TESI MASTER IN COUNSELING PROFESSIONALE - MCorradetti-VG

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A.S.P.I.C. ASSOCIAZIONE PER LO SVILUPPO PSICOLOGICO DELL’INDIVIDUO E DELLA COMUNITA’ Scuola Superiore Europea di Counseling Professionale MASTER IN COUNSELING PROFESSIONALE TESI CONCLUSIVA Il processo di recupero dell’autostima: verso una maggiore accettazione di se stessi, del proprio diritto di esistere, per migliorare il contatto con le proprie emozioni. Relatore: Allieva:

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A.S.P.I.C.ASSOCIAZIONE PER LO SVILUPPO PSICOLOGICO DELL’INDIVIDUO

E DELLA COMUNITA’

Scuola Superiore Europea di Counseling Professionale

MASTER IN COUNSELING PROFESSIONALE

TESI CONCLUSIVA

Il processo di recupero dell’autostima: verso una maggiore accettazione di se stessi, del proprio

diritto di esistere, per migliorare il contatto con le proprie emozioni.

Relatore: Allieva:Antonio Iannazzo Marisa Corradetti

Anno 2007

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INDICE

Introduzione: il mio approdo all’Aspic..................................... p. 4

1. Parte prima: riflessioni sul Processo formativo e sviluppo del mio modello teorico-concettuale.................................... p. 10

1.1 Elementi conoscitivi della fenomenologia ..................p. 11

1.2 Il concetto di intenzionalità...........................................p. 11

1.3 I Filosofi dell’Alterità......................................................p. 13- Franz Rosenzweig.........................................................p. 13- Martin Buber..................................................................p. 14- Emanuel Levinas...........................................................p. 15- L’Esistenzialismo...........................................................p. 15- Soren Kierkegaard.........................................................p. 15- Friederick Nietzsche......................................................p. 16- Martin Heidegger...........................................................p. 16- Jean Paul Sartre............................................................p. 17

1.4 La psicologia Umanistica ..............................................p. 17- Carl R. Rogers...............................................................p. 18- Abram Maslow ..............................................................p. 21- Principi base condivisi dalle Psicologie Umanistiche ....p. 23

1.5 La prospettiva Gestaltica ..............................................p. 23- Fritz S. Perls ...............................................................p. 23- La teoria del Sé .............................................................p. 28- Il confine-contatto..........................................................p. 29- Il ciclo del contatto e i meccanismi di interruzione .......p. 30

1.6 L’Analisi Transazionale ..............................................p. 36- Storia e sviluppo ...........................................................p. 37- Principi e concetti di base ............................................p. 38

1.7 La PNL: Programmazione Neuro Linguistica…........p. 41

1.8 Il modello cognitivo-comportamentale .....................p. 45

1.9 I modelli psicodinamici ..............................................p. 47

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- La teoria del modello di attaccamento ..........................p. 47- Il transfert ed il controtransfert ......................................p. 49

2. Parte seconda: impostazione e gestione del Lavoro di Counseling .............................................................................p. 53

2.1 Applicazione del modello teorico-concettuale sviluppato nella formazione ..............................................................p. 54

2.2 Il rapporto con il Cliente ...................................................p. 57

2.3 Strumenti teorici e tecnici utilizzati nell’analisi della domanda e nella concettualizzazione progressiva del caso ................................................................................p. 62- Analisi della domanda ..................................................p. 62- Stile interpersonale........................................................p. 64- Raccolta di informazioni significative ............................p. 64

2.4 Piano di intervento ...........................................................p. 67- Definizione dell’obiettivo ...............................................p. 67- Strategie .......................................................................p. 68- Contratto stabilito...........................................................p. 68- Selezione degli interventi e delle tecniche ....................p. 69

2.5 Momenti di Counseling significativi ..................................p. 69

2.6 Verifica dell’intervento di Counseling ...............................p. 74

3. Parte terza: conclusioni .........................................................p. 79

3.1 Apprendimenti sviluppati attraverso la pratica del Counseling .......................................................................p. 80

3.2 Crescita personale durante la realizzazione del progetto p. 81

Bibliografia ................................................................................p. 83

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INTRODUZIONE

Il mio "approdo" all’ASPICL'opportunità di frequentare il master di agevolatore nella

relazione di aiuto all'ASPIC si è concretata in un momento in cui una serie di circostanze, dovute a cambiamenti sostanziali nella mia sfera sociale, mi aveva portato a riconsiderare e ridisegnare il mio approccio alla vita.

I miei adorati figli, volati oramai fuori del nido per costruire a loro volta altri nidi, avevano lasciato nella mia casa, nella mia anima e nelle mie mani un grande vuoto (ora posso affermare che si trattava di un bellissimo "vuoto fertile"). Sentivo di aver oramai concluso un ruolo che mi aveva pienamente compresa, appagata, entusiasmata, a volte provata, ma mai piegata, in ogni caso mantenuta in una specie di rotta da una luce che non si sarebbe mai spenta, donativa di un equilibrio costante.

Avevo dato, ma avevo anche ricevuto molto in questo lungo periodo durato circa 30 anni, il mio ruolo attivo di madre, così come è comunemente e praticamente inteso nella società in cui vivo, si era concluso. Sarò, è ovvio, una madre per tutta la vita, ma una madre di figli maschi, una regina di cuori che deve necessariamente abdicare in favore di splendide principesse, le quali diventeranno a loro volta regine e madri di principi e principessine in un processo antico di eterno rinnovamento, di cui io sono comunque parte.

In quel periodo della mia vita ho provato una grande sofferenza, non capivo il perché di tanto dolore, da dove questo dolore arrivava. È in mezzo a questa tempesta che ho faticosamente cercato un porto dove approdare, ho cercato di riscoprire le mie passioni, di riappropriarmi dei miei spazi, di ritrovare la voglia e la forza di mettermi in discussione, ho cercato di prendere contatto con la piccola Marisa, che sentivo e sento, essere presente dentro di me.

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"Cosa ti piacerebbe fare, piccola Marisa, che non ti ho concesso in altri tempi ?

In che modo posso accogliere ora i tuoi desideri?

In che modo, questa volta possiamo crescere insieme?

Io, con la mia esperienza, forte della saggezza che la vita ha saputo regalarmi, e tu, con il tuo entusiasmo, la tua passione, la voglia, immutata nel tempo, di conoscere, esplorare, sperimentare, donare e ricevere ?"

Sono sempre stata una donna dai mille interessi, anche se non tutti agiti. Un mondo in particolare mi affascina da sempre: la capacità di comprendere come gli esseri umani si relazionano gli uni agli altri e come interagiscono con il mondo che abitano, con il sistema che li accoglie; la capacità di capire cosa succede, quando ad un essere umano viene a mancare l'equilibrio che lo fa stare bene e soprattutto in che modo è possibile intervenire per cercare di aiutare una persona in difficoltà.

Ho letto in passato, perché ne ero attratta e quindi per puro piacere, diversi libri di psicologia e filosofia, in maniera però disordinata e non produttiva o meglio senza scopo.

Ho imparato ora che nulla accade per caso. Parlando con una carissima amica ho saputo dell’esistenza dell’ASPIC, dei suoi ideali e dei suoi modelli operativi.

Ho pensato che l'ASPIC avrebbe potuto soddisfare gran parte delle mie aspettative e ho quindi iniziato questo viaggio.

Frequentare l'ASPIC è stato un piccolo passo verso il complicato mondo che si prefigge di riuscire a capire il funzionamento del sistema uomo e del suo interagire con l'ambiente.

Durante il percorso del master ho avuto molte occasioni di soddisfare la mia esigenza interiore di contattare, trovare e capire alcuni aspetti della mia personalità. Ho trovato, esplorato e accolto alcune parti di me di cui non avevo consapevolezza.

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Alcuni lavori durante il percorso di esplorazione, specialmente all'inizio quando il mio rapporto con la consapevolezza era del tutto marginale, mi lasciavano sofferente e stremata.

Sentivo che qualcosa nella mia vita non era stato debitamente compiuto.

Avevo, come in un viaggio a ritroso nel tempo, la possibilità di tornare a vedere (e sentire) ciò che era stato.

Prendevo coscienza di come era stato.

Immaginavo come avrebbe potuto essere.

Tutto questo sommato alla consapevolezza di non poter tornare indietro per cambiare le cose, è stato per me molto doloroso.

E' stato molto doloroso fino al momento in cui non ho imparato che l'esplorazione del non debitamente compiuto, non è tanto funzionale ad un inutile rimpianto, quanto lo è invece per operare una differente lettura delle esperienze passate e/o, se necessario, un tentativo di ridisegnare la realtà attuale utilizzando sì le emozioni di ieri, ma con le risorse che sono quelle della persona di oggi.

Sono ancora nella fase di esplorazione del mio mondo interno, delle mie dinamiche relazionali. Ci sono con la piena consapevolezza che incontrerò in questo cammino quelle parti di me che hanno sofferto, la bambina felice che sono stata, amata e coccolata, ma anche sgridata e molto spaventata, terrorizzata a volte da un papà eccessivamente rigido. La bambina che non si aspetta di essere toccata, carezzata e coccolata perchè non riesce a ricordare la sua mamma che lo faceva, la bambina che si sentiva brutta e insignificante e che quindi doveva dimostrare di valere, che ha combattuto, spesso perso e a volte vinto le sue battaglie da bambina prima, da adolescente poi, e infine da donna, una donna che ha deciso di essere riparativa rispetto a ciò che ha ricevuto, e che non ha paura di donare, abbracciare, coccolare, toccare.

Tutto questo sono stata e tutto questo mi ha permesso di essere la persona che sono ora.

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Una donna che si accetta anche quando incontra le sue debolezze e le sue fragilità, una donna abituata ad ascoltarsi, capace di stare in compagnia ma anche con se stessa, che non vuol dire da sola.

Sono una persona sufficientemente socievole, con non rare punte di isolazionismo, dovute ad uno stile di attaccamento sull'evitante.

Nel CUS e nei gruppi in genere mi relaziono molto bene, anche se ho la tendenza/necessità ad emergere. Qualora questo non sia possibile mantengo un atteggiamento di apparente superiorità ma con un’intima e sottile sofferenza, dovuta questa ad un senso di abbandono e di esclusione, che so però riconoscere e gestire bene restando in contatto con me stessa.

Quando mi sento "esclusa ed abbandonata" scatta in me un meccanismo che mi consente di essere più concentrata, impegnata e produttiva (devo dimostrare di valere affinché io possa essere poi accettata e meritare di essere vista).

Non è stato facile, ma la mia relazione nel CUS è stata stabile. Io e le mie due colleghe ci siamo scelte all'inizio del percorso e siamo state capaci di mantenere la relazione per due interi anni. Non è stato facile vivere in una relazione di tipo triangolare, per la mia tendenza a sentirmi esclusa e per le dinamiche relazionali che caratterizzavano ognuna di noi e che era fatale riportare nella relazione.

Ho imparato molto, sto ancora imparando, non finirò mai di imparare, grazie a Dio.

All’ASPIC ho imparato l’umiltà, ho imparato ad aspettare il mio turno, ho imparato, accettando i miei limiti, che posso anche non essere la prima; sto imparando a dire sì, quando voglio dire sì e a dire no quando voglio dire no, assumendomi la responsabilità delle mie scelte; sto imparando a lasciar andare i miei figli; ho imparato ad ascoltare; ho imparato il linguaggio del corpo e il linguaggio della parola, il linguaggio del silenzio e dell’ascolto in una visione olistica dell’atto comunicativo.

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All’ASPIC ho imparato il potere dell’autenticità, applicata tanto alla relazione d’aiuto quanto alle relazioni interpersonali della mia sfera sociale.

I nostri incontri di CUS hanno avuto luogo in una grande aula con almeno altre 4 o 5 triadi di CUS. Ebbene, quando sperimentavo il mio ruolo di Counsellor ero molto concentrata nella relazione e ora accade lo stesso quando incontro un mio cliente. Quando sono nella relazione la mia mente e il mio corpo vivono il momento presente con un’integrazione ed un’interezza che posso definire a più dimensioni, nel senso che tutti i miei sensi sono coinvolti, i miei modi di sentire, il mio corpo e la mia mente, quindi su varie dimensioni e livelli.

Le citazioni che seguono mi hanno colpito perché le condivido e perché meglio rappresentano ciò che voglio dire:

“Nel Counseling umanistico integrato il Counsellor utilizza se stesso attivamente ed autenticamente nell’incontro con l’altro” (Di Fabio A. Counseling).

“E’ più un modo di essere e di fare che non un insieme di tecniche o una formula prescritta per il Counseling” (Clarkson, 1989)

Mi capita molto spesso di ricevere normali richieste di ascolto, che posso definire "amicali" da parte di conoscenti e amici. Questo succedeva anche prima che io frequentassi il master, probabilmente per via di una certa naturale attitudine all’ascolto e all’attenzione per gli altri. Ciò è per me una conferma ed un rinforzo a proseguire nella formazione con lo scopo di migliorare le mie competenze.

So di aver intrapreso un percorso di formazione e di crescita personale che non si concluderà mai. Mi considero all'inizio del percorso, tuttavia l'attività di portare a compimento questa tesi conclusiva dei tre anni del master, è un esercizio meravigliosamente impegnativo. E' necessario integrare quanto appreso nei tre anni passati, analizzare e narrare i cambiamenti che questo percorso ha operato su di me, narrare delle mie prime esperienze di Counseling ed altro ancora, in un processo continuo di evoluzione e cambiamento.

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Simbolicamente tutto questo mi fa pensare ad una grande barca che si muove in mezzo all'oceano e che si integra continuamente con l'ambiente nel suo procedere. Procedere che in parte è dato dal movimento del mare e in parte determinato in maniera autonoma. La barca si muove in una realtà/ambiente sempre mutevole, a volte nella serenità e nella bellezza di un mare calmo, a volte in mezzo alla tempesta dove si incontrano la forza del vento e la forza impetuosa delle onde. La barca naviga sostando talvolta in baie accoglienti o approdando in porti sicuri, dove riposare e ritemprare le forze, porti in cui si può approdare, ma da cui si può anche ripartire.

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PRIMA PARTE:

RIFLESSIONI SUL PROCESSO FORMATIVO E SVILUPPO DEL

MIO MODELLO TEORICO-CONCETTUALE

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1.1 Elementi conoscitivi della Fenomenologia.

Come si intuisce nella presentazione del testo Fenomenologia e integrazione Pluralistica di Giusti e Iannazzo, uno dei testi che maggiormente hanno contribuito alla mia formazione durante il percorso all’ASPIC, Edmund Husserl (n. 1859- m. 1938) aveva un grande progetto: coniugare fenomenologia e psicologia, affidando alla prima una funzione fondativa nei confronti della seconda.

Anche se il primo autore ad aver usato il termine fenomenologia è stato probabilmente J.H. Lambert, quando nel trattato di epistemologia Nuovo Organo (1764), descrive una nuova teoria sugli aspetti illusori dell’esperienza umana, oggi il termine fenomenologia si usa per riferirsi alla dottrina e al metodo inaugurati da Edmund Husserl. In contrapposizione ai logicisti, i quali erano interessati al solo significato reale dei concetti, Brentano (maestro di Husserl) riportò alla luce il concetto di attività intenzionale della mente umana, vale a dire che: è il modo in cui la coscienza intenziona gli oggetti a determinare contemporaneamente il carattere degli oggetti intenzionati. Da questa polemica presero avvio le intuizioni sul metodo fenomenologico di Husserl, intuizioni successivamente sviluppate da numerosi discepoli anche in direzioni leggermente divergenti, sia nella dottrina sia nel metodo.

1.2 Il concetto di intenzionalità.

I fenomeni psichici, per la loro caratteristica fondamentale esprimono sempre un interiore rapportarsi, un originario riferirsi ad un dato contenuto, che può essere sia reale sia irreale, ideale o fantastico senza che ciò abbia alcuna rilevanza, poiché ciò che è decisivo non è tanto il contenuto, ma l’atto coscienziale cui si riferisce e che fa della coscienza non una cosa ma un “in-tendere”.

Possiamo quindi affermare che nella presa di coscienza è implicita una strettissima relazione tra il contenuto della propria consapevolezza e la propria esperienza.

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Per Husserl ogni atto di intenzionalità è composto di due elementi:

Noema – gli oggetti come atti intenzionati o intenzionali, oggetti cui applicare una “unita di senso”, in altre parole cosa la coscienza intenziona riferito a tale oggetto, oggi si direbbe “il contenuto” o il “cosa”;

Noesi – gli atti soggettivi, il “come” ciò che è avvenuto è sentito ed interpretato, il “processo”, l’atto che intenziona le oggettualità.

Husserl basa le sue speculazioni fenomenologiche su un duplice concetto di intuizione: da una parte l’intuizione empirica, esperienziale, quindi rivolta all’oggetto individuale; dall’altra l’intuizione categoriale, o ideativa, la quale coglie invece aspetti qualitativi, modalità d’essere e di esprimersi significativamente in determinate condizioni psicopatologiche e di singole persone.

In generale le caratteristiche principali, i risultati più importanti che sono stati elaborati dall’approccio fenomenologico grazie all’opera di Husserl sono:

1. il primato della consapevolezza come regno privilegiato dell’essere;

2. la fenomenologia è una filosofia dell’intuizione, intendendo con ciò la percezione, l’attenzione, la cognizione, la memoria, l’immaginazione, la conoscenza etc…che sono appunto modalità di intuizione (che come descritto al paragrafo precedente può essere esperienziale o ideativa);

3. la fenomenologia mette in relazione il fenomeno della consapevolezza con la semplice apparenza di un oggetto, senza domandarsi nulla circa la sua reale esistenza o meno, la consapevolezza, quindi, è legata alla presenza non all’essenza;

4. l'importanza del concetto di intenzionalità:

trascendente - cioè riferita a percezioni esterne, per la

quale l’oggetto “si dà” o si presenta alla coscienza;

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immanente – per la percezione dell’oggetto interno, affetto, emozione, ricordo, idea etc…(apparire ed essere coincidono perfettamente in questa percezione, mentre non coincidono nella intuizione dell’oggetto esterno il quale non si identifica mai con le sue apparizioni alla coscienza, ma rimane al di là di esse).

L’approccio umanistico esistenziale deve molto al lavoro portato avanti da Husserl, da cui ha mutuato l’impostazione fenomenologica come metodo di lavoro, ma deve anche molto al contributo di alcuni filosofi ebrei seppur poco conosciuti ad eccezione di Martin Buber.

L’importanza dell’elemento io-tu, oggi entrato nella “normalità” della relazione di Counseling, è stato sviluppata da questi autori e successivamente riproposta da filosofi, psicologi e psicoterapeuti.

Tali filosofi ebrei erano cosiddetti della relazione e dell’alterità.

1.3 I Filosofi dell'alterità (Coloro che hanno influenzato maggiormente gli esistenzialisti e gli psicologi della “Terza Forza”)

- Franz Rosenzweig (n. 1886- m. 1929)

Il suo sistema filosofico si sviluppa intorno al tema della crucialità dell’esistenza e dell’azione nonché a quello del nulla e della morte come segni di una trascendenza radicale. Nella sua opera più famosa, Stella della redenzione, c’è il rifiuto dell’idealismo assoluto a favore della concretezza dell’io e degli aspetti finiti dell’esistenza.

Il suo “comunissimo privato individuo”, totalità non riducibile, prende contatto e dialoga con tutti gli elementi della realtà (fisica, psichica e sociale) che lo circondano.

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- Martin Buber (n. 1878- m. 1965)

Uno dei più raffinati teorici novecenteschi del dialogo e della relazione. Il pensatore ebreo pur considerandosi uomo d’Occidente per nascita e formazione culturale, propone l’esperienza ebraica come un contributo dell’Oriente (dall’esterno) per il superamento della crisi dell’uomo occidentale.

La via autentica per il superamento di tale crisi è quella della relazione ”tra uomo e uomo”, del rapporto interpersonale e della comunità. Solo nella relazione con l’altro uomo l’individuo ritroverà se stesso e, allo stesso tempo, supererà la solitudine e l’isolamento.

Egli scrive: ”Non c’è alcun io in sè, ma solo l’io della parola fondamentale Io-Tu... La parola fondamentale Io-Tu fonda il mondo della relazione... Relazione è reciprocità... All’inizio è la ”relazione”.

Il principio dialogico è il senso fondamentale dell’esistenza umana, vale a dire la capacità di stare in relazione totale con la natura e con gli altri uomini.

Per Martin Buber il concetto base è il seguente: l’Io non precede il Tu, il dato primordiale è la relazione Io-Tu.

La contrapposizione al mondo della relazione (Io-Tu) si sostanzia nel mondo dell’esperienza (Io-Esso), in cui vale il principio della causalità, dell’altro da sè inteso come soggetto manipolabile.

”L’uomo diventa io a contatto con il tu”.

Il ”tra” è la trascendenza stessa (non un trascendente) che costituisce il luogo della relazione tra l’”io” e il ”tu” e quindi istituisce l’io e il tu come persone nella relazione.

Buber: Io non sperimento l’uomo cui dico tu (...) sono nella relazione con lui.

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Dalla filosofia della relazione di Buber è stato influenzato Carl Rogers.

- Emanuel Lèvinas (n. 1905)

Questo filosofo contesta la tradizione del pensiero filosofico occidentale come ricerca di una teoria generale dell’essere, poiché dominata dal principio della totalità è una negazione dell’alterità e quindi fonte di egemonia, egoismo e violenza.

La filosofia di Lèvinas è impegnata a fare del rapporto con l’Altro la struttura stessa della realtà e propone l’idea di un umanesimo dell’altro uomo.

- L'Esistenzialismo

L’Esistenzialismo è una corrente filosofica che assume a proprio tema l’esistenza come modo di essere caratteristico dell’uomo, tutto ciò che la persona umana è, la sua realtà, la sua verità in quanto modo d’essere nel mondo.

Anche l’intervento di Counseling di approccio esistenziale, che prende spunto dal metodo fenomenologico, ha lo scopo, quindi di chiarificare la vita, comprenderla, rifletterci su, e darle un significato proprio.

Tutti i maggiori uomini di pensiero hanno prima o poi rivolto la loro attenzione alle questioni che riguardano la vita e la morte, tra i classici si ricordano:

- Soren Kierkegaard (n. 1813- m. 1855)

Kierkegaard concepiva la filosofia non come conoscenza oggettiva fine a se stessa, ma come una riflessione sull’esistenza effettuata dal singolo, non la ragione universale fissata per dogma, non la dialettica delle cose, non il dispiegarsi

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razionale della realtà e della storia, ma il “singolo" nella irripetibile, irriducibile, individualità della sua esistenza.

Per Kierkegaard la storia, l’umanità passa attraverso il singolo, nella sua individualità assolutamente originale ed irripetibile.

Le condizioni essenziali del “singolo” sono la “possibilità” e la “liberta”, poiché esistere per il singolo significa scegliere.

L’individuo quindi non è quel che è ma quel che sceglie di essere.

Egli elenca l’angoscia, la disperazione e la fede come categorie fondamentali dell’esistenza umana, poiché l’angoscia è timore del nulla, nel “possibile tutto è possibile” e proprio l’infinità delle possibilità genera l’angoscia. Le nozioni di scelta e possibilità sono i cardini della fenomenologia kirkegaardiana e il sentimento dell’angoscia è costitutivo del singolo, in quanto possibilità e libertà.

- Friederick Nietzsche (n. 1844- m. 1900)

Nietzsche, come Kierkegaard, riteneva che l’essere umano funzionasse a vari livelli contradditori ed incomprensibili: esso è un insieme di limiti e possibilità, bisogni di ordine e disciplina come di spontaneità e abbandono.

Per Nietzsche: “ La liberta è libertà di superare le categorie stabilite in cui la maggior parte di noi conduce passivamente la vita” (Harre et al., 1986).

- Martin Heidegger (n. 1889- m. 1976)

Il pensiero di Heidegger presenta due poli importanti: da una parte l’esserci, cioè essere gettati in un mondo che ci è dato senza la possibilità di scegliere; dall’altra possiamo però decidere il modo in cui reagire alla condizione impostaci.

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- Jean Paul Sartre (n. 1905- m. 1980)

Sartre rispetto a Heidegger attribuisce una maggiore importanza alla libertà ed alla responsabilità dell’individuo verso la propria esistenza. Gli uomini sono qualsiasi cosa diventano con l’azione, in altre parole l’uomo può diventare ciò che sceglie di essere: egli è completamente libero di scegliere (libertà assoluta della coscienza; “l’uomo è condannato ad essere libero) ed il suo carattere è costituito da tutte le scelte fatte in passato. L’uomo ha anche la responsabilità di decidere la sua morale. Per non sentire il peso oppressivo delle responsabilità, le persone attribuiscono al proprio carattere le cause dei propri limiti, invece di attribuirle a se stessi.

1.4 La Psicologia Umanistica

Il pensiero fenomenologico esistenziale, nato in Europa, è recepito negli Stati Uniti dalla corrente della Psicologia Umanistica detta anche “Terza Forza” rispetto alla Psicoanalisi e al Behaviorismo (ritenute la prima e la seconda forza della psicologia).

Insieme a Rollo May, Abraham Maslow è tra gli psicologi che hanno maggiormente contribuito a fondare e a diffondere la Psicologia Umanistica.

Il movimento della Psicologia Umanistica prese forma nel 1954, quando Abraham Maslow riuscì a mettere insieme un elenco di circa trenta persone alle quali inviava a casa un sintetico bollettino.

L’obiettivo principale del gruppo era ricollocare l’uomo al centro della psicologia, la quale era divenuta sempre più scientifica, fredda e disumanizzata, restituendo all’essere umano la dignità ed il valore.

I Counsellors umanisti mettono l’accento sul carattere soggettivo della condotta; sull’importanza del presente e del futuro; sull’unicità dell’esperienza; sul concetto di volontà; sulla responsabilità individuale; sul potenziale umano; sull’auto-affermazione o tendenza attualizzante; sulle componenti sane della persona.

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Allport G. W., 1955, scriveva come la motivazione umana fosse orientata al futuro e consapevole, piuttosto che orientata al passato e inconscia.

Inoltre tutta la teoria, ed anche la pratica, dell’approccio umanistico si pongono come reazione compensatoria al riduttivismo comportamentista ed esprimono un ulteriore e netto rifiuto di tutto ciò che richiami la neutralità e il distacco del Counsellor nella relazione d’aiuto.

Tutto il movimento pur teorizzando stili di conduzione diversi, prevede il recupero dell’umanità, della spontaneità dell’espressione – qui ed ora –, dei sentimenti, offrendo nuovi valori.

Si avvale delle sperimentazioni contemporanee applicate ai gruppi, comprese quelle di Moreno e Perls.

- Carl R. Rogers (n. 1802 e m. 1987)

È uno dei teorici dominanti della Psicologia Umanistica. Psicologo statunitense, sviluppò una forma di Counseling non direttivo, definito anche “approccio centrato sulla persona”.

La scuola rogersiana si colloca come orientamento generale in alternativa tanto alla psicoanalisi quanto alle terapie comportamentali. La sua teoria si basa su una concezione positiva dell’individuo, chiamato organismo, che tende naturalmente all’autorealizzazione. Il presupposto teorico di questa tecnica è il bisogno di autorealizzazione come unica fonte di energia motivazionale del comportamento umano.

Fondamentale è il ruolo assegnato al Sé, fortemente influenzato dalle esperienze con gli altri.

Egli prende presto distanza dal pensiero freudiano: considera, infatti, la salute mentale come la progressione normale della vita e la malattia mentale (e altri problemi umani) come distorsioni della “tendenza attualizzante”.

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Si tratta di una forza di vita che può essere definita come la tendenza fondamentale dell’organismo, nella sua totalità, ad attualizzare le proprie potenzialità; essa opera sia sul piano ontogenetico sia su quello filogenetico e ha bisogno, per funzionare, di un contesto di relazioni umane positive, favorevoli alla conservazione e rivalutazione dell’Io.

Il soggetto sarà congruente e la persona potrà svilupparsi in modo unitario, autonomo e soddisfacente solo se la nozione dell’Io è realistica, ovvero se vi è corrispondenza tra gli attributi che il soggetto crede di possedere e quelli che effettivamente possiede.

In genere il cliente si trova in una situazione di incongruenza tra l’esperienza reale dell’organismo e l’immagine di sé che egli ha, quando, si rappresenta l’esperienza (ma non solo).

Sul piano della relazione d’aiuto si propone quindi un metodo non direttivo, che rispetti le tendenze vitali e autoregolantisi dell’individuo. Non direttività significa rispetto della libertà e dell’autodeterminazione del cliente e contemporaneamente autoeducazione continua del Counsellor, che è in continua crescita, seppure dolorosa.

La relazione d’aiuto ovvero il Counseling, è intesa come un incontro tra due esseri umani in crescita. La lezione di umiltà che arriva da Rogers è valida perché ci ricorda la necessità di calarsi ogni volta nella relazione sapendo di uscirne trasformati, avendo chiara la relatività delle nostre convinzioni.

Secondo il metodo di Rogers il Counsellor, nel promuovere il processo di modificazione del comportamento del cliente si affida, non a tecniche o ad interpretazioni, ma all’empatia, concetto cardine questo dell’impianto rogersiano.

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L’empatia è intesa come la comprensione dell’altro che si realizza immergendosi nella sua soggettività, senza sconfinare nell’identificazione.

Sono state individuate tre forme di empatia attraverso cui si completa un’unica capacità empatica:

empatia emotiva – è la capacita di accogliere, accettare e capire il mondo emotivo ed affettivo del cliente, e di contenere i suoi sentimenti e le sue emozioni;

empatia cognitiva - è la capacità di accogliere il mondo razionale del cliente, con i suoi pensieri, le sue credenze, le sue valutazioni, i suoi valori;

empatia intuitiva - è la capacità di arrivare ad una verità, ad una certezza, ad una consapevolezza senza tutti i passaggi necessari al ragionamento e senza tutti i dati occorrenti al processo.

Per la Clarkson, inoltre, l’empatia ha il compito di riparare carenze di ascolto e comprensione infantili. Serve a supportare il cliente e a costruire una buona alleanza, determinante per l’efficacia dell’intervento di Counselling.

A questo punto è molto chiara la posizione di centralità del processo empatico nell’approccio fenomenologico, pertanto possiamo affermare che la comprensione è impossibile senza una profonda risonanza interiore tra le due persone.

Il Counsellor è capace di considerazione o accettazione positiva incondizionata verso il cliente, nel senso che accoglie ogni aspetto dell’altro, ogni sentimento – espresso o non espresso – sia quelli negativi, anormali, che quelli buoni.

I gruppi di incontro di Rogers, esperienze intensive che partivano dalla chiara intuizione, ancora attuale, che la gente

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sia consapevole della propria solitudine interiore, dovuta alle maschere indossate per sopravvivere in una realtà complessa.

Il Gruppo d’incontro è un’ottima occasione per iniziare a gettare le maschere e cercare momenti di autenticità, riconoscendo l’essenza che tutti ci accomuna, la nostra umanità.

E’ questo l’obiettivo cui mira l’essenziale e scarno metodo rogersiano.

Rogers, come maggior teorico, è il più attento testimone dell’accettazione e della non direttività, infatti, pur credendo in se stesso non ha mai negato la validità degli altri metodi terapeutici, così come non ha mai rifiutato un collega che pensava in un modo diverso dal suo.

- Abram Maslow (n. 1908 e m. 1970)

Ha avuto un ruolo centrale nella nascita del movimento della Psicologia Umanistica. Maslow critica la psicologia a lui contemporanea perchè tutta impostata sul disagio.

Si interessò sempre più alla salute psicologica come opposta alla patologia ed in una famosa affermazione concluse:

“per semplificare al massimo possiamo dire che è come se Freud ci avesse offerto la metà malata della psicologia e ora dobbiamo completare la psicologia con la metà sana”.

Maslow rappresenta, anche più di Rogers, la corrente caratterizzata da una grande fiducia nelle potenzialità di ciascuno verso la propria realizzazione e la sua psicologia; offre una visione “ottimistica” dell’uomo; si concentra sugli aspetti positivi e sulla ricchezza dell’esperienza umana.

Tuttavia va sottolineato che questa visione ottimistica rappresenta anche il limite degli studiosi americani poiché si

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contrappone alla tradizione Esistenzialista europea la quale presenta aspetti più pessimistici rispetto alla persona, occupandosi quest’ultima di temi quali l’angoscia, la morte, il nulla, etc.

Nella sua opera Motivazione e personalità (1970), si teorizza l’esistenza di una gerarchia dei bisogni nella motivazione umana.

La rappresentazione più consueta dei bisogni è a forma piramidale, alla cui base sono situati i bisogni fisiologici, più potenti, nella parte superiore stanno invece i bisogni propriamente umani: ogni categoria di bisogni emerge alla consapevolezza, quando, la categoria di livello inferiore, più potente, è stata sufficientemente gratificata.

Nella rappresentazione piramidale, a partire dal basso verso l’alto, troviamo i:

- Bisogni organico- biologici : respirazione, fame, sete, sonno, urinare, potersi coprire e riparare dal freddo, sono i bisogni fondamentali, connessi con la sopravvivenza;

- Bisogni di sicurezza o di protezione : devono garantire all’individuo sicurezza e protezione sia materiale sia psicologica;

- Bisogni di appartenenza ad un gruppo: consiste nella necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato e di amare e di cooperare con gli altri. E’ particolarmente sentito nell’adolescenza;

- Bisogni di stima e riconoscimento sociale: competenza, prestigio, riuscita, sentirsi competente e produttivo;

- Bisogni di realizzazione del sè e del proprio potenziale: inteso come l’esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative, nonché di occupare una posizione soddisfacente nel proprio gruppo.

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Sul gradino più alto c’è il “desiderio di divenire tutto ciò che si è capaci di diventare”.

- Principi base, condivisi dalle Psicologie Umanistiche:

con riferimento all’approccio fenomenologico

- il cliente è il vero esperto della propria esistenza personale;

- il significato personale dell’esperienza del Cliente è nell’esperienza stessa.

con riferimento alla tendenza attualizzante

- ogni persona ha dentro di se la tendenza alla crescita ed alla autoregolazione.

con riferimento alla capacità di autodeterminazione

- la scelta e la volontà sono aspetti centrali del funzionamento umano.

con riferimento alla centralità della persona

- Il centro della relazione di aiuto è l’incontro IO-TU tra persona e persona;

- la relazione di Counseling è il principale agente del cambiamento.

1.5 La prospettiva Gestaltica nell’intervento di Counseling

- Fritz S. Perls (n. 1893 - m. 1970)

Ha sviluppato la Teoria della Gestalt, considerandola come una sintesi di vari aspetti della psicoanalisi, della psicologia della Gestalt e della tradizione esistenziale-umanista, tanto da poter considerare a tutt’oggi, il modello gestaltico un approccio integrato ed eclettico (Giusti et al.;1995).

In particolare egli scrive “ogni individuo, ogni pianta, ogni animale ha solo uno scopo, realizzarsi per quel che è... Una rosa è una

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rosa, è una rosa. La rosa non ha nessuna intenzione di realizzarsi come canguro”.

Secondo Perls questo è un punto fondamentale. La costante tensione verso la realizzazione della propria immagine, la ricerca di un cambiamento intenzionale di noi stessi o degli altri comportano “la frantumazione, i conflitti, la disperazione non avvertita della gente di carta”.

La scuola Gestaltica si caratterizza come un approccio esperienziale piuttosto che verbale o interpretativo.

Il materiale, i sintomi, i vissuti in una parola, i problemi che il cliente presenta nella relazione, anche se possono essere determinati da eventi, traumi, esperienze che appartengono al passato e alle vicissitudini storiche del cliente, sono rilevanti solo nella misura in cui interferiscono con la realtà attuale, limitano le esperienze e le relazioni del cliente stesso.

E’ necessario quindi, secondo Perls, che gli interventi nella relazione d’aiuto siano orientati in senso esperienziale, esclusivamente sul presente, sul “qui ed ora”.

L’attenzione va diretta all’attualità, intesa nella sua dimensione temporale, spaziale e sostanziale.

In altri termini si chiede al cliente ma anche al Counsellor, di essere in questo posto, in questo momento e di rivolgere l’attenzione a quanto succede: “Chiediamo al cliente di diventare consapevole dei suoi gesti, della sua respirazione, delle sue emozioni, della sua voce, delle sue espressioni facciali nonché dei suoi pensieri pressanti”.

L’orientamento sul presente, sull’esperienza, su quanto il cliente sperimenta di se stesso da un punto di vista corporeo, emotivo, immaginativo, da una parte tende a limitare e minimizzare l’influenza di razionalizzazioni, credenze, rappresentazioni di ruoli stereotipati e dall’altra permette l’espressione attiva di qualsiasi materiale presentato, sia esso un sintomo, un sogno, un ricordo. Quanto emerge non va interpretato, modificato, ne vanno cercate

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le cause sottostanti, semplicemente viene data voce, valore, diritto di esistenza ad ogni aspetto esistenziale che il cliente porta nell’incontro.

Se il cliente presenta un sintomo, il Counsellor può chiedergli di provare ad identificarsi con il sintomo, dargli voce, intensificarlo, permettergli di esprimere il suo messaggio ed aiutarlo a capire che il messaggio è per se stesso.

E’ anche possibile, con la drammatizzazione, attivare le diverse sottopersonalità, le diverse polarità.

Il cliente, nel corso della drammatizzazione, può dare voce alle diverse parti di un sogno, o alle diverse parti di una situazione conflittuale e nel dare voce alle diverse parti contrapposte operare un recupero, un reintegro delle parti di sé precedentemente scisse o alienate.

Tuttavia l’integrazione non è facile e non è indolore. Il cliente, infatti, si scinde, aliena aspetti della sua personalità proprio per evitare la sofferenza, la responsabilità, il prezzo di essere come è.

Nella scissione si assumono ruoli fittizi: il bravo ragazzo, la moglie perfetta, la brava figlia etc. al fine di essere amato, per non incorrere nella disapprovazione, per evitare le aspettative catastrofiche che immagina si potrebbero verificare a causa del suo comportamento, se non adattato.

Il risultato di questa fuga da se stesso è la nevrosi, la psicosi, ma anche la rigidità emotiva, l’adattamento passivo e conformista alla società.

Secondo Perls diventa quindi comprensibile la difficoltà di riconoscere, contattare i nostri sentimenti ed integrarli, le nostre diverse anime, in quanto l’assunzione della responsabilità della propria vita non rappresenta un’altra e migliore soluzione rispetto alle difficoltà dell’esistenza, né garantisce necessariamente felicità, soddisfazione o migliori relazioni con gli altri.

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In questo senso la prospettiva della Gestalt, secondo il pensiero di Perls, non si interessa di fornire conforto, consolazione, sicurezze, risposte esistenziali, né tanto meno di aiutare il cliente ad essere più efficiente o a fare la “cosa giusta”, quanto di favorire una maggiore adesione e adattamento del cliente a se stesso, con i suoi limiti e possibilità, promuovendo la capacita di autosostenersi e di essere reale.

L’orientamento verso una maggiore adesione a se stessi non viene inteso da Perls come una specie di negazione della relazione con l’ambiente o con l’altro, ma piuttosto un prerequisito fondamentale per poter contattare il mondo esterno sulla base di bisogni e modalità che siano sentiti e riconosciuti come propri.

Questo processo, secondo Perls, è possibile nel momento in cui il cliente è disposto a ricollocarsi al centro della propria esistenza, recuperando il potere su se stesso e sui propri comportamenti, compresi gli aspetti disarmonici e contraddittori.

Assumersi la responsabilità della propria vita significa dare a se stessi la possibilità di perdonarsi per la propria imperfezione e, perché no, di gioire, sorridere dei propri difetti ed errori.

Gli elementi cardine della Gestalt sono i seguenti:

L’organismo in costante rapporto con l’ambiente;

L’autoregolazione organismica, ciclo del contatto-ritiro;

La patologia si sviluppa quando il normale ciclo del contatto

viene interrotto da vissuti conflittuali passati, sospesi o

incompiuti;

Meccanismi di interruzione del ciclo del contatto;

Attenzione costante al “qui ed ora” e non al “là ed allora”;

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Non importa il “perché” ma il “come”;

Metodologia di tipo fenomenologico;

Sviluppo della consapevolezza;

Incontro dialogico Io-Tu dove il Counsellor è interno alla

relazione;

Il cambiamento è concepito come “divenire ciò che già si è”, è

possibile crescere solo diventando ciò che si è;

Il Sé non è una struttura psichica, ma un agente di contatto al

confine, un processo che si compone di tre aspetti funzione:

Es, Io, Personalità;

Metodologie di intervento: Cosa è perturbato nel Sé? Quando

avviene l’interruzione nel ciclo del contatto? Come e con quale

meccanismo?

Approccio dell’intervento di Counseling centrato sulla presenza, globalmente nelle diverse dimensioni dell’esperienza: mentale, emotivo, somatico.

Tecniche utilizzate:

o Centraggio;

o Continuum di consapevolezza;

o Rilevazioni delle incongruenze verbali e non verbali;

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o Monodramma;

o Lavori sui sogni;

o Implosione dei vissuti penosi con abreazione catartica

liberatoria;

o Sedia bollente;

o Utilizzo della semantica affermativa in prima persona

singolare;

o Identificazione con le parti scisse;

o L’amplificazione dell’emozione;

o La messa in atto di situazioni vissute o mitizzate;

o Lavoro con le polarità;

o L’esperimento di modalità nuove o diverse da quelle

provate fino ad ora;

o La comunicazione diretta (evitare il pettegolezzo).

- La teoria del Sé

La teoria del Sé è il processo permanente di adattamento creativo dell’uomo al proprio ambiente, interiore ed esteriore, secondo Paul Godman (1911-1972) considerato il primo teorico dalla nascita della Gestalt.

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Il Sé non è, pertanto, una istanza psichica come l’Io o l’Ego, bensì un processo specifico per ciascuna persona e che ne caratterizza la maniera tipica di reagire, in un dato momento e in una data circostanza, esprimendosi in funzione del proprio stile personale.

Non è il suo “essere” ma il suo “essere-al-mondo”; ricettivo e creativo al contempo.

Il Sé è l’agente di contatto nel “qui ed ora”.

Il Sé è la funzione di adattamento creativo, prende contatto ed agisce secondo tre modalità: l’”Es”, L’”Io”, e la “personalità”.

La funzione “Es” (pre-contatto) concerne le pulsioni interne, i bisogni vitali e precisamente la loro traduzione corporea: ho fame, ho sete, soffoco, sono rilassato. Agisce in qualche modo a mia insaputa negli atti automatici come respirare, camminare, etc.;

La funzione “Io” (contatto-contatto pieno), invece, è una funzione attiva, di scelta o di rifiuto deliberati, consapevoli. Si tratta della responsabilità personale di limitare o aumentare il contatto, di manipolare l’ambiente in base ad una presa di coscienza dei propri bisogni o desideri;

La funzione “personalità” (post-contatto), è la rappresentazione che il soggetto fa di se stesso, la sua immagine di sé, ciò che gli consente di riconoscersi come responsabile di ciò che egli sente o di ciò che egli fa. E’ la funzione “personalità” che garantisce l’integrazione delle esperienze nel bagaglio della persona, contribuendo così alla costruzione e allo sviluppo della identità e della propria storia in divenire.

- Il confine-contatto

Le funzioni del Sé sono assimilabili ad una membrana, una “pelle” più o meno permeabile che fa da confine tra l’organismo e l’ambiente esterno.

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Perls precisa:

“Lo studio della maniera in cui una persona funziona nel suo ambiente è lo studio di ciò che accade al confine-contatto, fra l’individuo e l’ambiente. Ed è qui, a questo confine-contatto, che gli eventi psicologici si verificano. I nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro comportamento, le nostre emozioni, sono il nostro modo di sperimentare e di incontrare questi eventi di confine” (Perls F. The Gestalt approach, Palo alto, Science & behaviour Books, 1973).

Perls, e molti dei suoi collaboratori, analizzano in dettaglio il processo e lo svolgimento normale, ideale, del “ciclo di gratificazione dei bisogni”, definito anche “ciclo della autoregolazione organismica”, o “ciclo esperienziale” o più semplicemente “ciclo della Gestalt”.

- Il ciclo del contatto e i meccanismi di interruzione

Il soggetto sano non fa alcuno sforzo ad identificare il bisogno dominante del momento; sa operare delle scelte per soddisfarlo e si trova quindi disponibile al momento in cui emerge un nuovo bisogno dallo sfondo. L’individuo sano è dunque sotto l’effetto di un flusso permanente di informazioni e successive dissoluzioni di Gestalt (bisogni soddisfatti).

Ogni esperienza, dunque, segue un processo che nella prospettiva Gestaltica è definito "il ciclo del contatto": ad una fase iniziale di graduale avvicinamento all’ambiente interno o esterno attivata da un bisogno, una necessità, un problema da risolvere segue l’individuazione di opzioni di comportamento per passare, quindi, alla mobilizzazione dell’energia, nella ricerca delle possibilità di soddisfacimento del bisogno ed alla messa in atto del comportamento appropriato alla soddisfazione dello stimolo percepito. Ciò porta ad una conseguente sensazione di compimento, soddisfazione ed integrazione dell’esperienza nella storia personale, fino alla chiusura del contatto con quella parte dell’ambiente interno o esterno che aveva innescato il processo.

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Nella realtà, non sempre le cose si svolgono nella maniera ideale sopra descritta. Sono numerose le Gestalt incompiute, i cicli interrotti da un disturbo al confine-contatto, che sia esso di origine esterna o interna rispetto al soggetto, ma tale da non consentire un libero dispiegarsi del Sé.

L’interruzione del ciclo del contatto si realizza attraverso meccanismi di difesa o di evitamento, che di per sé non sono patologici e che anzi sono funzionali allo sviluppo sano dell’individuo. L’essere patologici o sani dipende dalla loro intensità, dalla loro flessibilità, dal momento in cui si attivano o in termini più generali, dalla loro opportunità.

Accade, talvolta, che tali meccanismi si irrigidiscano e cronicizzino, dando così origine a modalità disfunzionali di rapporto con l’ambiente, tali da compromettere l’omeostasi organismica.

Ciascun autore ha distinto il ciclo del contatto in diverse tappe. Nella mia descrizione farò riferimento a Goodman alle sue quattro fasi principali per il ciclo del contatto e ai quattro meccanismi di interruzione, oltre ad ulteriori meccanismi aggiunti da altri autori:

il precontatto , il Sé funziona nella modalità dell’Es, il confine è debole e permeabile. E’ in atto la percezione dei bisogni e l’organismo, a livello emozionale, valuta il bisogno facendo riferimento alle esperienze passate. È in questa fase che si manifesta lo stile che la persona ha appreso per relazionarsi col mondo.

Il meccanismo di interruzione che può verificarsi in questa fase è l’Introiezione che:

o può essere sintetizzata con la frase “credo mio ciò che è tuo”;

o nella fase adattiva/sana è un meccanismo molto importante per consentire al bambino di assimilare il mondo esterno, gli elementi sia interni, sia esterni ne fanno parte,

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ma quando le cose immagazzinate (norme, regole, principi, idee) non sono state masticate e destrutturate, l’introiezione diventa patologica.

Le tecniche utili per contrastare l’introiezione sono: il Continuum di consapevolezza; l’uso della prima persona singolare quando il cliente parla “Io…”.

Avvio del contatto , il Sé funziona nella modalità dell’IO, consentendo una scelta o un rifiuto delle diverse possibilità e un’azione responsabile sull’ambiente. E’ questa una fase attiva durante la quale l’organismo si prepara ad affrontare l’ambiente. È in atto una presa di coscienza o consapevolezza.

Durante questa fase il meccanismo di interruzione che si può manifestare è la proiezione, che può essere sintetizzata con la frase “credo tuo ciò che è mio”. Con questo meccanismo l’individuo attribuisce gran parte di sé all’esterno, invadendolo e proiettandovi ciò che invece vale per se stesso. L’attribuzione agli altri dei sintomi e delle emozioni avviene in quanto egli non è in grado di accettarli come propri.

Non cronicizzato e stereotipato, tale meccanismo ha valenza di crescita per l’individuo perché gli consente di prevedere e anticipare i comportamenti degli altri, grazie alla possibilità di mettersi nei loro panni, attuando un processo empatico, una identificazione proiettiva o la progettazione del futuro. Queste sono tutte manifestazioni proiettive che includono la capacità di immaginare ciò che al momento non c’è, di spostare nel futuro fantasie, bisogni, desideri, etc.

Le tecniche usate per contrastare la proiezione sono: lavoro di gruppo; la verifica nella realtà; il confronto con gli altri.

Il contatto o contatto pieno , il Sé funziona nella modalità dell’IO, ma in modalità attivo-passiva. Si è stabilito un pieno

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contatto fusionale, una sana confluenza fra i due corpi e il confine è aperto, è in atto una mobilizzazione dell’energia.

Durante questa fase i meccanismi di interruzione che possono emergere sono:

La retroflessione: la frase che più lo rappresenta è “faccio a me stesso quello che vorrei fare a te o ciò che vorrei ricevere da te”. In questo modo l’individuo riduce lo scambio tra sé e l’ambiente rivolgendo verso se stesso le sue energie.

Quando la retroflessione è sana consente di sviluppare la maturità e il controllo di sé, consente di darsi da solo ciò che si aspettava dagli altri, ma che non gli hanno dato.

Questa modalità, quando si irrigidisce e diventa incontrollabile, si esprime in un blocco delle emozioni e delle pulsioni o una esagerata gratificazione narcisistica.

Le tecniche utilizzate per contrastare la retroflessione sono: il dialogo tra le parti; la sedia vuota; il sostegno delle emozioni; la catarsi liberatoria; il chiedere agli altri di soddisfare i propri bisogni; la mobilizzazione dell’energia verso l’altro;

La deflessione: colui che deflette evita il confronto diretto. La deflessione è un meccanismo di interruzione che consente di privare di calore il contatto che è in corso, di attuare una fuga, un evitamento e si manifesta con il distogliere lo sguardo dalla persona che parla, parlare troppo o per circonlocuzione, ridere di ciò che si è detto etc.

La deflessione può essere considerata sana quando occorre adottare un’efficace strategia di adattamento, ma se si irrigidisce può diventare patologica lasciando

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l’individuo in un clima tenue che impedisce ogni esperienza forte e formativa di crescita.

Le tecniche utilizzate per contrastare la deflessione sono il continuum di consapevolezza; il supporto per stare nella presenza senza evitare emozioni (o sentimenti) che sono percepite come pericolose;

La confluenza: con questa modalità di interruzione la persona confonde ciò che è suo con ciò che è dell’altro. È uno stato in cui manca il confine ed il Sé perde la sua identità. C’è indifferenziazione tra il Sé e l’ambiente e manca il contatto. Possono esserci momenti sani di confluenza, anche molto desiderabili. Per fare un esempio si può parlare di due amanti che in alcuni momenti possono vivere stati di fusione molto profondi. Successivamente ai momenti di confluenza dovrebbe esserci il ritiro, che consente di masticare e assimilare l’esperienza fatta. Possono esserci però situazioni in cui il ritiro è difficile o non avviene affatto. L’individuo confluente per evitare la separazione è costretto a vivere in simbiosi e a non sapere dove finisce lui e dove cominciano gli altri, è una persona che segue la corrente.

Le tecniche per contrastare la confluenza sono legate a lavori sulla differenziazione tra ciò che e mio e ciò che è tuo e sulla presa di responsabilità delle proprie azioni.

il post-contatto (o ritiro), il Sé funziona secondo la modalità “personalità”. E’ una fase di assimilazione che favorisce la crescita. In essa, io “digerisco” la mia esperienza. Il Sé perde a poco a poco la sua acutezza; la coscienza diminuisce progressivamente e il soggetto si ritrova disponibile per un’altra azione; la Gestalt è chiusa, un ciclo è compiuto. “Ora sto bene,

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ciao” e la persona si ritira per assimilare l’esperienza fatta. Il bisogno è stato soddisfatto e ci si trova in una situazione di Vuoto Fertile in cui nuovi bisogni possono emergere.

Esistono altri due meccanismi di interruzione del contatto, l’egotismo e la proflessione.

L’Egotismo, sintetizzato nella frase “esisto soltanto io con i miei bisogni”, è sano quando consente all’individuo di attuare delle chiusure temporanee per alimentarsi, nutrirsi, per far crescere la propria autostima ed assertività, per imparare a dire NO. Il problema si presenta quando questo momento non è superato (e quindi sostituito dalla dimensione di interdipendenza) in cui il soggetto è sì autonomo, ma incapace di scegliere per sé momenti di dipendenza e confluenza con gli altri. L’egotismo, come rinforzo del confine-contatto e potenziamento dell’Io viene sviluppato volentieri da diversi approcci e in particolare da quello Gestaltico.

Qualsiasi cliente, in una relazione d’aiuto e in effetti, si interessa molto a se stesso e ai suoi problemi, passando diverse ore ad osservarsi, a raccontarsi o a mettersi in scena, a fare delle esperienze, a sacrificare tempo e denaro per il proprio sviluppo e per il proprio star meglio. Si tratta di un vero e proprio periodo di egotismo o di egocentrismo. E’ altresì vero che un intervento di Counseling può considerarsi concluso quando questa provvisoria focalizzazione su se stesso viene riposta.

In Gestalt accade ciò quando il cliente non si compiace più di se stesso, in un atteggiamento di eccessiva indipendenza dagli altri, ed è in grado di passare ad una modalità relazionale di interdipendenza.

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Professione: è una combinazione di proiezione e retroflessione sintetizzata dalla frase “fare ad altri ciò che si vorrebbe che gli altri facessero a noi”.

Ad esempio lodo l’aspetto degli altri affinché gli altri notino il mio.

In questo meccanismo si rileva un’eccessiva permeabilità in uscita che è caratterizzata dall’incapacità a trattenere gli impulsi e quindi a dilazionare nel tempo il soddisfacimento dei propri bisogni.

1.6 L’Analisi Transazionale

L’Analisi Transazionale è una teoria dello sviluppo della persona, del suo funzionamento intrapsichico e dei suoi comportamenti interpersonali.

E’ una teoria psicologica di facile comprensione ma estremamente acuta, valida anche nel campo dell’educazione e delle organizzazioni.

La filosofia globale dell’Analisi Transazionale inizia con il presupposto che tutti sono OK. Ciò significa che ognuno di noi, a prescindere dal nostro stile di comportamento, ha un nucleo di fondo che è degno di essere amato e che ha la potenzialità e il desiderio di crescita e di autorealizzazione.

La teoria dell’Analisi transazionale è basata su un modello decisionale. Ciascuno di noi impara comportamenti specifici e decide un piano di vita nell’infanzia. Benché le nostre decisioni infantili siano fortemente influenzate dai genitori e da altre persone, siamo noi stessi che prendiamo queste decisioni nel modo caratteristico di ognuno. Dal momento che siamo noi ad aver deciso il nostro piano di vita, abbiamo anche il potere di cambiarlo, prendendo nuove decisioni in qualsiasi momento.

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L’Analisi Transazionale è uno strumento molto elastico di intervento nella relazione d’aiuto, in quanto a carattere contrattuale. I contratti di Counseling sono quelli attraverso i quali viene specificamente stabilita la meta dell’intervento.

Essi possono essere distinti in contratti di controllo sociale e contratti di autonomia.

I contratti di controllo sociale hanno come obiettivo un cambiamento comportamentale e il suo mantenimento nel tempo.

Per contratti di autonomia si intendono invece quei contratti in cui la meta dell’intervento di Counseling non è solo un cambiamento comportamentale ma un cambiamento del copione della persona.

L’Analisi Transazionale inoltre può essere utilizzata sia nell’intervento individuale che in quello di gruppo.

I disturbi psichici con cui l’approccio A.T. è indicato sono:

Le strutture nevrotiche, anche gravi, sia fobico – ossessive, che isteriche e depressive;

Le strutture borderline, poiché queste hanno bisogno di un setting ben strutturato, chiaro, teso alla focalizzazione della realtà;

Le strutture psicosomatiche, per le quali è stato elaborato, nell’ambito dell’A.T., un lavoro di tipo corporeo attraverso l’integrazione di tecniche mutuate da altri approcci (es. approccio gestaltico);

Le strutture psicotiche, a condizione però che sia possibile il lavoro in una struttura di tipo comunitario – residenziale.

- Storia e sviluppo

La storia e lo sviluppo dell’A.T. coincidono solo in parte con la storia e la vita di Eric Berne (1910 – 1970) il suo fondatore. Quest’ultimo pur essendo l’estensore principale di teorie e tecniche, molte ancora oggi valide e rivoluzionarie, trova a sua volta sostegno e fondamento nel movimento culturale che ha

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caratterizzato l’America degli anni ’40, ’50 e ’60.

Successivamente alla morte di Eric Berne la storia dell’A.T. coincide con la storia della sua progressiva espansione a livello mondiale e della sua strutturazione in organizzazioni nazionali e internazionali. L’ITAA (International Transactional Analysis Association) garantisce rigorosi standard formativi e tutela il titolo di Analista Transazionale la cui formazione è riconosciuta solo se svolta con formatori riconosciuti dall’ITAA o dalle associazioni continentali affiliate.

- Principi e concetti di base

Stati dell’Io

L’Analisi Transazionale individua tre differenti Stati dell’Io nella struttura della personalità di ciascun individuo e sono:

Il Genitore: è l’insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che incorporiamo durante la nostra infanzia ed adolescenza dai nostri genitori reali (o chi ne fa le veci), dai parenti, maestri, insegnanti, o da tutte quelle persone autorevoli che incontriamo negli anni della nostra formazione;

L’Adulto: è un insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti coerenti con la situazione che stiamo vivendo (qui ed ora) e indica la nostra capacità di elaborare continuamente nuovi dati;

Il Bambino: è l’insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che risalgono alla nostra infanzia ed è la parte che ci fornisce le motivazioni principali del nostro agire.

Ciascuno di noi possiede ed utilizza tutti e tre gli Stati dell’Io. È possibile, in ogni caso, che ci sia la tendenza ad utilizzare in modo privilegiato uno dei tre. Per esempio è facile ipotizzare che una persona con tendenze iperprotettive, nel farsi carico in modo eccessivo dei problemi degli altri oppure nel criticare esageratamente o dettare norme e regole di

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comportamento a chi gli sta vicino, utilizza in prevalenza lo stato dell’Io Genitore.

Il Counsellor guida il cliente al riconoscimento e alla consapevolezza dei propri Stati dell’Io affinché egli possa utilizzarli tutti e tre positivamente, arricchendo così le proprie opzioni e migliorando la qualità della propria vita e delle proprie relazioni.

Transazioni

Dalle transazioni appunto prende il nome l’Analisi Transazionale sviluppata da Eric Berne a metà degli anni ‘50.

Ogni volta che una persona è in relazione con un’altra persona si avranno delle transazioni. Ogni transazione è composta di uno stimolo e di una risposta. Inoltre le transazioni possono essere scambiate a partire da qualunque Stato dell’Io.

Le transazioni sono classificate in Complementari, Incrociate, Ulteriori e a ciascun tipo di esse corrispondono diverse regole della comunicazione.

L’analisi delle transazioni costituisce il ponte tra livello intrapsichico e livello sociale. Essa consente alle persone di divenire maggiormente consapevoli di ciò che accade (sia internamente che esternamente) quando comunicano con gli altri e di migliorare così le proprie relazioni e l’efficacia del proprio modo di comunicare. Tale approccio costituisce una delle peculiarità e strumenti di forza dell’Analisi Transazionale.

Giochi psicologici

Il gioco psicologico è una serie di transazioni ulteriori ripetitive cui fa seguito un colpo di scena con uno scambio di ruoli, un senso di confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole come tornaconto finale, in termini di rinforzo di convinzioni negative su di sé, sugli altri, sul mondo. L’Analisi Transazionale aiuta ad essere consapevole dei propri giochi, a smettere di giocare o a giocare in modo meno “pericoloso”.

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Copione

Un Copione è un piano di vita personale che un individuo decide in giovane età, in relazione alla sua interpretazione degli avvenimenti sia esterni sia interni, dei messaggi ricevuti dai genitori e via via sostenuto da decisioni successive.

L’intervento di Counseling con l’Analisi Transazionale aiuta le persone a divenire consapevoli del proprio copione di vita e a modificarlo se questo è limitante per loro. La persona può essere aiutata anche a ritornare a quelle prime esperienze che hanno fatto sì che prendesse delle decisioni che allora erano necessarie per la sua sopravvivenza fisica o psichica (es. “non fidarsi degli altri”), ma che ora rappresentano un intralcio. Essa può prendere ora la ridecisione di comportarsi in modo diverso per vivere una vita più soddisfacente nel presente.

Tuttavia lavorare con il copione è molto delicato, implica una ristrutturazione della personalità e pertanto richiede un intervento specifico che va oltre le competenze e la sfera di azione di un Counsellor.

Il Counsellor può in ogni modo lavorare sulle transazioni e sugli stati dell’Io, operando sulla base del “contratto”, sull’accordo specifico con il Cliente riguardo al risultato che quest’ultimo intende raggiungere. L’obiettivo, attraverso l’analisi delle transazioni, è quello di interrompere i giochi (transazioni ulteriori), in cui si scambiano emozioni parassite che non nascono nel qui-e-ora, ma si rifanno a vissuti e scenari passati.

L’A.T. è molto integrata con la Gestalt, è in particolare utilizza la tecnica delle “5 sedie vuote” (G+, G-, B+, B-, A) che è in ogni modo molto delicata ed è percorribile solo quando l’alleanza fra il Counsellor e il Cliente è forte e collaudata.

La meta è l’Adulto integrato, in cui tutte le parti funzionano e si esprimono adeguatamente secondo il contesto, ovvero l’Adulto capace di autonomia attraverso il recupero di consapevolezza, spontaneità, intimità.

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Permesso, Protezione e Potenza

Il Permesso è una parte molto importante dell’A.T. ed è la situazione in cui il Counsellor offre al Cliente l’opportunità di “accogliersi” e accettarsi per ciò che è. Anche la Protezione dalle paure, l’azione di sostegno, offerta alla persona è un aspetto fondamentale del cambiamento per chi è pronto a uscire dal proprio copione (“mi concedo il diritto di cambiare, andrà tutto bene”). Il permesso e la protezione aumentano la Potenza ri-decisionale (“se io sono, posso decidere e scegliere”).

1.7 La PNL – Programmazione Neuro Linguistica

La PNL o programmazione neuro linguistica è una disciplina nata negli anni 70 dal genio creativo di Richard Bandler e John Grinder, psicologo il primo e linguista il secondo, che ebbero l’intuizione di studiare il comportamento effettivo di persone eccellenti, più che ascoltare le loro idee.

Che cosa significa l’espressione Programmazione Neuro Linguistica?

Secondo gli autori, tale espressione indica il procedimento fondamentale usato dagli esseri umani per codificare, trasferire, guidare e modificare il comportamento.

Qualsiasi tipo di comportamento è programmato con la combinazione e la disposizione in sequenza delle rappresentazioni del sistema neurale.

“Neuro” indica che ogni comportamento risulta da processi neurologici;

“Linguistica” che tali processi sono rappresentati, ordinati e disposti in sequenza in modelli e strategie attraverso il linguaggio e i sistemi di comunicazione.

“Programmazione” si riferisce al processo attraverso il quale le rappresentazioni sensoriali sono organizzate per il conseguimento di specifici risultati.

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Peraltro la parola Programmazione ci fa pensare a qualcosa di codificabile e modificabile. Noi non operiamo direttamente sul mondo, ma attraverso interpretazioni codificate dell’ambiente quale lo sperimentiamo mediante la vista, il suono, l’odore, il sapore e la sensazione. Noi non possiamo elaborare cognitivamente e consapevolmente tutti gli stimoli che ci provengono dai diversi canali sensoriali, ma filtriamo i dati che ci arrivano dalla realtà, così otteniamo una mappa “mentale”. Ognuno di noi, quindi, momento per momento, seleziona gli stimoli che gli appaiono più significativi e si costruisce un suo modello di realtà.

Questi filtri, allora, ci aiutano a costruire i nostri schemi cognitivi e ad orientarci nel mondo, poiché potremo muoverci solo utilizzando la mappa che abbiamo costruito, ma la mappa non è il territorio.

Le informazioni, provenienti dall’esterno e anche quelle riguardanti i nostri stati interni, sono ricevute, organizzate, unificate e trasmesse tramite un sistema interno di vie neurali che hanno il loro centro nel cervello, il “biocalcolatore centrale di elaborazione”.

Queste informazioni sono elaborate mediante strategie interne apprese da ciascun individuo ed il risultato di tutta l’operazione è il “comportamento”, pertanto, possiamo definire comportamento tutte le rappresentazioni sensoriali sperimentate ed espresse sia interiormente sia esteriormente, che siano evidenti al soggetto e/o ad un osservatore esterno.

Le informazioni sul mondo raccolte attraverso i cinque sensi (che sono pure limitate, infatti, ci sono suoni che non sentiamo o cose troppo piccole che non possiamo vedere) costituiscono la struttura profonda del soggetto, una specie di deposito cui si accede per richiamare le informazioni che servono in un determinato contesto. Tale struttura, non solo non corrisponde alla realtà, ma è ulteriormente lacunosa e incompleta, perché poniamo attenzione ad una cosa più che ad un’altra. Quando poi andiamo a ripescare l’informazione che ci serve per riportarla a consapevolezza, nel riportarla in superficie essa perde ancora dei pezzi, infatti, dobbiamo fare i conti con la capacità e la volontà di ricordare. Così si

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costruisce una struttura superficiale, che è immediatamente disponibile, consapevole, chiara, ma in parte impoverita, incompleta. Per rappresentare le nostre esperienze, ci serviamo dei sistemi del linguaggio, perciò quando il Cliente parla opera una trasformazione (grammatica trasformazionale) dalla struttura profonda (concetto) a quella superficiale (la frase). Se la struttura superficiale è molto povera il cliente non ha tutte le informazioni che gli servono, e vive male.

Prestando molta attenzione al modo in cui egli si esprime, capiamo quanto è carente la struttura superficiale della persona che ci è di fronte e proviamo ad arricchirla, in modo che possa orientarsi meglio.

Tre sono i difetti principali che si incontrano nelle espressioni linguistiche, che rivelano mancanze nel modello del mondo di una persona:

Generalizzazione: il procedimento con il quale una specifica esperienza giunge a rappresentare l’intera categoria cui appartiene. Appaiono nel discorso quantificatori universali come tutto; tutti; nessuno; mai; sempre (es. “nessuno mi ama” senza specificare chi non lo ama) oppure espressioni come “è bene …”, “è vero…”, ma si omette di dire chi ha dato la regola;

Cancellazione: il procedimento mediante il quale si selezionano determinate parti del mondo e le si escludono dalla rappresentazione creata dal modellamento della frase. Nell’ambito dei sistemi di linguaggio la cancellazione è un procedimento trasformazionale in cui si rimuovono talune parti della struttura profonda, che pertanto non compaiono nella struttura superficiale. La cancellazione si manifesta come cancellazione di sé nell’uso dell’impersonale (uso degli avverbi terminanti in –mente); oggetti della frase presenti, ma non specificati (“queste cose mi opprimono”); presenza nella frase di operatori modali (verbi dovere, potere), di paragoni incompleti (“lei è una donna superiore”. Superiore a chi?);

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Deformazione: il procedimento con il quale i rapporti che intercorrono tra le parti del modello sono rappresentati in modo diverso dai rapporti che si presume debbano rappresentare. Uno degli esempi più comuni di deformazione nel modellamento è la rappresentazione di un processo in corso con un evento. E’ ciò che nell’ambito dei sistemi di linguaggio si chiama nominalizzazione. In sostanza un processo in divenire è trasformato in evento, per cui ci si preclude la possibilità di intervenire su quel processo (ad es. “la separazione da mia moglie è difficile” in cui l’uso del sostantivo “separazione” al posto del verbo “separarmi” evita la focalizzazione sul processo della separazione).

Un intervento di Counseling efficace induce nel cliente un cambiamento nella consapevolezza dei meccanismi utilizzati per impoverire la propria mappa, e quindi nella rappresentazione della sua esperienza.

Con la PNL, le persone imparano ad osservare, interferire e rispondere agli altri tramite modelli impliciti resi espliciti, perciò gli operatori della relazione di aiuto si trasformano da maghi in maestri, da cui è possibile apprendere.

I miei docenti, Edoardo Giusti e Claudia Montanari, hanno esaminato le principali critiche mosse alla P.N.L. Per quanto riguarda la sua consistenza interna, essi rilevano che “il sistema della P.N.L. sullo sguardo, la postura, il tono di voce e il linguaggio usato, considerato come un insieme di modelli rappresentativi, non deriva da nessun lavoro scientifico conosciuto. Inoltre, non esiste alcuna documentazione interna che supporti le teorie su questo sistema”.

Secondo Giusti e Montanari, non c’è materiale a sufficienza per rispondere in modo definitivo al quesito se essa funzioni o no. I suoi aspetti potenzialmente positivi non sono né unici né riservati alla P.N.L. e non sono legati alla supposta base teorica dello sviluppo empirico di una serie di procedure. Il miglior contributo offerto ai vari

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approcci della relazione d'aiuto, da parte di Bandler e Grinder, è di tipo pragmatico.

Del resto Bandler e Grinder affermano che non sono interessati a quello che la gente dice, ma a quello che fa veramente e sulla base di quello che essi hanno osservato costruiscono dei modelli.

1.8 Il modello cognitivo - comportamentale

Il modello cognitivo - comportamentale si basa su principi e procedure tratte dalla psicologia sperimentale, in particolare dall’apprendimento sociale.

Secondo questa teoria, i comportamenti normali e la maggior parte dei comportamenti dis - adattivi sono mantenuti e modificati da eventi ambientali.

L'approccio cognitivo - comportamentale, nell’analisi e nello sviluppo di metodi per il cambiamento del comportamento, enfatizza la costante reciprocità tra azioni della persona e conseguenze ambientali. L'intervento deve comprendere un dettagliato e continuo processo di valutazione dei singoli problemi portati dal Cliente, quindi, si focalizza prima di tutto nell’individuazione delle determinanti attuali del comportamento.

I maggiori teorici del modello cognitivo - comportamentale sono:

- John Broadus Watson il quale fonda il movimento del comportamentismo (behaviorismo) negli Stati Uniti nel 1913.

In contrapposizione alla psicologia dell’introspezione e degli stati di coscienza propone il passaggio all’analisi dei comportamenti oggettivi, empiricamente osservabili, e quindi elevare la psicologia a scienza del comportamento e dell’interazione tra l’organismo e l’ambiente. Secondo Watson l’uomo è totalmente il prodotto delle sue esperienze e lo sviluppo dell’individuo può essere influenzato controllando le esperienze cui esso viene esposto. Di conseguenza assume importanza centrale lo studio dell’apprendimento.

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- Burrhus Frederick Skinner, capofila degli psicologi neo-comportmentisti ha condotto degli studi sul condizionamento operante sugli animali, su basi rigorosamente sperimentali, estendendo il metodo e i risultati del suo lavoro al campo del linguaggio e del pensiero umano.

- Albert Bandura, i suoi interessi spaziano dalla psicologia evolutiva alla psicologia sperimentale, dalla psicologia della personalità alla psicologia sociale.

Nonostante la sua matrice scientifica sia riconducibile al comportamentismo nel corso degli anni ha aderito sempre più al cognitivismo elaborando la “teoria sociale cognitiva”, basata sulla concezione della persona come agente attivo in grado di rappresentarsi l’esperienza.

- David Meichenbaum, nel 1973 ha elaborato il primo modello cognitivo con il suo “Training di autoistruzioni” introducendo il concetto di comportamento operante mentale. Con il suo metodo si propone di ristrutturare le cognizioni del Cliente attraverso il cambiamento delle sue autoaffermazioni.

Per cambiare le cognizioni è necessario agire sulla struttura cognitiva che organizza schemi e modelli; sul dialogo interno della persona che influenza il modo di vedere le cose e di comportarsi.

- Albert Ellis, ha sviluppato un particolare approccio d'intervento, il modello emotivo–razionale, conosciuto anche come REBT (Rational Emotive Behavior Therapy).

La REBT afferma che le persone possono diminuire i loro sentimenti e comportamenti controproducenti e portatori di malessere, identificando le proprie idee irrazionali, analizzandole, confrontandole su un piano concreto e reale per modificare le proprie emozioni e il proprio comportamento.

- Aaron T. Beck, l'approccio cognitivo di Beck si basa sul concetto di “distorsioni cognitive”.

Le “distorsioni cognitive” si manifestano nel disinteresse per alcuni aspetti importanti di una situazione, nella generalizzazione di

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singoli eventi di fallimento e nel pensiero eccessivamente rigido e semplificato (assoluto, moralista, irreversibile). Meta dell’intervento nella relazione d’aiuto è la modificazione cognitiva dello schema da cui ha origine la depressione e da cui deriva la visione negativa di sé, delle esperienze in corso e del futuro e che si autoalimentano attraverso pensieri automatici negativi.

1.9 I Modelli Psicodinamici

- La teoria del modello di attaccamento

Dobbiamo questa teoria a John Bowlby, psicoanalista ed etologo inglese.

Profondamente colpito dai problemi psichiatrici dei bambini separati dai genitori nel periodo della guerra, si occupò negli anni 50 dell’attaccamento: tendenza innata a stabilire dei legami con individui della stessa specie.

La figura materna non è più considerata soltanto come oggetto di investimento libidico e fonte di soddisfacimento dei bisogni primari del figlio, ma soprattutto dispensatrice di cure e vissuti emotivi ed affettivi. Bowlby introduce il termine di “care giver” (agente di cure) per definire che non solo la madre è la dispensatrice di tali cure, ma anche il padre, i nonni etc. possono assumere di volta in volta tale ruolo. Una funzione di accudimento è tanto più efficace quanto più è presente la disponibilità, la responsabilità e la costanza dell’agente di cure. Di conseguenza è facilmente comprensibile che separazioni ripetute, prolungate generino sentimenti di angoscia che possono minare la sicurezza interiore del bambino, sviluppando un'ansia anticipatrice del distacco e dell'abbandono e una fragilità emotiva determinata dall’instabilità della figura materna. L’aspetto relazionale, quasi innato, sembra evidente nell’uomo fin dai primi anni di vita.

La fase di pre-attaccamento comprende i primi quattro mesi di vita circa.

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Non è ancora presente, inizialmente, una vera interazione sociale. Attraverso la reciproca sperimentazione dei segnali di richiamo, accudimento, sollievo dal disagio, si creano le basi del legame di attaccamento.

Una sensazione tattile, visiva, o sonora, non è percepita con la stessa modalità e tonalità piacere-dispiacere da ogni bambino. Una carezza potrebbe essere percepita come un soffio dall'uno e sentita invece come un’abrasione, una scottatura dall'altro.

È attraverso l'osservazione attenta e amorevole che il genitore può scoprire quale sia la sensorialità più gradita al figlio, e, utilizzando stimolazioni attraverso quel canale, riuscire a far tollerare anche quelle che recepisce più difficilmente. Dopo i primi scambi con l’agente di cura e i primi apprendimenti il bambino comincia inoltre a spostarsi da solo verso la persona individuata come base sicura, di cui ricerca attivamente la prossimità. Quindi, riconosce l’agente di cura come base sicura.

Nella fase successiva dello sviluppo del legame di attaccamento, il bambino impara ad utilizzare in modo selettivo gli adulti per lui significativi, non solo come base sicura, ma anche come riferimento sociale.

Di fronte ad una situazione nuova, o quando è in difficoltà, o ha un piccolo incidente, prima di decidere cosa fare il bambino controlla l’espressione del volto della figura di attaccamento per decidere come regolare il proprio comportamento, cioè modella il suo comportamento in base alla reazione dell’agente di cura osservata.

In ultimo il bambino sviluppa la capacità di posticipare la gratificazione derivante dal contatto con la madre ed è più consapevole della disponibilità della figura di attaccamento, che continua anche quando è momentaneamente assente. Successivamente, in questo periodo, il bambino stabilisce legami di attaccamento multipli: i nonni, la baby-sitter, il padre (se già questi non aveva stabilito un legame privilegiato col bambino) che rappresentano basi sicure alternative a quelle privilegiate.

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Secondo questa teoria si possono evidenziare principalmente tre stili di attaccamento:

L'attaccamento "sicuro" è uno stile sviluppato in bambini cresciuti con caregiver responsivi. Il soggetto è caratterizzato da un sentimento di fiducia nei confronti delle figure con cui viene in contatto, non è preoccupato di essere abbandonato e presenta una visione di sé "come una persona degna di valore";

L'attaccamento "evitante" si sviluppa invece in quei soggetti in interazione con un caregiver distanziante ed è caratterizzato da una inibizione "attiva" dei bisogni di attaccamento, come risposta ai rifiuti ricevuti alle richieste di relazione emesse verso la figura di riferimento protettiva, durante la ricerca di un'intimità emozionale;

L'attaccamento "ansioso/ambivalente" è caratteriz-zato da uno sviluppo riflettente un rapporto con figure di riferimento producenti un tipo d'interazione che va dall'inconsistente (incapacità a comprendere i segnali emessi dal bambino), all'invadente (propensione all'intromissione forzata all'interno dei momenti d'intimità del bambino). In questo stile di attaccamento il soggetto è caratterizzato dalla preoccupazione che gli altri non condividono il suo stesso desiderio d'intimità. La conseguenza che ne deriva è lo sviluppo di un alto livello d'ansia durante le interazioni relazionali.

- Il transfert e il controtransfert

Freud, nel XIX secolo parla del transfert, considerandolo sia la manifestazione della malattia sia lo strumento di cura: “L’aria sarà da ora i poi così piena di fantasmi che nessuno saprà come evitarli” (Faust).

Il termine transfert per gli psicoanalisti designa e consiste nel “processo per cui i desideri inconsci si attualizzano su determinati

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oggetti nel quadro di un dato tipo di relazione stabilito con loro, e, in particolare nel quadro della relazione analitica”. In questi casi si tratta del reiterarsi di prototipi infantili che emergono con un forte senso di attualità.

Classicamente il transfert è riconosciuto come il “terreno su cui si mette in gioco l’intera problematica di una cura psicoanalitica, che è caratterizzata dal suo instaurarsi, dalle sue modalità, dalla sua interpretazione e risoluzione”.

Il termine Transfert deriva da “trasferire”:

- Portare in altro luogo;

- Riversare su altra persona;

- Passare da un soggetto ad un altro.

Nelle relazioni d’aiuto, in genere, il transfert è lo spostamento che avviene in modo inconsapevole e automatico di un’energia di tipo affettivo o libidica da un soggetto ad un altro. Il Transfert è un fenomeno che si ripete con costanza e caratterizza la totalità degli atteggiamenti emozionali, i quali derivano dalle figure del nostro passato, da qualcosa che fa parte della nostra vita privata riferita in particolare a relazioni con figure importanti quali ad esempio quelle genitoriali o caregiver.

Il transfert può avere connotazione di tipo

- positivo quando è riferito a emozioni di: amore, piacere, fiducia, accettazione, contentezza, gratificazione;

- negativo quando è connotato da rifiuto, rabbia, paura, timore, disgusto, tristezza.

Il transfert quindi è un meccanismo per il quale ogni individuo tende a spostare schemi di sentimenti e pensieri, relativi a una relazione significante, su una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale.

Infatti, di fronte a un evento che ci suscita o interesse o repulsione abbiamo modo di sperimentare lo stress e la nostra risposta spesso è di tipo regressivo, influenzata appunto dal

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nostro vissuto. In questo modo mettiamo inconsapevolmente in opera dei comportamenti irrazionali e non funzionali in quel momento, chiamati “coazione a ripetere”. Vale a dire riproponiamo, durante un percorso di crescita, modalità conflittuali “antiche” che spostiamo sul Counsellor. Allo stesso modo è anche possibile recuperare ricordi frustranti, dolori emotivamente forti e legati a persone che sono state per noi importanti nel nostro passato. L’utilità del transfert è finalizzata a risolvere, lavorare, quei vissuti pesanti, che sono rimasti irrisolti, in sospeso dalla nostra infanzia e che hanno generato un blocco, un arresto psico-emotivo, influenzando in modo distorto e interferendo in modo non funzionale sulle nostre esperienze attuali.

Nella relazione d’aiuto il transfert emerge nel portare alla luce elementi problematici di desideri taciuti che, dunque, si ripresentano in tale relazione. Possono, così, essere interpretati e risolti riportando le reazioni del Cliente nel presente, consentendogli di sperimentare l’esperienza con una persona del presente e non come se questa appartenesse al passato, evitando di distorcere in questo modo la realtà.

Nella pratica della relazione d’aiuto non è possibile prescindere dal livello transferale e contro transferale della stessa. Questi aspetti ne sono parte integrante, infatti, ogni comunicazione verbale e/o non verbale è circolare.

Nel setting di Counseling è doverosa la coscienza dei processi legati al transfert e controtransfert. Infatti, la consapevolezza del materiale legato a tale esclusiva circolarità deriva direttamente dall’esperienza approfondita di iter personali del Counsellor. In particolare, il materiale di controtransfert diviene oggetto di supervisione.

Nella relazione d’aiuto il Counsellor non elabora il transfert del proprio cliente perché lavora a livello di salutogenesi. Eventuali problematiche di questo tipo saranno chiarite ed elaborate in fase di supervisione. E’ importante che il Counsellor

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comprenda come si sente con il suo Cliente e se proprio sente di non poterlo aiutare, lo invierà ad un professionista qualificato che possa intervenire in quella specifica situazione.

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PARTE SECONDA

IMPOSTAZIONE E GESTIONE DEL LAVORO DI COUNSELING

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2.1 Applicazione del modello teorico concettuale sviluppato nella formazione

L’applicazione del modello teorico concettuale che ho sviluppato nella formazione è stato da me applicato ad un caso, di seguito descritto nelle sue componenti.

a) Setting:

Luogo degli incontri

Il setting inteso come luogo nel quale svolgo l’attività di Agevolatore nella relazione d’aiuto, è una stanza della casa dove vivo adibita a studio.

Lo studio è arredato con una scrivania, due divani rivestiti con i toni del blu e del bianco, tende bianche alla porta finestra e una libreria. Sulle pareti vari quadri con soggetti diversi.

L’ambiente è luminoso e rilassante e soprattutto protetto e riservato.

Al fine di garantire l’elemento prevedibilità e attendibilità del setting, ho avuto cura di non effettuare cambiamenti o modifiche a quello che le mie Clienti hanno trovato sin dal primo giorno di incontro. Mi è sembrato questo un elemento rilevante di coerenza, al fine di offrire alle mie clienti la certezza di ritrovare un ambiente prevedibile.

Adiacente al palazzo dove vivo si trova un grande parcheggio, anche se a pagamento.

Inoltre va rilevato che in questa casa vivo da sola.

Dimensione temporale

Gli incontri hanno luogo una volta la settimana alle ore 18:30, il mercoledì.

E’ stato stabilito che nel caso fosse necessario spostare, rimandare o annullare questo deve essere comunicato almeno il giorno precedente all’incontro.

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Confidenzialità

La regola della confidenzialità rispetto alle cose portate negli incontri è stata da me esplicitata alla mia cliente.

Ho informato la mia cliente che frammenti delle nostre sedute avrebbero potuto essere oggetto di supervisione.

L’ho anche informata che i suoi dati personali non sarebbero stati resi noti.

Nel complesso ho cercato di costruire un setting, in senso ampio, che si configurasse come un contenitore ideale per un lavoro di Counseling, che fosse il più possibile adatto a creare fiducia, coinvolgimento e collaborazione e soprattutto ad ospitare i vissuti emozionali, le difficoltà, le sperimentazioni di nuove possibilità di vita, anche se solo immaginate delle mie clienti.

Durante il primo colloquio ho anche voluto precisare la differenza che c’è tra Counseling e Psicoterapia.

Demistificazione del Counseling

Durante lo svolgimento dei primi incontri e successivamente quando ne ravvisavo la necessità ho sempre informato le mie clienti sul metodo utilizzato, sia esso l’ascolto attivo, il senso della riformulazione, il monodramma, il continuum di consapevolezza, l’esperimento, cenni sul nostro funzionamento rispetto all’A.T. etc. usando termini appropriati che consentissero alle mie clienti di comprendere il mezzo e l’obiettivo che si cercava di raggiungere.

b) Problematiche affrontate :

l’insicurezza;

il senso di inferiorità quindi ….

il recupero e lo sviluppo dell’autostima;

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il miglioramento della relazione nella coppia;

il recupero del calore nelle relazioni familiari;

un migliore contatto con le proprie emozioni.

c) Prassi metodologica selezionata

Insieme al mio bagaglio di caratteristiche personali, nella pratica ho utilizzato:

Il metodo Rogersiano dell’ascolto attivo, cercando di favorire l’autoesplorazione, l’alleanza nella relazione d’aiuto e il processo di auto comprensione e auto chiarificazione nella Cliente. Ho ricercato in me stessa la “comprensione empatica” verso la mia Cliente, ho cercato di percepire i suoi punti di vista, il suo quadro di riferimento, le sue esperienze e i suoi sentimenti. Attraverso il rispetto del materiale che la mia Cliente portava nella relazione ho realizzato in me stessa una vera, intima, accettazione incondizionata al fine di favorire il suo cambiamento;

Tecniche più direttive quando questo è stato necessario, come quelle gestaltiche, con l’uso del monodramma o della sedia bollente, piuttosto che l’attenzione al “qui ed ora” con il continuum di consapevolezza etc.

Ho anche utilizzato elementi del Counseling breve di Littrel, come domande miracolose, focus sugli obbiettivi invece che sui problemi, accentuazione le risorse del cliente, compiti a casa etc.

d) Rete di supporto professionale

La Cliente mi è stata inviata da una collega Counsellor, alla quale a mia volta ho inviato altri Clienti.

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e) Supervisione

Durante la fase di “Supervisione/discussione casi” all’ASPIC ho potuto avere dei chiarimenti rispetto alle seguenti aree e problematiche:

L’uso di strumenti produttivi finalizzati (agenda, diario, rubrica etc.);

Promozione e visibilità;

Gestione e lavoro sulla rabbia;

Potere del Counsellor / potere del cliente;

Il linguaggio;

Gestione di un cliente logorroico;

Rispetto dell’orario / confini;

Gestione delle emozioni;

L'uso delle fotografie e delle metafore;

La confutazione in antitesi al sentire empatico.

2. 2 Il rapporto con il Cliente

a) Fonti iniziali di informazioni

Le iniziali informazioni raccolte provenivano dal Counsellor inviante e successivamente dal colloquio con la Cliente che indicherò con il nome di Patrizia.

Il Counsellor inviante mi aveva informata sul fatto che Patrizia aveva lasciato il suo uomo e datore di lavoro, che aveva un bambino di 4 anni e che aveva bisogno di sostegno.

Successivamente c’è stato un contatto telefonico fra me e Patrizia, dove insieme abbiamo stabilito l’appuntamento del nostro primo incontro.

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I dati identificativi della Cliente sono:

Età: 35 anni;

Sesso: F.;

Nazionalità: italiana;

Stato civile: Nubile.

La famiglia da cui proviene è di livello culturale modesto, costituita dai genitori, entrambi viventi, un fratello che vive fuori casa ed una sorella, ragazza madre. La mamma fa la casalinga con una percezione da parte della Cliente di una donna “bambina” e tuttavia accudente nei confronti della famiglia, con facilità nell’espressione verbale, spesso venata di direttività. Il padre, ex operaio, è attualmente in pensione ed è coinvolto dalla madre nei lavori di casa.

Di seguito riporto tra virgolette quel che la Cliente ha direttamente espresso, durante gli incontri.

b) Situazione di vita attuale

Ha da poco tempo chiuso una storia di 8 anni. Il suo uomo era anche il suo datore di lavoro. La chiusura della relazione ha coinciso con la sua decisione di lasciare anche il lavoro. Ha un figlio di 4 anni. Stava valutando offerte di lavoro nel campo degli operatori turistici ed era molto fiduciosa e sicura di se a questo riguardo.

Un progetto che riguarda l’avviamento di un’attività, insieme a due amiche socie, è in una fase abbastanza avanzata di realizzazione.

b) Abbigliamento e stile generale

Curato, giovanile, senza esagerazione. Nel corso dei nostri incontri ho notato l’introduzione graduale di maggiori elementi di femminilità. Questo si notava nella maniera di vestire, gonne, abiti, orecchini e borse colorate, piuttosto che pantaloni.

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c) Aspetto fisico generale

Aspetto gradevole, capelli lunghi, ramati, occhi e bocca sempre pronti al sorriso. Spesso, tuttavia, abbassa gli occhi e il sorriso è appena accennato. Nel complesso ha un’aria sbarazzina e un leggero vezzoso strabismo.

Le spalle tendono a curvarsi e la postura è chiusa e raccolta sul torace.

Voce impostata, eloquio fluente e deciso che denotano sicurezza, ma la postura raccolta e una certa rigidità nei movimenti mi fanno pensare ad una persona in posizione difensiva.

Leggermente sovrappeso, dieta in corso (trattasi di una ex obesa).

d) Reazioni personali del Counsellor

Questo incontro ha avuto un prima, un durante e un dopo.

Prima dell’incontro con Patrizia, ho avuto cura di pulire e far pulire la mia casa (peraltro già pulita) come se avessi dovuto ricevere un’ospite di grande riguardo, e lo era: la mia prima cliente.

Ho avuto molta attenzione anche nella cura della mia persona, il mio abbigliamento, rossetto sì o no, capelli su capelli giù etc.

Ho avuto cura di prendermi una decina di minuti di rilassamento prima dell’ora stabilita, mi sono tranquillizzata e rincuorata pensando con quale entusiasmo ho affrontato quasi tre anni di Aspic, e alle tecniche e ai metodi di cui ero stata fornita… era finalmente arrivato il momento mettere tutto in pratica.

Quando Patrizia è arrivata ero calma, presente e autentica nell’accoglienza che le ho riservato.

Durante il colloquio mi è venuto del tutto naturale adottare l’ascolto attivo, ero attenta e allo stesso tempo partecipe a e di quello che diceva.

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E’ proprio in questa circostanza che ho avuto modo di verificare personalmente che il Counsellor non si fa, si è.

Siamo andate ben oltre i 60 minuti stabiliti, ma questo è un altro discorso che affronterò successivamente.

Dopo aver lasciato Patrizia ero piacevolmente sorpresa di come mi ero sentita durante l’incontro ed ero felice della sensazione di alleanza che già percepivo fra me e Patrizia.

Ho provato sentimenti di affetto e simpatia per questa ragazza e un forte desiderio di esserle utile.

e) Definizione del problema

Durante i nostri primi incontri, fase di pre-contatto della relazione, ho utilizzato la tecnica non direttiva dell’ascolto attivo, pertanto ho lasciato che fosse la mia cliente ad ipotizzare dove andare e cosa voler esplorare.

Come dice Rogers il Cliente è il maggior conoscitore di se stesso.

Ho così favorito in Patrizia il processo di autoesplorazione e agevolato la creazione di una alleanza nella relazione d’aiuto.

f) Presentazione delle problematiche principali

Patrizia porta nel colloquio la sua vita recente: una rottura definitiva della relazione con il suo compagno, che è anche il suo datore di lavoro, relazione durata 8 anni. Insieme alla relazione affettiva Patrizia ha anche chiuso il rapporto professionale. Di questa relazione le resta un bambino di 4 anni.

Patrizia si sentiva molto sminuita dal suo uomo che tendenzialmente “smontava” ogni sua iniziativa, oltre a ciò mi racconta di una serie notevole di tradimenti che la ferivano molto.

Il suo compagno ha 50 anni, lei 35, quando la relazione è iniziata lei aveva 27 anni e il suo compagno 43.

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Patrizia dice di avere un problema: il problema della relazione con gli uomini. Dice di aver perso ogni fiducia, oltre a non essere più capace di attivare strategie di seduzione e di emozionarsi.

Si sta attivando per la ricerca di un nuovo posto di lavoro, è molto fiduciosa riguardo a questo, si sente sicura e competente nel suo lavoro.

Attualmente ha una relazione con un uomo, e la definisce “senza impegno”.

Ha con rapporti freddi e formali con i genitori e la sorella, anche se quotidiani.

g) Elementi ambientali di sostegno

Patrizia vive con la famiglia di origine, occupando un piccolo appartamento indipendente dal resto della casa.

I suoi genitori, quando necessario, si occupano di suo figlio.

Economicamente autosufficiente (casa di sua proprietà, il compagno sostiene economicamente il mantenimento del figlio, risorse economiche provenienti da lavoro precedente, eventuale supporto economico dalla sua famiglia).

Già dopo il terzo incontro Patrizia aveva intrapreso un nuovo lavoro nell’area dei tour operator, occupando un ruolo di responsabilità.

h) Aspettative ed intenzionalità manifestate dalla cliente

Dopo alcuni incontri, attraverso un processo di continue riformulazioni, necessarie per analizzare le narrazioni di Patrizia al fine di stabilire quale fosse la sua domanda, Patrizia ha manifestato quelle che erano le sue aspettative rispetto al percorso di Counseling.

In particolare racconta: “desidero lavorare sulle mie emozioni, voglio capire come succede che le mie relazioni affettive non mi

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trasmettano alcuna emozione, che il rapporto con i miei familiari, con mia madre e mio padre sia così formale e assolutamente privo di emozioni”.

2.3 Strumenti teorici e tecnici utilizzati nella analisi della domanda e nella concettualizzazione progressiva del caso

- Analisi della Domanda:

Per effettuare una buona analisi della domanda mi sono servita delle seguenti domande/linee guida che hanno portato alla luce il problema così come la mia Cliente lo percepisce, con il suo desiderio di cambiare e con quelle che sono le sue aspettative dal percorso di Counseling:

Che cosa fa’ di questa situazione un problema per Patrizia?

Patrizia sente come un vuoto, una mancanza fisica delle emozioni. Lei vorrebbe emozionarsi, ma non ci riesce. Sente che vorrebbe stabilire delle relazioni, ma di non sentirsi adeguata, di non sentirsi in grado.

In quale contesto il problema si presenta?

Patrizia parla della sua attuale relazione, del suo ultimo incontro. Inizialmente con entusiasmo fino a rendersi conto che l’incontro che c’è stato, ottimo sul piano fisico, non era stato sufficientemente intimo, tant’e che riporta il fatto che i loro sguardi si sono continuamente sfuggiti.

Da quanto tempo si e’ manifestato?

Patrizia attribuisce questa sua mancanza di emozioni al periodo di 8 anni passato con il suo compagno. In questo lungo periodo non si è sentita sufficientemente valutata come donna e

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come persona e pensa che questo abbia influito sulla sua incapacità attuale di emozionarsi.

Quali tentate soluzioni sono state attuate?

Patrizia dice di non aver tentato alcuna soluzione se non quella di cercare di vivere al meglio. Dice di sapere cosa vuole cambiare, ma non ha alcuna idea di come farlo. È comunque una persona che cerca in ogni modo di vivere al meglio: fa sedute di pranoterapia, massaggio californiano, si interessa di cromoterapia per lei e per il suo bambino.

Quali sono le spinte di cambiamento?

Forte desiderio di cambiare, spera con il cambiamento di essere in grado di avere una vita che abbia maggiore significato. E’ decisa e determinata a fare di tutto per ritrovare la “scintilla”, tutto questo finalizzato a instaurare relazioni stabili (si rileva in questo una incongruenza in quanto si vanta, in altri momenti, di essere una fan dell’amore libero e senza problemi). Il miglioramento delle relazioni in famiglia costituisce una forte spinta al cambiamento.

Cosa si aspetta di ottenere in termini di comportamento e di tempi?

Patrizia spera, attraverso l’esplorazione di individuare gli ostacoli e le difficoltà che fino ad ora le hanno impedito una vita di relazione soddisfacente. Le informazioni che maggiormente delineano lo stile di personalità di Patrizia e della sua condizione globale a livello cognitivo e comportamentale - affettivo - relazionale sono state da me raccolte nel corso dei nostri incontri e mi hanno permesso la concettualizzazione progressiva del caso.

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- Stile interpersonale

L’orientamento di Patrizia verso di se è rigido e in qualche misura, privo di calore, è molto orientata sul “devo”, “devo fare da sola” “le relazioni non devono essere invadenti”, “è importante mantenersi liberi e indipendenti”.

Presenta a mio avviso le caratteristiche di un sistema operativo interno insicuro, ”evitante-distanziante”.

Secondo la mia opinione Patrizia potrebbe aver sviluppato un modello di attaccamento evitante che potrebbe essere confermato/associato ad una bassa incidenza di esperienze positive nella relazione.

Il suo comportamento riguardo alle relazioni è quello di non coinvolgersi troppo. Attua di solito, meccanismi di ritiro, tipici dello stile di attaccamento “evitante”.

I suoi sentimenti e comportamenti prevalenti sono ritiro, anestesia emotiva, disconferma del sè.

L’interruzione del ciclo del contatto è la deflessione finalizzata ad attenuare l’intensità relazionale e a consentirle una fuga dalle emozioni.

- Raccolta di informazioni significative

Nella relazione Patrizia si presenta abbastanza compiacente, come una bambina diligente, che vuole fare bella figura. Ad inizio di seduta è sempre molto formale, dice di stare “benissimo”, le sue cose vanno sempre molto bene, persino quando parla di cose tristi tende a sorridere, a sminuire il peso di quello che sta dicendo.

Via via che Patrizia si sente maggiormente a suo agio, che si accoccola sul “suo divano”, che pian piano prende contatto con il suo vero sé, la postura diventa più rilassata, permette alle sue emozioni di affiorare, la narrazione di sé diventa più vera.

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Ed è in questi momenti, in cui Patrizia si è sentita accettata incondizionatamente, che sono apparse le note significative della sua vita.

Patrizia dice di non ricordare nulla della sua infanzia, ma con la tecnica dell’ascolto attivo sono emersi ricordi, immagini, materiale della sua vita che neanche lei sapeva di avere.

Di seguito alcuni elementi significativi emersi durante i nostri incontri, riportati in ordine cronologico, così come si sono affacciati alla consapevolezza di Patrizia:

Patrizia racconta che il suo papà era un papà assente (per motivi di lavoro), non c’era mai, non ha nessun ricordo di lui se non l’assenza.

Ha parlato di quello che sa, di quello che è arrivato a lei riguardo alla sua nascita: aveva 2 giri di cordone intorno al collo, parto naturale, ma molto difficile, l’ostetrica che l’ha fatta nascere ha fatto nascere anche sua madre. E’ stata allattata al seno per pochissimo tempo. Sua madre aveva 21 anni, quando lei è nata e a 25 anni aveva tre figli, quindi Patrizia ha avuto un fratellino a 2 anni e mezzo circa e a 5 è arrivato la sua sorellina. Quando è arrivato il suo fratellino Patrizia è stata 3 giorni chiusa in una stanza senza mangiare. Mi racconta che il suo papà era molto, molto magro e che la sua mamma dopo il secondo figlio è ingrassata 30 chili e che poi è andata sempre peggio. Patrizia è stata una bambina anoressica fino all’età di sei anni, poi bulimica fino alla fine della sua adolescenza e oltre. Mi racconta che nell’età adolescenziale non si è mai occupata dell’acquisto dei suoi abiti. Sua madre si occupava di questo.

Mentre racconta le viene alla mente un altro elemento importante. La sua bisnonna, vissuta fino ai suoi undici anni, diceva sempre che questa bambina sarebbe morta presto per via del fatto che era troppo intelligente. Alla domanda “come è per te ricordare quanto diceva la tua bisnonna?” mi dice che ha sempre avuto il terrore della morte e aggiunge, “forse non volevo vivere

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per non dover morire”, e aggiunge “ora sono molto felice di vivere e voglio vivere bene la mia vita, fino in fondo”.

Di solito la postura di Patrizia nel colloquio e molto rilassata, quasi sdraiata sul divano, quasi sempre con la testa appoggiata allo schienale. Quando il nostro colloquio ci ha portato a parlare della sua infanzia e adolescenza, la sua postura è cambiata, si è seduta in posizione eretta, si è protesa verso di me, denotando un interesse straordinario per questa parte della sua vita, come se si fosse affacciata ad un invisibile balcone per guardare giù e vedere cosa è stato.

Ho restituito a Patrizia questo cambiamento nella postura e lei ha confermato di essere molto curiosa di sapere, di conoscere di più della sua infanzia, che vede come un buco nero. Ha detto anche di avere intenzione di fare delle sedute di ipnosi regressiva per vedere “meglio”.

Patrizia dice di non aver mai abbracciato suo padre nè ricorda di essere mai stata abbracciata da lui. Con suo padre non c’è dialogo, inoltre lei non conosce miti né leggende della sua famiglia, come se non avesse una storia. Parla, tuttavia, di suo padre come di una persona mite, silenziosa e disponibile.

Quando Patrizia parla del padre di suo figlio, con il quale ha vissuto 8 anni, ne parla sempre in modo negativo, elenca i difetti del suo ex compagno e della sua relazione in generale.

In uno di nostri colloqui abbiamo affrontato i vari aspetti e i possibili significati della sua relazione “senza impegno”.

Nella vita di Patrizia le figure maschili sono o negative o sfuggenti a partire dalla figura paterna per arrivare fino all’uomo dell’attuale relazione.

In uno dei successivi incontri, uno degli ultimi, Patrizia arriva molto stanca, sul suo viso qualcosa di strano, immagino una bambina che l’ha fatta grossa e non vede l’ora di raccontarlo. Patrizia dice di essere appena tornata da Firenze, dove si è recata per una seduta di ipnosi regressiva. Le chiedo come si

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sente ora rispetto al lavoro fatto, mi dice di stare bene perché ora sa, e quindi inizia a raccontare la sua esperienza: si trova in una casa, la sua vecchia casa, attraversa la cucina dove tutto e pronto ma non c’è nessuno, scende di sotto, si avvicina al garage, apre una porta di colore rosso, è tutto buio, poi il buio si apre e in fondo al garage ci sono sua madre e suo nonno, suo nonno sta abusando di sua madre, "ma lei non si difende”. In questa circostanza ho effettuato un attento e costante monitoraggio emotivo della mia cliente, continuando con la tecnica dell’ascolto attivo. Non volevo, infatti, in alcun modo rischiare di essere invasiva in questo delicatissimo momento. Questo, a mio avviso, ha consentito a Patrizia di sentirsi accettata e accudita, poiché ritengo che questa è la sensazione che l’ascolto attivo crea nella relazione. Patrizia si sente libera di proseguire nel suo racconto e di esprimere liberamente le sue impressioni riguardo a quello che le è accaduto.

Nel prosieguo del colloquio ho capito che si trattava del suo nonno materno.

Patrizia mi dice di sentirsi sconvolta, ma in qualche misura sollevata da quanto ha scoperto nella regressione, poiché un suo incubo ricorrente è un uomo vestito di bianco vicino al suo letto di bambina. Mi sta comunicando che nel suo intimo lei si è sempre sentita una bambina "violata". Ora, Patrizia, immaginando che questa vicenda ha radici antiche, si sta chiedendo chi è veramente suo padre.

Manifesta l’intenzione di ripetere l’esperienza della regressione, vuole sapere chi è suo padre.

2.4 Piano di intervento

- Definizione dell’obiettivo

L’obiettivo è orientato verso il processo di cambiamento, ricercandolo attraverso la comprensione delle proprie difficoltà, esplorando le dinamiche nella relazione, perseguendo una

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maggiore consapevolezza che si concretizza in una maggiore accettazione di sé che, sola, permette di perseguire il cambiamento.

- Strategie

Le strategie da me individuate nella relazione di sostegno con Patrizia sono:

Monitorare continuamente le sue aspettative rispetto alla relazione, instaurare una buona alleanza di lavoro;

Continuare la raccolta di dati significativi;

La definizione di un contratto chiaro, condiviso e verificabile.

- Contratto stabilito

Come contratto stabilito insieme con la mia cliente, si è posta l’esplorazione e individuazione degli ostacoli/difficoltà che hanno reso finora la sua vita relazionale familiare, con suo padre, sua madre e sua sorella, non soddisfacente per lei.

Il contratto definito è centrato sul processo di cambiamento del cambiamento stesso.

Il luogo dell’incontro e stato stabilito e concordato con la mia cliente.

L’orario e stato stabilito e concordato con la mia cliente.

L’onorario è stato stabilito in forma simbolica di 5 euro a seduta.

Il numero delle sedute concordato con la mia cliente è di 15 sedute.

Il contratto iniziale è rivedibile qualora, sulla base di eventi che possono evolvere, io o la mia cliente lo richiedessimo.

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- Selezione degli interventi e delle tecniche

Nella relazione di sostegno con Patrizia utilizzo seguenti tipi di interventi e tecniche, derivati dal modello integrato:

Ascolto attivo;

Metodologie di tipo fenomenologico-gestaltica per sviluppare la consapevolezza delle proprie sensazioni, quindi il centraggio, continuum di consapevolezza, lavoro sui sogni, l’amplificazione dell’emozione, l’esperimento;

Stimolare la cliente a descrivere quello che avviene dentro di sé, affinché possa, attraverso l’uso del verbale, diventare più consapevole delle sue sensazioni;

L’uso della prima persona nell’esprimere le sensazioni;

Sedia vuota;

Recitazione;

Esperienze emotive, correttive, riparative, nella seduta e fuori;

Compiti a casa ;

etc.

2.5 Momenti di Counseling significativi

Di seguito una elencazione sintetica, in ordine cronologico, degli interventi di Counseling più significativi che hanno avuto luogo durante la relazione, il virgolettato contiene parole e frasi cosi come espresse dalla mia cliente, la divisione in paragrafi potrebbe essere utile per eventuali richiami successivi:

a) Patrizia aveva portato in uno dei primi colloqui l’attenzione sullo “sguardo”, occhi che si sfuggono. Abbiamo lavorato sul significato dello sguardo, l’importanza di mantenere lo sguardo come assunzione di responsabilità, prima di tutto con se stessi, elemento di assertività con l’altro, un modo di dire “ci sono”, sono io e sono autentica, io mi accetto per come sono e voglio che tu mi accetti per come sono. Lo sguardo come attimi di vera intimità

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con l’altro, accettazione e consapevolezza di essere qui-e-ora e accettazione dell’altro nel nostro spazio interiore, stabilire un contatto con l’altro, come ulteriore elemento nella "noità", un importante elemento della relazione intesa come tra, non un io e un tu ma un “TRA NOI”.

b) La mia cliente racconta di un padre assente, dell’assenza percepita, di una figura di riferimento maschile, non ricorda di aver mai avuto una relazione, una coccola, un contatto fisico con suo padre.

La cliente raggiunge la consapevolezza che le emozioni sono completamente assenti nei rapporti con la sua famiglia.

Porta a consapevolezza di non essere a conoscenza di miti e leggende della sua famiglia intese come storie familiari.

Patrizia, dopo aver preso atto di tutto questo, di non avere, soprattutto, storie familiari da trasmettere al suo bambino ha lentamente maturato la decisione di operare un recupero del rapporto con suo padre cercando si stabilire con lui, in maniera graduale un dialogo che sia autentico, si prefigge di parlare e di ascoltare ricercando dentro di se la sensazione di esserci (qui-e-ora dell’esperienza) quando questo avverrà.

Gradualmente, dopo il dialogo Patrizia cercherà di ri-stabilire con il suo papà un contatto fisico fino ad arrivare alle coccole che le sono tanto mancate, ma per il momento il nostro piccolo obiettivo nell’obiettivo è il dialogo.

Nello spazio protetto della nostra relazione Patrizia ha sperimentato, con la tecnica della sedia vuota, come sarebbe avere con suo padre un dialogo autentico. L’esperienza ha confortato Patrizia e l’ha confermata nella sua ri-decisione.

Patrizia arriva all’appuntamento successivo puntualissima ed elegante e seducente, sorride si siede sul “suo” divano (lo definisce “il mio angolo di serenità”). Dopo una decina di minuti di pre-contatto della relazione, dove mi aggiorna sui suoi progetti che si stanno man mano consolidando, mi annuncia trionfante che

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ha parlato con suo padre, ha scoperto che suo padre può parlare, che suo padre può commuoversi, e che lei si è fatta commuovere dai racconti del padre. Patrizia dice di aver scoperto solo ora l’infanzia e la giovinezza di suo padre. Mi racconta anche di non essere stata in grado di abbracciarlo, né di sfiorarlo con una carezza, così come non è stata accarezzata da lui. Patrizia continuerà con questo compito, i cui risultati, fino ad ora, l’hanno così tanto entusiasmata.

Patrizia porta nella relazione una maggiore consapevolezza “di ciò che mi accade”, dice di fare l’”esercizio dello sguardo” ogni volta che può e di aver notato spesso che le persone con cui si relaziona non riescono a “tenere lo sguardo”.

Torna il tema dello sguardo nella relazione, noto con gioia che Patrizia porta all’esterno le sperimentazioni che sono state effettuate all’interno della relazione.

c) Ad un incontro Patrizia arriva con 10 minuti di ritardo, il traffico, è influenzata e mi informa di non aver progredito con il compito a casa, ma mi parla in maniera entusiasta del suo nuovo lavoro, delle sue competenze che sente adeguate e dell’impegno che comunque deve mettere in campo. E’ molto rilassata e prende possesso del “suo divano” come fa sempre, mi parla della vita che vede come una bella e succosa mela rossa da mordere.

Il discorso torna alle relazioni e alle emozioni in famiglia mi informa che ha preso la decisione di continuare sicuramente con il rafforzamento del dialogo in famiglia e di voler scrivere una biografia di suo padre e sua madre per farne dono a loro e a suo figlio.

Sente il bisogno per la prossima volta di portare delle fotografie della sua famiglia e io la incoraggio in questa iniziativa.

Subito dopo inizia a parlare dell’evento della sua nascita, infanzia e adolescenza (gia riportati nella elencazione dei dati significativi della cliente).

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Elementi rilevanti di questo incontro sono l’entusiasmo di Patrizia nei confronti della vita in generale, l’intenzione, a mio avviso commovente di donare al padre e alla madre la loro vita, la loro vita che Patrizia sta gradualmente ritrovando dentro di se. Inoltre, Patrizia che si racconta, che racconta l’infanzia e l’adolescenza che diceva di non ricordare affatto e che invece sente il bisogno di portare a consapevolezza.

d) Abbiamo avuto colloqui in cui Patrizia ha portato la sua relazione attuale, la relazione “senza impegno”. Con la tecnica dell’ascolto attivo, in particolare la riformulazione e la delucidazione, Patrizia ha portato a consapevolezza che la sua relazione “senza impegno” è una relazione povera di significato, è una relazione in cui manca totalmente l’aspetto progettuale e l’aspetto della condivisione di qualcosa. Ha consapevolizzato il fatto che lei non si dà il potere, il potere di volere, di scegliere, di decidere di volere.

Ha consapevolizzato che questo rapporto non è autentico, in quanto dopo l’incontro fisico non c’è dialogo e non c’è intimità, neanche quella stabilita dallo “sguardo”, “gli sguardi si sfuggono”. E’ stata in grado di comprendere in pieno il concetto di autenticità nel rapporto, della condivisione, di valori, di progetti, anche piccoli come un week-end insieme.

Ha portato a consapevolezza il fatto che lei si attribuisce poco valore rispetto ai vari contesti della vita, specialmente nella relazione affettiva. Durante uno dei colloqui è emerso che il suo attuale “compagno” sta cercando casa, con un’altra donna. Lei è sempre stata al corrente di questo, si rende conto che nella sua vita ha sempre svolto il ruolo di seconda, fin dalla storia con il suo primo ragazzo dove primeggiava la figura della suocera.

Racconta che: Nonostante la presenza dell’altra donna, la mia cliente, desidera nell’ambito della sua “relazione”, trascorrere un week-end con “il ragazzo di Saturnia” (e così che chiamiamo quest’uomo nella relazione, Patrizia non vuole dargli un nome, un

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ulteriore elemento di rifiuto della realtà sia da un punto di vista cognitivo che emozionale).

Lo desidera moltissimo e lo sta progettando da tempo. Durante una festa quest’uomo le chiede:

“quando partiamo ?”

Lei si allontana, sorride e non risponde. Durante il colloquio, quando mi racconta di questo evento, Patrizia commenta:

“ma forse non lo ha detto con intenzione?”

E’ qui che si sono verificate interruzioni del ciclo del contatto con i meccanismi della RETROFLESSIONE, finalizzata alla chiusura dei suoi bisogni interpersonali; della DEFLESSIONE, finalizzata ad attenuare l’intensità della relazione, a depotenziare di calore il rapporto, evidentemente troppo forte per Patrizia.

Patrizia consapevolizza e comprende quanto accaduto, riconosce che questo è un comportamento quasi costante nei suoi rapporti affettivi e torna il concetto della considerazione di sé, del senso del valore di sé, del potere di volere, della scarsa autostima che non gli consente di essere intimamente protagonista nella relazione, qualsiasi tipo di relazione.

Ancora una volta Patrizia resta profondamente colpita dalla potenza del colloquio e di quante cose ha scoperto di stessa e con molta forza afferma di voler continuare in questo processo di auto conoscenza.

Dunque, Patrizia è stata in grado di consapevolizzare, in seguito all’analisi di questo suo comportamento ricorrente, che è lei a non consentirsi relazioni stabili e durature. Infatti, con il meccanismo della deflessione priva di calore il contatto con l’altro e attua strategie inconsapevoli di fuga.

Si è ipotizzato che dietro a questo tipo di resistenza allo stabilire contatti caldi e coinvolgenti su diversi piani, emotivo, cognitivo, sociale, ci sia una scarsa valutazione di sé, una bassa autostima e uno scarso potere personale.

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Patrizia ha maturato una forte volontà di continuare ad esplorare le sue dinamiche relazionali.

2.6 La verifica dell’intervento di Counseling

Valutazione complessiva della relazione di aiuto

E’ mia opinione che Patrizia stia operando dei piccoli “grandi” cambiamenti. Mi sento molto fiduciosa nel fatto che le piccole sperimentazioni che operiamo nello spazio protetto della relazione le siano di supporto quando, con i suoi tempi e i suoi ritmi, vorrà riportare e sperimentare l’esperienza nella vita di tutti i giorni.

Patrizia ha già operato dei piccoli cambiamenti nel suo modo di porsi nella relazione. Lo denuncia la sua postura che via via si è fatta più aperta, le spalle sono meno chiuse su se stesse, il modo di vestire è adeguato ad una ragazza della sua età, con uno stile più femminile rispetto all’inizio della nostra relazione. Mi dice di indossare abiti che non indossava da tempo perchè troppo scollati, o troppo colorati, considerati troppo appariscenti, e lei non voleva apparire.

Patrizia ha molta voglia di lavorare su di sé, ha assunto una consapevolezza molto forte sul fatto che cambiare si può, che per questo è necessario capire se stessi, ascoltare, fronteggiare e reintegrare le proprie emozioni, così come si presentano, siano esse emozioni di paura, rabbia, tristezza, gelosia, vergogna, o profonda gioia, tenerezza e passione.

Da un punto di vista cognitivo mi sento complessivamente soddisfatta della relazione d’aiuto che sto conducendo con la mia cliente, ma sento di avere anche molte (infinite) aree in cui posso migliorare, per non parlare poi di approcci, metodi, teorie, di cui non sono affatto a conoscenza o di quelle che non ho avuto ancora modo di approfondire, di cui ho solo una vaga cognizione.

Come auto valutazione, immaginando una relazione dialogica con me stessa, di approccio squisitamente umanistico-esistenziale, sento di potermi complessivamente apprezzare. Ho fatto del mio

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meglio, sento di essere stata in grado di dimostrare empatia alla mia cliente, percepisco il fatto che si è sentita compresa nei suoi sentimenti e per questo è stata in grado di procedere nelle sue elaborazioni. So di aver strutturato i miei colloqui selettivamente, in termini di avvio, sviluppo, conclusione.

Sono certa di aver usato, quanto più possibile, le giuste tecniche di cui avevo competenza, per facilitare l’espressione delle idee e dei sentimenti della mia cliente.

Ho dato rinforzi positivi alla mia cliente, quando necessario e opportuno, per favorire lo sviluppo della fiducia e dell’autostima.

Ho dimostrato sensibilità, quando sono stati portati nel colloquio argomenti intimi.

D’altro canto mi sono resa conto nel riesaminare le sedute, una volta concluse, che a volte non sono stata in grado di agganciarmi ad una parola, un fatto, per favorire una maggiore consapevolezza nella cliente. Mi sono resa conto che avrei potuto fare meglio, di aver perso forse irrimediabilmente una occasione, a volte mi sono percepita io stessa troppo direttiva nel voler portare la mia Cliente su argomenti che io, e non lei, ritenevo essere più opportuni.

Mi sono resa conto che quando parlavamo della mancanza di calore nella relazione con i suoi genitori, io ho avuto un transfert rivivendo la mia identica situazione con i miei genitori.

Quando Patrizia parlava di suo figlio e della relazione con il padre, ho suggerito che lei potrebbe essere l’artefice di una buona relazione con la figura paterna per il bene di suo figlio, ma questa è una mia convinzione e non ho aspettato che emergesse da Patrizia spontaneamente, ma l’ho servita io già bella e pronta per lei sulla base della mia bella esperienza personale.

Mi sono resa conto di non aver saputo, almeno negli incontri iniziali, gestire i confini temporali stabiliti nel contratto. I nostri colloqui hanno avuto la durata anche di circa due ore rispetto ad un’ora concordata.

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Autorivelazioni , evoluzioni e progressi confermati dal cliente

La mia cliente, ogni volta che va via mi abbraccia, mi bacia e mi ringrazia per il lavoro che abbiamo fatto.

Ogni volta che si avvia la chiusura, prima ancora che io glielo chieda, sa cogliere l’elemento del colloquio che vuole portare via con sé e quello che invece intende lasciare.

La gioia che ha manifestato, quando mi ha comunicato di aver finalmente stabilito un canale di comunicazione con suo padre è stato per me una grande emozione e una verifica dell’efficacia del mio lavoro.

Mi ha comunicato, inoltre, che per portare avanti il suo progetto ha dovuto incontrare il Sindaco del paesino dove avvierà la nuova attività, un ragazzo. Era entusiasta perché era stata in grado di “tenere lo sguardo”, si era sentita autentica e presente nell’incontro, e lei è convinta che la conclusione dell’incontro sia stata molto soddisfacente grazie al suo nuovo modo di percepirsi e di porsi. Mi ha anche confermato che la modalità di “tenere lo sguardo” è una nuova scoperta per lei e la fa stare bene, dice che è “confermante”.

Mi sento di affermare che gli assunti (affermazioni) di Patrizia si collocano nella dimensione di selettività-reattività, nel senso che la mia Cliente percepisce di avere il potere di incidere sul processo di cambiamento nelle relazioni tra gli eventi e tra le persone operando delle scelte opportune.

Patrizia sta gradualmente operando un cambiamento verso l’autoefficacia intesa come equilibrio fra i sentimenti di autostima, valutazione di sé, percezione del valore di sé.

Verifica della realizzazione dei termini del contratto

Durante la relazione di sostegno ho sempre focalizzato l’attenzione sul contratto stabilito insieme alla mia cliente.

Ritengo che i risultati fino a qui raggiunti e i piccoli cambiamenti che si stanno verificando, per come espresso dalla mia Cliente,

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possono confermare che la relazione si sta svolgendo secondo i termini del contratto riguardo ai suoi contenuti.

Infatti, Patrizia è attualmente in grado di portare all’esterno le modalità operative di comportamento relazionale che abbiamo sperimentato nella relazione.

Questo cambiamento ha una ricaduta sull’ambiente nella sua modalità di affrontare le situazioni:

E' in grado di stabilire una relazione più calda con suo padre;

E' in grado di avere un rapporto meno conflittuale con sua sorella;

Ha un rapporto civile con il suo ex compagno;

Si sente più sicura nelle situazioni in cui prima si sentiva inadeguata.

Inoltre Patrizia ha vari progetti nel cassetto:

Scrivere la biografia della sua famiglia per farne dono al padre, alla madre e al suo bambino;

Ha maturato la decisione di approfondire la conoscenza di se stessa manifestando l’intenzione di continuare la relazione di sostegno;

Avere più cura del suo corpo, maggiore aderenza alla dieta.

Gli accordi sui tempi e il luogo sono sempre stati rispettati, quando ciò non è stato possibile sono stata avvertita con il necessario anticipo.

La mia cliente non ha mai mancato un appuntamento e per quanto mi riguarda sono stata sempre disponibile.

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Tempi, pianificazione e gestione della conclusione del Lavoro

Siamo al decimo incontro dei 15 concordati, la mia cliente ha anticipato che forse continuerà la relazione ma forse con un diverso obiettivo.

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PARTE TERZA

CONCLUSIONI

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3.1 Apprendimenti sviluppati attraverso la pratica del Counseling

Ho messo in pratica quasi tutte le tecniche studiate nel corso di questi tre anni.

Questo è stato il vero esame, un esame che mi ha messa di fronte a me stessa, alla mia responsabilità di voler fare.

E’ stato una grande opportunità di valutazione delle mie competenze.

Ho avuto modo di appurare che le tecniche Rogersiane, oltre ad essere confacenti al mio modo di essere, sono in grado di creare condizioni eccellenti per una relazione di grande qualità, anche sul piano umano.

Infatti, l’applicazione dell’ascolto attivo, come prima tecnica nella fase della accoglienza è stato per me determinante nella instaurazione della relazione con la mia cliente.

Questa tecnica "non direttiva o centrata sul cliente" è stata efficace per entrare in un rapporto intensamente personale e soggettivo con il Cliente, una relazione da persona a persona.

Durante gli incontri ho cercato di restare in contatto con le mie esperienze, con il mio vissuto, di essere trasparente, ho tentato di comunicare quello che la Cliente suscitava in me, quando ritenevo che questo fosse nell'interesse della cliente.

Ho saputo applicare l'accettazione incondizionata dei valori e dei sentimenti della mia Cliente.

L'empatia mi ha consentito di portarmi nella relazione attraverso la correlazione di più dimensioni, la dimensione emotiva, cognitiva e comportamentale.

Ho sperimentato il mondo della mia cliente “come se” fosse il mio senza mai perdere la capacità del “come se” (quasi mai).

Le Tecniche Gestaltiche, da me applicate dopo che si e’ creata l’alleanza nella relazione di aiuto, miravano a rendere consapevole il fluire dell’esperienza, il nostro essere nel mondo.

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Ho cercato di portare l’attenzione sul fatto che essere al mondo è un fatto che diamo per scontato, che ci pone dunque nella posizione di oggetti, di cose che subiscono impulsi, ricevendo stimoli e reagendo ad essi senza saperlo, o sapendolo in una proporzione molto limitata.

Utilizzando le quattro domande preconizzate da Perls

- Che cosa stai facendo in questo momento;

- Cosa senti in questo momento;

- Cosa vuoi;

- Che cosa ti aspetti da me.

ho cercato di sviluppare la consapevolezza attraverso la quale è possibile centrarsi sulle proprie sensazioni fisiche e sui propri sentimenti, consentendo alla mia cliente di avere coscienza della successione di “figure “ che apparivano sullo sfondo.

Ho utilizzato tecniche di amplificazione facendo sperimentare alla mia cliente l’ascolto del proprio corpo amplificando gesti da lei compiuti in maniera inconsapevole, vivendo intensamente cosa stava accadendo.

Ho avuto l’opportunità di utilizzare la sedia vuota nella sperimentazione di una simulazione di colloquio riparativo fra Patrizia e suo padre.

3.2 Crescita personale durante la realizzazione del progetto

La mia crescita e sviluppo di consapevolezza è avvenuta attraverso:

Tre anni di master in Counseling professionale presso l’Aspic;

Esperienziale su Sistemi intimi (cuore-pelvi);

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Esperienziale su Assertività;

Collusione di coppia;

L’empasse nella relazione di Counseling;

Videomodeling;

La partecipazione ad un gruppo di evoluzione e crescita personale Aspic con la Dr.ssa C. Montanari ed il Dr. E. Giusti.

Questo percorso è stato molto coinvolgente, a volte duro, in ogni caso mi sono sempre sentita spinta a proseguire, non mi sono mai scoraggiata, anche quando la mia fase di competenza incosciente a lasciato il passo alla incompetenza cosciente.

Ho sempre trovato un motivo, cento, mille per continuare questo percorso affascinante.

Mi è capitato più di una volta di lasciare pezzi della mia vita nelle aule dove si attuavano gli esperienziali.

Ho avuto modo di contattare la vera Marisa, mi sono sentita a volte forte, a volte inadeguata, ho dovuto fare i conti con i miei intimi modi di essere, portati crudamente alla luce, mi sono sentita nuda davanti a me stessa, mi sono sentita di non sapere cosa fare di questa nuova consapevolezza, finché non ho capito che questo è un passaggio doloroso, ma necessario. È iniziato, ma non è ancora finito. Ho compreso, tuttavia, che quel che conta è il viaggio e sono contenta e soddisfatta che le tappe finora superate mi abbiano confermato nella fiducia in me stessa: un punto di arrivo per ripartire.

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