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Giuseppe Garibaldi e il Regno delle Due Sicilie www.maat.it/maat4 1 MAAT CONOSCERE LA STORIA PER CREARE IL FUTURO - MAAT GIUSEPPE GARIBALDI E IL REGNO DELLE DUE SICILIE Non pochi dell'eletta schiera dei Mille caddero a Calatafimi, come cadevano i nostri padri di Roma, incalzando i nemici a ferro freddo, colpiti per davanti senza un lamento, senza un grido che non fosse quello di "Viva l'Italia!" Giuseppe Garibaldi, Memorie, Terzo periodo, IV Calatafimi, 15 maggio 1860 Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor. Alessandro Manzoni, Marzo 1821

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MAAT – CONOSCERE LA STORIA PER CREARE IL FUTURO - MAAT

GIUSEPPE GARIBALDI

E

IL REGNO DELLE DUE SICILIE

Non pochi dell'eletta schiera dei Mille caddero a Calatafimi, come cadevano i nostri padri di Roma, incalzando i nemici a ferro freddo, colpiti per davanti senza un lamento,

senza un grido che non fosse quello di "Viva l'Italia!" Giuseppe Garibaldi, Memorie, Terzo periodo, IV Calatafimi, 15 maggio 1860

Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor.

Alessandro Manzoni, Marzo 1821

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INDICE

La situazione internazionale nel 1860

L'Italia settentrionale e centrale nel 1860

L'Italia meridionale nel 1860

Prodromi

Quarto

Marsala

Calatafimi

Palermo

Milazzo

Messina e Siracusa

Reggio

Napoli

Volturno

Teano

Epilogo

Garibaldini

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La situazione internazionale nel 1860

Austria-Ungheria

Dal 1848 regnava Franz Joseph. Nel 1860 aveva 30 anni.

L'Austria, dal Congresso di Vienna del 1815, era il guardiano dell'Italia. Controllava direttamente Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Alto Adige, Istria e Dalmazia.

Aveva mandato le sue truppe nello Stato Pontificio, nel Ducato di Parma e Piacenza, nel Ducato di Modena e Reggio, nel Regno delle Due Sicilie.

Il Granduca di Toscana era un Asburgo-Lorena.

L'unico nemico era il Regno del Piemonte, sconfitto nella prima guerra di indipendenza (1848-1849), ma vittorioso insieme alla Francia nella seconda guerra di indipendenza (1859).

Persa la Lombardia nel 1859, l'Austria avrebbe voluto recuperare il controllo sugli altri Stati italiani.

Ma nel 1860 difficoltà con l'Ungheria le impedirono di svolgere un ruolo attivo sul territorio italiano.

Nel 1860 l'Austria-Ungheria aveva 2.927 chilometri di ferrovie.

Francia

Dal 1852 regnava Napoleone III, imperatore dei francesi, figlio di Luigi Napoleone Bonaparte e di Ortensia Beauharnais. Nel 1860 aveva 52 anni.

Luigi, fratello di Napoleone Bonaparte, era stato re di Olanda dal 1806 al 1810.

Ortensia, figlia di Giuseppina Beauharnais, prima moglie di Napoleone, aveva sposato Luigi nel 1802.

Carlo Luigi Bonaparte era nato nel 1808 a Parigi. Nel 1848 era divenuto presidente della Repubblica francese. Nel 1852 aveva restaurato l'Impero ed aveva preso il nome di Napoleone III.

Nel 1849 Carlo Luigi Bonaparte aveva represso la Repubblica Romana, invano difesa da Garibaldi e Mazzini, e aveva ristabilito lo Stato Pontificio. Truppe francesi erano rimaste a presidiare lo Stato della Chiesa.

Il Regno di Piemonte e Sardegna era quasi un protettorato francese. Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro piemontese, aveva stretto una alleanza difensiva con Napoleone III a Plombières (21 luglio 1858).

Nel 1859 Napoleone III era intervenuto in Italia per combattere l'Austria che aveva aggredito il Piemonte (28 aprile 1859). Con il trattato di Villafranca (11 luglio 1859) aveva concluso all'improvviso la pace con l'Austria. La minaccia della Prussia sul Reno e lo scontento in Francia per una guerra non sentita lo avevano indotto a interrompere il conflitto che stava vincendo. Per l'ausilio fornito al Piemonte Napoleone III voleva Nizza e Savoia. In cambio avrebbe ceduto al Piemonte la Lombardia, concessa alla Francia dagli austriaci in base all'accordo di Villafranca.

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Nel 1860 la politica estera di Napoleone III mirava ad estendere l'influenza della Francia sull'Italia a danno dell'Austria. Inoltre i francesi non avevano perso la speranza di sostituire i Borboni di Napoli con un discendente di Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 al 1815, e di creare un regno dell'Italia centrale da affidare ad un altro membro della famiglia Bonaparte.

La Francia nel 1860 aveva una popolazione di 37 milioni di abitanti e 9.167 chilometri di strade ferrate.

Inghilterra

La regina Victoria era salita al trono nel 1837. Nel 1860 aveva 41 anni. L'Inghilterra aveva notevoli interessi in Sicilia. Il problema del quasi monopolio inglese sulle zolfatare era stato affrontato decisamente da Ferdinando II, che aveva stipulato un nuovo accordo con i francesi. Ma poi aveva dovuto fare marcia indietro. Ferdinando II non aveva voluto aderire alla lega doganale italiana, promossa dall'Inghilterra conformemente alla propria politica di libero scambio. Il governo napoletano seguiva una politica protezionista, volta a difendere la nascente industria locale a carattere essenzialmente statale. I duosiciliani

andavano in Inghilterra, compravano macchinari di tutti i tipi e poi cercavano di riprodurli nel regio opificio di Pietrarsa.

I rapporti con il regno delle Due Sicilie erano molto tesi. Il premier inglese Henry John Temple, Viscount Palmerston, 76 anni, aveva denunciato più volte all'opinione pubblica europea l'inciviltà del governo borbonico. La rivolta autonomista siciliana del 1848, repressa nel sangue da "re bomba", era stata sostenuta dal governo inglese. In Inghilterra e a Malta trovarono rifugio gli italiani che la magistratura borbonica aveva condannato per motivi politici.

Gli inglesi erano favorevoli alla fine del dominio austriaco sull'Italia e favorivano la creazione di uno Stato nazionale indipendente, anche dalla Francia. Speravano in un regno italiano sufficientemente forte da mantenere la propria autonomia e sufficientemente debole da non ostacolare il dominio britannico nel Mediterraneo.

A Londra il 24 gennaio 1860 la regina Victoria aprendo i lavori del Parlamento inglese dichiarò "Mi sforzerò di ottenere per i popoli d'Italia la libertà di decidere da loro stessi delle proprie sorti senza intervento straniero".

Nel 1860 l'Inghilterra aveva 19 milioni di abitanti e 14.603 chilometri di ferrovia.

Stati Uniti d'America

Dal 1857 era Presidente James Buchanan, nato in Pennsylvania, presbiteriano, democratico, avvocato, di origini irlandesi. Nel 1860 aveva 69 anni.

Gli U.S.A. avevano sviluppato notevoli rapporti commerciali con il regno delle Due Sicilie.

Nel 1860 gli Stati Uniti d'America avevano 31 milioni di abitanti e la più estesa rete ferroviaria del mondo: 30.626 miglia, pari a circa 49.000 Km.

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L'Italia settentrionale e centrale nel 1860

Regno di Piemonte e Sardegna

Nel 1848-1849 il re Carlo Alberto di Savoia aveva condotto la I guerra di indipendenza contro l'Austria. L'esito negativo della battaglia di Novara (23 marzo 1849) lo aveva costretto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II, che nel 1860 aveva 40 anni.

Nel 1859 Vittorio Emanuele II e Napoleone III avevano condotto vittoriosamente la seconda guerra di indipendenza contro l'Austria (27 aprile-11 luglio).

L'armistizio di Villafranca (11 luglio 1859) aveva interrotto improvvisamente la campagna militare per volere di Napoleone III.

Nonostante la repentina fine della guerra, in Lombardia, Emilia e Toscana si formarono governi provvisori favorevoli all'annessione al Piemonte.

Il 17 gennaio 1860 Presidente del Consiglio fu nominato Camillo Benso conte di Cavour, che assunse anche i dicasteri dell'Interno, degli Esteri e della Marina.

Il 6 febbraio Vittorio Emanuele II scrisse a Pio IX chiedendogli di essere nominato vicario delle Romagne, delle Marche e dell'Umbria. Il 14 febbraio Pio IX respinse la proposta.

Il 18 marzo 1860 i territori dell'ex Ducato di Parma e Piacenza, dell'ex Ducato di Modena e Reggio, delle ex Legazioni pontificie, in pratica tutta l'Emilia, vennero annessi al

Piemonte.

Il 21 marzo 1860 le truppe francesi lasciarono la Lombardia, che occupavano dalla guerra contro l'Austria del 1859. La Lombardia era già stata annessa al Piemonte.

Il 22 marzo 1860 la Toscana venne annessa al Piemonte.

Il 24 marzo venne concluso l'accordo con la Francia per la cessione di Nizza e Savoia, in pagamento dell'aiuto prestato al Piemonte durante la II guerra di indipendenza.

Il 25 marzo si svolsero le elezioni politiche sia nel territorio del regno di Sardegna sia nei territori annessi (Lombardia, Toscana, Emilia). Aventi diritto al voto 258.257. Votanti 138.127 pari al 53,5%. Collegi 387.

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Il 2 aprile 1860 si riunì il nuovo Parlamento piemontese allargato.

Il 15 aprile a Nizza si votò per l'annessione alla Francia. Votò l'84,5% degli aventi diritto al voto. A favore 24.448. Contrari 160.

Il 22 aprile si votò in Savoia per l'annessione alla Francia. Votò il 96,6% degli aventi diritto. A favore 130.583. Contrari 256.

Il regno di Piemonte nel 1855 aveva 460 chilometri di rete ferroviaria, la più estesa d'Italia. Nel 1860 raggiunse da solo gli 860 chilometri. Nel 1861 in tutta Italia esistevano 1.732 chilometri di ferrovia.

Regno Lombardo-Veneto

Nel luglio del 1859 la Lombardia, in forza del trattato di Villafranca, venne ceduta dall'Austria alla Francia, che la passò al Piemonte.

Il territorio della Repubblica di Venezia, consegnata da Napoleone Bonaparte all'Austria nel 1797 con il trattato di Campoformio, continuò a far parte dell'Impero austro-ungarico. Con la III guerra di indipendenza del 1866 venne liberato il Veneto.

Stato della Chiesa

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Nel 1846 divenne papa Pio IX, Giuseppe Maria Mastai Ferretti. Nel 1860 aveva 68 anni.

Nel 1849 per reprimere la Repubblica Romana di Garibaldi e Mazzini, Pio IX chiese ed ottenne l'intervento degli eserciti di Francia, Austria, Spagna e Regno delle Due Sicilie.

Lo Stato Pontificio fu l'ultimo a dotarsi di una rete ferroviaria. Nel 1856 venne

inaugurata la Roma-Frascati e nel 1859 la Roma-Civitavecchia.

Lo Stato della Chiesa era suddiviso amministrativamente nelle seguenti province:

- nel Lazio: Roma, Viterbo, Civitavecchia, Sabina (Rieti), Frosinone; - nelle Marche: Ancona, Macerata, Urbino, Ascoli, Fermo, Camerino; - in Umbria: Perugia, Spoleto; - in Emilia-Romagna: Bologna, Ravenna, Ferrara, Forlì.

L'11 giugno 1859 si ribellarono Fano, Senigallia, Faenza e Ferrara.

Il 12 giugno 1859, a causa della II guerra di indipendenza, le truppe austriache si ritirarono da Bologna. Assunse il potere un governo provvisorio filopiemontese.

L'11 marzo 1860 si svolse il plebiscito per l'annessione al Piemonte di tutta l'Emilia. A favore 426.006 votanti. Contrari 756.

Nel 1860 lo Stato Pontificio, dopo le annessioni della Emilia e della Romagna al Piemonte, comprendeva Lazio, Umbria e Marche.

Granducato di Toscana

Il 27 aprile 1859 il granduca Leopoldo II, della famiglia Asburgo-Lorena, fu costretto ad abbandonare la Toscana. Si costituì un governo provvisorio filopiemontese.

L'11 e 12 marzo 1860 si svolse il plebiscito per l'annessione al Piemonte della Toscana. Si chiese: "Volete una monarchia costituzionale sotto Vittorio Emanuele II oppure un regno separato?".

Su 534.000 iscritti, votarono 386.445 (73,3%), dei quali 366.571 a favore dell'annessione, 14.925 per il regno separato e 4.949 nulli.

Il 22 marzo 1860 la Toscana venne annessa al Piemonte.

Nel 1860 la Toscana aveva 330 chilometri di ferrovie.

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Ducato di Parma e Piacenza

Nel 1847, alla morte di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, moglie di Napoleone, il Ducato passò ai Borbone.

L'11 giugno 1859 una ribellione filopiemontese indusse Maria Luisa di Borbone ad abbandonare il Ducato. Venne costituito un governo filopiemontese.

L'11 marzo 1860 si svolse il plebiscito per l'annessione al Piemonte di tutta l'Emilia.

Su 526.218 iscritti votarono 427.512 (81,1%), dei quali 426.006 a favore dell'annessione, 756 per il regno separato e 750 nulli.

Il 18 marzo 1860 il Ducato venne annesso al Piemonte.

Ducato di Modena e Reggio

Il 13 giugno 1859 una sollevazione popolare indusse il Duca Francesco V ad abbandonare Modena. Venne costituito un governo provvisorio filopiemontese.

L'11 marzo 1860 si svolse il plebiscito per l'annessione al Piemonte di tutta l'Emilia.

Su 526.218 iscritti votarono 427.512 (81,1%), dei quali 426.006 a favore dell'annessione, 756 per il regno separato e 750 nulli.

Il 18 marzo 1860 il Ducato venne annesso al Piemonte.

L'Italia prima dell'impresa dei Mille

Nella primavera del 1860 l'Italia era divisa nei seguenti Stati:

- Regno di Piemonte e Sardegna con le recenti annessioni di Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, retto da Vittorio Emanuele II della dinastia dei Savoia;

- Stato della Chiesa con Lazio, Umbria e Marche, retto da Pio IX. - Regno delle Due Sicilie con Abruzzi, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e

Sicilia, retto da Francesco II della dinastia dei Borbone - Domini dell'Austria: Veneto, Trentino, Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Istria e

Dalmazia.

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L'Italia meridionale nel 1860

Regno di Sicilia

Agli inizi del secolo la Sicilia era un regno indipendente unito al Regno di Napoli solo nella persona del re.

Nel 1806 Ferdinando IV di Borbone, scacciato da Napoli dai francesi, si rifugiò in Sicilia sotto la protezione della flotta inglese.

Nel 1812 Ferdinando concesse la Costituzione.

Nel 1815 Ferdinando IV costituì il Regno delle Due Sicilie con capitale Napoli e assunse il nome di Ferdinando I.

La Costituzione siciliana venne abolita.

I siciliani rifiutarono la coscrizione obbligatoria. L'esercito del Regno delle Due Sicilie venne costituito solo da napoletani.

L'esercito napoletano in Sicilia fu considerato come quello austriaco nel Lombardo-Veneto, truppa di occupazione.

Nel 1820 i siciliani si ribellarono rivendicando la loro indipendenza da Napoli.

L'8 novembre 1830 salì al trono delle Due Sicilie Ferdinando II. Aveva venti anni.

Nel 1837 i siciliani si ribellarono nuovamente.

Il 3 gennaio 1848 sbarcarono in Sicilia La Farina e La Masa per organizzare la rivoluzione contro Napoli.

A loro si unirono Rosolino Pilo e Francesco Bagnasco.

Capo della rivolta fu il principe Ruggero Settimo.

La flotta inglese, guidata da Lord Mintho, si schierò davanti al porto di Palermo.

Capo del governo inglese era Lord Palmerston.

Il 12 gennaio 1848 i siciliani si ribellarono rivendicando la loro indipendenza.

Il generale napoletano De Majo oppose una debole resistenza.

La dinastia borbonica venne dichiarata decaduta.

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Al trono siciliano venne designato un figlio di Carlo Alberto, re di Sardegna, che non accettò.

Il 14 maggio 1849 le truppe napoletane, guidate da Filangieri, rientrarono in Palermo.

L'operazione di riconquista era stata talmente brutale che da allora Ferdinando II, re delle Due Sicilie, venne chiamato "re bomba".

Regno delle Due Sicilie

Il 22 maggio del 1859 Ferdinando II, re delle Due Sicilie, morì.

Francesco II, figlio di Maria Cristina di Savoia e cugino di Vittorio Emanuele II, successe al padre Ferdinando II. Francesco aveva 24 anni.

La regina madre, seconda moglie di Ferdinando II, tramava per dare il trono al suo primogenito, il conte di Trani.

Gli zii di Francesco II si atteggiavano a liberali, come il conte d'Aquila o il conte di Trapani, oppure erano filopiemontesi come il conte di Siracusa.

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Francesco II era sposato con Maria Sofia Amalia di Wittelsbach, sorella della imperatrice d'Austria Sissi.

Venne nominato capo del governo Filangieri, principe di Satriano, Duca di Taormina, 75 anni.

Francesco II, come il padre, rifiutò di allearsi con il Piemonte nella guerra contro l'Austria per la liberazione del Lombardo-Veneto.

Il 4 settembre Filangieri presentò un progetto di costituzione. Francesco II lo respinse. Filangieri si dimise, ma rimase formalmente in carica su richiesta del re.

In novembre Napoleone III inviò a Napoli il generale Roguet per convincere Francesco II a concedere la costituzione. Il re rifiutò.

L'11 marzo 1860 vennero accettate le dimissioni di Filangieri, che fu sostituito dal principe di Cassaro, Antonio Statella, 80 anni. Ministro della guerra divenne Francesco Antonio Winspeare, barone di Zollino, 82 anni.

Nell'aprile del 1860 Francesco II rifiutò la proposta del cugino Vittorio Emanuele II: dividere l'Italia in un regno del nord ed un regno del sud, lasciando al papa Roma e la presidenza della confederazione italiana.

Popolazione

Nel 1860 gli abitanti del regno delle Due Sicilie erano circa 9 milioni, di cui 2,8 milioni in Sicilia.

Rete ferroviaria

La rete ferroviaria napoletana era di poche decine di chilometri:

- Napoli - Portici - Torre del Greco - Torre Annunziata - Castellammare di Stabia - Nocera - Cava dei Tirreni - Vietri sul mare

- Napoli - Caserta - Capua - Cancello - Nola - Sarno.

In Sicilia non esistevano ferrovie.

Marina

Nel 1860 la marina da guerra borbonica era costituita da 22 navi a vapore e 10 a vela.

Esercito

L'esercito napoletano era costituito da 93.000 uomini.

Nell'esercito si faceva carriera per anzianità e per grado di nobiltà.

L'addestramento era scarso. L'armamento antiquato.

L'attività principale consisteva in compiti di polizia o di repressione dei moti insurrezionali.

In Sicilia erano presenti circa 25.000 soldati.

Oltre 20.000 presidiavano Palermo.

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2.800 erano nella Sicilia occidentale al comando del generale Francesco Landi, di anni 67.

Suddivisione amministrativa del Regno di Napoli

Il Regno di Napoli era suddiviso in:

- Terra di Lavoro - Principato Citeriore - Principato Ulteriore - Capitanata - Terra di Bari - Terra d'Otranto - Calabria Citeriore - Calabria Ulteriore - Basilicata - Molise - Abruzzo Citeriore - Abruzzo Ulteriore

Amministrazione della Sicilia

Il luogotenente di Francesco II in Sicilia era il principe di Castelcicala.

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Prodromi

Sicilia – 4 aprile

Il 4 aprile 1860 a Palermo scoppiò una rivolta guidata da Pasquale Riso.

Il 6° reggimento dell'esercito napoletano intervenne per ristabilire l'ordine.

Il moto venne represso, ma la rivolta si estese nelle campagne.

Molti degli insorti si rifugiarono a Malta dove furono portati da navi inglesi.

Sicilia – Aprile

Il 10 aprile a Messina sbarcarono Rosolino Pilo e Francesco Corrao per preparare l'arrivo di Garibaldi.

Poco dopo giunse anche Francesco Crispi.

Il 13 aprile scoppiarono i primi moti rivoluzionari nelle campagne palermitane.

Il 18 aprile 1860 l'esercito napoletano sconfisse un gruppo di insorti a Carini.

Sicilia – Maggio

Ai primi di maggio la marina borbonica, preavvisata di un possibile sbarco, aveva preso a incrociare a guardia delle coste siciliane.

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Quarto

Genova – 13 aprile

Il 13 aprile Garibaldi si recò a Genova e prese dimora nella villa di Candido Augusto Vecchi, un combattente della Repubblica Romana del 1849.

Nella casa di Agostino Bertani si insediò il comitato organizzatore per la liberazione del regno delle Due Sicilie. Ne facevano parte Nino Bixio e Francesco Crispi.

L'arruolamento dei volontari divenne pubblico.

Si raccolsero fondi per l'impresa.

Si aprirono pubbliche sottoscrizioni.

Cavour non sostenne l'impresa. Tramite il suo emissario La Farina controllava strettamente l'operato di Garibaldi.

Genova – 22 aprile

Il 22 aprile Cavour incontrò a Genova Giuseppe Sirtori, emissario di Garibaldi.

Cavour proibì qualunque azione contro lo Stato della Chiesa.

Divenne impossibile un attacco al regno delle Due Sicilie passando dalle Marche, territorio pontificio.

Milano – Aprile

Massimo D'Azeglio, governatore della città, sequestrò 12.000 fucili Enfield, comprati con una pubblica sottoscrizione a favore dei volontari per la liberazione del Regno delle Due Sicilie. Aveva l'approvazione di Cavour.

La Farina offrì mille fucili e ottomila lire. Garibaldi dovette accettare dei ferrivecchi al posto dei moderni fucili Enfield.

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Genova – 27 aprile

Il 27 aprile Francesco Crispi ricevette un messaggio da Nicola Fabrizi che si trovava a Malta. “Completo insuccesso nella provincia e nella città di Palermo. Molti profughi su navi inglesi giunti a Malta. Non vi muovete”.

Il messaggio era cifrato e il codice di decodificazione era in possesso solo di Francesco Crispi.

La partenza dei volontari fissata per il 28 aprile venne sospesa.

Torino – 28 aprile

Cavour ordinò all'ammiraglio Persano di perlustrare la Sardegna meridionale. Vennero inviate le pirofregate Maria Adelaide, Vittorio Emanuele e Carlo Alberto.

Genova – 29 aprile

Il 29 aprile Garibaldi chiese a Fauché, agente della Compagnia Rubattino, un vapore per rientrare a Caprera e comunicò alla figlia Teresita l'imminente arrivo.

Il rientro a Caprera venne fissato per il primo maggio.

Genova – 29 aprile

Il 29 aprile Francesco Crispi comunicò a Garibaldi e ad Agostino Bertani di avere sbagliato la decifrazione del messaggio. La nuova versione recitava: “Insurrezione vinta nella città di Palermo si sostiene nelle province”.

Genova – 30 aprile

Il 30 aprile Garibaldi si lasciò convincere da Francesco Crispi a prendere il comando dell'impresa.

I volontari partirono il 5 maggio.

Bologna – 3 maggio

Il 3 maggio, da Bologna, Cavour ordina alla flotta sabauda di lasciare Livorno e di andare in Sardegna.

Se dei volontari fossero stati sorpresi in un porto sardo dovevano essere fermati. Ma se si fossero trovati in alto mare dovevano essere lasciati passare.

Genova – 5 maggio

A Genova, la sera del 5 maggio, Nino Bixio, con una quarantina di uomini, si impossessò del Piemonte e del Lombardo, due navi della Compagnia di navigazione Raffaele Rubattino.

G. B. Fauché, procuratore della Compagnia di navigazione, le aveva indicate senza carico e pronte a partire.

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Quarto – 5 maggio

Nella notte le due navi vennero portate nei pressi di Quarto dove si imbarcarono i volontari per la liberazione della Sicilia.

Sul Piemonte salirono circa 300 volontari e sul Lombardo circa 800 per un totale di oltre 1.000 uomini.

I Mille erano quasi tutti Cacciatori delle Alpi, il corpo che Garibaldi aveva guidato nella II guerra di indipendenza, e che Cavour pochi mesi prima aveva abbandonato alle spalle delle linee austriache e ai quali, nonostante l'ordine del re, non aveva voluto mandare alcun rinforzo.

Il Piemonte venne posto sotto il comando del siciliano Salvatore Castiglia e il Lombardo sotto quello di Nino Bixio.

Per un disguido non fu possibile caricare le munizioni.

Cagliari – 7 maggio

Il 7 maggio la flotta piemontese, comandata dall'ammiraglio Persano, giunse in Sardegna.

Talamone – 7 maggio

Il 7 maggio il Piemonte ed il Lombardo fecero scalo a Talamone, in Toscana, recentemente annessa al Piemonte.

Imbarcarono viveri, carbone, armi e munizioni prelevandoli dai forti dell'ex Granducato.

Il tenente colonnello Giorgini, comandante militare di Talamone, collaborò attivamente.

Torino – 8 maggio

L'8 maggio, alle 11 di sera, Cavour ordinò il ritiro da Orbetello del 25° battaglione bersaglieri. Temeva che potessero passare con Garibaldi.

Porto Ercole – 9 maggio

Le navi ripartirono per la Sicilia nel pomeriggio del 9 maggio.

Circa 60 uomini, sotto il comando di Zambianchi, rimasero a terra per effettuare una diversione nello Stato Pontificio.

Torino – 10 maggio

Il 10 maggio Cavour ordinò ad una nave da guerra di portarsi nelle acque della Toscana per fermare Garibaldi.

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Marsala

Marsala – 10 maggio

All'inizio di maggio il governo borbonico, informato di un possibile sbarco nella zona di Marsala, vi aveva mandato dei reparti dell'esercito.

Il giorno 10 maggio i reparti vennero allontanati.

In mare incrociavano navi da guerra borboniche a vapore e a vela:

- la pirocorvetta Stromboli; - il brigantino Valoroso; - la fregata a vela Partenope, comandata da Guglielmo Acton, che diventerà Ministro

della Marina del regno d'Italia nel 1870; - il vapore armato Capri, comandato da Marino Caracciolo.

Marettimo (Isole Egadi) – 11 maggio

Le navi di Garibaldi giunsero in vista dell'isola di Marettimo l'11 maggio.

A bordo vennero formate otto compagnie. Sirtori fu nominato capo di stato maggiore, Acerbi intendente, Türr aiutante di campo.

Marsala – mattina 11 maggio

Nel porto di Marsala, durante la mattinata dell'11 maggio, arrivarono due navi da guerra inglesi per proteggere i beni dei connazionali.

Lungo i moli si trovavano gli stabilimenti Woodhouse e Ingham per la produzione e l'esportazione del marsala.

L'Intrepid era comandata da Marryat.

L'Argus era comandata da Winnington-Ingram.

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Marsala – venerdì 11 maggio - Lo sbarco

Garibaldi aveva intenzione di sbarcare a Sciacca, ma essendo già giorno avanzato e temendo di incontrare le navi duosiciliane, si diresse verso il porto più vicino: Marsala.

Nel primo pomeriggio dell'11 maggio il Piemonte attraccò al molo di Marsala.

Il Lombardo si arenò.

I volontari iniziarono lo sbarco.

L'arrivo delle due navi senza bandiera venne segnalato mediante telegrafo elettrico a Trapani.

Arrivò lo Stromboli, pirocorvetta a ruote con 6 cannoni.

Lo Stromboli giunse a distanza di tiro mentre avveniva lo sbarco.

Acton chiese alle navi inglesi di spostarsi. Se avesse aperto il fuoco avrebbe potuto colpirle.

I capitani inglesi presero tempo. Dissero che alcuni loro uomini erano scesi a terra e bisognava aspettarli.

Quando finalmente Acton ebbe la possibilità di iniziare a sparare lo sbarco dei volontari era terminato.

Intanto era arrivata anche la fregata a vela Partenope con 60 cannoni.

Sia la Partenope che lo Stromboli erano prive di marina da sbarco.

Rimasero entrambe al largo senza poter intervenire.

Marsala – venerdì 11 maggio - A terra

Venne convocato il Consiglio comunale di Marsala. Si presentarono dieci decurioni su trenta.

Venne dichiarato decaduto il dominio borbonico.

A Garibaldi venne proposta la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II.

Torino – 11 maggio

L'11 maggio Cavour ordinò di fermare Garibaldi se si fosse ancora trovato al di fuori delle acque territoriali del regno delle Due Sicilie.

Marsala – sabato 12 maggio

Il 12 maggio la colonna dei volontari prese la strada di Salemi.

Essendo troppo lungo il cammino per una tappa, i volontari passarono la notte nello stabilimento agricolo di Mistretta.

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Calatafimi

Salemi – domenica 13 maggio

Garibaldi giunse a Salemi il 13 maggio 1860.

Si unirono ai volontari le squadre di Sant'Anna d'Alcamo.

Salemi – lunedì 14 maggio

Il 14 maggio ci fu la riunione del Consiglio comunale di Salemi.

Garibaldi assunse ufficialmente la dittatura della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II.

Venne occupata Vita.

Calatafimi – 13 maggio

Il generale borbonico Landi attestò i suoi uomini a Calatafimi.

Divise le sue forze in tre colonne.

Calatafimi – 15 maggio - La battaglia

All'alba del 15 maggio Garibaldi aveva schierato le sue truppe sulle alture di Vita.

La colonna comandata dal maggiore Michele Sforza, con 800 uomini, 2 cannoni e 40 cavalleggeri, uscì da Calatafimi in direzione di Vita. Si schierò sulle alture dette "Il pianto dei Romani".

Garibaldini e borbonici si fronteggiavano, entrambi su posizioni forti.

Il generale Landi inviò rinforzi. I napoletani diventarono circa 1.800.

Ai Mille si unirono alcuni siciliani e calabresi.

I borbonici aprirono il fuoco con i cannoni. Una parte dei garibaldini caricarono per impadronirsi dei cannoni.

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Ottenuto lo scopo, Garibaldi ordinò la ritirata, ma i volontari non si fermarono. Allora tutti i Mille caricarono alla baionetta. Usare i fucili donati da Cavour era praticamente impossibile.

Superata la vallata i volontari cominciarono a risalire Monte Romano. I borbonici vennero travolti e dovettero ritirarsi a Calatafimi.

Garibaldi, nel momento più critico, pronunciò la famosa frase "Qui si fa l'Italia o si muore".

I borbonici ebbero circa 30 morti e 150 feriti.

Le perdite dei garibaldini ammontarono a 32 morti e 180 feriti.

Calatafimi – notte tra il 15 e il 16 maggio

La notte tra il 15 e il 16 maggio le truppe di Landi abbandonarono Calatafimi.

Lungo la strada verso Palermo i borbonici vennero attaccati da bande di siciliani in rivolta.

Garibaldi entrò in Calatafimi la mattina del 16 maggio.

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Palermo

Palermo – 16 maggio

Il 16 maggio il principe di Castelcicala, luogotenente di Francesco II per la Sicilia, venne sostituito dal generale Lanza, siciliano, di anni 73.

Nella città di Palermo erano presenti circa 21.000 soldati napoletani.

Nel porto erano presenti nove navi da guerra borboniche.

Arrivarono anche due navi da guerra piemontesi, tre inglesi, tre francesi, due austriache, una statunitense e una spagnola.

Alcamo – 17 maggio

Il 17 maggio Garibaldi partì da Calatafimi e raggiunse Alcamo.

Partinico – 18 maggio

Il 18 maggio Garibaldi arrivò a Partinico.

Renne – 19 maggio

Il 19 maggio Garibaldi arrivò a 15 chilometri da Palermo.

Con lui erano circa 900 garibaldini e alcuni insorti.

Garibaldi attese l'arrivo dei rinforzi siciliani guidati da Rosolino Pilo.

Palermo – 20 maggio

Il 20 maggio a Palermo arrivò il vascello inglese Hannibal con a bordo l'ammiraglio Mundy.

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Palermo – 21 maggio

Il 21 maggio Rosolino Pilo nei pressi di Palermo venne intercettato dal colonnello svizzero Luca Von Mechel con 3.000 soldati.

Pilo morì in battaglia e i siciliani vennero dispersi.

Parco – 22 maggio

Il 22 maggio Garibaldi spostò le sue truppe nella zona di Parco.

Piana dei Greci - 24 maggio

Il 24 maggio uscirono da Palermo due colonne di borbonici. La prima era diretta sulla strada di Corleone e sarebbe passata da Parco. La seconda avrebbe invece operato una manovra di aggiramento per prendere i garibaldini alle spalle.

Garibaldi per sfuggire al pericolo avviò sulla strada di Corleone i bagagli e i cannoni, mentre con gli uomini si diresse a Portelle di Piana dei Greci per fermare la seconda colonna.

La manovra ebbe successo. Luca Von Mechel inseguì la colonna dei bagagli comandata da Orsini.

Misilmeri – 25 maggio

Il 25 maggio con una marcia rapidissima Garibaldi giunse con la colonna principale a Misilmeri, a 15 chilometri da Palermo.

Il 26 maggio Garibaldi raggiunse Gibilrossa, dove si riunì con le forze locali raccolte da La Masa.

Strada Gibilrossa-Palermo – sera del 26 maggio

La sera del 26 maggio Garibaldi iniziò la marcia di avvicinamento a Palermo.

All'avanguardia erano Tükory e Missori.

I garibaldini entrarono in Palermo da Porta Termini.

La battaglia durò tutta la notte.

Palermo – 27 maggio

Alle sei del mattino del 27 maggio i garibaldini arrivarono a piazza della Fieravecchia. Avevano raggiunto il centro della città.

Il quartier generale del Comitato rivoluzionario venne stabilito a Palazzo pretorio.

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A Palazzo reale si trovava invece il comando delle forze napoletane, dirette dal generale Lanza.

La battaglia si trasformò in guerriglia urbana. La popolazione scese nelle strade e improvvisò barricate ovunque lottando contro gli odiati napoletani.

Palermo – 28 maggio

Il 28 maggio la pirofregata Ercole, comandata dal capitano Carlo Flores, bombardò per tutto il giorno Palermo, provocando inutili stragi.

Palermo – mattina del 30 maggio

La mattina del 30 maggio il generale Lanza chiese a Garibaldi un incontro sulla nave inglese Hannibal, comandata dall'ammiraglio George Mundy.

Garibaldi, ormai privo di munizioni, concordò una tregua di 24 ore con inizio alle ore 12. L'avvio delle trattative venne previsto per il pomeriggio.

Inglesi e statunitensi cercarono di aiutare con armi e munizioni i garibaldini. I marinai piemontesi avrebbero voluto unirsi ai volontari, ma le autorità piemontesi rifiutarono di stabilire qualsiasi rapporto con i Mille perché erano ancora in attesa di ordini da Torino.

Palermo – mezzogiorno del 30 maggio

A mezzogiorno del 30 maggio arrivò Von Mechel, che aveva inutilmente inseguito la colonna di pochi garibaldini in ritirata verso Corleone.

Ignaro dell'armistizio e infuriato per essere stato ingannato dalla manovra di Garibaldi, Von Mechel attaccò con cinquemila uomini le ormai sfinite truppe dei volontari.

In poco tempo travolse la resistenza dei picciotti e raggiunse piazza della Fieravecchia, giungendo a poca distanza dal quartier generale dei garibaldini.

Avrebbe potuto essere la fine per i Mille, impossibilitati a rispondere al fuoco per mancanza di munizioni.

Ma Von Mechel venne fermato da due ufficiali di stato maggiore, Michele Bellucci e Domenico Nicoletti, che gli comunicarono l'avvenuto armistizio.

Napoli - 1° giugno

Il 1° giugno il generale Letizia e il colonnello Buonopane si recarono a Napoli per riferire sulla situazione di Palermo al re.

Venne ordinato di ritirare le truppe ai Quattro Venti.

Il 2 giugno Letizia e Buonopane tornarono a Palermo.

Palermo - 1° giugno-5 giugno

Prima della scadenza della tregua Lanza chiese ed ottenne da Garibaldi una proroga di tre giorni.

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Il tempo era assolutamente necessario ai Mille per rifornirsi di armi e munizioni, per far tornare Orsini con i cannoni, per preparare barricate, per far arrivare i patrioti dal resto della Sicilia.

In un ulteriore incontro il generale Letizia chiese di poter concentrare le sue truppe ai Quattro Venti e sul molo, ritirandole dal Palazzo pretorio e da Porta Termini.

Garibaldi non poteva che essere soddisfatto di questa ritirata dei borbonici che abbandonavano il centro della città nelle mani dei Mille.

Palermo – 6 giugno

Il 6 giugno il generale Lanza, dopo ulteriori trattative, accettò di lasciare la città.

Palermo – 7 giugno

Il 7 giugno le truppe borboniche con le armi e i cavalli iniziarono ad imbarcarsi.

Oltre 20.000 soldati abbandonarono Palermo nei giorni seguenti.

Fontainebleau – 12 giugno

Il 12 giugno De Martino e Antonini, emissari di Francesco II, vennero ricevuti da Napoleone III che disse: "Solo la Sardegna può arrestare la rivoluzione... una lotta ulteriore in Sicilia è impossibile".

Palermo – 19 giugno

Il 19 giugno l'evacuazione delle truppe napoletane venne completata.

Palermo – 20 giugno

Il 20 giugno Garibaldi assunse il pieno controllo della città e si trasferì a Palazzo reale. Oltre a poche centinaia di volontari, i sopravvissuti dei Mille partiti da Quarto, aveva con sé i siciliani che man mano si erano schierati contro i borbonici.

Vennero aperti gli arruolamenti in tutta l'isola. Fu avviata una fonderia e si moltiplicarono le fabbriche di cartucce.

La popolazione che tanto aveva patito venne soccorsa.

L'avvocato Francesco Crispi, il futuro Presidente del consiglio del regno d'Italia, assunse il coordinamento delle diverse iniziative.

Napoli – 21 giugno

Il 21 giugno un Consiglio straordinario di Stato e di famiglia decise di proporre al re:

- la concessione della Costituzione del 1848 - una alleanza con il Piemonte - delle istituzioni speciali per la Sicilia.

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Napoli – 25 giugno

Il 25 giugno Francesco II firmò un Atto Sovrano con cui:

- concesse l'amnistia per i reati politici; - comunicò la formazione di un nuovo governo affidato ad Antonio Spinelli, 75 anni,

che avrebbe dovuto provvedere alla applicazione dello Statuto del 1848; - annunciò la definizione di un accordo con il re di Sardegna; - introdusse il tricolore come bandiera nazionale; - preannunciò istituzioni rappresentative per la Sicilia.

Ministro per la Guerra divenne Giosué Ritucci. Prefetto di Polizia Liborio Romano.

Napoli – 27 e 28 giugno

A Napoli scoppiarono gravi tumulti. Nella notte tra il 27 e il 28 giugno venne proclamato lo stato d'assedio.

La vecchia polizia era scomparsa e Liborio Romano dovette ricorrere alla camorra per mantenere l'ordine.

Molti guappi e camorristi patrioti entrarono nella nuova guardia cittadina.

Palermo - fine giugno

Durante i combattimenti era arrivato a Palermo l'Utile, un piccolo piroscafo con un centinaio di volontari.

Verso fine giugno arrivò Medici con duemila volontari e Cosenz con altri duemila.

Altri contingenti continuarono ad arrivare da tutta Italia con il coordinamento di Agostino Bertani.

Le forze nazionali presero il nome di Esercito meridionale e vennero organizzate su tre divisioni.

La divisione comandata da Türr si avviò verso il centro dell'isola.

La divisione comandata da Nino Bixio si diresse verso il litorale meridionale dell'isola.

La divisione comandata da Giacomo Medici seguì la linea del litorale settentrionale.

L'ordine era di ritrovarsi tutti a Messina.

Enrico Cosenz andò a rinforzare la divisione di Medici.

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Milazzo

Sicilia orientale – Giugno

Dopo la resa di Palermo nella Sicilia orientale erano rimasti circa 5.000 soldati borbonici al comando del generale Tommaso Clary, 61 anni.

Napoli – 19 giugno

Il 19 giugno Francesco II affidò a Clary il compito di riconquistare la Sicilia.

Da Napoli vennero inviati rinforzi.

Le forze borboniche salirono a 22.000 uomini, di cui 18.000 a Messina, 2.500 tra Siracusa ed Augusta, un migliaio a Milazzo.

Palermo – 5 luglio

Il 5 luglio il capitano di fregata Amilcare Anguissola, comandante della pirofregata Veloce, consegnò la nave all'ammiraglio Persano. La nave, con il nome di Tükory, divenne la prima nave da guerra di Garibaldi.

La fregata partecipò attivamente alla battaglia di Milazzo e catturò le navi borboniche Elba e Duca di Calabria.

Palermo – 7 luglio

Il 7 luglio i contrasti tra Garibaldi e La Farina, il rappresentante di Cavour, si acuirono talmente che La Farina venne arrestato ed espulso dalla Sicilia.

Napoli – 9 luglio

Il 9 luglio a Napoli si costituì il Comitato dell'Ordine, diretto da Spaventa. Il Comitato aveva una impronta decisamente cavouriana.

Negli stessi giorni si formò anche il Comitato d'Azione, di indirizzo garibaldino e in parte mazziniano.

Il Comitato dell'Ordine ricevette aiuti da Torino e tenne rapporti con Villamarina, ambasciatore di Vittorio Emanuele II, con il diplomatico Emilio Visconti Venosta, il colonnello Carlo Mezzacapo, il generale Ignazio Ribotty, Giuseppe Finzi, inviati di Cavour, e con l'ammiraglio Persano, comandante della squadra navale piemontese.

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Cavour intendeva precedere l'arrivo di Garibaldi con un colpo di stato filopiemontese.

A Napoli si scontravano diverse fazioni:

- i borbonici assolutisti che volevano l'abrogazione della Costituzione appena concessa;

- i borbonici costituzionalisti, difensori del nuovo governo liberale; - gli unitari filopiemontesi, che volevano l'annessione al regno di Sardegna; - gli unitari mazziniani, che volevano la proclamazione della repubblica; - gli unitari garibaldini che volevano l'Italia unita.

Napoli – 11 luglio

L'11 luglio Francesco II inviò a Torino Manna e Antonio Winspeare per concludere una alleanza con i piemontesi.

Barcellona Pozzo di Gotto – 14 luglio

Il 14 luglio Clary mandò verso Barcellona 4.000 soldati scelti, comandati dal maggiore Ferdinando Beneventano del Bosco, che era stato il vice di Von Mechel. Bosco si appoggiò alla fortezza di Milazzo.

Barcellona Pozzo di Gotto – 15 luglio

Il 15 luglio Medici raggiunse Barcellona Pozzo di Gotto.

Napoli – 15 luglio

Il 15 luglio i granatieri della guardia reale provocarono dei disordini a Napoli. Si temette un colpo di stato dell'ala più conservatrice.

Il ministro della Guerra Ritucci fu costretto alle dimissioni. Venne sostituito dal generale Giuseppe Salvatore Pianell.

Il ministro dell'Interno Federigo Del Re venne sostituito da Liborio Romano.

La situazione era talmente pericolosa che Liborio Romano per alcune sere andò a dormire di nascosto in una banca. Temeva le aggressioni dei borbonici più reazionari.

Archi – 17 luglio

Il 17 luglio si combatté tutto il giorno nei pressi di Archi.

A sera Bosco si ritirò a Milazzo e chiese riforzi a Clary.

A Napoli il Ministro della Guerra Giuseppe Salvatore Pianell non approvò l'operazione di Milazzo.

Clary non inviò i rinforzi richiesti.

Anche Medici chiese rinforzi a Garibaldi.

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Archi – 18 luglio

Il 18 luglio Garibaldi fece giungere ad Archi 600 soldati al comando del colonnello inglese Dunne.

Poi si imbarcò lui stesso sulla City of Aberdeen, che portò 900 volontari guidati da Vincenzo Strambio. Fece salire sulla nave anche 1.000 volontari, comandati da Clemente Corte. Sbarcarono a Patti.

Via terra giunse anche un contingente dei volontari di Cosenz, guidati dal maggiore inglese Speech.

Partì anche l'unica nave da guerra dei garibaldini: la corvetta a vapore Veloce, rinominata Tükory. Aveva 10 cannoni.

Milazzo – 19 luglio

Il 19 luglio le forze garibaldine furono concentrate intorno a Milazzo.

Milazzo – 20 luglio

Il 20 luglio Garibaldi attaccò. Aveva circa 5.000 uomini, 2 cannoni e la Tükory.

Bosco aveva 4.700 uomini, un reparto di cavalleria e 8 cannoni.

Nel pomeriggio Garibaldi entrò in Milazzo.

Bosco si ritirò nella fortezza. Chiese inutilmente rinforzi a Clary.

A Napoli venne deciso di abbandonare la fortezza.

Torino – 22 luglio

Il 22 luglio Cavour comunicò ai due emissari di Francesco II che avrebbe fermato Garibaldi in Sicilia se all'isola fosse stato concesso di eleggere un libero parlamento, senza la presenza dell'esercito borbonico.

Nella stessa data Vittorio Emanuele II scrisse a Garibaldi di non superare lo Stretto di Messina.

Palermo - 22 luglio

Il 22 luglio arrivò a Palermo Agostino Depretis, il nuovo incaricato di Cavour in sostituzione dell'espulso La Farina.

Milazzo – 23 luglio

Il 23 luglio davanti a Milazzo arrivò una squadra navale borbonica per trattare la resa.

Milazzo – 24 luglio

il 24 luglio Bosco si imbarcò con i suoi soldati. A terra restarono cannoni e munizioni.

I garibaldini avevano perso 800 uomini tra morti e feriti.

I borbonici 150 uomini.

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Messina e Siracusa

Messina – 27 luglio

Clary aveva a disposizione almeno 15.000 uomini a Messina, ma, in conformità agli ordini ricevuti da Napoli, rinunciò a combattere.

Concluse un accordo con Medici, che entrò in città con 2.500 volontari.

Nel pomeriggio arrivò anche Garibaldi.

Messina – 27 luglio

Il 27 luglio Garibaldi ricevette la lettera di Vittorio Emanuele II che gli chiedeva di non superare lo Stretto di Messina.

Messina – 28 luglio

Il 28 luglio le forze borboniche iniziarono l'evacuazione della Sicilia.

Lo stesso giorno vennero sgombrate anche le fortezze di Augusta e Siracusa.

Tutta la Sicilia era in mano ai garibaldini.

Messina – 2 agosto

Il 2 agosto a Messina Garibaldi incontro Clary.

Il generale borbonico scrisse al re, riferendo il colloquio, che Garibaldi:

- non voleva alcuna tregua; - era deciso a conquistare Napoli, Roma e Venezia; - intendeva anche riprendere Nizza alla Francia.

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Reggio

Calabria – inizio di agosto

All'inizio di agosto Francesco II schierò, al comando del generale Giambattista Vial, barone di Santa Rosalia, circa 20.000 uomini tra Monteleone (odierna Vibo Valentia) e Reggio.

A Monteleone aveva il comando il generale Ghio.

A Cosenza il generale Cardarelli.

A Reggio il generale Marra, sostituito dopo poco tempo dal generale Fileno Briganti.

Nella provincia reggina il generale Melendez.

Napoli - 3 agosto

Il 3 agosto l'ammiraglio Persano, a bordo della Maria Adelaide, entrò nel porto di Napoli ufficialmente per proteggere la principessa sabauda Maria Vittoria Filiberta, sorella del principe Eugenio di Carignano, moglie di Leopoldo, conte di Siracusa, zio di Francesco II.

Truppe sabaude rimasero nascoste a bordo pronte ad intervenire in caso di colpo di stato.

Nel porto erano presenti navi francesi, inglesi e spagnole.

Palermo - 3 agosto

Il 3 agosto Agostino Depretis venne nominato da Garibaldi prodittatore della Sicilia.

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Torino – 6 agosto

Il 6 agosto Cavour comunicò agli emissari di Francesco II il fallimento della mediazione con Garibaldi e rinviò i contatti per una alleanza borbonico-sabauda.

Torino – 7 agosto

Il 7 agosto Cavour vietò le dimissioni dall'esercito piemontese a coloro che intendevano unirsi come volontari a Garibaldi.

Stretto di Messina – 8 agosto

L'8 agosto venne effettuato il primo tentativo di attraversamento dello Stretto.

Una colonna di 250 uomini al comando del calabrese Benedetto Musolino raggiunse il forte di Altafiumara per costituire una testa di ponte.

Altri 2.000 uomini erano pronti ad attraversare lo Stretto. Ma la sorpresa non riuscì.

L'assalto al forte fallì e il generale borbonico Giuseppe Ruiz inseguì i superstiti che si dispersero nell'entroterra.

Messina – 12 agosto

Il 12 agosto arrivò a Messina Agostino Bertani. Aveva arruolato 6.000 volontari rimasti bloccati in Sardegna. I piemontesi temevano che potessero essere utilizzati contro lo Stato Pontificio.

Garibaldi si recò in Sardegna. Sbloccò la situazione con le autorità piemontesi e i volontari partirono per la Sicilia.

Castellammare di Stabia – 13 agosto

Il 13 agosto il Tükory, con a bordo 150 garibaldini, tentò inutilmente di impossessarsi della nave da guerra borbonica Monarca, ancorata nel porto di Castellammare di Stabia.

Messina – 13 agosto

Il 13 agosto Clary lasciò Messina per Napoli.

Torino – 13 agosto

Il 13 agosto Cavour vietò l'arruolamento dei volontari per l'impresa di Garibaldi.

Messina - 15 agosto

Il 15 agosto la nave inglese Queen of England sbarcò a Messina armi e munizioni.

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Giardini (Taormina) – notte del 18 agosto

Garibaldi, appena rientrato dalla Sardegna, raggiunse Taormina dove era stata imbarcata la divisione Bixio sui vapori Torino e Franklin. Su quest'ultimo salì anche Garibaldi.

Le due navi avevano fatto il giro della Sicilia per non farsi notare dalla flotta borbonica che controllava lo Stretto.

I due vapori partirono da Taormina la notte del 18 agosto.

Melito Porto Salvo – alba del 19 agosto

Le due navi arrivarono a Melito Porto Salvo all'alba del 19 agosto.

I borbonici vennero avvisati via telegrafo elettrico dell'arrivo dei garibaldini.

Giunsero sul posto la Fulminante e l'Aquila, comandate dal capitano Salazar.

Il Torino, che si era arenato, venne incendiato. Il Franklin riuscì a fuggire e a tornare in Sicilia.

Melito Porto Salvo – sera 19 agosto

La sera del 19 agosto i 3.600 uomini di Garibaldi si misero in movimento. Un centinaio restarono a Melito per gli approvvigionamenti.

Reggio – notte tra il 19 e il 20 agosto

Garibaldi attaccò Reggio la notte tra il 19 e il 20 agosto.

All'alba del 20 agosto la città era stata conquistata.

Reggio – sera del 20 agosto

La guarnigione borbonica si arrese la sera del 20 agosto.

Favazzina - 22 agosto

Sul lido di Favazzina, tra Scilla e Bagnara, il 22 agosto, sbarcarono le truppe guidate da Medici e da Cosenz.

Villa S. Giovanni – 23 e 24 agosto

4.000 soldati borbonici erano attestati a Villa S. Giovanni. Li comandavano i generali Fileno Briganti e Nicola Melendez.

Vennero attaccati dalle forze riunite di Garibaldi e di Medici.

Il generale Ruiz, vicinissimo a Villa S. Giovanni, decise di non sostenerli ed arretrò fino a Bagnara.

Il comandante in capo per la Calabria, generale Giambattista Vial, non inviò i rinforzi richiesti da Briganti e Melendez.

Inutilmente da Napoli si sollecitarono Ruiz e Vial ad intervenire.

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Il 23 agosto Briganti si arrese. I suoi soldati, pensando ad un tradimento, lo uccisero.

Il 24 agosto anche Melendez, ormai isolato, dovette cedere le armi.

Calabria – 26 agosto

Il 26 agosto il generale Caldarelli partì per Salerno senza aver mai combattuto. Le sue truppe si sbandarono.

Il generale Afan de Rivera si ritirò verso Nocera.

Da Napoli arrivò a Pizzo, con il piroscafo Eugenia, il maggiore Ludovico de Sauget per raccogliere informazioni.

Vial avviò trattative con Garibaldi.

Calabria - 27 agosto

Il 27 agosto Vial ordinò alle truppe di ritirarsi verso Napoli. Poi salì sulla nave Protis per raggiungere immediatamente Napoli.

La ritirata venne diretta dal generale Ghio che aveva dodicimila fanti, quattrocento lancieri e dodici cannoni.

Stretto di Messina – fine agosto 1860

A fine agosto si arresero i forti di Altafiumara, di Torre Cavallo e di Scilla.

La flotta borbonica, sotto il tiro dei forti, abbandonò lo Stretto.

Soveria Mannelli – 30 agosto 1860

Il 30 agosto il generale Ghio si trovò circondato da Garibaldi a Soveria Mannelli e dovette arrendersi senza alcuna trattativa.

Garibaldi entrò senza combattere in Cosenza.

La via per Napoli era aperta.

Il 31 agosto Garibaldi partì per Castrovillari.

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Napoli

Scalea - 2 settembre

Il 2 settembre Garibaldi si imbarcà a Scalea per andare a Sapri.

Sapri - 2 settembre

Il 2 settembre Türr sbarcò a Sapri con l'avanguardia dell'esercito garibaldino.

Sapri - 3 settembre

Il 3 settembre Garibaldi arrivò a Sapri.

Napoli - 4 settembre

Il 4 settembre a Napoli venne tenuto un Consiglio di guerra che denunciò l'impossibilità di resistere a Garibaldi tra Salerno e Reggio Calabria, l'unica via d'uscita era costituire una linea di difesa tra il Volturno e il Garigliano, tra Gaeta e Capua.

Napoli – 5 settembre

Francesco II, il 5 settembre, decise di abbandonare Napoli e ordinò di spostare le truppe tra Gaeta e Capua.

Sala - 5 settembre

Il 5 settembre Garibaldi arrivò a Sala.

Napoli – pomeriggio del 6 settembre

Il 6 settembre, alle sei del pomeriggio, Francesco II partì per Gaeta sulla nave da guerra Messaggero. Lo accompagnavano la regina Maria Sofia di Baviera e pochi altri fedeli.

I comandanti delle navi da guerra Ettore Fieramosca, Ruggiero e Guiscardo si rifiutarono di seguire il sovrano.

Il governo borbonico restò a Napoli. Scrisse a Garibaldi per sollecitarne la venuta. Temeva i disordini che avrebbero potuto verificarsi in assenza di potere costituito.

Nelle caserme napoletane rimanevano ancora 6.000 soldati fedeli a Francesco II. Li guidava il generale Cataldo.

Torino – 6 settembre

Il 6 settembre Cavour diede alla flotta l'ordine di salpare. Destinazione Ancona.

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Salerno – 6 settembre

Il 6 settembre Garibaldi arrivò a Salerno, 70 chilometri da Napoli.

Napoli 7 - settembre

Il 7 settembre la nave Partenope, comandata dal capitano di vascello Roberto Pasca, raggiunse il re Francesco II a Gaeta.

Gaeta - 7 settembre

La mattina del 7 settembre Francesco II arrivò a Gaeta. Venne insediato il nuovo governo borbonico.

Capo del governo venne nominato il generale Casella. Comandante dell'armata il generale Ritucci.

Arrivarono gli ambasciatori di Austria, di Prussia, di Russia e di Spagna.

Salerno – mattina del 7 settembre

A Salerno la mattina del 7 settembre il sindaco di Napoli, principe D'Alessandria, e il comandante della Guardia nazionale, generale De Sauget, vennero ricevuti da Garibaldi. Presentarono l'invito a recarsi a Napoli.

Garibaldi decise di partire immediatamente.

Cava dei Tirreni – ore 11 del 7 settembre

Garibaldi, accompagnato da Bertani, Cosenz, Mario, Missori, padre Pantaleo, raggiunse il capolinea del treno tra Cava dei Tirreni e Vietri.

Salì sul treno con pochi altri garibaldini e si avviò verso Napoli tra due ali di folla.

Napoli – ore 13.30 del 7 settembre

Garibaldi arrivò nella stazione di Napoli. Venne accolto da Liborio Romano, ministro dell'Interno del governo borbonico.

Il cardinale Sisto Riario Sforza non si fece trovare in Duomo.

Napoli - 8 settembre

L'8 settembre venne costituito il nuovo governo. Capo del governo fu nominato Liborio Romano. Agli Esteri Francesco Crispi. Alla guerra Cosenz. Prodittatore per le province napoletane divenne Agostino Bertani.

Il generale Ghio, passato con Garibaldi, divenne comandante della piazza di Napoli.

Il generale borbonico Cataldo si arrese e cedette il controllo dei forti di Napoli.

L'ammiraglio Persano fece sbarcare le truppe sabaude.

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Napoli - 9 settembre

Il 9 settembre i garibaldini entrarono in Napoli.

Abruzzo - 10 settembre

Il 10 settembre il generale borbonico De Benedictis, che controllava l'Abruzzo, ordinò alle sue truppe di cessare ogni resistenza.

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Volturno

Stato Pontificio - 11 settembre

L'11 settembre le truppe sabaude, al comando del generale Fanti, ministro della guerra di Vittorio Emanuele II, entrarono nello Stato Pontificio. Erano circa 40.000 uomini.

Il IV corpo d'armata era affidato al generale Cialdini. Il V corpo d'armata al generale Enrico Morozzo Della Rocca.

L'esercito pontificio era comandato dal generale Cristoforo de La Moricière. Aveva una forza di ottomila uomini.

Urbino e Pesaro caddero immediatamente.

Senigallia - 13 settembre

Il 13 settembre i piemontesi arrivarono a Senigallia.

Perugia e Foligno - 14 settembre

Il 14 settembre caddero Perugia e Foligno.

Napoli - 15 settembre

Il 15 settembre arrivò a Napoli Carlo Cattaneo, che propose di costituire una federazione di Stati autonomi. Dopo un mese abbandonò Napoli senza alcuna speranza.

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Napoli - 17 settembre

Il 17 settembre arrivò Giuseppe Mazzini che mirava alla costituzione di uno Stato italiano unitario e repubblicano. Non fu facile per Mazzini parlare con Garibaldi. Fu escluso dai circoli di potere ed ostacolato dai filopiemontesi. Fondò "Il popolo d'Italia" per diffondere le sue idee su una repubblica del sud.

Il plebiscito del 21 ottobre per l'annessione al regno di Sardegna pose fine ai suoi tentativi.

Castelfidardo – 18 settembre

Il 18 settembre l'esercito piemontese sconfisse i pontifici a Castelfidardo. La Moricière si salvò in Ancona.

L'ammiraglio Persano iniziò il bombardamento di Ancona dal mare con le fregate Carlo Alberto, Vittorio Emanuele e Governolo.

Palermo - 18 settembre

Il 18 settembre Agostino Depretis fu sostituito nella carica di prodittatore della Sicilia da Antonio Mordini.

Volturno - Schieramento borbonico

Francesco II aveva stabilito il quartier generale a Capua. Aveva circa 50.000 soldati.

Il comando supremo era affidato al generale Giosuè Ritucci.

La prima divisione era affidata al maresciallo Afan de Rivera. La seconda divisione al generale Luigi Tabacchi. La terza divisione al generale Filippo Colonna di Stigliano. La divisione di cavalleria al generale Giuseppe Ruggiero.

Altre forze erano al comando di Luca von Meckel.

L'artiglieria era dotata di 42 cannoni.

Volturno - Schieramento garibaldino

Garibaldi schierò le sue forze tra Santa Maria Capua Vetere e Maddaloni e pose il suo quartier generale a Caserta. Aveva meno di 30.000 volontari.

La XV divisione, comandata da Tobornock Türr, era a Caserta.

La XVI divisione era comandata da De Milbitz.

La XVII divisione, comandata da Giacomo Medici, era schierata tra S. Angelo e S. Maria.

La XVIII divisione, comandata da Nino Bixio, era schierata tra Maddaloni e Ponti della Valle.

Truppe dell'esercito sabaudo erano schierate nell'area di Castelmorrone.

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Vi erano inoltre la legione inglese, la legione ungherese, la compagnia francese, gli svizzeri ex-borbonici.

Consapevole della inferiorità numerica, Garibaldi si pose in attesa.

Caiazzo – 19 settembre

Il 19 settembre Türr decise di prendere l'iniziativa. Mandò 300 uomini ad occupare Caiazzo, al di là del Volturno.

I borbonici reagirono.

Nel pomeriggio Garibaldi rinforzò il presidio con 600 uomini.

Torino – 20 settembre

Il 20 settembre Vittorio Emanuele II partì da Torino per Ravenna, dove si imbarcò sulla Maria Adelaide per raggiungere Ancona.

Caiazzo – 21 settembre

Il 21 settembre 7.000 borbonici riconquistarono Caiazzo.

Ancona - 28 settembre

Il 28 settembre la città di Ancona si arrese ai sabaudi.

Capua – 1° ottobre - Il piano borbonico

Il 1° ottobre il generale borbonico Ritucci scatenò l'attacco su un fronte di trenta chilometri.

Il generale von Meckel aveva come obiettivo Maddaloni. Con una marcia di aggiramento doveva prendere alle spalle i garibaldini.

Il generale Ruiz de Ballestreros doveva conquistare Caserta Vecchia e rincongiungersi con von Meckel a Maddaloni.

Il colonnello Polizzi aveva come obiettivi S. Angelo, S. Leucio e Caserta.

Il colonnello Giovanni D'Orgemont doveva puntare su S. Maria e Caserta.

Altre unità dovevano conquistare S. Angelo.

Capua – 1° ottobre - La battaglia

Von Meckel, con 5.000 uomini, iniziò la marcia di aggiramento il 30 settembre. All'alba del primo ottobre attaccò Bixio che riuscì a respingerlo.

Ruiz raggiunse Caserta Vecchia, ma non riuscì a comunicare con von Meckel, che venne a trovarsi isolato e senza informazioni sull'andamento della battaglia.

S. Maria e S. Angelo divennero i centri focali del combattimento.

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La battaglia fu molto incerta fino alle due del pomeriggio. Garibaldi si trovò personalmente in pericolo più volte e rischiò di essere fatto prigioniero dai borbonici.

Alle due Garibaldi decise di mettere in campo tutte le riserve che aveva a Caserta.

Alle cinque Ritucci ordinò alle sue truppe di ritirarsi a Capua.

Garibaldi aveva vinto la battaglia.

Francesco II aveva perso il regno.

Caserta - 2 ottobre

Von Meckel, ignaro dell'esito del combattimento, il due ottobre attaccò Caserta. Pensava di trovarvi Ruiz, che invece si era ritirato a Caiazzo. Iniziò la ritirata verso Capua, ma venne attaccato dai garibaldini, e subì gravi perdite.

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Teano

Ancona – 3 ottobre

Il 3 ottobre Vittorio Emanuele II assunse ad Ancona il comando supremo dell'esercito.

Napoli - 3 ottobre

Il 3 ottobre il marchese Giorgio Pallavicino Trivulzio sostituì Agostino Bertani nella carica di prodittatore delle province napoletane.

Tronto - 12 ottobre

Il 12 ottobre i piemontesi oltrepassarono il fiume Tronto, confine tra lo Stato Pontificio e il regno delle Due Sicilie.

Grottammare - 15 ottobre

Vittorio Emanuele II giunse a Grottammare il 15 ottobre.

Chieti - 18 ottobre

Vittorio Emanuele II giunse a Chieti il 18 ottobre.

Sulmona - 20 ottobre

Vittorio Emanuele II giunse a Sulmona il 20 ottobre.

Macerone – 20 ottobre

Il 20 ottobre il generale piemontese Cialdini sconfisse il generale borbonico Scotti Douglas nei pressi del Monte Macerone.

Napoli – 21 ottobre

Il 21 ottobre si svolse il plebiscito per l'annessione del regno delle Due Sicilie al regno sabaudo.

Risultati nella parte continentale del regno: 1.650.000 iscritti nelle liste elettorali, votanti 1.312.366 (79,5%) di cui 1.302.064 favorevoli e 10.302 contrari.

Risultati del plebiscito in Sicilia: 575.000 iscritti, votanti 432.720 (75,2%), di cui 432.053 favorevoli e 667 contrari.

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Isernia - 22 ottobre

Vittorio Emanuele II giunse a Isernia il 22 ottobre.

Teano - 22 ottobre

Il generale Ritucci, il 22 ottobre, per sfuggire alla tenaglia che si stava formando con le forze garibaldine a sud e quelle piemontesi a nord, ordinò di lasciare Capua e di ritirarsi a Teano.

Venafro - 24 ottobre

Vittorio Emanuele II giunse a Venafro il 24 ottobre.

Presenzano - 25 ottobre

Vittorio Emanuele II giunse a Presenzano il 25 ottobre.

Volturno – 25 ottobre

Il 25 ottobre Ritucci arretrò ulteriormente su Sessa, sempre per timore di essere accerchiato. Garibaldi con il suo stato maggiore superò il Volturno.

Gaeta - 26 ottobre

Francesco II rimosse dal comando Ritucci e lo sostituì con il generale Salzano.

La nuova linea di difesa dei borbonici venne attestata sul Garigliano.

Teano – 26 ottobre

All'alba del 26 ottobre Garibaldi giunse presso Teano, nel quadrivio dove si incontrano la strada Cassino-Calvi e la strada Venafro-Teano.

Le truppe regie stavano passando.

Arrivò Vittorio Emanuele II, proveniente da Presenzano e diretto a Teano.

Garibaldi lo salutò dicendo "Viva il re d'Italia".

Vittorio Emanuele II rispose "Come va generale?".

I due proseguirono insieme fino a Teano.

Vittorio Emanuele II comunicò a Garibaldi che le operazioni militari sarebbero state proseguite dall'esercito regolare e che i volontari sarebbero stati messi agli ordini del generale Della Rocca.

Prima di Teano si separarono.

Il re proseguì per la città dove l'attendeva un pranzo ufficiale.

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Garibaldi si fermò a mangiare presso un casolare: una bottiglia d'acqua, una fetta di cacio e un pane.

Capua - 2 novembre

Il 2 novembre Capua si arrese alle truppe sabaude.

Umbria e Marche - 4 novembre

Il 4 novembre venne tenuto il plebiscito per l'annessione al Piemonte in Umbria e Marche.

Nell'Umbria su 123.000 iscritti i votanti furono 97.708 (79,4%), i voti favorevoli 97.040, quelli contrari 308.

Nelle Marche su circa 212.000 iscritti i votanti furono 134.977 (63,7%), i voti favorevoli 133.765 e i contrari 1.212.

Napoli - 5 novembre

Il 5 novembre Garibaldi e Mazzini si incontrarono. Concordarono di:

- tentare di rovesciare il governo Cavour - far scoppiare un moto in primavera per la liberazione di Roma e di

Venezia.

Garibaldi accettò di diventare il comandante militare a patto che non si discutesse del re.

Mazzini promise che non avrebbe sollevato la pregiudiziale repubblicana, fino a quando Roma e Venezia non fossero state liberate.

Mazzini si assunse il compito di preparare l'opinione pubblica e di trovare i fondi per l'operazione.

Stato Pontificio - 6 novembre

Il 6 novembre oltre ventimila uomini dell'esercito borbonico si ritirarono nello Stato Pontificio.

Le truppe francesi, che dal 1849 controllavano il Lazio, disarmarono i soldati di Francesco II.

Napoli - 7 novembre

Il 7 novembre Vittorio Emanuele II entrò in Napoli.

Luogotenente del re per le province napoletane venne nominato Luigi Carlo Farini.

A Garibaldi vennero offerti: il collare dell'Annunziata, il grado di generale d'armata e una pensione. Rifiutò.

Napoli – 9 novembre

Garibaldi lasciò Napoli sul piroscafo americano Washington.

Con sé aveva alcuni pacchi di caffè e di zucchero, un sacco di legumi, un sacco di sementi, una balla di merluzzo secco.

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Epilogo

Vincitori e vinti

Mazzini lasciò Napoli il 24 novembre.

Il 1° dicembre 1860 Vittorio Emanuele II si recò a Palermo e nominò luogotenente il marchese Massimo Cordero di Montezemolo.

Il 7 gennaio 1861 il principe Eugenio di Savoia-Carignano venne nominato luogotenente delle province napoletane. Al suo fianco fu messo Costantino Nigra.

Il 1° febbraio 1861 venne sciolto l'Esercito meridionale di Garibaldi, forte di 52.389 uomini. Circa 22.000 volontari vennero immessi nell'esercito sabaudo. Gli altri trentamila vennero rimandati a casa con una buonuscita.

Il 14 febbraio 1861 Francesco II lasciò Gaeta e si recò in esilio a Roma, ospite di Pio IX.

Circa tremila ufficiali dell'esercito borbonico vennero integrati nell'esercito sabaudo.

La marina borbonica passò al completo agli ordini dell'ammiraglio Persano.

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Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne proclamato re d'Italia, pur mantenendo la numerazione piemontese.

Popolazione del regno d'Italia

Il nuovo regno d'Italia aveva la seguente popolazione:

- Piemonte 3.815.637 - Lombardia 2.771.647 - Napoletano 6.843.355 - Sicilia 2.231.020 - Toscana 1.779.333 - Modena 609.139 - Parma 508.734 - Sardegna 573.115 - Province romane adriatiche 1.937.184 - Provincia di Benevento 23.176.

In totale oltre 21 milioni di abitanti.

Elezioni

All'inizio del 1861 i piemontesi indissero le elezioni in tutta Italia con le regole previste nel regno sabaudo.

Aventi diritto al voto 418.695 su 21 milioni. Votanti: 239.583.

Nell'ex-regno delle Due Sicilie aventi diritto al voto 129.700. Votanti 87.000 pari all'1% della popolazione.

Vennero eletti fra gli altri: 85 nobili, 28 alti ufficiali, 72 avvocati, 52 liberi professionisti o docenti universitari.

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Garibaldini

Garibaldini per origine geografica

I garibaldini provenivano da diverse regioni d'Italia e dall'estero.

Regione Numero

Lombardia 434

Veneto 194

Liguria 156

Toscana 78

Sicilia (Palermo) 45

Sicilia (altre zone) 26

Piemontesi 13

Stranieri (inglesi, ungheresi, polacchi, tedeschi e turchi)

35

Garibaldini per professione

I garibaldini appartenevano a diverse professioni.

Professione Numero

Possidenti 65

Impiegati 34

Commercianti 30

Negozianti 27

Medici 24

Scrivani 23

Calzolai 23

Avvocati 19

Ingegneri 18

Sarti 12

Falegnami 10

Notai 9

Farmacisti 8

Barbieri 8

Commessi di studio 7

Marinai 7

Fornai 5

Parrucchieri 5

Commessi 5

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Garibaldini per sesso

I garibaldini furono tutti uomini ad eccezione della moglie di Francesco Crispi.

Garibaldini per età

Il più vecchio garibaldino, nato nel 1791, aveva 69 anni, e il più giovane aveva 11 anni, essendo nato nel 1849. Combatteva insieme con il padre.

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Riferimenti bibliografici

Acton Harold Gli ultimi Borboni di Napoli (1825-1861) Giunti

De Cesare Raffaele Nel lungo tunnel - La fine di un regno Capone editore & Edizioni del Grifo

De Cesare Raffaele L'attesa e il naufragio - La fine di un Regno Capone editore & Edizioni del Grifo

De Cesare Raffaele Al tempo di re Ferdinando - La fine di un regno

Capone editore & Edizioni del Grifo

Garibaldi Giuseppe Memorie Kaos edizioni

Mack Smith Denis Cavour contro Garibaldi Rizzoli

Pagano Antonio Due Sicilie 1830/1880 Capone editore

Romeo Rosario Vita di Cavour Laterza

Sarti Roland Giuseppe Mazzini Laterza

Scirocco Alfonso Garibaldi Laterza

Trevelyan George M. Garibaldi in Sicilia Neri Pozza