Tesi Davvero Finita
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1
A Vincenzo Marchianò
2
INDICE
1 INTRODUZIONE ................................................................................................................................... 4
1.1 La sfida energetica .................................................................................................... 4
1.2 Le energie rinnovabili ............................................................................................... 5
1.3 La Wave Energy e gli obiettivi del lavoro di tesi ..................................................... 6
2 L’ENERGIA ONDOSA COME RISORSA ........................................................................................ 9
2.1 Calcolo di energia e potenza connessa al moto ondoso ......................................... 9
2.2 La disponibilità della risorsa energetica ................................................................ 16
2.3 Studi sulla risorsa energetica disponibile in Europa ............................................. 20
2.3.1 I censimenti dell’energia ondosa in Europa ..................................................... 21
2.3.2 Un quadro di insieme sulle potenzialità dei paesi dell’Unione Europea .......... 25
2.3 Risorse del moto ondoso in Italia .......................................................................... 27
2.3.1 Analisi su scala nazionale ................................................................................. 28
2.3.2 Studio a scala regionale intorno alla Sardegna................................................ 34
2.3.3 Analisi su scala locale: propagazione del clima di largo sul sito d’interesse .... 36
2.4 Aspetti legati all’ecosistema marino ed all’uso delle risorse del mare ................ 39
3 LE TECNOLOGIE PER LA CONVERSIONE DELL’ENERGIA ONDOSA IN
ELETTRICITA’ .........................................................................................................................................40
3.1 Generalità ............................................................................................................... 40
3.1.1 Cenni Storici ...................................................................................................... 40
3.1.2 I temi di Ricerca .............................................................................................. 44
3.2 Caratteristica della risorsa energetica ................................................................... 46
3.3 Idrodinamica di base .............................................................................................. 48
3.3.1. Modellazione fisica.......................................................................................... 55
3.4 Controllo ................................................................................................................. 57
3
3.5 Le diverse tecnologie .............................................................................................. 60
3.5.1 I dispositivi a colonna oscillanti oscillating water culomn (OWC) ................... 61
3.5.2 Sistemi a corpo oscillante ................................................................................ 72
3.5.3 Dispositivi a tracimazione ............................................................................. 102
4 SOMMARIO E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ............................................................... 112
APPENDICE I Lista di stati per estensione costiera...................................................... 114
APPENDICE II Il fabbisogno di energia elettrica .............................................................. 121
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................... 126
4
1 INTRODUZIONE
1.1 La sfida energetica
L’energia è davvero importante per la vita della nostra società; il benessere delle
industrie, dell’economia, ed in definitiva della gente comune, dipende dalla possibilità di
acquisire energia in quantitativo adeguato, in sicurezza ed a basso costo. Al tempo
stesso è però vero che proprio la dipendenza della società dall’energia, dalle sue
oscillazioni di prezzo, come dalla sua presenza in un determinato territorio, condiziona
significativamente le possibilità e le prospettive di sviluppo. Inoltre, le emissioni
associate alla produzione di energia rappresentano una grande percentuale sul totale
delle emissioni dei gas serra nel mondo. Questa percentuale è pari addirittura all’80%
per l’Europa.
Così la “sfida energetica” rappresenta probabilmente il più test più importante cui la
comunità internazionale dovrà sottoporsi in un futuro ormai prossimo.
L’Europa si è dimostrata certamente sensibile a queste tematiche ed il Consiglio Europeo
nel 2007 ha definito un insieme di obbiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2020. Essi
consistono in:
1. Riduzione del 20% delle emissioni dei gas serra (percentuale da incrementare
fino al 30% in condizioni particolarmente favorevoli).
2. Miglioramento del 20% dell’efficienza energetica.
3. Incremento fino al 20% del tasso di produzione energetica da fonti rinnovabili.
Lo stesso Consiglio Europeo ha poi indicato un obiettivo di lungo termine per i paesi
della Comunità Europea (ed altri paesi industrializzati), consistente in una quasi
completa decarbonizzazione delle emissioni, con tagli tra l’80% e 95% entro il 2050.
Tuttavia le attuali strategie adottate dai diversi paesi rendono assai improbabile il
raggiungimento degli obiettivi di breve periodo ed appaiono totalmente inadeguate per
la sfida a lungo termine e tanto la Commissione Europea (Doc. 7110/10 del 5 marzo
2010) che il Consiglio Europeo (Resource Efficient Europe) hanno sottolineato come un
obiettivo assolutamente imprescindibile per il vecchio continente sia quello di rendere
possibile quelle trasformazioni, “in maniera che l’Europa possa riemergere dalla
5
recessione su una strada di maggiore sicurezza e sostenibilità ambientale” (Commissione
Europea: Energy 2020, “A strategy for copetitive, sustenable and secure energy”).
1.2 Le energie rinnovabili
Dal paragrafo precedente appare chiaro che un ruolo di assoluto rilievo nelle future
strategie energetiche dell’Europa e nel Mondo dovrà essere svolto dalle cosiddette
energie rinnovabili. Questo ruolo è divenuto di recente ancor più importante a seguito
della tendenza (più o meno definitiva) all’abbandono dell’energia nucleare. E’
interessante sottolineare che l’aggettivo “rinnovabile” ha un significato principalmente
mediatico, ma non scientifico. È infatti noto, per il primo principio della termodinamica,
che l’energia non si crea e non si distrugge; d’altro canto è invece sicuro che le forme di
energia si deteriorano, a norma del terzo principio della termodinamica. Così il termine
rinnovabile ha in realtà il significato di riserva illimitata: ad esempio l’homo sapiens
esiste da 28 mila anni, mentre il sole è destinato a durare ancora 4-5 miliardi di anni. In
quest’ottica anche i combustibili fossili (convenzionali) possono essere considerati
rinnovabili, a patto di limitare il loro utilizzo alla quantità che la Terra può produrre
durante la nostra vita. Dunque, considerando che occorrono almeno un milione di anni
per generarli, che la popolazione della terra è pari circa a 6 miliardi di abitanti e che
tutto ciò che la terra ha accumulato nelle ere passate è pari a circa 1500 miliardi di
tonnellate, ne consegue che dovremmo limitare il nostro consumo a 250 grammi/anno.
Ogni grammo in più viene in realtà sottratto alle future generazioni, se non viene trovato
un metodo alternativo di produzione.
In sostanza le energie rinnovabili derivano da tre processi fisici:
- L’attrazione gravitazionale tra i pianeti
- Il calore accumulato e rilasciato dalla terra (l’energia geotermica)
- La radiazione solare.
Queste tre sorgenti, soprattutto la terza, danno origine poi a una moltitudine di vettori
d’energia associati ai diversi processi di conversione che hanno luogo in natura. Così i
moti di attrazione gravitazionale consentono di estrarre energia dalle maree e la
radiazione solare può consentire per via diretta l’estrazione di energia di tipo
6
fotovoltaico, o può indurre un flusso di energia idroelettrica per gli effetti dei processi di
evaporazione e di precipitazione atmosferica.
Tra le forme indotte dell’energia solare vi è quella eolica; i venti infatti sono causati da
un riscaldamento irregolare da parte del sole, oltre che dall’irregolarità della superficie
terrestre e dalla rotazione del pianeta.
Oggi il vento rappresenta un vettore molto interessante di energia rinnovabile.
Tuttavia una parte rilevante dell’energia eolica viene ceduta alle masse oceaniche per la
generazione di onde gravitazionali di superficie (Figura 1.1). Queste ultime divengono
così un ulteriore vettore di energia per la produzione di elettricità: è la cosiddetta Wave
Energy, di cui si intende discutere in questo lavoro.
Figura 1.1 Creazione di onde mediante l’azione del vento
7
1.3 La Wave Energy e gli obiettivi del lavoro di tesi
La potenzialità della risorsa energetica che risiede negli oceani, associata alle onde di
superficie, è immediatamente evidente dal potenziale distruttivo delle mareggiate (Foto
1.1). Tuttavia è sempre utile sottolineare che gli oceani posseggono una capacità
praticamente illimitata e, benchè nota da tempo, non ancora completamente esplorata.
Lo sfruttamento dell’energia delle onde è storicamente datato 1799, quando un primo
brevetto per la conversione di Wave Energy in energia meccanica fu depositato in
Francia da Girard e figlio. Nei successivi due secoli la ricerca è progredita in maniera
disuniforme, con improvvisi picchi in corrispondenza degli stress petroliferi alternati a
momenti di sostanziale disinteresse. Negli ultimi anni però, la stessa cornice di regole
fissata dalla Comunità Europea ne ha favorito lo sviluppo, soprattutto nel vecchio
continente, ma anche in America e nelle realtà emergenti.
Foto 1.1 Si evidenzia il potenziale distruttivo che possono avere le onde
Secondo Thorpe (1999) la Wave Energy potrebbe realisticamente produrre nel 2020
circa 2000 TWh all’anno di elettricità; considerando che il consumo mondiale attuale
vale circa 17 000 TWh/anno può essere realistico pensare che questa fonte rinnovabile
possa soddisfare una percentuale del consumo elettrico mondiale variabile tra il 5% e il
15%, cioè un valore dello stesso ordine di grandezza del nucleare, che vale attualmente
8
il 16%. Successivi studi indicano che al raggiungimento dei 2000 TWh si assocerebbe un
flusso finanziario per la vendita di tecnologia e strumentazione di 650 miliardi di Euro.
Nel Regno Unito, dove la risorsa, come vedremo è molto abbondante, è prevista per il
2020 una capacità istallata di 1360 MW con un flusso finanziario di vendite di energia
pari a 4,76 miliardi di Euro. Analogo discorso vale per l’Irlanda, per la quale sono previsti
500 MW di potenza installata con un flusso di circa 1,75 miliardi. Negli Stati Uniti lo
sfruttamento della Wave Energy previsto nel 2020 è di circa 1500 MW con vendite di
circa 5,25 miliardi di Euro. Come è evidente queste cifre appaiono assolutamente
rilevanti specie, si considera il breve arco temporale cui sono riferite.
Il lavoro di tesi intende fornire uno stato dell’arte sulla conversione della Wave Energy in
elettricità. Quale obiettivo secondario, ma non trascurabile, si intende poi fornire un
quadro di insieme sulla disponibilità della risorsa con particolare riferimento all’Europa e
all’Italia.
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2 L’ENERGIA ONDOSA COME RISORSA
2.1 Calcolo di energia e potenza connessa al moto ondoso
L’energia complessivamente contenuta in un’onda si compone di un’energia potenziale,
derivante dalla sopraelevazione della superficie liquida rispetto allo stato di quiete, e di
un’energia cinetica, dovuta al fatto che le particelle fluide sono dotate di movimento.
In assenza di fenomeni dissipativi, e nell’ipotesi di avere un volume di controllo che si
estende dal pelo libero al fondo e avente sezione orizzontale unitaria (Figura 2.1), il
valore della densità (areale) di energia potenziale media nel periodo e nella lunghezza
d’onda può essere espresso come:
(2.1)
Dove ρ è la densità dell’acqua marina, g è l’accelerazione di gravità e H è l’altezza
dell’onda.
Figura 2.1 Volume di controllo che si estende dal pelo libero al fondo e avente sezione unitaria
Dunque l’energia potenziale media, per unità di area dipende solo dalla sua altezza.
Nelle stesse ipotesi, si può definire la densità areale di energia cinetica media nel
periodo e nella lunghezza d’onda:
(2.2)
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Quindi per onde periodiche regolari*, l’energia meccanica media nel periodo e nella
lunghezza d’onda è la somma dell’energia potenziale e cinetica:
(2.3)
L’equazione 2.3 può scriversi anche in funzione dell’ampiezza d’onda , che nella
presente discussione si assumerà comunque pari ad H/2. Si avrà così:
(2.3 bis)
La quantità di energia meccanica trasferita nell’unità di tempo (mediamente in un
periodo) attraverso una sezione di larghezza unitaria che si estende dal fondo alla
superficie libera viene detta flusso di energia P. (Figura 2.2) Esso rappresenta la potenza
media delle onde e vale:
(2.4)
Figura 2.2 Sezione di larghezza unitaria che si estende dal fondo alla superficie libera
Dove è la celerità di gruppo, ossia la velocità con cui l’energia viene trasmessa. Nelle
solite ipotesi il suo valore è uguale a:
* Le cosiddette onde di Stokes di secondo ordine
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(2.5)
(
) (2.6)
Dove:
- con h si intende la profondità del fondale in condizioni di quiete
- C è la velocità di propagazione dell’onda o celerità di fase (
)
- σ è la pulsazione angolare (
)
- L la lunghezza dell’onda
- T è il periodo dell’onda
- K è il numero d’onda (
Nel seguito si assumerà che la lunghezza d’onda L (o la celerità C) sia legata al tirante e al
periodo dalla cosiddetta relazione di dispersione lineare:
(2.7)
Da cui discende che:
(2.8)
Da cui si ha anche:
(2.9)
Tornando all’equazione 2.5 e 2.6, è facile verificare che il valore di n in acque basse
(ossia quando
o
) tende al valore asintotico di 1, mentre in acque alte (
quando o
) tende al valore asintotico di 0,5. Così nel primo caso
otteniamo:
(2.10)
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(2.11)
Tuttavia ciò è valido solo nel campo delle onde ideali, vale a dire di altezza, periodo e
forma costanti. Invece come è evidente le onde reali hanno caratteri aleatori nell’altezza
e nel periodo oltre che nella direzione (Figura 2.3). E’ necessario in questo caso ricorrere
al concetto di spettro densità di energia.
Figura 2.3 Rappresentazione di un’onda reale
Si suppone in pratica che le fluttuazioni della superficie libera nel caso delle onde reali
possano considerarsi come la sovrapposizione di un numero molto grande di ondine
regolari elementari, che dell’effettivo profilo d’onda rappresentano le componenti
atomiche. Si avrà:
∑ (2.12)
Dall’equazione 2.12 è evidente che le ondine elementari componenti avranno diverse
frequenze (o diversi periodi), nonché diversa ampiezza ( ) e diversa costante di fase
( ). Senza entrare nel dettaglio della teoria degli stati di mare reali, possiamo qui
introdurre una funzione detta densità spettrale di energia media S(f) (Figura 2.4). Essa si
supporrà qui unicamente funzione della frequenza.
S(f), che nel seguito indicheremo semplicemente con la locuzione spettro d’energia,
gode della seguente proprietà: considerata la generica frequenza f* ed un intervallo di
ampiezza df attorno ad essa, diremo che l’area S(f*)df è pari alla sommatoria delle
energie di tutte le ondine regolari componenti con frequenza compresa tra f*-df/2 e
f*+df/2.
13
∑
*
+ (2.13)
Figura 2.4 Densità spettrale di energia media S(f)
Naturalmente l’uguaglianza in termini numerici vale a meno della costante ρg.
Ora si può definire il momento spettrale di ordine n come:
∫
(2.14)
Appare dunque chiaro che il momento di ordine 0, l’area dello spettro, che
dimensionalmente corrisponde ad una lunghezza elevata al quadrato, rappresenta la
somma delle energia di tutte le ondine componenti e quindi, sempre a meno di ρg,
l’energia dell’intero stato di mare.
(2.15)
A partire dal momento spettrale di ordine 0, si può definire un’altezza d’onda
energeticamente equivalente
√ (2.16)
14
La proprietà principale di questa variabile è che essa può essere considerata un’altezza
d’onda regolare equivalente in termini d’energia; applicando infatti l’equazione 2.3 si ha:
(2.17)
Nelle pratiche applicazioni è tuttavia di più comune uso l’altezza d’onda significativa
spettralmente definita:
√ √ (2.18)
A questo punto appare naturale calcolare la potenza media del moto ondoso irregolare
come il prodotto di per la celerità di gruppo computata per una frequenza
media dello stato di mare:
[ ] (2.19)
Ed in acque alte, si avrà per l’equazione (2.11):
(2.20)
Per quanto riguarda il periodo medio, è possibile stimarlo rapportando momenti
spettrali di diverso ordine; la letteratura specializzata ne suggerisce diversi, ma quello
più adoperato recentemente nelle pratiche applicazioni è:
(2.21)
rappresenta in pratica una media armonica tra le frequenze dello spettro; esso ha il
vantaggio applicativo di essere scarsamente sensibile ad eventuali disturbi elettrici ad
alta frequenza (così un disturbo elettrico di rete alla frequenza di 50 Hz non influirà sulla
stima del periodo ondoso che è invece nell’ordine di 0,1 Hz).
Infine rielaborando l’equazione della potenza in termini di altezza d’onda significativa si
ottiene:
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(2.22)
L’equazione 2.22 rappresenta la potenza media di uno stato di mare di altezza d’onda
significativa di largo e di periodo . Questo flusso energetico rappresenta la risorsa
potenzialmente estraibile da una tempesta; a tal riguardo è importante sottolineare che
sebbene computata al largo, la risorsa si conserva sostanzialmente inalterata nel corso
della propagazione verso i bassi fondali, sino a che non intervengono intensi fenomeni
dissipativi connessi al frangimento.
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2.2 La disponibilità della risorsa energetica
Negli ultimi anni il settore della produzione di energia rinnovabile dal moto ondoso ha
compiuto enormi passi in avanti. Essi hanno portato all'avviamento di numerosi progetti
di sperimentazione e alla messa a punto di differenti tecnologie in tutto il mondo. In
alcuni casi, come vedremo nei prossimi capitoli, la ricerca è giunta fino alla fase di
sperimentazione commerciale, con la nascita di nuovi settori di mercato.
Concettualmente la Wave Energy è una fonte rinnovabile, pulita, ed inesauribile. La
Figura 2.51 fornisce un quadro sinottico della intensità delle mareggiate (quanto
all’altezza significativa) sull’intero pianeta.
Si stima che la risorsa energetica globale in acque profonde (oltre i 100 m) sia compresa,
in termini di potenza media annua, tra 1 e 10 TW (Panicker, 1976). Quando i dispositivi
attualmente esistenti saranno completamente maturi, la risorsa economicamente
sfruttabile sarà probabilmente compresa tra i 140 e i 750 TWh/anno (Wavenet, 2003),
ma potrà raggiungere anche i 2000 TWh/anno (Thorpe, 1999) in una prospettiva
comunque di medio periodo. L’attuale fabbisogno di energia elettrica a livello mondiale
vale all’incirca 17.109 TWh/anno (BP, IEA) e di conseguenza è realistico pensare
(immaginando ragionevolmente una riduzione del tasso di crescita dei prossimi anni)
che la Wave Energy possa soddisfare circa il 10% del fabbisogno mondiale d’energia
elettrica* (si pensi che attualmente la produzione di energia elettrica dal nucleare è
intorno al 16%). Comunque sia, i margini di crescita e di sviluppo di questa risorsa sono
comunque realmente enormi.
* In particolare la Francia produce dal nucleare circa il 76% del proprio fabbisogno elettrico, i
paesi dell’Europa dell’Est circa il 40-50%, L’UE il 35% (allo stato attuale), gli usa il 20%.
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Figura 2.5 Distribuzione delle altezze d’onda significativo nei vari luoghi della costa terrestre.
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Un primo passo per uno studio di fattibilità di un convertitore di energia del moto
ondoso in elettricità (Wave Energy Converter, WEC) è quello della conoscenza del flusso
energetico di largo, ovvero della potenza disponibile stimata mediante l’equazione 2.22.
Per questa analisi si rende necessario tener conto dell’intrinseca variabilità dei diversi
climi meteo-marini, in funzione della velocità del vento, della pressione atmosferica e
del fetch secondo le diverse direzioni di possibile attacco*. Naturalmente bisognerà
comporre i diversi stati di mare secondo le rispettive frequenze di apparizione; ad
esempio, se lungo una certa direzione uno stato di mare di caratteristiche assegnate
(altezza d’onda e periodo) ha una frequenza relativa d’apparizione pari a , potremmo
dire che la potenza media di largo di un determinato punto sarà pari a:
∑ (2.23)
In cui è la potenza di uno stato di mare di caratteristiche assegnate (vedi equazione
2.22) secondo una certa direzione ed è la stima della probabilità che questo evento si
verifichi in altezza, periodo e direzione.
In più se il WEC verrà disposto in acque basse (swallow water o shoreline device),
bisognerà necessariamente conoscere e studiare la variabilità morfologica dei fondali, la
quale influenza direttamente la propagazione del moto ondoso.
Se le onde di largo, infatti, hanno generalmente un’energia maggiore (giacché frangendo
in acque basse perdono parte della propria energia) esistono in prossimità della costa
luoghi specifici molto favorevolmente esposti i quali, per effetto di diffrazione e
rifrazione hanno livelli energetici molto alti. Addirittura in alcuni punti, detti “hot spots”
è possibile osservare che le altezze d'onda inshore, principale parametro nella
definizione dell'energia, sono conservate rispetto alle condizioni di largo, o addirittura
incrementate. Appare in ogni caso essenziale un monitoraggio accurato e
statisticamente rilevante, nonché una mappatura dettagliata della potenze disponibili.
Fino a non molto tempo fa le osservazioni sulle condizioni meteomarine erano
effettuate principalmente tramite la semplice osservazione dei naviganti, con ridotta
possibilità di applicare scale di valutazione omogenee. In conseguenza di ciò, in molte
* In genere il fetch rappresenta una distesa di mare alla quale il vento può cedere energia; in
pratica l’estensione del fetch limita superiormente la quantità di energia che può essere assorbita in una certa zona e per una certa direzione. Può essere utile ricordare che in mari chiusi come ad esempio il Mediterraneo il fetch si computa, per una assegnata direzione, come la distanza tra la costa sopravvento e sottovento
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regioni non sono attualmente disponibili una serie di dati che forniscano una copertura
spaziale, ma soprattutto temporale, adeguata ad un'analisi di tipo scientifico.
Analogamente, per quanto riguarda la caratterizzazione dei fondali marini, la principale
fonte è costituita dalle carte nautiche, ma questa informazione non è da considerarsi
sufficientemente accurata per una analisi di fattibilità.
La Figura 2.62 fornisce una visione di insieme delle potenze teoricamente disponibili,
ricavata a partire dall’uso integrato di rilievi di campo (boe) e di modelli numerici di
trasformazione “vento-onda” (fonte). I livelli energetici sono espressi per unità di fronte
d’onda o di linea di costa (KW/m). La tabella riportata in Appendice I fornisce un elenco
dell’estensione costiera dei diversi paesi del mondo, insieme al rapporto espressa in
m/ tra estensione costiera e superfice.
E’ evidente che le onde oceaniche hanno una potenza molto più elevata dei mari interni
come ad esempio il Mediterraneo. Non a caso le potenze medie attuali sono più alte
lungo le coste occidentali del Regno Unito e lungo quelle dell’America del Nord e del
Sud, in specie sul Pacifico. Tuttavia valori alti si riscontrano anche in Groenlandia,
nell’est della Russia, al largo dell’Australia e della Nuova Zelanda, superando qui spesso
valori di potenza di 70 KW/m, ossia un’energia annuale media di 600 MWh/anno.
Figura 2.6 Distribuzione delle potenze medie annulli del moto ondoso nei vari punti del globo terrestre.
Riscontri sperimentali hanno poi dimostrato che la persistenza stagionale delle potenze
è maggiore nell’emisfero Sud, rispetto a quello Nord.
20
2.3 Studi sulla risorsa energetica disponibile in Europa3
L’Europa dispone di 89.000 km di coste bagnate dall’Atlantico, dal Mediterraneo e dal
Mare del Nord. La tabella 2.1, ripresa da quella più completa in appendice, fornisce un
quadro di dettaglio per alcuni dei paesi del vecchio continente.
Pos. Paese Superficie
(km²) Coste (km)
Rapporto Coste/Area
(m/km²)
1 Groenlandia 2.166.086 44.087 20,353
2 Russia 16.995.800 37.653 2,215
3 Norvegia 307.442 25.148 81,798
4 Grecia 130.800 13.676 104,557
5 Regno Unito 241.590 12.429 51,447
6 Italia 294.020 7.600 25,849
7 Danimarca 42.394 7.314 172,254
8 Turchia 770.760 7.200 9,341
9 Croazia 56.414 5.835 103,432
10 Islanda 100.250 4.988 49,756
11 Spagna 499.542 4.964 9,937
12 Estonia 43.211 3.794 87,802
13 Francia 545.630 3.427 6,281
14 Svezia 410.934 3.218 7,831
15 Ucraina 603.700 2.782 4,608
16 Germania 349.223 2.389 6,841
21
17 Portogallo 91.951 1.793 19,500
18 Irlanda 68.890 1.448 21,019
19 Finlandia 304.473 1.250 4,105
20 Isole Fær Øer 1.399 1.117 798,427
Tabella 2.1 Estensione costiera dei paesi europei
Negli ultimi anni sia a livello nazionale sia internazionale sono stati eseguiti studi accurati
concernenti la valutazione del potenziale energetico del moto ondoso. Di seguito
passeremo in rassegna alcuni dei progetti più interessanti, per poi fornire un quadro di
sintesi di carattere conclusivo
2.3.1 I censimenti dell’energia ondosa in Europa
WERATLAS
WERATLAS (1994-96) è un progetto finanziato dalla Comunità Europea sotto il
programma JOULE, il cui leader è l’istituto portoghese INETI sigla che sta per Instituto
Nacional de Enghenharia, Tecologia Inovaçao. INETI si è avvalsa della collaborazione dei
seguenti patner: National Technical University of Athens (Grecia), Instituto per lo Studio
della Dinamica delle Grandi Masse (ISGDM), Venezia (Italia), Oceanor ASA (Norvegia),
University Collegeof of Cork (Irlanda), Heriot-Watt University (Scozia), Instituto de
Meteorologia (Portogallo).
Il progetto, ha prodotto statistiche annuali e stagionali riferite ad una serie di stazioni,
prevalentemente di rilievo anemometrico, lungo le coste europee; oltre a ciò è stato
sviluppato un software che permette all’utente di gestire ed utilizzare la mole di
informazioni disponibili.
La zona d’indagine è stata suddivisa in 5 aree che si sovrappongono parzialmente:
Atlantico nordorientale, Mare del Nord, Mare di Norvegia, Mare di Barents e Mar
Mediterraneo (Figure 2.7). Le informazioni sono presentate in 85 data points, di cui 41 in
Atlantico e 44 nel Mediterraneo. Come già accennato in precedenza, la maggior parte
dei dati proviene dalla ricostruzione (hindcasting) delle condizioni metomarine a partire
22
dai dati di vento; il modello di trasformazione adoperato è noto con l’acronimo di WAM.
WAM è in uso presso lo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts Reading
(UK). Nei casi in cui i risultati del modello sono stati ritenuti meno affidabili, sono stati
adoperati dati di provenienza satellitare.
23
Figura 2.7 Due delle 5 zone studiate da WERATLAS
24
MEDATLAS / Wind and Wave Atlas in the Mediterranean Sea
MEDATLAS (1999-2004) è un progetto finanziato dalla Marina Militare di Italia, Francia e
Grecia, con lo scopo di creare un supporto per gli operatori della navigazione, della
gestione della fascia costiera e dell’utilizzo delle risorse energetiche (eolico e moto
ondoso).
I lavori condotti all’interno del progetto MEDATLAS si sono conclusi con la pubblicazione
di un atlante del vento e delle onde nel Mediterraneo.
È stato raccolto e analizzato un set di dati corrispondente a di 10 anni di osservazione in
corrispondenza di 935 punti di misura, distribuiti sull’intera area mediterranea. Sono
stati calcolati importanti parametri statistici per le principali caratteristiche di onde e
vento, e la loro distribuzione geografica è stata suddivisa in 70 mappe su base
stagionale; inoltre sono stati ricavati 2580 istogrammi bivariati, sempre su base
stagionale in corrispondenza di 129 punti distribuiti nell’intero bacino.
L’insieme delle informazioni è stata prodotta a partire da tre fonti di dati: misure
ondametriche in situ, dati da satellite e modelli matematici di trasformazione vento-
onda. I dati misurati da boe e i dati da satellite sono sono stati utilizzati principalmente
nel processo di calibrazione degli strumenti numerici.
EUROWAVES Project
EUROWAVES project (1997-2001) è un progetto finanziato dalla Comunità Europea e
gestito dalle seguenti istituzioni:
- OCEANOR di Trondheim (Norvegia)
- National Technical University of Athens, Grecia
- Istituto Studio Dinamica Grandi Masse ,Venezia, Italia.
Esso nasce come sviluppo di maggior dettaglio del World Wave Atlas (WWA), gestito da
OCEANOR. I risultati della mappatura e delle stime della potenza disponibile sono
mostrati in Figura 2.8. Dalla fonte consultata non risulta chiaro se il progetto ha
utilizzato misure dirette o (molto più probabilmente) modelli di trasformazione vento-
onda.
25
Figura 2.8 Si mostra una delle aree oggetto di studio del progetto EUROWAVES
2.3.2 Un quadro di insieme sulle potenzialità dei paesi dell’Unione Europea4
Dall’analisi dei risultati prodotti dai lavori di ricerca descritti nel paragrafo precedente, e
dall’analisi di ulteriori fonti che verranno qui progressivamente citate, si possono
proporre le seguenti considerazioni di carattere generale, esposte poi anche
graficamente attraverso la mappa riassuntiva esposta in Figura 2.9.
Ovviamente la risorsa energetica più cospicua è allocata sulle coste oceaniche, dove
mediamente l’energia annuale sfruttabile si aggira attorno ai 200 MWh/anno. La
potenza ondosa disponibile generalmente cresce da Sud verso Nord, nel range di
latitudine 40-60° N. La costa portoghese situata sull’Atlantico, può essere considerata il
limite meridionale di questo intervallo ottimale. Il Portogallo ha una potenza media
totale tecnicamente disponibile di 5 GW con un flusso medio annuo intorno 30 kW/m(5).
Nel territorio spagnolo, la potenza media del moto ondoso eccede il valore dei 30 kW/m
fino a raggiungere i 50 KW/m nel Nord Ovest della penisola, sulla costa atlantica (vedi
Figura 2.6). Recenti studi hanno rilevato alcuni punti ad enorme potenziale, con valori
disponibili che superano i 200 MWh/m anno sino a raggiungere i 400 MWh/m anno sulla
26
Costa della Morte, detta così per i numerosi naufragi dovuti al fondale roccioso
ingannevole.
Nel Nord-ovest della Francia le potenze medie annuali si attestano attorno ai 40
kW/m(6); nella parte Sud, che invece affaccia sul Mediterraneo, si sono riscontrati valori
bassi che superano molto raramente i 5 KW/m. In definitiva si può facilmente costatare
che passando da Nord a Sud la quantità di energia disponibile varia di 350 MWh/anno a
43 MWh/anno, con una variazione complessiva di un ordine di grandezza.
Il Regno Unito è caratterizzato da una potenza media al largo che oscilla tra i 60-70
KW/m; e quindi, considerando l’estensione delle coste, la potenza media totale
disponibile è di circa 120 GW(7). In Irlanda la risorsa energetica totale è stimata di 187.5
TWh annuo, con tempeste invernali che regolarmente superano regolarmente i 150
kW/m(8).
Alte densità specifiche di energia caratterizzano il Mare del Nord, ma le potenzialità di
quest’area sono fortemente limitate dall’estensione ridotta della costa e dal fatto che le
acque diventano rapidamente basse in molte aree costiere, il che rende difficilmente
sfruttabile il potenziale a disposizione.
La Norvegia ha un’eccezionale risorsa d’energia, nell’ordine dei 400 TWh/anno, che
corrisponde in termini di potenza media annuale a 23-50 kW/m.
In Danimarca l’energia totale si attesta intorno ai 30 TWh per anno, la potenza totale è
di 3.4 GW. Ciò corrisponde a disponibilità di 7-24 kW/m, soprattutto dovute alle onde
provenienti da Ovest. Più piccole sono le potenze della costa svedese stimabili intorno ai
5.2 kW/m(9); ciò corrisponde a 45 MWh/m annui, che considerando l’estensione della
costa forniscono quindi i valori di energia complessiva annuale di 5-10 TWh/anno.
Sulle coste mediterranee le potenze decrescono drasticamente. La Francia e la Spagna
sono caratterizzate da potenze più basse dei 5 kW/m, nell’Egeo e nel Mar Ionio si hanno
4-11 KW/m in alcuni “hot spot”10.
Ad una analisi di dettaglio lungo i mari italiani sono dedicati i prossimi capitoli.
27
Figura 2.9 Rappresentazione della distribuzione dell’energia del moto ondoso in Europa
2.3 Risorse del moto ondoso in Italia11
Nonostante la rilevante estensione della costa, circa 7456 km, l’Italia ha sin qui ricoperto
un ruolo di secondo piano nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie per la
conversione dell’energia del moto ondoso in elettricità. Ciò è in parte dovuto al basso
regime energetico delle onde del Mar Mediterraneo rispetto a quelle oceaniche.
Tuttavia, ciò non basta a concludere che l’Italia e gli atri stati mediterranei siano esclusi
da questo settore. E’ possibile infatti che esistano località isolate o punti singolari del
territorio in corrispondenza dei quali l’installazione di un convertitore risulti (o possa
risultare) conveniente. Seguendo questa idea Vicinanza e altri (2011) hanno condotto un
accurato censimento delle risorse disponibili nelle acque del nostro paese, seguendo
una metodologia di “downscaling”, che potremmo definire di “regionalizzazione
28
inversa” (Figura 2.10). In pratica si tratta di valutare dapprima il potenziale energetico di
largo su scala nazionale; poi, individuate le zone più idonee all’installazione di un WEC, si
valuta il potenziale a scala regionale e di seguito, per una maggiore precisione, a scala
locale.
Figura 2.10 Si mostra l’iter di studio e il “downscaling” per la valutazione e identificazione dei siti più idonei per l’istallazione di un WEC.
2.3.1 Analisi su scala nazionale
Nella prima fase, una prima valutazione sul contenuto energetico dei mari italiani è stata
prodotta dalla Seconda Università di Napoli, nell’ambito progetto PRIST 2007. Le attività
sono state condotte a partire dai dati ondametrici forniti dalla Rete Ondametrica
Nazionale (RON).
La RON è attiva dal luglio 1989. Originariamente era composta da otto boe direzionali di
tipo pitch-roll, dislocate al largo di La Spezia, Alghero, Ortona, Ponza, Monopoli,
Crotone, Catania e Mazara del Vallo12. Ogni boa, ancorata su fondali dell'ordine di 100
metri, segue il movimento della superficie dell'acqua e permette di determinare
l'altezza, la frequenza e la direzione delle onde. Gli strumenti sono dotati di un sistema
di localizzazione che utilizza il satellite ARGOS per il controllo continuo della posizione.
Nel 1999 sono state aggiunte alla rete preesistente le ulteriori boe a traslazione di
Cetraro ed Ancona; inoltre la boa pitch-roll di Catania è stata sostituita con un’ulteriore
29
boa a traslazione. La RON rimaneva quindi configurata su dieci stazioni di misura, di cui
sette costituite da una boa direzionale Datawell-Wavec di tipo pitch-roll e tre costituite
da una boa direzionale Datawell-Waverider di tipo a traslazione. Le stazioni erano
completate da un centro di ricezione ed elaborazione a terra dei dati inviati via radio.
Successivamente, ad inizio del 2002, è stata svolta un’attività di potenziamento della
rete, volta alla realizzazione di un sistema affidabile di monitoraggio e diffusione dei dati
in tempo reale. Contestualmente sono state aggiunte altre 4 boe: Capo Linaro
(Civitavecchia, Tirreno Centrale), Capo Gallo (Palermo, Sicilia), Punta della Maestra (alto
Adriatico) e Capo Comino (Sardegna Orientale). Dal punto di vista dei parametri
osservati, non ci sono state variazioni rispetto alle grandezze proposte dal 1989, tranne
per l'aggiunta delle elaborazioni nel dominio del tempo (analisi zero-crossing). I
parametri sintetici analizzati dalle boe sono: Hs (metri; altezza d’onda significativa
spettrale), Tp (secondi; periodo di picco), Tm (secondi; periodo medio) e θm (gradi N;
direzione media di propagazione). Infine, nel 2007 è stato aggiunto l'ondametro di
Cagliari, portando a 15 il totale degli strumenti impiegati (Foto satellitare 2.A).
Foto 2.A Foto satellitare che mostra la collocazione delle 15 boe dell’IWC sul territorio nazionale
30
Dal 1989 al 2002, ogni boa raccoglie 30 min di misure ogni 3 ore, ma in presenza di onde
più grandi di 1,5 m le misurazioni sono continue. Dal 2002 le misure delle onde sono
state sempre continue e i parametri caratteristici delle onde si riferiscono a intervalli di
30 min. In ogni caso i dati riferiscono l’altezza d’onda significativa, il periodo medio e di
picco, e la direzione media dell’onda.
In aggiunta alle registrazione ondametriche della RON, la base dei dati è stata allargata
mediante le informazioni del progetto noto con l’acronimo di ECMWF (European Centre
for Medium-Range Weather Forecasts). Quest’ultimo fornisce informazioni sul clima
meteo marino principalmente sulla base di modelli numerici di trasformazione delle
condizioni meteoriche atmosferiche in condizioni meteo-marine.
Un’opportuna attività di omogeneizzazione e filtraggio dei dati ha consentito di trarre
alcune conclusioni sulla disponibilità della risorsa energetica nei mari italiani; queste
ultime sono discusse nel paragrafo che segue.
Il flusso di energia medio di largo su scala nazionale
Secondo le stime di Vicinanza et al. (2011), la potenza teoricamente disponibile si
attesta attorno ai 18.8 GW; questo valore cumula diverse disponibilità, variabili 2.23 GW
del Mar Adriatico ai 3.97 GW della Sardegna.
I risultati migliori sono stati ottenuti ad Alghero, che ha mostrato un comportamento
decisamente diverso rispetto alle altre zone; qui la potenza attinge valori di circa 9.05
kW/m.
Ciò è spiegato dal fatto che Alghero è sottoposta a venti frequenti provenienti da NW;
infatti la zona nord-occidentale della Sardegna è direttamente soggetta alle tempeste
del Golfo del Leone, una delle regioni più perturbate del Mediterraneo. La concomitante
azione di afflusso d’aria fredda dal quadrante nord/nord-ovest dell’Atlantico e le alte
temperature della superficie del mare, conducono allo sviluppo di un largo sistema
convettivo intenso e esteso nel tempo. Così i sistemi di tipo MSC (Mesoscale Convective
System) convergono nell’area di largo di Alghero.
Un MSC (Foto satellitare 2.B) è un complesso di temporali che sono di scala più grande
di una normale tempesta, ma più piccola di quella dei cicloni extratropicali; essa
normalmente persiste per molte ore. Un MSC è capace di causare onde alte che vanno
poi a frangere nell’area Ovest della Sardegna.
31
Foto satellitare 2.B Un tipico esempio di MSC
Valori elevati si riscontrano anche nella parte occidentale della Sicilia, in particolare
nella sua porzione più meridionale, per effetto dei venti di libeccio. La Sicilia è in realta
disposta in maniera strategica nel Mediterraneo, nel mezzo del canale formato dalle
coste della Sardegna e della Tunisia. La potenza media di Mazara del Vallo è attorno ai
4.75 KW/m, circa la metà di Alghero; però è importante notare che questa boa si trova
in un sito naturalmente protetto, in modo che i suoi settori di traversia principale e
secondario risultano notevolmente ridotti. In definitiva maggiori condizioni energetiche
sono attese per la costa siciliana occidentale.
Sulle coste adriatiche, i valori di potenza sono, come prevedibile, livellati verso il basso;
ciò per i valori più contenuti di fetch sia per l'andamento morfologico delle coste, che sia
sul versante italiano che balcanico, riducono lo spettro di direzione di provenienza
dell'onda al solo secondo quadrante.
Nella Foto satellitare 2.A, già proposta in precedenza, viene rimostrata di seguito
insieme alla tabella 2.2, quest’ultima riporta per ciascuna boa del servizio RON i valori
mensili medi della potenza disponibile; nell’ultima colonna sono riportate le potenze
medie annue.
32
Foto satellitare 2.A Collocazione delle 15 boe dell’IWC sul territorio nazionale
33
Tabella 2.2 Valutazione delle potenze medie mensili e annuali delle 15 boe dell’IWC
Boa Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Ann.
1 12.3 13.4 10.2 10.8 5.85 4.13 4.32 3.68 6.16 7.47 14.83
15.39
9.05
2 2.27 1.24 2.23 1.23 0.69 0.46 0.74 0.66 1.56 1.94 4.49 3.80 1.82
3 1.85 0.91 1.02 1.98 na na 0.57 0.39 0.65 1.40 3.50 2.92 1.52
4 1.91 2.28 2.65 3.30 1..31
0.62 0.55 1.00 1.55 1.12 5.50 7.31 2.43
5 6.11 6.51 5.45 2.86 2.11 1.37 1.42 2.17 2.73 1.15 4.83 9.94 3.89
6 3.71 5.08 3.39 3.41 2.44 0.85 0.90 2.39 0.95 2.69 2.05 6.68 2.88
7 3.11 2.94 3.13 1.96 1.22 0.50 0.44 0.36 0.99 1.67 2.83 3.71 1.90
8 4.31 4.67 4.50 3.32 1.97 1.09 1.01 1.02 1.63 1.64 4.00 5.07 2.85
9 5.00 4.31 3.83 2.93 1.25 0.49 0.50 0.50 1.36 2.69 4.79 6.67 2.86
10 3.96 4.90 3.80 3.86 2.03 1.95 1.92 1.91 3.05 4.00 5.32 4.89 3.46
11 7.16 7.33 5.60 6.68 2.86 1.82 1.44 1.52 2.63 3.46 7.03 9.44 4.75
12 3.56 3.35 3.15 1.73 1.03 0.74 1.04 0.93 1.12 1.81 2.46 3.70 2.05
13 3.30 2.88 2.68 1.58 0.81 0.67 0.69 0.63 1.03 1.37 2.84 4.29 1.90
14 4.77 4.93 3.80 4.18 2.09 1.42 1.81 1.79 3.00 3.01 6.62 6.93 3.70
15 1.67 4.29 2.73 1.23 1.31 1.15 0.56 0.89 1.65 1.38 1.73 na 1.69
34
Figura 2.11 Si mostra la distribuzione delle potenze e l’energia annuale del moto ondoso sulle coste italiane
2.3.2 Studio a scala regionale intorno alla Sardegna
Sulla base delle informazioni appena discusse si può concludere che la Sardegna è
sicuramente la regione d’Italia che più si adatta all’istallazione di un WEC. Questo non
solo perché la risorsa energetica è più abbondante delle altra zone italiane, ma anche
per l’altissimo costo dell’ energia elettrica ordinariamente prodotta (0.34 E/KW) che ne
penalizza l’economia. Tale costo, infatti, è il doppio rispetto alle altre regioni d’Italia, e il
triplo rispetto quello medio degli altri paesi della Comunità Europea.
In questo paragrafo si è quindi analizzato prima la distribuzione della risorsa in scala
regionale (offshore) e poi in scala locale per sua propagazione verso costa (nearshore).
Infine sono state tratte le conclusioni sul sito più idoneo per l’istallazione di un WEC.
Offshore
Le registrazioni della boa di Alghero, sono stati completate con i dati del ECMWF. Questi
ultimi sono stati adoperati in tre punti, ritenuti rappresentativi del clima meteo-marino
della Sardegna occidentale. Essi sono indicati nella Foto satellitare 2.C con i simboli
35
P1,P2 e P3. Le nuove posizioni sono poste sullo stesso meridiano (longitudine di 7,5°) e
hanno latitudine rispettivamente di 39,5°, 40° e 41,5°(Foto 2.B).
Foto 2.C Distribuzione spaziale delle quattro boe di riferimento.
Mesi P1 P2 P3 Boa Alghero
Gen 15.02 12.46 12.04 12.39
Febb 16.19 13.34 13.17 13.43
Marz 12.37 9.96 10.16 10.20
Apr 11.16 9.13 9.21 10.78
Magg 6.49 5.71 6.33 5.85
Giu 4.95 4.78 5.74 4.13
Lug 4.95 5.42 6.77 4.43
Ago 5.03 5.46 6.48 3.68
Sett 6.27 6.25 7.29 6.16
Ott 8.31 7.29 8.08 7.47
Nov 14.36 12.20 12.21 14.83
Dic 18.31 14.95 15.00 15.39
Media 10.29 8.91 9.37 9.05
Tabella 2.3 Potenze mensili ed annuali delle quattro boe
Nella Tabella 2.3 è sono riportate le medie mensili ed annuali e mensili delle potenze
disponibili nei 4 differenti siti. La potenza annuale varia tra 8.91-10.29 kW/m. La
maggior parte di questa energia proviene da onde relative a quadranti nord-occidentali.
36
Più del 65% dell’energia annuale è comunque prevista tra novembre ad aprile.
2.3.3 Analisi su scala locale: propagazione del clima di largo sul sito d’interesse
Con questo paragrafo si è inteso completare a livello locale lo studio sulla quantità di
potenza disponibile in prossimità delle coste di Alghero. Con questo proposito il clima
meteo-marino è stato trasferito sotto costa in corrispondenza dei possibili siti di
installazione di un WEC.
La propagazione dell’energia ondosa può essere accuratamente prevista usando modelli
numerici per simulare le trasformazioni che avvengono su fondali limitati. Gli effetti di
shoaling, rifrazione geometrica, diffrazione e riflessione comportano infatti una notevole
variazione delle altezze d’onda. Queste ultime sono state stimate adoperando il
modello commerciale MIKE 21 NSW, un modellatore della propagazione costiera delle
onde e della energia connessa. Il modello oltre a tenere in considerazione gli effetti già
menzionati, mette in conto anche le interazione tra onde e correnti.
Approccio e risultati E’ evidente che in questa fase è necessario considerare di variabili economiche.
Trascurati i fattori connessi alla tipologia di WEC, e quindi ai costi di funzionamento e
manutenzione, si può ragionevolmente ipotizzare che i costi di istallazione siano
funzione della vicinanza del sistema di distribuzione e di trasmissione di energia. Perciò,
accanto alla stima della potenza disponibile nearshore è necessario conoscere la
distanza dei diversi siti dagli aggregati urbani.
In particolare, l’area costiera oggetto di studio è costituita da piccoli villaggi(<10000
abitanti), con un’economia basata sulla pesca ed il turismo.
Sono state in definitiva considerate le 7 località mostrate in Figura 2.12.
37
Figura 2.12 Distribuzione spaziale dei 7 punti rappresentativi
In località S1 (Torre del Porticciolo) sono stati riscontrati valori elevati di potenza media
annuale delle onde: 9.95 KW/m, addirittura più alta del punto di largo P3 (9.37 KW/m).
Le onde quindi hanno un incremento di energia andando verso costa, in questo modo la
località può essere a giusta ragione definita come “hot spot”. Ciò è comunque possibile
perché la baia di Torre del Porticciolo ha una favorevole disposizione delle isobate (ossia
in accordo con la direzione delle onde dominanti: 305°), che massimizza il flusso di
energia favorendo le onde alte. In altri punti, invece la configurazione riparata o le
interazioni con il fondale fanno perdere molta energia.
Per esempio il punto S2, di fronte al porto di Alghero, ha proprio il problema di essere
riparato da Capo Caccia, che costituisce un ostacolo alla propagazione delle onde nella
direzione dominante, così che ruotano di 60° approdando verso costa(245°). Il flusso di
energia computato dalla boa al largo di Alghero (dati proventi dalla boa RON) è di 9.05
kW/m ad una profondità di 100m, il che si traduce in una potenza di 3.83 kW/m ad una
profondità di 20m, un valore quindi troppo basso.
Appena ci si allontana dal cono d’ombra di Capo Caccia questi valori crescono
rapidamente. Ciò è visibile chiaramente nel punto S3 (località Scala Piccada), di poco
38
oltre la tangente a Capo Caccia lungo la direzione delle onde dominati (305°). La potenza
arriva a valori di 7 kW/m.
Andando verso sud di può notare una piccola rotazione del fronte d’onda . Nel punto S4,
località Santù Miali, la densità di potenza delle onde è di 8.27 kW/m.
Il punto S5 è localizzato nella Baia di Bosa Marina. Questo punto è stato selezionato
perché Bosa Marina è la seconda città più grande nella zona dopo Alghero. Qui però la
densità di potenza è abbastanza bassa, circa 5.45 kW/m. Le onde dominanti hanno una
direzione di 290°, anche se il settore 260-280° contribuisce in maniera non trascurabile
all’energia totale.
Nel punto S6, a Porto Albe, sono stati riscontrati i livelli energetici più alti della zona.
Altissimi valori di potenza (>100 kW/m) caratterizzano il 10% del clima annuale. La
maggior parte del flusso di energia si trova ad un settore di 280-300° e più piccole
energie attorno ai 300-320°. Nonostante la rotazione del fronte d’onda sono stati
riscontrati i più grandi valori della zona: 10.91 kW/m in media. Anche questo località è
quindi un “hot spot”.
Nel punto S7 a Torre su Pittu, la configurazione morfologica della baia e l’orientamento
della costa, perpendicolare alla direzione predominante dell’onda, fa in modo che ci
siano processi associati di riflessione e diffrazione. Come risultato si è riscontrato 8.81
kW/m. Nella Tabella 2.4 sono riassunti i valori di potenza media annuale e di energia
annuale dei 7 siti.
Sito Località Potenza media kW/m Energia annua MWh/m
S1 Torre del Porticciolo 9.95 87
S2 Alghero 3.83 34
S3 Scala Piccada 7.05 62
S4 Santà Miali 8.27 72
S5 Bosa Marina 5.45 48
S6 Porto Albe 10.91 96
S7 Torre su Pittu 8.81 77
Tabella 2.4 Valutazione di potenza ed energia annuale dei 7 siti d’interesse
39
2.4 Aspetti legati all’ecosistema marino ed all’uso delle risorse del mare
Nei paragrafi precedenti si è discusso sulla localizzazione ottimale di un impianto WEC
esclusivamente sulla base della quantità e sulla qualità della risorsa disponibile. Tuttavia
ulteriori considerazioni appaiono necessarie. Un ulteriore aspetto di notevole
importanza nell'identificazione dei siti riguarda l'integrazione dei generatori nella
programmazione degli spazi marittimi. Navigazione ed attività portuali, pesca ed
acquacoltura, turismo, industrie ed altri usi, senza tralasciare i valori intrinseci
dell'ecosistema (praterie di posidonia, fauna ittica), possono generare conflitti d'uso con
i convertitori di energia da onde e correnti. In questo contesto, soprattutto in aree
altamente antropizzate come le fasce costiere, la loro integrazione può essere facilitata
introducendo strumenti di gestione come un sistema informativo multi-layer che ha
come obiettivo la caratterizzazione dei differenti valori (biodiversità marina, protezione
ambientale, protezione del retaggio storico, salute pubblica) e dei differenti usi delle
risorse marine, che permetta di interpretare ed integrare le diverse attività antropiche
sfruttandone le possibili sinergie13.
40
3 LE TECNOLOGIE PER LA CONVERSIONE DELL’ENERGIA
ONDOSA IN ELETTRICITA’*
3.1 Generalità
3.1.1 Cenni Storici
Le onde dell’oceano rappresentano la sorgente più generosa di energia offerta dal mare,
com’è anche evidente dal loro potenziale distruttivo, spesso altamente spettacolare.
Come già detto nel Capitolo 1, le onde sono generate dal vento e dunque costituiscono
una forma indiretta di energia solare.
La possibilità di rendere fruibile l’energia delle onde ha sollecitato l’immaginazione di
numerosi inventori nel corso della storia moderna, tanto che il primo brevetto è stato
ufficialmente registrato in Francia più di due secoli or sono, nel 1799, da un padre e un
figlio di nome Girard.
Guardando alla storia più recente, vi è da sottolineare che dal 1980 ai giorni nostri sono
stati registrati circa 1000 brevetti, con un tasso di crescita sempre marcatamente in
aumento.
Il Comandante Yoshio Masuda (Foto 3.A) può essere considerato il padre delle moderne
tecnologie per la conversione dell’energia ondosa in elettricità e i suoi studi, condotti in
Giappone, risalgono agli ormai lontani anni 40.
Foto 3.A Il Comandante Yoshio Masuda
** Il presente capitolo ripropone in maniera quasi integrale i risultati della recente ricerca di A.F.
Falcao
41
Masuda sviluppò una boa di navigazione alimentata dall’energia ondosa mediante una
turbina ad aria, secondo uno schema del tutto analogo al più moderno floating
Oscillating Water Column (fOWC), di cui si dirà meglio in seguito. Queste boe furono
commercializzate in Giappone a partire dal 1965 e pochi anni dopo raggiunsero il
mercato USA.
Successivamente, nel 1976, Masuda promosse la costruzione, sempre in Giappone, di un
sistema di conversione su scala nettamente più grande: una estesa piattaforma,
chiamata Kaimei (Foto 3.B), delle dimensioni di 80m x 12m. Essa era in grado di ospitare
numerosi convertitori dotati di differenti tipi di turbine ad aria14.Sfortunatamente il
programma sperimentale del comandante Masuda non riscosse il successo sperato,
probabilmente anche a causa dello scarso grado di consapevolezza riguardo le proprietà
scientifiche e le caratteristiche tecnologiche della wave energy, che si trovava allora
nello stadio infantile del suo sviluppo.
Foto 3.B La piattaforma Kaimei
La crisi petrolifera del 1973 cambiò in maniera radicale le prospettive delle energie
rinnovabili nei paesi occidentali e ravvivò l’interesse su grande scala della produzione e
energetica a partire dalle onde oceaniche. In particolare, il lavoro di ricerca del Professor
Shalter dell’Università di Edimburgo, pubblicato nel 1974 dalla prestigiosa rivista Nature,
divenne rapidamente un punto di riferimento per la comunità scientifica internazionale.
Contemporaneamente il governo britannico partì nel 1965 con un importante progetto
sulla conversione dell’energia ondosa, immediatamente seguito dal governo norvegese.
Sul piano accademico invece, dopo le prime conferenze tenutesi in Inghilterra alla fine
degli anni ’70, e precisamente a Canterbury nel ‘76 e a Heathrow nel ’78, la comunità
scientifica si radunò per due importantissimi simposi tenutesi agli inizi degli anni ‘80
42
rispettivamente in Germania (il First Symposium on wave utilization) ed in Norvegia (il
Second Symposium on wave utilization).
Curiosamente questi due eventi coincisero con una marcata flessione degli investimenti
del governo britannico.
Foto 3.C Bergen, Norveggia
In Norvegia invece le attività di finanziamento continuarono sino a giungere alla
costruzione, nel 1985, di due prototipi disposti al di sopra del livello medio del mare
(shoreline devices) della potenza rispettivamente di 350 kW e 500 kW; le strutture
furono realizzate in prossimità della città di Bergen (Foto 3.C).
Negli anni successivi, fino ai primi anni ’90, le attività in Europa rimasero per lo più a
livello accademico, se si fa eccezione del piccolo prototipo, della potenza di 75 kW,
costruito nell’isola di Islay15, in Scozia (Foto 3.D) e commissionato dal governo britannico
nel 1991.
Foto 3.D Shoreline device nell’isola di Islay, Scozia
43
Contemporaneamente in Asia venivano costruiti due prototipi, rispettivamente in
Giappone ed in India. Il primo impianto della potenza di 60 kW, fu integrato nella diga
foranea del porto di Sakata16, mentre il secondo impianto fu ancorato al fondale della
città di Trivandrum (India) e fu progettato per una potenza di 350 kW.
Lo sviluppo europeo della Wave Energy ha beneficiato poi nel 1991 della decisione da
parte della Commissione Europea di includere l’energia ondosa nel suo programma di
ricerca e sviluppo sulle fonti rinnovabili. I primi progetti sono partiti nel 1992 e da allora
ne sono stati finanziati circa trenta, sui quali hanno lavorato diversi gruppi di ricerca
attivi in Europa. Alcuni di questi progetti hanno assunto la forma di attività coordinate,
come nel caso del Coordination action in ocean energy il quale ha riunito dal 2004 al
2007 circa 40 partner. Inoltre la stessa Commissione ha sponsorizzato, e talvolta
direttamente finanziato, una serie di importanti convegni sulla energia ondosa e di
marea (EWTEC, European Wave and Tidal Energy Conference), i più recenti dei quali
sono stati tenuti ad Uppsala, in Svezia, nel 2009 e a Southampton (UK) nel 2011. Ancora
tra le attività di coordinamento tecnico-politico è da annoverare l’Implementing
Agreement on Ocean Energy System, patrocinato nel 2001 dall’Agenzia Internazionale
per Energia (International Energy Agency); quest’accordo, indicato con l’acronimo IEA-
OES, vede oggi coinvolti 17 paesi, la cui missione è quella di facilitare e coordinare la
ricerca sull’energia del moto ondoso attraverso la cooperazione internazionale e lo
scambio di informazioni. Il report IEA-OES 2008 contiene un censimento piuttosto
dettagliato delle attività sulla Wave Energy condotte in tutto il mondo alla data della
pubblicazione.
Negli ultimi anni, poi, l’interesse intorno all’energia ondosa sta crescendo anche in Nord
America (USA e Canada), coinvolgendo le amministrazioni regionali e nazionali, così
come gli istituti di ricerca e le aziende private17. Il rinnovato appeal della Wave Energy,
usufruisce senz’altro delle politiche di dismissione dell’energia nucleare da parte della
comunità internazionale, sull’onda dei recenti fatti di Fukushima e del loro impatto
sull’opinione pubblica.
44
3.1.2 I temi di Ricerca
Volendo schematicamente riassumere le problematiche tuttora oggetto di ricerca nel
campo della wave energy, potremmo distinguere i seguenti campi:
1. Idrodinamica. Riguarda le proprietà teorico-applicative dell’interazione tra moto ondoso
e convertitori di energia, che talvolta verranno indicati con l’acronimo di WEC, Wave
Energy Converters. In pratica questi ultimi rappresentano un ostacolo alla propagazione
dei flutti oltre che, ovviamente, dei “filtri di energia”. Avremo pertanto effetti diffrattivi,
di riflessione e di dispersione (scattering) accanto alle ovvie, ma non semplici, dinamiche
che regolano lo scambio di energia. Queste tematiche sono state approfondite in una
serie di articoli pubblicati nella seconda metà degli anni ‘70 e dedicati soprattutto
all’analisi degli aspetti teorici.
2. Ciclo di conversione. Un secondo aspetto di rilievo è quello del cosiddetto “Power Take
Off mechanism” (PTO). In pratica il ciclo di conversione che trasmette la potenza dal
moto ondoso alla rete (wave to wire chain) può essere schematizzato secondo quanto
riportato nella Figura 3.1. L’energia trasportata dal moto ondoso viene dapprima ceduta,
di norma, ad un fluido ausiliario, che può essere aria acqua od olio.
Figura 3.1 Ciclo di conversione del moto ondoso in elettricità
La trasmissione in rete avviene mediante un insieme di dispositivi indicato come Power
Take Off mechanism che comprende turbine, generatori elettrici o altro. Nello studio di
queste problematiche (cioè dell’efficienza del PTO), il punto di criticità è rappresentato
dalla variabilità temporale della risorsa, ovvero del flusso di energia offerto dal moto
ondoso alle diverse scale temporali. E’ possibile, infatti, distinguere una variabilità da
FLUIDO AUSILIARO
ONDA PTO RETE
45
onda a onda nello stesso stato di mare, nella scala temporale di una decina di secondi,
una variabilità da stato di mare a stato di mare, nella scala temporale delle ore o dei
giorni, ed infine una variabilità stagionale dell’intensità ondosa.
3. Impatto ambientale. Un altro aspetto da non trascurare è quello dell’impatto
ambientale delle opere, che possono paradossalmente innescare fenomeni di
degradazione degli ecosistemi sui quali insistono. Si pensi ad esempio ai possibili impatti
sui sistemi litoranei, che necessitano di un certo apporto energetico per consentire un
adeguato ricambio idrico (specie nei nostri mari che sono a bassa escursione di marea) e
la qualità dei sedimenti. In questo ambito rientrano anche possibili meccanismi di
retroazione economica associati ad esempio alla riduzione della fauna ittica nelle zone di
impianto dei WEC, con ovvie ripercussioni sulle attività di pesca e sul suo indotto.
4. Risposta strutturale. Infine vi è da considerare il problema della resistenza strutturale
dei dispositivi (globale e locale) rispetto agli attacchi ondosi estremi. Di questo aspetto si
occuperà il presente lavoro di tesi sebbene ad una singola tecnologia di WEC.
46
3.2 Caratteristica della risorsa energetica
Il principale svantaggio dell’energia ondosa, così come per il vento che la genera, è la già
accennata variabilità, in gran parte aleatoria, che si sviluppa alle diverse scale temporali:
da onda ad onda, da stato di mare a stato di mare, da stagione a stagione (quest’ultima
molto meno aleatoria).
La conoscenza di quanta energia abbiamo a disposizione in un certo sito è un ovvio
prerequisito per un piano razionale di conversione dell’energia e per il progetto stesso
dei dispositivi. Le proprietà del clima ondoso in diversi siti del globo sono state già
studiate e analizzate statisticamente per altri scopi, come quelli che riguardano la
navigazione, la progettazione di strutture costiere o per opera d’ingegneria marittima
offshore. Ma in ogni caso le informazioni necessarie a questi scopi non coincidono, o
possono non coincidere sempre con quelle necessarie per un piano strategico di
assorbimento e utilizzazione dell’energia ondosa. Si sono resi necessari, quindi, degli
studi ad hoc che, per quanto riguarda l’Europa, videro la luce dapprima nel Regno Unito
a causa del suo impegno pioneristico nel campo della Wave Energy.
Quando la Commissione Europea nel 1991 decise di partire con un primo piano biennale
di studio e ricerca (1992-1993) chiamato Prelimary Actions in Wave Energy R&D, fu
sviluppato un primo progetto dedicato alle basi della teoria delle onde di mare, con
particolare riferimento ai suoi aspetti più peculiari in vista di una sua utilizzazione come
risorsa energetica rinnovabile. In questo ambito furono elaborate delle raccomandazioni
per un’appropriata caratterizzazione del clima ondoso ed una loro naturale conseguenza
fu il WERATLAS (European Wave Energy Atlas)18. Quest’ultimo ha impiegato risultati di
modelli numerici di altissima qualità per la simulazione della generazione del moto
ondoso a partire dal vento (wind-wave modelling); i risultati della modellazione sono
stati poi validati da misure dirette del clima ondoso in campo. WERATLAS contiene
dettagliate elaborazioni statistiche del clima ondoso, espressamente finalizzate
all’impiego della risorsa ai fini energetici, per 85 siti a largo delle coste atlantiche e
mediterranee dell’Europa; esso rappresenta ad oggi uno strumento imprescindibile per
la progettazione dei WEC nel vecchio continente. I dati riguardano siti in mare aperto,
con distanze dalla linea di costa di alcune centinaia di Km. Tuttavia, quando le onde si
propagano in acque più basse subiscono significative alterazioni causate dall’interazione
con il fondale e con eventuali ostacoli emergenti o sommersi (rifrazione, diffrazione,
dissipazione per attrito con il fondo, etc.); così per alcuni specifici siti nei quelli era
47
previsto l’impianto di specifici convertitori pilota sono stati condotti studi in acque più
basse, diciamo con fondali inferiori a 50 m, studi che hanno pertanto marcati caratteri di
sporadicità. Un’eccezione in tal senso è ONDATLAS19, un atlante dettagliato dell’energia
disponibile in acque basse lungo le coste del Portogallo, la cui porzione occidentale,
lunga 500 km, è relativamente regolare.
Il livello energetico teoricamente estraibile dal moto ondoso in una certa località è
espresso come potenza per unità di lunghezza, (per unità di cresta d’onda o per unità di
linea di costa). Valori tipici per un buon sito, sono tra i 20 e i 70 KW/m mediamente
nell’anno climatico. Questi valori sono riscontrabili principalmente alle medie e alte
latitudini, con variazioni stagionali che sono generalmente molto maggiori nell’emisfero
nord rispetto all’emisfero sud. Quest’ultima caratteristica rende le coste del Sud
America, dell’Africa e dell’Oceania particolarmente attraenti (Figura 3.2).
Figura 3.2 Atlante dei siti con maggior potenza ricavabile dal moto ondoso
48
3.3 Idrodinamica di base
Gli studi riguardanti l’idrodinamica dei WEC di tipo galleggiante hanno potuto
beneficiare delle conoscenze precedentemente acquisite nel campo, assai similare, della
dinamica delle imbarcazioni soggette al moto ondoso. Questo campo di ricerca si è
sviluppato alcune decadi prima della metà degli anni 70, anni nei quali, come si è detto,
si è avuto un primo impulso riguardo le conoscenze teoriche dell’interazione tra moto
ondoso e convertitori.
Naturalmente la presenza dei meccanismi di PTO, e la necessità di massimizzare
l’estrazione dell’energia introducevano delle variabili supplementari rispetto al contesto
di riferimento dell’ingegneria navale. Nei primi approcci fu studiato il caso di un corpo
galleggiante che oscillava in una sola direzione(sistema ad un grado di libertà) forzato da
un treno di onde regolari di tipo sinusoidale e di piccola ampiezza, in presenza di un PTO
a risposta lineare. Ciò consentì di semplificare di molto le equazioni di base rendendole
lineari, permettendo nel contempo l’impiego della analisi di Fourier, che caratterizza il
sistema nel dominio delle frequenze.
Le forze idrodinamiche sulla superficie bagnata del corpo galleggiante sono state
decomposte: in forze d’eccitazione, dovute alle onde incidenti, forze di oscillazione
(radiation force), dovute al moto del corpo e forze di tipo idrostatico, dovute alla
posizione istantanea del corpo galleggiante rispetto alla superficie libera. Di
conseguenza sono stati introdotti alcuni coefficienti idrodinamici, comunque dipendenti
dalla frequenza, che dovevano essere determinati per via teorica o calcolati
numericamente mediante perlopiù modelli del tipo beam (boundary element method).
Queste tecniche erano già note, come abbiamo già detto, nel campo della idrodinamica
propria dell’ingegneria navale. Possiamo commentarne un semplice metodo
immaginando un corpo galleggiante di massa m che oscilla secondo un unico grado di
libertà. Se la posizione del corpo è definita da una singola ascissa verticale x, essendo
l’origine delle ascisse x=0 corrispondente all’acqua in quiete. L’equazione del moto è:
(3.1)
Nell’equazione presente è la componente verticale della forza d’eccitazione,
dovuta al moto ondoso, ed agente sul corpo assunto fisso. La condizione si avrà
in corrispondenza della quiete. è la forza verticale dovuta al meccanismo PTO e
49
A(ω) è il primo coefficiente idrodinamico di massa aggiunta. Quest’ultimo, ovviamente
dipendente dalla frequenza tiene conto dell’inerzia addizionale dovuta all’acqua che
circonda il corpo. B(ω) è un secondo coefficiente idrodinamico che tiene conto del fatto
che il corpo perde (dissipa) energia, generando mediante la propria oscillazione, sistemi
di onde che si propagheranno lontano da esso. S è la sezione trasversale dell’elemento
galleggiante, rispetto all’acqua in quiete; e poiché x rappresenta la posizione verticale
del baricentro del galleggiante, la forza idrostatica pgSx assume il significato di una forza
di richiamo esercitato dal mare sul corpo. Si assume poi che la forza di PTO comprenda
un dissipatore lineare, di costante C ed una molla lineare di rigidezza K, cosicché:
(3.2)
Rielaborando così l’equazione (3.1) si ha:
[ ] [ ] (3.3)
Immaginiamo adesso che la forzante sia rappresentata da un’onda lineare di piccola
altezza di ampiezza e di frequenza ω; si può scrivere:
(3.4)
Come è evidente si avrà:
[ ] (3.5)
E poiché per definizione si ha
(3.6)
E poiché si ha in definitiva:
(3.7)
50
Analogamente supponiamo adesso che si possa porre:
{ } (3.8)
{ } (3.9)
In cui X(ω) E Fd(ω) sono due ampiezze complesse. La soluzione della 3.3 è:
(3.10)
Ora, nelle ipotesi di linearità che abbiamo precedentemente introdotto possiamo
senz’altro assumere che la forza d’eccitazione sia proporzionale all’ampiezza dell’onda
incidente; per cui si può porre
| | √ { } (3.11)
In cui è un terzo coefficiente idrodinamico, frequenza dipendente, generato dalle
forze di diffrazione indotte dal moto ondoso sul corpo.
Come è evidente il valor medio nel periodo della potenza assorbita è pari alla media
integrale del prodotto tra la forza d’eccitazione e la velocità del corpo :
∫
(3.12)
Nelle ipotesi appena introdotte si ottiene facilmente che:
| |
(3.13)
Che, tenendo conto dell’equazione (3.10) diviene:
| |
|
|
(3.14)
Con U=iωX.
51
Una volta assegnate il corpo e assegnate le caratteristiche di un’onda incidente regolare,
B e Fd rimangono fissate; né consegue pertanto che , dipende unicamente da X, e
dunque, guardando l’equazione 3.10 è evidente che il valor medio della potenza
assorbita sarà dipendente dai coefficienti B e C, ovvero dalle proprietà del PTO.
Naturalmente si assumono note la massa del corpo e l’inerzia addizionale del corpo. In
ogni caso quello che importante sottolineare è che seguendo quest’approccio il sistema
WEC è perfettamente lineare. Ora dall’equazione 3.14, si deriva immediatamente la
potenza assorbita mediamente in un periodo, attinge il suo massimo valore quando U è
uguale a Fd/2B. Ovvero, quando:
(3.15)
In questa maniera il secondo degli addendi dell’equazione , cosicché è uguale solo a
| |
(3.16)
L’equazione 1.10 mostra che la condizione di massimo può essere attinta solo se:
√
(3.17)
e C(ω)=B(ω) (3.18)
La 3.16 rappresenta la frequenza di risonanza di un sistema massa-molla privo di
smorzamento in cui la massa sia pari a (m+A), e la rigidezza della molla sia pari a (pgS+K),
l’equazione 3.18 indica che il coefficiente di smorzamento ideale del PTO dovrebbe
essere uguale al coefficiente di “radiazione” o di “diffrazione” B(ω). E’ adesso opportuno
considerare il concetto di larghezza di assorbimento, L(ω); esso è dato dal rapporto tra
potenza assorbita dal WEC ed il flusso d’energia per unità di larghezza dell’onda
incidente. Si ricorda che, almeno nell’ambito della teoria lineare del moto ondoso,
quest’ultimo è pari a:
| | (3.19)
52
In cui Cg rappresenta la celerità di gruppo ovvero la velocità con cui si propaga l’energia
ondosa. È evidente ora che il valor massimo della lunghezza di assorbimento è pari a:
(3.20)
Si può dimostrare, che per un corpo dotato di asse di simmetria verticale, e geometria
qualsiasi,
se il corpo oscilla verticalmente in maniera sussultoria (heave
oscillation il caso che stiamo appena esaminando), mentre nel caso in cui l’oscillazione
ha luogo in un piano verticale intorno ad un asse orizzontale (WEC in pratica “barcolla”,
sway oscillation), si ha
.
Ne consegue che a parità di caratteristiche ondose incidenti la potenza massima che può
assorbire uno sway WEC è doppia rispetto heave WEC.
Questo è un importante risultato teorico ricavato tra il 1975-1976, da diversi autori in
maniera indipendente (Budal20 e Falnes21, Evans, Newman22 e Mei23).
Curve rappresentative delle prestazioni di un corpo oscillante in maniera sussultoria la
cui parte sommersa è di forma semisferica, possono essere facilmente ottenute a partire
dai coefficienti idrodinamici ricavati in maniera teorica da Hulme24 nel caso di acque
profonde, H/λ>0.5. Esse sono mostrate nelle figure 2 e 3; qui sulle ascisse è riportato il
periodo adimensionale T*:
(
)
(
)
(3.21)
In cui a è il raggio della sfera, mentre in ordinate vi è il rapporto ⁄ nel grafico in
alto della figura 3.3, mentre nel grafico in basso | | | |⁄ , le curve sono parametrate in
funzione del coefficiente di smorzamento del PTO:
*
(3.22)
per queste curve si è supposto che la rigidezza della molla del PTO sia nulla K = 0. La
condizione di risonanza per la potenza massima si traduce in , mentre la
condizione di eguaglianza tra coefficiente di dissipazione del PTO e coefficiente di
53
radiazione B, restituisce la condizione C*=0.510. Ora, se consideriamo un periodo
dell’onda T = 10s, come naturalmente accade nel nord dell’Atlantico, si ha in virtù della
3.21 :
Questo valore del raggio, fu giudicato tropo grande per rispondere a esigenze di
economicità e praticità, inoltre, la prima delle curve in Figura 3.3, mostra che un
assorbitore dotato di un coefficiente di assorbimento del PTO ottimale, lavora bene in
un range di frequenza piuttosto ristretto, mentre un eventuale overdamping (sovra
smorzamento), se da un lato determina una rapida riduzione della potenza massima
estraibile, dall’altro produce un sensibile allargamento della risposta in frequenza; il che
può essere interessante nelle pratiche applicazioni alle onde di mare, anche se nelle
condizioni di acque alte in cui ci stiamo riferendo la banda di frequenze degli stati di
mare reali è piuttosto stretta, e le onde sono prossime ad avere un unico periodo.
Figura 3.3 Curve che rappresentano la condizione di risonanza
54
Come si è detto un raggio ottimale di circa 30 m fu considerato bene presto poco pratico
ed anti-economico, ma fu altrettanto chiaro alla metà degli anni 70 che piccole boe o
“point adsorbers”, del diametro di 10-15m, avrebbero prestazioni assai deludenti nelle
condizioni climatiche tipiche dell’Oceano.
I risultati appena accennati riguardo ad un oscillazioni con un solo grado di libertà
furono estesi al caso di più gradi di libertà e convertitori con più elementi oscillanti
(multi body converters). I contributi di maggior rilievo nella seconda metà degli anni 70,
furono quelli di Evans in Inghilterra, Falnes e Budal in Norvegia, e Newmann e Mei negli
Stati Uniti.
E’ interessante notare tuttavia che per quanto riguarda i cosiddetti convertitori a
colonna oscillante (OWC), le basi teoriche della loro modellazione furono sviluppate nei
primi anni ’80, cioè con qualche anno di ritardo rispetto al caso dei semplici corpi
oscillanti; ciò nonostante questa tecnologia sia stata tra le prime ad essere sviluppata a
livello prototipale. La ragione di questo ritardo nella ricerca risiede nel fatto che il
meccanismo di funzionamento non poteva beneficiare del bagaglio di conoscenze
risalenti allo sviluppo dell’ingegneria navale.
Un’ulteriore osservazione è che in aggiunta all’ipotesi di linearità del moto ondoso
incidente anche la linearità del sistema PTO, rappresenta un punto chiave della
trattazione appena discussa. Tuttavia in pratica nella maggior parte dei convertitori è
presente un meccanismo fortemente non lineare, tare da rendere inefficace la
descrizione nel dominio delle frequenze cui figura 3.3 rappresentano degli esempi; è
necessario in questo caso sviluppare dei modelli nel dominio del tempo, che
restituiscono cioè la funzione di posizione dell’oscillatore x(t) una volta nota la funzione
di elevazione d’onda η(t). Nel caso che il semplice galleggiante in moto sussultorio ad un
solo grado di libertà Jefferis25, dedusse la seguente relazione.
( ) ∫
(3.24)
Con:
∫
(3.25)
55
Come è evidente la 3.24 non contiene nessun riferimento alla frequenza ω, ed ha come
unica incognita la funzione di spostamento x(t). Il coefficiente di massa aggiunta A è
calcolato in corrispondenza della frequenza infinita, mentre la forza di radiazione è
espressa tramite un integrale, detto integrale di convoluzione tra l’accelerazione e la
funzione 3.25 che somma in pratica tutti i contributi alle varie frequenze ω.
Come abbiamo già in parte detto questa equazione restituisce la serie temporale x(t) ed
è pertanto la più adatta per lo studio dei sistemi di controllo attivo dei convertitori
soggetti a moto ondoso irregolare. Tuttavia questo approccio richiede un tempo di
computazione nettamente superiore rispetto al semplice caso lineare rappresentabile
mediante il domino delle frequenze. Un possibile compresso in tal senso può essere
rappresentato dagli approcci di tipo stocastico che restituiscono funzione di densità di
probabilità (dello spostamento, della potenza media) in luogo delle serie temporali.
In ogni caso, se si richiede che la wave energy fornisca un contributo significativo alle
grandi reti elettriche è necessario adoperare un grande insieme di convertitori disposti
in batteria (arrays). L’iterazione idrodinamica tra i vari dispositivi di conversione fu
studiato per la prima volta in via teorica da Budal26, Falnes e Budal27 ed Evans28. Questi
studi riguardavano essenzialmente elementi galleggianti; una successiva esenzione a
sistemi di OWC fu proposta dallo stesso Evans. Tuttavia quando il numero degli elementi
diventa grande (o almeno non piccolo), le iterazioni idrodinamiche diventano
estremamente complesse e bisogna impiegare metodi approssimati (multiple-scattering
method, plane-wave method e point-absorber approximation). Questo approccio fu
seguito in un progetto della commissione europea nella metà degli anni ’90.
Ulteriori approfondimenti sugli aspetti idrodinamici della wave energy possono essere
trovati nel libro di Falnes29, ormai considerato uno standard dalla comunità scientifica.
3.3.1. Modellazione fisica
Nel progetto dei convertitori del moto ondoso in elettricità, il processo di assorbimento
può essere studiato per via teorica o anche numerica o attraverso la modellazione fisica,
riproducendo il dispositivo in scala ridotta in bacino d’onda o in un canale. Le tecniche di
analisi non sono poi così diverse da quelle proprie da quella adoperata nell’ingegneria
marittima costiera e navale. In generale la modellazione numerica può essere utilizzata
nei primi stadi della progettazione e il suo principale limite è quello di non tenere conto
56
degli effetti dissipativi della viscosità dell’acqua e della turbolenza, nonché della
difficoltà con la quale vengono simulati gli effetti delle onde di ampiezze non piccole
(onde non lineari). Per questo motivo modelli fisici in scala ridotta con riduzioni variabili
da 1:10 a 1:80, vengono adoperati una volta che sia stata ben definita la geometria
complessiva del dispositivo. Tra i primi studi in tal senso, degno di nota è quello di
Stephen Salter, che nel 1974 studiò per via sperimentale il convertitore “duke”, in un
canale piuttosto stretto dell’Università di Edimburgo. Le attrezzature a disposizione di
Salter migliorano poi tantissimo in una seconda fase del suo studio nel 1977 quando fu
costruito il wide tank, un bacino ad onde delle dimensioni di 10m x 27.5m x 1.2 m,
dotato di un ondogeno dotato di 89 battitori indipendenti dotati di motore elettrico. Il
wide tank rese l’università di Edimburgo il centro leader nello lo studio sperimentale dei
WECs; più tardi quando lo sviluppo dei convertitori progredì con la costruzione dei primi
prototipi la necessità di adoperare piccole riduzioni (grandi scale), richiese la costruzione
di grandi impianti di laboratorio. A tal proposito degni di nota sono i bacini della città di
Trondheim (Norvegia), Wageningen (Olanda) e Nantes (Francia).
57
3.4 Controllo
L’utilizzazione dell’energia ondosa coinvolge una successione di processi di conversione,
ciascuno dei quali caratterizzato da una propria efficienza e da particolari vincoli. Questa
catena di processi necessita di un’attività di controllo. In tal senso particolarmente
rilevanti sono i processi idrodinamici cui si è fatto riferimento nei paragrafi precedenti.
Come si è detto già i primi studi teorici sui convertitori oscillanti, ma anche sugli OWC,
rivelarono che l’impianto per essere un assorbitore efficiente deve lavorare in una
condizione di quasi risonanza: la sua frequenza naturale di oscillazione deve essere
prossima a quelle delle onde incidenti (equazione 3.17). L’aver trascurato questa
semplice regola spiega i fallimenti di molti inventori, i quali supposero che il sistema
fosse di tipo quasi statico, cioè che seguisse le oscillazioni del moto ondoso senza nessun
effetto dinamico. Ora nella pratica l’esigenza di attingere le condizioni di risonanza si
scontrano con alcune serie di difficoltà, tra le quali:
1 Nella maggior parte dei casi, con l’eccezione dell’OWC le dimensioni dell’impianto
sono talmente elevate (si faccia riferimento alla semisfere di diametro maggiore di
10-15m di cui si è detto in precedenza) che la frequenza propria di risonanza
diviene molto grande rispetto alla frequenza di picco del moto ondoso incidente.
2 Il moto ondoso reale contiene in realtà più di una frequenza.
Come mostrato nella sezione numero 3.3 del presente paragrafo, per un corpo
oscillante con un solo grado di libertà, la condizione di risonanza ha luogo quando la
velocità del corpo è in fase con la forza di eccitazione.
Agire sul PTO in maniera da ottenere questa coincidenza di fase si chiama phase control.
A questo proposito sono state applicate diverse strategie, anche per impianti soggetti al
moto ondoso reale Falnes30. Abbiamo visto nel paragrafo precedente che la frequenza
di risonanza di un assorbitore puntuale (equazione 3.17) con K=0 (il PTO è un puro
dissipatore lineare) dà luogo in generale a frequenze di risonanza molto più grandi di
quelle delle onde in mare aperto. Una possibile soluzione di questo problema potrebbe
essere quella di fare in modo che la rigidezza della molla attinga valori negativi. Questo
tipo di strategia si chiama reacting phase control. Nella Figura 3.3, si vede come i grafici
58
validi per k=0 vengono modificati dalla presenza di una rigidezza negativa k=-pgs/2. La
condizione di risonanza passa da T*=6.11 a T*=9.2 , cioè vale a dire che la frequenza di
risonanza si riduce di circa il 33%. Inoltre dal confronto della Figura 3.4 e la Figura 3.3, si
vede che l’ampiezza dell’oscillazione del corpo viene circa triplicata. A parte la non
praticità di avere una rigidezza negativa, il reactive phase control introduce un ulteriore
problema: cioè che la forza di PTO non è più in fase con la velocità del corpo e dunque la
direzione del flusso d’energia cambia di segno.
Figura 3.4 Curve di risonanza con un controllo di fase di tipo “reactive”
Un metodo di controllo alternativo che evita questa inversione del flusso d’energia è
stato proposto da Budal e Falnes31, e consiste nell’agganciare l’apparecchiatura
(latching) intorno a posizioni fisse durante intervalli di tempo del moto ondoso. Sebbene
questa tecnica di bloccaggio possa essere riguardata come controllo di fase semi
ottimale, si può dimostrare teoricamente che esso è così efficiente come il reactive
phase control, almeno con un convertitore con singolo elemento oscillante. Comunque
determinare quali siano questi intervalli di blocco risulta estremamente complicato.
Così recentemente è stata proposta una tecnica alternativa al latching chiamato
anclatching; esso evita l’inversione del flusso d’energia e consiste nello spegnere e
59
riaccendere alternativamente il sistema di PTO dell’assorbitore. In ogni caso un processo
di phase control semi-ottimale per onde irregolari rimane, insieme con la sua
implementazione pratica, un problema tuttora aperto.
60
3.5 Le diverse tecnologie
Diversamente da quanto accade per l’eolico, c’è una grande varietà di tecnologie,
associabile alla Wave Energy, le quali sono il risultato delle diverse maniere delle quali
l’energia può essere assorbita dalle onde, e anche in funzione della profondità alla quale
i dispositivi sono disposti (distingueremo in questo caso shoreline device, con strutture
imbasate o disposte sulla spiaggia emersa, nearshore device con convertitori disposti in
acque basse e gli offshore device, in cui i convertitori sono allocati in mare aperto). Gli
shoreline device hanno senz’altro il vantaggio di una più semplice istallazione e
manutenzione e non richiedono sistemi di ancoraggio in acque profonde né lunghi cavi
elettrici sommersi. Il fatto che le altezze d’onda sono naturalmente ridotte in profondità
della lunghezza di riva o comunque su fondali bassissimi, può essere parzialmente
compensato da un’idonea localizzazione del dispositivo, tale da sfruttare gli effetti di
concentrazione dei flutti dovuti ai fenomeni di riflessione e/o diffrazione.
Parallelamente sono stati proposti diversi metodi per classificare i sistemi di
conversione, secondo la profondità di posa (di cui si è già detto), secondo il principio di
funzionamento ed infine secondo le dimensioni dei dispositivi (in questo caso
distingueremo piccoli assorbitori “point adsorber”, da grandi assorbitori “large
adsorber”).
Figura 3.5 Tabella riassuntiva delle varie tecnologia
61
Lo schema mostrato in Figura 3.5 suggerisce una classificazione essenzialmente basata
sul principio di funzionamento dei dispositivi; essa non intende essere esaustiva, ma
comprende tutte quelle tipologie che hanno raggiunto una fase prototipale di sviluppo,
o almeno sono state oggetto di sforzi di ricerca e sviluppo molto intensi.
Un tipico esempio di dispositivo di prima generazione è quello a colonna oscillante
Oscillating water culomn (OWC) in cui si dirà nel paragrafo immediatamente a seguire;
un altro esempio di rilievo è il Tapchan (TAPered CHANnel wave power device), un
dispositivo prototipale a tracimazione che fu costruito lungo le coste norvegesi nel 1985
e che da allora ha operato per diversi anni.
Recentemente sono stati identificati circa 100 progetti diversi e ad vari stati di sviluppo;
il numero in effetti non sembra affatto ridursi nel corso del tempo in quanto nuove
tecnologie sostituiscono quelle considerate inefficienti, spesso con un effetto netto
positivo.
3.5.1 I dispositivi a colonna oscillanti oscillating water culomn (OWC)
OWC a struttura fissa
Sono stati proposti un gran numero di sistemi a colonna oscillante e a struttura fissa. La
maggior parte dei dispositivi sono stati disposti sulla spiaggia emersa (shoreline device) o
nelle zone litoranee (nearshore device); essi rappresentano i cosiddetti dispositivi di
conversione di prima generazione. Solo pochi prototipi sono stati costruiti per lavorare
in mare aperto (offshore device).
In generale L’OWC a struttura fissa poggiano sul fondo del male o sono fissati su una
parete rocciosa.
I dispositivi a colonna oscillante comprendono una struttura parzialmente sommersa in
calcestruzzo o in acciaio, aperta al disotto della superficie dell’acqua ed all’interno della
quale vi è dell’aria intrappolata al di sopra della superficie idrica. Il moto oscillante della
superficie dell’acqua all’interno del dispositivo, generata dal moto ondoso fa in modo
che l’aria passi all’interno di una turbina che muovo un generatore. Per questi dispositivi
è eccellente la turbina Wells a flusso assiale, inventata nella metà degli anni ’70, che ha il
62
vantaggio di non richiedere nessuna valvola di rettificazione. Prototipi di OWC sono stati
costruiti in Norvegia a Toftestallen32, in Giappone a Sakata, in India Vizhinjam33, vicino
Trivandrum nel ‘85, in Portogallo in Pico Azzorrenel 1999 e nel Regno unito nell’isola
scozzese di Islay (Foto3.B) nel 2000 (Dispositivo noto con l’acronimo di Limpet “Land
Instoad Marine Powered Energy Transfomer”). Può essere interessante commentare con
maggiore dettaglio le esperienze del progetto di Pico Azzorre34 (Foto 3.D) e di Islay. Il
progetto originale del primo impianto fu cofinanziato nel 1992 dalla Comunità europea,
dal governo portoghese, e dalle aziende di gestione dell’elettricità portoghese EDP e
delle Azzorre EDA. La sua costruzione è terminata nel 1999 con il contributo di
numerose compagnie portoghesi, sotto l’azione di coordinamento dell’Istituto Superiore
Tecnico (IST). In realtà il processo di posa in opera subì numerose interruzioni nel corso
degli anni a causa di un’inondazione e di problemi agli apparati meccanici. L’istallazione
ha sin qui operato solo saltuariamente. Dapprima è stato creato un consorzio di imprese
e istituzioni pubbliche (WavEC) portoghesi aventi il compito di manutenere e testare
l’impianto. Già nel periodo settembre-novembre 2005 e giugno-ottobre 2006 l’impianto
è stato sottoposto a prime verifiche di funzionalità che hanno rivelato l’esistenza di
problemi alla struttura di turbo-generazione.
Foto 3.D Impianto di Pico Azzorre
63
Durante il 2007 ha operato solo occasionalmente a causa di tagli dei finanziamenti, ma il
consorzio ha lavorato alla risoluzione dei problemi di vibrazione e di manutenzione delle
apparecchiature obsolete.
Nel 2008 è stato firmato un accordo con EDP per lo sfruttamento del PICO plant in
continuo per un periodo minimo di 3 anni, ma a causa del danneggiamento progressivo
della struttura in calcestruzzo e dei costi intrinseci di produzione, il progetto fu sospeso
già alla fine del 2008. La capacità di tale dispositivo è di circa 400 kW. In ogni caso
WavEC ha garantito la manutenzione dell’impianto e ha pianificato la bonifica del
calcestruzzo e il miglioramento dell’equipaggiatura di produzione in modo da garantire
una piena e autonoma produzione nell’estate del 2009. L’impianto è attualmente in
funzione. Lo scheda di funzionamento è mostrato nella Figura 3.6.
Figura 3.6 Schema di funzionamento del Pico Plant
Una solida struttura in calcestruzzo armato definisce una camera pneumatica (n°3)
situata al di sopra del livello idrico, che comunica con le onde attraverso una apertura
sommersa e con la atmosfera attraverso una turbina ad aria e un condotta plastica. Le
onde incidenti determinano un’oscillazione verticale dell’acqua all’interno della camera
64
che a sua volta causa un flusso d’aria alternativamente dall’atmosfera e verso
l’atmosfera. Questo flusso aziona delle turbine di tipo Wells(7) poste in asse con un
generatore(8). L’elettricità così generata viene immessa nella rete locale dell’EDA. Per
evitare fenomeni di sovrappressione e fenomeni di stallo una valvola di sicurezza è
situata nel punto 4 della Figura 3.8 e può prevedere una rapida apertura tra lo 0 e il 100
a seconda dell’intensità dello stato di mare. In questo progetto così come nella quasi
totalità dei WEC è molto importante avvicinarsi alle condizioni di risonanza; in ogni caso
limitazioni di tipo ambientale e limitazioni di funzionamento delle turbine hanno limitato
il normale funzionamento dell’impianto in passato richiedendo una massima attenzione
di una squadra di esperti in grado di migliorare le performance. Si noti che durante
l’esperimento svolto tra il settembre e il novembre del 2005 è stato prodotto un MWh,
valore che è stato possibile ottenere in sole 48 ore nel maggio del 200935.
Un altro “shoreline device” attualmente attivo presso l’isola scozzese di Islay conosciuto
con l’acronimo di Limpet (Land Instoad Marine Powered Energy Transfomer). Fu
costruito nel 2000 dalla compagnia scozzese Wavegen ora Voith Simemens con il
contributo della Queen University di Belfast e l’istituto superiore tecnico di Lisbona.
Come nel caso del Pico plant, anche il Limpet adopera le turbine Wells che hanno il
vantaggio di ruotare nella stessa direzione indipendentemente della direzione delle
onde. Dopo la costruzione e l’analisi del funzionamento di un piccolo modello in piccola
scala dal funzionamento di 75 kW, il prototipo fu costruito per una potenza istallata da
500kW, due turbine Wells controrotanti furono installate da 250 kW ciascuna. In teoria
tenendo conto che il rendimento di LIMPET fu stimato attorno al 40% si può effettuare
questo calcolo:
kWh
Che si riferisca a KWh teorici prodotti per ciascun anno di attività e dunque:
kWh
Che sarebbe l’energia realmente prodotti in un anno.
Conoscendo ora il consumo annuale di energia di ogni abitazione civile, che è pari a 4377
kW, si ricava che LIMPET può teoricamente servire 295 abitazioni civili, ed ipotizzando
che ogni abitazione civile ospiti 4 persone, se ne deduce che l’impianto potrebbe
65
teoricamente servire oltre un terzo della popolazione di Islay. Secondo alcune fonti
risalenti all’anno 2008, la capacità del LIMPET è stata ridotta a 250 kW e la sua reale
capacità di produzione non è ben nota.
Figura 3.7 Schema impianto Limpet
Un terzo esempio di elemento OWC ancorato a struttura fissa è l’OSPRAY36 (Foto 3.E e
Figura 3.8) , che come il LIMPET è stato costruito in prossimità delle coste scozzese dalla
società WavGEN, a differenza di Pico, e di LIMPET, OSPRAY ha la struttura in acciaio ed è
imbasato su profondità inferiore a 20m, in questo modo si può sfruttare una maggiore
altezza delle onde e la potenza installata del dispositivo, sempre dotato di turbine Wells
è di 2 MW. Sfortunatamente OSPRAY fu distrutta nel 1995 subito dopo essere stata
posta in opera a causa di una violenta mareggiata. Tornando ad un discussione più
generale, la sezione trasversale delle camere pneumatiche delle strutture appena
descritta è generalmente grande nell’intervallo 80-250 metri quadri (cui corrispondo
potenze istallata tra 60 e 500 kW).
Foto 3.E Foto impianto OSPRAY
66
Figura 3.8 Schema impianto OSPRAY
Shoreline device del tipo OWC di dimensioni più piccole sono state realizzate ancora
nell’isola di Islay e più recentemente in Cina. Già dagli inizi degli anni ‘80 è stato provato
sia dal punto di vista teorico che sperimentale che il processo di assorbimento poteva
essere migliorato estendendo la struttura della camera attraverso dei muri(sia naturali
che artificiali) che si protendono nella direzione delle onde formando un porto una baia
o un collettore in questa maniera il moto ondoso viene concentrato nella camera
dell’OWC. Il progetto e la costruzione della struttura sono le criticità più evidenti della
tecnologia OWC, a parte la criticità delle turbine ad aria. Gli aspetti strutturali sono
quelli più influenti sul costo dell’energia del mare, tanto che oggi nelle problematiche
dell’ingegneria civile dominano il costo di questi WEC. In questo senso potrebbe essere
utile includere gli impianti in strutture portuali; ciò produce il vantaggio che i cisti di
produzione vengono spalmati su quelli complessivi della diga foranea, oltre al fatto che il
generatore diviene più facilmente accessibile per le operazioni di manutenzione.
Questo approccio fu adoperato per la prima volta in Giappone per il porto di Sakata37
(Figura 3.9) nel 1990; qui uno dei cassoni che componeva l’opera di difesa del bacino
67
portuale è stato progettato con una particolare forma tale da ospitare l’OWC e
l’equipaggiamento elettrico corrispondente.
Figura 3.9 Schema impianto Shoreline devices OWC
L’opzione dell’OWC breakwater è stata adottata anche per l’impianto da 0.75 MW
previsto in corrispondenza della testata del frangiflutti in corrispondenza della foce del
fiume Douro (Figura 3.10) al nord del Portogallo e recentemente costruito nel porto di
Mutriku38 in Spagna (Foto 3.F) in cui sono 16 camere oscillante con il 16 turbine. Una
geometria differente per un OWC da includere in un frangiflutti è stato proposto da
Boccotti con un OWC che è lungo la cresta dell’onda ma è dotato di una lunga apertura,
in questo caso il dispositivo ha la forma di “J” con l’apertura verso l’esterno che guarda
verso l’alto.
Foto 3.F Porto di Mutriku, Spagna Figura 3.10 Porto di Duro, Portogallo
68
OWC a con struttura flottante
In precedenza abbiamo già detto che i primi convertitori OWC realmente impiegati,
rispettivamente le boe di navigazione dotate di generatore e la grande zattera chiamata
Kaimei (Figura 3.11) furono del tipo galleggiante; essi, furono sviluppati in Giappone
negli anni ’60 e ’70, sotto la leadership di Yoshio Masuda.
Figura 3.11 Zattera Kaimei, Giappone
Mauda si accorse presto che la conversione da energia ondosa ad energia pneumatica
era piuttosto insoddisfacente ed ideò un dispositivo con una differente geometria
chiamato Backward Bent Duct Buoy (BDBD) (Figura 3.12). In questa versione il condotto
di captazione dell’acqua è aperto alle spalle del serbatoio; questa soluzione fu
considerata più vantaggiosa rispetto a quella classica, nella quale l’apertura del
serbatoio precede la colonna oscillante d’acqua. In questa maniera, infatti, la lunghezza
della colonna d’acqua poteva divenire sufficientemente grande per attingere le
condizioni di risonanza, mantenendo al tempo stesso il pescaggio della struttura
flottante entro limiti accettabili.
69
Figura 3.12 Backward Bent Duct Buoy
Il BBDB è stato studiato approfonditamente in molti paesi, quali Giappone, la Cina, la
Corea e la Danimarca, Irlanda ed è stato adoperato per rendere operative circa mille boe
di navigazione in Giappone e in Cina39. Negli ultimi anni sono state intraprese
approfondite indagini in Irlanda, al fine di sviluppare un BBDB di grandi dimensioni da
utilizzare in mare aperto; ed un modello in scala appena ridotta (1:4) è stato testato a
partire dalla fine del 2006 nelle acque della baia di Galway. Il modello ha una lunghezza
complessiva di 12 m ed è dotato di una turbina Wells ad asse orizzontale.
Il Mighty Whale (la grande balena Figura 3.13) è un dispositivo OWC flottante con
apertura frontale sviluppato dal Japan Marine Science and Technology Center.
Figura 3.13 Mighty Whale
Dopo un approfondito studio teorico e sperimentale un prototipo fu progettato e
costruito a partire dal 1998 presso Gokasho Bay nella prefettura di Mie(Giappone) e, a
70
partire dal nuovo millennio, il dispositivo è stato testato per molti anni. Esso è in pratica
una grande struttura galleggiante lunga 50m, larga 30m con un pescaggio di 12m e un
dislocamento di 4400 tonnellate; esso dispone di tre camere d’aria scavate nella parte
anteriore del WEC, da parte a parte. Ciascuna camera d’aria è poi connessa ad una
turbina Wells ad aria che muove un generatore elettrico, per una potenza nominale
complessiva di 110 kW40.
Figura 3.14 Mighty Whale
Lo Spar Buoy è probabilmente la forma più semplice di OWC a struttura galleggiante,
esso consiste in un dispositivo a simmetria assiale che è così indifferente alla direzione
ondosa; si tratta di un tubo verticale sommerso e relativamente lungo fissato ad un
galleggiante che si muove essenzialmente in direzione verticale. La lunghezza del tubo
determina la frequenza di risonanza della colonna d’acqua interna. Il flusso d’aria
spostato dal moto relativo dell’OWC rispetto al galleggiante muove una turbina ad aria.
Mote boe di navigazione sono state costruite su questo concetto, la qual è stata presa
seriamente in considerazione per la produzione di energia elettrica su vasta scala.
71
Figura 3.14 Spar Buoy
La Sloped Buoy ha qualche similitudine con la Spar Buoy e consiste praticamente in una
boa con 3 tubi inclinate sommerse in maniera tale che l’insieme delle tubazioni, oscilla
con un angolo intermedio con la verticale e la direzione dell’onda.
Un rapporto preparato dal Dipartimento britannico dell’industria e del commercio
(DTI)ha recentemente confrontato le prestazioni di BDBD, Spar Buoy e Sloped Buoy per
la generazione di elettricità nell’Oceano Atlantico41.
I dispositivi appena descrittivi hanno ormeggi di tipo slack-mooring; questa tipologia di
ancoraggio consente grandi oscillazioni, il che facilita l’assorbimento di energia ondosa a
patto che il dispositivo sia adeguatamente progettato.
Al contrario il dispositivo galleggiate chiamato Orecon, attualmente in studio nel Regno
Unito, è dotato di un tension-mooring che ne riduce le oscillazioni (Figure). Si tratta di un
convertitore multi-risonante comprendente diversi OWC di differente lunghezza, in cui
ciascuna camera è connessa ad una turbina ad aria.
72
3.5.2 Sistemi a corpo oscillante
Dispositivi offshore spesso classificati come WEC di terza generazione, consistono
generalmente in corpi oscillanti che possono essere o galleggianti o raramente
completamente sommersi; questi dispositivi sfruttano i regimi climatici più potenti che
possono riscontrarsi in acque profonde con fondali generalmente maggiori di 40m. I
convertitori offshore sono generalmente più complessi di quella di prima generazione e
questa complessità, accompagnata tra l’altro da numerosi tecnici addizionali, quali
l’ancoraggio, l’accesso per la manutenzione e la necessità di lunghi cavi sommersi ha
rallentato il loro sviluppo, tanto che solo recentemente alcuni di questi sistemi hanno
raggiunto la stadio di sviluppo prototipale.
Foto 3.G Modello G-1T, testato nella baia di Tokyo
Single-body haeving buoys
La maniera più semplice di ottenere l’elettricità mediante un dispositivo a corpo
oscillante è quella di una semplice boa in modo verticale (heaving buoy), che insiste su
un telaio fisso che può essere il fondo stesso del mare o una struttura fissata al fondo.
73
Nella maggioranza dei casi questi sistemi sono concepiti come point adsorbers, cioè
elementi con una dimensione orizzontale molto più piccola della dimensione dell’onda.
Un primo tentativo di mettere in opera questo dispositivo è quello del G-1T, consistente
in una boa a forma di cuneo a sezione rettangolare (1,8m x 1,2 m in corrispondenza del
livello medio mare), il cui movimento verticale è accompagnato da una struttura in
acciaio fissata ad un frangiflutti. Il PTO è un circuito piuttosto complesso che includeva
un accumulatore di gas. Il sistema fu testato nella baia di Tokyo nel 198042 (Foto 3.G).
Un ulteriore esempio è quello della boa norvegese consistente in un galleggiante sferico
in grado di produrre oscillazioni relative rispetto ad un puntone in acciaio
opportunamente ancorato al fondo del mare. La boa poteva essere controllata in fase
attraverso opportuni blocchi e conteneva una turbina ad aria. Un modello del diametro
di 1 m nel quale la turbina ad aria veniva semplicemente simulata mediata orifizio è
stata installata, completa di elementi di bloccaggio, nel fiordo di Trondheim nel 1983.
Un tipo di progetto alternativo è quello di una boa connessa ad una struttura fissa
mediante un cavo che è assicurato ad una molla o a qualcosa di simile. Il moto relativo
tra il galleggiante attivato dall’onda sulla superficie del mare e la struttura sul fondo
attiva una sistema PTO, ad esempio nel caso del convertitore testato in Danimarca, il
PTO, ospitato nella struttura fissa, consisteva in una pompa idraulica che forniva acqua
ad alta pressione ad una turbina idraulica.
Le attività ad Uppsala
L’Uppsala Univerity (Svezia) ha sviluppato e testato un dispositivo WEC sulle coste
occidentali del paese scandinavo durante la primavera 2006. Una semplice boa (Figura
3.15) segue il movimento delle onde in direzione verticale, il suo moto è trasferito
attraverso una fune o un cavo alla parte mobile del generatore, che in questo caso è un
pistone. Inoltre il pistone è collegato ad una molla che accumula energia nella fase di
cresta dell’onda e la restituisce al generatore, sotto forma di forza di richiamo, nella fase
di cavo. Il principio di base è mostrato in figura. Un idoneo fine corsa, posto al di sopra
del generatore, limita lo stroke. L’idea di base dietro questo approccio è la semplicità:
non ci sono né smorzatori né rettificatori, ma questo si riflette direttamente sulle
prestazioni richieste al generatore, il quale ha, per questo tipo di convertitore, un
influenza abbastanza grande sul costo complessivo dell’impianto.
74
Il generatore possiede dei magneti permanenti del tipo Neodimio-ferro-boro (nd-fe-bo)
e la bobina di armatura è costituita da cavi ordinari di sezione circolare. Al contrario di
altri casi nei quali il progetto del generatore è condizionato in larga misura dalla
produzione di calore, la dispersione termica sembra in questo caso un problema
secondario perché la potenza generata per unita di volume è molto piccola, ed in più
esso è circondato da acqua ad una temperatura attorno ai 4-8°C. L’obiettivo del
progetto e degli studi dell’Università di Uppsala era di costruire un piccolo generatore di
grande efficienza.
Figura 3.15 WEC galleggiante
Nel prototipo studiato il generatore è stato posto in una struttura d’acciaio
impermeabile fissata a sua volta ad una fondazione di calcestruzzo. La boa innescante
era cilindrica con diametro di 3 m ed altezza di 0.8 m. Il dispositivo è stato messo in
opera ad una profondità di 25 m. La potenza installata è di circa 10 kW.
Le attività all’Oregon State univeristy
Nel 2007, un primo dispositivo è stato testato nell’oceano al largo di Newport e
precisamente nel mese di ottobre (Figura 3.16). il test è stato condotto
approssimativamente a 40m ed una distanza di 2.5 km dalla costa. Il point adsorber era
alto circa 3.3m e aveva una larghezza 1.2m. Una visione parziale del dispositivo è
75
mostrato in Figura 3.16 . Il principio di funzionamento è che il cilindro centrale chiamato
spar (di piccola sezione e grande massa) ospita una bobin wound three phase armatur.
Lo spar è ancorato in tensione al fondo del mare, in maniera da non avere significativi
spostamenti di heaveing cioè in su e in giù. Il cilindro esterno di chiama float e ha nella
sua faccia interna che volge verso lo spar circa 960 magneti. Le onde muovono il Float e i
magneti su e in giù rispetto allo spar così che, a norma della legge di faraday, viene
indotta una tensione elettrica direttamente nelle armature. Questo è un esempio di
direct drive, poiché vi è un accoppiamento diretto tra la forzante idrodinamica e la
generazione elettrica senza utilizzare un fluido ausiliario. Questo primo esperimento si
concentrava sulle performance idrodinamiche e sulla efficacia della superficie di
slittamento tra spar e float. Lo spar è progettato per fornire un ideona spinta di
galleggiamento al fine di resistere alla forza trasmessa dal generatore che è diretta verso
il basso. Le prime osservazioni mostrarono che il dispositivo era facilmente trainabile e
di agevole posa in opera, ma è stato evidente che era necessario apportare dei
miglioramenti alla superficie traslante.
Figura 3.16 Schema impianto di tipo Spar
Così nel 2008 il progetto fu migliorato e ribattezzato L10, sigla che sta per Linear Teen
KW. Questo lavoro è stato condotto in collaborazione tra la OSU, la Columbia Power
76
Technologies (CPT) e la marina statunitense. Il generatore adoperato era identico a
quello del modello del 2007, ma lo spar e il float furono completamente ridisegnati. Il
float ha ora un profilo a disco o a piatto, mentre lo Spar fu esteso con una camera
pressurizzata che funge da zavorra, al fine di avere più controllo sulla cresta della boa.
Anche la superficie di slittamento tra spar e float è stata migliorata. I primi esperimenti
furono condotti nel settembre 2008 per 5 giorni di fila sempre al largo di Newport. La
figura 3.16 mostra il sistema durante la produzione di potenza elettrica. Un opportuno
relè presente all’interno della boa può convogliare la potenza del generatore a dei cavi
oppure alla grande lampada alogena posta sullo spar. La luce funziona come una forza
fornendo una indicazione facilmente interpretabile delle performance del generatore.
Questo test fu estremamente incoraggiante e tutti gli aspetti tecnici (posa in opera,
ancoraggio, idrodinamica, performance del generatore) si sono mostrati all’altezza delle
aspettative o addirittura al di là di queste ultime.
Sistemi di boe a due componenti (two body haeving system)
L’idea di un singolo elemento galleggiante ancorato al fondo marino può incontrare
alcune difficoltà dovute proprio alla distanza tra pelo libero e fondo, o indotte dalle
oscillazioni di marea.
Come alternativa possono essere impiegati i multi-body-system, in cui l’energia viene
convertita dal modo relativo di due corpi che oscillano in maniera differente.
L’idrodinamica di questo tipo di sistema è stata studiata e analizzata sul piano teorico da
Falnes 84. In pratica, la potenza media teoricamente estratta da un moto ondoso
regolare di frequenza ω, diviene in questo caso (si veda equazione 3.13):
| |
(3.26)
Dove sono le ampiezze complesse degli spostamenti dei due galleggianti in moto
relativo.
Bisogna immediatamente sottolineare, tuttavia, che i sistemi a multi-elemento
introducono speciali problemi di controllo che andranno accuratamente verificati.
Un primo esempio pioneristico è rappresentato dal Bipartite Point Absorber, che
comprende due galleggianti, uno esterno ed uno interno. Il primo ha una frequenza di
77
risonanza molto bassa e agisce come sistema di riferimento per l’elemento interno, che
funziona come un semplice assorbitore risonante. Questo dispositivo sfrutta anche il
principio che la massa del corpo interno può essere incrementata semplicemente
collegando rigidamente il galleggiante interno ad un elemento fisso posto
sufficientemente al di sotto del primo. In questo modo, le forze di diffrazione e
smorzamento non vengono significativamente influenzate. Come vedremo più avanti
questo approccio è stato adoperato anche nello sviluppo del convertitore Wavebob.
Uno dei più interessanti elementi a doppio galleggiante è la cosiddetta boa IPS,
inventata da Sven A. Noren43 (vedi Figura 3.17) e sviluppata in un primo momento dalla
compagnia svedese Inter Project Service. L’idea consiste in una boa rigidamente
connessa ad un tubo sommerso, chiamato tubo di accelerazione; quest’ultimo è aperto
ad entrambi gli estremi. L’insieme del float e del tubo di accelerazione, avendo massa
trascurabile, segue semplicemente il movimento della superficie idrica. D’altro canto,
l’inerzia della massa d’acqua contenuta nel tubo di accelerazione sarà significativa e
pertanto la colonna idrica oscillerà in maniera diversa, producendo un moto relativo
rispetto al primo sistema. Questo moto relativo viene trasferito al meccanismo di PTO
mediante un pistone, che potremmo ancora considerare di massa nulla. Pertanto il
pistone segue semplicemente la massa idrica. Questo pumping motion viene
meccanicamente o idraulicamente trasformato in un moto rotatorio che innesca il
generatore, solidale alla boa galleggiante.
Figura 3.17 Boa IPS
78
La sonda IPS ha una geometria a simmetria assiale con la boa cilindrica e il tubo di
accelerazione di forma anulare e sezione costante. Lo stesso inventore introdusse
successivamente un sistema in grado di limitare la corsa del pistone (Figura 3.18)
Figura 3.18 Boa IPS, particolare del fine corsa
Il tubo di accelerazione si allarga bruscamente dopo il fine corsa; l’aumento di sezione
permetterà all’acqua di scivolare attorno al pistone limitando la spinta ad esso trasferita.
Il diametro della boa galleggiante varia tra i 3-4m ai 10-12m, con valori tipici di 6-8m. Il
tubo di accelerazione è lungo generalmente 20 m ed il sistema viene ancorato
adoperando uno slack mooring ad una profondità generalmente compresa tra i 50 e i
100 m. In effetti è necessario un fondale di almeno 30 m per garantire un buon
funzionamento del dispositivo. In generale la dimensione della boa dipende dalla
posizione oceanografica, dalla profondità di posa, dal clima ondoso e dalle sue variazioni
stagionali, dall’energia disponibile e dal valore desiderato della potenza di output. Un
IPS di medie dimensioni può fornire una potenza media di output intorno ai 120 kW (il
rendimento complessivo è del 30-35%), raggiungendo una produzione annuale di circa 1
GWh.
Questo tipo di convertitore può essere utilizzato come una “power station”
indipendente, ma più di sovente è aggregato in clusters di 10 unita (comunque 5 o più);
le singole unità possono lavorare in maniera indipendente o servire un’unica unità di
79
generazione. La potenza elettrica generata sarà trasferita con cavi sommersi ad una
stazione sulla terraferma. Quanto al sistema di generazione interno, tradizionalmente si
è fatto uso di sistemi oleodinamici, che includono alcuni elementi standard, quali
cilindri, valvole di fermo, generatori, pistoni etc.
Nelle acque della Scozia orientale dell’Irlanda, dove il contenuto potenziale delle onde è
dell’ordine dei 50-70 KW per metro di fronte d’onda, una IPS di 10 m di diametro
raggiungerà una potenza sui 150-250 kW e produrrà più di un 1,4 GWh/anno. A questo
proposito, può essere interessante riproporre i calcoli per il fabbisogno di un unità
abitativa, già svolti per il LIMPET. Si ha:
(3.27)
Se ogni abitazione ha 4 persone può servire in un anno 1280 persone a boa. Un sistema
farm a 10 boe soddisfa quindi il fabbisogno di circa 12800 abitanti.
Un’evoluzione dell’IPS buoy, è la cosidettta Sloped IPS buoy, studiata da Stephen Salter44
ed attualmente in fase di sviluppo presso l’Università di Edimburgo. Progettando la boa
per un movimento inclinato ad un angolo di 35°-45° gradi, a metà tra il movimento
haeve ed il movimento surge (Figura 3.19), si ottiene una riduzione della frequenza
naturale di oscillazione del sistema ed un allargamento delle possibilità di assorbimento
(banda di assorbimento) del dispositivo, relativamente alla sua dimensione. Nella Figura
3.20 si può vedere il confronto tra una IPS buoy (angolo di 90°) e una Sloped IPS buoy
(angolo 35° e 60°).
Figura 3.19 Movimenti surge, sway, heave
80
Figura 3.20 Confronto IPS buoy e scope IPS buoy
Si tratta in pratica, di due o più tubi di accelerazione aperti a ciascuna estremità e tenuti
appena sotto il livello dell’acqua da un galleggiante che viene indicato come “buoy
head” (Figure 3.21, 3.22, 3.23). Sotto l’azione delle onde, la struttura è libera di
muoversi lungo la direzione della propria inclinazione, mentre un pistone di grande
diametro scivola nella parte centrale dei tubi d’accelerazione per effetto dell’inerzia
dell’acqua contenuta negli elementi. In questo modo si attiva un moto relativo tra
pistone e galleggiante. I pistoni sono direttamente accoppiati a martinetti idraulici ad
olio ad alta pressione che muovono un sistema di generazione elettrica. Come fine corsa
del pistone viene ancora adoperato il sistema svedese di “belling out” suggerito da
Noren e già descritto in precedenza.
Figura 3.21 Buoy head
81
Figura 3.22 Buoy head
Figura 3.23 Schema impianto Buoy head
Le Foto 3.H e 3.I mostrano alcune fasi di sperimentazione dello sloped IPS nell’Università
di Edimburgo.
82
Foto 3.H Sloped IPS
Figura 3.I Sloped IPS
Questo tipo di dispositivo è stato testato utilizzando dei prototipi in scala reale e
recentemente un impianto dimostrativo della potenza di 1 MW è in corso di sviluppo a
Maka Bay nello stato di Washinton. L’impianto di Maka Bay comprenderà un sistema
farm potenza di 250 kW ciascuno disposti a 5.9 km dalla costa in acque profondo di 4.6
m.
Alla stessa famiglia dei point adsorbers, elementi di piccola dimensione rispetto alla
lunghezza delle onde, appartiene l’AquaBuOY realizzata dalla azienda canadese Finavera
83
Renewables (una volta AcquaEnergy Group)45. Il sistema si compone di 4 elementi,
efficacemente mostrati in Figura 3.24 .
Figura 3.24 Aquabuoy
Come per l’IPS, vi è la presenza di un elemento galleggiante del diametro tipico di 6m,
collegato rigidamente ad un tubo di accelerazione per consentire l’entrata e l’uscita
dell’acqua marina. Al centro del tubo di accelerazione è disposto un disco galleggiante
che agisce come un pistone. In condizioni di riposo il disco è mantenuto in equilibrio di
due Swedish hose pumps, che in pratica sono dei tubi di gomma, rinforzati con elementi
di acciaio, che hanno la proprietà di ridurre il proprio volume interno quando sono tirati.
Il solito moto relativo tra pistone e sistema galleggiante determina l’elongazione delle
pompe alternativamente nella parte superiore e inferiore. Questa elongazione espelle
l’acqua contenuta nelle hose pumps, la quale finisce per alimentare una turbina Pelton a
sua volta connessa ad un generatore (Figura 3.25).
84
Figura 3.25 Schema impianto Swedish hose pumps
La potenza massima di output del generatore è di 250 KW e la profondità di
imbasamento richiesto è di circa 50m, visto che il pescaggio della struttura è tipicamente
di 30m. Un aspetto molto importante dell’AcquaBuOy risiede nei sistemi di ancoraggio,
le cui caratteristiche non verranno qui discusse. Così come nel caso dell’IPS, gli acqua
buoy possono combinarsi in clusters o wave parks, come mostrato in Figura 3.26. Nel
grafico i convertitori sono raggruppati in spokes di 10 elementi su una distanza
complessiva di 200m; in questo caso l’acqua pressurizzata viene inviata ad unica unità
generativa (turbina più generatore) e quindi ad una stazione della terraferma mediante
cavi sottomarini. In genere è richiesta una batimetria piuttosto ripida per ridurre i costi
di trasmissione, con una massima distanza dalla linea di riva di 4 Km.
85
Figura 3.26 Schema di un Aquabuoy raggruppati in spokes
Si può aggiungere che per ridurre l’impatto ambientale gli AcquaBuOY adoperano
recentemente dei closed loop, nei quali viene ricircolata dell’acqua dolce anziché salata;
questo evita l’intrappolamento di piccoli pesci o altri esseri viventi marini e riduce le
incrostazioni biologiche all’interno del sistema. Nei primi progetti, l’elemento flottante
aveva una copertura piana che più tardi è stata cambiata in conica per evitare che venga
usata come piattaforma di riposo per uccelli, foche o altri animali marini.
In un sito con una potenza disponibile media di 28 KW per metro di fronte d’onda si
stima che un singolo elemento possa restituire una potenza media di 46 KW; ciò
corrisponde a 0.4 GWh annui, in grado di soddisfare 92 abitazioni civili.
Finavera Renables ha ottenuto l’autorizzazione di istallare un impianto pilota nella baia
di Makah, Washington. Le coste dello Stato di Washington sono infatti note per i mari
burrascosi, con altezze d’onda di 27.4 m misurate al di qua e al di là della scarpata
continentale. Il progetto comprende 4 elementi disposti su un un’area di 18 m x 73 m
orientata parallelamente alla giacitura prevalente dei fronti d’onda. Gli elementi sono
disposti a 4,8 Km dalla costa su una profondità di 46 m; ciascun elemento ha un
diametro di 5 m e una lunghezza di 8 una della ragioni per il quale il sito di Makah è
stato scelto è perché esso piuttosto vicino ad una linea di trasmissione elettrica
esistente. Nel disco allegato al presente lavoro di tesi viene fornito un video
dimostrativo a cura della Finovera Renable.
Il Wavebob device è il risultato di un lavoro di ricerca in continuo sviluppo presso le
università irlandesi. Il dispositivo è stato inventato da William Dick46. Un prototipo di
86
Wavebob è stato installato su un area di studio dell’Irish Marine Institute, e
precisamente nella baia di Galway (marzo del 2006). Si stima che in scala reale ogni
dispositivo sarà capace di produrre abbastanza per oltre 700 abitazioni. Il Wavebob
comprende 4 elementi chiave (Figura 3.27): una massa sommersa (tank) connessa per
mezzo di un collo sottile (neck) a una struttura flottante interna (float), un galleggiante
esterno di forma toroidale (torus) e un power take off con supporto autonomo.
Wavebob genera energia dal moto differenziale verticale (heaving buoys) del torus e del
float.
Figura 3.27 Schema del Wavebob
Il meccanismo di PTO è costituito da un sistema oleodinamico ad alta pressione.
Apparentemente la connessione tra il float e il tank può essere regolata in maniera da
variare l’inerzia del sistema (e quindi la frequenza di risonanza, tuning) senza alterare le
forze d’eccitazione e di diffrazione.
Come mostrato in Figura 3.28 i Wavebob sono pensati per essere dislocati in griglie
dette wave farms (si noti che la linea di trasmissione nella figura è lunga circa 20 km).
87
Figura 3.28 Schema di un Wavebob in farms
Nel supporto digitale del lavoro di tesi viene fornito un video dimostrativo.
La compagnia americana Ocean Power Technologies47 ha sviluppato un altro sistema a
due elementi galleggianti a simmetria assiale chiamato Power Buoy (Figura 3.29), un
galleggiante a forma di disco si muove rispetto ad un corpo cilindrico sommerso che
termina con una grande piastra orizzontale la cui funzione è quella di incrementare
l’inerzia attraverso la massa aggiunta della massa che lo circonda. Il moto relativo di tipo
heaving che si ha tra i due elementi è convertita in energia elettrica tramite un PTO in
cui due pistoni idraulici muovono un generatore.
88
Figura 3.29 Schema di un Power Buoy
Un prototipo non connessione alla rete di distribuzione della potenza di 40 kw è stato
disposto lungo le coste di Santogna nel settembre 2008 (Foto 3.L). L’osservazione del
prototipo era funzionale all’impianto di una farm di 9 elementi dalla potenza nominale
di 150 kw ciascuno lungo le coste scozzesi nel 2009. Un video dimostrativo sul
funzionamento di questo dispositivo è fornito nel supporto digitale di questo lavoro di
tesi.
Foto 3.L Prototipo di Power Buoy, Santogna
89
Sistemi heaving completamente sommersi
L’Archimedes Wave Swing (AWS è stato fondamentalmente sviluppato in Olanda e
comprende una parte superiore oscillante (il Floater) e una parte inferiore fissata al
fondo (il basamento)48 (Vedi Figura 3.30).
L’AWS comprende un gran cilindro riempito di aria e ancorato al fondo, a sua volta
incluso in un secondo cilindro mobile (floater). In presenza della cresta d’onda, la
pressione dell’acqua sulla cresta del floater cresce e l’aria all’interno della parte fissa
viene compressa; l’inverso avviene in presenza del cavo, con l’aria nel basamento che si
espande e il floater che si sposta verso l’alto. In pratica l’aria contenuta nel cilindro fisso
(basamento o silos) funziona come una molla. Il moto relativo tra basamento o floater
viene convertito in maniera diretta (direct drive) utilizzando un generatore elettrico
lineare a magnete permanente.
Figura 3.30 Schema AWS
90
Foto 3.N AWS, particolare basamento
Il sistema completo è stato testato in scala di prototipo al largo delle coste del
Portogallo. Dopo i primi tentativi di ancoraggio falliti nel 2001 e nel 200249, il dispositivo
è stato posto in opera nella seconda meta del 2004 e il 2 ottobre dello stesso anno inviò
per la prima volta potenza elettrica verso la terraferma divenendo il più grande WEC del
mondo con una potenza massima istantanea di 2 MW nominale (1 MW medio) (Foto
3.N).
Si noti che il moto del floater non è limitato dall’altezza d’onda ma dagli effettivi
differenziali di pressione tra aria e acqua, cosicché l’AWS può sviluppare spostamenti più
grandi dell’altezza d’onda (per onde lunghe l’amplificazione può essere fino a tre volte
l’ampiezza incidente, per onde corte il game è anche maggiore). Inoltre la risonanza del
sistema dipende dalla rigidezza di una molla attiva (l’aria intrappolata nel basamento),
piuttosto che da una molla idrodinamica passiva come nel caso dei semplici corpi
galleggianti visti nei paragrafi precedenti (la molla passiva è rappresentata dalla massa
degli elementi).
Gli AWS possono lavorare aggregati in farms (vedi Figura 3.31) .
Dalla sua base operativa nelle isole scozzesi, la società AWS Energy sta attualmente
sviluppando un unità dimostrativa della potenza nominale 250 KW. L’unita avrà un
diametro di 8m e sarà ancorato ad una profondità di 50 m attraverso un cavo in
91
tensione. La sommità del convertitore è prevista a circa 9 m al di sotto del livello medio
di bassa marea
Figura 3.31 AWS in farm
I dispositivi sommersi, non solo come gli AWS, sono meno vulnerabili alle tempeste e
non rovinano la vista dei paesaggi ma, essendo solo pochi metri sotto la superficie,
possono interferire con la navigazione.
IL portogallo fu scelto nel 1995 come sito ideale per una prova a scala di prototipo,
essendo la parte settentrionale per questo paese idonea non solo dal punto di vita della
risorsa energetica disponibile, ma anche a causa della vicinanza della linea di consta e
con la rete elettrica nazionale. Un altro aspetto ritenuto essenziale fu la vicinanza con
una serie di porti. Negli anni successivi, fu messo a punto un prototipo dalla potenza
massima di 2 MW mediante la collaborazione di diverse istituzioni di ricerca come
l’Istituto superiore tecnico e WL Delft Hydraulics, Teamwork Techonologies. Nella sua
configurazione finale, l’impianto pilota aveva un floater del diametro di 9.5 m e
un’altezza di 21 m. La figura mostra il convertitore in fase di varo presso il Porto di
Leixoes. Lo stroke di progetto (ampiezza del movimento del Floater) è pari a 7m con una
velocità nominale di 2.3 m/s. La parte mobile del dispositivo ha una massa di 400
tonnellate, mentre la massa complessiva del WEC era di 7000 tonnellate. Il volume
d’aria del dispositivo in posizione di riposo è di circa 3000 metri cubi. Quest’ultimo può
essere cambiato pompando acqua all’interno o all’esterno. Questa attività di pompaggio
(fino ad un volume massimo di 1500 metri cubi d’acqua) consente un tuning del sistema
(regolazione della risonanza) spostando la frequenza di oscillazione naturale tra 7 e 13 s.
92
Piching device
I corpi oscillanti che abbiamo appena descritto appartengono alla categoria degli
heaving system, vale a dire alla classe dei convertitori con movimento di traslazione
verticale (Figura 3.32).
Figura 3.32 Movimenti: heave,surge, pitch
Per altro, in alcuni casi i sistemi di ancoraggio consentono altri movimenti come il surge
e il pich (si veda ancora Figura 3.32).
D’altro canto vi sono corpi oscillanti in cui la conversione energetica è associata proprio
ad una rotazione relativa, tipicamente un pitch. Questo è il caso del Duke, ideato da
Stephen Salter dell’Università di Edimburgo. Questo WEC è probabilmente il dispositivo
offshore più famoso tra quelli proposti negli anni 70 e nei primi anni 80.
In realtà esistono molte versioni del Duck. Si può affermare che questo dispositivo ricade
nella categoria di convertitori chiamati Terminetors; questi ultimi sono disposti in linea
parallelamente al fronte d’onda e, come si suole dire in molti riferimenti della
letteratura specializzata, essi distruggono le onde che affrontano, lasciando mare calmo
dietro di sé. Il singolo dispositivo ha la forma della testa d’anatra, ed con un interazione
con il moto ondoso si determina un’oscillazione in grado di catturare, in via teorica il
90% dell’energia moto ondoso incidente. In pratica il movimento fa muovere dei pistoni
93
mediante un meccanismo a pendolo; i pistoni pressurizzano dell’olio che aziona un
motore idraulico generando elettricità. Il supporto digitale al lavoro di tesi include alcuni
video sul funzionamento di questi dispositivi, tra cui alcune riprese del novembre del ‘75
dello stesso Salter.
Figura 3.33 Schema del Solo Duke
Lo stesso ricercatore sviluppo più tardi il cosi detto Solo Duke, nel quale le oscillazioni
del dispositivo si sviluppano rispetto un giroscopio (Figura 3.33). Paradossalmente il
Duck è tra i più studiati dispositivi di conversione pur non avendo mai raggiunto le
dimensioni prototipali. Nella grande varietà di dispositivi proposti tra gli anni ‘70 e ‘80
che come il Duck non hanno mai raggiunto lo stadio prototipale, merita di essere
mansionato il cosiddetto Raft inventato da Sir. Cristopher Cockerell, il quale inventò il
famoso hovercraft. Si tratta in pratica di una serie di zattera collegati per mezzo di
cerniere e disposti parallelamente al fronte d’onda. Il sistema PTO, probabilmente di
tipo idraulico era posizionato all’interno delle cerniere.
Il Cockerell Raft, potrebbe essere riguardato come un predecessore del Pelemis o anche
del McCabe Wave Pump.
94
Il Pelamis (Foto 3.M e 3.N), sviluppato nel Regno Unito è una struttura articolata (snake-
like), ancorata con un cavo non in tensione (slack moored); il WEC è composto di 4
sezioni cilindriche collegate mediante cerniere e si dispone lungo la direzione di
propagazione del moto ondoso.
Foto 3.M Pelamis
Le oscillazioni delle cerniere, che possono avvenire lungo due assi rispettivamente
orizzontale e verticale (Figura3.34) determinano l’attivarsi di martinetti idraulici che
pompano olio ad alta pressione. Il fluido a sua volta aziona 3 generatori elettrici; degli
accumulatori di gas permettono una qualche capacità di regolazione del flusso di
energia50.
95
Foto 3.N Pelamis
Figura 3.34 Schema del moto del Pelamis
Così come gli altri dispositivi che hanno raggiunto lo stadio prototipale, il Pelamis è stato
oggetto di un dettagliato programma di sviluppo durato diversi anni. Esso ha compreso
96
fasi di modellazione teorica e numerica oltre a sperimentazione di tipo fisico a diverse
scale. Un primo prototipo fu varato nel 2004 in Scozia; esso era lungo 120 m con un
diametro di 3.3 m, ed una potenza istallata di 750 KW. Più di recente, nel 2008, un
insieme di 3 Pelamis sono stati impiantati lungo le coste settentrionali del Portogallo, in
località Aguacadura, vicino Porto. Ciascun dispositivo ha una lunghezza di 142 m ed il
diametro degli elementi è di 3.5 m, per un peso complessivo di 700 tonnellate. Ciascun
WEC ha una potenza istallata di 750 KW, con un rendimento atteso compreso tra 0.25 e
0.4. L’elettricità generata dai tre Pelamis è portata, attraverso cavi sottomarini, ad una
stazione di terraferma ad Aguacadura per poi poter essere immessa alla rete nazionale
portoghese.
Sulla base delle analisi precedenti, possiamo sviluppare il seguente calcolo di massima.
La potenza complessivamente istallata nella farm, è pari a:
Immaginando un rendimento medio di 0.325 si ha una potenza media attesa di 0.731
MW. Ciò significa che l’impianto formerà alla rete circa:
6406 MWh/anno, ovvero 6,406 GWh/anno.
Questo quantitativo d’energia è in grado di soddisfare la domanda di:
abitazioni.
Supponendo che ogni abitazione sia costituita da 4 persone, soddisferà il fabbisogno di
circa 5860 persone.
Allegati alla tesi ci sono diversi filmati illustrativi del funzionamento di questo
dispositivo.
Il McCabe Wave Pump (Figura 3.35) ha delle similitudini concettuali con il Cockerell Raft
e con il Pelamis. Si tratta di 3 puntoni rettangolari in acciaio incernierati l’un l’altro, con il
moto di heaving del pontone centrale smorzato da una piastra sommersa. Lo
smorzamento dell’oscillazione del pontone centrale determina un moto rotazionale
relativo tra i pontoni che viene convertito mediante un insieme di martinetti idraulici ed
un PTO anche esso di natura idraulica51. Nel 1996 un prototipo lungo 40m è stato
97
disposto al largo di Kilbaha nella contea di Clare in Irlanda. (Si veda supporto allegato per
il video dimostrativo).
Figura 3.35 Schema del McCabe Wave Pump
Un dispositivo largamente studiato tra i point adsorber è il Frog, di cui diverse versioni
sono state sviluppate alla Lancaster University del Regno Unito. La PS Frog MK5
comprende una grande pala galleggiante con una cerniera zavorrata al di sotto di essa52
(Figura 3.36). Quando le onde agiscono sul galleggiante, la zavorra funziona da molla
resistente e l’energia elettrica viene convertita mediante lo slittamento di una massa
mediante opportune guide al di sopra del livello medio mare.
Figura 3.36 Frog
98
Il Searev sviluppato alle Ecole Centrale de Nantes, Francia è un dispositivo flottante che
racchiude una grande e pesante ruota ad asse di rotazione orizzontale che funziona
come un riferimento inerziale interno53 (Figura 3.37). Quando le forze di eccitazione
ondosa spostano il baricentro della ruota, essa funziona come un pendolo ed il
movimento rotazionale di questa ruota pendolare rispetto all’elemento galleggiante
attiva un PTO di tipo idraulico che a sua volte muove un generatore elettrico. Tra i
vantaggi di questo dispositivo vi è il fatto che (come nel caso del Frog) tutte le parti
mobili (meccaniche, idrauliche ed elettriche) sono riparate dal moto ondoso all’interno
di una camera chiusa. Ed inoltre la ruota che lavora come pendolo non ha bisogno di
organi limitatori della corsa.
Figura 3.37 Movimenti pendolari del Searev
La società spagnola Oceantec sta sviluppando un altro dispositivo offshore galleggiante
che estrae l’energia essenzialmente da un alto movimento di pitch. Questo dispositivo
ha la forma di un cilindro orizzontale allungato con sezioni terminali ellissoidali, il cui
asse maggiore è orientato secondo la direzione di propagazione del moto ondoso. Il
processo di conversione energetica è basato sul moto inerziale relativo che le onde
generano in un sistema giroscopico54. Un modello in scala 1:4 della lunghezza di 11,25m
è stato disposto al largo delle coste di Guipùzcoa nel nord della Spagna nel Settembre
2008. Il WEC è stato testato per diversi mesi.
99
Sistemi incernierati al fondo
Dispositivi a singolo corpo oscillante che operano secondo movimenti di pitch sono stati
sviluppati sull’idea del pendolo inverso incernierato al fondo marino. Il Mace, inventato
da Stephen Salter, consiste in un galleggiante a simmetria verticale che può oscillare
intorno ad una cerniera disposta sul fondo55 (Figura 3.38).
Figura 3.38 Movimenti rotazionali del Mace
A funzionare da molla per la conversione dell’energia ondosa è un insieme di cavi
avvolti a più strati intorno ad una carrucola che fa muovere il dispositivo avanti e
indietro nella direzione prevalente del moto ondoso. Sulla base di questo concetto due
ulteriori dispositivi sono in via di sviluppo. Questi WEC condividono lo stesso concetto di
base: un corpo galleggiante incernierato al fondo viene attivato dal moto ondoso
secondo un movimento di pitch. Queste oscillazioni attivano dei martinetti idraulici
situati sul fondo marino, i quali pompano fluidi ad alta pressione verso la terraferma per
mezzo di tubazioni sottomarine. Il moto del fluido viene convertito in energia elettrica
per mezzo di circuiti elettrici tradizionali. Entrambi i dispositivi sono stati ideati per
acque relativamente basse tra i 10 e i 15 m. Nel tipo OYSTER (il più grande dei due,
attualmente in fase di sviluppo nel Regno Unito) vi è un elemento incernierato al fondo
che si estende al di sopra del livello medio mare (Figura 3.39 e 3.40).
100
Figura 3.39 WaveRoller Plant
La pala ruotante occupa l’intero fondale ed il fluido pompato verso riva è l’acqua stessa
del mare, la quale azione poi una turbina Pelton situata sulla terraferma. Allegato al
lavoro di tesi vi è un video che spiega efficacemente il funzionamento di questo
dispositivo.
Figura 3.40 WaveRoller Plant, visione tridimensionale
D’altro canto il WaveRoller di fabbricazione finlandese è totalmente sommerso ed usa
olio come fluido intermedio56. In pratica si tratta di una piastra ancorata al fondo del
mare; il moto delle onde determina l’oscillazione della piastra intorno alla sua cerniera e
l’energia cinetica prodotta muove una pompa a pistone, questa energia può essere
convertita in elettricità per mezzo di un sistema chiuso in combinazione con un sistema
idraulico-motore generatore. WaveRoller è un elemento modulare, il che significa che la
101
capacità complessiva di un impianto si determina da un numero più o meno alto di
connessioni a formare un WaveRoller plant. Ogni modulo comprende 3-5 elementi che
alimentano un generatore comune. Allegato al lavoro di tesi vi è un video sul
funzionamento di questo sistema. Diversi elementi ruotanti possono alimentare un
singolo generatore onshore, un prototipo WaveRoller alto 3.5 m e largo 4.5 è stato
disposto e testato vicino alla costa Portoghese in località Peniche. D’altro canto un
grande prototipo di OYSTER è stato costruito in Scozia e la sua prova era previsto nel
2009.
Sistemi multi componenti
In alcuni casi il convertitore consiste in un grande insieme di “points adsorbers”
galleggianti, che oscillano rispetto ad un unico sistema di riferimento, condividendo un
unico PTO. Questo è il caso di FO3, un progetto prevalentemente norvegese, il quale è
un sistema nearshore o offshore che è formato da un insieme di 21 boe a simmetria
assiale, dette eggs, cioè uova57. Le eggs oscillano secondo un movimento heave rispetto
ad un'unica struttura galleggiante a pianta quadrata che ha una frequenza di risonanza
molto bassa e ospita un unico PTO.
Il Wave Star, sviluppato in Danimarca comprende 2 insiemi di corpi galleggianti poco
distanziati gli uni dagli altri e disposti su due file ai lati di una struttura in acciaio che è
fissa sul fondo. L’elemento fisso è disposto lungo la direzione di propagazione
dominante del moto ondoso e ospita un PTO di tipo idraulico che consiste in tubazione
idrauliche per olio ad alta pressione e in motori elettrici per la generazione di energia. Le
onde mettono in moto le boe rispetto l’elemento fisso facendo in modo di pompare
l’olio nel circuito idraulico. Un modello in scala 1 :10 lungo 24 m, comprendente 10 boe
per lato per una potenza di 5.5 KW è stato varato nel 2006 a Nissum Bredning
(Danimarca); il dispositivo è stato testato per un paio di anni.
Il cosiddetto Brazilian hyperbaric device è basato su un concetto analogo, ma la
differenza principale risiede nel fatto che la struttura fissa è un cassone in calcestruzzo
armato (vertical brakwater) e le boe pompano acqua di alimentazione per una turbina
Pelton. Gli studi sperimentali su questo dispositivo sono stati affrontati in laboratorio ad
una scala 1:10.
102
3.5.3 Dispositivi a tracimazione
Una maniera differente per convertire l’energia ondosa è quella di catturare l’acqua che
si trova in prossimità della cresta per indirizzarla, mediante tracimazione, in serbatoio
nel quale essa è accumulata fino ad un livello più alto rispetto al livello medio del mare
intorno al WEC. L’energia potenziale dell’acqua accumulata viene convertita in energia
elettrica attraverso turbine più o meno convenzionali per le attività idroelettirche.
La dinamica dei dispositivi a tracimazione è fortemente non lineare e non può essere
affrontata con la teroria delle onde di piccola altezza, diversamente per quanto accade
per i corpi oscillanti.
Il TAPCHAN (Tapered Channel Wave Power Device) è stato sviluppato in Norvegia negli
anni ’80, ed un prototipo della potenza nominale di 350 KW è stato costruito a
Toftestallen, Norvegia, nel 1985;esso ha fornito elettricità alla rete norvegese sino ai
primi anni ’90, quando lavori di modifica del dispositivo hanno provocato il crollo del
canale di adduzione58. Uno schema del TAPCHAN è mostrato nelle Figura 3.41 e 3.42 .
Figura 3.41 Schema del Tapchan
103
Figura 3.42 Schema del Tapchan
Il collettore horn-shaped (letteralmente “a forma di tromba”) è progettato per
raccogliere l’energia ondosa da onde di diverso periodo e direzione. Esso conduce in un
canale a sezione progressivamente ristretta, detto appunto il tapered channel. Le onde
provenienti dal collettore entrano nella sezione più grande del canale e si propagano
nelle sezioni più strette, incrementando la propria altezza. In effetti dall’idraulica
marittima sappiamo che la quantità di energia meccanica contenuta in un
parallelepipedo di sezione orizzontale unitaria e che si estende dalla superficie al fondo
è pari a:
(3.28)
per cui è evidente che una riduzione della sezione orizzontale di questo parallelepipedo
comporterà un incremento d’altezza d’onda, che è proprio quella sfruttata nel sistema
che stiamo discutendo. Per effetto dell’incremento di altezza, l’acqua sfiora dalle pareti
del canale nel serbatoio in modo tale che gran parte dell’energia ondosa si trasformi in
energia potenziale dell’acqua. L’energia elettrica è poi generata a mezzo di una turbina a
basso carico, progettata per funzionare con acqua di mare.
Nel prototipo di Toftestallen (Figura 3.43) il collettore è stato ricavato in una parete
rocciosa ed era largo circa 60 m nella sezione più esterna.
104
Figura 3.43 Prototipo Tapchan, Toftestallen
L’altezza delle pareti del tapared channel era circa +3 m sul livello medio mare, pari al
livello della superficie idrica nel serbatoio. La funzione di quest’ultimo era quella di
fornire una portata approssimativamente costante alle turbine e deve essere
abbastanza grande da limitare le fluttuazioni di livello indotte dalla variabilità del moto
ondoso. Nel prototipo norvegese la superficie della vasca era di 8500 e la
conversione era affidata ad una normale turbina Kaplan di tipo assiale, la cui principale
particolarità era quella di resistere alla corrosione.
Alla categoria dei convertitori a tracimazione appartiene anche il Wave Dragon, un
dispositivo galleggiante (slack moored) off-shore di produzione danese. Il dispositivo può
essere disposto in una singola unità o in gruppi, in grado di fornire una potenza effettiva
comparabile con quella degli impianti a combustibile fossile tradizionalmente adoperati.
L’idea di base del Wave Dragon è quella di riportare in un dispositivo galleggiante i ben
noti principi della conversione idroelettrica e si può affermare che esso rappresenti una
sorta di Tapchan artificiale. Il suo funzionamento è abbastanza semplice (Figura 3.44); le
onde sono lasciate sfiorare in un serbatoio al di sopra del livello medio mare, a partire
dal quale l’acqua refluisce in un insieme di turbine a bassa prevalenza59.
collettore
tapered channel
bacino
105
Figura 3.44 Schema del Wave Dragon
Per migliorare le prestazioni in termini di tracimazione, l’impianto comprende due
reflectors che hanno il compito di concentrare l’energia ondosa verso una rampa a
doppia curvatura che indirizza l’acqua nel serbatoio (Figura 3.45). Allegato al lavoro di
tesi vi è un video che mostra il funzionamento di questo WEC.
Figura 3.45 Pianta e visione 3D di un Wave Dragon
106
Un prototipo di 57 m di larghezza e 780 tonnellate di peso (inclusa la zavorra di
ancoraggio) è stato varato a Nissum Breding (Danimarca) e connesso alla rete nel
maggio del 2003. Esso rappresenta un modello in scala 1/4.5 rispetto alla capacità
produttive del nord Europa ed è equipaggiato con 7 turbine ciascuna delle quali ha una
potenza nominale di 20 kW. Il serbatoio ha una capacità di 55 metri cubi (Foto 3.O).
Foto 3.O Prototipo Wave Dragon, Danimarca
Si pensa che in scala reale una singola unità possa raggiungere i 157 metri di larghezza e
i 4 MW di potenza nominale, mediante 16 turbine da 250 KW.
Un ulteriore dispositivo a tracimazione è il cosiddetto Seawave Slot-cone Generetor
(SSG, Figura 3.46).
Figura 3.46 Schema dell’SSG
107
Si tratta di una parete inclinata in calcestruzzo armato con un numero di serbatoi,
tipicamente 3, in grado di incamerare il flusso di massa del moto ondoso che risale sul
paramento60.
Poiché i serbatoi di trovano a livello superiore rispetto al livello medio mare, l’acqua nel
suo flusso di ritorno attraversa una turbina generando elettricità. Il dispositivo è stato
brevettato dalla società norvegese Wave Energy AS nel 2003 e numerosi studi pubblicati
in letteratura suggeriscono che la presenza di diversi serbatoi conduce ad un’efficienza
globalmente superiore rispetto agli impianti con un’unica capacità. Per questo motivo
Wave Energy sta attualmente sviluppando l’idea della Multi Stage Turbine (Figura 3.47).
Figura 3.47 Turbina Multi-stage
Uno dei possibili vantaggi di questo dispositivo è quello di poter essere facilmente
integrato in infrastrutture portuali in maniera di poter essere fonte di compensazione
ambientale. In alternativa, questo WEC può essere adoperato in corrispondenza di
scarpate marine o comunque in presenza di fondali molto ripidi, in maniera tale che la
topografia stessa del fondo esalti il fenomeno di Run-up (Figura 3.48).
108
Figura 3.48 Batimetria riprodotta per un modellino scala
Nella prima metà degli anni 2000,Wave Energy AS è stata in grado di raccogliere 4
milioni di euro di finanziamento da investitori privati* più un milione di contributo
pubblico da parte dell’Unione Europea al fine di costruire un prototipo di questo
dispositivo e precisamente di uno shoreline device. La collocazione scelta per l’impianto
pilota è la parte occidentale dell’isola di Kvitsøy, nel fiordo di Bokna (Figura 3.49). L’isola
con i suoi 520 abitanti è una delle 10000 isole europee in cui l’energia dell’onda può
essere sviluppata con costi tali da essere una valida alternativa ai generatori diesel
esistenti. Secondo stime preliminari condotte dalla WAVEnergy AS, uno shoreline device
con una lunghezza di 500m sarebbe in grado di produrre 10-20 GWh all’anno ad un
costo di 0.12 Euro per kWh; tale prezzo risulta già assolutamente competitivo rispetto a
quelli attuali sull’isola.
* In realtà vi è stato un unico contributo. Si tratta del padre di Monika Bakke, inventore di una
pericolosissima trivella dotata di elemento di suzione per l’estrazione di petrolio da giacimenti offshore. Si noti che Monika Bakke è l’amministratore delegato di Wave Energy AS, e dunque il finanziamento può considerarsi ai limiti dell’elusione fiscale
109
Figura 3.49 Stavanger, Norvegia
Foto 3.P Ipotetica sistemazione di un SSG a Svåheia, Norvegia
110
Sfortunatamente il prototipo non è stato realizzato a causa del ritrovamento di alcuni
monconi di legname tarlato sul fondo marino, che il governo norvegese asserì
appartenere ad un’antica imbarcazione vichinga. Tuttavia è stata immediatamente
avviata la ricerca di nuovi siti per l’istallazione come quello di Svåheia (Norvegia, Foto
3.P e Figura 3.50, al cui testing preliminare ha partecipato anche la facoltà di ingegneria
dell’Università di Napoli Federico II), Port of Hanstholm (Danimarca) e Port of Garibaldi
(Oregon State, USA). Sfortunatamente nessuno di questi progetti è stato ad oggi
finanziato, tanto che Wave Energy AS versa tutt’ora nella più cupa indigenza, prossima al
fallimento.
Figura 3.50 Stavanger, Norvegia
Figura 3.51 Schema SSG
111
Allegato al lavoro di tesi si riportano 2 video esplicativi del suddetto WEC.
112
4 Sommario e considerazioni conclusive
Il lavoro di tesi, di tipo essenzialmente bibliografico, ha fornito uno stato dell’arte sulle
tecnologie di conversione dell’energia ondosa in elettricità. Come si è detto nel corso del
Capitolo 3, i meccanismi di conversione sono sostanzialmente 3:
- L’Oscillating Water Culumn (OWC) che sfrutta la compressione e la
decompressione di una massa d’aria compresa tra il convertitore e la superficie
del mare;
- I corpi oscillanti consistenti in boe, eventualmente aggregate in farm, connesse
ad un sistema di riferimento fisso o di diversa massa contenete il generatore
- I dispositivi a tracimazione che catturano la massa idrica compresa tra la cresta e
il cavo dell’onda adoperando un meccanismo di conversione simile
all’idroelettrico tradizionale.
Ciascuno dei WEC (Wave Energy Converters) può essere poi disposto in differenti punti
dell’ambiente marino: al largo, dove si dispone della massima risorsa (ma con
significative difficoltà di trasporto e manutenzione), in acque intermedie o in prossimità
della costa, dove ad una più agevole gestione della risorsa corrisponde una minore
disponibilità, causata dalle dissipazioni per frangimento.
L’analisi generale ha soprattutto evidenziato la disponibilità allo stato attuale di
numerosissime tecnologie di conversione. Questo fattore appare una peculiarità della
Wave Energy che non si riscontra ad esempio nel campo dell’eolico. Questo aspetto, se
da un lato è il risultato di un intenso lavoro di ricerca, dall’altro lascia la concreta
speranza di una possibile ottimizzazione delle metodologie di estrazione, con l’obiettivo
di rendere competitivo sul mercato il prezzo dell’energia prodotta.
Il grande spettro di soluzioni garantisce infine una certa flessibilità nell’applicazione ai
diversi sistemi territoriali. A questo proposito di particolare interesse appare
l’integrazione dei sistemi di conversione nelle opere di difesa portuale, nell’ottica di una
strategia di compensazione dell’impatto ambientale dell’opera.
Nel Capitolo 2 del lavoro si è poi affrontato il problema della disponibilità della risorsa
energetica soprattutto nel contesto europeo e italiano.
113
E’ stato riscontrato che la fascia costiera atlantica dell’Europa possiede delle potenzialità
ragguardevoli, con punte di 70 KW per metro di costa in Gran Bretagna, Irlanda e
Norvegia.
L’Italia, come tutti i paesi mediterranei, possiede in generale un basso potenziale
produttivo, nell’ordine dei 2-5 KW per metro di costa, sebbene il perimetro della
penisola bagnato dal mare ammonti a circa 7500 km. Tuttavia, esiste nella zona
occidentale della Sardegna, in località Alghero, una condizione metereologica
particolarmente favorevole in cui l’energia prodotta può giungere fino a 10 KW/m.
Un’applicazione in scala reale in questo sito potrebbe risultare particolarmente
interessante, visto che in Sardegna il costo dell’energia elettrica è assolutamente alto,
pari circa a tre volte quello della media europea.
In considerazione della flessibilità delle tecnologie e delle peculiarità dei diversi territori
si ritiene che la Wave Energy, sebbene non risolutiva, sia un’opzione da non trascurare
mai nella strategia energetica dei paesi che affacciano sul mare.
114
APPENDICE I Lista di stati per estensione costiera
Questa è una lista di stati per lunghezza di coste, in chilometri, basata sui dati del 2008 del CIA World Factbook. Uno sviluppo costiero pari a zero è quello dei paesi senza sbocchi sul mare.
Pos. Paese Superficie
[1]
(km²)
Coste[2]
(km)
Rapporto
Coste/Area
(m/km²)
1 Canada 9.093.507 202.080 22,222
2 Indonesia 1.826.440 54.716 29,958
3 Groenlandia 2.166.086 44.087 20,353
4 Russia 16.995.800 37.653 2,215
5 Filippine 298.170 36.289 121,706
6 Giappone 374.744 29.751 79,390
7 Australia 7.617.930 25.760 3,381
8 Norvegia
307.442 25.148[3]
81,798
9 Stati Uniti d'America 9.161.923 19.924 2,175
10 Nuova Zelanda 268.021 15.134 56,466
11 Cina 9.326.410 14.500 1,555
12 Grecia 130.800 13.676 104,557
13 Regno Unito 241.590 12.429 51,447
14 Messico 1.923.040 9.330 4,852
15 Italia 294.020 7.600 25,849
16 Brasile
8.456.510 7.491 0,886
17 Danimarca
42.394 7.314 172,254
18 Turchia 770.760 7.200 9,341
19 India 2.973.190 7.000 2,354
115
20 Cile 748.800 6.435 8,594
21 Micronesia 702 6.112 8.706,553
22 Croazia 56.414 5.835[4]
103,432
23 Isole Salomone 27.540 5.313 192,919
24 Papua Nuova Guinea
452.860 5.152 11,377
25 Argentina 2.736.690 4.989 1,823
26 Islanda
100.250 4.988 49,756
27 Spagna 499.542 4.964 9,937
28 Madagascar 581.540 4.828 8,302
29 Malesia 328.550 4.675 14,229
30 Estonia 43.211 3.794 87,802
31 Cuba 110.860 3.735 33,691
32 Svalbard e Jan Mayen
61.020 3.587 58,784
33 Bahamas 10.070 3.542 351,738
34 Vietnam 325.360 3.444
[5] 10,585
35 Francia 545.630 3.427
[6] 6,281
36 Thailandia 511.770 3.219 6,290
37 Svezia 410.934 3.218 7,831
38 Colombia 1.038.700 3.208 3,088
39 Somalia 627.337 3.025 4,822
40 Venezuela 882.050 2.800 3,174
41 Sudafrica 1.219.912 2.798 2,294
42 Ucraina 603.700 2.782 4,608
43 Arabia Saudita 2.149.690 2.640 1,228
44 Vanuatu 12.200 2.528 207,213
116
45 Polinesia francese 3.660 2.525 689,891
46 Corea del Nord 120.410 2.495 20,721
47 Panamá 75.990 2.490 32,767
48 Mozambico 784.090 2.470 3,150
49 Egitto 995.450 2.450 2,461
50 Iran 1.636.000 2.440[7]
1,491
51 Perù 1.280.000 2.414 1,886
52 Corea del Sud 98.190 2.413 24,575
53 Germania 349.223 2.389 6,841
54 Nuova Caledonia 18.575 2.254 121,346
55 Ecuador 276.840 2.237 8,080
56 Eritrea 121.320 2.234[4]
18,414
57 Oman 212.460 2.092 9,847
58 Birmania 657.740 1.930 2,934
59 Yemen 527.970 1.906 3,610
60 Marocco 446.300 1.835 4,112
61 Portogallo 91.951 1.793 19,500
62 Haiti 27.560 1.771 64,260
63 Libia 1.759.540 1.770 1,006
64 Angola 1.246.700 1.600 1,283
65 Namibia 825.418 1.572 1,904
66 Taiwan 32.260 1.566 48,543
67 Palau 458 1.519 3.316,594
68 Isole Marianne
Settentrionali
477 1.482 3.106,918
69 Irlanda 68.890 1.448 21,019
117
70 Tanzania 886.037 1.424 1,607
71 Sri Lanka 64.740 1.340 20,698
72 Emirati Arabi Uniti 83.600 1.318 15,766
73 Costa Rica 50.660 1.290 25,464
74 Repubblica Dominicana 48.380 1.288 26,623
75 Isole Falkland 12.173 1.288 105,808
76 Finlandia 304.473 1.250 4,105
77 Tunisia 155.360 1.148 7,389
78 Kiribati 811 1.143 1.409,371
79 Figi 18.270 1.129 61,795
80 Isole Fær Øer
1.399 1.117 798,427
81 Sahara Occidentale 266.000 1.110 4,173
82 Pakistan 778.720 1.046 1,343
83 Giamaica 10.831 1.022 94,359
84 Algeria 2.381.740 998 0,419
85 Capo Verde 4.033 965 239,276
86 Nicaragua 120.254 910 7,567
87 Gabon
257.667 885 3,435
88 Nigeria 910.768 853 0,937
89 Sudan 2.505.810 853 0,340
90 Honduras 111.890 820 7,329
91 Mauritania 1.030.400 754 0,732
92 Hong Kong 1.042 733 703,455
93 Timor Est 15.007 706 47,045
94 Uruguay 173.620 660 3,801
95 Cipro 9.240 648 70,130
118
96 Maldive 300 644 2.146,667
97 Bangladesh 133.910 580 4,331
98 Liberia 96.320 579 6,011
99 Qatar 11.437 563 49,226
100 Ghana 230.940 539 2,334
101 Kenya 569.250 536 0,942
102 Lettonia 63.589 531 8,351
103 Senegal 192.000 531 2,766
104 Costa d'Avorio 318.000 515 1,619
105 Porto Rico 8.870 501 56,483
106 Kuwait 17.820 499 28,002
107 Polonia 304.459 491 1,613
108 Seychelles 455 491 1.079,121
109 Guyana 196.850 459 2,332
110 Paesi Bassi 33.883 451 13,311
111 Cambogia 176.520 443 2,510
112 Tonga 718 419 583,565
113 Samoa 2.934 403 137,355
114 Camerun 469.440 402 0,856
115 Sierra Leone 71.620 402 5,613
116 Guatemala 108.430 400 3,689
117 Turks e Caicos 430 389 904,651
118 Belize 22.806 386 16,925
119 Suriname 161.470 386 2,391
120 Guyana Francese 90.000 378 4,200
121 Isole Marshall 181 370 2.044,199
119
122 Antille Olandesi 960 364 379,167
123 Trinidad e Tobago 5.128 362 70,593
124 Albania 27.398 362 13,213
125 Bulgaria 110.550 354 3,202
126 Guinea-Bissau 28.000 350 12,500
127 Martinica 1.102 350 317,604
128 Comore[8]
2.170 340 156,682
129 Guinea 245.857 320 1,302
130 Gibuti 22.980 314 13,664
131 Georgia 69.700 310 4,448
132 El Salvador 20.720 307 14,817
133 Guadalupa 1.628 306 187,961
134 Guinea Equatoriale 28.051 296 10,552
135 Israele
22,072 273 12,369
136 Libano 10.230 225 21,994
137 Romania 230.340 225 0,977
138 São Tomé e Príncipe 1.001 209 208,791
139 Riunione 2.510 207 82,470
140 Montenegro 13.812 199 14,408
141 Malta 316 197
[9] 623,418
142 Siria 184.050 196 1,065
143 Singapore 683 196 286,969
144 Isole Vergini americane 346 188 543,353
145 Mayotte 374 185 494,652
146 Mauritius 2.030 177 87,192
120
147 Repubblica del Congo 341.500 169 0,495
148 Bahrain 665 161 242,105
149 Brunei 5.270 161 30,550
150 Isola di Man 572 160 279,720
Note
1. ^ CIA World Factbook: Area 2. ^ CIA World Factbook: Coastline 3. ^ Include i fiordi principali. esclude le isole costiere. 4. ^
a b Incluse le coste delle isole minori.
5. ^ Escluse le isole minori. 6. ^ Solo Francia continentale 7. ^ L'Iran ha altri 740 km di costa lungo il Mar Caspio, che non ha sbocchi. 8. ^ Inclusa Mayotte, amministrata dalla Francia. 9. ^ Esclusa l'isola di Gozo, che ha un'estensione di coste di 56 km. 10. ^ Esclude Tristan da Cunha e Isola Ascenzione 11. ^ Il Kazakhstan ha anche coste sui mari di Aral e Caspio, entrambi bloccati, per un totale di 2.964
km. 12. ^ Il Turkmenistan ha 1768 km di costa lungo il Mar Caspio, che non ha sbocchi. 13. ^ L'Azerbaijan ha 713 km di costa lungo il Mar Caspio, che non ha sbocchi. 14. ^ L'Uzbekistan ha 420 km di costa lungo il Mare di Aral, che non ha sbocchi.
121
APPENDICE II Il fabbisogno di energia elettrica
Il fabbisogno mondiale di energia elettrica si attesta attorno ai 17,109 TWh annui. Nella
Tabella A successiva sono disposti in maniera decrescente i consumi delle varie nazioni.
Pos
Paese Consumo
elettrico
(GWh/anno)
Anno Fonte Popolazio. Anno Potenza media
pro capite
(W/abitante)
— Mondo 17,109,665 2007 EIA 6,464,750,000 2005 297
1 Cina 4,190,000 2010 Bloom 1,315,844,000 2009 364
2 Usa 3,741,485 2009 EIA 310,880,317 2011 1,46
— Unione
Europea
2,950,297 2007 EIA 459,387,000 2005 700
3 Giappone 963,852 2008 EIA 128,085,000 2005 868
4 Russia 857,617 2008 EIA 141,927,297 2010 785
5 India 600,649 2008 EIA 1,103,371,000 2005 50.5
6 Brasile 600,029 2009 EIA 186,405,000 2005 226
7 Canada 549,476 2008 EIA 32,268,000 2005 1,91
8 Germania 544,467 2008 EIA 82,329,758 2009 822.22
9 Francia 460,944 2008 EIA 60,496,000 2005 851
10 Corea del Sud 386,169 2007 EIA 47,817,000 2005 879
11 Regno Unito 344,669 2008 EIA 59,668,000 2005 667
12 Italia 307,100 2005 CIA 58,093,000 2005 603
13 Spagna 243,000 2005 CIA 43,064,000 2005 644
14 Sud Africa 241,400 2007 CIA 47,432,000 2005 581
15 Taiwan 221,000 2006 CIA 22,894,384 2005 1,101
16 Australia 219,800 2005 CIA 20,155,000 2005 1,244
17 Messico 183,300 2005 CIA 107,029,000 2005 195
18 Ucraina 181,900 2006 CIA 46,481,000 2005 446
19 Sud Africa 146,900 2005 CIA 24,573,000 2005 682
20 Iran 136,200 2005 CIA 69,515,000 2005 224
21 Svezia 134,100 2005 CIA 9,041,000 2005 1,692
122
22 Turchia 129,000 2005 CIA 73,193,000 2005 201
23 Polania 120,400 2005 CIA 38,530,000 2005 356
24 Tailandia 117,700 2005 CIA 64,233,000 2005 209
25 Norvegia 113,900 2005 CIA 4,620,000 2005 2,812
26 Olanda 108,200 2005 CIA 16,299,000 2005 757
27 Indonesia 108,000 2006 CIA
Est.
222,781,000 2005 55.3
28 Argentina 88,980 2005 CIA 38,747,000 2005 262
29 Finlandia 88,270 2007 CIA
Est.
5,249,000 2005 1,918
30 Egitto 84,490 2005 CIA 74,033,000 2005 130
31 Belgio 82,990 2005 CIA 10,419,000 2005 909
32 Malesia 78,720 2005 CIA 25,347,000 2005 354
33 Kazakhstan 76,430 2007 CIA 14,825,000 2005 588
34 Venezuela 73,360 2005 CIA 26,749,000 2005 313
35 Pakistan 67,060 2005 CIA 157,935,000 2005 48.4
36 Austria 60,250 2005 CIA
Est.
8,189,000 2005 839
37 Repubblica
Ceca
59,720 2005 CIA 10,220,000 2005 667
38 Romania 58,490 2007 CIA 21,711,000 2005 307
39 Svizzera 58,260 2005 CIA 7,252,000 2005 916
40 Grecia 54,310 2005 CIA 11,120,000 2005 557
41 Arabia
Saudita
52,620 2005 CIA 4,496,000 2005 1,335
42 Vietnam 51,350 2007 CIA 84,238,000 2005 69.5
43 Portogallo 48,550 2006 CIA 10,495,000 2005 528
44 Cina 48,310 2005 CIA 16,295,000 2005 338
45 Uzbekistan 47,000 2006 CIA
Est.
26,593,000 2005 202
46 Filippine 46,860 2005 CIA 83,054,000 2005 64.4
47 Israele 43,280 2005 CIA 6,725,000 2005 734
— Hong Kong 40,300 2006 CIA 7,041,000 2005 653
48 Colombia 38,910 2005 CIA 45,600,000 2005 97.3
49 Nuova
Zelanda
38,271 2009 MED 4,347,000 2009[7
]
1,004
123
50 Bulgaria 37,400 2006 CIA 7,726,000 2005 552
51 Kuwait 36,280 2005 CIA 2,687,000 2005 1,54
52 Ungheria 35,980 2005 CIA 10,098,000 2005 406
53 Singapore 35,920 2006 CIA 4,326,000 2005 947
54 Iraq 35,840 2007 CIA
Est.
28,807,000 2005 142
55 Danimarca 34,020 2005 CIA 5,431,000 2005 715
56 Siria 34,000 2007 CIA
Est.
19,043,000 2005 204
57 Serbia 33,050 2004 CIA 9,778,991 2004 386
58 Bulgaria 29,490 2005 CIA 9,755,000 2005 345
59 Algeria 27,520 2005 CIA
Est.
32,854,000 2005 95.6
60 Azerbaijan 27,500 2007 CIA
Est.
8,411,000 2005 373
61 Slovacchia 24,930 2005 CIA 5,401,000 2005 527
62 Irlanda 24,090 2005 CIA 4,148,000 2005 663
— Porto
Rico (US)
23,210 2005 CIA 4,000,000 2005 669
63 Peru 22,590 2005 CIA 27,968,000 2005 92.1
64 Marocco 20,670 2005 CIA 31,478,000 2005 74.9
65 Bangladesh 19,490 2005 CIA 141,822,000 2005 15.7
66 Korea del
Nord
18,570 2005 CIA 22,488,000 2005 94.2
67 Libia 18,180 2005 CIA 5,853,000 2005 354
68 Tajikistan 17,900 2007 CIA 6,507,000 2005 314
69 Nigeria 16,880 2005 CIA 131,530,000 2005 14.6
70 Croazia 14,970 2005 CIA 4,551,000 2005 375
71 Cuba 13,870 2006 CIA 11,269,000 2005 140
72 Slovenia 13,710 2006 CIA 1,967,000 2005 795
73 Qatar 12,520 2005 CIA 813 2005 1,757
74 Zimbabwe 12,270 2005 CIA 13,010,000 2005 108
75 Tunisia 11,170 2005 CIA 10,102,000 2005 126
76 Lebanon 10,580 2005 CIA 3,577,000 2005 337
77 Lituania 9,296 2005 CIA 3,431,000 2005 309
78 Mozambico 9,127 2005 CIA 19,792,000 2005 52.6
124
79 Ecuador 8,855 2005 CIA 13,228,000 2005 76.4
80 Repubblica
Domenicana
8,791 2005 CIA 8,895,000 2005 113
81 Oman 8,661 2005 CIA 2,567,000 2005 385
82 Zambia 8,655 2005 CIA 11,668,000 2005 84.6
83 Repubblica
della
Macedonia
8,651 2007 CIA 2,034,000 2005 485
84 Bosnia 8,574 2005 CIA 3,907,000 2005 250
85 Giordania 8,490 2005 CIA 5,703,000 2005 170
86 Kyrgyzstan 8,206 2005 CIA 5,264,000 2005 178
87 Islanda 8,152 2005 CIA 295 2005 3,152
88 Georgia 8,146 2007 CIA 4,474,000 2005 208
89 Costa Rica 7,776 2005 CIA 4,327,000 2005 205
90 Bahrain 7,614 2005 CIA 727 2005 1,195
91 Turkmenista
n
7,602 2005 CIA
Est.
4,833,000 2005 179
92 Trinidad and
Tobago
7,083 2007 CIA 1,305,000 2005 619
93 Sri Lanka 7,072 2005 CIA 20,743,000 2005 38.9
94 Uruguay 7,030 2007 CIA 3,463,000 2005 232
95 Ghana 6,906 2007 CIA
Est.
22,113,000 2005 35.6
96 Estonia 6,888 2005 CIA 1,330,000 2005 591
97 Guatemala 6,361 2005 CIA 12,599,000 2005 57.6
98 Lussemburgo 6,315 2005 CIA
Est.
465 2005 1,549
99 Jamaica 6,131, 2005 CIA 2,651,000 2005 264
Come era prevedibile, da soli Usa e Cina consumano quasi quanto il resto del mondo. La
cosa più preoccupante è l’incremento di energia elettrica nel continente Asiatico, non
solo in Cina, ma anche da parte dell’India. Per esempio la Cina ha un tasso di crescita
125
della domanda d’elettricità quasi il 10% all’anno* . L’incremento dal 2008 al 2009 è stato
dell’8,12%.
Tutta l’Unione Europea ha un fabbisogno elettrico attorno ai 3 000 TWh. Anche qui la
domanda di energia elettrica nell’EU è in crescita in tutti i settori dell’economia anche se
con una continua differenziazione nei diversi comparti.
Nel periodo 1999-2004, nell’UE a 25 pesi membri, il maggior incremento di energia
elettrica è stato registrato nel terziario +15.6%, seguito dal residenziale +10.9% e dal
settore industriale +9.5%.
Per quest’ultimo settore va anche notato che il trend d’incremento id energia elettrica è
anche superiore a quello di energia generale.
Considerando il numero ristretto di Paesi dell’Europa a 15, il consumo medio del settore
residenziale (totale consumi elettici diviso il numero di famiglie ) è pari a 4.343
kWh/anno. Il principale impiego di questa energia è rappresentato dal riscaldamento,
che assorbe complessivamente il 21,3% della domanda elettrica, nonostante resti
localizzato soprattutto nei Paesi del nord Europa, e in particolare in Francia, Svezia,
Germania e Regno Unito. Segue la quota di energia elettrica utilizzata da frigoriferi e
freezer (14,5%) e per l’illuminazione (10,8%).
Per quanto concerne l’Italia, 12° paese in questa speciale classifica, il consumo di energia
elettrica nel 2008 è stato di circa 319 TWh, di cui 151.4 sono industriale, 93.6 sono di
tipo terziario, 68.4 è domestico, 5.7 di tipo agricolo.
* Dati resi noti dall’agenzia energetica cinese
126
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