Tesina in storia dell’arte -...

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ARTE EGIZIA LA STATICITÀ DELL’ARTE EGIZIA © GSCATULLO

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ARTE EGIZIA LA STATICITÀ DELL’ARTE EGIZIA

© GSCATULLO

La staticita dell’arte egizia La civiltà egizia

La civiltà egizia si diffuse nel 3000 a.C., dopo la nascita della scrittura, con la quale s’indica il passaggio dalla Preistoria

alla Storia. La civiltà nacque sulle sponde del fiume Nilo (fiume più lungo del mondo). La zona più vicina era chiamata

“terra nera” ovvero la terra coltivata, senza la quale non sarebbe esistita la civiltà egizia (perché una gran parte della

popolazione usava sfruttare queste risorse agricole); il Nilo portò grande ricchezza agli Egizi e fu anche un’importante

via di comunicazione con le popolazioni vicine. L’Egitto fu diviso in Alto Egitto, più montuoso e Basso Egitto, più

pianeggiante, governati da un solo faraone.

Durante la civiltà egizia ci sono stati tre particolari periodi di splendore:

- Antico Regno (2862-2191 a.C.)

- Medio Regno (2119-1793 a.C.)

- Nuovo Regno (1550-1069 a.C.)

A questi secoli di sviluppo economico, espansione territoriale e crescita artistica si alternano periodi intermedi, durante

i quali lo Stato unitario formatosi durante i periodi di splendore torna a frazionarsi in due o più entità autonome. Nel 30

a.C. subì un grande indebolimento perdendo ogni autonomia politica, militare e culturale ed entra a far parte

dell’impero romano.

L’arte egizia

L’arte egizia fu un’arte statica, non influenzata dalle civiltà vicine e che per anni ha conservato le sue rigide regole

nell’architettura, nella pittura e nella scultura. Aveva lo scopo di onorare gli dei (appunto detta arte divinatoria) al

contrario degli uomini primitivi che la utilizzavano a livello propiziatorio (per esempio dipingendo scene di caccia dove

l’animale rimaneva ferito, per augurarsi che accadesse nella realtà).

L’arte egizia ha delle caratteristiche stilistiche molto riconoscibili e restò immutata negli anni conservando i moduli

figurativi fissati all’inizio della sua storia. Era un’arte ben fatta ma non creativa avendo appunto delle rigide regole da

seguire; si potrebbe pensare che la causa di un’arte così ristretta in alcuni modelli da seguire sia la conseguenza di un

sistema politico che lasciava poco spazio alla libertà dell’individuo (lo stato egiziano era impostato su una monarchia

estremamente autoritaria e così anche a livello religioso dove in cima c’erano caste sacerdotali aristocratiche); è per

questo che l’artista non poteva affermare la sua visione personale perché privato di una propria libertà individuale.

Possiamo ritrovare spesso degli stereotipi della tradizione artistica, dove l’importate era dimostrare la potenza del

faraone e dell’impero. Un’altra “causa” potrebbe essere che era considerato un ottimo artista solamente chi si

avvicinava di più ai monumenti del passato. È anche vero che negli anni cambiarono i soggetti delle rappresentazioni e

che nuove mode si fecero avanti ma il modo in cui erano rappresentati l’uomo e la natura rimase essenzialmente il

medesimo.

L’architettura egizia

I più antichi esempi di architettura egizia si trovano a Menfi; nel Basso Egitto, sono le mastabe (Fig.1), tombe

monumentali dei faraoni diffuse intorno al 2500 a.C., erano raggruppate in Necropoli (dal greco “città dei morti”). La

tipica mastaba aveva una pianta rettangolare ed era divisa in due parti: quella sotterranea, dove era posto il sarcofago

del defunto e in superficie alcune stanze dove erano presenti gli oggetti del faraone cui era dedicata. Poteva essere alta

circa 5-6 metri e aveva una forma a tronco di piramide; era costruita in pietra calcarea. Spesso scene tratte dalla realtà

quotidiana erano riprodotte sui bassorilievi delle mastabe, il contesto era funerario e le rappresentazione ricreavano le

condizioni della vita del defunto consentendone il proseguimento dopo la morte; potevano essere scene di allevamento,

di mietitura o di pesca. Un esempio di mastaba è la piramide di Djoser (il faraone cui era dedicata), costruita da Imhotep.

(Fig.2) Si trova a Saqqara e risale al 2650 a.C. Diversamente dalla tipica mastaba era invece formata da gradoni;

ugualmente era però a struttura piena. Tutte le mastabe sono state profanate, differentemente quella di Tutankhamon

è l’unica rimasta oggi perché si trovava sotto quella di Ramses II, i profanatori dopo averla profanata non hanno notato

quella di Tutankhamon.

Gli antichi egizi sono conosciuti soprattutto per la costruzione di grandi piramidi che per loro avevano una funzione

pratica: il re era considerato un essere divino che governava sui sudditi, e che, staccandosi da questa terra sarebbe

risalito alle divinità da cui proveniva. Le piramidi lo avrebbero agevolato nella sua ascesa e avrebbero conservato il suo

corpo dalla corruzione giacché gli egizi credevano che il corpo dovesse essere conservato affinché l’anima continuasse

a vivere nell’aldilà (per permettere questa conservazione usano mummificare i corpi dei faraoni). Per gli egizi non era

però sufficiente solo la conservazione del corpo, infatti, anche le sembianze esteriori dovevano essere conservate

perché così sarebbe stato certo che avrebbe vissuto in eterno. Per permettere ciò gli scultori copiavano il ritratto del re

in un duro granito e lo ponevano nella tomba aiutandolo a tenerlo in vita (sinonimo della parola “scultore” è, infatti

“colui che mantiene in vita”. Un esempio è la Necropoli di Giza (Fig.3), dove si trovano le piramidi di Cheope, Chefren e

Micerino. A differenza delle mastabe, le piramidi erano a struttura vuota ovvero all’interno si trovavano varie stanze e

corridoi.

La piramide di Cheope, è la più antica e più grande delle tre piramidi; a differenza della piramide di Djoser è a fasce lisce

e non più gradoni; rivestita in pietra calcarea bianca, è situata a Giza (nel Cairo). È la più antica delle sette meraviglie del

mondo antico. Questa piramide fu costruita da Hemiunu sotto ordine del faraone Cheope. Originariamente era alta

146,60 metri (oggi ridotti a 137,18 metri). La Camera del Re è posta al centro della costruzione ed è di forma

rettangolare. Si accede attraverso corridoi e stanze ma nonostante questo sono riusciti a profanarla.

La piramide di Chefren è la seconda più grande di tutto l’Egitto, a differenza delle altre due piramidi, ha la cella

sotterranea come le mastabe. Costruita intorno al 2550 a.C.; internamente si può trovare una scritta che nomina

Muhammad Ahmed, ipotizzato costruttore della piramide. Ricoperta di granito rosso, di pietra calcarea bianca sula cima.

Era alta 144 metri (attualmente 137) ma appare più grande di quella di Cheope perché costruita sopra uno zoccolo di

roccia alto circa 10 metri. Nonostante sia stato ritrovato il sarcofago di Chefren, all’interno la piramide è completamente

spoglia.

Infine la piramide di Micerino è la minore in altezza tra le tre, era alta circa 66 metri, oggi ridotti a 62 (questo calo

evidente di grandezza potrebbe essere dovuto alla rappresentazione di un minore potere del faraone alla fine della IV

dinastia, cui facevano parte tutti e tre i faraoni ai quali furono dedicate le tre piramidi). Rispetto alle altre due è costruita

in una maniera meno curata e si notano alcune imperfezioni. La camera funeraria è situata sempre alla base della

piramide con rispettivi corridoi e stanze per accedervi.

Ci sono state varie ipotesi su come potessero essere costruite queste grandi piramidi; non ci sono state testimonianze,

l’unico resoconto antico è stato tramandato dallo storico Erodoto, scritto però dopo duemila anni dalla costruzione di

quelle enormi architetture. Per costruire una piramide ci volevano circa venti anni e un grande impiego di operai e

contadini. Per montare i grandi blocchi di pietra, Erodoto specificò che esistessero delle macchine per il sollevamento

ma non se hanno prove. Appare invece più probabile che delle pietre fossero trainate su una rampa che era innalzata

man mano che la piramide cresceva. Se questa ipotesi fosse vera, la rampa doveva essere probabilmente a due corsie,

una di salita e una di discesa. Per trasportare i carichi pesanti ci si muniva di slitte di legno; ne sono rimaste testimonianze

perché rappresentate spesso nell’arte egizia e ne sono state ritrovate in grande quantità. Queste slitte di legno

andavano su un sistema di rampe a spirale che saliva tutto intorno alla piramide e che si appoggiava su fondamenta

poste di fronte alla piramide. Inoltre spesso nei film, delle scene illustrano schiavi spossati dalla fatica, quando in realtà

i lavoratori erano migliaia di operai e contadini (che nei mesi di piena andavano ad aiutare per la costruzione di grandi

monumenti).

Erano costruite soprattutto in calcare, che veniva scavato vicino al luogo stesso dei lavori; il finissimo rivestimento

levigato proveniva invece da Tura, dove sorge l’attuale Cairo. Alcune camere sepolcrali erano rivestite con lastre di

granito che veniva da Assuan. Quando le pietre avevano raggiunto l’altezza progettata, erano sistemate le pietre di

copertura e all’apice era posta quella di coronamento, a forma piramidale. Gli egizi erano esperti ad adattare e lucidare

i blocchi di copertura: quelli della piramide di Cheope aderivano fra loro in modi così perfetto che non vi si poteva

inserire neanche la lama di un coltello. Con gli anni la gran parte dei blocchi di rivestimento è stata trafugata per altre

costruzioni: la piramide di Chefren è la sola ad averne in cima ancora una piccola parte.

Attorno alle piramidi dei re e delle regine vi sono file di mastaba in pietra, le tombe dei familiari. Il sito è protetto dalla

sfinge di Giza (Fig.4), è la guardia simbolica della piramide di Chefren da oltre quarantasette secoli. Risale al 2500 a.C. e

scolpita in una collinetta di calcare; ha un’altezza di circa 20 metri e una lunghezza di oltre 73. Rappresenta un corpo di

leone accovacciato con una testa umana ispirata al volto di Chefren.

La Grande Sfinge fu realizzata scolpendo la pietra viva, mentre alcune parti sono state costruite o riparate con l’aggiunta

di blocchi di roccia tagliati. Tuttavia lo strato roccioso varia all’interno del monumento. Nonostante il tipo di pietra

utilizzato per la testa della Sfinge sia di qualità migliore del corpo, il volto è la parte più danneggiata del monumento. La

causa, tuttavia, non è solamente da attribuire al deterioramento naturale ma anche all’azione dell’uomo. Infatti, il naso

è stato completamente rimosso, mentre la bocca e gli occhi sono stati gravemente danneggiati. A causa della pessima

qualità di pietra calcarea utilizzata, il corpo della Sfinge è la parte più danneggiata dall'erosione naturale. Il collo e la

parte inferiore del copricapo, oggi mancante, hanno subito per secoli il danneggiamento provocato dalle folate di sabbia,

quando il corpo era completamente sommerso dalla sabbia del deserto. Dal collo in giù, l'erosione non fu provocata

solo dalla sabbia, poiché la qualità di pietra utilizzata era talmente pessima, che cominciò a deteriorarsi fin dalla

costruzione del monumento. Infatti, sono presenti numerose crepe lungo il corpo, che sono datate al tempo della

formazione della pietra calcarea stessa. A causa del persistente deterioramento, nel corso del tempo sono state

compiute moltissime riparazioni, anche se in seguito all’Antico Regno Egizio la Sfinge fu abbandonata e ricoperta dalla

sabbia, favorendo la sua erosione.

La pittura egizia

La pittura egizia come anche l’arte in generale aveva delle regole e tecniche importanti da seguire che non variarono

nel corso degli anni:

- Il faraone e gli dei erano rappresentati sempre più grandi rispetto agli altri personaggi;

- Il colore della pelle era, rosso-bruno per gli uomini e ocra per le donne;

- La testa, il corpo (escluso il busto) e le vesti erano rappresentate sempre frontalmente perché gli egizi non

erano a conoscenza della tecnica della prospettiva;

- Il busto e l’occhio erano rappresentati frontalmente, quest’ultimo perché doveva guardare lo spettatore e

controllare ciò che accadeva.

Esiste un’unica rappresentazione, dove queste regole o tecniche artistiche non furono seguite del tutto:

Dipinto della tomba dello scriba Menna; del 1395 a.C., situata a Tebe. In esso sono rappresentate scene di caccia (come

solito rappresentare dagli egizi) ma il dipinto è meno rigido del solito e c’è una “trasgressione” delle regole egizie: in

basso a sinistra, una bambina accovacciata completamente di profilo e non con il busto e l’occhio frontale come dettato

dalle regole. Questa necessità di seguire sempre uno stesso schema era data dalla volontà di evidenziare i caratteri

somatici e quindi disporre i personaggi, il loro movimento e il loro corpo in una maniera innaturale. Non bisogna però

credere che secondo gli artisti egizi gli esseri umani fossero proprio così. Essi seguivano una regola nella quale doveva

essere rappresentato tutto ciò che ritenevano importante nella figura umana. Infatti, ciò si basava non su quello che

l’artista vedeva ma ciò che sapeva appartenere a una determinata persona o a un determinato luogo.

Tomba dello scriba Menna, 1395 a.C.,

tempera su pietra calcarea. In basso a

sinistra c’è una bambina rappresentata

completamente di profilo. (Fig.5)

La maggior parte delle opere pittoriche in tempera furono dipinte direttamente sulla pietra o su un intonaco costituito

da uno strato di gesso, paglia e fango. Solitamente gli artisti lavoravano in gruppi, guidati da maestri, ai quali spettavano

le figure più importanti e le elaborazioni dei contorni e dei dettagli, mentre i pittori riempivano gli abbozzi con pennellate

colorate. I colori erano ricavati dal ferro, dall'ocra, dal carbonio e dalla malachite, oltre che dal mescolamento con il

bianco, derivato dal gesso o dalla calce.

Ciò che stupisce che l’arte funeraria egizia non sia mai spenta o lugubre. Le immagini tramandate nei secoli ci danno

una vivida conoscenza della vita egizia ma guardandole per la prima volta si potrebbe essere un po’ perplessi: avevano

un modo diverso di rappresentar la vita reale, probabilmente connesso alla finalità diversa della loro arte. L’importante

non era l’armonia del dipinto ma la precisione.

Spesso la pittura e i rilievi coincidevano, infatti, nei rilievi c’erano delle rappresentazioni che poi erano colorate

vivacemente. I rilievi si suddividono in tre categorie:

- Il rilievo, quando si scava la figura su un supporto;

- Il rilievo inciso, quando si scava solo il contorno della figura;

- Il bassorilievo, quando si scava il supporto e non la figura.

Inizialmente i rilievi erano l’unica forma di rappresentazione egizia poi in seguito, soprattutto nel corso del Nuovo Regno

la pittura iniziò a essere più autonoma.

Rispetto alla pittura bisognerebbe citare la differenza tra pittura naturalistica e antinaturalistica; naturalistica perché

simile alla realtà, quindi non quella degli egizi che erano soliti seguire tecniche e schemi precisi. L’arte naturalistica si

troverà con i greci durante il periodo classico, dove si cercava il concetto di καλὸς καὶ ἀγαθός (si legge kalòs khai agathòs,

greco, lett. “bello e buono”, significa che ciò che è bello è anche buono) ma anche una somiglianza con la realtà. Ed è

attraverso la denominazione di antinaturalistica che si può affermare come le rappresentazioni egizie fossero molto

somiglianti tra loro appunto perché si seguivano indicazioni ben precise. Alla base della pittura egizia c’era la necessità

di ricreare per i morti un ambiente sereno e familiare.

Come vedremo in seguito con Akhenaton ci fu un notevole cambiamento nell’arte egizia, con egli per esempio la famiglia

reale non viene più raffigurata in modo formale e distaccato, con i personaggi rigidamente stanti e inespressivi, come

avrebbe voluto la ritrattistica ufficiale. Essa ci appare invece in momenti di affettuosa intimità. Le caratteristiche fisiche

dei personaggi sono tratteggiate con grande scrupolo. Un esempio, infatti, è la stele di Berlino, un piccolo rilievo che

rappresenta Akhenaton e la sua famiglia, oggi conservato al Museo Egizio di Berlino che testimonia le nuove tecniche di

rappresentazione. In esso Akhenaton bacia la sua primogenita e le sostiene la testa con la mano sinistra; di fronte sua

moglie Nefertiti con in braccio le due figlie minori. La prima siede sulle sue ginocchia, la seconda si aggrappa alle sue

spalle (dove si può notare la mancanza che gli egizi avevano della prospettiva). L’intera scena si svolge sotto il disco

solare di Aton che diffonde i suoi diciannove raggi.

La stessa cura posta nella realistica descrizione degli stati d’animo è riservata anche alla rappresentazione dei particolari

dell’arredo, del vestiario in modo da completare l’immagine di una famiglia unita e serena, colta nel contesto di una

scena di vita quotidiana. Mai più l’arte egizia dimostrerà una volontà così evidente di rappresentare la realtà.

La scultura egizia

Era la forma d’arte in cui l’artista, pur soggiacendo ad alcuni canoni tradizionali, era più libero di esprimersi. Le prime

statue, le più antiche, non erano destinate a essere viste da alcuno: erano il "Ka" del morto ed erano seppellite con lui.

Al più quelle del re erano poste nel suo tempio mortuario. In seguito iniziarono a rappresentare i faraoni.

L’artista partiva da un blocco di pietra che era lavorato contemporaneamente su tutti e quattro i lati, da uno o più

scultori; c’erano diverse fasi di lavorazione:

- La sbozzatura, dove alla pietra era data appunto una prima bozza per far si che uscisse il risultato desiderato;

- La rifinitura, dove si rifinivano i dettagli e i particolari con scalpelli più piccoli;

- La politura, dove si ripuliva il risultato finale e si asportavano i residui di lavorazione.

Spesso i materiali utilizzati erano la diorite, il granito rosso e la sienite e ancora oggi ci si chiede come da pietre così dure

potessero venir fuori lavori così precisi. Le opere erano scolpite interamente, però la parte posteriore era meno rifinita

e spesso era solo una bozza perché le statue erano fatte per essere appoggiate al muro. Il compito della scultura egizia

era quello di reincarnare i defunti rappresentandoli con una statua. Queste statue non rappresentavano perfettamente

la fisionomia del personaggio cui erano dedicate tuttavia da esse si poteva riconoscere al massimo la classe sociale di

appartenenza. La regola principale per la scultura è solennità e serena monumentalità. Come l’architettura e la pittura

anche la scultura aveva una ben precisa funzione ovvero quella di essere collocata nei templi o nelle tombe.

Durante il periodo scultorio egizio ci sono stati diversi cambiamenti principalmente durante il periodo di Akhenaton

(incoronato nel 1350 a.C.), ci fu un notevole aumento di realismo testimoniato dal suo ritratto e quello di sua moglie,

dove si fecero rappresentare con tutti i loro difetti e in maniera totalmente realistica (Fig. 6). Il ritratto di Akhenaton

risale al 1348 a.C., è in pietra calcarea e conservata al Museo Egizio del Cairo: il faraone si fece rappresentare con la

nuca particolarmente pronunciata, naso lungo e sottile, grandi occhi a mandorla, labbra carnose e mento sporgente, si

può quindi capire l’inizio di una ricerca di naturalismo nelle sculture.

Diversi anni dopo si tornò però, con Tutankhamon (ca 1320 a.C.), ad una rappresentazione non realistica, migliorata

rispetto alla realtà e innaturale. Lo testimonia la sua maschera funeraria, risalente al 1325 a.C. e collocata al Museo

Egizio del Cairo. Era la maschera che era posta sul volto del faraone affinché potesse presentarsi più degnamente innanzi

al giudizio degli dei; realizzata in oro massiccio con preziosi inserti in quarzo, smalti colorati e altre pietre dure. Questa

maschera è stata prodotta senza tenere conto delle reali fattezze del defunto e quindi ignorando la realtà.

I protagonisti delle sculture egizie erano i faraoni, come per esempio nella statua di Micerino e sua moglie Khamerer-

Nebti (Fig.7), risalente al 2520 a.C.; lui viene rappresentato in posizione stante, con la gamba sinistra in avanti (perché

nonostante ci fosse grande amore con sua moglie e lei fosse la sua consigliera doveva rappresentare che lui era sempre

più potente di lei). Sul capo indossa il tipico nemes egizio, le braccia lungo i fianchi con i pugni serrati che stringono due

scettri (che indicano il suo potere su Basso e Alto Egitto). La moglie è rappresentata con i piedi uniti, leggermente più

bassa di Micerino e indossa il Kalasiris, con le braccia avvolge il marito per trasmettere l’idea di un’unione felice. Il

materiale della statua è il basalto (pietra nera), molto dura, nonostante questo la statua è molto rifinita.

Una statua molto simile (risalente al periodo arcaico greco VIII – 490 a.C. ) è quella di Kleobi e Bitone (Fig.8) che riprende

le linee rigide che utilizzavano gli egizi. Sono una coppia di Kouroi (delle statue che rappresentavano dei giovani nel

massimo dello sviluppo fisico e mentale). Risalgono al 610-590 a.C., attribuiti a Polimede e attualmente conservati nel

Museo archeologico di Delfi. Kleobi e Bitone erano i figli della sacerdotessa Cidippe; questa doveva arrivare al tempio

di Hera ma i buoi non erano pronti così la portarono i due figli; lei per ringraziarli chiese alla dea di farli cadere in un

sonno profondo affinché non vivessero il dolore della morte.

I due sono rappresentati nella stessa posizione di Micerino quindi con le braccia leggermente flesse lungo i fianchi, i

pugni chiusi, e la gamba sinistra in avanti. La loro testa è di dimensioni eccessive rispetto al corpo ed ha una forma

squadrata. Le rotule e l’addome sono delle linee marcate non rappresentati in modo realistico. Come anche quella di

Micerino e sua moglie Khamerer-Nebti, queste due statue sono state scolpite per essere viste frontalmente: ricollegato

appunto a una tradizione dell’arte egizia. Ritroviamo quindi una grande somiglianza nella mancanza di leggerezza delle

linee e quindi grande rigidità. Fino al periodo classico greco (490 – 380 a.C.) si manterrà questo stile privo di morbidezza.

Figure citate nel testo

Fig.4 Necropoli di Giza, presso Il Cairo. La sfinge,

ca 2550-2500 a.C. collinetta calcarea scolpita,

altezza 20m, lunghezza 73,50 m.

Fig.6 Ritratto di Akhenaton, 1348 a.C.,

Museo Egizio del Cairo.

Fig.1 Sezione di una mastaba Fig.2 Piramide di Saqqara, 2650 a.C.

Fig.3 Necropoli di Giza, Micerino, Chefren e Cheope.

Fig.7 Micerino e sua moglie Khamerer-Nebti, Fig.8 Kleobi e Bitone, 610-590 a.C. (periodo arcaico greco)

2520 a.C.

Riferimenti

Sitografia

http://www.francescomorante.it/pag_1/104.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Arte_egizia

http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/Asia-Minore/Cheope.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Piramide_di_Cheope

http://www.rizzetto.com/viaggi/egitto/page10.aspx

http://www.egitto.it/siti-archeologici/giza/la-piramide-di-chefren/

http://www.egitto.it/siti-archeologici/giza/la-piramide-di-micerino/

http://www.anticoegitto.net/piramidedimicerino.htm

http://danilopicchiotti.blogspot.it/2007/12/naturalismo-ed-antinaturalismo.html

http://www.plaka.org/scultura/SCULTURA%20Egizia.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Sfinge_di_Giza

Bibliografia

L’antico Egitto di George Hart (edizione di Dorling Kindersley)

Grande enciclopedia, arte e letteratura (edizione di Mondadori, 2006)

Il cricco di Teodoro (edizione di Zanichelli)

Le piramidi (edizione di Dorling Kindersley)

Il grande libro delle piramidi (edizione di eurolibri)

Enciclopedia universale (edizione della Repubblica)

La storia dell’arte raccontata da Ernst H. Gombrich (edizione della Repubblica)

Realizzato da Maria Rosaria Franchi, 3FL, A.S.2015-2016