Il Cammino Di Maat Luci Sullantica Sapienza Egizia Joannes Yrpekh

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Libro sulla sapienza degli antichi Egizi.

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  • Joannes Yrpekh

    Il Cammino di Maat Luci sullantica sapienza egizia

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    La citazione in copertina: poich non esistono saggi per nascita, tratta dal prologo de Gli Insegnamenti di Ptah-Hotep (41).

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    Alla memoria di Antonio,

    un seguace di Horus della nostra epoca.

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    INDICE

    Ringraziamenti 9 Premessa 11 Introduzione 13 I. LINSPIEGABILE NOSTALGIA 15 Cosa si nasconde dietro il linguaggio geroglifico 17

    I limiti della razionalit 17 La riscoperta dei simboli 19 Un archeologo alieno 22 Principi cabalistici 25 Simboli vivi e simboli artificiali 29

    Sulla soglia dellantico Egitto 33 Il mistero della vita 33 La terra dEgitto 35 La scienza degli dei 38 I geroglifici si rivelano 43 Il Tao egizio 48

    II. SULLA SOGLIA DEL TEMPIO 55 Una civilt solare 57

    Coscienza osiridea e coscienza horusiana 57 La mitologia dellEssenza 61 LEgitto biblico 69

    La ricerca della perfezione 75 La teocrazia faraonica 75 Le corone della vita 78 Larte del cambiamento 87 La natura dei conflitti 94 Il servizio disinteressato 102

    III. CON NUOVI OCCHI 109 La Casa della Vita 111

    Due livelli di insegnamento 111 La meta della felicit 115 Il valore dellamicizia 118 LInsegnamento Universale 121 La funzione di un maestro e di una scuola 125 Il metodo 131

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    Limportanza della gratuit 135 La struttura dellessere umano 139

    La conquista dellimmortalit 139 Il desiderio di esistere 142 Larte di ascoltare il proprio cuore 145 Luovo-microcosmo 149 Energia ed Essenza 153 Il contatto con il divino 159

    IV. OLTRE IL PENSIERO 163 La pesatura del cuore 165

    Libro dei morti o libro dei vivi? 165 La consapevolezza del proprio destino 168 Il contrappeso 172 Il verdetto della bilancia 177 La forza attrattiva delle illusioni 183 I differenti piani di esistenza 186

    Il nuovo Egitto 193 Attraverso le ere 193 Leone di Maat 198 La comprensione dellAmore 201 Larte di ascoltare 204 Tutti sotto un unico cielo 207

    V. LADDIO 215 Conclusione 219 Bibliografia 221

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    Ringraziamenti Un ringraziamento particolare alla mia compagna di viaggio in

    questa vita; averla al fianco fa sorgere in me ogni giorno il desiderio di smascherare le illusioni che mi impediscono di poterla amare sempre pi profondamente.

    Un ringraziamento a Sergio per la passionale rilettura e

    correzione del presente lavoro, e alla sua compagna Daniela per non essersi fatta scoraggiare dalle avversit del passato, ritornando pi che mai salda e sincera nella danza della vita.

    Un ringraziamento agli amici del Lectorium Rosicrucianum per

    aver rinnovato in me la gioia di poter condividere le avventure del Cammino.

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    Premessa

    Questo libro tratta di SPIRITUALIT. Ma cosa significa questa parola? Si potrebbe traslitterare con

    amore verso il prossimo, oppure contatto con il divino, ma tali definizioni sono ancora troppo evanescenti, troppo lontane da una comprensione quotidiana, troppo soggettive e fraintendibili; da un certo punto di vista, troppo comode.

    Il significato che qui assume la spiritualit quello di CONSAPEVOLEZZA, di se stessi, degli altri, dei rapporti, della vita in generale. In altre parole, spiritualit il RISVEGLIO dal torpore di unesistenza abitudinaria, fondata sulla mediocrit del tutto automatica e priva di ogni impulso creativo.

    La spiritualit LIBERT, in primo luogo dallillusione di essere gi liberi, in secondo luogo dai condizionamenti, dalle identificazioni, dal cieco egoismo. La spiritualit non dunque un preciso e definibile stato di coscienza, ma un processo, un percorso graduale, un CAMMINO appunto, che conduce verso una leggerezza danimo.

    Si possono allora individuare alcune caratteristiche fondamentali con cui affrontare questa meravigliosa per quanto spesso faticosa avventura: lUMILT, ossia la predisposizione a mettersi costantemente in gioco di fronte allimprevedibilit della vita, la SINCERIT di voler intimamente riconoscere ed accettare quanto passo a passo i propri comportamenti, parole e pensieri, riveleranno della propria attuale natura e condizione; lONEST nel far fronte alla moltitudine di paradossi, dissonanze e discrepanze tra il mondo delle convinzioni personali e il mondo del reale. E ancora il CORAGGIO di affrontare a testa alta le proprie paure e la RESPONSABILIT di riconoscersi come protagonisti allinterno del gioco della vita, e non pi come semplici spettatori inermi.

    Ovviamente, non necessario aderire ad un credo o ad una religione per rendere spirituale la propria vita, giacch questo implica lassunzione di un approccio concreto allesistenza incontenibile da un qualsivoglia ideale o filosofia.

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    Introduzione

    Il presente trattato non ha pretese di scientificit, perlomeno non

    come comunemente la si considera. Lobiettivo quello di evocare la ricchezza della civilt egizia attraverso una visione simbolica, assumendo in tal senso una prospettiva esoterica, dal greco esoterikos, ossia INTERIORE. Nulla a che vedere dunque con loccultismo o lo spiritismo.

    Invito dunque il lettore a farsi prendere per mano per compiere un viaggio in un mondo a mio avviso ancora troppo inesplorato; un viaggio onirico i cui riflessi si possono per ritrovare chiaramente dentro la struttura animica di ogni essere umano.

    probabile che molte considerazioni che verranno qui esposte potranno non essere condivise dai lettori di stampo prettamente egittologico, da ci la mia premessa di non volermi schierare contro nessuna metodologia archeologica classica, ma di voler solo offrire una chiave di lettura alternativa di carattere psicologico, filosofico, religioso, in definitiva, spirituale.

    Non posso in tal senso non manifestare la mia gratitudine alla schiera di egittologi che da pi di duecento anni hanno cercato di recuperare e ricostruire limmagine della civilt faraonica, mantenendone sempre viva lattenzione e linteresse. proprio grazie alla divulgazione delle loro ricerche e delle loro testimonianze litografiche prima e fotografiche poi, che possibile librarsi in volo verso nuove esplorazioni interiori proprio come da un trampolino di lancio. Molti grandi uomini della nostra epoca noti e non hanno dedicato buona parte della loro vita al tentativo di evidenziare tali spunti di riflessione, a mio avviso di un valore per nulla inferiore agli approcci storiografici di stampo accademico.

    Le considerazioni presenti in questo lavoro sono dunque frutto di esperienze dirette, studi, osservazioni effettuate sul campo della vita quotidiana e accurate riflessioni compiute intorno a diversi testi e testimonianze orali che si tramandano da secoli.

    Volgo al termine di questa introduzione con un solo augurio: che nulla di quanto sar qui di seguito esposto possa divenire una considerazione conclusiva intorno ad un universo simbolico di una

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    portata vitale impossibile da racchiudersi allinterno di sterili classificazioni, cos come non possibile contenere entro argini artificiali e definiti la vitalit di un fiume in piena.

    Non nascondo infatti le difficolt nellesporre in forma sequenziale una dottrina di natura tuttaltro che analitica, e a tal proposito mi affido allo sforzo del lettore nel cercare di assimilarla in una visione vitale e compenetrata, dove ogni concetto non segue n precede un altro, ma dove tutti coesistono simbolicamente legati tra loro come cellule di un unico organismo.

    Ogni parola spesa in merito ad un messaggio spirituale di natura simbolica sar infatti nel migliore dei casi unonesta menzogna, nel senso che non potr non tradirne il profondo messaggio evocativo, per sua peculiarit situato ad un livello superiore al comune linguaggio del pensiero. Esorto dunque il lettore ad accogliere ogni nozione che verr qui esposta unicamente come un modesto tentativo di offrire spunti di riflessione per unindagine interiore del tutto intima e personale.

    Ogni due capitoli, lo scritto sar inoltre intervallato dal racconto di un giovane cercatore della Verit nellantica terra dEgitto, la cui avventura prover ad accompagnare il lettore nel cuore dellinsegnamento faraonico.

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    La ricerca di Ak-Yb-Ka

    I.

    LINSPIEGABILE NOSTALGIA Ak-Yb-Ka era ancora molto giovane, ma gi vedeva intorno a s i

    suoi coetanei divertirsi e godersi spensieratamente la loro adolescenza, perfettamente immersi nelle innumerevoli distrazioni che un paese come lEgitto poteva offrire ai suoi figli. Inoltre, molti di loro non avevano dubbi sul futuro che li attendeva; alcuni si allenavano con tenacia alla lotta sognando di divenire grandi condottieri, altri si cimentavano nei rudimenti della scrittura per poter presto ricoprire un lavoro di rilievo nella societ, altri ancora perfezionavano lintelletto giocando al senet per imparare larte della strategia politica e della diplomazia.

    Ma lui, nonostante cercasse nei modi pi disparati di svagarsi o di dare un senso alla sua vita, non riusciva a liberarsi da quel profondo senso di vuoto, quellinspiegabile nostalgia. Per quanto potesse infatti lasciarsi trasportare da frequenti e facili entusiasmi, una velata tristezza tornava presto a ricoprire il suo cuore. Si sentiva solo, disperatamente solo. Eppure era circondato da una famiglia affettuosa e premurosa, e da molti amici con cui aveva un forte legame.

    Cercava ardentemente delle risposte per quella sua incolmabile insoddisfazione nella religione, trovandovi a volte anche delle spiegazioni convincenti. Ma come fragile la logica nel mezzo della danza della vita! Eppure, ogni tanto avvertiva un flebile sussurro che dal profondo del suo essere gli suggeriva che ben altro si celava dietro ai racconti mitologici, alle monumentali costruzioni, ai simboli che lo circondavano ovunque, alle cerimonie e ritualit ricorrenti.

    Poteva il mondo essere realmente sorretto dai tanti dei dallaspetto antropomorfo? E dove si nascondevano? E come giustificare il senso di ingiustizia che permeava la vita intorno a lui?

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    No, dietro tutto ci doveva necessariamente nascondersi qualcosa di diverso, un altro tipo di conoscenza.

    Tutta la sua curiosit inizi a rivolgersi verso ci che si celava dietro al Tempio, oltre la sua funzione manifesta cui tutti sembravano accontentarsi, nellineffabile Scuola dei Misteri che lontano dagli occhi del mondo operava silenziosamente. Lintero popolo dEgitto era consapevole di questo nucleo di persone, di questi grandi saggi cui il faraone stesso apparteneva. Ma nessuno sapeva nulla di pi, nessuno ne conosceva lidentit oltre a quella visibile del re. Coperti infatti dal voto di sacra umilt, quei sapienti vivevano nel mondo quotidiano nelle insospettabili vesti di qualsiasi funzione sociale, dagli scribi agli artigiani, commercianti, pescatori o contadini.

    S, non vi erano pi dubbi ormai, Ak-Yb-Ka riconobbe chiaramente ci che il suo cuore desiderava ardentemente: entrare a far parte della Scuola della Vita, fino alla sfera pi intima di essa, l dove ogni segreto cessa di essere tale.

    Fu cos che si mise in viaggio attraverso tutto lEgitto, guadagnandosi da vivere con umili mansioni sempre diverse, e nella speranza di arricchirsi il pi possibile di quelle occulte conoscenze che gli avrebbero con certezza aperto le porte del Tempio Interiore.

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    Cosa si nasconde dietro il linguaggio geroglifico I limiti della razionalit Alla nostra cultura occidentale piace considerarsi fondata su una

    mentalit scientifica e razionale. Tutto sommato, anche noi siamo felici ed orgogliosi di considerarci tali, indipendentemente da come poi viviamo realmente la vita. Tale presupposto ormai divenuto garanzia di seriet, obiettivit, pragmaticit, insomma, di un approccio lucido e maturo verso gli eventi dellesistenza. Eppure, in molte occasioni non possiamo non ammettere di nasconderci dietro questa cos nobile modalit operativa. Significative appaiono a tal proposito le parole dellegittologo John Anthony West.

    Sono i sensi a favorire lo scetticismo. Quando scienziati e intellettuali sostengono che la ragione a imporre loro lateismo o lagnosticismo, hanno torto. Semplicemente, non sono riusciti ad applicare la loro razionalit ai dati relativi e provvisori riverberati dai sensi.1

    Ogni fenomeno che pu spaventarci o che richiede in noi uno

    sforzo anche solo concettuale per poter essere compreso, non rientrando nella nostra ordinaria visione del mondo, tende ad essere negato o ridimensionato nella sua portata con poche semplici parole: sono un tipo razionale con i piedi per terra, io. La verit, che siamo costantemente in lotta per mantenere in piedi le rudimentali certezze su cui basiamo quotidianamente le nostre scelte di vita, e nelle quali vogliamo ancorarci per affrontare il futuro. In rari casi una sincera curiosit ci spinge ad affrontare il nuovo per conoscerlo, liberi da pregiudizi e da aspettative.

    In questo modo, passo dopo passo, ci illudiamo di vivere nel migliore dei modi, issando ogni volta la bandiera della verit, cui ci sentiamo ovviamente detentori in quanto membri effettivi della civilt pi evoluta che la storia abbia mai visto.

    1 John Anthony West, Il serpente celeste, Corbaccio, Milano, 1993.

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    Ma esistono realmente le prove di questo assunto? tale convinzione una reale sicurezza nelle nostre virt, o forse una scorciatoia per compensare un vuoto di insicurezze che dal fondo di noi stessi reclamano il loro diritto ad essere affrontate e rimesse in discussione? Proviamo ad esaminare pi da vicino la semplice vita quotidiana che accomuna tutti quanti. Anche perch lo scopo di tale trattato proprio quello di parlare di noi, del nostro mondo interiore pi che di quello esteriore, perch qui che troveremo le prove dellesistenza di un attuale antico Egitto, oltre gli schemi classici convenzionali.

    Approfondiamo dunque il nostro approccio razionale alla vita in relazione ad un approccio chiaramente simbolico e ben conosciuto da tutti: la PUBBLICIT, i cui fondamenti poggiano sulla scienza del comportamento umano. Per esempio, chiunque di noi, aggirandosi tra gli scaffali di un supermercato alla ricerca di una confezione di biscotti, sar propenso a lasciarsi attrarre molto pi facilmente da unetichetta nota piuttosto che da una sconosciuta. Se poi la marca stata ripetutamente vista o sentita in televisione, le probabilit aumentano vertiginosamente.

    Ma da cosa guidato questo strano impulso dacquisto? Dal fatto che negli spot vengono illustrate e dimostrate nel dettaglio la provenienza delle materie prime, la loro preparazione tradizionale senza laggiunta di sostanze additive dubbie per la nostra salute? Il tutto magari attraverso un rigoroso metodo scientifico e razionale che ne certifica lindiscussa qualit? Facile immaginare la risposta. Qualsiasi azienda con un minimo di senso commerciale, saprebbe di buttare via i soldi nellinvestire in una propaganda di questo genere.

    Buona parte degli stimoli pubblicitari fanno leva su caratteristiche che con il prodotto non hanno quasi mai una reale relazione. Basti pensare proprio alla famiglia perfetta cui tutta la felicit sembra ruotare intorno a una merendina, o alla frequente associazione che vede a fianco di un nuovo modello di auto una splendida modella. Gli esempi potrebbero continuare per pagine e pagine, ma ci che ci interessa ora constatare come tutte le strategie psicologiche siano edificate sulla base di tre materie prime indissolubilmente legate tra loro: EMOZIONI, ILLUSIONI e DESIDERI.

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    Nel profondo di noi stessi, nel nostro intimo, siamo molto pi attratti dallidea seppur evanescente ed illogica di ritrovare forse un po di quella felicit che viene presentata, piuttosto che dirigere in modo razionale, obiettivo e scientifico la nostra attenzione verso aspetti che sappiamo essere di gran lunga molto pi importanti e seri, ad esempio gli ingredienti di un alimento che potrebbero influire sulla salute, o le caratteristiche tecniche di unauto necessarie e sufficienti per lutilizzo reale che ne andremo a fare.

    Non necessario scandagliare ulteriormente tutti gli ambiti in cui la nostra stabilit razionale viene a mancare, anche perch tali tentativi di condizionamento sono talmente presenti e ramificati, che in molti casi addirittura impossibile delineare quella linea interiore che separa ci che siamo realmente da ci che le forze esterne concorrono a delineare della nostra immagine.

    La verit che oggi pi che mai, specialmente nellambito delle scienze umane, si giunti allinequivocabile conclusione che i fili che muovono la nostra vita sono tuttaltro che razionali. Se pur vero che i recinti della nostra cultura sembrano nettamente stabiliti entro limiti logici e di parvenza scientifica, anche fin troppo evidente quanto allinterno di essi si muovano caoticamente un marasma di impulsi soggettivi, irrazionali, incoerenti ed instabili. Eppure, alla prima occasione troviamo sempre la forza di riaffermare: sono un tipo razionale con i piedi per terra, io.

    La riscoperta dei simboli Il mondo scientifico ha attraversato negli ultimi cinquantanni

    una rivoluzione paradigmatica senza pari che lo ha portato a mettere in discussione alcuni fondamenti su cui si sempre poggiato, primo fra tutti il fatto che non pu esistere una modalit conoscitiva di tipo oggettivo, ma ogni osservatore per quanto si sforzi di rimanere neutrale di fronte ad un fenomeno che vuole studiare diviene inevitabilmente un PARTECIPATORE, nel senso che non potr non influire su ci che intende esaminare, con le sue aspettative, con le sue idee, con le sue esperienze, con il fatto stesso di esistere.

    Altro punto essenziale, protagonista del capovolgimento di prospettiva, stato il riconoscimento dellinadeguatezza del

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    linguaggio razionale nellesprimere ci che progressivamente il linguaggio simbolico matematico portava alla luce.

    La realt che si dispiegata agli occhi dei grandi ricercatori delle diverse discipline scientifiche, appare incomunicabile tramite i comuni canali logici, attraverso i quali non potrebbe che scontrarsi in continue definizioni contraddittorie. Pensiamo ad esempio al fenomeno della dualit onda-particella, per il quale la natura della luce pu essere osservata e descritta sia tramite caratteristiche corpuscolari che ondulatorie, due aspetti razionalmente inconciliabili tra loro. Ci che potrebbe sembrare un koan zen, divenuto invece un assunto scientifico.

    sorta quindi lesigenza di rivolgersi a strumenti comunicativi pi evoluti, in grado di sopperire alle limitate restrizioni del linguaggio e della logica umana. Quale migliore strumento del linguaggio simbolico? Come afferm Georg Groddeck, principale fonte di ispirazione del pensiero psicoanalitico di Sigmund Freud:

    i simboli non sono inventati; esistono, appartengono allinalienabile patrimonio dellumanit; si potrebbe anzi dire che tutti i pensieri e le azioni coscienti sono la conseguenza inevitabile del processo inconscio di simbolizzazione, e che la vita delluomo governata dai simboli. 2

    Abbiamo precedentemente messo in risalto come i messaggi

    simbolici, che sono il campo di studi e di applicazione nellambito pubblicitario, assumono la stessa importanza anche per i moderni sistemi didattici, i quali ne hanno riscontrato lelevato grado di efficacia nella sfera dellapprendimento.

    Passiamo ora a cercare di capire pi nel dettaglio cosa sia in realt un simbolo. Letimologia greca della parola, symbll, la forma verbale che significa METTERE INSIEME, legare tra loro parti separate. Essa costituisce un mezzo per indicare qualcosa che va oltre se stesso attivando un pensiero di tipo associativo, una naturale funzione della mente umana, molto pi profonda ed efficace di un pensiero di tipo lineare e razionale.

    Consideriamo per un attimo il classico simbolo del dollaro (figura 1), da sempre il pi rappresentativo per tutto ci che riguarda 2 Georg Groddeck, Il libro dellEs, Adelphi, Milano, 1990.

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    il mondo del denaro. La maggior parte delle persone di questo pianeta assocer alla vista di questa immagine una serie di concetti ed emozioni relativi agli affari, alleconomia, al potere di acquisto, alle banche. Altri potrebbero associarlo alla corruzione, alla malavita, alla causa della povert nel mondo, ed altri ancora ai propri sogni di ricchezza, di successo e fama, di vincita a qualche lotteria. Si potrebbe scrivere un intero libro per racchiudere tutte le associazioni possibili che un simbolo del genere in grado di risvegliare nellessere umano, ma ci che si pu facilmente constatare come esso sia a tutti gli effetti una sorta di chiave in grado di aprire la porta ad un flusso di emozioni, aspettative, idee e pregiudizi.

    Figura 1 Il simbolo del dollaro.

    I simboli hanno dunque una portata molto pi ampia, veloce ed impattante di ogni qualsivoglia concettualizzazione; essi utilizzano infatti una canale comunicativo che veicola contemporaneamente sensazioni e ragione, agendo direttamente sul nostro lato inconscio.

    Pensiamo ad esempio alla croce cristiana, la cui sola immagine pu evocare in un breve istante aspetti religiosi, mistici, devozionali,

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    oppure pu richiamare scene di guerre sante, inquisizioni e genocidi in virt di una conversione forzata. Se ci sforzassimo di mettere in parole tutto ci che racchiude il simbolo della croce per poter trasmettere pienamente il suo significato ad altre persone, ci troveremmo in seria difficolt.

    Un archeologo alieno Proviamo per un attimo a cavalcare limmaginazione

    proiettandoci come osservatori esterni, silenziosi, in un futuro molto molto lontano. Ipotizziamo ora che la nostra attuale civilt sia gi scomparsa da millenni, lasciando sul pianeta solo una serie di reperti confusi e poco comprensibili, e che casualmente lastronave di un archeologo alieno approdi proprio sul pianeta Terra.

    Ebbene, questo anomalo esploratore potrebbe essere incuriosito ed affascinato dalle tracce lasciate da una civilt come la nostra, ed inizierebbe molto probabilmente a raccogliere con cura tutti i reperti a disposizione, nel tentativo di formulare poi delle ipotesi in grado di evocare la nostra vita quotidiana, il pensiero, la religione, e cos via.

    Ad un certo punto il caro alieno potrebbe ritrovare, ai bordi di una strada, una strana tavola con sopra disegnati la figura di una piccola astronave che poggia su quattro ruote e un animale intento a saltare allinterno di un minuscolo foro del veicolo. Noi sappiamo benissimo che si tratta della famosa pubblicit di una nota compagnia petrolifera, in cui una scritta e unimmagine esprimono lidea di mettere una tigre nel motore di unautomobile, per simboleggiare il concetto di un carburante in grado di offrire potenza ed elevate prestazioni.

    Il problema che il nostro caro alieno potrebbe non avere la minima idea di cosa sia la pubblicit n tantomeno la tipologia di linguaggio che essa utilizza. Ecco che allora potremmo essere facilmente considerati come esseri preistorici, decisamente ingenui nel credere di poter mettere un animale dentro una macchina attraverso un foro per poter ottenere migliori prestazioni! Oppure potremmo essere dipinti come una civilt estremamente superstiziosa, ancora convinta che una sorta di richiamo magico dello spirito della tigre possa animare uno strumento meccanico. E

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    ancora orrore e disgusto potremmo essere marchiati di incivilt per torturare e uccidere un animale costringendolo a passare per unapertura cos piccola, in una sorta di brutale rituale di battesimo per una macchina.

    Ritorniamo ora indietro fino ai giorni nostri, e proviamo a rimetterci nelle vesti dellumano-alieno che cerca di conoscere una possente civilt ormai scomparsa da diversi secoli, e il cui ricordo sopravvissuto solo tramite una serie di immagini, di scritti difficilmente comprensibili, di opere architettoniche maestose quanto misteriose e di pochissime testimonianze dirette. Stiamo parlando dellantico Egitto.

    Come possiamo studiare e interpretare i lasciti di una civilt senza compiere le sforzo di calarci il pi possibile nella visione dellesistenza che essa esprimeva e ricercava, nel concreto modo di affrontare la vita degli individui che la formavano? Generalmente noi ci illudiamo di effettuare questo tipo di lavoro, ma il pi delle volte non facciamo che far accomodare barlumi di idee differenti dalle nostre in una ben stabile e radicata costruzione di preconcetti culturali indiscutibili.

    Perfino nella nostra quotidianit abbiamo spesso la sensazione di vivere in mezzo ad estranei, perfino con le persone con cui condividiamo lo stesso tetto sopra la testa: genitori, fratelli, sorelle, marito, moglie, figli, ecc. Non riusciamo a comprendere certi loro ideali, certe loro prese di posizione e scelte di vita. Ogni nostro sforzo di calarci nei loro panni, nei rari casi in cui le nostre energie non siano convogliate nel tentativo di convincerli altrimenti, si concretizza nel confrontare le altrui prospettive con le nostre, trovando una sorta di compromesso accettabile; per farcene insomma una ragione, non certo per provare ad accoglierle come innovazioni esistenziali da poter sperimentare.

    E quante volte ci ritroviamo a chiederci: io quello proprio non lo capisco, come possibile ragionare in quel modo? La realt che siamo completamente assorbiti in una sorta di incantesimo culturale-egocentrico per il quale tutto ci che non si conforma ai nostri ordinari processi di pensiero ci spaventa. Ora pi che mai sono state attivate delle paure ancestrali di autodifesa verso alcune culture come quella musulmana; la stessa parola rimanda per i pi a concetti

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    di fanatismo, di maschilismo, di terrorismo, di incivilt. E poi, la nostra religione senzaltro la migliore!

    Poco importa se noi, magari, non abbiamo mai letto neanche una volta il Vangelo o la Bibbia, se ne conosciamo molto approssimativamente i dettami guida e non ci siamo mai realmente posti il problema di come poterli vivere praticamente. Gi, perch risaputo che la maggior parte dei musulmani sono pi dediti di noi allo studio del Corano e alle pratiche quotidiane di preghiera.

    Per tali motivi possiamo giungere ad una clamorosa conclusione: gli alieni esistono, e sono proprio in mezzo a noi, al nostro fianco, nella casa in cui viviamo, sul posto di lavoro, ovunque. Si, siamo tutti alieni lun con laltro, e anche con noi stessi. Non c alcun bisogno di andare a disturbare labitante di qualche mondo lontano.

    Come fare dunque per superare questo empasse? Come fare per allargare lo sguardo oltre i paraocchi che da sempre ci accompagnano stabili ed immobili? La risposta implica una nostra totale volont a metterci in gioco, a buttarci verso il nuovo, non necessariamente per distruggere tutto ci in cui crediamo, ma perlomeno per accogliere altre prospettive con sincera predisposizione. Tale il motivo per cui gli antropologi conducono buona parte della loro vita nel mezzo della civilt che studiano, vivendo con loro ogni prezioso istante della vita quotidiana. E quanto imparano da queste esperienze: aspetti che non avrebbero mai immaginato, e che con stupore li colpiscono spesso a tal punto da segnare per sempre la loro vita.

    Ovviamente a noi ora non data la possibilit di vivere in mezzo al popolo dellantica terra dEgitto, ma non sono pochi coloro che ci sussurrano come la strada per una comprensione pi profonda sia comunque ancora possibile, passando attraverso una riscoperta di s che viaggia di pari passo con il riconoscimento del messaggio che questa sacra civilt sembrava permeare in ogni suo aspetto. Come scrisse Ren Schwaller de Lubicz:

    nella storia dellumanit, una data importante quella in cui Champollion ha riscoperto uno dei significati di queste iscrizioni; uno dei significati, perch laltro indissociabile dallo spirito stesso del pensiero dei maestri dellOpera, un

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    tutto, una sintesi che non potrebbe essere trascritta in vocaboli di un dizionario. 3

    Alcuni passi sono gi stati compiuti, e grazie ad essi possiamo

    avvalerci di alcune basi concettuali per intraprendere unavventura in un mondo completamente sconosciuto fino a duecento anni fa. Possiamo ora metaforicamente affermare di avere a disposizione una buona mappa sotto mano, ma il vero passo per unesplorazione approfondita e dettagliata necessita che ognuno di noi scenda fattivamente sul campo.

    Lavventura nel mondo simbolico e sacrale infatti, secondo il pensiero dei maestri alchimisti, non pu che essere essenzialmente individuale; solo nella propria interiorit si possono ritrovare le risonanze, le conferme, le certezze e, cosa ancora pi importante, le vere domande. Ci che si pu fare insieme condividere le indicazioni di un percorso tanto meraviglioso quanto misterioso, sempre pieno di sorprese e certamente non privo di difficolt.

    Principi cabalistici La prime osservazioni sulla natura della scrittura geroglifica si

    ritrovano nei vari scritti di Jean-Franois Champollion, il geniale studioso francese che nel 1822 riusc a fornire la prima chiave per decifrare lantica scrittura, e per tale motivo ancora oggi considerato il padre dellegittologia. Anche se alcune spiegazioni si sono poi rivelate errate, la maggior parte delle sue intuizioni sono risultate esatte. Come egli stesso afferm:

    la mia scienza geroglifica avanzata quanto basta per intravedere limmenso spazio che le resta da percorrere prima di marciare senza ostacoli nel grande labirinto della scrittura sacra. Io vedo la strada che bisogna seguire, ma ignoro se lo zelo di un solo uomo e la sua intera vita possono bastare per una s vasta impresa.4

    3 Ren Adolphe Schwaller de Lubicz, I Templi di Karnak (vol. I), Mediterranee, Roma, 2001. 4 Jean-Franois Champollion, citato da Jves Naud, La vendetta dei faraoni, Famot, Ginevra, 1977.

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    Lintero corpo geroglifico composto da oltre settecento caratteri, che nel loro complesso offrono limmagine di tutte le classi di esseri presenti nella creazione, o perlomeno nella creazione conosciuta a quellepoca nella terra dEgitto. Vi possiamo riconoscere infatti la rappresentazione dei diversi corpi celesti, delluomo in tutte le sue forme, degli animali domestici e selvaggi, degli uccelli, dei rettili, dei pesci, degli insetti, dei vegetali, fiori e frutti. Il tutto affiancato da altri generi di segni rappresentanti tutti i tipi di attrezzature e prodotti utilizzati dalluomo e dalla donna per lo svolgimento della vita quotidiana, e da altri segni ancora di forme geometriche. Ma oltre a ci che lessere umano poteva osservare nel campo dellesistenza visibile e apparentemente reale, compaiono anche una serie di caratteri che raffigurano esseri fantastici, forse mitologici.

    Solo una piccola parte di questa moltitudine di segni, dai ventidue ai ventotto a seconda dellinterpretazione, assumono la funzione di lettere alfabetiche, e vengono denominati GEROGLIFICI FONDAMENTALI, cio i mattoni che costituiscono le fondamenta dellintera scrittura. Altri caratteri rappresentano con una sola immagine il suono di una sillaba o addirittura una parola intera; altri ancora esprimono unidea che determina il significato della parola.

    Vi poi un elevato numero di geroglifici comunemente chiamati biconsonantici e triconsonantici, che individuano lassociazione di due o tre segni fondamentali. Per chiarire meglio il concetto (che torner utile in seguito) possiamo prendere come esempio un geroglifico triconsonantico tra i pi noti, il famoso ankh, comunemente conosciuto come CHIAVE DELLA VITA, e la sua relativa composizione:

    A tali caratteri fondamentali corrispondono determinate

    consonanti, mentre le vocali non compaiono, e vengono oggi utilizzate dalla traslitterazione egittologica come pura convenzione. Senza di esse non sarebbe infatti possibile rendere leggibile nessuna parola egizia antica.

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    Se proviamo a fare un piccolo salto nella tradizione ebraica, che ci verr in soccorso diverse volte nel corso di questo lavoro, possiamo vedere come in tale scrittura valga lo stesso principio di assenza di vocali. Anche in questo caso esse vengono convenzionalmente inserite in un secondo momento dallapparizione di un testo sacro composto unicamente da consonanti tramite lutilizzo di piccoli segni denominati masoretici e che vengono situati sotto le lettere o allinterno di esse. Il tutto per rendere possibile perlomeno un primo livello di lettura razionalmente comprensibile.

    Immaginiamo un libro scritto interamente da una serie ininterrotta di caratteri, senza vocali e senza punteggiatura, un vero e proprio codice cifrato la cui genialit dellautore ha permesso che vi si possano ritrovare diversi livelli di lettura semplicemente modificando al suo interno le vocali e la punteggiatura secondo uno schema criptico ben definito.

    Permettiamoci ora di considerare un esempio estremamente banale e riduttivo, ma di altrettanta efficacia per comprendere i principi di cui stiamo parlando. Data una serie di consonanti:

    C N S C T S T S S

    si potranno ottenere diverse soluzioni interpretative in base alle

    vocali inserite:

    C NaSCiTa Se i Tuoi USi oSi

    CoN uSi CauTi Si TeSSe

    CoNoSCi Te STeSSo

    ecc

    Uno dei testi pi noti al mondo redatto tramite un sistema del genere proprio la Bibbia (per essere pi precisi i primi cinque libri, che costituiscono la Torah ebraica). La traduzione comunemente conosciuta e considerata da diverse religioni non rappresenta infatti

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    che un primo livello di lettura, piccolissima parte di un messaggio in realt molto pi vasto e profondo.

    Si vocifera che secondo la Cabal, definibile altrimenti come la corrente esoterica (quindi interiore) della cultura ebraica, esistano in realt quindici livelli di lettura differenti, e che ognuno di essi riveli aspetti dettagliati della natura umana e della realt non comunemente visibile.

    Non dimentichiamoci infatti che la Bibbia adottata dalla cultura cristiana la traduzione effettuata a partire da una versione ebraica divulgata nel X secolo d.C., e che ne esistevano e ne esistono in realt molte altre versioni, la maggior parte delle quali probabilmente ancora oggi sconosciute ai pi.

    Oltretutto, nelle versioni che si possono ottenere dai codici consonantici delle lingue sacre, emergono spesso delle omonimie su cui altrettanto possibile lavorare. Anche in questo caso possiamo considerare un semplice esempio a partire dalle parole:

    IL SENSO DEL TASSO

    si potranno leggere almeno quattro interpretazioni diverse:

    La direzione verso cui diretto lanimale, il significato che lanimale assume, la direzione dellindice di interesse,

    il significato che lindice di interesse assume. Non dimentichiamo infine che le due prospettive interpretative

    appena analizzate sono sempre associate anche ad altri aspetti di carattere sia simbolico-figurativo che allegorico-metaforico. Insomma, non difficile essere sopraffatti da un indescrivibile senso di stupore e meraviglia quasi incredulit di fronte a tanta genialit e perfezione comunicativa, cos immensamente lontana dai classici parametri linguistici cui siamo abituati.

    Ma la nostra naturale tendenza quella di accontentarci di ci che viene superficialmente offerto, sedendoci comodamente sopra gli allori di una versione apparentemente moralistica e a tratti contraddittoria, per nulla utile al nostro concreto sviluppo interiore se non viene accesa da una riflessione pi approfondita e

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    intimamente correlata alla propria quotidianit. S, perch anche nella versione ufficiale dai pi oggi conosciuta, sono nascoste una miriade di sfaccettature in grado di offrire insegnamenti di carattere metaforico e simbolico.

    Un discorso analogo vale per la tradizione egizia, per i suoi testi sacri e i geroglifici che li compongono. Nulla lasciato al caso, tutto codice, tutto metafora, tutto simbolo. Lo stesso Champollion si rese conto di questa realt, e il suo colpo di genio fu proprio quello di non scindere le diverse parti tra loro, ma di approcciarsi ad esse con una visione pi olistica. Scrive a tal proposito:

    la scrittura geroglifica un sistema complesso, una scrittura nel contempo figurativa, simbolica e fonetica, in uno stesso testo, in una stessa frase, direi quasi nella stessa parola.5

    A onor del vero, il primo personaggio della storia occidentale che propose una lettura in chiave simbolica-figurativa fu lo scrittore egiziano Orapollo nel IV secolo d.C. Il suo scritto fondamentale, lo Hieroglyphica, fu scoperto nel 1419 e rimase per diversi secoli come lunico punto di riferimento per lantica scrittura egizia. Champollion part proprio da tale prospettiva ma, senza escluderla, introdusse lidea che ogni geroglifico potesse anche assumere il carattere di un segno fonetico.

    Noi oggi potremmo aggiungere, in analogia con la Ghematria, che ad ogni carattere corrisponde anche un numero. Secondo tale metodologia interpretativa esiste infatti unequivalenza analogica fra parole le cui lettere possiedono lo stesso valore numerico.

    Simboli vivi e simboli artificiali

    Il nostro approccio interpretativo dunque viziato da una

    mentalit estremamente diversa e lontana da quella antica, per certi versi molto pi sterile e riduttiva. Cercare di convertire una s ampia forma darte, cos geniale e profonda, entro i parametri classici con i quali siamo abituati a leggere e tradurre le opere della nostra cultura,

    5 Jean-Franois Champollion, Compendio del sistema geroglifico, su www.aton.ra.com.

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    tanto assurdo quanto voler far passare una tigre attraverso il foro di un serbatoio.

    Fino a quando terremo ben stretti un paio di occhiali con le lenti grigie, come potremmo pensare di cogliere tutte le sfaccettature di un mondo colorato? Necessitiamo allora di un aiuto che possa porci il pi possibile in sintonia con una prospettiva che ha consentito agli antichi saggi di dar vita ad una lingua sacra cos perfetta e compiuta, in grado non dimentichiamocelo di apparire quasi improvvisamente nella storia della civilt e di rimanere sostanzialmente inalterata per almeno quattromila anni.

    Il metodo interpretativo che pi di ogni altro pu oggi avvicinarsi alla scrittura geroglifica il REBUS, dove il significato delle immagini e delle parole varia a seconda del contesto, basato su forme grammaticali e figurative miste tra loro. Inoltre, non esistendo linterpunzione nella lingua sacra, sar il testo stesso ad evocarla alla nostra coscienza in parallelo con la personale predisposizione ad accoglierne un significato piuttosto che un altro. Non azzardato affermare che solo colui che raggiunge la piena realizzazione interiore, il contatto con la parte pi intima e sacra di s, potr disporre di tutte le chiavi per una lettura definitiva e completa. Da tale punto di vista lo studio dei geroglifici diviene implicitamente anche uno sprono a percorrere un cammino per ampliare la propria consapevolezza ed ottenere cos nuovi stimoli a proseguire.

    Un ultimo tratto essenziale da considerare per un approccio del genere, impone di non cadere nella trappola di confondere ci che la nostra mentalit intende comunemente con la parola simbolo e ci che intendeva invece la mentalit faraonica. Il simbolismo dei geroglifici sempre naturale, universale, mai convenzionale. Esso non uninvenzione umana, una trasmissione divina, e come tale coglie ed esprime una particolare ESPRESSIONE VITALE dellesistenza, comunicandola per mezzo del principio di evocazione. Compito del neofita che gli si avvicina quello di creare le condizioni interiori affinch tale evocazione possa trovare lo spazio per esprimersi.

    Cosa si intende dunque per simbolo convenzionale, e come fare a riconoscerlo? Prendiamo come esempio le bandiere che contraddistinguono le diverse nazioni. Esse sono state create artificialmente dallintelletto umano per esprimere tramite alcuni

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    segni e colori le caratteristiche che possono sommariamente rappresentare una popolazione. Noi sappiamo infatti che il significato dei colori che compongono la bandiera italiana pu essere sintetizzato nel seguente modo: verde per la speranza, bianco per la fede e rosso per la carit. Una simbologia del genere, nel caso della nostra nazione come per le altre, acquisisce poi un valore rappresentativo estremamente forte, tanto da costituire precise condanne per coloro che la oltraggiano in qualsivoglia forma. Diviene difficile quindi non considerare viva una bandiera del genere.

    Eppure, se volgiamo lattenzione verso una bandiera dai colori analoghi alla nostra, come quella messicana, ritroviamo una serie di significati completamente diversi associati ai colori: il verde per lindipendenza, il bianco per la religione e il rosso per lunione. Non solo, ma gli stessi colori possono nel tempo acquisire modificazioni nel loro significato, infatti rimanendo in Messico intorno al 1870 stata introdotta dal presidente Benito Jurez una nuova interpretazione: il verde per la speranza, il bianco per lunit e il rosso per il sangue degli eroi della patria.

    Ma come possibile che un colore possa assumere arbitrariamente significati diversi? La risposta diviene piuttosto complessa, dato che non vi limite alle possibilit di associazione. In tutti i casi tali significati acquisiranno comunque un certo valore e connotato emotivo per coloro che li hanno scelti, ma ci nonostante potrebbero non riguardare il vero significato vitale di cui il colore portatore.

    Se rappresentassimo il sole tramite un segno stilizzato, e volessimo poi rappresentare tramite questa immagine un circolo culturale di speleologia, non ci sarebbe alcun problema. Anzi, nessuno escluderebbe che tale immagine possa raccogliere intorno a s molte persone attratte dal mondo delle grotte, e che in breve tempo tali persone possano anche associare questa loro passione al simbolo del sole. Eppure, volenti o nolenti, il sole continuer ad essere tale, e nessun ragionamento o decisione umana potrebbe mai modificare uno dei suoi profondi ed evidenti significati vitali poco conformi al mondo delle grotte: luce e calore.

    La scrittura geroglifica rientra nellinalienabile patrimonio simbolico universale che da sempre ha accompagnato e

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    accompagna tuttora lessere umano nel suo percorso di risveglio. I simboli che la compongono sono veri, vivi, finestre verso una realt molto pi vasta di quella visibile e tangibile, una realt interiore. A noi compete il compito di renderli nuovamente vivi dentro di noi, sperimentarli nella vita quotidiana, lasciare che ci possano trasmettere i messaggi di cui sono portatori. Non ci saranno limiti per coloro che vi si pongono di fronte con cuore sincero e onesto, non ci saranno domande alle quali non forniranno risposta.

    Ma occorre procedere con prudenza, perch la nostra coscienza logica e razionale sempre in agguato, e tende ad offrirci ad ogni passo delle comode soluzioni ed approssimative interpretazioni sulle quali poter speculare senza sosta. Lessenza vitale di un simbolo non potr mai essere rinchiusa in una descrizione, per quanto soddisfacente essa sia. Attenti dunque a non soffocarne i messaggi. Manteniamo sempre acceso il desiderio della ricerca.

    Non occorre dilungarci oltre la breve panoramica fin qui esposta, giacch non lobiettivo di tale trattato scendere nel dettaglio della grammatica geroglifica. Fondamentale per scorgere lenigma che ancora oggi rappresentano le scritture sacre, il profondo mistero che si cela dietro di esse, e verso il quale non si potr giungere attraverso i metodi classici di ricerca.

    Ci che le lingue antiche reclamano di essere continuamente studiate e vissute. Le tradizioni tramandano che la loro comprensione viaggia di pari passo con lo sviluppo coscienziale di chi le legge. Daltronde, probabile che molti di noi abbiano toccato con mano un simile principio nella propria vita ogni qual volta si sono apprestati a rileggere uno stesso libro a distanza di anni, ritrovandosi poi a pensare: mi sembra di aver letto un altro libro, quante cose mi erano sfuggite la scorsa volta! Applicando dunque la stessa regola ai testi sacri, depositari del mistero della vita e volutamente scritti con lintento di rivelarlo a coloro che con zelo e perseveranza lo ricercano, il risultato sar analogo ma molto, molto pi travolgente.

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    Sulla soglia dellantico Egitto Il mistero della vita Ci si potrebbe chiedere, in effetti, il motivo per cui valga la pena

    compiere un cos ampio tuffo nel passato per cercare di risvegliare le vestigia di una civilt ormai scomparsa da oltre duemila anni. Forse per la nostalgia di un passato tanto affascinante? O per rifugiarsi emotivamente in un mondo lontano da quello attuale, con il quale difficile identificarsi? O, ancora, per accogliere la sfida di poter trovare una volta per tutte unappagante spiegazione in grado di colmare le miriadi di enigmi che continuano a circondare lantica cultura egizia?

    Quale che sia la risposta, ciascuno di noi sar comunque sempre ricondotto di fronte allunico vero quesito, che lo si voglia riconoscere o meno: il senso della vita. In un periodo come quello in cui stiamo vivendo, dove ogni sorta di corrente psicologica, filosofica, religiosa ed iniziatica sembra essere a disposizione di tutti, riempiendo libri, pagine web, riviste, centri di formazione, e cos via, ci sentiamo paradossalmente pi confusi, pi soli che mai. In molti il desiderio di ricerca cresce di pari passo con la diffidenza, e molte sono probabilmente le delusioni in cui ognuno di noi si sar imbattuto. Eppure, una strana forza ci spinge ogni volta a guardare avanti, a cercare ancora.

    Lantica tradizione egizia non conceder certo risposte precise e definitive, ma potr piuttosto offrire tutte le indicazioni necessarie per imparare a porsi in modo pi chiaro e sincero la domanda esistenziale sul senso della vita o, meglio ancora, sul senso della propria vita.

    Ogni sistema tradizionale in grado anzi nato con tale nobile obiettivo. Siamo noi stessi ad averli intorpiditi per piegarli ed adattarli ai nostri doppi fini, ai nostri interessi ed ai nostri bisogni di certezza. In unepoca in cui arti sacre come lo Yoga o il Tai-Chi sono divenuti principalmente passatempi da palestra, in cui lAstrologia e il Tarot vengono relegati ad appariscenti quanto futili sistemi per predire il futuro, in cui ogni reale messaggio tradizionale

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    diviene una moda speculativa priva di ogni risvolto pratico se non quello di alimentare la propria autostima, come non ci si pu sentire frastornati e delusi? Tutti noi siamo dunque chiamati a ritornare sui nostri passi, a lottare per ridare dignit a questi antichi saperi millenari il cui cuore continua a pulsare pi che mai dietro la coltre di banalit con cui li abbiamo ricoperti.

    Lantico Egitto rappresenta la culla della nostra civilt occidentale, il primo luogo in cui si storicamente manifestata la GNOSI, e la prima civilt da noi oggi conosciuta che ha dato cos tanto risalto a questo messaggio universale. Ogni testo, ogni immagine, ogni costruzione, ogni gesto quotidiano, religioso, scientifico, medico, politico e poetico ci parla in modo pi o meno velato di tale rivelazione divina.

    Lantico Egitto dunque qualcosa di pi di un insieme di reperti archeologici e di dati storici. Una sintesi magistrale venne esposta dal prof. Pasquier (che conobbe e frequent la coppia Schwaller de Lubicz) in una conferenza tenuta nel 1986 presso il castello di Guardea.

    Egitto, come una precisa Qualit dellIntelligenza; un altro modo di esistenza dellIntelligenza umana. Questo Egitto non ha niente a che vedere con i tempi storici (anche se questa Intelligenza si espresse nella terra del Nilo in una precisa epoca storica), ma rappresenta piuttosto un ben preciso Luogo/Stato di coscienza. Per entrare in questo Egitto, eternamente presente, luomo deve imporre a se stesso una disciplina. Egli deve, abbandonando la coscienza dialettica, risvegliare un rapporto interiore vivente con loggetto della propria ricerca, quella che AOR [nome con cui si firmava Ren Schwaller de Lubicz] definiva Intelligenza del Cuore. Questo era lo scopo: risvegliare, con un lavoro su di s, lIntelligenza del Cuore, giungere con essa allessenza vivente dei fenomeni, e quindi poter giungere allEssere Universale. Se luomo riesce a penetrare nel proprio Cuore, riesce anche a penetrare nel Cuore delle cose.6

    6 Prof. Pasquier, LEgitto di Schwaller de Lubicz - AOR, su www.accademiehermetichekremmerzianeunite.org.

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    La SFINGE simboleggia proprio questo mistero della vita che ogni individuo chiamato a ricercare. Lei rimane sempre l, imperturbabile, e con una pazienza senza tempo e senza spazio ci attende sulla soglia di un nuovo viaggio, il ritorno verso casa, la cui dimora si trova nascosta dentro di noi. Ecco perch la sfinge non scruta nessun paesaggio terreno, il suo sguardo immobile sempre rivolto allinterno, e il segreto del suo enigmatico sorriso la conoscenza del S.

    La sfinge, il cui nome significa STATUA VIVENTE, in egizio shesep ankh, e in geroglifico

    incarna le tre domande essenziali di colui che si appresta ad

    intraprendere un cammino iniziatico: da dove vengo, chi sono e dove vado. Tale quesito ci che ha regolato per migliaia di anni lintero sviluppo della civilt sorta intorno alle rive del Nilo.

    La terra dEgitto Il nome Egitto da noi oggi conosciuto trae le sue origini dalla

    parola egizia het ka ptah, letteralmente la CITT DELLA DIMORA DEL KA DI PTAH, in geroglifico

    I greci antichi tradussero questo nome del Tempio di Menfi nel

    termine da noi oggi conosciuto. In origine il popolo egizio nominava per la sua terra (figura 2) in altri modi: kemyt o kemet, ossia TERRA NERA, in geroglifico

    o

    da cui tra laltro trae origine la parola ALCHIMIA.

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    Comunemente lEgitto viene associato ad un luogo desertico, tuttavia, ad una indagine pi approfondita, si pu evincere come anticamente era al contrario noto per la sua eccezionale fertilit e rigogliosit, dovuta proprio al limo grigio-nero portato dal Nilo durante le sue regolari inondazioni.

    In altre occasioni il paese assumeva lepiteto di ta neteru, ossia TERRA DEGLI DEI, in geroglifico

    dato che veniva simbolicamente considerata come lo specchio del regno divino.

    Un altro nome cui veniva associato lEgitto ta mery, ossia TERRA AMATA o TERRA DELLAMORE o TERRA CALAMITA, in geroglifico

    sia perch la sua civilt era tesa verso la ricerca e la trasmissione del puro sentimento, sia perch attraeva le forze vitali a s come una calamita.

    Un ultimo epiteto era tawy, ossia LE DUE TERRE, in geroglifico

    dato che il paese nato mitologicamente e, forse, storicamente dallunione della terra del sud, lAlto Egitto, suddiviso simbolicamente in 22 distretti o province, e quella del nord, cio del Basso Egitto, suddiviso in 20 distretti.

    A livello climatico, lanno egizio era composto da tre stagioni, comprendenti ciascuna quattro mesi. La prima si estendeva dalla fine di Luglio alla fine di Novembre, denominata akhet, ossia INONDAZIONE, in geroglifico

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    dove il carattere raffigura un terreno inondato dal quale spuntano dei germogli, per indicare il senso di ci che inizia. Il suo nome basato sulla radice della parola akh, che significa LUCE; tale momento era infatti luminoso, benedetto, in quanto le terre venivano irrigate dalla piena del Nilo che deponeva il suo fertile limo sulle coltivazioni.

    Figura 2 Mappa contemporanea dei luoghi pi significatici con evidenziata lantica suddivisione in Alto e Basso Egitto.

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    La seconda stagione si estendeva dalla fine di Novembre alla fine di Marzo, e prendeva il nome di peret, ossia la STAGIONE DEI GERMOGLI, in geroglifico

    simile alla nostra stagione invernale, era caratterizzata dalla nascita del grano. La radice che compone il suo nome per significa infatti USCIRE, ad indicare che in tale periodo tutto ci che era stato seminato iniziava ad uscire dalla terra.

    La terza ed ultima stagione si estendeva invece dalla fine di Marzo alla fine di Luglio, col nome di shemu, ossia STAGIONE CALDA, in geroglifico

    era il tempo dei raccolti ed anche del caldo pi intenso dellanno. In quanto periodo pi secco dellanno, il segno che contraddistingue il suo nome evidenzia il necessario utilizzo dellacqua contenuta nei bacini idrici di riserva.

    La scienza degli dei Inizieremo ora ad addentrarci nel vivo della tradizione egizia, e lo

    faremo prendendo in considerazione la religione, nonostante il fatto che non esisteva a quel tempo un simile termine in contrapposizione alla scienza o alla filosofia. In Egitto ogni forma di conoscenza era vita ed esaltava la vita, e i nostri attuali significati contrapposti di fede, ateismo, agnosticismo, misticismo o razionalismo, non avevano alcuna ragion dessere.

    Ad ogni modo, comunemente, si considera lantico culto egizio come una religione politeista, ed comico constatare come sia spesso sufficiente tale definizione per risvegliare in noi la presuntuosa idea di appartenere oggi ad una religione monoteista, dunque superiore, pi evoluta.

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    Procediamo allora per gradi, iniziando ad analizzare il termine neter, che contraddistingue il concetto di Dio, in geroglifico

    il cui significato letterale FUNZIONE o PRINCIPIO. Per quale motivo utilizzare una bandiera per esprimere il concetto

    di divinit? Noi possiamo osservare che la bandiera contraddistingue un

    punto di riferimento, una direzione da seguire, cos sono infatti gli dei per gli uomini; ma ancor pi in profondit essa simboleggia lo strumento per mezzo del quale una forza che non direttamente visibile si manifesta (sventolando lo stendardo), rivelando cos la propria esistenza attraverso la constatazione e la verifica dei suoi effetti. Difficile scindere in una definizione del genere gli aspetti religiosi da quelli scientifici.

    Consideriamo per esempio la legge di gravit: nessuno obietterebbe sulla sua esistenza, sugli effetti estremamente fisici e tangibili della sua forza. Eppure non la si pu vedere, toccare, fissare, ed inoltre cosa ancora pi importante non la si pu eludere. Ecco perch Carl Gustav Jung incise sulla porta di ingresso della sua casa la massima: invocati o meno, gli dei sono presenti.

    Gli dei venivano considerati dagli antichi egizi al pari di leggi o principi di vita (da cui la traduzione del geroglifico) impossibili da relegare in un ambito scientifico piuttosto che religioso o filosofico.

    I neter simboleggiano la molteplicit delle forze che permettono la vita, le funzioni della natura attraverso le quali la Creazione venuta in essere e si mantiene. La loro rappresentazione attraverso immagini antropomorfiche e allinterno di unorganizzazione di legami parentali, non che un escamotage simbolico-figurativo per avvicinare alla loro comprensione la coscienza umana ordinaria e dialettica. Fermarsi ad esse significa per soffocarne il valore spirituale, e questo ben lo sapevano gli antichi saggi che non si risparmiavano certo di sottolinearlo come monito. Ricordiamo le parole di Plutarco:

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    perci quando ascolterai le storie che gli egiziani raccontano sugli dei peregrinazioni, smembramenti e altre avventure del genere dovrai ricordarti di quello che abbiamo detto, e non credere che quanto essi affermano corrisponda a fatti realmente accaduti. [] solo cos potrai sfuggire alla superstizione, che un male certo non inferiore allateismo stesso.7

    I neter rappresentano unenergia divina in azione, sfaccettature differenti che compongono la superficie dello stesso diamante, verso il quale pi facile avvicinarsi a piccoli passi, analizzando lato per lato le sue singole caratteristiche, i suoi attributi, per poi giungere infine alla sua interezza, priva di ogni reale suddivisione.

    Scomporre in piccoli sottoinsiemi la natura di un organismo o di unentit difficile da comprendere nella sua interezza, insita nella modalit umana di condurre una ricerca. Gli antichi saggi non facevano altro che adeguarsi a questa evidenza cavalcandone la metodologia con lauspicio di poter poi ricondurre le coscienze verso la riunificazione del tutto, verso la percezione dellunit di base.

    Osserviamo come la fisica sia da secoli dedita allo studio dei mattoni fondamentali che compongono la materia, gli atomi, o la biologia con lo studio delle cellule. Eppure proprio la rivoluzione scientifica attuale sta invertendo la rotta, prendendo coscienza del fatto che la realt dei fenomeni non potr mai essere compresa se non ricongiungendo i suoi diversi aspetti.

    Una vera medicina non pu pi permettersi di trascurare gli aspetti psicologici o alimentari tanto quanto quelli anatomici e fisiologici. La dinamicit e la vitalit di una foresta non potr mai essere compresa a fondo con lo studio in laboratorio di ogni suo singolo abitante, per quanto approfondito esso sia. Solo losservazione sul campo, anzi, la partecipazione sul campo, permetter di cogliere quellanima vitalizzante che tutto muove, quella forza invisibile che sventola la bandiera.

    Saltando dallaltro lato della barricata osserviamo come anche nella religione cristiana domini la tendenza a parcellizzare il modo di adorare il Signore attraverso le diverse figure di angeli e di santi,

    7 Plutarco, Iside e Osiride, Adelphi, Milano, 2002.

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    ognuno dei quali incarna proprio degli aspetti vitali divinizzati. Nulla di diverso dalle strutture deistiche antiche. In tale ottica non possono allora non nascere seri dubbi sulla possibilit o meno di confinare una religione entro parametri definiti. Dove risiede la linea di confine che separa il monoteismo dal politeismo? E ancora, quale superbia ci fa sentire in diritto di volgere lo sguardo con superiorit e sufficienza verso unantica tradizione come quella egizia?

    I differenti neter, al plurale neteru, sono lespressione di ununica potenza divina originaria, il Neter Neteru, il PRINCIPIO DEI PRINCIPI, in geroglifico

    la suprema divinit senza nome cui pu corrispondere il concetto di ASSOLUTO.

    Il pericolo pi grande nello studio della tradizione egizia, nellapprofondimento dei neteru, infatti quello di perdere di vista il Neter Unico, soffermandosi ad adorare o a speculare intorno ai mezzi che conducono ad esso.

    Non dimentichiamoci mai che il dito che indica la luna non la luna, giacch la nostra cerebralit sempre pronta ad appropriarsi ed identificarsi con nozioni schematiche e limitative che nascondono la vera conoscenza, la Gnosi. Occorre dunque prestare attenzione e vigilare affinch la mente non divenga il proprio neter distruttore, trasformandoci in adoratori di noi stessi in un circolo vizioso senza uscita.

    Si potrebbe ora dedurre che la visione cosmologica dellantico Egitto sia di carattere panteistico, secondo il quale tutto Dio, ma anche questa visione si rivela inesatta. Il panteismo identifica il Creatore con la Creazione. Sarebbe dunque pi corretto parlare di paninteismo, dove tutto in Dio. Il mondo non Dio ma solo una parte di esso; mentre Dio riempie il mondo, il mondo non riempie tutta lessenza divina, ma rappresenta solo la manifestazione di una realt che va ben oltre, che siamo chiamati a ricercare e a riscoprire.

    In tal senso la tradizione contemporanea pi affine allantica tradizione egizia sembra essere la corrente ebraica del chassidismo,

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    non meglio sintetizzabile che con le parole di un suo eccellente portavoce attuale, Rabbi Rami Shapiro.

    La nostra esperienza di Dio e della creazione di per s dualistica: vediamo noi stessi e gli altri, Dio e la creazione, il bene e il male, e tutte le miriadi di diadi che compongono la nostra visione della realt. Proiettiamo questo dualismo su Dio quando ci esprimiamo in termini di contrazione ed espansione, rottura e riparazione, esilio e redenzione, ma in realt si tratta solo di una proiezione. Dio lAyn Sof, infinito, ed quindi un non-dualismo intatto. La dveikus, lunione con Dio, non un traguardo da raggiungere ma un dato acquisito di cui prendere coscienza. Il fine non raggiungere la dveikus ma esserne consapevoli, sperimentare la daat dveikus, ovvero la consapevolezza del non-dualismo di Dio presente con (e in) tutte le cose.8

    La tradizione egizia ha espresso il suo insegnamento mediante la

    raffigurazione simbolica e mitica proprio nel tentativo di evitare lerrore di cadere in schematizzazioni, classificazioni, speculazioni teoriche o dogmatismi sterili che sopprimono il carattere vitale del vero messaggio universale. Liniziazione egizia impone alla coscienza unIDENTIFICAZIONE CONTINUA con la vita per poterla comprendere e trascendere.

    LInconoscibile pu essere avvicinato con la pura meditazione senza oggetto o con lintuizione risvegliata dai simboli analogici; i saggi egizi adottarono questo secondo sistema nella stesura dei testi e nella costruzione dei templi, fornendo tutti gli elementi esoterici necessari per la comprensione della vita, ma sempre velati da un aspetto apparentemente banale.

    I neteru sono le caratteristiche, gli attributi che la divinit suprema manifesta in NATURA. Proprio tale parola trae la sua origine etimologica dal termine neteru. La natura e lessere umano stesso esistono e si esprimono per mezzo di queste potenze divine; ecco perch i neteru sono presenti dentro ognuno di noi, e solo l possono essere ritrovati.

    8 Rami Shapiro (a cura di), Un silenzio straordinario. Racconti chassidici, Giuntina, Firenze, 2004.

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    Tutta la scenografia del mondo manifesto che ci circonda non altro che uno specchio magico in grado di riflettere la nostra interiorit, un concetto forse semplice da comprendere razionalmente (anche grazie alle ultime ricerche in ambito scientifico) ma estremamente complesso da applicare nel quotidiano.

    I geroglifici si rivelano Permettiamo ora alla scrittura sacra egizia di presentarsi da sola

    attraverso il termine che la contraddistingue, ossia medu neteru, traducibile come PAROLE DIVINE, in geroglifico

    dove il simbolo intermedio raffigura un semplice bastone di legno. Una traduzione pi dettagliata del termine infatti PRINCIPI (o FUNZIONI) PORTATI DA UN SEGNO, dato che le parole sacre si poggiano sui segni come luomo si poggia sul bastone. La divinit stessa si appoggia ad essi per esprimersi e manifestare le sue molteplici caratteristiche, e per mettersi in contatto con la scintilla divina che giace ancora assopita nellessere umano.

    Il bastone lo strumento utilizzato per spostarsi sicuri e stabili sul cammino, per raggirare gli ostacoli ed aiutarsi a mantenere lequilibrio. Esso costituito da un ramo di legno nel quale fluita la linfa; nonostante si presenti di consistenza secca ed inerte, conserva la forma del vegetale anche in assenza del fluido vitale. Allo stesso modo la parola conserva la forma ma non la vita, che sar resa possibile dallintonazione della voce nella lettura e dalla profondit di coscienza applicata per sviscerarne il significato.

    Come il bastone porta la linfa, i geroglifici veicolano la conoscenza dei neteru grazie allausilio di immagini simboliche in grado di richiamarne le funzioni, percepibili nella natura esteriore quanto in quella interiore.

    Secondo la vera conoscenza, lo studio delluomo deve svolgersi parallelamente allo studio del mondo e lo studio del mondo parallelamente allo studio delluomo. Le leggi [o

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    principi] sono dappertutto le stesse, nel mondo come nelluomo. [] Rendendosi conto dellimperfezione e della debolezza del linguaggio ordinario, gli uomini che possedevano la conoscenza oggettiva hanno cercato di esprimere lidea dellunit sotto forma di miti, di simboli, e di aforismi particolari che, trasmessi senza alterazione, hanno tramandato questa idea da una scuola allaltra, sovente da unepoca allaltra. [] I simboli impiegati per trasmettere le idee della conoscenza oggettiva racchiudevano i diagrammi delle leggi fondamentali delluniverso, e non trasmettevano soltanto la conoscenza stessa, ma indicavano anche la via per raggiungerla. [] I simboli erano suddivisi in fondamentali e secondari. I primi comprendevano i principi dei differenti rami della conoscenza; i secondi esprimevano la natura essenziale dei fenomeni in relazione con lunit.9

    Queste parole di George Ivanov Gurdjieff aiutano a ricollegarci

    con quanto anticipato nel capitolo precedente, cio come allinterno di una moltitudine di segni che compongono lalfabeto ve ne siano alcuni (figura 3) con la funzione di rappresentarne le fondamenta, i mattoni dellintera struttura simbolica. Mentre questi ultimi assumono laspetto di simboli fondamentali, tutti gli altri assolvono la funzione di simboli secondari.

    Potremmo anche esemplificare tale aspetto attraverso un parallelismo analogico con lorganismo legislativo di una nazione: cos come i principi di una costituzione definiscono la struttura, la forma e le regole fondamentali di uno stato, da cui derivano tutte le altre classi di leggi che li approfondiscono nei dettagli per renderli pi facilmente comprensibili ed applicabili, nel medesimo modo i principi divini che regolano la Creazione sono espressi dai geroglifici fondamentali, e sviscerati in modo particolareggiato tramite lausilio di altri caratteri ed immagini. Tale esempio non fa altro che evidenziare il fatto di come sia insita nella natura umana, per quanto spesso inconsapevole, lidea di una struttura esistenziale che viene inevitabilmente dalluomo riproposta goffamente nel

    9 G. I. Gurdjieff, citazione in P.D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio, Roma, 1976.

  • 45

    tentativo di ripristinare un giusto ordine di vita. Non cre forse Dio luomo a sua immagine e somiglianza?

    Figura 3 Una delle possibili classificazioni dei geroglifici fondamentali e relativa traslitterazione.

    Ogni insegnamento tradizionale in alcuni casi in forma pi

    esplicita, in altri meno conduce verso la conoscenza di tali principi divini. E anche se questa realt potrebbe spaventare ed apparire troppo cinica da accettare (se la vita guidata da leggi precise, dove

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    finisce infatti la figura di un Dio buono e compassionevole pronto ad intervenire per mezzo di suppliche e preghiere?), anche vero che una prospettiva del genere pone una luce molto pi nitida su diversi aspetti apparentemente inspiegabili dellesistenza. Ma per fare questo necessario invertire la tendenza attuale, nella quale lessere umano ad aver creato un Dio a sua immagine e somiglianza.

    Occorre sforzarsi di lasciare alle spalle i propri moralismi, le proprie personalissime concezioni di giustizia od ingiustizia divina, di bene e di male. Se ad esempio ci capitasse di ritrovarci in alcune localit esquimesi, potremmo imbatterci in una tipica usanza del luogo per la quale gli uomini offrono ad altri uomini la propria moglie in regalo per una notte come gesto di ospitalit. Inutile precisare che un nostro rifiuto provocherebbe una grave offesa, per luomo e per la donna. Nel caso volessimo invece dimostrare con lo stesso sistema la nostra gratitudine per lospitalit in un altro angolo del mondo, ci ritroveremmo con altissima probabilit ad essere cacciati malamente da chi, poco prima, ci ha calorosamente invitato. Siamo dunque sinceramente in grado di definire cosa universalmente giusto o sbagliato?

    Ci reputiamo una civilt evoluta in quanto improntata su fondamenta scientifiche, obiettive ed oggettive; eppure, non appena volgiamo lo sguardo in una direzione considerata spirituale perdiamo completamente le qualit che contraddistinguono una mentalit razionale.

    Ci sogneremmo mai di giudicare ingiusta la legge di gravit nel vedere un individuo cadere per terra dopo essere inciampato sopra una pietra? Oppure potremmo additare come cattivo il fuoco nellassistere ad unustione di un incauto giocoliere alle prese con torce infuocate? O ancora, chi accuserebbe lacqua di essere maligna se per una propria incapacit di nuotare dovesse ingurgitarne un po durante un bagno al mare?

    evidente che tali domande potrebbero continuare allinfinito. altrettanto evidente come vi siano alcuni aspetti naturali dellesistenza la cui neutralit data ormai per scontata: non sono tali entit a manifestare caratteristiche di bene o male, ma sar il nostro approccio ad esse a determinarne gli esiti.

    Ipotizziamo allora che i principi spirituali che regolano lesistenza non siano differenti dalle leggi scientifiche, ma anzi le

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    incorporino al loro interno. Immaginiamo inoltre che tali principi, disponendo di un linguaggio simbolico estremamente pi ampio e completo di quello logico-razionale, rivelino anche aspetti dellesistenza molto pi sottili di quelli osservabili da un punto di vista fisico, scandagliando la natura umana da una prospettiva organica, psicologica, energetica e spirituale. Se tutto ci fosse vero, ogni nostra recriminazione nei confronti dellesistenza dovrebbe essere imputata ad un problema di inconsapevolezza piuttosto che un problema di ingiustizia.

    Il monito biblico per il quale occorre assumere un atteggiamento timoroso verso il Signore potrebbe non essere interpretato come una sorta di minaccia di un Dio severo e vendicativo, bens come un avvertimento, un consiglio di procedere con prudenza ed attenzione nella propria vita, alla stregua di come si fronteggerebbe un fenomeno naturale ancora ignoto, per poterlo meglio conoscere, a piccoli passi e, perch no, per prove ed errori compiuti in modo consapevole.

    La condizione di schiavit e sofferenza dellessere umano cui tante tradizioni fanno riferimento, viene infatti attribuita proprio allignoranza, non ad un male oggettivo, non alla cattiveria, non ad entit demoniache. Non siamo realmente vittime della vita pi di quanto non lo sia un principiante sul bordo di una piscina che si appresta ad entrare senza saper nuotare. Il problema che nella maggior parte dei casi ci ostiniamo a volerci buttare senza prima fermarci un attimo per acquisire le nozioni basilari, oppure preferiamo rimanere allasciutto fantasticando sulla bellezza del nuoto!

    In entrambi i casi non potremmo mai fare realmente esperienza di come i principi dellacqua agiscono sul nostro corpo, e non potremmo mai acquisire un reale ed efficace stile di nuoto, piacevole ed elegante. Tale appare infatti lo stile di vita di coloro che ricercano la perfezione nellarte della vita.

    Ma, ahim, non esister manuale tecnico in grado di esporre i principi divini con una chiarezza logica tanto cara alla nostra razionalit. La maturazione di una tale conoscenza per sua stessa natura simbolica deve inevitabilmente passare attraverso una sperimentazione concreta nel quotidiano di ci che viene trasmesso dagli insegnamenti tradizionali. Cos come la pratica senza studio

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    pu divenire pericolosa, lo studio senza la pratica rimane sterile ed inutile. Il vero manuale il LIBRO DELLA VITA, e le sue pagine sono le esperienze che ci vengono presentate in ogni momento.

    Non dimentichiamo che nella storia occidentale Socrate fu il primo a parlare esplicitamente dellesistenza di questi principi divini, le cui forze si dispiegano costantemente mostrando i loro effetti attraverso i diversi elementi organici ed inorganici che si muovono intorno a noi.

    Si tratta di scoprire in oggetti diversi le parti elementari uguali che si possono avere. Cos si svelano i sacri segni. [] Agisce allora la funzione: ci che puro, immortale, immutabile, appunto. La materia agisce sui sensi, la funzione sui pensieri. Staccati dal corpo i pensieri agiscono per mezzo di queste funzioni invarianti, semplici, indissolubili, costanti e immutabili. [] Ma quando vedrete chiaramente gli archetipi viventi che da sempre sono in voi, e muoiono con voi, e non muoiono e non nascono, allora vorrei vedere la vostra faccia stupefatta!10

    Linsegnamento egizio sprona infatti il ricercatore ad osservare con estrema attenzione e sacralit ci che lo circonda, ogni cosa che possa rientrare nel suo campo esperienziale. Ci conduce a tutti gli effetti liniziato a vivere in uno stato di meditazione, in una completa immersione nel momento presente, per riconoscere infine il tutto come un riflesso della propria realt interiore. Sar allora che ritrover le chiavi della Gnosi, l dove non avrebbe mai pensato di guardare.

    Il Tao egizio Vi sono ancora alcuni simboli tradizionali il cui messaggio

    originario non andato perduto nel tempo. Uno di questi casi il TAO cinese (figura 4). Certamente non possiamo affermare di conoscerne in profondit il reale potere evocativo, per una serie di

    10 Socrate, citazione in Mario Pincherle, Archetipi. Le Chiavi dellUniverso, Macro edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2002.

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    ovvie motivazioni che abbiamo precedentemente affrontato, ma ne possiamo delineare approssimativamente alcune evidenti peculiarit.

    Figura 4 Il Tao cinese. Traducibile letteralmente come LA VIA o IL SENTIERO, dalla

    traslitterazione cinese do, rappresenta leterna forza essenziale che d vita e sostiene tutto luniverso attraverso lalternanza di due principi fondamentali: lo yang, il principio positivo maschile (bianco) e lo yin, il principio femminile negativo (nero).

    la loro costante alternanza a costituire la trama della vita in cui siamo immersi e cui siamo soggiogati oscillando da una parte allaltra inconsapevolmente. Ci si verifica sia fuori di noi, con il susseguirsi del giorno e della notte, dei cicli stagionali, caldo e freddo, dilatazione e contrazione, sia dentro di noi, con le sensazioni di tristezza e gioia, salute e malattia, piacere e dispiacere, giudizi di bene e male. Tale lintreccio di forze opposte cos chiaramente rappresentato nella simbologia celtica (figura 5) e nella simbologia templare (figura 6); tale il campo esperienziale in cui viviamo.

    La via proposta dal Tao il raggiungimento dellarmonia con la vita che si concretizza nellequilibrio dei due principi, altres definibile come assenza di polarit. In tale condizione il saggio non si identifica pi con lalternanza degli opposti, non ne viene

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    costantemente coinvolto e sommerso, ma vi cammina con leggerezza ed agilit, in mezzo ad essi ed allo stesso tempo al di fuori di essi. Egli trova la pace interiore, una serenit che nulla ha a che vedere con gli eccessi di una gioia entusiastica o di una cupa tristezza.

    Figura 5 La dualit secondo la simbologia celtica.

    Figura 6 La dualit secondo la simbologia templare.

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    La sapienza faraonica esprime tale principio dualistico attraverso la simbologia di uno dei geroglifici fondamentali, vero e proprio Tao egizio:

    che oltre a rappresentare la lettera b, caratterizzata dal numero 2 in rapporto agli alfabeti semitici, esprime molto chiaramente limmagine di una gamba, evocando lidea di un appoggio e di unalternanza necessari al movimento. Una sola gamba non infatti sufficiente per camminare, ecco perch la struttura dellessere umano dotata di due arti inferiori opposti tra loro, senza i quali nessuna strada, nessun sentiero potr essere percorso.

    Tale simbolo rappresenta dunque il SOSTEGNO, lALTERNANZA e il MOVIMENTO, dove ogni passo richiama naturalmente quello successivo, cos come nel Tao cinese compaiono in ogni forza i semi di quella opposta. Non solo, ma la gamba sottintende implicitamente lesistenza di un unico corpo a cui entrambi gli arti sono collegati. Per quale motivo allora gli egizi avrebbero omesso di rappresentare lintero organismo, forse per dimenticanza?

    Cos come il Tao cinese cela lidea di ununica forza alla base della quale si dispiegano lo yin e lo yang, anche tale geroglifico ne vela lesistenza non per volont di nasconderla, ma semplicemente perch essa naturalmente invisibile ed intangibile per la coscienza umana ordinaria. A noi spetta lavventura di ricercarla, di risalire verso lalto per svelarne il corpo, e la volont che lo guida.

    Per arricchire la simbologia di questo principio duale, possiamo richiamare la figura della dea NEITH (figura 7), in egizio Neret, traducibile come LA TESSITRICE, in geroglifico

    lenergia primordiale femminile della Creazione. Le due frecce che impugna rappresentano lalternanza che d un aspetto a tutto ci che esiste nel tempo; il suo nome contraddistingue infatti la

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    funzione di tessitura della vita, il misterioso sistema di intreccio alla base della realt visibile.

    Figura 7 La dea Neith.

    il neter che veicola la Verit dellesistenza, in quanto artefice

    dei meccanismi che strutturano le concatenazioni di tutti gli eventi. Per tale motivo preposta alla tutela dei tribunali e dei giudici. Come evidenzia Luigi Anzoli:

    il Principio di Giustizia nasce soltanto dopo la conoscenza delle leggi che governano la Manifestazione quindi, in altre parole, dopo che luomo ha imparato ad osservare i sottili fili dOro e di Argento che, intrecciati da Neith, creano il Tutto. In questottica, soltanto Neith e coloro che possono osservare la Doppia Verit saranno in grado di vedere e comprendere la natura umana, poich avranno

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    scoperto locculto sistema di intreccio che sta a monte della Manifestazione.11

    11 Luigi Anzoli, Neith. Custode dellultimo segreto alchimico, Kemi, Milano, 1999.

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    La ricerca di Ak-Yb-Ka

    II.

    SULLA SOGLIA DEL TEMPIO Ak-Yb-Ka si trovava finalmente l, di fronte ai portali del Tempio,

    in attesa che si aprissero per rivelare laspetto di colui che si celava dietro di essi.

    Sapeva di essere pronto, da diversi anni ormai si era cimentato nello studio dei testi occulti, nellesercitazione delle pi disparate tecniche energetiche per manipolare gli eventi secondo la sua volont. Aveva girato in lungo e in largo il paese per incontrare i pi noti custodi delle arti magiche e aveva appreso i sistemi per entrare in contatto con entit sottili e farsi insegnare da esse.

    S, sentiva di non aver pi nulla da condividere con le persone comuni; egli ambiva ormai al raggiungimento delle pi alte vette spirituali, ambiva ad entrare nellintima e misteriosa cerchia dei grandi sacerdoti, nella scuola dei misteri della vita.

    Il suo corpo era ora febbricitante di emozione, una sorta di entusiasmo misto a timore per ci che stava per accadere. Una svolta epocale stava infatti per rivoluzionare la sua vita. Quante volte cerc in passato di mettere in mostra le sue capacit e le sue conoscenze per attirare lattenzione dei saggi! Finalmente, avevano forse riconosciuto le sue qualit convocandolo al Tempio.

    Passarono solo pochi minuti ma gli parvero uneternit. Ed ecco schiudersi lentamente limponente portale di legno.

    Dietro si intravedeva la figura sempre pi nitida del faraone, il padre dEgitto, messaggero divino. Fece pochi passi per avvicinarsi di fronte al candidato, il quale si inginocchi come distinto e, con voce tremante per la commozione, disse:

    Mio Signore, ho inseguito per anni le sottili conoscenze che conducono oltre le apparenze ed ora sono pronto per conoscere Dio.

    Il faraone gli prese amichevolmente la mano e lo fece alzare; senza dire nulla, gli diede una rapida occhiata dallalto verso il

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    basso, soffermandosi un solo istante sui calzari dellaspirante. Poi il suo sguardo gli si pose pieno di compassione e tenerezza negli occhi, ma con tono severo e grave parl:

    Forse sarebbe meglio iniziare prima con limparare ad allacciarsi i sandali

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    Una civilt solare Coscienza osiridea e coscienza horusiana Il percorso che conduce verso la conoscenza dei principi

    universali e verso la consapevolezza dei loro influssi nellintima sfera vitale, non pu che procedere di pari passo al risveglio di una scintilla divina che giace assopita in ciascuno di noi.

    Stante alla cultura religiosa cui siamo abituati, ciascun essere umano possiede gi per diritto di nascita unanima immortale, e il destino oltre la vita terrena sar definitivamente stabilito per leternit in base alla sua scelta di fede o meno.

    Secondo la sapienza egizia invece, ogni individuo nasce con la possibilit di conquistarsi limmortalit, e tale coronamento potr avvenire solo nel riconoscimento e nellascolto di quel principio germinale che dal profondo del proprio essere reclama nostalgicamente la sua salita al trono interiore.

    La scienza faraonica distingue due processi allinterno di questa maturazione spirituale. Il primo viene identificato con il dio OSIRIDE (figura 8), in egizio Usyr e in geroglifico

    il cui nome significa RINNOVAMENTO, nella natura come

    nellindividuo umano. Egli esprime tutte le forze cicliche presenti nelluomo, nella societ, nel mondo e nel cosmo; il neter del DIVENIRE ESISTENZIALE, dove la vita non si estingue con la morte ma rinasce sotto unaltra apparenza. la trasposizione della vita essenziale nella vita organica, per cui ne subisce inesorabilmente le leggi. Il suo regno dunque la terra, il mondo dialettico. I suoi scettri contraddistinguono il dominio sui tre aspetti dellessere: fisico, emotivo e mentale (o animico).

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    Figura 8 Il dio Osiride.

    Lo stato di coscienza che Osiride rappresenta la COSCIENZA DELLIO, testimone permanente delle diverse personalit umane sia allinterno di questa vita materiale che nella sopravvivenza nel regno dellaldil; tale sopravvivenza rimane per sempre uno stato di immortalit relativo perch non definitivo.

    Secondo la saggezza faraonica oltre la morte si trova un luogo non sottomesso alle contingenze fisiche ma in cui sussiste comunque uno stato dessere psichicamente vegetativo, per molti versi non dissimile da quello attuale, alimentato dai legami terreni contratti a causa dei desideri e degli interessi personali. La transitoriet di tale regno condizionata dallesaurimento pi o meno rapido di queste forze di attrazione di carattere psichico, o dalla necessit di una nuova incarnazione.

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    La coscienza osiridea concede alluomo la padronanza sul piano terreno e sul piano astrale, da non confondersi per con le questioni di Dio. Ecco perch il geroglifico che contraddistingue il suo nome il trono il seggio fisico su cui poggia la volont divina per espletarsi ma senza rivelare apertamente i suoi intenti.

    Il secondo tipo di maturazione spirituale viene invece identificata con il dio HORUS (figura 9), in egizio Hor e in geroglifico

    il cui significato letterale QUELLO CHE SOPRA,

    identificando uno stato di coscienza dentro il mondo ma al di sopra di esso. il figlio di RA (figura 10), in egizio Ra e in geroglifico

    che pu essere tradotto sia come SOLE che come VERBO IN

    AZIONE (facilmente deducibile dal segno della bocca congiunto a quello del braccio), a sottintendere il fatto che la Parola che Dio profer al principio divenne realt, ossia visibile. Il sole infatti la manifestazione visibile pi vicina alla divinit, simbolo di sorgente di ogni vita sulla terra, di potenza, di punto di riferimento e centro dal quale irradia la luce che rende visibile tutte le forme del creato.

    La parola Ra anche una sillaba-seme, un suono che denota il potere creativo, concetto analogo a quello espresso dalla Om secondo la tradizione induista.

    Lanimale che rappresenta entrambi i neteru Horus e Ra il falco, i cui occhi possono affrontare meglio di chiunque altro i raggi del sole senza che questi disturbino o possano danneggiare minimamente la vista; inoltre il solo in grado di volare diritto verso lalto, mentre gli altri uccelli devono salire obliquamente. Simboleggia anche la superiorit e la vittoria, in quanto superiore a tutti gli altri uccelli presenti nella terra dEgitto ed in grado di vincerli nella lotta.

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    Figura 9 Il dio Horus, figlio di Ra. Figura 10 Il dio supremo Ra.

    Horus simboleggia dunque il principio divino realizzato

    nellumano, unione indissociabile della consapevolezza terrena con quella spirituale. LELEMENTO HORUSIANO o elemento cristico il solo ed unico atomo immortale presente in potenza dentro lessere umano, e la cui volont quella di unirsi alluomo corporale per globalizzarne la coscienza ed insegnargli a discernere i valori reali dai valori relativi.

    La luce divina risvegliata nella sua incarnazione umana assume infatti il nome di Cristo nel Vangelo e Horus nella tradizione egizia. Abbiamo quindi rilevato una prima importante analogia tra le due figure, simboli del processo di rinascita interiore giunto al suo compimento, che delimita il passaggio dalla sensazione di essere un organismo individuale alla sensazione cosciente di essere una parte del Tutto. Per un unico principio che sorge dalla forza generatrice

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    della volont orientata allo spirito, sono sorti tanti nomi e tante immagini quante lingue e culture hanno solcato il mondo nel corso dei millenni.

    Chi realizza se stesso risvegliando il proprio Horus, o meglio, diventano egli stesso Horus, entra a far parte di coloro che gli egizi conoscevano come la confraternita dei SEGUACI DI HORUS, Shemes Hor e in geroglifico

    altrimenti conosciuti in occidente come la FRATELLANZA DEL

    SOLE o lORDINE DEI ROSACROCE. Pochi sono realmente questi Inviati; mai descrivono se stessi con tali epiteti e difficilmente si rivelano apertamente al mondo, ma nel silenzio accompagnano instancabilmente lumanit senza mai abbandonarla.

    Il loro operato viene volutamente svolto lontano dallattenzione caotica ordinaria, ma nei rarissimi casi in cui la loro missione impone di palesarsi alle masse, ecco che la loro memoria si inscrive indelebilmente nella storia. Alcuni di questi nomi possono essere Buddha, Ges, Khrisnamurti, ecc.

    Coloro che raggiungono la liberazione dalle illusioni vanno al di l delle religioni, delle definizioni, perdendo la propria individualit e divenendo parte di quella forza spirituale destinata a guidare tutti coloro che iniziano ad avvertire la voce di Horus in forma ancora germinale e confusa.

    La mitologia dellEssenza La storia di Osiride la trasposizione mitologica del percorso

    iniziatico. Osiride fu il primo sovrano della terra e, portando la civilt agli uomini, insegn loro come coltivare i campi, ottenerne del cibo e produrne del vino. Molto amato dal popolo, attir su di s linvidia di suo fratello SETH (figura 11), in egizio Suty e in geroglifico

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    o letteralmente TAGLIARE o DIVIDERE; significato analogo al

    concetto cristiano di diavolo, dal greco diabolos, ossia COLUI CHE DIVIDE, ma anche in stretta analogia con il termine ebraico di Satana, ossia Saitan, letteralmente AVVERSARIO. Lanimale che lo rappresenta somiglia in parte ad un asino ed in parte ad un formichiere, la cui punta delle orecchie tagliata ad indicare che non in grado di ascoltare la saggezza divina.

    Seth cospir dunque per uccidere il fratello Osiride, vi riusc smembrandolo in quattordici pezzi e disperdendolo nelle varie parti dEgitto. Tale la condizione nella quale un individuo si ritrova quando perde la propria illusoria identit, la propria certezza di essere un Io integro, riconoscendosi piuttosto in una moltitudine di personalit differenti, ciascuna in lotta per la supremazia.

    Una presa di consapevolezza del genere non pu che coincidere con la profonda sensazione di essere a pezzi, avendo perso ogni parametro, ogni punto di riferimento, ogni certezza in merito alla propria reale identit. Tutte le diverse personalit o maschere che riscopriamo in noi stessi, rispecchiano la