Tesi di Flavia Cangini

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO” Facoltà di Sociologia CORSO DI LAUREA IN COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA _____________________________ “Il tuo nome ti precede”. Corporate Reputation, asset strategico per costruire vantaggio competitivo sui mercati globali. Relatore: Chiar.mo Prof. Marcello Zeppa Tesi di laurea di: Flavia Cangini _____________________________ ANNO ACCADEMICO 2007-2008

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Tesi di Flavia Cangini su Corporate reputation

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO

“CARLO BO”

Facoltà di Sociologia

CORSO DI LAUREA IN COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA

_____________________________

“Il tuo nome ti precede”. Corporate Reputation, asset strategico per costruire

vantaggio competitivo sui mercati globali.

Relatore: Chiar.mo Prof. Marcello Zeppa

Tesi di laurea di: Flavia Cangini

_____________________________

ANNO ACCADEMICO 2007-2008

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Indice Capitolo 1: Corporate Reputation

1.1. Ambiente e impresa evolvono

1.2. Reputazione, siamo quello che gli altri pensano

1.3. Le aziende e la loro reputazione

1.3.1. Pianificazione

1.3.2. Misurazione

1.3.3. Profittabilità

1.4. Il brand come asset indispensabile

1.4.1. Marca o non marca?

1.4.2. Funzioni e valore del brand

1.4.3. Dai trade mark ai love mark

1.4.4. La comunicazione integrata

Capitolo 2: Gestire la Corporate Reputation

2.1. Ripensare il comunication mix

2.1.1. Pubblicità

2.1.1.1. Above the line

2.1.1.2. Below the line

2.1.2. Promozioni

2.1.3. Personale di vendita

2.1.4. Pubbliche Relazioni

2.1.5. Comunicazione interna

2.2. I nuovi territori della marca

2.2.1. Comunità brandizzate

2.2.1.1. On-line

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3

2.2.1.2. Off-line

2.2.2. I punti vendita: luoghi dove vivere esperienze

2.2.3. CSR, la strada etica

2.2.4. Spazi per collaborare

Capitolo 3: Personal Branding, un esempio concreto

3.1. Pianificazione

3.2. Misurazione

3.3. Profittabilità

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

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1. Corporate Reputation

Negli ultimi anni il mondo delle imprese, ma anche quello politico e

istituzionale, hanno vissuto profonde trasformazioni dovute alle nuove

esigenze del mercato.

Aumenta la pressione competitiva, c’è una maggiore attenzione verso le

relazioni con tutti coloro che intrecciano rapporti con l’azienda, che

viceversa si rivelano sempre più infedeli, e ad organizzazioni e leadership

viene richiesta sempre maggiore trasparenza e responsabilità.

Per sopravvivere a questo scenario le organizzazioni cercano sempre più

di rafforzare e tutelare le relazioni coi propri stakeholder, quindi di

consolidare e difendere la propria reputazione. Francesco Guicciardini

sosteneva: a chi mantiene la Reputazione non mancano amici, grazia e

benevolenza.

E’ quindi chiaro che per una azienda una buona reputazione costituisce

un asset strategico fondamentale e garantisce vantaggio competitivo sui

concorrenti. 1

1.1. Ambiente e impresa evolvono

Se provassimo per un solo istante a ripercorrere la storia del mondo e

dell’uomo, ci renderemmo conto che l’evoluzione avveniva in tempi

completamente differenti da quelli cui siamo abituati oggi. La vera artefice

di questo cambiamento è la comunicazione.

Imparando prima a parlare poi a scrivere l’uomo è riuscito a tramandare

le proprie esperienze e se con la scrittura si eliminarono problemi di

trasmissibilità delle informazioni nello spazio e nel tempo, con la fioritura di

1 http://www.reputazione.it/content/view/20/65/lang,it/

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tecnologie e sistemi per comunicare a distanza, primo tra tutti il telegrafo

ottico, le informazioni iniziarono a viaggiare alla velocità della luce.

Comunicare più rapidamente, a maggiori distanze e in maniera affidabile,

è la grande innovazione del nostro secolo e, come avvenuto nel passato,

l’evoluzione della comunicazione non ha potuto non apportare profondi

cambiamenti alla nostra società.

Uno dei protagonisti delle trasformazioni in atto è senza dubbio Internet e

più nello specifico il World Wide Web.

Oggi, chi dispone di un computer ed una connessione, si trova a poter

maneggiare migliaia di informazioni messe in Rete da aziende, media o altri

utenti.

Negli ultimi anni il Web è progredito, passando alla così detta fase 2.0:

un’evoluzione delle applicazioni Web che ora offrono agli utenti maggiori,

per non dire infinite, possibilità di interagire, pubblicare e condividere

contenuti. Il consumatore diviene così non solo più informato, ma anche più

attivo.

L'economista Giancarlo Pallavicini definisce la globalizzazione come

uno straordinario sviluppo delle possibili relazioni, non soltanto

economico-finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con

modalità e tempi tali da far sì che ciò che avviene in un'area si ripercuota

anche in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i

tradizionali modelli interpretativi dell'economia e della società non sono in

grado di valutare correntemente.2

2 http://it.wikipedia.org/wiki/Globalizzazione (Relazioni di Giancarlo Pallavicini al III° Encuentro Internacional de Economistas, "Globalizacion y problemas del desarrollo", La Habana, 24/29 de Henero del 2000, al Convegno Internazionale "Etica e Finanza", Fondazione Vaticana "Centesimus Annus Pro-Pontificie", Città del Vaticano, 30 aprile 2000 e alla 5.a Conferenza Internazionale Kondratiev "Evoluzione e prospettive delle trasformazioni sociali", San Pietroburgo, 19/22 ottobre 2004)

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La crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale

ha portato ad una convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo

che divengono così sempre più dipendenti gli uni dagli altri.

La stretta connessione tra Stati porta inevitabilmente anche ad un altro

fenomeno legato alle grandi multinazionali:

[…] Nel nuovo modello il prodotto passa sempre in secondo piano

rispetto al vero prodotto, ossia il marchio, […]. Chiunque può produrre una

merce […]. Tali umili compiti, pertanto, possono essere affidati ad

appaltatori e subappaltatori, la cui unica preoccupazione è quella di

evadere l’ordine nel minor tempo e al minor costo possibile

(preferibilmente nel Terzo Mondo, dove il lavoro ha un prezzo bassissimo,

le leggi e il fisco sono permissivi).3

In un mercato come quello sopra descritto i canali distributivi si

moltiplicano, la quantità e varietà di beni e servizi offerti raggiungono

volumi mai pensati prima e i competitor aumentano, effetto dovuto in parte

alla frantumazione dei tradizionali confini settoriali.

Un venditore di sveglie – ad esempio - si troverà in difficoltà perché il

suo mercato di riferimento è stato soppiantato dall’avvento dei cellulari,

prodotto che in prima analisi non sembrerebbe ad esso correlato.

Le imprese, nonostante le maggiori possibilità strategiche, generano

quindi, oltre che profitti più bassi, anche minor valore per il mercato.

I consumatori, da parte loro, si trovano a poter scegliere, oltre che tra

diverse tipologie di prodotti/servizi, anche tra più aziende

produttrici/fornitrici avendo a loro disposizione quantitativi di informazioni

enormi. Nonostante tutto, spesso si scoprono però confusi e frustrati

dall’esperienza d’acquisto. Le motivazioni di questo atteggiamento sono da

3 Naomi Klein, No Logo, Baldini Castoldi Dalai, 2002

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ritrovarsi nell’inesorabile evoluzione delle tecnologie, nell’alto numero di

opzioni possibili, troppo simili fra loro, e nella velocità con cui i prodotti

divengono obsoleti, quindi nella necessità di tenersi sempre aggiornati.

Aziende e consumatori vivono quindi una situazione paradossale: più

possibilità strategiche ma meno valore generato per i primi e più scelta ma

meno soddisfazione per i secondi.

In questo scenario è indispensabile che le aziende rivalutino il

tradizionale sistema di creazione del valore incentrato su se stesse ed

instaurino un dialogo coi consumatori. Perché questo sia possibile l’impresa

si trova a dover mettere in discussione due assiomi su cui si è sempre retta:

primo, che da sola, unilateralmente, sia in grado di generare valore e

secondo, che il valore risieda unicamente nel prodotto/servizio. Solo qualora

le alte sfere della direzione siano profondamente convinte che quanto sopra

detto sia veritiero, il consumatore potrà essere posto al centro dell’attività

aziendale. L’innovazione, a questo punto, non sarà più volta a migliorare la

“catena del valore” o a gestire la domanda, ma a creare reti di esperienze

positive, possibilmente personalizzate per ogni stakeholder. Seguendo

questa logica imprenditoriale, il mercato si configurerebbe come un grande

forum dove chi vuole può intervenire, dialogare e partecipare con l’azienda

alla co-creazione di valore.4

1.2. Reputazione, siamo quello che gli altri pensano

Il sociologo Steven Nock definisce la reputazione come “una condivisa,

o comune, percezione rispetto una persona”. Avere una buona reputazione

significa avere maggiori possibilità di intrecciare rapporti, lavorativi o

umani che siano. Noi dipendiamo dagli altri. Nella nostra società senza la

cooperazione ci troviamo spesso a non essere in grado di fare quel che 4 C.K. Prahalad Venkat Ramaswamy, Il futuro della competizione, co-creare valore eccezionale con i clienti, Il Sole 24 Ore, 2004

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vorremmo. La nostra libertà d’azione dipende in buona parte da come la

società ci giudica. Gestire al meglio la propria reputazione, sia per gli

individui che per le organizzazioni, sarà quindi fonte di guadagno.

Gli elementi che la determinano sono due. Il primo è quello che viene

comunicato. Riportando quanto enunciato negli assiomi della

comunicazione di Watzlavich, Beavin e Jackson, stabiliamo che non si può

non comunicare e che gli esseri umani comunicano attraverso due moduli,

uno digitale l’altro analogico, quindi rispettivamente mediante linguaggio

verbale e del corpo. Le parole pronunciate e le azioni attuate influenzano

quindi, tanto quanto il non detto o non fatto, la percezione che gli altri

hanno di noi.

La reputazione però non è data solo dalla somma degli input lanciati. Le

esperienze vissute da tutti coloro che entrano, più o meno direttamente, in

contatto con noi sono altrettanto importanti. Che si abbia vissuto una

situazione positiva o meno, lo si tende a raccontare. Ricerche di mercato

hanno però rilevato una differenza nel comportamento tra cliente soddisfatto

e insoddisfatto: il primo tenderà a parlarne ad una media di 3,5 persone,

mentre il secondo lo riferirà a circa 7-8 persone.

Su Internet, dove le interconnessioni tra individui sono maggiori e il

mondo diventa davvero piccolo, questo discorso si amplifica, tanto che in

America si parla già di stress da web reputation.

Nell’ultimo secolo siamo passati dal vivere in piccoli villaggi, dove tutti

sapevano tutto dell’altro, ad una società altamente impersonale e vasta. Per

conoscere la reputazione di qualcuno non possiamo più chiedere al vicino di

casa, spesso anch’egli sconosciuto, ma siamo costretti ad assemblare

frangenti di dati reperibili nei più disparati modi.

Nel villaggio globale5 le informazioni disponibili sono molte e spesso

poco controllate o controllabili: tutte messe per iscritto, permangono nel

5 Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1964

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tempo e possono riaffiorare quando meno te lo aspetti. Coi blog e i social

network informazioni personali vengono postate quotidianamente, ad una

velocità prima impensabile.

Uno degli strumenti più utilizzati per conoscere una persona è Google.

Googlare, verbo nato dal famoso motore di ricerca, significa cercare

informazioni su qualcuno all’interno della Rete. Googlare il nome di

qualcuno é facile e veloce e proprio per questo è un sistema utilizzato nelle

occasioni più disparate, con partner commerciali, clienti, datori di lavoro ma

anche più semplicemente con amici e conoscenti, magari incontrati proprio

sul Web.

Tra utenti Internet, mancando spesso una conoscenza pregressa, esistono

inoltre sistemi di raccomandazione, soprattutto all’interno di social network

come ad esempio e-Bay e Linked-In, che vanno anch’essi a plasmare e

definire la nostra immagine.

Nel Web 2.0 la vera moneta è la reputazione: può essere scambiata in

fama, richieste di consulenza, offerte di posti di lavoro e soprattutto in soldi.

Tenersi aggiornati su quello che appare digitando il nostro nome su

motori di ricerca e gestire i risultati cercando di dare un’idea ottimizzata di

noi, si rivela un buon sistema per rappresentarci e promuoverci.

Questa pratica, detta Personal Branding, riguarda il modo con cui ognuno

fa marketing di se stesso. Il nostro cervello è disegnato per riconoscere

schemi, somiglianze e differenze. Ogni volta che le persone interagiscono

tendono a far rientrare l’altro in una delle loro personali categorie. Il

Personal Branding è inevitabile6.

L’uomo, per sua natura, tende a giudicare, con le poche informazioni a

sua disposizione, le persone, senza tener conto né del contesto né della

complessità della loro identità e lo fa non tanto per ledere l’altro, quanto per

il piacere di conversare. Sul Web sparlare di una persona può rivelarsi 6 Luigi Centenaro, Personal Branding con i Social Media. Come proteggere la tua reputazione con i Blog, le Reti Sociali e gli altri strumenti del Web2.0, 2008 (e-book)

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micidiale. Le informazioni viaggiano a velocità inaudite e una volta sparse

per la Rete non sono più cancellabili. Esistono diversi casi di persone che

hanno già testato la potenza del www e ne hanno subito le conseguenze.

Sulla Rete girano migliaia di informazioni, alcune sono veritiere altre no.

La forza del Web potrebbe ritorcersi, da un giorno all’altro, contro una

persona e metterla verbalmente “al rogo”.

1.3. Le aziende e la loro reputazione

La reputazione di una organizzazione è il giudizio complessivo dato da

coloro che in modo diretto o indiretto ne influenzano l’operato.

La consapevolezza del valore che la corporate reputation ha per

un’azienda negli ultimi anni è aumentata vertiginosamente: Nel 2003 al

Corporate Reputation Watch si sosteneva che comportamenti poco etici

negli ultimi anni avevano portato a numerosi scandali e colpito la

reputazione di diverse aziende, danneggiandone le performance. Nonostante

questo, in quegli anni, pochi business leader si impegnavano ancora a

seguire i nuovi standard di Corporate Governance. Comportamenti etici,

trasparenza, qualità dei processi e delle relazioni, oggi più che mai,

dovrebbero essere alla base di qualsiasi piano di marketing e rappresentare

asset strategico per costruire vantaggio competitivo sui mercati globali.

Un costante monitoraggio e un’attenta gestione della propria reputazione

rappresentano attività importanti per costruire, mantenere o rafforzare il

consenso dei diversi interlocutori sociali.

Come sostiene Allegrini “l’entità del danno che un comportamento errato

può apportare alla reputazione di un’azienda è tanto più alto quanto il suo

settore di riferimento o le sue caratteristiche fanno leva su valori

immateriali, quali l’immagine, la fiducia e la creatività”.

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Chris Anderson, inventore della “Coda Lunga”, riferendosi in particolare

al Web afferma:

Viviamo in un'epoca in cui ogni consumatore ha un megafono. Molti lo

stanno usando. E le aziende farebbero meglio ad ascoltare7.

Oggi, per parlare al mondo, non è più necessario lavorare all’interno dei

media mainstream, avere particolari licenze o chiedere permessi. Basta

pubblicare il proprio pensiero in un angolo dell’immensa Rete sperando che,

qualora accettato e condiviso, ottenga risonanza e produca risultati. É

quanto accaduto -ad esempio- a Barbara, mamma di un bimbo autistico di

quattro anni umiliato e deriso da dipendenti Carrefour durante una festa da

essa organizzata. Barbara, per denunciare l’avvenuto e ottenere giustizia, ha

scritto una mail alla Direzione della grande società di distribuzione, poi

inviata anche alla segreteria dell’onorevole Carfagna, a Striscia La Notizia e

pubblicata sul suo blog. Il passaparola sul Web, nell’arco di pochissimi

giorni, ha dato gran eco al “fattaccio” e leso la reputazione di Carrefour che

il lunedì ha prontamente risposto assumendosi l’impegno di approfondire

l’accaduto affinché ogni responsabilità venisse accertata e punita con il

massimo rigore.

Di esempi se ne possono citare altri. La storia dei lucchetti Kryptonite

che, secondo alcuni video pubblicati per la Rete potevano essere aperti con

una semplice penna biro, è quella che ha ottenuto maggiore risonanza.

L’azienda, che ai tempi non aveva dato subito peso al passaparola

ritrovandosi poi a dover sostenere costi altissimi per ritirare decine di

migliaia di lucchetti dal mercato, oggi ha aperto un corporate blog.

Diversa è invece la vicenda di Sergio Sarnari che a giugno di quest’anno,

dopo aver scritto un post nel quale raccontava l’esperienza d’acquisto 7 Chris Anderson, The long tail. Why the future of business is selling less of more, Hyperion, 2006

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negativa vissuta con la Mosaico Arredamenti, si era ritrovato a dover

rispondere ad una richiesta per risarcimento danni di 400.000 euro.

Naturalmente tutta la blogosfera di fronte alla notizia si indignò e la

Mosaico Arredamenti non ottenne altro che ulteriore pubblicità negativa.

La reputation 2.0, ovvero le conversazioni che hanno luogo sulla Rete,

devono essere tenute costantemente sotto controllo. Questi dati pubblicati da

Nielsen8 ne sono ulteriore conferma:

39 milioni di internauti europei hanno rinunciato ad un acquisto a causa

di commenti negativi trovati sul web […] (Fonte: IPSOS MORI 2006)

[…] gli utenti vanno sui motori di ricerca per trovare informazioni

riguardanti un brand, per sapere chi è una persona, per sapere cosa si dice

di un prodotto; i motori di ricerca sono diplomatici, non fanno distinzioni di

merito, danno rilevanza ai blog ed ai siti “caldi” ma soprattutto non

dimenticano facilmente […] (Fonte: progetto SEO)

[...] La ricerca ha rivelato che il consumatore italiano è sempre più

multicanale, ovvero la sua decisione d’acquisto e la relazione con la marca

sono determinate dall’interazione con molteplici canali di comunicazione

[…]

[...] Il cliente multicanale non è uno sprovveduto, attinge a fonti diverse,

anche a quelle non controllate dall’azienda (blog, forum, social

networking), di cui non è sempre certa l’attendibilità. E’ molto attivo nel

8 http://www.reputazioneonline.it/pages/content.aspx?id=10&param=analisi_reputazione_web (Nielsen, Nielsen Online, Connexia e la School of Management del Politecnico di Milano, novembre 2007. Nielsen Online, Nielsen Online comunica i dati internet relativi al mese di novembre e fa il punto sul trend della rete nel 2007, News Release, dicembre 2007.)

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passaparola con cui condivide la propria soddisfazione e soprattutto

l’insoddisfazione [...]

Al punto 12 del Cluetrain Manifesto si afferma inoltre che

Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle

aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a

tutti.

In realtà, che si tratti di mondo virtuale o reale, il passaparola è sempre da

tenere sotto controllo: è un virus e una volta propagatosi è difficile

debellarlo.

Che si tratti di mondo virtuale o reale i consumatori si scambiano

continuamente idee, esperienze e storie, vissute in prima persona o

raccontate loro da qualcun altro. Il valore riconosciuto alle parole

pronunciate da persone comuni e soprattutto disinteressate, è sempre

maggiore di quello attribuito alle comunicazioni aziendali. Il passaparola è

un virus e si propaga in tempi e luoghi imprevedibili. Controllarlo e gestirlo

è un “dovere” del brand: nell’arco di poco tempo potrebbe apportare

all’azienda enormi benefici, quanto disastrose perdite.

1.3.1. Pianificazione

La reputazione è un processo in continua evoluzione, alla cui formazione

partecipano diversi soggetti, alcuni più incisivamente, come giornalisti e

opinion leader, altri meno, come i consumatori passivi.

La reputazione non può quindi, per sua natura, essere semplicemente

costruita a tavolino dagli esperti della comunicazione e divulgata attraverso

i media.

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Pianificare una corporate reputation, per un’azienda, significa decidere

cosa e come comunicare ai propri pubblici di riferimento. Conoscere il

posizionamento del brand nella mente dei consumatori e seguire standard di

Corporate Governance sono punti di partenza importanti per pianificare una

comunicazione efficace. L’insieme dei messaggi inviati dal brand saranno

infatti pretesto di dialogo per i pubblici esterni che pian piano andranno a

delinearne, più o meno direttamente, la reputazione.

Pianificare una corporate reputation è quindi possibile, ma importante

sarà monitorarla ed evolvere con essa. Solo attraverso un costante impegno

comunicativo e relazionale si otterranno buoni risultati.

Sapere dove l’azienda è posizionata nella mente dei consumatori e perché

vi si trova, è fondamentale per capire quale strada intraprendere.

Rispondendo a questi interrogativi sarà possibile capire come prodotto e

marca vengono percepiti dai diversi stakeholder e quali sono, rispetto ai

competitor, punti di forza e di debolezza.

Solo allora, potendo identificare un obiettivo, quindi definire un

positioning, sarà possibile decidere come raggiungerlo.

L’azienda, per poter comunicare qualcosa di rilevante è però

fondamentale che gestisca il proprio business seguendo quelli che abbiamo

prima chiamato standard di Corporate Governance. Solo se avrà una buona

condotta potrà palesarlo ed incrementare fiducia e coinvolgimento emotivo

nei suoi confronti.

Una volta pianificato come l’azienda debba essere percepita, sarà poi

importante comunicarlo ai diversi pubblici di riferimento, soprattutto a

giornalisti e opinion leader, la cui opera di comunicazione ha una forte

influenza.

1.3.2. Misurazione

Per la misurazione della reputazione è necessario integrare:

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- ricerche qualitative: focus group, brainstorming e interviste in

profondità;

- ricerche quantitative: interviste e questionari telefonici, web o face-

to-face;

- ricerche desk: analisi web e analisi media.

Ogni anno, inoltre, il Reputation Institute di New York si occupa di

stilare a livello internazionale il Reputation Index. La ricerca valuta le

percezioni degli stakeholder sui vari brand attraverso venti attributi

raggruppati in sei dimensioni: prodotti e servizi, performance finanziaria,

ambiente di lavoro, responsabilità sociale, vision e leadership e appeal

emozionale. La classifica, pubblicata su The Wall Street Journal, viene poi

ripresa dai media che finiscono col creare un circolo virtuoso che si

autoalimenta, portando ovvi benefici a chi si trova nei primi posti, come

avvenuto per Barilla.

Per misurare la reputation 2.0, negli ultimi anni, a riprova del suo

aumentato valore, sono nate tantissime agenzie che si occupano

esclusivamente della sua rilevazione e, qualora i risultati lo richiedano,

nell’apporvi le giuste modifiche.

Ai singoli è però possibile monitorarla anche autonomamente attraverso

strumenti gratuiti disponibili on-line.

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Qualunque utente, dal più al meno esperto, può però, attraverso diversi

strumenti gratuiti disponibili on-line, monitorarla anche autonomamente,

senza ricorrere a terzi.

Basta iscriversi a Google Alert e inserire le parole chiave cui si è

interessati, ad esempio, il brand per cui si lavora. Il software prenderà in

esame notizie, commenti, video, blog e pagine web inerenti. Qualora le

parole ricercate siano popolari, onde evitare messaggistica inutile, sarà

importante restringere la ricerca. Molto simile è il funzionamento di Yahoo!

Alert.

Blog, commenti e forum potranno a loro volta essere monitorati

attraverso strumenti specifici come Technorati, Co.mments e Tracker.

1.3.3. Profittabilità

Determinare la profittabilità di una campagna di comunicazione è da

sempre un grosso problema e gli imprenditori più sprovveduti sono spesso

portati, proprio per questo, a non investire in un settore così immateriale.

Altrettanto complicato, se non di più, sarà quindi stabilire il valore

generato da una buona reputazione: i risultati si vedono nel medio-lungo

periodo e talvolta sono in contrasto con obiettivi a breve termine. Un

venditore, potrebbe optare per guadagnare proficuamente nel breve periodo

senza curarsi di tenere un atteggiamento leale e rischiando che il suo

prodotto/servizio, in futuro, venga boicottato, oppure scegliere di

guadagnare meno, ma onestamente, e migliorare la propria reputazione,

quindi le rendite, nel lungo termine.

I vantaggi apportati da una buona reputazione sono:

1. Maggiore forza contrattuale;

2. Aumento delle vendite;

3. Facilità di approvvigionamento di risorse, umane, materiali e

finanziarie;

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4. Miglioramento del grado di fedeltà delle persone;

5. Miglioramento della collaborazione e della qualità dei propri

fornitori;

6. Maggiore impegno e coinvolgimento del personale;

7. Miglioramento del dialogo con enti e media;

8. Maggiore sostegno di comunità locali.

Per valutare i risultati prodotti da una buona reputazione bisognerebbe

analizzare l’andamento di questi elementi nel tempo ed evidenziare le

connessioni che tra essi si vengono a creare.

Distinguere nettamente quali sono i vantaggi o meno, scindendoli da altre

variabili come l’andamento del mercato, la concorrenza e il prodotto, non è

possibile, ma studiare quanto una migliore reputazione influenzi tutte le

variabili sopra descritte si. I vantaggi apportati sono infatti evidenti non

appena si verifica la situazione contraria e cioè quando comportamenti poco

etici danneggiano le performance aziendali.

Le imprese devono quindi imparare a gestire il proprio rischio

reputazionale, minimizzando le probabilità di accadimento di eventi che

possano danneggiarla e predisponendo azioni da intraprendere qualora i

danni si siano già manifestati.

Minimizzare i fattori di rischio significa potenziare i meccanismi di

controllo su elementi come il personale, in particolare valutando la

congruità degli investimenti nel processo di selezione e formazione delle

risorse umane, prestare attenzione ai processi che alimentano la pubblicità

esterna, garantire standard qualitativi attraverso certificazioni riconosciute a

livello internazionale, controllare la natura dei reclami arrivati e rimuovere

meccanismi incentivanti comportamenti lesivi del giudizio esterno, come ad

esempio sistemi premianti non correlati a controlli sulle modalità di lavoro

dei singoli dipendenti.

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Per quel che riguarda la minimizzazione del danno reputazionale a cose

già fatte, è importante che l’azienda riconosca pubblicamente gli

avvenimenti, senza cercare coperture e, quando possibile, manipoli l’evento

negativo a proprio vantaggio, come fece la Mercedes quando la sua Classe

A non superò il “test dell’Alce”. Altre precauzioni possibili sono la

previsione di soluzioni straordinarie sulla corporate governance, come la

sostituzione degli amministratori, la diversificazione dei marchi per ridurre i

costi della loro perdita e la rapida sostituzione dei responsabili di

comportamenti giuridicamente o eticamente contestati9.

1.4. Il brand come asset indispensabile

I brand ci accompagnano in ogni momento della giornata. Ci svegliamo

raggomitolandoci tra le nostre coperte Zucchi, ci togliamo il pigiama

Intimissimi per ricoprirci di marche dalla testa ai piedi, ci laviamo i denti

col dentifricio Colgate e facciamo colazione con le merendine della Ferrero.

Prendiamo la nostra borsa Caterina Lucchi e via per le strade stracolme di

insegne, cartelloni e volantini, al volante della nostra strepitosa Mini.

Il brand, entità complessa, simbolo e sintesi di significati, valori ed

esperienze, diviene asset indispensabile in un mercato globalizzato,

caratterizzato da: l’omogeneizzazione dei gusti e dei prodotti, l’inarrestabile

sviluppo delle tecnologie, la diminuzione della vita utile del prodotto, la

convergenza dei settori merceologici e l’accresciuta importanza conferita al

mondo dell’intangibile. D’altro canto anche le imprese, avendo una struttura

meno gerarchizzata, esternalizzando parte delle proprie attività e

9http://www.almavivafinance.it/doc/aifirm%20gen%2008_Rischio%20reputazionale_Gabbi.pdf (Gianpaolo Gabbi, Il rischio reputazionale tra primo e secondo pilastro, Costruire il Pillar 2: il ruolo della Vigilanza, del management e dei professional Roma, 29 gennaio 2008)

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organizzandosi in strutture policentriche, sentono l’esigenza di avere

un’identità forte cui fare riferimento.

Le marche, all’interno di questo sistema economico e sociale, permettono

alle aziende di affrontare i nuovi problemi legati all’evoluzione del mercato,

consentendo loro di differenziarsi, quindi posizionarsi all’interno della

mente dei consumatori, divenendo territorio comunicativo-relazionale,

all’interno del quale collaborare coi propri stakeholders e, come asserisce

Semprini, facendosi “motore semiotico”, ovvero veicolando messaggi e

valori che contribuiscono alla creazione delle identità degli individui.

1.4.1. Marca o non marca?

In questa sede più che di corporate reputation bisognerebbe parlare di

brand reputation, ovvero il giudizio complessivo dato da coloro che, in

modo diretto o indiretto, entrano in contatto ed influenzano l’operato della

marca.

Il brand, punto di riferimento nelle relazioni tra azienda e stakeholder,

diviene territorio d’incontro tra domanda ed offerta, luogo dove valori,

aspettative ed esperienze vengono scambiate ma, soprattutto, dove le

opinioni prendono forma. È sulla base di questo rapporto continuo che

l’azienda intrattiene coi suoi pubblici di riferimento che si costruisce la

brand reputation, asset strategico che nel lungo periodo permette alle

aziende di costruire rapporti fiduciari forti e stabili, che sviano, per quanto

possibile, l’infedeltà tipica dei consumatori.

D’altro canto, i prodotti unbranded, non possedendo un’entità sulla quale

catalizzare le proprie comunicazioni, come anche quelle degli stakeholder,

non possono costruirsi un’identità e tanto meno una reputazione.

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1.4.2. Funzioni e valore del brand

Il valore della marca può essere analizzato da diversi punti di vista. Un

approccio economico ne calcolerebbe il valore iscrivibile in bilancio

valutandone le performance in termini finanziari e di potenzialità di

marketing. Diverso risulterebbe invece il calcolo dell’effetto differenziale,

che infonde unicità e riconoscibilità alle attività aziendali, come ancora

differente sarebbe la stima del valore relazionale del brand, visto come

risorsa strategica che nel lungo periodo permette di accrescere il valore dei

prodotti nei confronti dei clienti.

É il valore relazionale della marca a porre le basi per la costruzione della

brand reputation. Le aziende, proprio come le persone, al fine di

raggiungere gli obiettivi prefissati sono obbligate ad uscire dalla propria

autoreferenzialità e relazionarsi con l’esterno. É solo instaurando,

alimentando e rispettando relazioni coi diversi pubblici di riferimento, che il

brand può costruirsi una buona reputazione. Per fare questo bisogna che la

marca comunichi un’immagine attrattiva di sé, creando aspettative che

dovranno poi essere confermate nella realtà.

Riconoscimento, garanzia, fiducia e ripetitività sono solo alcune delle

funzioni che la marca svolge nei confronti del consumatore.

1.4.3. Dai trade mark ai love mark

La comunicazione, indispensabile per la sopravvivenza del brand,

permette di capitalizzare su di esso ciò che fino a quel momento l’azienda

ha costruito, dai capitali materiali, a quelli finanziari, quantitativi di mercato

e naturalmente relazionali.

Nella nostra economia il capitale di fiducia conquistato dalle aziende

assume talmente tanta importanza da aver spinto il pubblicitario Kevin

Roberts, CEO Worldwide di Saatchi & Saatchi, a scrivere nel 2005 il libro

Page 21: Tesi di Flavia Cangini

21

Lovemarks - Il futuro oltre i brands, delineando i lovemarks come quei

brand per i quali i consumatori sentono una profonda fedeltà, una fedeltà

che va oltre la ragione.

Nel suo libro si legge. Una corrente emotiva sta sovvertendo le regole

del mercato: oggi il potere è sempre più nelle mani del consumatore, dotato

di accesso all’informazione, scelta e capacità di connessione e sempre meno

in quelle delle aziende, che per vincere non possono più solo contare su

vantaggi ‘razionali’ di prezzo, servizio, qualità e design. Il successo di

un’azienda dipende dal legame d’amore che tramite i suoi brand essa

stabilisce con l’individuo.10 Se un brand qualsiasi improvvisamente

scomparisse i consumatori lo rimpiazzerebbero, mentre se lo stesso

avvenisse ad un lovemarks la gente protesterebbe. I lovemarks sono

relazione e non semplice transizione. Acquistandoli abbracci il loro mondo.

Il rispetto è alla base di questo rapporto.11

Se inizialmente la marche nacquero per soddisfare bisogni molto naturali

da parte delle aziende come essere visibili, riconoscibili ed ottenere

protezione legale, dai trade mark si è poi passati ai trust mark, per cui

prodotti/servizi legati a un brand, una volta sul mercato, vedono aumentato e

riconosciuto il loro valore grazie a fiducia e goodwill associati alla marca.

In un mercato globalizzato, dove i prodotti sono molto simili tra loro e la

concorrenza diviene sempre più accanita, trasformare il brand in un

lovemarks è la strada giusta da intraprendere.

Il valore relazionale e fiduciario così costruito permetterebbe al brand di

creare intorno al proprio nome un’aura positiva, di apprezzamento, che

coinvolgerebbe non solo i pubblici di riferimento ma anche individui fino a

quel momento estranei al brand.

10 Kevin Roberts, Effetto Lovemarks - Vincere nella rivoluzione dei consumi, Franco Angeli, 2007 11 http://www.lovemarks.com

Page 22: Tesi di Flavia Cangini

22

1.4.4. La comunicazione integrata

Più volte abbiamo ripetuto che la reputazione è figlia del pensiero di tutti

coloro che, più o meno direttamente, hanno avuto a che fare con l’azienda.

Pensando al risultato finale dell’impresa, cioè la vendita, si parla spesso

di rapporto tra azienda e consumatore, dimenticando che i pubblici di

riferimento con i quali l’organizzazione entra in contatto quotidianamente

sono molteplici e ciascuno, a proprio modo, importanti.

Spesso, per semplificare, si tende a differenziare la comunicazione in

interna ed esterna. Le nuove esigenze del mercato evidenziano, invece, la

necessità di diversificare i canali ed i messaggi utilizzati dall’azienda in

riferimento a ciascun obiettivo che si prefigge nei confronti dei diversi

interlocutori. Comunicazioni personalizzate, ma tra loro coerenti.

Attraverso la gestione della propria comunicazione in un’ottica integrata,

l’azienda riesce ad organizzare e sovrintendere i messaggi che diffonde,

migliorando la percezione del brand e controllando, per quanto possibile, le

opinioni esterne.

Page 23: Tesi di Flavia Cangini

23

2. Gestire la Corporate Reputation

Marco Camisani Calzolari nel suo recentissimo libro, Impresa 4.0 –

Marketing e Comunicazione Digitale a 4 Direzioni, parla di nove circuiti di

relazione comunicativa che si vengono ad instaurare intorno al mondo

dell’azienda e che sono così rappresentati:

L’autore sottolinea come l’impresa possa controllare solamente la

comunicazione che va dal suo interno verso l’esterno e decidere di

organizzarsi per “ascoltare” i feedback che i diversi pubblici di riferimento

le mandano, ma non riesca assolutamente a gestire i circuiti interni di

mercato, stakeholder e dipendenti/collaboratori.12

E’ da questo incrocio di flussi comunicativi che nasce la Corporate

Reputation ed è proprio per la sua natura incontrollabile che le viene

riconosciuta tanta autorevolezza.

Pianificare i messaggi da inviare al proprio pubblico, allestire punti

vendita accoglienti o seguire il cliente in tutte le fasi della vita del prodotto,

sono solo alcuni degli strumenti del marketing che, ponendo l’individuo al

12 http://www.camisanicalzolari.com/2008/10/la-relazione-comunicativa-dimpresa.html

Page 24: Tesi di Flavia Cangini

24

centro del mondo del brand, migliorano le esperienze vissute con e

attraverso di esso, permettendo all’azienda non tanto di controllare, ma per

lo meno gestire, la sua Corporate Reputation.

2.1. Ripensare il comunication mix

Le aziende, a fronte dei cambiamenti repentini che il mercato ha subito

negli ultimi anni, si vedono costrette ad evolvere, sganciandosi dai vecchi

piani di comunicazione che fino ad oggi si sono rivelati validi strumenti di

crescita. In Italia, paese prettamente gerontocratico, i business leader, spesso

anziani, hanno una concezione del modo di fare impresa un po’antiquata,

autoreferenziale, che impedisce alle nostre aziende di “aprirsi” al mercato. É

in una nuova ottica di trasparenza, dialogo, collaborazione e rispetto

reciproco, che il comunication mix, ovvero l’insieme degli strumenti di

comunicazione pianificati dall’impresa, dovrebbe essere ripensato.

2.1.1. Pubblicità

La pubblicità, offrendo stimoli che modificano comportamenti, si dice

avere fine perlocutivo. Usando una terminologia semiotica si può affermare

che il discorso pubblicitario cerca di ottenere un comportamento (funzione

conativa) attraverso lo stabilirsi di una relazione col proprio destinatario

(funzione fatica) mediante linguaggi e tecniche espressive sempre diverse

(funzione poetica) che esprimono identità e valori della marca (funzione

espressiva).

In un’economia dove copiare le innovazioni di prodotto è facile e veloce,

il brand rimane l’unico attributo inimitabile, capace di differenziare la

propria merce. Consapevole di ciò, un’azienda orientata al marketing

punterà, quindi, su una pubblicità di marca, capace di accrescere il valore

del brand e non del singolo prodotto. La brand equity, valore intangibile,

Page 25: Tesi di Flavia Cangini

25

potrà infatti essere declinata su una vasta gamma di prodotti, altrimenti

anonimi.

Una linea immaginaria divide le tecniche pubblicitarie in due

macrocategorie: above e below the line. La prima sfrutta media mainstream

per divulgare il proprio messaggio ad un pubblico più ampio possibile,

mentre la seconda cerca di raggiungere un target più specifico attraverso

canali diretti. Nei piani di comunicazione, le due strategie solitamente

convivono, completandosi a vicenda.

2.1.1.1. Above the line

La comunicazione pubblicitaria above the line si avvale, per veicolare i

propri messaggi, di mass media come televisione, radio, stampa e affissioni.

Questo genere di comunicazione, diffondendo al grande pubblico un

messaggio semplice e conciso, viene al giorno d’oggi spesso accusato di

inadeguatezza. Un cambiamento dovuto principalmente alla crescita

esponenziale dei messaggi pubblicitari cui l’utente è sottoposto e

all’avvento del www, quindi alla possibilità, per l’utente comune, di

raggiungere in breve tempo, ed a costi limitati, ogni genere d’informazione.

I consumatori, sempre più attivi ed informati, accettano con meno facilità di

subire passivamente un messaggio preconfezionato da esperti del settore. I

pubblicitari sentono quindi la necessità di trovare nuove strade, che

integrino azioni mass mediatiche ad operazioni di comunicazione più dirette

ed incisive.

Ciò nonostante la comunicazione above the line continua a produrre

risultati importanti. La conoscenza del brand, brand awareness, le

associazioni di marca, brand association, e la sua qualità percepita,

perceived quality, ovvero tre dei quattro attributi che Aaker sostiene

formino la brand equity, sono, in buona parte, prodotti da messaggi diffusi

attraverso i media mainstream, che vanno quindi ad influenzare

Page 26: Tesi di Flavia Cangini

26

profondamente la reputazione del brand. Messaggi che raccontano la marca

e i sui valori, ne influenzano la percezione esterna e ne permettono il

riconoscimento da parte del consumatore.

Il brand, proprio per l’alto valore riconosciuto a questo genere di

comunicazione, necessita di reinventarne l’utilizzo per tornare a stupire,

proprio come una volta: un lavoro sempre più difficile, essendo ormai il

pubblico educato alle immagini mediatiche. Un esempio di inserzione

capace di attirare l’attenzione dell’utente e permanere nella sua memoria è,

di seguito, la pagina che emula le lunghe ciglia truccate di una donna, per la

sponsorizzazione del rimmel della Clinique.

Esempi di affissioni altrettanto spiazzanti sono: da una parte, il finto

vetro crepato per effetto di un prorompente seno retto dal reggiseno

Wonderbra e, dall’altra, il cartellone che “respira” grazie alla crema che

sponsorizza.

Page 27: Tesi di Flavia Cangini

27

Ulteriore alternativa per ravvivare la comunicazione tradizionale si

ottiene attraverso l’integrazione tra strumenti mass mediatici e mezzi più

diretti. Tetrapack, ad esempio, nella sua ultima campagna pubblicitaria,

incentrata sul suo contenitore riciclabile, supporta le classiche affissioni off-

line attraverso una comunicazione più diretta, personalizzata e ludica on-

line. La stessa insegna, nella sua versione digitale, può infatti essere

personalizzata e pubblicata da chiunque, con la propria foto, all’interno

della Rete. Altri casi di integrazione dei due mondi, virtuale e reale, sono gli

spot televisivi che rimandano a siti aziendali, per concorsi o

approfondimenti. Tra questi può essere menzionato, per la sua particolarità,

la campagna “Intimissimi, vicino al cuore delle donne”, progetto dell’anno

2007, da poco riproposto, che rinvia, attraverso uno spot televisivo, al sito

del brand, per la visione del film da lui prodotto, Heart Tango.

2.1.1.2. Below the line

Col termine below the line si indicano tutte le attività di promozione che

non utilizzano i media classici e che permettono di raggiungere il proprio

target in maniera diretta, con messaggi specifici. Come tutti i messaggi

inviati dalla marca, oltre ad influenzarne direttamente la reputazione,

andranno a condizionarne le conversazioni inerenti.

Operazioni di guerriglia marketing come quella di Parkcomodo, terzo

parcheggio in Italia ad elevata automazione, promosso agganciando gadget

a forma di maggiolone, dei veri e propri antistress, a diverse macchine in

sosta nei pressi del nuovo parcheggio, non possono lasciare indifferenti i

consumatori. Un’operazione simpatica e al contempo funzionale e

targettizzata, che ha ottenuto risonanza anche sul web, luogo appropriato

allo svilupparsi delle conversazioni.

Per guerriglia marketing si intende un insieme di tecniche di

comunicazione non convenzionale che consente lo sviluppo di strategie di

Page 28: Tesi di Flavia Cangini

28

mercato attraverso la messa in scena di pseudo-eventi concepiti in

integrazione all'immagine dell'azienda13. La necessità, per i brand, di

ricorrere al guerriglia marketing è dovuta al già citato affollamento dei

canali tradizionali, la declinata credibilità dei media verticali, la necessità di

lanciare in maniera nuova ed impattante i propri prodotti, la ricerca di

gruppi specifici in grado di diventare volano presso fasce sempre più ampie

di consumatori e, più in generale, la ricerca di una maggiore complicità con

il pubblico. Messaggi quindi che influenzando l’immagine del brand e ne

condizionano, nel lungo periodo, la reputazione.

Street, Buzz, Viral e Ambient Marketing sono solo alcune delle tecniche

di advertising che vengono fatte rientrare in questa categoria.

Un esempio di street marketing ben congegnato è stato realizzato nel

mese di ottobre a Roma per la promozione di un negozio di moto, Lanzi.

Moto a modo mio. Di notte sono stati lasciati per la città specchi dove era

possibile vedersi riflessi in sella ad una moto con sotto la scritta Finalmente

qualcuno di cui fidarti, firmato Lanzi. Moto a modo mio. Un’idea geniale

per attirare l’attenzione delle persone che di loro spontanea volontà

prendevano, probabilmente senza gettarlo, il depliant e, verosimilmente,

avrebbero raccontato quanto visto ad amici e parenti. Dell’operazione è

stato girato anche un video che, pubblicato su You Tube, ne ha permesso la

diffusione, attraverso il passaparola, sulla Rete.

Il Buzz, come anche il viral marketing, si basa sul word-of-mouth.

Intrattenimento o notizie di alto profilo sono sfruttate per far parlare le

persone della marca: messaggi divertenti o informativi progettati per essere

trasmessi in modalità esponenziale, creati e divulgati, spesso attraverso il

web. Molti video pubblicati on-line attraverso servizi di video sharing come

YouTube, sono così strutturati. “Jump into the jeans” della Levi’s, creato

per promuovere una linea di jeans senza cerniera, ne è un esempio. Nei viral 13 www.guerrigliamarketing.it/pdf/guerriglia_marketing.pdf (Andrea Natella, Guerriglia Marketing, una definizione convenzionale)

Page 29: Tesi di Flavia Cangini

29

video la marca non appare: il video gira in modo assolutamente anonimo

creando “chiacchierio” e attesa fino a quando il brand, attraverso un

successivo messaggio, si rivela al consumatore.

L’ambient marketing si basa invece

sull’integrazione della campagna nello spazio

cittadino. Ne è un esempio questo maiale

gigante, ideato dalla Saatchi & Saatchi di

NYC per pubblicizzare il filo interdentale

Glide. Lo spazio tra i palazzi in cui è

incastrato il mega-suino diviene metafora dei

pezzetti di carne che, rimanendo incastrati tra

le fessure dei denti, rendono necessario l’utilizzo del filo interdentale.

Immagini che difficilmente lasciano indifferenti media e consumatori, pronti

a raccontare e discutere quanto visto.

Per comunicazione below the line non si intendono però solo azioni di

guerriglia marketing. Tra gli strumenti non convenzionali rientrano anche

operazioni di direct marketing come il direct mailing o il telemarketing,

fiere, mostre, convegni, promozioni sul punto vendita, pubbliche relazioni,

sponsorizzazioni ed eventi. Il brand, attraverso questi strumenti, comunica

col proprio target in maniera più diretta e meno invasiva, ponendo le basi

per rapporti duraturi.

2.1.2. Promozioni

Obiettivo di una campagna promozionale è lo stimolo diretto all’azione,

quindi ad aumentare le vendite nell’arco di tempo in cui è circoscritta.

Spesso, per questo motivo, le promozioni vengono attuate in fase di calo

degli ordinativi o degli acquisti veri e propri. É però importante che la

promozione non si limiti ad ottenere buoni risultati di vendita nel breve

periodo, ma sia implementata all’interno di un preciso piano di marketing

Page 30: Tesi di Flavia Cangini

30

che rafforzi il valore di marca. Si rischierà altrimenti di produrre un boom

delle vendite che potrebbe non tramutarsi in un effettivo aumento dei clienti

ma che, viceversa, potrebbe ledere alla reputazione del brand. Gli avventori

potrebbero infatti decidere di non riacquistare il bene al nuovo prezzo

perché non ne hanno percepito la qualità, il prezzo è troppo alto o la fedeltà

o qualità percepita di altre marche è molto forte. D’altro canto, il

consumatore abituale, se il prodotto lo permette, potrebbe farne scorte ad un

minor prezzo, evitando, per molto tempo, di tornare nel punto vendita.

Al fine di non diminuire il valore percepito del brand, è quindi

importante valutare pubblicizzazione e momento di attuazione della

promozione. Nella fase di introduzione del prodotto, permette infatti al

brand di aumentarne la conoscenza, mentre nella fase di crescita, potrebbe

lasciare nel consumatore un’immagine negativa.

David Ogilvy sosteneva che un brand, per non entrare nel vortice del

ribasso e ledere la propria immagine, non può impostare le proprie politiche

sulla diminuzione di prezzo.

I costi sostenuti per ogni strumento del comunication mix, tanto più le

promzioni, vanno quindi pensati in relazione al rafforzamento

dell’immagine di marca, asset indistruttibile.

La promozione può essere attuata attraverso merchandising, quindi

accompagnando al prodotto gadget che permettono al consumatore di

percepire un risparmio o un minore sacrificio nell'affrontare la spesa; sconti

di prezzo, attraverso buoni sconto, coupon o offerte limitate nel tempo;

prove prodotto; premi, ad esempio attraverso una raccolta a punti;

provvigioni al venditore.

2.1.3. Personale di vendita

Il personale di vendita, interfaccia del brand, riveste un ruolo

fondamentale per l’immagine e la reputazione di un’azienda; tuttavia spesso

Page 31: Tesi di Flavia Cangini

31

non è tenuto sufficientemente in considerazione rispetto al valore che può

apportare. Sistemi di comunicazione interna come le classiche intranet o le

più recenti wiki aziendali, oltre che gli opportuni corsi di formazione,

aiutano il personale di vendita a gestire le situazioni che quotidianamente si

presentano, aumentando le possibilità di un buon rapporto con la clientela.

Tornando all’episodio del bimbo offeso da dipendenti Carrefour,

oltretutto non fissi ma occasionali, assunti proprio per affrontare il

supplemento di lavoro dovuto all’evento, chi ne ha risentito ed è dovuta

correre ai ripari è stata l’azienda che, nelle scuse presentate alla madre, ha

sottolineato la sua volontà di non ledere il rapporto di fiducia costruito con

le migliaia di clienti che ogni giorno frequentano i loro punti vendita e che li

scelgono anche per i valori che contraddistinguono la loro insegna.

Aiutare il consumatore a scegliere nell’ormai infinito parco di offerte e

spiegargli, qualora sia necessario, come il prodotto debba essere utilizzato,

per migliorare la sua esperienza d’acquisto, sono momenti decisivi per

l’instaurazione di una buona relazione col cliente, un rapporto che

continuerà durante l’intera vita del prodotto. Il personale di vendita riveste

quindi un ruolo fondamentale anche nella gestione della fase di

manutenzione del prodotto/servizio, momento critico della relazione brand-

consumatore, nel quale è importante comunicare al cliente la “presa in

carico” del problema.

2.1.4. Pubbliche Relazioni

Per pubbliche relazioni, o Public Relation (PR), si intende un’insieme di

attività di comunicazione volte a migliorare le relazioni del brand coi suoi

pubblici di riferimento e non solo. Rientrano in questa categoria l’ufficio

stampa, quindi la gestione delle comunicazioni aziendali sui media; le

sponsorizzazioni, o meglio l’erogazione di contributi a terzi per

l'organizzazione di manifestazioni sportive, musicali o di altro genere,

Page 32: Tesi di Flavia Cangini

32

ponendo affidamento sul ritorno delle spese sostenute in termini di

pubblicità; gli eventi organizzati dal brand e le fiere cui l’azienda partecipa.

Gli obiettivi, in base al momento e al contenuto diffuso, possono essere i più

disparati: aumentare la conoscenza del brand, attraverso un ufficio stampa

impegnato e attivo, capace di instaurare buone relazioni con gli opinion

leader; migliorare i rapporti coi clienti già acquisiti, come può avvenire

attraverso l’organizzazione di feste in occasione di anniversari del brand;

manifestare, attraverso sponsorizzazioni, la propria vicinanza ad un

determinato mondo.

Le possibilità, infinite, sono tutte accomunate dalla volontà di migliorare,

nel lungo periodo, la reputazione del brand.

2.1.5. Comunicazione interna

La comunicazione interna all’azienda viene spesso lasciata in secondo

piano, per disattenzione o ignoranza dei manager. Gli obiettivi che si

prefigge sono, anche in questo caso, i più disparati: aumentare il know-how

aziendale; conoscere spostamenti e lavori in cui sono impegnati i colleghi,

diminuendo perdite di tempo o inefficienze organizzative; condividere

obiettivi comuni; incrementare e/o migliorare i rapporti interni all’azienda

ed eliminare costi superflui.

Il primo strumento, e ancora oggi spesso l’unico, utilizzato all’interno

delle aziende per collegare i computer, sono le intranet, reti chiuse che

permettono lo scambio fra colleghi di file e informazioni senza connessioni

a server esterni. Le aziende, sulla base di questa tecnologia, creano software

specifici per rispondere alle proprie esigenze.

Inviare lo stesso file a tutti, con una semplice mail, potrebbe causare

confusione e perdite di tempo: dimenticanze e modifiche potrebbero creare

non pochi problemi di organizzazione, diversamente da quanto accadrebbe

se il file venisse caricato, quindi condiviso, sulla intranet.

Page 33: Tesi di Flavia Cangini

33

Oggi, la Rete, tramutandosi in 2.0, offre alle aziende nuove possibilità,

gratuite, di condivisione, da affiancare alle proprie intranet, tenendo però

sempre presente che i dati ivi caricati finiscono su server esterni. L’utilizzo

di questi strumenti ha il grande merito, tra gli altri, di avvicinare chi lavora

all’interno dell’azienda al mondo di Internet. Blog accessibili attraverso

password possono essere utilizzati per comunicazioni aziendali, meno

ufficiali, o per l’archiviazione di documenti. Wiki interne possono

permettere a più utenti di collaborare allo stesso progetto. Calendari on-line,

come il Google Calendar, consentono di conoscere presenze, riunioni e

scadenze di lavori.

Un sistema di comunicazione interna efficace ed efficiente, capace di

creare relazioni stabili, permette al brand di rafforzarsi, quindi di riflettere

all’esterno le proprie qualità.

2.2. I nuovi territori della marca

Nel libro di Patrizia Musso sono così definiti i nuovi territori creati dalla

marca per comunicare col proprio pubblico. Un’esigenza nata dalla cultura

post-moderna che predilige elementi intangibili come i sentimenti, le

emozioni ed i rapporti empatici, ma che risponde anche alle aumentate

esigenze di dialogo e collaborazione col consumatore. I “nuovi territori della

marca” si prefiggono infatti di far sentire l’individuo al centro del mondo

della marca, permettendo al brand di differenziarsi, farsi notare ed infine

essere scelto. Strumenti ad alto valore relazionale che, integrati all’interno

del comunication mix, apportano valore aggiunto alla brand equity.

Page 34: Tesi di Flavia Cangini

34

2.2.1. Comunità brandizzate

Le comunità brandizzate, o brand community, sono gruppi di persone

accomunate da un forte legame con la marca, quindi coi suoi valori e stile di

vita.

Creare una community di “fedeli”, per un brand, significa poter applicare

su di essa quelle che Bernard Cova, suo maggiore esponente insieme a

Michel Maffesoli, definisce tecniche di marketing tribale. La tribù, gruppo

di individui che condividono legami d’identità forti, può essere vista come

una segmentazione creata direttamente dagli stessi clienti in modo

spontaneo e, contrariamente a quanto accade con le segmentazioni di

marketing, è una realtà. Tuttavia la tribù, rispetto alle comunità tradizionali,

è volatile ed effimera: l’affiliazione può essere plurima ed ognuno ha la

possibilità di uscirne facilmente.

Le tecniche di marketing tribale si differenziano in intensive, quando

vengono applicate su tribù già esistenti ed estensive, quando l’obiettivo è di

favorirne lo sviluppo. Nei confronti di una tribù costituita sarà infatti

possibile applicare “riti tribali”, quali la vendita di “oggetti di culto” come

calendari, portachiavi e orologi e “costumi rituali”, come magliette e

bandane, oppure la condivisione di “luoghi di culto”, “formule magiche” ed

“icone”.

Uno dei brand che meglio è riuscito ad applicare questo concetto,

ricavandone vantaggi facilmente intuibili, è Harley Davidson. Feste, raduni,

slang, immagini, oggettistica e abbigliamento, accomunano gli harleysti di

tutto il mondo.

Il legame che intercorre tra consumatore e marca all’interno delle

community è talmente forte che spesso i due ruoli si capovolgono,

trasformando il consumatore in prosumer, ibrido tra consumatore e

produttore.

Page 35: Tesi di Flavia Cangini

35

Le brand community soddisfano quindi bisogni di trasparenza, apertura

al dialogo e relazione, rispondendo alla nuova esigenza per il consum-attore

di rivestire un ruolo attivo nei confronti del brand. Attraverso contest con

premi in denaro, gadget o altro, la marca chiede infatti ai propri “fedeli” sia

quali migliorie apportare ad un prodotto esistente, sia di inventarne di nuovi.

Ogni individuo appartenente alla tribù, oltre a rappresentare un’ottima

base di mercato, diverrà quindi fedele portavoce del brand, supportandone la

comunicazione ed aumentandone credibilità ed incisività. Un sistema

efficace per ascoltare i feedback provenienti dall’esterno, ma anche una

possibilità di influenzare indirettamente i circuiti di comunicazione interni a

mercato, stakeholder e dipendenti/collaboratori; quei circuiti che Marco

Camisani Calzolari, giustamente, definisce impossibili da gestire.

2.2.1.1. On-line

Il www è uno dei territori più fertili sui quali costruire la propria brand

community. La possibilità per individui, fisicamente lontani, di comunicare

ed intrecciare facilmente relazioni, offre maggiori occasioni d’incontro tra

soggetti con interessi simili. Le opportunità di scambio, veloce e gratuito, di

contenuti scritti, audio e video, creati dai consum-attori o pubblicati dal

brand stesso, migliora inoltre la qualità del rapporto, dando modo alla

community di svilupparsi e consolidarsi.

Instaurare relazioni è una delle opportunità più interessanti che la Rete

offre ai brand. Un esempio tra tutti è l’AlfaMiTo blog14, nato nel marzo 2008

per dar credito alle “voci” presenti in Rete intorno al lancio della nuova Alfa

MiTo. Il blog vive, oltre che delle tradizionali notizie commentabili, di

materiali inediti, creati dal brand insieme ai blogger, invitati, spesso

attraverso contest, a conoscere, condividere e vivere di persona il mondo

14 http://www.alfamitoblog.it/

Page 36: Tesi di Flavia Cangini

36

Alfa Romeo. Esperienze create e vissute con e attraverso il blog, hanno

permesso al brand d’istaurare un rapporto profondo con alfisti, e

automobilisti in genere, presenti online. I risultati, decisamente positivi,

sono stati, già nel settembre 2008, di 20.900 iscritti e un buon numero di

commenti per post.

Diverso è il caso di community nate direttamente dalla passione dei

consumatori più fedeli. Brand conosciuti ed amati che, partecipando

attivamente alla vita della community, rinforzano il proprio rapporto coi

clienti.

Possedere tribù di persone comuni, quindi più credibili, che parlano bene

del proprio prodotto e brand, in un mercato dove i consumatori, prima di

procedere ad un acquisto, hanno sempre più l’abitudine di cercare

informazioni in Rete, è un importante vantaggio competitivo.

2.2.1.2. Off-line

Le possibilità d’incontro nel mondo reale sono più coinvolgenti rispetto a

quello virtuale ma, ovviamente, meno frequenti. Per unire i vantaggi legati

ai due diversi mondi, eventi realmente vissuti continuano spesso a rivivere

on-line attraverso siti, blog e social network.

Ne sono esempi il Nike Plus Human Rice 10 km e il Diesel XXX Party,

entrambi allestiti contemporaneamente in diverse città del mondo, il primo

per unire corridori Nike in una maratona di beneficenza e dare slancio al

nuovo prodotto Nike+, l’altro per festeggiare il trentesimo anniversario

Diesel. Brand legati al movimento come Mini, 500 e Vespa, dal canto loro,

riuniscono i propri “fedeli” per attraversare le più disparate terre del

continente. Altri esempi sono i concerti organizzati da Nokia, il Nokia

Trends Lab Tour, o il D-Play, evento Playstation organizzato a Lecce dalla

Sony Computer Entertainment Italia, durante il quale, i partecipanti, sono

Page 37: Tesi di Flavia Cangini

37

stati coinvolti in una serie di bizzarre competizioni sportive ispirate al

mondo dei videogiochi.

Luoghi d’incontro eccezionali, organizzati intorno al mondo della marca,

dove le vere protagoniste sono le emozioni. Eventi che permettono ai

consumatori di vivere e condividere la propria passione per il brand.

Un’esperienza unica, che rafforza il legame con la marca e permette ai

consumatori stessi di stringere tra loro rapporti più o meno duraturi. Spazi

nati non solo per unire, ma anche per collaborare: conoscere, ascoltare e

fidelizzare il proprio target, migliorare la propria immagine e presentare

nuovi prodotti, sono obiettivi che il brand può raggiungere.

2.2.2. I punti vendita: luoghi dove vivere esperienze

Il punto vendita, detto anche PDV o POP , point of purchase, ha subito

negli ultimi anni profonde trasformazioni. I cambiamenti avvenuti nel

mercato hanno spinto i manager a reinterpretare questo spazio in un’ottica

relazionale, trasformandolo da mero luogo di transizione, in territorio per la

costruzione di un rapporto dialettico col cliente.

Esperti designer non si limitano più ad ideare spazi esteticamente

piacevoli, ma creano dei veri e propri “luoghi parlanti” che comunicano, a

chiunque vi entri, valori e mondo della marca. Una relazione empatica, che

infonde fiducia e trasmette emozioni, capace di parlare al cuore, oltre che

alla mente, delle persone, è quanto i brand vorrebbero instaurare coi propri

clienti all’interno dei punti vendita.

Spazi accoglienti che attraverso luci, suoni e forme, permettono al cliente

di vivere un’esperienza d’acquisto sensorialmente piacevole e coinvolgente:

un ambiente studiato intorno al proprio target, ai suoi bisogni e alle sue

abitudini d’acquisto.

Negozi come Prenatal seguono le neomamme dal primo mese di

gravidanza offrendo, al loro interno, corsi, spesso gratuiti, per la

Page 38: Tesi di Flavia Cangini

38

preparazione al parto e al “lavoro di mamma”, instaurando con le clienti un

rapporto fiduciario, che supera i tradizionali confini tra brand e

consumatore. Coop trasforma il punto vendita in un vero e proprio luogo

d’incontro e socializzazione attraverso l’organizzazione di mostre,

conferenze, attività e convegni all’interno dello Spazio Scopri Coop.

Feltrinelli è invece riuscita a prendere le distanze dalle semplici librerie,

divenendo luogo dove sperimentare la “cultura”, dall’editoria, alla musica,

ai video e alla multimedialità in genere, creando contesti su misura che

permettono di sperimentare nel migliore dei modi i diversi prodotti presenti

al suo interno. Napapijri, attraverso un’operazione di co-marketing con

Nintendo, ha di recente allestito all’interno del nuovo punto vendita, il

Napapijri Gallery Store di Milano, una divertente piattaforma di gioco dove

coppie formate da genitore-figlio si sfidano, creando un’atmosfera ludica e

coinvolgente.

Postazioni di prova, aree per bambini, spazi per la socializzazione o la

dimostrazione delle attività sociali in cui il brand è impegnato, sono tutti

luoghi studiati per mettere il cliente a proprio agio, creare un rapporto

empatico, invogliare all’acquisto, ma soprattutto sedurre ed indurre al

ritorno.

2.2.3. CSR, la strada etica

La CSR, Corporate Social Responsability, è la responsabilità sociale

delle aziende che scelgono di contribuire volontariamente al miglioramento

della società in cui vivono. Attenzione per l’ambiente, la salute o le persone

sono le diverse strade etiche che l’impresa può percorrere per migliorare la

propria immagine, ma soprattutto il rapporto col territorio.

John Grant nel suo “The Green Marketing Manifesto” parla di marketing

come nuovo alleato dell’ambiente. Il New Marketing, essendo basato sulla

partecipazione e il coinvolgimento, richiede infatti una condivisione prima

Page 39: Tesi di Flavia Cangini

39

di tutto ideologica: la sensibilità dei consumatori verso le modalità di

produzione e distribuzione del prodotto, il rispetto dell’azienda per

l’ambiente, i suoi dipendenti e la società, è in costante aumento. Sempre più

persone pensano infatti sia importante trovare il modo per combinare i

benefici individuali con quelli della collettività. I brand, in risposta a questo

accresciuto bisogno di moralità e trasparenza, si impegnano ad adottare un

proprio codice etico, redigono bilanci e rapporti sociali, sottoscrivono

certificazioni ed investono in concrete “attività etiche”. Comportamenti che

delineano la personalità del brand ed influenzano la sua percezione esterna,

conferendogli valori positivi, facilmente condivisibili da parte dei

consumatori.

2.2.4. Spazi per collaborare

Per il brand assume sempre più rilevanza la ricerca di terreni fertili per la

costruzione di relazioni stabili, capaci di superare l’alta infedeltà del

consumatore. Bar monomarca, come il Mercedes-Benz Cafè, sono solo

un’altra delle strade intraprese per far fronte a questo bisogno inesauribile.

Nuovi territori da colonizzare potrebbero essere palestre, sale

cinematografiche, stazioni radio e parchi divertimento. Marche che, così

facendo, possono realmente costruire mondi nei quali invitare i consumatori

a vivere esperienze uniche, costruire relazioni e collaborare per la

realizzazione dei bisogni di entrambi.

Non dover più sottostare a vincoli imposti dai diversi proprietari e

dividere lo spazio con altri brand, come è già avvenuto per manifestazioni

sportive come il Torneo Birra Moretti, concerti come l’Heineken Jammin’

Festival e riviste come Cartier Art, spinge i grandi brand a spostare i propri

investimenti da sponsorizzazioni e acquisti di spazi pubblicitari, alla

creazione di territori propri, che esprimano passione e valori del brand.

Page 40: Tesi di Flavia Cangini

40

Personal Branding, un esempio concreto

Curare la propria reputazione, on e off line, che si tratti di persona

giuridica o fisica, è importante per essere apprezzati, rispettati ed infine

scelti: Tom Peters, nel 1997, coniò il termine Personal Branding, ovvero

l’arte di costruire il proprio brand.

Dare una buona immagine di sé, comunicare i propri valori ed

instaurare relazioni, sono operazioni che, più o meno consapevolmente, tutte

le persone compiono quotidianamente. Quando più individui interagiscono

tra loro, ognuno, inevitabilmente, inquadra l’altro in una propria personale

categoria: etichettare le persone è, per nostra natura, indispensabile.

Il marketing di sé stessi consiste in sostanza nel promuovere la propria

persona cercando di raggiungere obiettivi personali, considerando che nel

web, la richiesta di informazioni arriva prima e ad un numero

esponenzialmente più alto di soggetti.

Per verificare le affermazioni precedenti, ho deciso di costruire un caso

aziendale che avesse come obiettivo la costruzione della mia immagine su

Internet: a tal fine ho aperto un blog, Brand 2.0

(http://branduepuntozero.wordpress.com).

Digitando il mio nome e cognome su un motore di ricerca, si otterrà

come risultato i miei profili sui social network (Facebook, LinkedIn e

Twitter), le wiki cui sono iscritta e naturalmente l' indirizzo del blog, fulcro

di tutte le mie attività sul web.

Amici, conoscenti, colleghi o futuri possibili datori di lavoro o

collaboratori, googlando il mio nome, dovrebbero percepire l’immagine che

ho voluto costruire di me, accreditata dalle opinioni scambiate on-line con

gli altri utenti, a conferma del mio modo di essere, sia nella vita privata, sia

in quella lavorativa.

3.1. Pianificazione

Page 41: Tesi di Flavia Cangini

41

Le aziende, al fine di raggiungere i propri obiettivi, pianificano attività,

tempi e risorse necessarie alla loro realizzazione. Lo stesso processo viene

seguito dai marketers per l’elaborazione del comunication mix e nello

specifico dei singoli mezzi di comunicazione. Pertanto ho adottato anch’io

la stessa metodologia.

Per prima cosa mi sono chiesta quale fosse il mio obiettivo. La risposta

era costruire relazioni al fine di migliorare la mia reputazione. A questo

punto bisognava scegliere il media più adatto al raggiungimento dello

scopo. Internet per la sua velocità, capillarità, interattività e capacità di

instaurare rapporti uno ad uno, si è dimostrato il più consono alla creazione

e al mantenimento di relazioni. Una volta scelto il media, ho poi analizzato i

diversi strumenti sociali disponibili in Rete. Le alternative erano: blog, wiki,

forum e social network. Tutti strumenti che trovano nelle relazioni la loro

forza, ma che le sviluppano e mantengono seguendo ognuno le proprie

peculiarità.

Le wiki, offrendo agli utenti la possibilità non solo di pubblicare

contenuti, ma anche di modificare quanto scritto dagli altri, si rivelano

perfette per la collaborazione, quindi estranee al mio obiettivo. I forum, una

delle prime forme di partecipazione sul web, si dimostrano strumenti capaci

di creare legami forti, ma allo stesso tempo inadatti per le difficoltà legate

alla necessità di “popolarlo” e tenerlo animato, quindi per il dispendio

eccessivo di risorse in capo ad un’unica persona. I social network,

generalisti e tematici, hanno anch’essi la capacità di creare relazioni,

raggruppando persone più o meno accomunate da specifici interessi ma,

come i forum, richiedono grande impegno per essere popolati ed animati e

non si dimostrano adatti alla pubblicizzazione delle singole persone in

quanto pongono tutti gli iscritti sullo stesso piano.

Rimangono quindi i blog, strumenti personali nei quali solo l’autore, o

al massimo gli autori, possono pubblicare contenuti, mentre ai lettori è

Page 42: Tesi di Flavia Cangini

42

permesso solo commentare. Proprio questa loro peculiarità che, come

sottolinea Massarotto, garantisce a ogni blogger un elevato controllo sul

suo spazio ma, al contempo, una forte partecipazione dei lettori, ne ha

probabilmente determinato il successo planetario […]15e mi ha certamente

convinta che era lo strumento adatto per la promozione della mia persona.

Scelto il mezzo dovevo decidere di cosa avrei parlato. Elaborare una

vera e propria strategia di contenuti è importante per identificare gli

argomenti sui quali è vantaggioso aprire una discussione. Argomenti

preferibilmente di forte appeal, capaci di creare intorno al blogger un

pubblico di lettori, il più possibile inesauribili, adatti a portare avanti una

conversazione per lungo tempo.

Seguendo il filo conduttore della mia tesi ho deciso di parlare di

reputazione e dell’utilizzo della Rete come territorio per la co-creazione di

valore. Un tema che ritengo attinente anche alla promozione della mia

persona sotto il profilo professionale: parlando di comunicazione e web

marketing con persone più o meno vicine a questo mondo, pensavo di poter

facilmente intrecciare rapporti importanti per la mia vita lavorativa, oltre

che presentare il blog a colloqui per accreditare le mie competenze. La forte

concorrenza che esiste in Rete sull’argomento, dovuta all’implicazione

lavorativa dei marketers con il web e i social media, offre numerosi spunti

di conversazione e sviluppa discussioni di elevata qualità, anche se d’altro

canto le molteplici, riconosciute ed autorevoli fonti inerenti, attraggono

molto del pubblico interessato, rendendo difficile ai “piccoli” la conquista e

la fidelizzazione degli utenti.

Un'operazione di decisiva importanza per il futuro del blog è stata la

scelta della description, pagine e categorie. Inesperta su sistemi capaci di

individuare le parole più ricercate sui motori di ricerca ho scritto

istintivamente, seguendo solo il mio bisogno di comunicare all’utente di 15 Marco Massarotto, Internet P.R., il dialogo in Rete tra aziende e consumatori, Apogeo, 2008

Page 43: Tesi di Flavia Cangini

43

cosa trattava il blog. Eliminando le alternative per cui non era più

disponibile il dominio, ho scelto come titolo Brand 2.0, rifacendomi allo

stesso concept di Aziendeconleorecchie16 quindi parlando anche di quei

brand che in Rete stavano seguendo strategie di comunicazione volte alla

costruzione di relazioni. La description, ovvero la descrizione della pagina

che appare nei motori di ricerca sotto il titolo, importante perché artefice

della scelta dell’utente tra le alternative che si presentano nella pagina, è:

Brand 2.0 vuole raccontare e analizzare la comunicazione delle

aziende sul web. Corporate blog, wiki aziendali, social network sono solo

alcuni dei nuovi strumenti che i brand devono imparare ad utilizzare per

crearsi un’identità, quindi una reputazione, in Rete.

Le pagine sono tre: Blog, About Brand 2.0 e About me. Blog, in

continuo aggiornamento, contiene in ordine cronologico i post da me

pubblicati.

About Brand 2.0 spiega al visitatore gli obiettivi del blog:

Essere presenti sul Web significa entrare all’interno delle

conversazioni che si sviluppano tra le maglie di questa intricata Rete, porsi

alla pari con gli altri utenti ed instaurare con loro delle vere e proprie

relazioni. Relazioni che, come sostiene Kevin Roberts, portano alla fedeltà

oltre la ragione. Le marche diverrebbero così dei Lovemarks.

Questo blog si propone di parlare di tutte quelle aziende che hanno

deciso di percorrere questa strada, quindi di costruirsi un’identità sul

web17.

16 http://aziendeconleorecchie.wordpress.com/ 17 http://branduepuntozero.wordpress.com/about/

Page 44: Tesi di Flavia Cangini

44

Infine, About me, parla di me, dei miei studi e delle motivazioni che mi

hanno spinta ad aprire Brand 2.0.

Il passo successivo era individuare le categorie:

1. brand 2.0, dove scrivo di brand impegnati nella costruzione di

relazioni attraverso la Rete;

2. Buzz marketing, nel quale riporto campagne buzz, dai viral video al

buzz per il sociale;

3. Corporate reputation, la mia tesi, i cui post non sono altro che parti

della tesi;

4. informazioni e statistiche;

5. nozioni di web marketing;

6. strumenti web per le aziende.

Un’altra piccola ma importante scelta affrontata prima di lanciare il

blog ha riguardato la mia immagine: foto o disegno? Inizialmente avevo

pensato di creare come mio avatar, ovvero come rappresentazione di me

all’interno del mondo virtuale, una formichina su sfondo verde, in modo da

riprendere la grafica del blog, ma considerando che se si fosse presentata in

futuro la possibilità di incontrare realmente le persone con cui ero entrata in

contatto in Rete la foto si sarebbe rivelata utile per essere riconosciuta, optai

per quest’ultima alternativa.

Scegliere la fotografia fu una ulteriore complicazione: non volevo

risultare né troppo seria, né troppo ironica, originale, ma non eccentrica e

soprattutto volevo permettesse alle persone di individuarmi.

Page 45: Tesi di Flavia Cangini

45

Questa è la foto che utilizzo ogni volta che

mi registro a nuovi servizi e che, affiancata al mio nick, flavia85, permette a

chi mi conosce di essere certo che a “parlare” sia proprio io.

Sul nick non c’è stato uno studio: il primo giorno di lezione di Web

Content è stato chiesto a tutti i partecipanti al corso, di aprire subito un

nostro spazio su Wordpress.com, piattaforma gratuita per la creazione di

blog e un po’ per mancanza di nick liberi, un po’ per fretta, la mia scelta è

ricaduta su flavia85. Successivamente ho pensato di non modificare il nick

con l’apertura del nuovo blog per non perdere i contatti già consolidati.

La piattaforma che decisi di utilizzare fu Wordpress.com, una delle più

apprezzate per quel che ho potuto leggere sulla blogosfera. Le

manchevolezze della piattaforma, che decisi di accettare in cambio dello

spazio gratuito su un suo server, dello sfruttamento del suo software e del

suo posizionamento sui motori di ricerca, sono: la possibilità di inserire

linguaggio Java, di poter liberamente modificare il codice sorgente, di

guadagnare dal blog inserendo annunci pubblicitari e di aggiungere plug in.

Tutte funzionalità cui sarebbe stato possibile accedere utilizzando la

piattaforma a pagamento Wordpress.org, a cui decisi di rinunciare per

difficoltà legate alla necessità di possedere un mio spazio personale su un

server e dover scaricare ed installare sul mio computer il software. Il mio

fine non commerciale avvalorò ulteriormente la mia scelta.

Una volta registrato il dominio,

www.branduepuntozero.wordpress.com, (prima di scegliere il nome avevo

naturalmente già controllato che il dominio fosse libero) non mi mancava

altro che costruire la grafica del blog. Tra i templates disponibili scelsi K2-

lite: un tema pulito, di colore blu, diviso su due colonne, che consentiva

Page 46: Tesi di Flavia Cangini

46

l’inserimento di widget e la personalizzazione della testata. Per

differenziarmi dai tanti blog che utilizzano templates e testate di default,

modificai l’immagine della testata. Scelsi quindi di disegnare quattro

formiche, in fila, che trasportano metaforicamente feed, wiki, social network

e blog. La motivazione, riportata anche nelle pagina About Brand 2.0, è da

ricondurre al paragone tra formiche e blogger che Sergio Maistrello fa nel

suo libro, La parte abitata della Rete:

[...] ogni giorno escono in cerca di cibo e materiale utile (informazioni,

spunti, contenuti rilanciati da altri), ciascuno per conto proprio. Nessuno

dice loro come o dove procurarselo, ognuno segue le proprie piste e il

proprio fiuto. Quando incontrano riserve di cibo, lasciano traccia del loro

passaggio (sotto forma, per esempio, di catene di link che conducono alle

fonti originarie), aprendo la strada ai propri simili. Quanti più si

interesseranno a un particolare percorso, seguendo le tracce altrui e

moltiplicando i link, tanto più quella pista diventerà popolare e frequentata,

passando di gruppo sociale in gruppo sociale fino agli hub più influenti.

[...] Il feromone di Internet è il collegamento ipertestuale [...]18

Il logo del sito, posto a fianco delle formichine, vuole invece simulare

un timbro, come se il blog certificasse l’essenza 2.0 dei brand che analizza.

Una testata significativa e al contempo particolare, capace di rimane

impressa nella memoria degli utenti, tanto da aver sentito chiamare il mio 18 Sergio Maistrello, La parte abitata della Rete, Tecniche Nuove, 2007

Page 47: Tesi di Flavia Cangini

47

blog “quello delle formichine”. La scelta del colore è ricaduta sul verde.

Brand 2.0, come si può intendere anche dal tone of voice con cui sono scritti

gli articoli, vuole essere uno spazio in cui si parla di argomenti importanti

ma in allegria. Il verde, un colore freddo ma meno duro del blu, trasmette

tranquillità e serietà, lasciando aperto un piccolo spiraglio al gioco e

all’ironia.

Dovevo adesso decidere quali widget sarebbero andati a comporre la

colonna destra della pagina e in quale ordine inserirli. Questo il risultato,

dall’alto verso il basso:

due icone per l’iscrizione ai feed, quella usata per convenzione, My

Feed RSS, e quella specifica di Google, entrambe gestite attraverso

FeedBurner;

l’iscrizione alla newsletter, sempre gestita attraverso FeedBurner

(inserita in un secondo momento);

l’icona di Technorati;

le icone dei miei profili su Linked In, My Space, Facebook e Twitter;

My Del.icio.us, ovvero il collegamento alle pagine che condivido

sull’applicazione più famosa per il social bookmarking;

Categorie;

Pagine;

Post più letti;

il widget rilasciato da MyBlogLog per vedere i visitatori registrati al

servizio che entrano nel blog (aggiunto successivamente);

Blogroll;

Licenza Creative Commons.

L’ordine determina l’importanza dei widget. I primi, sempre ben

visibili, sono legati alla pubblicizzazione del blog, ovvero feed, newsletter e

technorati. Scendono, a seguire, widget per la pubblicizzazione della mia

Page 48: Tesi di Flavia Cangini

48

persona ed infine, sotto la piega della pagina, My Del.icio.us e i widget

inerenti il blog. Da sottolineare che aprire un blog ed entrare ne “la parte

abitata della Rete” implica iscriversi ai più famosi ed utilizzati social

network al fine di promuovere se stessi, il proprio blog e mantenere i

contatti creati nelle più disparate occasioni.

L’ultima scelta da operare ha riguardato i commenti, che decisi di

lasciare liberi, senza bisogno dell’approvazione dell’admin per la

pubblicazione, tenuto conto che Wordpress applica di default il “nofollow”

nei commenti, attributo che rende vani i tentativi di utenti poco onesti di

promuovere il proprio sito. In questo modo i commenti sono pubblicati in

tempo reale, senza che io debba prima concedere l’approvazione: una

pratica che non sempre piace agli utenti, che trovano soddisfazione, e qui mi

ci metto anch’io, a vedere pubblicati subito i propri pensieri.

Brand 2.0 è “nato” il 9 luglio 2008 con un post che parlava di Nuvenia

e della sua ancora troppo limitata presenza in Rete.

3.2. Misurazione

Durante la fase di pianificazione del blog mi ero posta l’obiettivo di

stringere buoni rapporti con persone che condividono con me la passione

per la comunicazione online, al fine di dimostrare la capacità del mezzo

Internet di farsi territorio per la co-creazione di valore tanto per i singoli che

per i brand, senza prefiggermi obiettivi di tipo quantitativo. Il secondo

risultato che mi proponevo di raggiungere, dedicando tempo ed impegno

alla costruzione della mia reputazione online, era trovare lavoro nel settore

del web marketing.

I tempi di Internet, apparentemente veloci se studiati sotto il profilo

della propagazione dei messaggi e dei tempi di misurazione di una

campagna di comunicazione, si rivelano paradossalmente lenti nella

costruzione di relazioni, per loro natura difficili da instaurare e consolidare.

Page 49: Tesi di Flavia Cangini

49

In questa sede analizzerò i dati quantitativi e qualitativi raggiunti al 31

dicembre 2008, al fine di elaborare una valutazione obiettiva del blog a circa

sei mesi di “vita”.

Definire i KPI, Key Performance Indicators, non è semplice: ogni

amministratore in base agli obiettivi prefissati per il proprio sito, stabilirà

quali indici sono più consoni ad analizzare le proprie performance. Di

seguito riporterò quindi oltre ai risultati raggiunti anche l’importanza da

attribuire ad ognuno di essi.

Visitatori:

I tre grafici che seguono riportano il numero delle visite al blog

analizzandone l’andamento mensile, settimanale e, entrando più nello

specifico, giornaliero riferito all’ultimo mese.

Figura 1 Andamento mensile delle visite da Luglio a Dicembre 2008

Osservando il grafico inerente l’andamento delle visite mese per mese è

possibile affermare che il trend è in aumento (il calo registrato nel mese di

gennaio è fittizio avendo creato il grafico al terzo giorno del mese). Dato

importante in quanto dimostra un miglioramento delle relazioni, soprattutto

se analizzato tenendo conto della diminuzione del numero di post da me

scritti, soprattutto nel mese di dicembre. Offrire costantemente nuovi

Page 50: Tesi di Flavia Cangini

50

interessanti contenuti è importante, sia per ottenere visite, sia per mantenere

le relazioni. Impegnata in altre attività, mi pongo l’obiettivo di scrivere

almeno un post a settimana mentre prima ne pubblicavo anche due o tre.

Figura 2 Andamento settimanale delle visite dalla 27° settimana del

2008 alla 1° settimana del 2009

Nel secondo grafico, relativo l’andamento settimanale del blog, si

percepisce maggiormente la discontinuità delle visite, dovute per lo più al

maggiore o minore impegno dedicato alla scrittura di post. I picchi di

maggiore rilievo sono infatti dati da un maggior numero di post scritti, ad

eccezione del picco toccato la 47° settimana con 366 visite, registrato grazie

ad un link ottenuto all’interno di un articolo scritto da Fabio Sutto nel blog

che gestisce insieme a Federico Calore, l’On Line Marketing Blog, dove si

felicitava di avermi conosciuta di persona all’evento Rimini Web Marketing

Event, tenutosi il 22-23 novembre, dopo esserci più volte incontrati e

scambiati opinioni in Rete. Il 24 novembre, giorno in cui è stato pubblicato

il post, Brand 2.0 ha raggiunto 136 visite. L’On Line Marketing Blog è

infatti un blog di settore con più di 600 abbonati al proprio feed.

L’andamento delle visite nelle settimane successive suppone un aumento

della popolarità del blog e di conseguenza dei lettori, dato che cala solo

nella ultime due settimane, probabilmente per effetto delle festività.

Page 51: Tesi di Flavia Cangini

51

Figura 3 Andamento giornaliero delle visite dal 6 dicembre 2008

al 3 di gennaio 2009.

L’andamento delle visite giornaliere a Brand 2.0 non è particolarmente

alto: da una media iniziale di 11 visite nel mese di avvio del blog, sono

passata ad una media di 18 visite, nel mese di dicembre. Il picco, raggiunto

a novembre è in media di 25 visitatori al giorno. Nel primo semestre di vita,

il blog ha registrato 2870 visite.

Risultato che ritengo discreto tenuto presente della quantità e qualità di

blog inerenti l’argomento che popolano la Rete: blog di nicchia che nella

maggior parte dei casi superano l’anno di vita e sono riusciti a costruire

intorno a loro un pubblico di affezionati lettori/collaboratori.

Informazioni relative ai tempi di permanenza su Brand 2.0, molto

interessanti per capire se il contenuto soddisfa o meno le aspettative del

lettore, purtroppo non ne ho.

Siti che portano traffico al blog e performance sui motori di ricerca:

Le statistiche di Wordpress visualizzano siti e parole chiave che portano

traffico al blog. Tra i siti spicca MyBlogLog, un servizio di Yahoo!: un

social network che permette di creare il proprio profilo, pubblicizzare il blog

e condividere le attività online, interessante per la possibilità che offre di

Page 52: Tesi di Flavia Cangini

52

tracciare le visite tra profili e di cercare utenti seguendo aree d’interesse. Un

sistema di promozione molto efficace, che permette di creare community

intorno alla propria persona o al proprio blog. Importantissimo anche per il

widget che offre: una volta inserito il codice rilasciato da MyBlogLog su

qualsiasi sito, è possibile vedere chi, tra gli utenti registrati al servizio, entra.

Diverse visite arrivano anche da Facebook, dove al mio profilo ho aggiunto

il feed ai miei post; da Wordpress e il suo motore di ricerca interno; da On

Line Marketing Blog, che mi vede da poco tra i suoi autori; Twitter, servizio

di micro-blogging sul quale “twitto” link ai miei post ogni volta che ne

pubblico di nuovi; Ikaro.net per il quale ho scritto un guest post; Twine,

social network sul quale sono stati condivisi i miei post sulla Corporate

Reputation e socialnetworking.ning.com, social network tematico, sul quale

ho aggiunto il link al mio blog nella home, all’interno della sezione riservata

ai bookmarks. Tanti piccoli link che producono circa la metà del traffico di

Brand 2.0; la restante metà è portata dai motori di ricerca. Difficilmente

riesco ad ottenere visite dai termini generici, sui quali c’è molta

concorrenza, mentre molti ingressi sono portati dai nomi delle cose di cui

scrivo, che si tratti di brand, come Nike, Diesel o Coin, personaggi o

applicazioni. Un blog che vive quindi di quella che Chris Anderson

definisce La Coda Lunga. Alcuni termini sui quali ho effettuato ricerche per

vedere il mio posizionamento su Google sono:

1. Brand 2.0: rientro nella prima pagina ma sotto la piega;

2. Corporate Reputation: appaio in terza pagina con un link dal motore

di ricerca di Wordpress;

3. Corporate Reputation tesi: prima della prima pagina;

4. Strumeti web aziende: prima con Wordpress e in seconda pagina col

blog;

5. Buzz marketing: in seconda pagina con Wordpress;

6. Community marketing: in terza pagina;

Page 53: Tesi di Flavia Cangini

53

7. Marketing tribale raduni: prima pagina, in seconda posizione;

8. Aziende web reputation: seconda pagina;

9. Web marketing: non avendo trovato il mio blog, alla decima pagina

mi sono fermata!

Backlink:

Di backlink al mio sito rilevati da Wordpress ne ho davvero pochi: solo

tre, tra cui il famoso link dall’Online Marketing Blog, uno dal blog di

Francesco Piersimoni, SEO di un’agenzia di web marketing a Rimini ed

infine l’ultimo link, o meglio il primo, quello che mi ero creata dal mio

precedente blog per avvisare i miei lettori del “cambio indirizzo”. Risultati

decisamente poco soddisfacenti dal punto di vista quantitativo ma ottimi

qualitativamente: hanno sicuramente apportato miglioramenti nella SERP di

Google provenendo da siti “trusted” e a tema. D’altro canto, effettuando

un’analisi del mio sito attraverso l’applicazione WebSiteGrader19 e per

sicurezza da altri servizi gratuiti presenti in Rete, gli inbound link rilevati in

data 2 gennaio 2009 sono 728. Un numero decisamente alto, che giustifica

l’aumento del mio Page Rank a 3.

Il numero di commenti:

I commenti sono un elemento importante da valutare, soprattutto

tenendo sempre presente che il mio obiettivo era costruire relazioni, alla

base delle quali ci sono le conversazioni. Stimolare le persone a lasciare la

propria opinione significa sfruttare il blog per le sue effettive capacità

comunicative e non come mero strumento informativo. Sotto questo profilo

posso ritenermi decisamente soddisfatta: 132 commenti per 60 posts quindi

una media di poco più di 2 commenti per post. Media ancora più importante

se relazionata al basso numero di visite ricevute dal blog.

19 http://website.grader.com/

Page 54: Tesi di Flavia Cangini

54

Iscritti a feed e newsletter:

Il programma che utilizzo per la gestione dei feed è FeedBurner. Ecco

un grafico che mostra i miei iscritti giorno dopo giorno.

Il numero di iscritti rimane mediamente uguale, senza forti aumenti o

abbandoni. Aver fidelizzato delle persone, per quanto poche, in un mercato

come quello del web marketing e della comunicazione online mi sembra,

dopo sei mesi, un discreto risultato, soprattutto in considerazione

dell’impegno profuso per raggiungere questi risultati:

Page 55: Tesi di Flavia Cangini

55

All’inizio del mese di dicembre ho aggiunto tra i widget la newsletter.

Un ulteriore strumento di promozione che non sta però ottenendo grandi

risultati: ha solo un iscritto. Un sistema per tenersi aggiornati che ad oggi,

grazie agli aggregatori, si rivela obsoleto.

Le pagine più viste: la pagina About me è il secondo post più letto con

181 visite, il primo è un articolo su Nike e lo Human Rice 10 km (240

visite), molto letto per la popolarità del brand spesso digitato sui motori di

ricerca. Oggi gli utenti vivono il Web come un testo unico e si curano

sempre meno dei singoli siti, vanno alla ricerca di risposte attraverso i

motori di ricerca e non gli interessa dove trovano la soluzione20. Partendo da

questo presupposto, il dato relativo il numero di utenti che hanno cliccato

sulla pagina About me è decisamente importante per un blog personale:

conferma che gli utenti apprezzano i contenuti tanto da essere spinti a

conoscere l’autrice di quei pensieri.

Le community:

Per un blog personale il cui fine è la creazione di una buona reputazione

quindi dell’instaurazione di relazioni, le community create intorno al blog e

alla propria persona, visti nel mio caso come una cosa unica, sono

certamente risultati importanti da valutare. Uno spazio sul blog dedicato alla 20 Jakob Nielsen, Hoa Loranger, Web Usability 2.0 L’usabilità che conta, Apogeo, 2006

Page 56: Tesi di Flavia Cangini

56

mia community non è presente, posso avvalermi però, come la maggior

parte dei blogger fanno, di servizi esterni. Tra questi il già citato MyBlogLog

che ad oggi conta 13 membri nella community del blog e 17 utenti iscritti

alle mia persona, Twitter con 29 followers e Facebook con 27 amici

all’interno della mia lista web&comunicazione. Dati apprezzabili tenuto

presente che gli iscritti che si ripetono non sono molti, sono tutte persone

interessate alla materia di cui scrivo e la maggior parte sono stati loro per

primi a chiedermi l’amicizia o il follow.

Valutazione generale:

Per analizzare nel complesso i risultati raggiunti al 2 gennaio 2009 ho

usato il già citato WebSiteGrader, servizio messo a disposizione da

HubSpot. Brand 2.0 ha ottenuto voto di 87/100. Di seguito lo Score

Summary, ovvero il riassunto dei dati rilevati dall’applicazione che ne

hanno influenzato la valutazione:

Risultati fino a questo punto abbastanza soddisfacenti. Non posso

nascondere di aver creduto di poter raggiungere un numero più alto sia di

lettori che di iscritti al feed, ma commenti e conversazioni intrattenute in

Rete mi fanno supporre un futuro promettente per il mio blog, soprattutto se

si effettua su questi dati un’analisi qualitativa, basata sulla misurazione della

positività o negatività dei commenti ricevuti e sull’utilità degli stessi per la

Page 57: Tesi di Flavia Cangini

57

mia persona. Altri dati cui posso riferirmi per valutare la qualità dei rapporti

instaurati, mi sono offerti dal widget di MyBlogLog che permette di vedere

gli utenti che vengono sul mio blog e constatare ripetitività nel loro

comportamento. Mi ritengo quindi pienamente soddisfatta delle relazioni

che sono riuscita a stringere in questi mesi, tanto da farmi concludere di

essere riuscita a raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissata.

Analizzare i risultati ottenuti e rivedere le metodologie e gli strumenti

usati che hanno permesso il raggiungimento di tali obiettivi, permette di

imparare dai propri errori ed impostare una migliore strategia che consenta

al blog di raggiungere nuovi traguardi. Nel mio caso, dopo aver osservato i

risultati raggiunti, mi sono proposta di colmare la mia lacuna più grande ed

incrementare il numero di visitatori. Uno scopo non fine a se stesso, i

numeri diverrebbero infatti importanti qualora decidessi di inserire

all’interno del blog annunci pubblicitari, ma volti ad aumentare le possibilità

di conoscere persone interessanti e di crearmi un’identità più forte, quindi

allargare la mia community.

Aspetti che ritengo importante migliorare, sulla base delle mie

esperienze pregresse, per raggiungere questi obiettivi sono:

- Il numero di commenti su blog inerenti: scrivendo commenti a post

altrui, lascio una piccola traccia della mia presenza su di uno spazio

nel quale, probabilmente, andranno persone in target con gli

argomenti del mio blog. Più il commento sarà interessante, più le

persone decideranno di cliccare sul mio nick e venire a leggere

quello che scrivo.

- Un utilizzo maggiore dei social network, soprattutto per conoscere

nuove persone e tenermi in contatto con loro. Fino a questo

momento uno strumento erroneamente utilizzato più per mantenere

relazioni che per instaurarne. Tra questi, in particolare, mi propongo

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58

di iniziare ad utilizzare FriendFeed, un servizio che aggrega feed

provenienti dai più utilizzati social network. Un’applicazione ad alto

valore relazionale che permette di seguire tutte le attività dei propri

amici e degli “amici degli amici” all’interno di un unico spazio e al

contempo di interagire commentandole e, se necessario, aprendo

discussioni all’interno di room.

- Una scrittura più attenta ai motori di ricerca: analizzare le parole più

ricercate, ad esempio attraverso il servizio gratuito Keyword Tool di

Google AdSense ed inserire le keyword in titoli e tag, ma anche

valutare la concorrenza che esiste su ognuna di esse e conquistare

traffico proveniente dalla “coda lunga”.

- La pubblicizzazione del blog all’interno di directory, siti di social

news e di social bookmarking che, oltre a restituire link in entrata,

offrano visibilità ai miei contenuti, migliorando il mio

posizionamento sui motori di ricerca quindi la mia popolarità. Per il

momento tra i siti di social news ho sfruttato solo il famoso

OkNotizie ma non portandomi risultati gratificanti, immagino per gli

argomenti di nicchia postati, non ho continuato ad utilizzare questo

sistema per la pubblicizzazione di Brand 2.0, concentrandomi su

visite e commenti su siti a tema. Una strada che cercherò di

ripercorrere informandomi meglio sulle possibilità presenti sul

mercato.

Tra queste in particolare ritengo fondamentali per il raggiungimento dei

miei obiettivi le prime due operazioni, mentre le ultime due, anche se utili,

le reputo secondarie. Attività che, pur portano via tempo alla scrittura di

post, mi permetteranno di attirare e possibilmente fidelizzare nuovi lettori.

Mi prefiggo quindi, nei prossimi sei mesi, di passare da una media di

diciotto visite al giorno ad una di trenta e di raddoppiare gli iscritti al feed

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giungendo così, dopo un anno di vita del blog, ad essermi costruita una

buona e conosciuta reputazione online.

3.3. Profittabilità

Il concetto di profittabilità in un territorio particolare come quello di

Internet necessita di essere ridefinito. Il guadagno, nella parte abitata della

Rete, non nasce infatti dal possesso, quindi dalla vendita, ma viceversa dalla

condivisione, gesto al quale nella vita reale non siamo abituati. In un mondo

dove la riproducibilità dei dati è semplice, veloce ed economica, mettere a

disposizione non significa impoverirsi, ma viceversa arricchirsi. Un sistema

indiretto di arricchimento talmente lontano dal nostro concetto di guadagno

che spesso ne è difficile percepire il ritorno: alla parola ricco riconduciamo

istintivamente il concetto monetario del termine, senza capire fino in fondo

quali enormi vantaggi una buona reputazione possa apportare alla nostra

persona, benefici di cui parlavo nel primo capitolo.

Ogni soggetto, in base alla propria natura e ai propri obiettivi può

ottenere vantaggi differenti: un brand, migliorando il proprio rapporto coi

dipendenti costruirebbe un ambiente lavorativo più sereno e proficuo,

mentre un libero professionista migliorando la propria reputazione potrebbe

aumentare il numero di collaborazioni o la propria parcella. Tutti vantaggi

in fin dei conti economici che non vengono però conseguiti direttamente

dall’instaurazione di relazioni, ma che senza di esse non sarebbero mai

potuti esistere.

Per una studentessa universitaria ormai giunta alla fine del proprio

percorso di studi, mostrare le proprie conoscenze e al contempo accrescerle

attraverso il confronto continuo che si vive sulla Rete, significa fare

promozione di se stessa, oltretutto in un periodo fondamentale della propria

vita. Un’esperienza che può aggiungere valore al proprio curriculum, ma

che può anche rivelarsi luogo d’incontro e d’instaurazione di rapporti

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lavorativi importanti. Aprire un proprio spazio su Internet significa far

conoscere la propria persona quindi ribaltare le regole del gioco e diventare

paradossalmente “target” del datore di lavoro. Quest’ultimo dopo avere

apprezzato le competenze di un blogger, se deciderà di instaurare con lui un

rapporto professionale, sarà infatti il primo ad andare a cercarlo. Ottenere

rispetto e stima non è facile. Richiede tempo, costanza, dedizione e tanta

passione.

Naturalmente nel mio caso l’obiettivo era innanzitutto dimostrare la

capacità della Rete di farsi territorio ideale per la creazione delle relazioni,

quindi per la formazione della propria reputazione. Qualora fossi riuscita a

mettere io stessa in pratica questi concetti, a coronamento della buona

reputazione costruita, avrei voluto trasformare alcuni dei legami instaurati,

in rapporti lavorativi.

Il primo obiettivo è stato pienamente raggiunto. Ho conosciuto tante

diverse persone legate per passione e per lavoro al mondo della

comunicazione online, col tempo tramutatesi in “amici” coi quali poter

discorrere tanto di comunicazione, quanto di frivolezze. Intono a me si è

venuto a creare un vero e proprio network di persone che comunicano e si

scambiano opinioni su contenuti pubblicati o condivisi. Una community alla

quale potersi rivolgere per chiedere consigli o collaborare alla divulgazione

di una notizia. Sul web le relazioni sono tutto: qualsiasi cosa detta, solo se

letta, commentata e condivisa dagli altri, sarà capace di emergere e produrre

reazioni. Mantenere e rafforzare la propria community seguendo le attività

degli amici e partecipando alle conversazioni scaturite su piattaforme altrui

è quindi fondamentale. Un’attività, quella di social networking, da svolgere

giorno dopo giorno.

Grazie alla profondità dei rapporti instaurati, ho avuto la possibilità di

iniziare a realizzare anche il secondo obiettivo prefissatomi ovvero una

collaborazione con l’On Line Marketing Blog per la creazione di contenuti

Page 61: Tesi di Flavia Cangini

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ed una seconda collaborazione con un’agenzia di Rimini per la realizzazione

di un sito ottimizzato per i motori di ricerca.

La Rete, uno spazio comunitario a disposizione di tutti, si dimostra

pertanto capace di costruire e gestire percorsi relazionali con persone vicine

e lontane, conosciute o sconosciute, per motivi personali o professionali e

quindi di realizzare obiettivi di business. Le aziende contemporanee hanno

sempre più bisogno di strutturarsi in network di relazioni: un nuovo modello

organizzativo che necessita di strumenti come i social network per

sopravvivere, un sistema che attiva meccanismi di risposta e di circolazione

della collaborazione spesso indispensabili.

Page 62: Tesi di Flavia Cangini

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Conclusioni

Fino allo scorso marzo avevo sentito parlare di Web 2.0 da un paio di

amici senza comprendere effettivamente di cosa si trattasse. Ricordo che mi

parlavano di Del.icio.us e spiegavano che era semplicemente uno spazio

online sul quale salvare le proprie pagine preferite, in poche parole la

versione 2.0 dei “Preferiti” del browser. Ma non riuscivo a capire quali

vantaggi avrei ottenuto utilizzando un’applicazione web e condividendo i

miei gusti con gli altri. Atteggiamento che mi divenne facile comprendere

solo quando iniziai a “vivere” la Rete attraverso il blog. Operare con uno

strumento interattivo che impone di cercare informazioni, farle proprie per

poi condividerle e aprire conversazioni con altri utenti, “obbliga” l’autore ad

entrare pian piano ne “La parte abitata della Rete” e a comprenderne i

meccanismi interni.

La blogosfera è stata per me una scoperta: un territorio che, grazie alla

sua vastità e ai suoi continui sviluppi, non mi smette mai di entusiasmare e

di offrire nuovi spunti di riflessione. In questi sei mesi da blogger ho avuto

modo di analizzare le diverse strategie e campagne di comunicazione attuate

dai brand e conversare con altri utenti più o meno esperti, su libri, teorie,

tecniche SEO, applicazioni web e social media, ma anche di partecipare agli

eventi che hanno investito questo mondo come la vicenda di Sergio Sarnari

e la Mosaico Arredamenti, il Blogfest a Riva del Garda o il tanto

chiacchierato Codice Internet. Tutte esperienze che hanno contribuito alla

mia formazione.

Un mondo che vive di relazioni che possono svilupparsi solo attraverso

la bontà dei contenuti. Creare una wiki, un blog o un social network sono

operazioni sempre più user friendly, le vere difficoltà si incontrano nel

trasformare questi strumenti in piattaforme conversazionali. Nel mondo dei

social media è l’idea a fare la differenza. Solo guardando e analizzando le

esperienze altrui è possibile capire come attivare queste piattaforme che

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divengono significative grazie alla partecipazione degli utenti. Infatti, solo

qualora gli atti comunicativi raggiungano il livello perlocutivo della

comunicazione, ovvero influenzino una persona che, interagendo, conferma

l’avvenuta socializzazione, si potrà ritenere raggiunto il loro fine.

Condividere contenuti validi è quindi indispensabile per iniziare a creare la

propria buona reputazione.

Nel web 2.0 un rapporto può avere inizio grazie ad un semplice

commento o ad un “follow”. La relazione si mantiene poi continuando il

confronto su conversazioni proprie o di “amici”; un rapporto che va quindi

curato seguendo l’utente sulle piattaforme che abita. Attraverso Brand 2.0 e

i tanti social network che completano la mia presenza in Rete ho conversato

con molte persone e con alcune di esse ho instaurato rapporti più profondi,

facendo mie, di volta in volta, queste logiche d’azione. Logiche che si

ripropongono all’interno di tutti i social media, seguendo ogni volta le

specificità del mezzo: sui social network, ad esempio, la condivisione

avviene attraverso una segnalazione del link, eventualmente accompagnata

da un piccolo commento, mentre sul blog gli argomenti trattati vengono

approfonditi.

Pertanto i marketers, nell’affrontare questa nuova sfida, devono essere

consapevoli che la natura del web è legata alla struttura delle relazioni e che

la loro peculiarità consiste nello svilupparsi nelle direzioni più impensate.

L’effetto serendipity è il fenomeno che prevale sulla Rete: scoprire una cosa

non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra, ma anche

l’essere aperti alla ricerca e attenti a riconoscere il valore di esperienze che

non corrispondono alle originarie aspettative21. I brand, pur pianificando il

proprio ingresso nel 2.0 secondo attente analisi di marketing, devono sapere

affrontare le sfide che di giorno in giorno gli utenti, partecipando o meno,

gli pongono di fronte. Il web 2.0 è quindi un mezzo che, vivendo di

21 http://it.wikipedia.org/wiki/Serendipit%C3%A0

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feedback immediati, consente di verificare velocemente l’efficacia della

propria azione, tenendo costantemente in allerta i marketers coinvolti.

Dopo la mia pur limitata esperienza di blogger posso quindi confermare

quanto ad inizio tesi avevo solo potuto teorizzare: il web e più nello

specifico la sua evoluzione in 2.0, offre alle marche opportunità di crescita e

consolidamento importanti che, se non sfruttate, potrebbero anche ritorcersi

contro la marca, come avvenuto nel caso dei lucchetti Kryptonite. I social

media si dimostrano infatti strumenti estremamente utili per l’ascolto di

conversazioni tra utenti permettendo così al brand di comprendere le

esigenze del mercato, il livello di soddisfazione dei consumatori e di testare

il lancio di nuovi prodotti o servizi.

Un vero e proprio strumento di marketing, ma anche uno spazio grazie

al quale aumentare il brand engagement attraverso la soddisfazione di

esigenze dell'utente come la trasparenza, l’interazione e il coinvolgimento.

I social media si dimostrano pertanto territori ideali per la co-creazione

di valore permettendo alla marca di offrire un’immagine di sé il più

possibile positiva, avvalorata dalle opinioni altrui. Attraverso i social media

il brand può perciò gestire la propria reputazione online ed evitare di venire

danneggiato da opinioni negative che, qualora non trovassero smentite o

giustificazioni, diverrebbero per lui deleterie. L’immagine del brand che si

andrà così a delineare influenzerà le decisioni d’acquisto degli utenti,

sempre più interessati alle opinioni altrui.

Le capacità del Web 2.0 sono quindi indubbie, sta ora alle marche

comprendere come sfruttarle. Solo osservando, testando ed imparando dai

propri errori i brand potranno di volta in volta migliorare il proprio rapporto

con il popolo della Rete e trasformarsi in quelli che ho chiamato Brand 2.0.

Nuove esigenze hanno portato alla concezione di un nuovo rapporto

impresa-mercato; un rapporto che per crescere e maturare necessita di

nuovi strumenti. Tra questi spicca il web 2.0.

Page 65: Tesi di Flavia Cangini

65

Bibliografia

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