrivere l’atto poietico concepito da Calvino. Così nell’ansia di descrivere tutto il descrivibile, adottando la tecnica della letteratura combinatoria, Calvino ha dimostrato con la letteratura una certa struttura frattale del proprio pensiero, rendendo visibili che sarebbero poi state messe a fuoco da Mandelbrot, le cui potenzialità nascoste sono tutt’oggi esplorate e spesso confermate dalle numerose applicazioni che questi oggetti hanno trovato. L’Universo non può più essere pensato linearmente, è un universo di iperconnessioni tanto a livello microscopico quanto macroscopico; i sistemi fisici che in questo momento più si avvicinano a descrivere la natura sono caotici, nei quali la teoria dei frattali (benché ancora imberbe) ha subito occupato il palcoscenico.

8 I.Calvino, da Il Barone Rampante (1957), cap. XXX

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«Sembra difficile dare una sbirciata alle carte di Dio. Ma che Egli giochi a dadi e usi metodi "telepatici" [...] è qualcosa a cui non posso credere nemmeno per un attimo»

Albert Einstein

«Dio gioca a dadi con l’universo. Ma sono dadi truccati. E il principale obiettivo della fisica di oggi è di trovare per mezzo di quali regole essi sono stati truccati e in che

modo possiamo usarli ai nostri fini» Joseph Ford

Accenni al moto browniano: il Caso esiste a tutte le scale. Una particolare attenzione va riservata alle funzioni frattali, sempre più frequenti all’interno della descrizione di fenomeni in funzione del tempo, ad esempio nelle rilevazioni della pressione atmosferica, nell'andamento del livello dell'acqua contenuta nei bacini idrici, o ancora nei prezzi rilevabili nei mercati dei capitali, in particolare quando sono disponibili lunghe serie di dati nel tempo. Esse, presentando spigoli ad ogni ingrandimento, sono sempre continue ma quasi mai derivabili, questo significa che non è possibile determinarne il rapporto incrementale (cioè il tasso di variazione). Inoltre prensentano entrambe un’invarianza di scala (matematica nella prima, aleatoria nella seconda). Una vera e propria aberrazione matematica! Le due “curve” (pur essendo costituite in prevalenza da spigoli) più celebri sono quella di Weierstrass e quella di Lebesgue della Polvere di Cantor (più comunemente definita “la Scala del Diavolo”).

Ma cosa si definisce con “moto browniano” (BM, da Brownian Motion)? Quali sono le implicazioni frattali?

approssimazione della Funzione di Weierstrass approssimazione della

Funzione di Lebesgue-Cantor

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Il moto browniano deve il proprio nome al medico inglese R. Brown, il quale nel 1828 osservò che delle particelle di polline immerse in acqua erano animate da un moto incessante e irregolare. Solo con Einstein abbiamo una teoria esplicita riguardo al fenomeno: il BM è una manifestazione a livello macroscopico dell’incessante agitazione termica cui sono soggette le molecole d’acqua, ciò significa che subisce urti dalle particelle circostanti, per questo è possibile calcolare una quantità che ne descriva le proprietà statistiche a partire dalle caratteristiche macroscopiche del fluido in questione. Si assume inoltre che il BM sia una successione di piccolissimi spostamenti mutuamente indipendenti e isotropi (equiprobabili), il che corrisponde ad affermare che lo spostamento di un oggetto al BM non dipende dallo spostamento precedente o dalla posizione iniziale e che esso ha la stessa probabilità di percorrere ogni direzione.

Come illustra la formula a fianco, la media del quadrato della distanza dall’origine varia in funzione del tempo trascorso. Ne consegue che il moto non ha velocità. Infatti se l’avesse, per piccoli intervalli di tempo la distanza percorsa nel

tempo delta-t dovrebbe essere proporzionale a sé stessa, che contraddice la proposizione di partenza. Siamo dunque di fronte ad un esempio fisico di una curva continua ma non derivabile, poiché la derivata dovrebbe essere, nelle equazioni del moto, la velocità. Queste immagini sono la rappresentazione grafica di un certo BM, la prima in un certo intervallo di tempo, la seconda in un ingrandimento del dettaglio. Esse mostrano come la curva sia dotata di un’invarianza di scala stocastica, come la stessa curva di Weierstrass, definita dal contemporaneo collega Hermite una “piaga lamentevole, da cui distolgo lo sguardo con orrore e disgusto”. Ed ecco che Weierstrass ha la sua rivincita: il comportamento del BM dimostra che è assai più raro trovare forme totalmente lisce o curve che figure scabrose, rugose, irregolari.

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«Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente risultato, che solo alla

fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell'essere effettualità, soggetto o divenir-se-stesso.9»

Georg Wilhelm Friedrich Hegel L’infinito nel finito: il grandioso sistema di G.W.F. Hegel. Un’altra proprietà riscontrabile in diverse strutture frattali (noi prenderemo ad esempio la Curva di Koch) è che esse possiedono perimetro infinito ma area finita, e ciò è velocemente visualizzabile: ad ogni iterazione la figura aumenta il suo perimetro di 4/3, mentre ciascuna delle aree rimane inscrivibile in circonferenze sempre più piccole.

passo 1: linea retta di 3 unità;

passo 2: l’unità centrale viene raddoppiata in un triangolo; passo 3-4: il procedimento viene iterato sui segmenti così ottenuti.

Immaginando di partire da un triangolo e non da un unico segmento, otterremmo pressappoco la figura a fianco, detto anche fiocco di neve o isola di Koch. Ma come può essere paragonato questo fiocco di neve al grandioso sistema filosofico di Hegel? Andiamo ora a leggere il passo in cui il filosofo spiega cosa intende con “movimento dialettico”.

9 G.W.F. Hegel, da Fenomenologia dello Spirito

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§ 79. La logicità ha, considerata secondo la forma, tre aspetti: a) l’astratto o intellettuale; b) il dialettico, o negativo-razionale; c) lo speculativo, o positivo razionale. Questi tre aspetti non fanno già tre parti della logica, ma sono momenti di ogni atto logico reale, cioè di ogni concetto o di ogni verità in genere. […]. § 80. a) il pensiero, come intelletto, se ne sta alla determinazione rigida e alla differenza di questa verso altre: siffatta limitata astrazione vale per l’intelletto come cosa che è e sussiste per sé. § 81. b) il momento dialettico è il sopprimersi da sé di siffatte determinazioni finite e il loro passaggio nelle opposte. 1) […] La dialettica, per contrario, è questa risoluzione immanente, nella quale la unilateralità e limitatezza delle determinazioni intellettuali si esprime come ciò che essa è, ossia come la sua negazione. Ogni finito ha questo di proprio, che sopprime sé medesimo. La dialettica forma, dunque, l’anima motrice del progresso scientifico; ed è il principio solo per cui la connessione immanente e la necessità entrano nel contenuto della scienza: in essa soprattutto è la vera, e non estrinseca, elevazione sul finito. § 82. c) Il momento speculativo, o il positivo-razionale, concepisce l’unità delle determinazioni nella loro opposizione; ed è ciò che vi ha di affermativo nella loro soluzione e nel loro trapasso. 1) la dialettica ha un risultato positivo, perché essa ha un contenuto determinato, o perché il suo verace risultato non è il vuoto o astratto niente, ma è la negazione di certe determinazioni, le quali sono contenute nel risultato appunto perché questo non è un niente immediato, ma è un risultato. 2) questo razionale è perciò […] qualcosa di concreto, perché non è unità semplice e formale, ma unità di determinazioni diverse. Perciò la filosofia non ha punto da fare con mere astrazioni o con pensieri formali, ma solo con pensieri concreti.10

Questo movimento dialettico, che si risolve nei tre momenti di tesi, antitesi e sintesi, è la legge del pensiero e del reale, infatti, come lo stesso Hegel afferma Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale. Questo processo dunque si applica in ogni momento ad ogni nostro pensiero e rende necessaria ogni realtà, che si compirà nell’Assoluto. Noi possiamo comprendere la realtà solo attraverso la struttura dialettica della nostra mente, e siccome in tal modo la mente opera, la realtà ha per noi la stessa struttura del pensiero. Così l’intero sistema di Hegel si sviluppa secondo triadi, iterazioni infinite del movimento dialettico, risolvendosi tuttavia nell’Assoluto, unità dinamica di tutti i suoi momenti, intero organico che connette dialetticamente le differenze determinate riconoscendole come proprie. L’Assoluto assomiglia sempre più alla nostra Isola di Koch, contenuta in un area finita benché composta da iterazioni dialettiche infinite.

10 G.W.F. Hegel, da Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di B. Croce.

Tesi

Antitesi

Sintesi

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Nunc age quae ratio terrai motibus exstet percipe. Et in primis terram fac ut esse rearis

subter item ut supera ventosis undique plenam speluncis multosque lacus multasque lacunas

in gremio gerere et rupis deruptaque saxa; multaque sub tergo errai flumina tecta volvere vi fluctus

summersaque saxa putandumst. Undique enim similem esse sui res postulat ipsa.

His igitur rebus subiunctis suppositisque terra superne tremit magnis concussa ruinis,

subter ubi ingentis speluncas subruit aetas; quippe cadunt toti montes magnoque repente

concussu late disserpunt inde tremores. Lucrezio

Ora ascolta qual causa produca i terremoti. Anzitutto pensa che la terra, sotto il suolo

così come sopra, è piena ovunque di spelonche ventose, e racchiude in seno molti laghi e molti

stagni e rocce e massi dirupati, e bisogna ritenere che molti fiumi nascosti sotto il dorso terrestre

travolgano con violenza le onde e i macigni sommersi. Infatti la realtà stessa postula che la

terra sia ovunque uguale a se stessa. E dunque per tali congiunzioni nel profondo, la terra in

superficie trema scossa da vaste rovine, quando il tempo fa crollare enormi caverne sotterranee; allora

cadono intere montagne, e il tremito provocato dalla violenta scossa di lì si propaga in luoghi

lontani.

L’approccio (multi)frattale ai terremoti. E se la struttura delle certezze di Hegel sviluppa connessioni con le strutture frattali, anche il fenomeno naturale che per molti rappresenta il crollo delle certezze le ha. Negli ultimi tempi infatti si è approfondito un approccio frattale alle leggi empiriche atte a descrivere i terremoti, che oggi sono principalmente due:

Legge di Gutenberg-Richter. Asserisce che la frequenza dei terremoti obbedisce ad una legge di potenza rispetto all’energia rilasciata, e presenta quindi un’invarianza di scala, cioè è possibile ingrandire il grafico in un qualsiasi dettaglio e trovarlo simile all’intero.

In cui V è la frequenza dei terremoti con magnitudo M o maggiore, M è la magnitudo del terremoto preso in considerazione e A, b sono costanti definite dal trattamento statistico dei dati dei terremoti passati.

Legge di Omori. Descrive il decadimento delle scosse successive alla scossa principale (aftershocks) in funzione del tempo: il numero delle scosse di assestamento infatti diminuisce rapidamente subito dopo la scossa principale e poi più lentamente nel tempo. Essendo anch’essa una legge di potenza, presenta un’invarianza di scala.

In cui t è il tempo mentre p una costante compresa tra 1 e 1.4.

E’ stato osservato che il presentarsi dei terremoti ha un’autosimilarità stocastica (meno esatta di quella descritta inizialmente, perturbata, randomizzata, ma più comune nelle strutture naturali) sia a livello spaziale delle zone colpite, sia a livello temporale, per i quali è necessario fare ricorso ai multifrattali, ovvero collezioni di monofrattali

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sovrapposti che dà luogo a intervalli più densamente popolati (clusterings, raggruppamenti) e altri meno. Esistono inoltre due procedure per rappresentare in termini probabilistici i terremoti in una data zona territoriale:

Reti complesse. Si tratta di una mappatura del territorio tramite un grafo probabilistico dinamico, una “rete dei terremoti”: la regione viene suddivisa in celle cubiche, ogni cella sarà un nodo della rete se al suo interno si è manifestato un terremoto di qualsiasi magnitudo; questa viene collegata alla cella in cui si manifesta il terremoto successivo, se questo dovesse avvenire nella stessa cella, si traccerebbe un arco chiuso su sé stesso. Dall’analisi delle reti tracciate s’inferisce che, a livello spaziale, un nodo principale tende ad avere un numero elevato di connessioni, e quindi a divenire un hub (fulcro), e ogni hub tende ad essere collegato ad altri hubs; a livello temporale, calcolando il numero di connessioni da attraversare, anche la distribuzione dei periodi tende a seguire una legge di potenza.

Self-Organized Criticality (criticità auto-organizzata, SOC). Trae le premesse da

un’esemplificazione efficace, quella del cumulo di sabbia: si facciano cadere dall’alto, su un piano, dei granelli di sabbia sempre nello stesso punto, i granelli tenderanno a formare struttura conica sempre più pendente fino al raggiungimento di un valore critico, oltre il quale l’ulteriore aggiunta di granelli provocherà valanghe che tenderanno a riempire gli spazi vuoti attorno al cumulo. Questo raggiunge il suo stato critico quando il numero di granelli persi sarà uguale a quello dei granelli aggiunti.

Aspetti fondamentali di questa teoria: 1) La distribuzione delle valanghe segue una

legge di potenza; 2) Le leggi fisiche che regolano le interazioni fra i

granelli sono molto semplici; 3) Le valanghe avvengono in modo

imprevedibile, non periodico; 4) La superficie del cumulo presenta struttura

frattale. In relazione ai terremoti, i granelli di sabbia hanno lo stesso comportamento dell’energia immagazzinata lungo le faglie dalle rocce, che successivamente ne provoca la rottura.

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«Scava, scava, alla fine che cosa scopre, al di la dei confini e del disordine, colui che ha occhi per vedere? Scopre frammenti di armonia, di perfezione. E ce li regala.

Questo fa il genio, si tratti di matematico, di musicista o di poeta.» Renato Caccioppoli

Conclusioni. Ho scelto questa frase di Renato Caccioppoli, matematico napoletano che ha dato un contributo notevole allo sviluppo della teoria degli attrattori frattali, perché ben riassume il ruolo delle menti illuminate, indipendentemente dalla disciplina, perché mi piace pensare che anche nella peggiore delle ipotesi sulle irregolarità dei frattali, anche in quelli naturali, essi costituiscono sempre e comunque un frammento di armonia al di là del caos. Tutti gli ambiti che abbiamo esplorato potrebbero essere rappresentati da un frattale, e questo è un indizio importante sul ruolo che queste magiche figure stanno iniziando a ricoprire. Alle domande che mi ero poste all’inizio non c’è ovviamente una risposta immediata, ma l’importante è che rimangano, e soprattutto che domattina voi non potrete più dire di fare tranquillamente a meno dei frattali. Bibliografia. Libri di testo in adozione Gli oggetti frattali: forma, caso e dimensione di Benoit B. Mandelbrot Discorso sulla matematica di Gabriele Lolli Lezioni americane – Sei proposte per il nuovo millennio di Italo Calvino Le città invisibili di Italo Calvino Il Barone Rampante di Italo Calvino L’universo dei numeri, i numeri dell’universo di Felice Russo Arrivano i frattali! di Luca Peliti e Angelo Vulpiano, articolo su SAPERE – aprile 85 Illustrazioni. Le immagini di sfondo, quelle alle pagine 8 e 9, sono state generate grazie al programma Tierazon; molte delle altre immagini provengono dal libro I Frattali a Fumetti di N. Lesmoir-Gordon, W. Rood, R. Edney, altre ancora dai libri sopracitati, e infine i grafici di funzioni provengono dalla sitografia. Sitografia. epicarmo.wordpress.com almostsure.wordpress.com math.hmc.edu