Tesi Alberto Sabatini

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE GLI ADOLESCENTI E I MASS-MEDIA: STUDIO ESPLORATIVO SULLA RAPPRESENTAZIONE DEL POTERE D’INFLUENZA DELLA TELEVISIONE Tesi di Laurea in Psicologia Sociale Relatore: Laureando: Prof. ssa Nicoletta Cavazza Alberto Sabatini ANNO ACCADEMICO 2002/2003

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Tesi Sabatini

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Page 2: Tesi Alberto Sabatini

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perché mi ha sostenuto in ogni singolo momento

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Indice

INTRODUZIONE…………………...…………………………….pag.4

I. IL RUOLO E L’INFLUENZA DEI MASS-MEDIA NEL

CONTESTO SOCIALE…………………………………………....pag.6

I.I CHE COSA SI INTENDE PER COMUNICAZIONE DI

MASSA………………………………………………………………pag.6

I.II L’AVVENTO DELLA SOCIETÀ DI MASSA……………….…pag.9

I.III I MEDIA E IL LORO POTERE INCONTRASTABILE….....pag.11

I.IV UN APPROCCIO COMPORTAMENTISTA :

LA TEORIA DEL PROIETTILE MAGICO……………………....pag.13

I.V LE TEORIE DELL’INFLUENZA SELETTIVA……………...pag.16

I.V.I LA TEORIA DEL TWO STEP-FLOW OF

COMMUNICATION……………...……………………………….pag.19

I.V.II IL MODELLO DEGLI USES AND GRATIFICATIONS…pag.25

I.VI L’INTERESSE PER GLI EFFETTI A LUNGO

TERMINE………………………………………………………….pag.30

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Page 4: Tesi Alberto Sabatini

II. L’INFLUENZA DEI MEDIA SUL COMPORTAMENTO DEI

SINGOLI INDIVIDUI…………………………………………...pag.35

II.I GLI EFFETTI ANTISOCIALI DEI MEDIA…………………pag.36

II.II GLI EFFETTI PRO-SOCIALI DEI MEDIA…...……………pag.46

III. DUE EFFETTI DI PERCEZIONE SOCIALE……………pag.49

III.I CHE COSA SI INTENDE PER EFFETTO TERZA

PERSONA…………….……………………………………………pag.49

III.II COME OPERA L’EFFETTO……………...………………...pag.51

III.III IN QUALI CONDIZIONI SI MANIFESTA………………pag.55

III.IV CHE COSA SI INTENDE PER EFFETTO FALSO

CONSENSO…………………………………………………...…...pag.58

III.V COME OPERA L’EFFETTO E IN QUALI

CONDIZIONI……………………………………………………..pag.60

III.VI UNO STUDIO SPECIFICO…………………….………….pag.67

IV. LA RICERCA……………………………………………….....pag.70

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Page 5: Tesi Alberto Sabatini

V. BIBLIOGRAFIA………………………………………...............pag.96

APPENDICE………………………………………………..........pag.109

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Page 6: Tesi Alberto Sabatini

Introduzione

Sentiamo quasi sempre parlare di “potere di influenza dei mass-media” e

di possibili conseguenze che i mezzi di comunicazione di massa possono

produrre nei confronti di un pubblico a volte disattento e non sempre

consapevole. Numerosi studi a riguardo hanno dimostrato in passato, e

dimostrano tuttora, quanto sia complicato definire in modo semplice ed

esaustivo quel difficile rapporto che intercorre tra spettatore e media.

Sappiamo, infatti, che il legame che unisce queste due entità appare

molto più complesso e articolato di quanto si pensi. Se da un lato alcuni

si mostrano propensi a considerare i mass-media come potenti agenti di

persuasione verso masse di spettatori inerti, dall’altro, altre persone

sostengono, al contrario, che il pubblico dei media possieda gli strumenti

necessari a combattere attivamente ogni possibile processo di influenza

sociale. Da che parte sta la verità? Dalla parte dei media intesi come

principali strumenti di influenza o, piuttosto, dalla parte di un’audience

concepito come entità indipendente e attiva nel suo complesso? Quesiti

di tale portata hanno infatti guidato per molto tempo il campo di ricerca

sugli effetti dei media, portando di conseguenza gli stessi studiosi a

formulare specifiche teorie in merito. Studiare i mezzi di comunicazione

di massa e i loro possibili effetti sugli spettatori, ha dunque significato

principalmente per le varie scienze sociali fornire una rappresentazione

del rapporto media – pubblico solamente in termini di attività o passività

di un elemento rispetto all’altro. Pochi ricercatori (per es. Cavazza e

Palmonari, 1999) si sono domandati veramente come gli spettatori e i

fruitori dei mass-media si rappresentino e concepiscano quel rapporto

che unisce indissolubilmente tra loro media e pubblico; eppure,

numerose ricerche effettuate in passato ci hanno permesso di

comprendere quanto sia fondamentale il ruolo dello spettatore all’interno

del processo di comunicazione di massa.

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L’intento, quindi, di questa tesi è quello di occuparsi di un aspetto di

ricerca che è stato per troppo tempo tralasciato dal campo di studi sui

mezzi di comunicazione di massa. A differenza, però, di quanto è stato

prodotto finora in termini di esperimenti scientifici e paradigmi teorici, si

tenterà di focalizzare l’attenzione su un aspetto nuovo e ancora poco

conosciuto nel campo di ricerca sui mass-media: in specifico, si cercherà

di scoprire come un particolare tipo di spettatore televisivo (lo spettatore

adolescente) definisca se stesso e i propri coetanei all’interno di quel

legame che unisce media e audience tra di loro. Per fare ciò, si farà

riferimento da una parte, a tutta una serie di modelli teorici sviluppati

nell’ambito di ricerca dei mass-media, dall’altra, ad esperimenti effettuati

direttamente sul campo.

La tesi risulta, infatti, strutturata in due grandi sezioni, collegate

direttamente l’una all’altra. La prima, illustra il quadro teorico che

abbiamo assunto come riferimento del campo di studi sugli effetti dei

mezzi di comunicazione di massa: in particolare, nel primo capitolo si

parla di prospettive teoriche in chiave di effetti dei media a breve e lungo

termine e di conseguenze nel contesto sociale, mentre, nel secondo

capitolo, ci si interroga in maniera più specifica sugli effetti pro-sociali e

anti-sociali dei media; una trattazione a parte è riservata invece a due

particolari effetti, quali l’effetto terza persona e falso consenso. La

seconda parte della tesi, che rappresenta il cuore di questo progetto,

contiene la ricerca vera e propria, ricerca che è stata compiuta su un

campione di 300 adolescenti, di età compresa tra i 14 e i 18 anni,

rappresentanti ideali di una porzione di popolazione giovanile della città

di Reggio Emilia.

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Capitolo 1

Il ruolo e l’influenza dei mass-media nel contesto sociale

“Per il propagandista addestrato, la mente del

pubblico è come una grande vasca d’acqua nella quale

parole e pensieri vengono lasciati cadere quasi fossero

degli acidi, con una conoscenza anticipata delle

reazioni che avranno luogo”

(Mauro Wolf)

1.1 Che cosa si intende per comunicazione di massa

Quando parliamo di comunicazione di massa spesso ci riferiamo ad un

processo che tende a sviluppare messaggi che vengono trasmessi da

specifici mezzi tecnici come, giornali, Radio, Cinema, Televisione, a

masse molto consistenti di individui che vivono in aree geografiche

alquanto ampie e nella maggioranza dei casi lontane dalle stesse fonti di

emissione [Valli, 1999]. Il concetto di comunicazione di massa è un

concetto che richiama a sé un significato ben articolato e complesso:

molti studiosi, infatti, nel corso degli anni, hanno tentato di definire le

principali caratteristiche che compongono questo particolare sistema. Per

la Pacelli [2002] parlare di comunicazione di massa significa riferirsi

principalmente a due concetti primari tra loro strettamente collegati: la

“comunicazione” e la “massa”. La sociologa definisce il processo di

“comunicazione” come un sistema di scambio all’interno del quale

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appare fondamentale il ruolo di parità svolto dai due “partners”, che

entrano in relazione nella situazione comunicativa. Questa peculiarità

tipica della comunicazione non è però riscontrabile, secondo la Pacelli,

nel sistema di comunicazione mass-mediale, dove il processo circolare di

scambio di contenuti lascia spazio ad una semplice trasmissione di

informazioni e di prodotti culturali. La studiosa sembra perciò recuperare

quanto era già stato affermato sulla comunicazione di massa da McQuail

[1992]. Secondo McQuail, infatti, il sistema di comunicazione di massa

non è altro che un rapporto impersonale che si viene a creare tra

emittente e ricevente, dove il ricevente è di solito anonimo e non

possiede gli strumenti necessari per rispondere attivamente a chi

trasmette la comunicazione. Per Eco [1968], invece, analizzare il sistema

di comunicazione di massa vuol dire riferirsi ad un particolare genere di

comunicazione che si attua e si sviluppa grazie alla presenza di tre

specifiche condizioni preesistenti:

1. l’avvento di una società di tipo industriale, sufficientemente livellata

ma in realtà ricca di differenze e contrasti

2. la presenza di differenti canali di comunicazione che permettono di

raggiungere un’indefinita cerchia di ricettori in situazioni sociologiche

diverse

3. l’esistenza di gruppi produttori che elaborano ed emettono messaggi

determinati

L’altro termine che secondo il pensiero della Pacelli risulta essere

strettamente collegato al concetto di “comunicazione”, è quello di

“massa”. Con questo termine si tende, in genere, a designare nella società

industriale un insieme di individui coinvolti in fenomeni dinamici quali la

scolarizzazione, l’urbanizzazione, le comunicazioni, fenomeni che

contribuiscono allo sviluppo della società stessa e concorrono a definirne

le caratteristiche di base [Valli, 1999]. Il concetto di “massa” trae la sua

origine dal pensiero sociologico di inizio Ottocento e nei confronti di

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Page 10: Tesi Alberto Sabatini

questa gli studiosi si rivolgono sia in termini positivi che negativi. Se da

una parte, infatti, sociologi come Comte sono per lo più propensi a

considerare la “massa” come un’entità inorganica composta da individui

uniti solamente dall’esistenza nello stesso spaccato spazio temporale [Di

Nallo, 1981], dall’altra, al contrario, il concetto di “massa” viene anche

concepito come un insieme di carattere organico, in grado di superare le

conflittualità individuali causate dalla divisione del lavoro e capace di

compattare gli interessi personali verso un obiettivo superiore comune. È

lo stesso Durkheim a farsi portavoce di questa accezione positiva del

termine “massa”. Egli prevede che tutte le controversie individuali e

sociali possano essere mediate e sistemate anche attraverso il ricorso a

forme di religione, viste come espressioni della società stessa. La società,

infatti, possiede tutto ciò che occorre agli individui per risvegliare nei

loro spiriti la sensazione del divino [Durkheim, 1922]. Come si vede, il

concetto di “massa” è un concetto carico di ideologie e valori: spesso,

però, esso viene erroneamente e superficialmente scambiato con il

concetto di “folla”. Come sappiamo, fu lo studioso francese Le Bon a

definire per primo il termine di “folla”. La differenza principale tra

queste entità sta proprio in una loro caratteristica interna. La “folla”,

secondo Le Bon [1895], rappresenta un aggregato di individui

fisicamente compresenti in un dato spazio e limitatamente al tempo in

cui permane il comportamento che gli unisce. Essa possiede, perciò, una

visibilità e fisicità specifica. Al contrario, la massa, come molti sociologi

hanno affermato in passato, consiste in una categoria di individui che

possiedono caratteristiche comuni ma che non esistono come entità

fisica, se non per gli studi dell’osservatore. [Pacelli, 2002].

In base a quanto affermato precedentemente e dopo aver sottolineato

che cosa si intende per “comunicazione” e per “massa”, possiamo

cercare di definire il processo di comunicazione di massa grazie a tre

differenti caratteristiche che lo contraddistinguono:

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1. la comunicazione di massa si sviluppa attraverso una specifica distanza

tra emittente e ricevente. In questo modo, la fonte si caratterizza per la

propria segretezza e inaccessibilità, il messaggio per la propria

impersonalità, il destinatario della comunicazione per il proprio distacco

2. il sistema di comunicazione di massa è in grado di raggiungere, allo

stesso tempo, un gran numero di individui distanti tra loro e dalla stessa

fonte di informazione

3. il processo di comunicazione di massa, in quanto tale, si può attuare

solamente se il destinatario di tale processo risulta essere un pubblico di

grande entità

L’azione simultanea di queste tre differenti caratteristiche conduce,

perciò, il modello della comunicazione di massa ad essere concepito

principalmente come un modello nel quale uno specifico messaggio si

trova ad essere rivolto da una fonte primaria ad un destinatario di per sé

secondario e lontano. A differenza, però, della pura comunicazione

interpersonale, dove la relazione tra mittente e destinatario che si viene a

creare rende la stessa scelta del linguaggio da utilizzare come scelta

relativamente semplice, quella di massa si caratterizza per sua la

complessità. In particolare, in una qualsiasi comunicazione di massa

l’emittente conosce solamente una piccola parte del suo pubblico e non è

in grado di prevedere come il messaggio verrà accolto dal destinatario:

questo perché nelle comunicazioni di massa ogni “feedback” si presenta

come deduttivo e non immediato [Valli, 1999].

1.2 L’avvento della società di massa

Come si è sottolineato precedentemente, il concetto di “massa” prende

forma e si sviluppa in un particolare contesto politico – culturale. Verso

la fine del XIX secolo, infatti, la società si trova profondamente segnata

dal mutamento di un sistema tradizionale e stabile in cui gli individui

vivono vincolati gli uni agli altri, in una nuova realtà complessa nella

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quale le persone vengono concepite come entità socialmente isolate

[DeFleur, Ball-Rokeach, 1989]. Per alcuni studiosi questa complessità

diventa il simbolo del progresso che, attraverso le leggi naturali

dell’evoluzione, può condurre ogni individuo ad un sistema più

desiderabile e più armonioso dei precedenti. Per altri, essa rappresenta un

pericolo imminente e una direzione incerta verso un’esistenza desolata

nella quale risulta difficile identificarsi. Nonostante ciò, l’opinione

comune di ricercatori e scienziati è concorde nel rilevare un palese

cambiamento dell’ordine sociale: l’armonia e la cooperazione lasciano il

posto a l’eterogeneità e l’individualismo, l’individuo si estranea sempre di

più dalla propria comunità, le relazioni sociali diventano frammentate e

contrattuali. Nel contempo, queste modificazioni si accompagnano a

fenomeni di crisi che minano i legami e i valori tradizionali della società

quali, la famiglia, la religione, l’associazione di mestiere e la comunità

locale. Sono proprio queste stesse condizioni, secondo sociologi e

politologi come Durkheim [1893], a portare l’individuo ad una situazione

di anomia, ovvero ad un’assenza di riferimento normativo che dia senso

alla propria condotta quotidiana. Come si è gia affermato, parlare di

società di massa ai tempi del pensiero positivistico ottocentesco, significa

principalmente riferirsi ad una vasta entità eterogenea di individui la cui

composizione appare incerta e variabile [Kimball, 1949]. Essi, infatti, non

vengono considerati come soggetti in grado di operare sulla base di

motivazioni razionali, ma risultano fondamentalmente oggetto di

pressioni manipolatorie. I meccanismi che regolano i loro

comportamenti stereotipici sono quelli dell’imitazione e della

suggestione. Inoltre, l’analisi della natura sociale degli esseri umani si

accompagna ad altri paradigmi generali riguardanti la loro natura

psicologica: il comportamento umano viene considerato in una

prospettiva neurobiologica, come risultato del patrimonio genetico.

Come si può notare, nonostante una posizione così pessimistica e

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Page 13: Tesi Alberto Sabatini

fortemente ideologica sia scarsamente sostenuta da verifiche di tipo

empirico, questa linea di pensiero è di certo destinata a pesare molto sulle

prime spiegazioni che gli studiosi di inizio Novecento forniranno sul

funzionamento assunto dai mass-media.

1.3 I media e il loro potere incontrastabile

Durante il secondo decennio del secolo scorso, l’Europa e gli Stati Uniti

d’America si trovano coinvolti nel primo conflitto mondiale. La divisione

del lavoro, l’eterogeneità e l’individualismo che ne derivano e che hanno

reso possibile l’avvento delle nuove società industriali, rappresentano un

serio problema per quell’epoca. La Prima guerra mondiale è, infatti, il

primo conflitto globale al quale prendono parte attiva e coordinata intere

popolazioni civili. Questo nuovo tipo di guerra, si caratterizza per uno

scontro fra la capacità produttiva delle diverse Nazioni coinvolte e gli

eserciti sostenuti in campo, eserciti che dipendono dai grandi complessi

industriali dei propri paesi. Questi enormi sforzi industriali richiedono,

però, che la popolazione civile che vi lavora collabori con partecipazione

ed entusiasmo. Ciò significa, sacrificare i piaceri materiali e tenere alto il

morale dei paesi, convincere la gente ad abbandonare la propria famiglia

per arruolarsi e raccogliere fondi per finanziare il conflitto [DeFleur,

Ball-Rokeach, 1989]. Le popolazioni differenziate dei nuovi sistemi

industriali non sono, però, più quelle popolazioni legate da un modo di

sentire comune e reciproco, associativo, che tiene insieme gli uomini

come membri di un tutto [Tönnies, 1887], ma assomigliano piuttosto a

delle società di massa prive di vincoli reali. Per vincere la guerra è

necessario, però, che le popolazioni ritrovino quei legami di sentimento e

cooperazione che in passato esse possedevano. Per questo motivo, il fine

primario di ogni sistema politico coinvolto nel conflitto mondiale appare

quello di ricreare un vincolo forte e duraturo tra individuo e società. Il

mezzo per raggiungere questo scopo viene intravisto nell’uso della

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Page 14: Tesi Alberto Sabatini

propaganda. Paesi come gli Stati Uniti cominciano, così, a formulare

messaggi propagandistici sotto forma di notizie giornalistiche, film,

cartelloni pubblicitari, libri e segnali radio. L’obiettivo finale da

raggiungere risulta così importante, da giustificare ogni meccanismo di

azione attuato: per i massimi esponenti politici del tempo, i cittadini

devono essere condotti nel provare un sentimento di odio verso il

nemico e nel dedicare il loro massimo impegno nello sforzo bellico. Per

fare in modo che gli individui agiscano in questa direzione, l’opinione

comune appare, perciò, concorde nell’individuare nei mezzi di

comunicazione di massa gli strumenti necessari e principali per attuare

tale obiettivo. Il sistema di propaganda si rivela vincente in ogni suo

singolo aspetto; il pensiero di intere popolazioni viene guidato con

grande abilità e capacità di coordinamento: troppo spesso, però, la verità

lascia spazio alla menzogna e tutto quello che viene comunicato e

trasmesso al pubblico non sempre rispecchia la realtà circostante. La fine

del conflitto mondiale porta, così, gli ex propagandisti di ogni paese a

pubblicare lunghe serie di articoli di denuncia sulle falsità che sono state

diffuse per lungo tempo durante lo svolgimento della guerra. Alcune di

queste rivelano particolari alquanto inquietanti, come quella apparsa

nell’immediato dopoguerra e descritta da Viereck [1930, pag. 153-154]:

“Le storie di atrocità costituivano uno dei temi principali nella propaganda inglese.

Nella maggior parte dei casi …le [storie di questo tipo] venivano bevute avidamente

da un pubblico che non sospettava nulla. [La gente] sarebbe stata molto meno pronta

ad accettare le storie che dipingeva la Germania come qualcosa di spaventoso se avesse

assistito alla nascita delle più lugubri storie di atrocità inventate nel quartier generale

del British Intelligence Department nella primavera del 1917. Il generale di brigata J.

V. Charteris …stava confrontando due fotografie sottratte ai tedeschi: la prima era la

riproduzione molto chiara di una scena atroce, in cui dei cadaveri di soldati tedeschi

venivano trascinati via per essere sepolti dietro le linee. La seconda fotografia mostrava

dei cavalli morti che venivano condotti alle fabbriche dove i tedeschi usavano le carcasse

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per trarne in modo ingegnoso sapone e olio. L’ispirazione di scambiare le didascalie

delle due immagini venne al generale Charteris come un’illuminazione …Con

destrezza il generale tagliò e incollò la scritta “Cadaveri tedeschi verso la fabbrica di

sapone” sotto l’immagine dei soldati morti. Nel giro di ventiquattr’ore la fotografia era

nel sacco postale per Shangai. Il generale Charteris mandò la fotografia in Cina per

istigare l’opinione pubblica contro i tedeschi. Il rispetto dei cinesi per i morti rasenta il

culto e la profanazione dei cadaveri attribuita ai tedeschi fu uno dei fattori che

spinsero i cinesi a dichiarare guerra contro l’orientamento del potere centrale”.

Questo esempio e gli effetti che esso produce nel sistema politico-

culturale, è una dimostrazione esemplare del tipo di teoria delle

comunicazioni di massa su cui si basa l’attività di propaganda di

quell’epoca. Si tratta di una teoria piuttosto originale e coerente con

l’immagine della società di massa ereditata dal sistema intellettuale del

XIX secolo. Essa parte dal presupposto che gli stimoli creati dai media

possano raggiungere ogni singolo membro della società e che, ogni

individuo, percepisca tali stimoli in modo simile, provocando così una

risposta più o meno uniforme da parte di tutti [DeFleur, Ball-Rokeach,

1989].

1.4 Un approccio comportamentista: la teoria del proiettile

magico

Come illustrato precedentemente, una delle conseguenze del conflitto

mondiale è l’emergere della convinzione generale che il sistema di

comunicazione di massa abbia un grande potere di controllo nei

confronti del proprio pubblico. L’opinione comune è concorde nel

pensare che i media possano plasmare le masse a favore di determinati

punti di vista, in base ai desideri dello stesso comunicatore. Molti

scienziati di quel tempo cercano, così, di analizzare in modo obiettivo

l’impatto della propaganda bellica e il ruolo che gli stessi media

ricoprono all’interno della società di massa. Tra questi, Lasswell, grande

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Page 16: Tesi Alberto Sabatini

scienziato della politica, sintetizza così le proprie considerazioni nei

confronti della funzione assunta dalla propaganda [1927, pag. 200-221]:

“Fatte tutte le concessioni, e ridotte all’osso tutte le stime più stravaganti, rimane il

fatto che la propaganda è uno dei mezzi più potenti del mondo moderno. Essa è

giunta a questo livello di importanza in risposta ad un insieme di circostanze che sono

cambiate e hanno alterato la natura della società. Le piccole tribù primitive possono

saldare i loro membri eterogenei in un’unità da combattimento grazie ai ritmi

indiavolati della danza …Nella grande società non è più possibile fondere la

riottosità degli individui nella fornace delle danze di guerra: uno strumento più nuovo

e sottile deve saldare migliaia e perfino milioni di esseri umani in una massa fusa di

odio, volontà e speranza. Una nuova fiamma deve incenerire il cancro del dissenso e

temperare l’acciaio dell’entusiasmo bellicoso. Il nome di questi nuovi incudine e

martello della solidarietà sociale è propaganda”. La teoria della società di massa

che è possibile dedurre da questa considerazione di Lasswell, è una teoria

piuttosto semplificata che utilizza come guida il modello

comportamentista del tipo “stimolo-risposta”. Se da una parte, però,

questo paradigma teorico può apparire semplice e lineare, dall’altra, esso

presuppone un insieme di assunti impliciti che riguardano non solo

l’organizzazione sociale della società ma, anche, la struttura psicologica

degli individui che vengono stimolati e rispondono ai messaggi che

provengono dai media [DeFleur, Ball-Rokeach, 1989]. Nel periodo

postbellico, questo primo insieme di considerazioni sulla natura e il

potere delle comunicazioni di massa non viene mai ufficialmente

formulato da nessun studioso di comunicazione e, solamente a

posteriori, gli verrà attribuito il nome di “teoria del proiettile magico” o “teoria

ipodermica”. L’assunto da cui parte questo specifico approccio teorico è

che la condotta delle persone sia determinata in larga misura da

meccanismi intraindividuali che operano tra lo stimolo ambientale e la

risposta comportamentale. Si ritiene che il repertorio di risposte

comportamentali sia piuttosto uniforme perché le persone sono

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Page 17: Tesi Alberto Sabatini

caratterizzate da un corredo biologico precostituito, che determina così

l’emissione di certe risposte al presentarsi di determinate condizioni di

stimolo. Date queste premesse, la concezione che ne deriva è che i

messaggi provenienti dai mass-media vengano recepiti allo stesso modo

da tutte le persone che compongono l’audience e che, inoltre, le risposte

a tali messaggi siano immediate e dirette [Arcuri, Castelli, 1996].

A confronto con le più elaborate spiegazioni che ancora oggi si danno

del processo di comunicazione di massa, una teoria come quella del

“proiettile magico” può apparire ai nostri occhi inconsistente e del tutto

ingenua. Eppure, se cerchiamo di contestualizzare questo particolare

modello teorico nel periodo storico in cui esso cresce e si sviluppa,

sicuramente ci rendiamo conto di quanto siano precisi e complessi gli

assunti impliciti di tale paradigma, assunti che derivano da teorie

psicologiche e sociologiche della natura umana e dell’ordine sociale di

inizio Novecento. Il pensiero sociologico di quell’epoca, infatti, come

abbiamo già sottolineato, è propenso a considerare le persone come

individui biologicamente simili e, per questo, portati a rispondere a

determinati stimoli in determinati modi. Definita, perciò, la concezione

umana di base come qualcosa di uniforme e dell’ordine sociale come

società di massa, possiamo facilmente comprendere come la “teoria del

proiettile magico”, basata su un meccanismo istintivo del tipo “stimolo-

risposta” e sulla convinzione che i media siano strumenti potenti e

manipolatori, appaia del tutto valida e coerente per gli studiosi e i

ricercatori di quel periodo.

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Page 18: Tesi Alberto Sabatini

MMaassss--mmeeddiiaa

Schema riassuntivo della teoria del proiettile magico

(A) in modo indiscriminato; gli individui possiedon

(colore giallo), di conseguenza recepiscono i messa

risposte agli stimoli appaiono ugualmente uniformi e

1.5 Le teorie dell’influenza selettiva

Sono necessari molti anni di studio e numero

rendere consapevoli gli studiosi dei mezzi di c

fatto che la relazione tra messaggio e rispo

come è stata concepita fino a quel tempo, no

contrario, sia importante ipotizzare l’interv

mediazione come, ad esempio, la percezione s

soggetto ricevente, il ruolo delle strutture

gradualmente gli scienziati ad abbandona

persuasivi agiscano sulla base di meccanis

afferma la “teoria del proiettile magico” [Arcuri, C

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Page 19: Tesi Alberto Sabatini

tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, gli studiosi dei

mass-media incominciano finalmente a strutturare le proprie ricerche su

una base empirica, passando, in questo modo, dalla semplice

speculazione teorica sugli effetti, allo studio sistematico dell’impatto di

particolari contenuti su specifiche tipologie di individui. Disponendo,

così, di una varietà sempre più ampia di strumenti di ricerca, essi si

dimostrano in grado di sottoporre le proprie idee sulle comunicazioni di

massa ad una verifica più puntuale, sulla base dei risultati della ricerca

empirica [Sorice, 2000].

Compresi meglio i limiti della “teoria del proiettile magico”, diventa perciò

necessario, per gli studiosi, rielaborare nuove teorie delle comunicazioni

di massa che guidino la ricerca scientifica in modo più realistico. Come le

teorie precedenti, i nuovi approcci derivano da paradigmi generali

sviluppati dalla Psicologia e dalla Sociologia. Questi due campi, infatti,

sono attivamente impegnati da sempre nello studio della natura umana:

in una prospettiva personale il primo, da un punto di vista collettivo il

secondo. È dunque da questi paradigmi emergenti che nascono le nuove

interpretazioni sull’influenza dei mass-media e queste stesse

interpretazioni non si fanno di certo aspettare. A partire dagli anni

Quaranta, infatti, cominciano a prendere forma una serie di teorie

denominate “teorie dell’influenza selettiva”. Esse creano un capovolgimento

totale nel campo di ricerca sugli effetti dei mezzi di comunicazione di

massa. In base a quanto afferma Sorice [2000], le “teorie dell’influenza

selettiva”, fondate sul paradigma cognitivo generale della Psicologia

(l’influenza di un soggetto sull’organismo determina risposte che sono

proporzionate alle differenze esistenti fra gli individui), ripongono

un’attenzione notevole alle variabili intervenienti nel processo di

comunicazione, variabili che vengono considerate necessarie al

funzionamento dell’intero sistema. In base a questi modelli, quindi, la

risposta del pubblico ai messaggi mediali non sarebbe guidata da istinti,

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Page 20: Tesi Alberto Sabatini

ma da precisi e specifici atteggiamenti. Ciò sta a significare che gli

individui presentano differenze consistenti nella struttura cognitiva,

elemento questo che tende a giustificare le differenze individuali nelle

risposte fornite ai messaggi provenienti dai mass-media.

È lo stesso studioso [Sorice, 2000] a sottolineare, nella sua analisi, come

le “teorie dell’influenza selettiva” possano essere organizzate attorno ad

alcuni specifici punti chiave:

1. le differenti strutture cognitive sono il risultato di un apprendimento

individuale e sociale

2. le società complesse sviluppano delle subculture, ovvero degli

ambienti sociali in cui si condividono opinioni, atteggiamenti e modelli di

azione

3. nelle società complesse le relazioni sociali mantengono una funzione

selettiva fondamentale nella fruizione dei mezzi di comunicazione di

massa

Inoltre, i principi fondamentali sui quali le stesse teorie si reggono sono

quelli della:

1. attenzione selettiva: le differenze cognitive presenti nei vari soggetti

producono stili differenti di attenzione ai contenuti mediali

2. percezione selettiva: le differenze cognitive, gli interessi personali, le

opinioni individuali determinano una diversa percezione dei contenuti

dei media e, di conseguenza, una differente costruzione di senso

3. memorizzazione selettiva: i contenuti dei media vengono memorizzati in

maniera diversa da soggetti di per sé differenti, in relazione ai loro

interessi e alle loro strutture cognitive

4. azione selettiva: l’azione derivante dalla fruizione dei contenuti mediali

dipende strettamente dall’attenzione, dalla percezione e dalla

memorizzazione soggettiva, pertanto, i comportamenti concreti saranno

strettamente collegati con le varie modalità attraverso le quali i contenuti

dei media saranno stati utilizzati.

18

Page 21: Tesi Alberto Sabatini

Tra le teorie che è possibile ricondurre a questa nuova tradizione di

ricerca, due in particolare meritano la nostra attenzione:

la teoria del “Two – step flow of communication”

l’ipotesi degli “Uses and Gratifications”

Questi modelli rappresentano, in specifico, esempi eccellenti di quella

corrente di studi che si afferma come paradigma dominante nella ricerca

sugli effetti dei media fino agli anni 60, corrente comunemente

conosciuta con il nome di “modello degli effetti limitati”1. Secondo Wolf

[1992], la principale novità di questa particolare corrente teorica, che

rientra di diritto tra la schiera delle teorie dell’influenza selettiva, è quella

di dimostrare che difficilmente si producono conversioni nelle opinioni

individuali soltanto attraverso l’esposizione ai mezzi di comunicazione:

l’influenza dei media, invece, si fonda da un lato sull’individuazione dei

meccanismi selettivi a livello personale e, dall’altro, sul radicamento del

processo comunicativo nel contesto sociale. In questo modo, gli effetti

dei media si sviluppano dentro una complessa rete di interazioni sociali

dove l’unico “effetto limitato” riscontrato risulta essere il rafforzamento

degli atteggiamenti soggettivi e delle opinioni preesistenti, piuttosto che il

loro cambiamento.

1.5.1 La teoria del Two step – flow of communication

Il primo dei due modelli di effetti limitati è il risultato di un celebre

lavoro sviluppato da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet per studiare l’impatto

che la campagna presidenziale del 1940 ha sui propri elettori. L’interesse

primario degli studiosi è rivolto nel comprendere come i membri di

determinate categorie sociali selezionino il materiale veicolato dai media

in relazione alla campagna elettorale e come questi contenuti

1 Questo modello, conosciuto anche con il nome di “modello degli effetti minimi”, è proposto per la prima volta da Klapper all’interno di una ricerca pubblicata nel 1960. Sotto tale modello vengono successivamente racchiuse tutte quelle ricerche svolte in questa direzione dagli studiosi dei media (Lazarsfeld e collaboratori).

19

Page 22: Tesi Alberto Sabatini

contribuiscano ad influenzare le loro intenzioni di voto. La ricerca,

infatti, parte dall’ipotesi che il peso delle relazioni all’interno dei gruppi

sia un fattore determinante al fine della formazione dei quadri di valore e

dei comportamenti degli individui che li compongono. Lo studio viene

condotto nella contea di Erie, nell’Ohio, una zona con caratteristiche

tipicamente americane. I contenuti dei media sottoposti ad analisi sono

per la maggior parte composti da tutti quei discorsi elettorali e messaggi

politici riportati nei quotidiani e alla radio durante i vari confronti svolti

tra i due candidati alla presidenza (il candidato repubblicano Wendell

Wilkie e il candidato democratico Franklin D. Roosevelt). Per la prima

volta in un sondaggio su vasta scala si utilizza un panel: si intervista un

campione principale di 600 persone ad intervalli regolari di un mese tra

Giugno e Novembre, ovvero nel periodo precedente e successivo alle

elezioni. I problemi affrontati dai questionari sono sostanzialmente

relativi a verificare come fattori sociologici e personali influiscano

nell’orientare il voto degli elettori su un candidato piuttosto che sull’altro.

Nel corso della ricerca gli studiosi riescono, così, a rilevare determinati

effetti: in particolare, scoprono che il 53% del campione di soggetti

sottoposti per vari mesi a diversi tipi di propaganda elettorale rafforza

semplicemente le proprie opinioni preesistenti a seguito della pressione

propagandistica stessa. Nel 26% dei casi, invece, si ha un passaggio dalla

indecisione alla scelta di un partito o dalla scelta di un partito a un

atteggiamento di per sé indeciso; nel 16% dei casi risulta difficile fornire

una valutazione precisa; infine, solamente nel 5% dei casi si individua

una conversione, ovvero un passaggio da un partito all’altro per effetto

della stessa campagna elettorale. Inoltre, dalla ricerca emerge chiaramente

come la grande maggioranza degli elettori già orientati a votare

repubblicano si esponga prevalentemente a messaggi propagandistici dei

repubblicani, mentre la grande maggioranza di coloro che sono orientati

a votare democratico ascoltino principalmente la propaganda dei

20

Page 23: Tesi Alberto Sabatini

candidati democratici [Statera, 1998]. La ricerca di Lazarsfeld, Berelson e

Gaudet (pubblicata fra il 1944 e il 1948 con il titolo “The People’s Choice:

How the Voter Makes up his Mind in A Presidential Campaign”) fa quindi

emergere un pubblico tutt’altro che passivo e, comunque, molto

differente da quel soggetto inerte pronto a farsi colpire e condizionare da

qualsiasi tipo di messaggio, così come la “teoria ipodermica” lo ha

concepito in passato. La ricerca permette, perciò, di superare quell’idea,

fino ad allora valida, di una linearità del processo di comunicazione,

sostituendola con una nuova immagine dei profili individuali e delle

risposte che vengono fornite dalle persone ai mass-media. La fase finale

di questo progetto, guidato e coordinato da Lazarsfeld negli anni

Quaranta, riguarda appunto la formulazione, quindici anni più tardi, di

quella teoria comunemente nota come teoria del “Two step – flow of

communication”. Il modello viene elaborato e pubblicato da Katz e

Lazarsfeld nel 1955 all’interno dell’opera “Personal Influence: The Part Played

by People in the Flow of Mass Communication”. In base a quanto affermano i

ricercatori [Katz, Lazarsfeld, 1955], questa particolare prospettiva teorica

si basa sull’ipotesi che non esista un flusso unitario di informazioni che si

muove dai media ai destinatari finali del processo comunicativo. In

realtà, il flusso di comunicazione segue un percorso a due fasi: la prima,

dai media a quegli individui ben informati che seguono con una certa

regolarità le comunicazioni di massa, ovvero gli “opinion leaders”; la

seconda, dalla mediazione operata dai leader d’opinione, attraverso i

canali interpersonali, agli individui meno esposti ai media, individui che

dipendono dai primi per l’acquisizione delle informazioni. Katz e

Lazarsfeld arrivano all’elaborazione di tale modello dopo vari studi, da

loro stessi condotti, nei confronti di un campione di soggetti di sesso

femminile appartenente ad una cittadina dell’Illinois. L’intento della

ricerca è quello di scoprire l’origine dei comportamenti e delle preferenze

degli individui in materia di pubblici affari, di acquisti, di mode, di

21

Page 24: Tesi Alberto Sabatini

frequenze ai cinema. I risultati dell’inchiesta dimostrano che la maggior

parte del campione viene influenzato, nei settori presi in esame, dalle

persone più vicine, generalmente membri della famiglia o amici più

prossimi. Questi partner quotidiani riprendono per proprio conto i

messaggi trasmessi dai mass-media, li personalizzano ed esercitano di

conseguenza la loro influenza effettiva sugli individui che vivono nel loro

ambiente [Moscovici, 1986].

La teoria di Lazarsfeld e Katz permette, perciò, di introdurre due

concetti interessanti e molto innovativi per quell’epoca: il concetto di

“gruppo sociale” e la nozione di “leader d’opinione”. I gruppi sociali e in

particolare i gruppi primari (famiglia, amici, compagni di lavoro)

svolgono un ruolo fondamentale nel processo di formazione delle

opinioni e delle decisioni individuali. Secondo il modello, infatti, questi

gruppi funzionano da filtro nell’interpretazione dei messaggi esterni al

gruppo (quindi anche dei messaggi delle comunicazioni di massa) e

assolvono così una funzione di controllo sociale, prevenendo le

deviazioni dai valori e dalle norme condivise. Ai leader d’opinione,

invece, spetta una posizione di prim’ordine all’interno del lungo e

articolato processo di comunicazione che impegna i media da una parte e

il pubblico dall’altra: essi, definiti come membri del gruppo sociale più

disponibili all’esposizione ai media e, di fatto, più competenti nell’uso dei

mezzi di comunicazione, si distinguono dal resto del gruppo per le loro

capacità ricettive e interpretative dei messaggi mediali. La loro funzione,

quindi, è quella di guide, in grado di consigliare ed influenzare gli altri

individui in ogni tipo di scelta personale. Inoltre, gli “influenti”, così

infatti vengono anche denominati dagli stessi autori i leader d’opinione,

si distinguono in due grandi categorie: gli “influenti specifici”, ovvero

coloro che sono considerati esperti in un determinato campo ed

esercitano la loro influenza in un contesto decisionale specifico e gli

22

Page 25: Tesi Alberto Sabatini

“influenti generali”, ossia le persone più stimate e definite autorevoli in

molti campi [Bonazzi, 1998].

Statera [1968], nell’introdurre il metodo di ricerca utilizzato da Katz e

Lazarsfeld durante i loro esperimenti, si mostra convinto nel riconoscere

alla teoria del “Two step – flow of communication” il grande merito di aver

scoperto che fra il mezzo di comunicazione e la massa possa esistere un

piccolo gruppo, con tutta la sua rete di canali di comunicazione e la

complessa trama delle relazioni interpersonali che lo caratterizzano. La

scoperta, infatti, di un gruppo sociale in funzione di mediazione fra due

specifiche entità, che il precedente approccio alle comunicazioni di massa

ha ritenuto semplicemente giustapposte l’una all’altra (da un lato

“l’onnipotente mezzo”, dall’altro “l’individuo atomizzato”), costituisce,

secondo lo studioso, il fondamento dell’originalità e, insieme, della

complessità del lavoro svolto da Katz e Lazarsfeld. Attraverso questo

nuovo approccio teorico essi riescono da un lato, a ridimensionare l’idea

di una potenza incondizionata dei mass-media e, dall’altro, a

riconsiderare l’idea di una società di massa come insieme disorganizzato

e inconsistente. Le persone, quindi, non appaiono più come individui

isolati in balia di forze mediali spesso oscure e misteriose ma, al

contrario, essi possiedono famiglie, colleghi di studio e di lavoro, vicini di

casa con i quali condividere valori e norme di comportamento e ai quali

collegarsi attraverso reti di comunicazioni informali.

23

Page 26: Tesi Alberto Sabatini

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24

Page 27: Tesi Alberto Sabatini

1.5.2 Il modello degli Uses and Gratifications

Un’altra teoria rappresentativa del modello dell’influenza selettiva e, in

specifico, del “modello degli effetti limitati” è quella degli “Uses and

Gratifications”. Questo particolare approccio teorico, che trova il suo

sviluppo tra la fine degli anni Cinquanta e la seconda metà degli anni

Settanta, si caratterizza per gli elementi di novità che esso riesce ad

introdurre nel rapporto media – pubblico. Il modello, tradizionalmente

identificato con la posizione teorica di Jay Blumer e Elihu Katz, parte

dall’ipotesi che il problema più importante nello studio delle

comunicazioni di massa non sia più ciò che i media possano produrre in

termini di effetti sugli spettatori, bensì ciò che spinge gli stessi soggetti ad

utilizzare i media. Ogni individuo, infatti, possiede specifici interessi,

bisogni e necessità che può soddisfare rivolgendosi ai mezzi di

comunicazione di massa. Solo una volta individuati quali siano questi

motivi può diventare allora possibile prevedere la tipologia e la portata

degli stessi effetti [Arcuri, Castelli, 1996].

L’assunto di base da cui si muove questa nuova prospettiva teorica è che

tra tutte le offerte disponibili, ogni individuo selezioni quelle che lo

gratificano maggiormente. Ciascun spettatore, attivamente, si espone così

in modo selettivo a determinati messaggi e le scelte da egli effettuate

risultano essere le conseguenze delle proprie caratteristiche psicologiche.

Inoltre, gli individui sono tanto più coinvolti nella fruizione di un

programma televisivo, quanto più essi si mostrano disposti ad investire in

termini di risorse attentive a proposito dei contenuti proposti

[Kellerman, 1985], a pensare e discutere circa i contenuti durante e dopo

la trasmissione [Greenwald & Leavitt, 1984; Lemish, 1985], o a lasciarsi

trascinare emotivamente durante la medesima trasmissione. Queste due

componenti dell’attività del pubblico, esposizione selettiva e

25

Page 28: Tesi Alberto Sabatini

coinvolgimento, dipendono, appunto, dalle gratificazioni ricercate ed

ottenute attraverso l’utilizzo dei mass-media.

Secondo Castelli [1996] e in base a quanto affermano Katz, Gurevitch e

Haas [1973], i bisogni principali che si ritiene possano essere soddisfatti

grazie alla fruizione dei media, consistono, principalmente, nella ricerca

di informazioni utili (per desiderio di conoscenza, per trovare una guida

alle proprie azioni, per aiutare a definire la propria identità sociale), nella

possibilità di ottenere argomenti con cui sostenere le proprie azioni

durante le comunicazioni interpersonali, nella capacità di realizzare delle

interazioni parasociali e nel desiderio di intrattenimento e di svago.

Il paradigma degli “Uses and Gratifications” apre dunque una nuova

prospettiva teorica sul rapporto tra “audience”2 e mass-media: si tratta di

concepire un passaggio da una concezione passiva del pubblico alla

consapevolezza del fatto che i suoi membri sono soggetti attivi, che

selezionano dai mezzi di comunicazione i contenuti e i messaggi preferiti.

Al contrario, le precedenti teorie della società di massa (come la “teoria del

proiettile magico”) hanno concepito lo spettatore come un individuo

relativamente inerte, in attesa passiva che i media trasmettano

informazioni, informazioni che vengono successivamente percepite e

ricordate e si traducono in azioni molto simili per tutti. Se da una parte,

però, si può riconoscere all’approccio degli “Uses and Gratifications” il

merito di aver dato una nuova spinta agli studi sugli effetti dei media,

dall’altra si è costretti a considerare il fatto che questo particolare

modello teorico non è stato di certo esente da specifiche critiche, a causa

2 Il termine audience, di origine inglese, indica una quantità di persone che si calcola siano raggiunte da un messaggio diffuso dai mezzi di comunicazione di massa. La voce latina “audentia”, da cui deriva questo anglicismo, significava l’attenzione prestata a un oratore e, in seguito, per metonimia, il pubblico raccolto nell’auditorio. Oggi, l’espressione è usata per indicare un unico referente, gli utenti dei media (soprattutto della Televisione), ma con sfumature diverse a seconda che il termine sia utilizzato in ambito socio-letterario o pubblicitario. Audience può infatti indicare: 1) i destinatari di un messaggio mediale 2) un mercato di potenziali acquirenti Questa differenza nasce dal fatto che, sebbene costruite entrambe a partire dal modello comunicativo – televisivo, le due analisi divergono profondamente per lo scopo e la motivazione che le genera.

26

Page 29: Tesi Alberto Sabatini

di alcune limitazioni contenute all’interno del paradigma stesso. Infatti,

numerose ricerche ed esperimenti svolti nel corso degli anni nei

confronti di tale modello hanno dimostrato la presenza di alcune

eccessive semplificazioni: la prima tra queste, riguarda il fatto che

“l’audience” sia studiato e concepito dall’approccio teorico solamente in

base alla dicotomia “passività – attività”, senza prendere in

considerazione l’estrema complessità dei fruitori dei media [Sorice, 2000];

un’altra critica consiste nel fatto che la teoria degli “Uses and Gratifications”

non produca in definitiva molto di più che liste di motivi (vari tipi di

bisogni indicati dai soggetti) per i quali gli spettatori sostengono di

scegliere e seguire le diverse categorie di contenuti mediali (notizie, libri,

commedie televisive etc…) o liste di soddisfazioni che le persone

affermano di ricevere dall’esposizione ai media. Di conseguenza, si pensa

che la prospettiva degli “Uses and Gratifications”non riesca a dare una

spiegazione sistematica che vada oltre questo. Se, infatti, i fattori

identificati come tali dagli spettatori siano effettivamente le vere ragioni e

i veri motivi di soddisfazione sottesi all’utilizzo dei media, questa, viene

considerata una questione ancora del tutto aperta e di ben più difficile

interpretazione [Rosengren, Wenner e Palmgreen, 1985; Wolf, 1993;

Grandi, 1992].

Nonostante ciò, a più di cinquant’anni dalla sua formulazione,

l’approccio degli “Uses and Gratifications” riceve, specialmente intorno agli

anni 90, numerose approvazioni da parte di alcuni studiosi dei mezzi di

comunicazioni di massa: un esempio di ricerca compiuto in questo senso

è sicuramente quello attuato da Johnston [1995], il quale tenta di spiegare

empiricamente le motivazioni che spingono gli adolescenti a guardare

determinati film dell’orrore. L’ipotesi da cui parte Johnston è quella che

individui con differenti caratteristiche di personalità guardino i film

dell’orrore spinti da differenti motivazioni. Le tre caratteristiche prese in

considerazione sono:

27

Page 30: Tesi Alberto Sabatini

1. la tendenza a ricercare forti sensazioni ed emozioni (“sensation –

seeking”)

2. la capacità di vivere in maniera identificativa le esperienze emotive

altrui

3. il tipo di reazione emotiva che si ha in risposta ad una percezione di

possibile pericolo

Queste dimensioni vengono rilevate da Johnston attraverso la

somministrazione di tre differenti strumenti psicometrici.

Successivamente, ad ognuno dei soggetti viene richiesto per quali motivi

guardi film come “Halloween” o “Nightmare”, dovendo giudicare su una

scala a cinque punti l’importanza di ciascuna di 18 possibili motivazioni.

Da un’analisi fattoriale eseguita sulla matrice delle correlazioni tra le

risposte a queste 18 domande, emergono 6 fattori; di questi, 4 appaiono

coerentemente interpretabili. Essi sono:

porsi in visione per il gusto del sangue, che include item quali “mi piace

vedere sangue e budella”

porsi in visione per eccitarsi, con item del tipo “li guardo perché mi piace

essere spaventato”

porsi in visione per un senso di indipendenza, rappresentato da item come “li

guardo perché mi fanno sentire coraggioso”

porsi in visione quando vi sono dei problemi, con item del tipo “li guardo

quando sono arrabbiato”

In accordo con le ipotesi, lo studioso scopre che i punteggi in questi

fattori risultano essere dipendenti dalle caratteristiche di personalità. In

particolare, il primo fattore si mostra legato ad alti livelli di “sensation –

seeking” e bassi livelli nelle altre due caratteristiche. Il secondo fattore, la

visione per l’eccitazione, si caratterizza, invece, per il legame con alti

livelli di empatia e di “sensation – seeking”, mentre il porsi in visione per

ottenere un senso di indipendenza risulta collegato a bassi livelli di

empatia.

28

Page 31: Tesi Alberto Sabatini

Schema riassuntivo della teoria d

modelli teorici, il rapporto tra med

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spettatori, ma sono quest’ultimi a

questi hanno di soddisfare alcune l

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azione di massa.

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29

Page 32: Tesi Alberto Sabatini

1.6 L’interesse per gli effetti a lungo termine

Se da una parte, le teorie dell’influenza selettiva riescono ad introdurre

nuovi elementi di studio all’interno del difficile processo di

comunicazione di massa, dall’altra, esse non sono completamente in

grado di rispondere in maniera chiara ed esaustiva a tutti quei possibili

effetti che i media producono nei confronti del loro rispettivo pubblico.

Infatti, l’interesse primario delle teorie dell’influenza selettiva è

principalmente rivolto alla definizione e comprensione di quegli effetti

dei media conosciuti, appunto, come “effetti a breve termine” o “effetti

limitati”. Numerosi esperimenti e ricerche compiute negli anni successivi

all’avvento delle teorie dell’influenza selettiva, hanno dimostrato, invece,

quanto siano inadeguati i presupposti teorici sui quali si sono basati in

passato i modelli degli effetti limitati: in particolare, sono gli anni 70 e 80

a segnare un profondo cambiamento di rotta nell’ambito degli studi sui

mezzi di comunicazione di massa. L’orientamento più diffuso di

quell’epoca è concorde nell’abbandonare l’idea che l’impatto dei media

sul pubblico sia un impatto “limitato”, sostenendo, al contrario, l’assunto

di influenze forti e durature nel tempo. Tali considerazioni portano, di

conseguenza, gli studiosi a focalizzare la propria attenzione nei confronti

di un nuovo tipo di effetti mediali, definiti con il nome di “effetti a lungo

termine”3. Uno dei modelli più rappresentativi di questa nuova corrente di

pensiero è certamente quello della “spirale del silenzio”.

Esso si presenta come il risultato di un’analisi compiuta da Elisabeth

Noelle Neumann [1974] sulle campagne elettorali tedesche del 1965 e del

1972. La teoria della “spirale del silenzio” insiste sull’importanza dei mass-

media nella formazione degli orientamenti dell’opinione pubblica. Alla

base di questo modello, vi è infatti una considerazione psicologica di

importanza generale: la paura dell’isolamento sociale condiziona in modo

3 Questa nuova corrente teorica si caratterizza per un ritorno alla concezione dei media come potenti agenti di trasmissione.

30

Page 33: Tesi Alberto Sabatini

significativo i nostri comportamenti e il nostro modo di agire. Da questo

timore, deriva necessariamente la tendenza, da parte degli individui, a

esaminare il clima di opinione dominante, per collocarsi in questo modo

sulle posizioni della maggioranza. Secondo questo approccio, quindi,

l’opinione pubblica corrisponde al clima sociale generale, all’andamento

prevalente delle idee e dei sentimenti: essa guida e controlla il

comportamento e il modo di pensare dei singoli individui. Bonazzi

[1998], ci tiene a sottolineare che i media, per la loro capacità di riflettere

l’andamento e i cambiamenti del clima socio-culturale, costituiscono lo

strumento attraverso il quale l’opinione pubblica esercita la propria

pressione e mette a tacere le posizioni minoritarie. Le opinioni prevalenti

nei media tendono, infatti, ad essere considerate come le opinioni

principali nell’opinione pubblica, a prescindere dal fatto che esse lo siano

realmente. La preferenza dei media per una delle tesi in campo si esprime

solamente in modo implicito e indiretto, attraverso particolari scelte di

selezione che privilegiano determinate idee tacendone o minimizzandone

altre. Così facendo, i media interferiscono in maniera effettiva sui

processi dell’opinione pubblica. Coloro, perciò, che si riconoscono in

quelle posizioni che trovano maggior riscontro nei mezzi di

comunicazione, si sentono confermati e rinfrancati, traendo anche dai

media stessi gli argomenti per difendere al meglio le proprie posizioni

nell’ambiente quotidiano di vita. Gli altri, anche se rappresentanti la

maggioranza, si percepiscono, invece, come individui più isolati, le loro

opinioni sembrano non trovare ascolto e appaiono, così, delegittimate

pubblicamente. Di conseguenza, questa parte del pubblico evita di

esprimere le proprie idee per paura di essere considerata diversa e di

rimanere isolata: la loro voce si ammutolisce col tempo, avvitandosi,

appunto, in una “spirale del silenzio”. Così la Neumann [1974, pag. 44]

descrive questo processo: “l’individuo può scoprire di essere d’accordo con il

punto di vista prevalente e ciò accentua la fiducia in se stesso e gli facilita l’espressione

31

Page 34: Tesi Alberto Sabatini

delle proprie opinioni senza alcun pericolo di isolamento, nelle sue

interazioni…Oppure può accorgersi che le sue opinioni stanno perdendo terreno; più

questo appare evidente, più diventerà insicuro di se stesso e meno sarà disposto ad

esprimere i propri punti di vista…Più le persone percepiscono tali tendenze e vi

adattano le proprie opinioni, più una corrente appare guadagnare terreno e l’altra

perderlo. Così, la tendenza degli uni a parlare più forte e degli altri a zittirsi, avvia

un processo a spirale che progressivamente stabilisce un punto di vista come quello che

riesce a dominare”.

Il termine “spirale” consiste, infatti, in un “meccanismo perverso per il quale

l’auto – censura di quelli che deviano dall’andamento di opinione prevalente serve nel

tempo a rafforzare la percezione di solidità dell’idea maggioritaria, aumentando la

pressione a conformarsi che viene esercitata su coloro che sono minoritari” [Mucchi

Faina, 1996, pag. 126]. La “spirale del silenzio” sta ad indicare, cioè, uno

spostamento d’opinione nato dal fatto che un gruppo tende a mostrarsi

più forte di quanto non lo sia in realtà, mentre coloro che possiedono

un’opinione diversa appaiono più deboli di quanto non lo siano

effettivamente.

Come affermato precedentemente, la formulazione iniziale della teoria

della “spirale del silenzio” si basa sulle analisi delle campagne elettorali

tedesche del 1965 e del 1972, campagne nelle quali la Neumann riesce a

rilevare un significativo margine di differenza tra le intenzioni di voto

delle persone (quasi esclusivamente suddivise fino alla vigilia della

consultazione) e le previsioni sul partito che dovrebbe vincere. L’analisi

dei dati evidenzia che in entrambi i casi si sarebbe verificato alla fine della

campagna elettorale uno spostamento decisivo, nella direzione indicata

dal clima d’opinione generale e dalla pressione provocata dal rendere

evidenti le sue tendenze. Secondo Wolf [1992], i media avrebbero perciò

operato proprio su questo legame: essi, infatti, avrebbero reso visibile e

significativo quel punto di riferimento costituito dai “trends” che si sono

presentati come in via d’espansione nel clima d’opinione generale.

32

Page 35: Tesi Alberto Sabatini

Implicitamente contenuto nel modello della “spirale del silenzio” è il

concetto che i media abbiano, appunto, un ruolo decisivo nella dinamica

del mutamento sociale: essi non si limitano, infatti, a rappresentare le

tendenze dell’opinione pubblica ma ne danno in concreto forma e

identità. Si può dire che i media creino la stessa opinione pubblica in

quanto gli spostamenti di tendenze non avvengono autonomamente

dall’azione dei media, ma risultano legati ad essa. Per comprendere più

chiaramente questo assunto di base, ci si deve riferire alla nozione di

“ignoranza pluralistica”: tale concetto, strettamente connesso alla teoria

della “spirale del silenzio”, viene elaborato da Newcomb nel 1950. Lo

stesso Wolf [1992] definisce questo processo come la situazione sociale

in cui ogni individuo crede di essere l’unico a pensare qualcosa in un

determinato modo e non esprime la propria opinione per timore di

violare un tabù morale o una regola autoritativa. Quando nessuno

concorda con una norma, ma ciascuno pensa che tutti gli altri invece vi

concordino, il risultato finale è simile a quello che si avrebbe se tutti

concordassero con la norma stessa. Per questo motivo, sottolinea

l’autore, se accade che in un gruppo sociale “passi una rapida ondata di

conoscenza pubblicamente osservabile”, tramite la quale le persone

percepiscono che altri soggetti abbiano le loro medesime convinzioni,

ciò che sembra accadere è un inatteso rovesciamento del clima

d’opinione generale, ovvero un improvviso spostamento di atteggiamenti

personali. In questo tipo di dinamica (simile a quella della “spirale del

silenzio”), i media tendono ad accelerare il mutamento sociale,

rappresentandolo: in sostanza, lo rendono possibile per il solo fatto di

costruire le condizioni attraverso le quali il mutamento stesso si

manifesta.

Se da un lato, la teoria “della spirale del silenzio” rappresenta un valido

esempio di superamento del paradigma degli effetti limitati,

introducendo in questo modo una nuova concezione dei mass-media e

33

Page 36: Tesi Alberto Sabatini

degli effetti indotti nei confronti di uno spettatore, dall’altro, tale teoria,

come le precedenti, non è stata di certo esente da polemiche e critiche,

polemiche che le sono state rivolte specialmente per la sua presentazione

di un modello di influenza sociale ritenuto eccessivamente unilaterale ed

univoco. Riferendosi al paradigma della “spirale del silenzio”, Wolf [1992,

pag. 76-77] appare obiettivo e allo stesso tempo critico nei confronti di

tale modello. Se da una parte, infatti, egli riconosce all’autrice della

“spirale del silenzio” il merito di aver creato un approccio teorico in grado

di descrivere come “i media possono contribuire a rendere possibile il mutamento

sociale, soprattutto nella sua componente di mutamento dei modelli culturali”,

dall’altra, sembra essere deciso nell’affermare che “l’idea che il potere dei

media coincida con la neutralizzazione della percezione selettiva (presupposto di

base dal quale la Neumann è partita per la formulazione del modello)

appare un elemento più legato alla polemica del tempo e alla reazione contro il

paradigma degli effetti limitati, che non un dato empiricamente supportato e

sostenibile”.

34

Page 37: Tesi Alberto Sabatini

Capitolo 2

L’influenza dei media sul comportamento dei singoli

individui

“La televisione non è soltanto uno strumento di

comunicazione; è anche, al tempo stesso, paidèia,

uno strumento antropogenetico, un medium che

genera un nuovo ànthropos, un nuovo tipo di essere

umano”

(Giovanni Sartori)

Dopo aver dedicato la prima parte di questa tesi ai principali modelli

teorici che hanno ricoperto un ruolo chiave nella storia degli studi sui

media e sui loro possibili effetti d’influenza sociale (effetti a breve e

lungo termine), ci sembra ora opportuno espandere il campo di ricerca

affrontando, in maniera più specifica, le influenze che i mezzi di

comunicazione di massa (in particolare la Televisione) possono avere sul

comportamento dei singoli individui. Molti esperimenti compiuti a

riguardo, infatti, hanno dimostrato che la continua esposizione ai media

da parte di uno spettatore può portare a due differenti modalità

d’influenza mass-mediatica: un’influenza di carattere anti-sociale e una di

carattere pro-sociale.

35

Page 38: Tesi Alberto Sabatini

2.1 Gli effetti antisociali dei media

A più di cinquant’anni dalla sua invenzione, ancora oggi, la Televisione

rappresenta un mezzo di comunicazione fondamentale e allo stesso

tempo straordinario. Nonostante l’avvento delle nuove tecnologie

digitali, essa riscuote ancora un grande consenso nei confronti del

proprio pubblico. Alla base di questo successo, vi sono sicuramente

alcuni fattori legati alle caratteristiche interne del mezzo stesso: la

Televisione, infatti, possiede un particolare tipo di linguaggio e un modo

di trasmettere le informazioni che la rendono uno strumento di

comunicazione unico nel suo genere. Se da una parte, però, il mezzo

televisivo offre allo spettatore la possibilità di porre il proprio sguardo

sui fatti che accadono quotidianamente nel mondo, dall’altra, non

sempre gli effetti che questo strumento di comunicazione può produrre

in termini di fruizione appaiono del tutto positivi. Molti studiosi dei

mass-media, infatti, hanno dimostrato, in alcune ricerche, come una

sovraesposizione televisiva possa condurre lo spettatore ad una possibile

manifestazione di comportamenti a carattere violento.

I primi studi condotti proprio in questa direzione cominciano in Gran

Bretagna e negli Stati Uniti intorno alla metà degli anni 50. In Inghilterra,

un gruppo di esperti della “London School of Economics and Political

Science”, sotto la supervisione di Hilde Himmelweit [1958], effettua

un’indagine sulla fruizione televisiva dei bambini e sui suoi possibili

effetti. Quasi nello stesso periodo, dall’altra parte dell’oceano, Wilbur

Schramm [1961] e alcuni ricercatori della “Standford University”

compiono un esperimento su un campione di soggetti residenti nel

Colorado e nel Canada, per rilevare i diversi effetti che la Televisione può

avere in contesti differenti di diffusione. Parallelamente a questi studi

compiuti direttamente sul campo, in quegli anni cominciano ad essere

svolti altri esperimenti di laboratorio, con lo scopo di individuare una

36

Page 39: Tesi Alberto Sabatini

relazione fra l’esposizione ai contenuti televisivi, in specifico quegli

violenti, e il comportamento. Tra questi esperimenti, particolarmente

rilevanti sono quelli svolti da Albert Bandura alla “Standford University”

su gruppi di bambini in età prescolare, e quelli di Leonard Berkowitz,

compiuti all’Università del Winsconsin su giovani studenti di college.

Queste ricerche riescono a porre le basi teoriche e metodologiche di

numerosi studi che saranno portati avanti, negli anni successivi, da altri

ricercatori per commissione di differenti organismi governativi e

istituzioni pubbliche.

Vista la grande mole di contributi presenti in letteratura nei confronti

degli effetti televisivi a carattere violento, alcuni autori hanno tentato di

sintetizzare i principali orientamenti di ricerca a riguardo, inquadrandoli

nelle prospettive teoriche di riferimento. In specifico, Metastasio [2002]

fornisce una classificazione degli effetti dei contenuti televisivi violenti

secondo tre principali categorie:

1. l’aggressività

2. la desensibilizzazione

3. la paura

Per quanto riguarda la prima categoria, secondo l’autrice, la Televisione

può sollecitare lo spettatore a compiere comportamenti aggressivi e a

favorire un mutamento di atteggiamento nei confronti di un uso della

violenza, violenza che viene ad assumere un ruolo primario nella

risoluzione dei vari conflitti sociali. Questi effetti sarebbero la

conseguenza di meccanismi di “imitazione”, “eccitazione fisiologica”,

“disinibizione”, attivati dall’esposizione di un soggetto a contenuti

televisivi violenti. Nei confronti della seconda categoria, Metastasio

[2002] afferma che la sovraesposizione a contenuti violenti può portare

lo spettatore a inibire la propria sensibilità nei riguardi della violenza e a

innalzare la soglia di tolleranza per un possibile ricorso ad essa nella

risoluzione dei problemi di vita quotidiana. Infine, in riferimento alla

37

Page 40: Tesi Alberto Sabatini

terza categoria, la studiosa sottolinea che la visione assidua di contenuti a

carattere violento può condurre lo spettatore televisivo a sovrastimare il

rischio di essere vittima di azioni violente, rispetto alla probabilità

effettiva che questo avvenga nella vita reale.

Secondo Metastasio [2002], ognuna di queste categorie risulta essere

strettamente collegata a determinati approcci di carattere teorico. In

particolare, all’effetto di aggressività possono essere ricondotte la “teoria

dell’apprendimento sociale”, “l’ipotesi della stimolazione elementare” e il

“neo-associazionismo cognitivo” (o “teoria della disinibizione”).

All’effetto di desensibilizzazione è collegata invece la teoria che prende il

suo stesso nome (“teoria della desensibilizzazione”), mentre all’effetto di

paura può essere ricondotta la “teoria della coltivazione”.

La teoria dell’apprendimento sociale, conosciuta anche con il nome di

teoria dell’apprendimento mediante imitazione, viene formulata da

Bandura agli inizi degli anni 60. Essa postula che la visione della violenza

aumenti la disponibilità di risposte aggressive nel fruitore del messaggio,

soprattutto se i comportamenti violenti presentati vengono ricompensati,

se le caratteristiche della persona verso la quale si indirizzano gli atti

violenti sono tali da farla assomigliare a qualche gruppo sociale

facilmente riconoscibile nell’ambiente di vita del fruitore [Arcuri, Castelli,

1996]. Bandura e i suoi collaboratori giungono alla formulazione di tale

modello teorico dopo alcune ricerche sperimentali compiute su

programmi televisivi a contenuto violento [1961]. Il disegno che i

ricercatori utilizzano per i loro esperimenti è abbastanza semplice: alcuni

bambini in età prescolare vengono scelti da uno sperimentatore e portati

ad uno ad uno in una stanza, dove viene chiesto loro di attendere mentre

egli porta a termine un determinato compito. Durante l’attesa, i bambini

vengono assegnati con scelta casuale a tre differenti gruppi; al primo

gruppo viene presentato un filmato che mostra un adulto intento a

picchiare con un martello un pupazzo di nome “Bobo”, e a pronunciare

38

Page 41: Tesi Alberto Sabatini

contemporaneamente frasi che sottolineano il significato del gesto: i

ricercatori danno all’adulto il nome di “modello”. I bambini del secondo

gruppo, definito di confronto, vedono invece un modello adulto che

gioca tranquillamente con delle costruzioni di legno, mentre, ai bambini

del terzo gruppo, detto di controllo, non viene mostrato alcun modello.

Successivamente, i bambini vengono lasciati soli in una stanza con a

disposizione un ampio numero di giocattoli, in parte appartenenti allo

scenario delle condotte aggressive (un martello, il pupazzo “Bobo”) e in

parte appartenenti a scenari non aggressivi (camion, orsacchiotti). I

risultati di questi esperimenti dimostrano che i bambini appartenenti al

primo gruppo, ovvero coloro che sono stati esposti al modello violento,

mettono in luce comportamenti più aggressivi sia rispetto ai bambini del

gruppo di confronto che rispetto a quelli del gruppo di controllo. Inoltre,

i comportamenti aggressivi manifestati dai soggetti riproducono in parte

esattamente quelli del modello presentato e, in parte, si mostrano come

del tutto nuovi. Secondo Arcuri e Castelli [1996], l’interpretazione teorica

che Bandura e collaboratori forniscono a tale processo è che

l’apprendimento degli individui avviene sulla base della semplice

osservazione, a prescindere dalla presenza o meno di rinforzi che

premino il proprio comportamento o quello del modello. Lo stesso

Bandura [1977] ipotizza che, affinché si verifichi questo apprendimento

sociale, il soggetto che si espone a determinati stimoli aggressivi deve

compiere tre specifiche azioni:

1. prestare attenzione al modello che viene proposto

2. memorizzare tale modello affinché possa essere successivamente

recuperato

3. valutare gli esiti del comportamento

La teoria dell’apprendimento sociale introduce un concetto abbastanza

importante se consideriamo l’ambito di studi sugli effetti dei media: un

individuo non deve sottoporsi in prima persona a dei rinforzi perché si

39

Page 42: Tesi Alberto Sabatini

verifichi l’apprendimento di un comportamento, ma è sufficiente che egli

veda altre persone coinvolte in tale esperienza [Bandura, 1977]. In questo

modo, anche sistemi articolati di risposte possono essere appresi

attraverso l’osservazione e il modellamento. Inoltre, la riproduzione di

comportamenti osservati avviene, la maggior parte delle volte, né

intenzionalmente né consapevolmente: il comportamento di un modello

può venir imitato da un individuo a distanza di tempo senza che egli sia

necessariamente in grado di stabilire alcun legame tra le sue azioni attuali

e quanto osservato in passato. Tutto ciò porta ad affermare che

attraverso l’osservazione è possibile acquisire determinate conoscenze e

plasmare comportamenti.

Se da una parte la teoria dell’apprendimento sociale ha aperto la strada a

successive ricerche riguardo il problema degli effetti televisivi violenti

[Arcuri, Castelli, 1996], dall’altra, questo particolare modello teorico non

è riuscito a dare una spiegazione completa del processo di cambiamento

del comportamento. Secondo Metastasio [2002] infatti, Bandura, nel

formulare il processo di apprendimento sociale come conseguenza

dell’esposizione ad azioni violente, non avrebbe tenuto in considerazione

alcune caratteristiche specifiche del contenuto e del contesto inerenti

l’apprendimento e la riproposta di comportamenti aggressivi: in

specifico, la misura in cui viene legittimata l’aggressività, la somiglianza

della situazione di ascolto con la realtà del soggetto coinvolto nel

processo, il ruolo esercitato dai bisogni, interessi, motivazioni e

autopercezione dello spettatore. Queste limitazioni avrebbero

successivamente portato Bandura a rivedere alcuni aspetti della propria

teoria e condotto altri ricercatori ad abbandonare la relazione

“esposizione-aggressività”, in favore di una prospettiva cognitivo-sociale

dell’elaborazione dell’informazione. I principali esponenti di questa

nuova corrente sono Huesmann e Berkowitz: il primo [1986] propone

un’ipotesi esplicativa del comportamento basata su specifici schemi

40

Page 43: Tesi Alberto Sabatini

preesistenti (scripts), mentre, il secondo [1965] si fa portavoce di un “neo-

associazionismo cognitivo” o “teoria della disinibizione”. In base a

quanto viene affermato da Huesmann [1986], il risultato

dell’apprendimento di un comportamento aggressivo sarebbe uno script

di comportamento. Questo, può essere definito come uno schema che

riflette la conoscenza e le aspettative di un soggetto nei confronti di

sequenze tipiche in particolari situazioni, e comprende elementi di

riferimento ad esse relativi, i ruoli sociali e le regole. Ogni evento che

coinvolge l’individuo verrebbe, perciò, codificato in uno script

preesistente o contribuirebbe a formarne dei nuovi. Le aspettative su ciò

che è probabile si verifichi in una particolare situazione creerebbero delle

prescrizioni sul comportamento, offrendo indicazioni su determinate

sequenze di azioni che dovrebbero portare al raggiungimento di un

obiettivo [Schank, Abelson, 1977].

La “teoria della disinibizione” sostiene, invece, che la prolungata

esposizione a comportamenti violenti può rendere questi ultimi degli

eventi apparentemente normali. In questo modo, in un soggetto

verrebbero a diminuire le inibizioni che normalmente impediscono di

ricorrere a questi tipi di comportamenti. Tale fenomeno diventerebbe

particolarmente evidente quando la violenza è presentata in circostanze

in cui essa viene giustificata, e la probabilità che le azioni violente viste in

Televisione si verifichino nel contesto reale aumenta in relazione alla

similarità dei due contesti (reale e televisivo)[Berkowitz, 1965]. Un valido

esempio di disinibizione viene fornito da Aronson [1995]: lo psicologo

riferisce di un episodio accadutogli negli anni 70. In una particolare

occasione, il figlio di Aronson chiede al padre che cosa sia il napalm, ed

egli distrattamente afferma che si tratta di una sostanza chimica

altamente tossica, la quale a contatto con la pelle crea gravi ustioni.

Alcuni minuti dopo Aronson si accorge che il figlio piange: egli si rende

improvvisamente conto di come i mass-media lo abbiano indotto a

41

Page 44: Tesi Alberto Sabatini

riferire della guerra come se questa si tratti di un evento quotidiano e di

come, al contrario, una persona non ancora disinibita possa cogliere

l’orrore di questi avvenimenti.

Un’altra prospettiva teorica che cerca di dare una spiegazione agli effetti

dei contenuti televisivi violenti è quella della “stimolazione elementare”.

Secondo questa teoria, la visione di contenuti televisivi di tipo aggressivo

provocherebbe delle specifiche modificazioni nell’attività fisiologica di

un soggetto, modificazioni come il possibile aumento della tensione

arteriosa e l’accelerazione del battito cardiaco [Metastasio, 2002].

Particolari residui di questa tensione rimarrebbero attivi nel soggetto

anche per un certo periodo dopo l’esposizione e si manifesterebbero

successivamente in ogni tipo di attività svolta dal soggetto stesso. Ciò

significa che se in uno spettatore determinati atti di tipo antisociale

occupano una posizione preminente, allora l’eccitamento provocato

dall’esposizione renderà improvvisamente disponibili proprio quelle

risposte di tipo violento. Questo processo risulta essere efficace nei

confronti di quegli individui che si mostrano come patologicamente

aggressivi o verso coloro che sono stati resi potenzialmente aggressivi

per mezzo di un trattamento sperimentale [Tannebaum, Zillmann, 1975].

In base a quanto affermato da Metastasio [2002], all’effetto di

desensibilizzazione sarebbe collegata l’omonima teoria (“teoria della

desensibilizzazione”). Questo modello sostiene che la continua

esposizione di uno spettatore a contenuti televisivi violenti potrebbe

condurre lo stesso spettatore a una riduzione della propria risposta

emotiva all’aggressività e a una maggiore accettazione di questa nella vita

reale. In questo modo, gli individui svilupperebbero un processo di

assuefazione che li porterebbe a richiedere forme di violenza sempre più

estreme. Secondo questa prospettiva, perciò, la rappresentazione

televisiva della violenza tenderebbe ad innalzare la soglia di tolleranza di

un soggetto per l’accettazione della stessa violenza nella vita reale, perché

42

Page 45: Tesi Alberto Sabatini

ciò implicherebbe una certa normalità nel suo utilizzo. Alcuni ricercatori

hanno tentato di verificare i presupposti formulati da questa teoria

compiendo degli esperimenti su gruppi di bambini. Tra questi è possibile

ricordare quelli svolti da Drabman e Thomas [1974]. Essi, attraverso

alcuni studi effettuati su dei bambini di circa 8 anni, dimostrano che

l’esposizione a programmi di contenuto violento può provocare a breve

termine, nei soggetti, differenti risposte a episodi di aggressività che si

svolgono nella vita di tutti i giorni. Gli studiosi selezionano alcuni

bambini di scuola elementare e li assegnano casualmente a due differenti

gruppi, uno che viene esposto alla visione di un filmato a contenuto

violento e uno che non ne viene esposto. I risultati di questo

esperimento dimostrano che i bambini appartenenti ai due gruppi

metteranno in atto comportamenti differenti in occasione di episodi reali

di cui essi saranno successivamente testimoni in prima persona (es. la

visione di uno scontro fisico nella propria classe): in specifico, Drabman

e Thomas affermano che, in questa particolare circostanza, i bambini che

hanno assistito alla proiezione del filmato violento si comporteranno

meno responsabilmente di quelli che non hanno assistito ad esso, non

avvisando nessuno per l’accaduto.

Un ulteriore effetto che Metastasio [2002] attribuisce all’esposizione a

contenuti televisivi violenti è quello relativo alla paura. Secondo l’autrice,

la continua visione di avvenimenti televisivi violenti condurrebbe lo

spettatore a credere in una maggiore presenza della violenza nella vita

reale, rispetto all’effettiva possibilità che tutto ciò avvenga realmente

attraverso un processo di “coltivazione”.

La “teoria della coltivazione”, formulatala da Gerbner e collaboratori

[1986], sostiene che la funzione principale dei mass-media sia quella di

agenti di socializzazione, in grado di condizionare le percezioni, gli

atteggiamenti, i valori e i comportamenti degli spettatori [Arcuri, Castelli,

1996]. I mezzi di comunicazione presentano al pubblico un’immagine

43

Page 46: Tesi Alberto Sabatini

coerente della realtà tramite programmi che possono influenzare

progressivamente la formazione di immagini del mondo, secondo un

processo di apprendimento cumulativo [Gerbner, Gross, Morgan,

Signorielli, 1986]. Così Gerbner [1986, pag. 28] definisce, infatti, il ruolo

assunto dalla Televisione nella società moderna: “La Televisione coltiva fin

dall’infanzia predisposizioni e preferenze solitamente accolte dalle altre fonti primarie

e, superando le storiche barriere dell’alfabetizzazione e della mobilità, diventa la

principale comune fonte di informazione (soprattutto nella forma dell’intrattenimento)

per una popolazione altrimenti eterogenea”.

Alla base di questo approccio teorico vi sono due concetti fondamentali:

1. il “mainstreaming”

2. la “resonance”

Con il primo, si intende il processo attraverso il quale l’esposizione

televisiva porta ad una omogeneizzazione nelle concezioni dell’audience.

Questa ipotesi viene dimostrata attraverso due modalità. La prima si basa

sulla rilevazione dello scarto che separa le concezioni dei soggetti con un

maggiore utilizzo del mezzo televisivo (heavy viewers) dalle concezioni di

coloro che, contrariamente, dimostrano di avere una minore fruizione

televisiva (light viewers). Questi due gruppi posseggono differenti idee

dovute alle diverse quantità di esposizione, di conseguenza, quanto

maggiore è la differenza nelle loro abitudini di fruizione, tanto maggiore

sarà tale scarto. Ad esempio, le persone che guardano maggiormente la

Televisione considereranno il mondo in cui vivono come più violento

rispetto alla realtà, come conseguenza di una sovraesposizione televisiva

ad atti violenti. La seconda modalità si riferisce al fatto che la visione

televisiva tenderebbe a ridurre quelle naturali differenze che

contraddistinguono differenti gruppi sociali. In questo senso, individui

che si espongono al mezzo televisivo in modo massiccio, arriverebbero a

condividere un insieme di esperienze che tenderebbero ad avvicinare il

44

Page 47: Tesi Alberto Sabatini

loro modo di pensare, cosa che al contrario non avverrebbe per i light

viewers [Arcuri, Castelli, 1996].

Il secondo concetto sottostante alla “teoria della coltivazione” è quello

relativo alla “risonanza”. Esso si riferisce all’accentuazione degli effetti

dei media nei casi in cui vi siano particolari cause esterne che si muovano

nella medesima direzione degli stessi effetti. A spiegazione di tale

concetto, Gerbner e collaboratori [1980] affermano che la percezione

degli individui di vivere in una società violenta può essere più o meno

estesa dal fatto di trovarsi in un’area urbana ad alto tasso di criminalità o

in una tranquilla zona residenziale.

Se da una parte la “teoria della coltivazione” afferma con certezza come

la fruizione televisiva crei negli spettatori degli effetti di sfasamento tra la

realtà vissuta e l’immagine culturale della realtà trasmessa dai media

[Cantoni, Di Blas, 2002], dall’altra, la stessa teoria presenta alcuni

limitazioni di carattere empirico. In particolare, Gerbner e collaboratori

[1986], nel dimostrare la validità della teoria focalizzano l’attenzione

solamente nei confronti di una violenza fisica, escludendo di

conseguenza tutte quelle forme aggressive quali quelle verbali e

psicologiche, più difficili da individuare ed esaminare.

Un approccio teorico che si distanzia dalle precedenti teorie sugli effetti

antisociali dei media è quello rappresentato dall’ipotesi della “catarsi”. La

teoria ipotizza una inibizione dell’aggressività a seguito dell’esposizione

televisiva a contenuti aggressivi [Feshback, Singer, 1971]. La visione di

contenuti violenti attiverebbe nell’individuo un processo di sfogo dei

propri impulsi aggressivi che, contrariamente, si rivolgerebbero in un

comportamento diretto. Alcune ricerche hanno dimostrato come questa

teoria non abbia una profonda validità: Archer e Gaertner [1976], infatti,

hanno analizzato il numero di omicidi commessi a partire dal 1900 in

circa 110 paesi. I risultati hanno evidenziato come nel periodo post-

45

Page 48: Tesi Alberto Sabatini

bellico gli atti di violenza dei paesi coinvolti nel conflitto siano aumentati

anziché diminuire.

2.2 Gli effetti pro-sociali dei media

Un altro tipo di effetti che la Televisione può produrre nei confronti del

proprio pubblico è quello relativo ai contenuti di carattere pro-sociale. Il

mezzo televisivo, infatti, può favorire lo sviluppo di comportamenti

socialmente positivi come l’altruismo, la generosità, la gentilezza e la

responsabilità sociale. Il campo di ricerca sugli effetti pro-sociali dei

media, meno vasto di quello degli effetti antisociali, si sviluppa negli Stati

Uniti a partire dagli anni Settanta. Come per gli studi effettuati in ambito

antisociale, anche in questo settore di ricerca si fa ricorso a modelli

sperimentali che hanno l’obiettivo di riscontrare una possibile relazione

tra la proposta di contenuti televisivi positivi e il comportamento

osservato nei soggetti esposti ai media [Metastasio, 2002]. La maggior

parte delle ricerche si è focalizzata sull’analisi degli effetti di particolari

programmi televisivi (“Sesame Street” e “Mister Rogers’

Neighborhood”), trasmessi in quegli anni con l’obiettivo di promuovere

nei bambini determinati comportamenti di carattere pro-sociale quali

l’altruismo e la generosità. Un esperimento condotto proprio in questa

direzione è quello svolto da Gorn, Goldberg e Kanungo [1976] con

l’obiettivo di verificare la comparsa di comportamenti pro-sociali, quali

l’integrazione, a seguito dell’esposizione televisiva. Gli studiosi

presentano ai dei bambini di razza bianca, di età compresa tra i 3 e i 5

anni, degli episodi della serie televisiva “Sesame Street”. Ad un

sottogruppo di bambini vengono mostrati episodi che raffigurano

bambini non bianchi che giocano tra loro, a un altro, invece, vengono

presentati episodi che mostrano bambini bianchi e di altre razze intenti a

giocare assieme in una condizione di integrazione. I risultati di questo

esperimento dimostrano come in condizioni successive i soggetti

46

Page 49: Tesi Alberto Sabatini

appartenenti ad entrambi i sottogruppi scelgano quali compagni di gioco

dei bambini non bianchi in misura maggiore a quanto facciano i soggetti

appartenenti ad un gruppo di controllo. In base agli studi effettuati da

alcuni ricercatori [Friedrich, Stein, 1973] risulta che l’impatto dei

programmi pro-sociali sugli spettatori dipende da molte caratteristiche

dei soggetti sia individuali che sociali, quali l’età, il tipo di

comportamento considerato, la propensione individuale ad assumere

atteggiamenti approvati socialmente. La maggior parte delle ricerche è

comunque concorde nell’affermare che l’ascolto di programmi televisivi

a contenuto pro-sociale e l’esposizione periodica a questi possano essere

condizioni fondamentali per la comparsa di comportamenti positivi.

Secondo Metastasio [2002] però, il campo di studi sugli effetti pro-sociali

dei media presenta alcune problematiche di carattere interno. In primo

luogo, molte ricerche compiute in questa direzione hanno fornito una

definizione di comportamento pro-sociale non sempre chiara e troppo

spesso generica. L’autrice ribadisce che solo pochi esperimenti svolti

sugli effetti positivi dei media hanno saputo dare una definizione chiara

ed esaustiva di comportamento pro-sociale. Un esempio tra questi è

quello rappresentato dalle analisi di Lee [1975]: secondo la studiosa, per

comportamento pro-sociale si deve intendere ciò che viene approvato

socialmente e valutato positivamente, in opposizione a manifestazioni

considerate per lo più socialmente indesiderabili, di tipo distruttivo e

conflittuale. In base a questa considerazione, esempi di comportamenti

tipicamente pro-sociali sarebbero le azioni altruistiche rivolte al

benessere altrui, le manifestazioni di affetto e di empatia, le azioni di

controllo su predisposizioni negative.

Un altro limite a questo campo di ricerca è quello inerente il modo in cui

i comportamenti pro-sociali vengono presentati agli spettatori televisivi.

A differenza dei comportamenti antisociali, che vengono di solito

mostrati attraverso azioni improvvise ed eclatanti, i comportamenti pro-

47

Page 50: Tesi Alberto Sabatini

sociali passano quasi sempre inosservati e vengono di norma mediati da

processi di verbalizzazione meno diretti ed efficaci. Inoltre, a rendere

ancora più complicata la comprensione e la successiva elaborazione di

comportamenti positivi è il modo in cui i contenuti pro-sociali e i

comportamenti aggressivi vengono spesso mescolati all’interno di

specifici programmi televisivi.

48

Page 51: Tesi Alberto Sabatini

Capitolo 3

Due effetti di percezione sociale

“La percezione comporta un atto di categorizzazione.

Noi stimoliamo l’organismo con un input adatto e

l’organismo risponde collocando questo input in una

classe di oggetti o di avvenimenti”

(J.S. Bruner)

Una sezione di questa tesi deve essere necessariamente dedicata allo

studio di due particolari effetti di percezione sociale: “l’effetto terza persona”

e “l’effetto falso consenso”. Di questi, cercheremo di definire le principali

caratteristiche, i processi di sviluppo e le interpretazioni teoriche fornite a

riguardo dai vari studiosi.

3.1 Che cosa si intende per effetto terza persona

“L’effetto terza persona” è uno specifico fenomeno di percezione sociale

che consiste, principalmente, nel sopravvalutare l’effetto dei messaggi

persuasivi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa sugli

atteggiamenti e sui comportamenti delle altre persone, e nel sottostimare

i medesimi effetti sulla propria persona [Davison, 1983]. Spesso, nel

rapportarci a processi d’influenza sociale, siamo, infatti, indotti a pensare

che gli altri siano più vulnerabili e suscettibili all’influenza di quanto non

lo siamo noi in realtà. Questo, perché tendiamo a considerare noi stessi

49

Page 52: Tesi Alberto Sabatini

come individui competenti e critici di fronte ad ogni tipo di

comunicazione persuasiva. L’effetto terza persona può apparire più o

meno forte in relazione al tipo di problema in questione. Poiché

ammettiamo con più facilità di essere stati influenzati da messaggi o

comportamenti socialmente desiderabili, che non da messaggi o

comportamenti socialmente indesiderabili, rispetto ai primi l’effetto

apparirà meno rilevante. Per esempio, non avremo particolari difficoltà

ad ammettere di essere stati influenzati da una campagna che invita i

giovani a non mettersi alla guida dopo aver bevuto e, pertanto, l’effetto

terza persona sarà ridotto, se non invertito. Al contrario, se si pensa che i

mass-media possano istigare comportamenti violenti nelle persone, ci si

mostrerà inclini a sottovalutare la propria vulnerabilità a fronte di queste

sollecitazioni, rimarcando così la propria differenza dagli altri [Mucchi

Faina, 1996]. Inoltre, l’effetto risulta più forte, e quindi la differenza

sé/altri aumenta, quando il soggetto è in disaccordo con la fonte su un

determinato tema che considera importante e quando il termine di

confronto è vago e distante, rispetto a quando questo è vicino [Duck e

Mullin, 1995].

L’interesse per questo fenomeno è stato introdotto da Davison nel 1983

con la pubblicazione di un articolo nel quale egli mostra i risultati di una

ricerca condotta su un gruppo di soggetti, soggetti ai quali viene chiesto

di stimare gli effetti della propaganda politica televisiva sul

comportamento e sugli atteggiamenti di voto propri e altrui. In accordo

con le ipotesi formulate dallo studioso, i soggetti credono, così, che le

altre persone siano sensibilmente più influenzate da questi messaggi

rispetto a loro stessi [Davison, 1983]. Dopo gli studi effettuati da

Davison, l’effetto terza persona ha ricevuto molta attenzione anche da

parte di altri ricercatori, i quali hanno cercato di analizzare in modo più

specifico il fenomeno attraverso interviste, questionari e metodi di

ricerca sperimentale. I risultati ottenuti in questo senso hanno dimostrato

50

Page 53: Tesi Alberto Sabatini

quanto siano complessi e vari i meccanismi sottostanti a tale fenomeno:

per questo, cercheremo di illustrare nei prossimi paragrafi come è stato

affrontato e spiegato tale processo.

3.2 Come opera l’effetto

Ogni individuo, nel percepire gli effetti della comunicazione di massa,

tende a ritenere che le altre persone elaborino i messaggi in modo

differente da se stesso. A questo proposito, esistono, infatti, due modi di

interpretare questa disparità tra la percezione degli effetti della

comunicazione sugli altri e su stessi:

1. come sottostima dell’impatto che la comunicazione mediatica ha su se

stessi

2. come sovrastima degli effetti che i mass-media hanno sugli altri

soggetti.

Alcuni autori [Gunther, 1991] hanno tentato di spiegare tale fenomeno

chiamando in causa la similarità esistente tra l’effetto terza persona e la

“teoria dell’attribuzione causale”. I processi di attribuzione causale sono

particolari processi che le persone mettono in atto quando devono

cercare di interpretare il comportamento proprio e altrui in relazione alle

cause che lo producono, ovvero quando inferiscono le cause che stanno

dietro a specifiche azioni e sentimenti [Heider, 1958; Harvey, Weary,

1981]. Sono due i concetti fondamentali, appartenenti alla teoria

dell’attribuzione, che secondo gli studiosi sono alla base dell’effetto terza

persona: il concetto di “errore fondamentale di attribuzione” e il concetto di

“self serving bias”. Il primo concetto si riferisce alla tendenza generale di

giudizio che i soggetti manifestano quando, nell’individuare i fattori che

determinano il comportamento delle persone, sottostimano l’impatto dei

fattori situazionali mentre sovrastimano il ruolo dei fattori disposizionali.

In questo modo, nei confronti delle risposte fornite ai media dalle altre

persone, i soggetti tenderebbero a non considerare come cause primarie

51

Page 54: Tesi Alberto Sabatini

le caratteristiche della situazione, come la tendenziosità e credibilità di

fonte o messaggio e, sottostimando gli effetti della stessa situazione

(fattori esterni), essi attribuirebbero più cambiamenti alle opinioni delle

persone. Al contrario, gli individui percepirebbero se stessi come soggetti

attenti al contenuto e alla credibilità dei messaggi provenienti dai media,

dunque si riterrebbero capaci di distinguere tra un’informazione che

merita e una che non merita di avere un forte impatto sui propri

comportamenti e atteggiamenti: così facendo, essi attribuirebbero a loro

stessi un minor numero di cambiamenti sulle proprie opinioni, come

conseguenza di una maggiore consapevolezza e considerazione dei

fattori situazionali [Ross, 1977]. Il secondo concetto, quello del “self

serving bias” [Ross, Fletcher, 1985], rappresenta la tendenza da parte

degli individui a cercare cause interne per l’attribuzione dei propri

successi individuali, biasimando gli altri per i loro fallimenti e dando

spiegazioni situazionali ai propri fallimenti e ai successi altrui. Questo,

avviene perché le persone sentono continuamente l’esigenza di

migliorare la propria immagine, attraverso il confronto con gli altri,

mostrando se stessi in una luce favorevole, mantenendo e aumentando la

propria autostima oltre a salvaguardare la propria percezione

d’invulnerabilità agli eventi esterni. Secondo questa visione, perciò, gli

individui tendono ad affermare che gli altri sono maggiormente

influenzati dai media, rispetto a loro stessi, perché il loro scopo è quello

di mantenere un certo controllo sugli eventi e di accrescere la propria

autostima. Nel caso, poi, le informazioni provenienti dai media vengano

considerate dagli stessi individui come informazioni di carattere positivo,

i soggetti si mostreranno propensi ad attribuire più effetti sulla propria

persona, perché si considereranno abbastanza attenti per riconoscerne il

valore intrinseco.

Anche Hoorens e Ruiter [1996], nel considerare l’effetto terza persona, si

riferiscono al concetto di promozione del sé (self-enhancement): in base a

52

Page 55: Tesi Alberto Sabatini

quanto affermano i due studiosi, gli individui percepiscono le proprie

risposte ai media come più appropriate di quelle degli altri; infatti, la

tendenza generale delle persone è quella di considerarsi come più

competenti degli altri nel cogliere criticamente il tentativo di persuasione

dei messaggi veicolati dai media: inoltre, se il messaggio viene percepito

come tendenzioso, la differenziazione sé/altri tenderà ad aumentare

[Gibbon, Durkin, 1995].

Altri autori hanno cercato di fornire una spiegazione differente dei

motivi sottostanti allo sviluppo dell’effetto terza persona: in particolare,

Smith [1986] ha preso in considerazione una motivazione di carattere

cognitivo. Secondo lo studioso, gli individui avrebbero una percezione e

comprensione del proprio funzionamento psicologico molto limitata,

credendo, in maniera errata di essere immuni dall’impatto dei mass-

media. Le persone acquisirebbero, così, attraverso la propria esperienza

personale, delle particolari conoscenze in campo sociale. Queste

conoscenze verrebbero immagazzinate in memoria sotto forma di

“script” o copioni cognitivi, definiti come strutture di dati per

rappresentare concetti organizzati in memoria [Fiske, Taylor, 1991].

L’attivazione di queste specifiche strutture schematiche influenzerebbe la

codifica e l’interpretazione delle informazioni riguardanti l’oggetto stesso

dello schema (per es. i media e il loro pubblico) e creerebbe delle

aspettative che potrebbero influenzare sia il ricordo di possibili azioni, sia

il modo in cui i tratti di personalità sono interpretati. Queste conoscenze,

possono includere varie nozioni:

1. i messaggi televisivi esercitano sul pubblico un forte impatto

2. i messaggi presentati in modo realistico sono più persuasivi

3. la presentazione teatrale di un messaggio, come nelle serie televisive,

influenza maggiormente gli atteggiamenti

4. gli spettatori sono altamente influenzabili

53

Page 56: Tesi Alberto Sabatini

Un’interpretazione come questa, si basa, dunque, sull’idea che il

sottostimare gli altri in un confronto con se stessi sia un particolare caso

di distorsione nel giudizio sociale [Tyler e Cook, 1984], in cui il sé risulta

essere implicato, anche se in modo indiretto, perché si è convinti che gli

effetti dei media su se stessi siano attenuati da un certo passaggio di

messaggi attraverso lo schema di sé, la personale vulnerabilità e altri

fattori situazionali.

Un’altra interpretazione che è stata data circa i fattori sottostanti l’effetto

terza persona è quella che prende in considerazione aspetti motivazionali

[Gunther, Mundy, 1993]. Secondo questa prospettiva, gli individui (e in

particolare gli spettatori) sentono il bisogno di credere in una propria

invulnerabilità verso gli eventi di vita negativi (life events) e di possedere

un atteggiamento di “ottimismo irrealistico” verso il futuro, per

mantenere, così alta la propria autostima e il senso di controllo verso ciò

che accade all’esterno. Un aspetto di questa “illusione di invulnerabilità”

consiste proprio nella convinzione di non considerarsi suscettibili

all’influenza della comunicazione persuasiva. Come sottolineano

Gunther e Thorson [1992], infatti, vedere se stessi come meno

vulnerabili all’influenza dei mass-media aiuta a mantenere e ad accrescere

la valutazione della propria identità. Questa spiegazione, in accordo con

le ipotesi della promozione del sé (self-enhancement view), ci permette di

confermare quanto sia improbabile che gli individui ammettano che il

processo di comunicazione di massa influenzi i propri atteggiamenti,

quando esistono motivi validi per credere che tale ammissione possa

avere conseguenze negative sulla propria immagine.

Altri studi compiuti sull’effetto terza persona, hanno messo in luce come

questo specifico meccanismo di percezione sociale possa essere

analizzato considerando non più i processi interpersonali ma quelli di

gruppo. In particolare, alcuni autori [Turner et al. , 1987] hanno cercato

di interpretare l’effetto terza persona nel quadro di quella che hanno

54

Page 57: Tesi Alberto Sabatini

chiamato “teoria della categorizzazione del sé”. Secondo questo modello,

vi sono situazioni in cui le persone tendono a percepirsi principalmente

in termini di membri di un gruppo e in base a ciò definiscono la propria

identità sociale. In queste situazioni, in cui il sé e l’altro non sono più

percepiti come individui ma come membri di un gruppo, un processo di

categorizzazione del sé “depersonalizza” la percezione di sé e degli altri,

provocando l’accentuazione delle somiglianze fra sé e i membri

dell’ingroup e delle differenze fra i membri dell’ingroup e quelli dell’outgroup.

In questo modo, nella misura in cui il target che l’individuo giudica viene

categorizzato come appartenente ad un outgroup, esso verrà giudicato per

contrasto rispetto all’identità del soggetto, valutato negativamente e

rappresentato in modo sfavorevole, ovvero come maggiormente

vulnerabile all’influenza dei media. Al contrario, affermano gli studiosi, i

target categorizzati all’interno del medesimo gruppo a cui l’individuo

sente di appartenere, saranno assimilati all’individuo stesso e giudicati in

modo più favorevole, ossia come meno vulnerabili all’influenza dei mass-

media. Questi effetti di assimilazione e contrasto sono potenziati dalla

forza del sentimento di appartenenza al gruppo, cioè dal livello di

identificazione con esso.

3.3 In quali condizioni si manifesta

Gli studi compiuti sull’effetto terza persona si sono concentrati,

principalmente, sulla definizione delle condizioni di base attraverso le

quali l’effetto si presenta e si sviluppa, focalizzandosi, in particolare, su

determinati aspetti che ne rendono possibile l’attuazione. Alcune

ricerche, infatti, hanno preso in considerazione variabili come le

caratteristiche della fonte e del messaggio, altre, hanno considerato le

proprietà del soggetto percepente e del target di confronto.

Alla prima corrente, si rifanno gli esperimenti compiuti da Innes e Zeitz

[1989], i quali suggeriscono che la percezione della differenza sé/altri, nei

55

Page 58: Tesi Alberto Sabatini

confronti di una vulnerabilità all’influenza dei media, tende ad aumentare

quando il contenuto del messaggio è percepito dai soggetti come

dannoso o socialmente indesiderabile. Inoltre, tale percezione sembra

presentarsi anche quando la fonte della comunicazione è vista come

tendenziosa, non attendibile e, di conseguenza, non degna di fiducia

[Cohen, 1988]. In opposizione a tali considerazioni, alcune ricerche

dimostrano che se l’influenza mediatica viene percepita dagli individui

come socialmente desiderabile (per es. campagne di sensibilizzazione

sociale), l’effetto terza persona si mostrerà invertito e i soggetti si

percepiranno come maggiormente influenzabili rispetto al target di

confronto [Duck, Mullin, 1995]. Questo, sembra avvenire perché

l’ammissione di essere influenzati da messaggi che si ritiene abbiano un

contenuto di carattere positivo, può essere vista come un indicatore di

caratteristiche e tratti di personalità tendenti al rigore morale e

all’umanità della persona. Altri studiosi [Hoorens e Ruiter, 1996],

suggeriscono che anche l’esplicito o implicito intento persuasivo degli

argomenti trattati nel processo di comunicazione, rappresenta un fattore

fondamentale nel determinare la desiderabilità mostrata dal soggetto nei

confronti della stessa influenza. Essi, infatti, dimostrano che la

desiderabilità dell’influenza tende a diminuire per quei messaggi che

presentano in modo chiaro ed esplicito il loro intento persuasivo.

Tra le ricerche che si sono interessate alle caratteristiche dell’individuo

come condizione per l’attuazione dell’effetto terza persona, ricordiamo

quelle di Lasorsa [1989]. Gli esperimenti compiuti a riguardo, dimostrano

che la percezione della differenza tra sé e gli altri tende ad aumentare nel

caso in cui la persona si ritenga molto informata o particolarmente

coinvolta sul problema in questione. In questo processo, però, sembra

non essere del tutto chiaro se chi si percepisce come esperto su un certo

tema, tenda a sovrastimare gli effetti della comunicazione mediatica sugli

altri o, al contrario, attribuisca meno influenza su di sé, per il fatto di

56

Page 59: Tesi Alberto Sabatini

considerare la propria particolare conoscenza come possibile scudo

all’influenza dei media. Perloff [1989], ci tiene a sottolineare che questo

processo potrebbe essere la conseguenza di un’ostilità mostrata dagli

individui nei confronti dei media, ostilità che porterebbe i soggetti

coinvolti in un determinato problema a percepire i contenuti dei media

come contrastanti con la propria posizione. Ciò, potrebbe condurre le

persone ad attribuire questo maggiore effetto sugli altri, in relazione a

contenuti che supportano la posizione da loro ritenuta errata.

Un terzo campo di ricerca ha indirizzato la propria analisi nei confronti

della natura delle persone con cui i soggetti normalmente tendono a

paragonarsi. Dai risultati di alcuni studi [Gunther, 1991; Duck, Hogg,

Terry, 1995], emerge che l’ampiezza di discrepanza tra sé e gli altri può

dipendere dalle caratteristiche delle persone con cui ci si confronta. Più

queste persone risultano essere vaghe, generali e distanti da sé (per es.

studenti differenti o altri elettori), più la differenza sé/altri sarà percepita

dagli individui come fondamentale ed evidente. Al contrario, sostengono

gli studiosi, più il confronto viene fatto con persone vicine al soggetto

(amici, familiari, compagni di studio o lavoro), più la differenza tra sé e

gli altri apparirà meno significativa: questo meccanismo può essere

spiegato come una distorsione a favore del sé, distorsione che verrebbe,

così, estesa fino all’inclusione di amici vicini e familiari.

Un altro aspetto che deve essere messo in luce nel processo di analisi

sull’effetto terza persona, è certamente quello inerente le conseguenze

che il fenomeno di percezione sociale può avere sul comportamento

degli individui. Lo stesso Davison [1983], nell’esporre il concetto di

effetto terza persona come la predisposizione degli individui a

sovrastimare gli effetti della comunicazione persuasiva sugli altri, ritiene

che questa particolare percezione abbia un effetto sul comportamento.

Egli, infatti, è convinto che gli effetti negativi dei messaggi mediatici

portino i soggetti ad attuare azioni “preventive” o “compensatorie”. In

57

Page 60: Tesi Alberto Sabatini

questa direzione, gli effetti che i messaggi persuasivi hanno su

atteggiamenti e comportamenti individuali non sarebbero causati da un

impatto diretto del messaggio, ma da un effetto indiretto, dovuto,

appunto, alle azioni preventive o compensatorie di coloro che ritengono

che le altre persone ne saranno altamente influenzate.

La tendenza a ritenere che la comunicazione persuasiva possa avere

maggiori conseguenze sugli altri che su se stessi porta, quindi, ogni

individuo ad attuare specifiche risposte comportamentali. Questa ipotesi,

che risulta essere la conseguenza diretta di quanto è dimostrato da

Davison [1983], ci permette, perciò, di rilevare come i nostri

comportamenti sociali siano, in realtà, guidati da una nostra specifica

percezione di realtà.

Non tutte le ricerche compiute in questo senso, però, hanno permesso di

dimostrare l’esistenza di possibili effetti comportamentali del fenomeno

terza persona [Perloff, 1993]. La spiegazione che viene fornita a tale

conclusione è quella che le persone non mostrerebbero un

comportamento atteso, perché potrebbero credere che la loro

prospettiva e le loro opinioni siano molto differenti dalle opinioni della

maggioranza del pubblico in generale. Questo effetto, che prende il

nome di “spirale del silenzio” [Noelle Neumann, 1974], condurrebbe gli

individui a inibire la propria manifestazione di atteggiamenti e

comportamenti.

3.4 Che cosa si intende per effetto falso consenso

“L’effetto falso consenso” è un altro effetto di percezione sociale che consiste

nella tendenza a percepire il proprio comportamento come tipico e

nell’assumere che in determinate circostanze le altre persone si

comportino allo stesso modo. Questo effetto, evidenziato per la prima

volta da Ross, Green e House in un loro studio pubblicato nel 1977,

rappresenta un tipico esempio di giudizio tendenzioso a proprio favore

58

Page 61: Tesi Alberto Sabatini

(o bias). Come sottolineato precedentemente, i giudizi attribuzionali a

favore del sé sono il risultato di una limitazione percettiva e cognitiva

mostrata dagli individui durante i vari processi di definizione delle

situazioni [Forgas, 1985]. Tutti noi, infatti, siamo propensi a considerare

noi stessi come persone socialmente “normali” e questa convinzione ci

porta, molto spesso, a credere che in situazioni abbastanza importanti ci

comporteremo come la maggior parte delle persone che ci circondano.

Questo tipo di percezione, però, non sempre rispecchia la realtà dei fatti

e il risultato di tale processo è la creazione di quello che viene definito un

“consenso” distorto. Come abbiamo affermato, l’interesse per l’effetto

falso consenso è stato introdotto per la prima volta da Ross, Green e

House grazie al risultato di alcuni esperimenti da loro compiuti nel 1977.

La loro ricerca, infatti, riporta una serie di studi che dimostrano che le

persone tendono a percepire un effetto falso consenso per le loro stesse

credenze e comportamenti di vita quotidiana. Essi, descrivono questa

particolare distorsione di percezione sociale come la tendenza delle

persone a considerare le proprie scelte e i giudizi comportamentali come

relativamente comuni e appropriate e nel ritenere le posizioni opposte

alle proprie come inappropriate o devianti [Ross, Green, House, 1977].

In uno dei loro studi, i ricercatori chiedono a gruppi di studenti

appartenenti alla “Standford University” di partecipare ad alcuni semplici

esperimenti inerenti il processo di persuasione e il cambiamento degli

atteggiamenti; agli studenti, che acconsentono volontariamente di aderire

alla ricerca, viene domandato di camminare per circa trenta minuti,

attorno alla propria Università, indossando un cartellone (“sandwich

board”) con la scritta “Pentiti” (“Repent”). Il principale compito dei

partecipanti è quello di segnare, su un apposito foglio, il numero di

persone che, incontrandoli, risponderanno a questa affermazione,

specificando se tale risposta abbia una rilevanza positiva, negativa o

neutrale. Agli studenti che decidono di partecipare al progetto viene

59

Page 62: Tesi Alberto Sabatini

chiesto, poi, di stimare la percentuale di coetanei che sceglieranno la loro

stessa posizione e, a quelli che rifiutano di aderire all’esperimento, di

stimare la percentuale di quelle persone che si comporteranno nel

medesimo modo. I risultati della ricerca confermano quanto gli studiosi

ipotizzano in termini di effetto falso consenso: coloro che acconsentono,

pensano che il 63,5% degli studenti facciano la stessa scelta, mentre,

coloro che non aderiscono, a loro volta sono convinti che il 67% di tutti

gli studenti rifiutino di portare il cartello. Tale risultato dimostra, perciò,

una tendenza delle persone, indipendentemente dalla scelta operata, a

considerare più frequente negli altri la posizione coerente con la propria.

3.5 Come opera l’effetto e in quali condizioni

In base a quanto viene sottolineato da Marks e Miller [1987], il

paradigma per esaminare l’effetto falso consenso è uno in particolare:

agli individui viene generalmente chiesto di indicare i propri

atteggiamenti o comportamenti attraverso una misura dicotomica (sì –

no, accordo – disaccordo). Successivamente, agli stessi viene chiesto di

indicare la percentuale di persone che sceglierebbero una risposta

piuttosto che un’altra: secondo gli studiosi, gli individui percepiscono un

falso consenso quando le stime di consenso per le proprie posizioni

oltrepassano le stime per quelle posizioni ritenute differenti e opposte. I

due studiosi, nell’esaminare il sistema di crescita e di sviluppo dell’effetto

falso consenso, cercano di interpretare questo specifico fenomeno di

percezione sociale alla luce di quattro prospettive teoriche, prospettive

che, secondo la loro opinione, permetterebbero di interpretare in modo

più specifico i processi sottostanti all’effetto. Secondo Marks e Miller le

quattro prospettive sarebbero:

1. l’esposizione selettiva e la disponibilità cognitiva

2. la salienza

3. il processo d’informazione logica

60

Page 63: Tesi Alberto Sabatini

4. il processo motivazionale

Ognuna di queste prospettive, facente parte di una specifica corrente di

studi, fornirebbe, così, spiegazioni differenti del fenomeno di falso

consenso ma è probabile, secondo gli autori, che alcuni di questi

meccanismi operino assieme per arrivare a produrre l’effetto stesso.

Esposizione selettiva e disponibilità cognitiva

Una prima spiegazione che può essere fornita in relazione al processo di

falso consenso rimanda ai concetti di esposizione selettiva e di

disponibilità cognitiva. Questa prima prospettiva tende, infatti, ad

affermare che gli individui cercano normalmente la compagnia di

persone a loro simili o che si comportano in maniera simile. In questo

caso, la stima di frequenza prodotta dagli individui sui comportamenti

simili ai propri non farebbe altro che riflettere un campione tendenzioso

di informazioni, a cui il soggetto ha accesso quando recupera dalla

memoria i possibili esempi di comportamento. La percezione di

similarità di comportamento che le persone mostrano di avere durante il

processo di falso consenso, sarebbe, perciò, la conseguenza della facilità

con cui la stessa evidenza di similarità viene recuperata dalla memoria del

soggetto (euristica di disponibilità). Gli stessi Tversky e Kahneman

[1973] definiscono l’euristica di disponibilità come una strategia di

pensiero che tende ad essere utilizzata dagli individui ogni volta che

questi stimano la frequenza o la probabilità di un determinato evento:

questa euristica si basa sulla velocità con cui “vengono alla mente”

esempi o associazioni che si riferiscono alla categoria su cui il giudizio del

soggetto deve essere espresso. Alla luce di questa prospettiva, Marks e

Miller ritengono che Ross e gli altri autori, nel formulare e dimostrare

l’effetto falso consenso, abbiano applicato questa euristica di

disponibilità alle stime di consenso percepito, suggerendo che i possibili

esempi di similarità o di accordo tra se se stessi e le altre persone abbiano

61

Page 64: Tesi Alberto Sabatini

un maggior accesso in memoria rispetto a esempi di disaccordo o

disuguaglianza, e che gli stessi esempi possano accrescere, così, le stime

di consenso per le proprie posizioni. Secondo Ross [1977] ed altri

[Berscheid, Walster, 1978; Newcomb, 1961], gli esempi di similarità o di

accordo messi in atto durante il processo di falso consenso, sarebbero

facilmente disponibili in memoria perché la tendenza delle persone

sarebbe, appunto, quella di associarsi normalmente, secondo un principio

di esposizione selettiva, ad individui più simili a sé, piuttosto che a

persone differenti. Così, infatti, Marks e Miller [1987, pag. 73] riferiscono

di questa propensione individuale: “People tend to live in communities with

others of their socio-economic status, and they tend to work with others who share their

training and professional values. Through de facto selective exposure, people tend to be

exposed to others whose opinions and values are similar to their own …Therefore, the

people one encounters in day-to-day life tend to be a sample of individuals who are like

oneself “. Anche altri autori come Sherman, Presson, Chassin, Chorty

[1983] suggeriscono che il principio di esposizione selettiva risulta essere

un maggior contribuente nello sviluppo dell’effetto falso consenso.

Questi studiosi, infatti, dimostrano l’esistenza di uno stretto legame tra

l’esposizione selettiva e le stime di consenso attuate dagli individui. In

particolare, essi sottolineano come l’esposizione selettiva del soggetto sia

maggiore nei confronti del gruppo sociale a sé ritenuto più vicino. In

base a questa considerazione, l’effetto falso consenso diminuirebbe o, in

determinate circostanze, tenderebbe addirittura a scomparire nel caso in

cui gli individui stimino il consenso verso specifici target group, ai quali essi

non sono stati precedentemente esposti in maniera selettiva. Per

confermare tale posizione, gli studiosi hanno effettuato un esperimento

su gruppi di adolescenti fumatori e non. I risultati illustrati da Sherman e

dagli altri autori [1983] dimostrano come la propensione all’effetto falso

consenso manifestata da gruppi di adolescenti fumatori e non, risulti

minore quando il target di riferimento è rappresentato da gruppi di

62

Page 65: Tesi Alberto Sabatini

uomini adulti, piuttosto che da gruppi di ragazzi e ragazze della propria

scuola. Tale aspetto è la diretta conseguenza del fatto che, in relazione a

questi gruppi, il soggetto non dispone prontamente in memoria di

possibili esempi di similarità sé/altri.

Salienza

Un’altra interpretazione riferibile al fenomeno di falso consenso è quella

riguardante il principio di salienza. Secondo tale prospettiva, alla base

dell’effetto falso consenso vi sarebbe la convinzione che per il soggetto

una data opinione o convincimento potrebbe essere particolarmente

saliente.

Diversi autori [Marks, Miller, 1987; Arcuri, 1995] sottolineano

l’importanza svolta dal principio di salienza. In particolare, precisano che,

quando un individuo focalizza la propria attenzione esclusivamente su di

una singola posizione, il consenso percepito potrebbe aumentare, in

quanto quella posizione è l’unica di cui il soggetto è pienamente

consapevole. Al contrario, quando si tende a focalizzare la propria

attenzione su due o più posizioni, le stime di consenso, relative alle

stesse, potrebbero essere distribuite in modo uniforme e paritario.

Un esperimento che ha messo in luce la valenza del principio in esame, è

quello effettuato da Marks e Miller [1985] su di un gruppo di studenti

frequentanti il college. Agli studenti viene sottoposto l’estratto di un caso

giuridico, oggetto di pronuncia di una corte federale: il loro compito è

quello di esprimere un proprio giudizio di colpevolezza o innocenza a

riguardo. Successivamente, agli stessi viene domandato di attribuire un

verdetto di colpevolezza o innocenza nei confronti di tre differenti target

di persone: i propri migliori amici, i conoscenti, gli studenti coetanei. I

risultati della ricerca dimostrano che le persone che appaiono convinte

della propria posizione, tendono a sovrastimare questa stessa posizione

in una percentuale più larga rispetto a quei soggetti che, al contrario,

63

Page 66: Tesi Alberto Sabatini

risultano insicuri della propria personale opinione. Da ciò, deriva il fatto

che l’attenzione o il pensiero rivolti da un individuo nei confronti di una

particolare posizione (propria o altrui), influisce sul consenso percepito

per quella stessa posizione.

Gli stessi Marks e Miller [1985, pag. 166] riassumono così il principio di

salienza e il suo ruolo all’interno del meccanismo di falso consenso:

“When people are highly certain about their opinion, they are likely to be focused on

this position and not likely to be thinking about other potential rival positions. As a

consequence, only the preferred position is readily available to them …and this

availability may promote attribution of opinion similarity. On the other hand, when

people are uncertain about the correctness of the position they have adopted, rival

positions as well as the preferred one are likely to be salient or available in memory.

Consequently, substantial consensus may not be attributed to any one position”.

Processo d’informazione logica

Il processo d’informazione logica rappresenta un’altra prospettiva teorica

alla base del fenomeno di falso consenso. Tale approccio considera i

processi razionali come sottostanti alle stime che un individuo tende ad

attuare circa la similarità tra se stessi e gli altri. Il processo di attribuzione

causale [Heider, 1958] è un chiaro esempio di questa prospettiva. Heider

afferma che la natura stessa dell’attribuzione causale può influenzare le

ipotesi che un soggetto formula riguardo la comunanza di uno specifico

comportamento. Da ciò deriva il fatto che se un soggetto attribuisce la

causa di un comportamento altrui a un oggetto o a una situazione (fattori

esterni), la persona percepirà un alto grado di consenso per quel

comportamento. Al contrario, se un soggetto attribuisce la causa di un

comportamento altrui a fattori disposizionali (fattori interni alla persona),

egli sarà meno propenso a percepire una similarità di risposta tra se

stesso e gli altri. In base a questa prospettiva, perciò, esistono alcuni

fattori che possono aumentare o diminuire la portata del fenomeno di

64

Page 67: Tesi Alberto Sabatini

falso consenso: in specifico, esso risulta essere particolarmente forte

quando i fattori situazionali e le condizioni d’ambiente sono percepiti

come responsabili di un comportamento; al contrario, l’effetto sembra

affievolirsi quando emergono delle attribuzioni disposizionali del

comportamento stesso [Jones, Nisbett, 1971; Zuckerman, Mann, 1979].

La considerazione che il processo di attribuzione causale possa avere

un’influenza fondamentale sulle stime di consenso attuate da un

individuo, trova riscontro in alcuni esperimenti compiuti da McArthur

[1972], Zuckerman e Mann [1979]. In uno di questi studi, ad un gruppo

di studenti liceali vengono sottoposte alcune dichiarazioni che

descrivono determinati eventi comportamentali (es. “Nancy si diverte ad

un concerto di musica jazz”) e i fattori che possono causare tali eventi.

Alcune cause sono attribuite a fattori personali (es. “Nancy si diverte al

concerto di musica jazz per motivazioni di carattere personale”), altre ad

un oggetto o alle circostanze della situazione (“la reazione di Nancy è

dovuta a motivazioni di carattere situazionale”). Successivamente, agli

stessi soggetti viene richiesto di indicare su una scala a 9 punti il numero

di altre persone che si potrebbero divertire ugualmente al concerto. I

risultati dimostrano che le stime di consenso effettuate dai soggetti su

specifici eventi comportamentali, risultano essere significativamente più

grandi quando la causa dell’evento viene attribuita a fattori situazionali,

piuttosto che a fattori personali.

Processo motivazionale

Un’ultima prospettiva teorica che, secondo Marks e Miller [1987],

permette di interpretare il fenomeno di falso consenso è quella che

prende in considerazione determinati fattori motivazionali.

In base a questa visione, la percezione di similarità che gli individui

tendono ad attuare durante un processo di falso consenso, potrebbe

essere la diretta conseguenza di un profonda esigenza di approvazione

65

Page 68: Tesi Alberto Sabatini

sociale. Ogni individuo, infatti, nel rapportarsi agli altri, sente il bisogno

di considerare i propri convincimenti e i propri comportamenti come

appropriati, tipici e dotati di validità: in questo caso, attribuire tali

comportamenti anche agli altri non farebbe che rafforzare la propria

autostima e mantenere un personale equilibrio cognitivo [Arcuri, 1995].

Lo stesso Festinger [1954], nel formulare la “teoria del confronto

sociale”, sottolinea come l’opinione di un individuo si mostri corretta e

valida solamente nella misura in cui tale credenza risulti appartenere

anche ad altre persone. Secondo lo studioso, infatti, le persone tendono

continuamente a confrontare le proprie posizioni con quelle degli altri, al

fine di rilevarne la correttezza e la positività. Uno studio che ha messo in

luce l’importanza del mantenimento di autostima all’interno del

meccanismo di falso consenso, è quello che è stato eseguito da Suls e

Wan [1987] su un gruppo di ragazze adolescenti che mostrano una

specifica avversione nei confronti di alcuni insetti (ragni). Durante la

ricerca, alle ragazze viene chiesto di stimare il numero di altre coetanee

che si ritiene possiedano le medesime paure. I risultati dell’esperimento,

in linea con le ipotesi di falso consenso, dimostrano che la tendenza dei

soggetti altamente coinvolti nel problema è quella di sovrastimare la

frequenza del proprio comportamento sugli altri, mentre, la tendenza dei

soggetti coinvolti in maniera minore è, appunto, quella di sottostimare la

stessa frequenza di comportamento in relazione ai propri coetanei.

Dietro a questo meccanismo si celerebbe, secondo gli autori, un bisogno

primario delle persone nel mantenere alta la propria autostima, per

ridurre così la tensione che si associa ad ogni tipo di interazione sociale.

Gli stessi Marks e Miller [1987] ci tengono a sottolineare che queste

diverse prospettive teoriche non esauriscono in se stesse la spiegazione

dell’effetto falso consenso ma, al contrario, esse rappresentano

solamente quattro possibili interpretazioni di un fenomeno di percezione

66

Page 69: Tesi Alberto Sabatini

sociale, nei confronti del quale numerosi studi devono ancora essere

compiuti.

3.6 Uno studio specifico

Prima di illustrare la fase di ricerca vera e propria di questa tesi è

necessario dedicare una piccola sezione di questo lavoro alla

presentazione di uno studio esplorativo che è stato effettuato in relazione

agli effetti dei mass-media sugli spettatori televisivi.

Questa ricerca appare fondamentale ai fini del presente lavoro, anche

perché ha costituito il punto di partenza per la dimostrazione delle

ipotesi avanzate durante la nostra indagine.

In specifico, facciamo riferimento allo studio condotto da Cavazza e

Palmonari [1999] su di un gruppo di oltre trecento soggetti adulti, di età

compresa tra i 18 ed i 69 anni. Scopo della ricerca è stato quello di

indagare come uno spettatore televisivo si rappresenti il rapporto

esistente tra media e pubblico e come definisca se stesso nell’ambito di

tale binomio. In particolare, i ricercatori hanno inteso esplorare tale

fenomeno nell’ambito politico (ideologie di destra e di sinistra).

Durante la fase di ricerca, è stato somministrato ai soggetti campione un

questionario costituito da indicatori di comportamento di consumo

televisivo proprio ed altrui, di opinioni sull’influenza dei programmi

televisivi e delle rispettive cause. Il questionario è stato distribuito in tre

diverse regioni d’Italia ( Marche, Emilia Romagna e Veneto) nel periodo

compreso tra il settembre 1997 e l’Aprile 1998.

I partecipanti alla ricerca sono stati scelti tra nuclei d’appartenenza a

movimenti politici (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Partito

Democratico della Sinistra, Partito Popolare) e all’interno di biblioteche

universitarie.

L’ipotesi da cui sono partiti gli autori, riguarda il fatto che uno spettatore

televisivo tenderà a rappresentare il binomio media-pubblico soprattutto

67

Page 70: Tesi Alberto Sabatini

in relazione all’immagine che egli ha di sé come fruitore del sistema di

comunicazione mediale [Cavazza, Palmonari, 1999]. In base a tale

considerazione, si presume che il sistema di rappresentazione del flusso

di influenza tra mass-media e spettatori si possa strutturare in una

relazione costituita da tre vertici, ovvero mass-media, audience e se stessi

in qualità di spettatori.

In questa relazione triangolare si ipotizza che ciascun vertice sia

strettamente connesso con gli altri due e, in particolare, che il legame che

unisce da una parte i media come agenti di influenza di idee e

comportamenti e, dall’altra, gli spettatori, sia molto forte.

La percezione e l’elaborazione di tale potere saranno regolate da

identificazioni in gruppi sociali (partiti e movimenti politici) e le

rappresentazioni dei vertici relativi ai media ed agli spettatori appariranno

complementari e moderate dall’orientamento politico (media

forti/audience debole; media deboli/audience forte) [Cavazza,

Palmonari, 1999].

Il terzo vertice, quello inerente alla rappresentazione di sé come fruitore

del sistema di comunicazione mediale, risentirà della concezione tale per

cui la vulnerabilità all’influenza televisiva viene di norma considerata da

un soggetto come una caratteristica socialmente negativa.

Di conseguenza, un individuo esposto all’influenza televisiva tenderà a

sovrastimare gli effetti dei messaggi persuasivi sul target di confronto e a

sottostimare tali effetti su di sé [Gibbon, Durkin, 1995].

Egli, peraltro, sarà portato a sovrastimare il consenso altrui sulle proprie

opinioni e la frequenza di comportamenti simili al proprio, secondo un

effetto di falso consenso [Ross, Green, House, 1977].

In base a quanto affermato, Cavazza e Palmonari hanno ipotizzato che le

persone ideologicamente di destra tenderanno a sostenere che gli

spettatori sono in grado di elaborare in modo critico le proprie personali

idee e che la Televisione non possa influenzare l’opinione pubblica.

68

Page 71: Tesi Alberto Sabatini

Al contrario, le persone ideologicamente di sinistra rileveranno

l’esistenza di un’alta vulnerabilità delle persone all’influenza, nonché di

cambiamenti di opinione causati da trasmissioni televisive.

I risultati della ricerca hanno dimostrato che più i mass-media vengono

considerati dagli individui come strumenti potenti, più i telespettatori

sono giudicati facilmente influenzabili. Questa complementarietà, però,

non è stata moderata dall’orientamento politico dei rispettivi intervistati,

come è stato ipotizzato inizialmente. In particolare, le persone di sinistra

non mostrano una maggiore considerazione di pericolosità dei media

rispetto a quelle di destra. Per quanto riguarda la concezione di sé come

fruitore dei mass-media, è stato dimostrato come questa concezione non

si differenzi sulla base delle varie appartenenze politiche o sul livello di

coinvolgimento personale alla politica [Cavazza, Palmonari, 1999]. Gli

individui, infatti, si sono ritenuti meno influenzabili rispetto agli altri,

come conseguenza della capacità di mantenere un proprio senso critico

in qualità di spettatori. Inoltre, come ipotizzato, i partecipanti alla ricerca

hanno sovrastimato il consumo televisivo altrui rispetto al proprio e così

anche le scelte simili alle proprie in base ad un effetto di falso consenso

[Ross, Green, House, 1977].

69

Page 72: Tesi Alberto Sabatini

Capitolo 4

La ricerca

Il tema dell’influenza mass-mediatica e degli effetti dei contenuti veicolati

dai media sulle opinioni e sui comportamenti del pubblico è un tema che

sembra aver ricevuto molta attenzione da parte delle scienze sociali, fin

dalla nascita dei primi sistemi di comunicazione avvenuta a inizio

Novecento. Lo stesso Katz (1980) descrive la ricerca sulle comunicazioni

di massa come una storia fatta di oscillazioni tra concezioni opposte: ad

una fase in cui gli studiosi sottolineano il potere incontrastabile di

influenza dei media su folle di spettatori passivi (“Teoria della società di

massa”), si contrappone una fase successiva in cui si evidenzia la capacità

degli individui di combattere attivamente ogni tentativo di persuasione,

rendendo gli effetti dei media pressoché trascurabili (“Modello degli usi e

delle gratificazioni”).

Lo studio degli effetti dei media sulle opinioni dei singoli individui si è

sempre di fatto intrecciato con l’interesse per la definizione del loro

ruolo all’interno delle moderne società. Le domande che molti scienziati

si sono posti nel corso degli anni sembrano essere le medesime: “Come

possiamo concepire i mass-media? Quali sono le loro caratteristiche? Si

tratta di strumenti di manipolazione al servizio della costruzione di un

consenso o semplicemente di mezzi educativi il cui fine è quello di

permettere una maggiore partecipazione alla vita pubblica?

Studiare gli effetti dei mezzi di comunicazione di massa ha dunque

significato per le scienze sociali fornire una rappresentazione dei media

in termini di efficacia e finalità, rappresentazione che si è sempre

accompagnata a una concezione dell’audience come composta da

individui attivi o passivi nei loro confronti. Tutto questo, però, senza

70

Page 73: Tesi Alberto Sabatini

prendere in considerazione il punto di vista del singolo spettatore:

difficilmente gli scienziati sociali si sono domandati in che modo lo

spettatore si rappresenti quel rapporto che lega media e pubblico tra

loro. Eppure, le ricerche effettuate sul cambiamento degli atteggiamenti

ci hanno confermato quanto sia rilevante il ruolo del ricevente all’interno

del processo di comunicazione: sappiamo che egli non può essere

considerato allo stesso tempo né come essere passivo né come vigile

attento e critico e che determinati fattori personali e situazionali tendono

a far oscillare lo spettatore fra questi due estremi (Kruglanski e

Thompson, 1999). Inoltre, dai primi esperimenti compiuti in questo

ambito (Hovland, Janis, Kelley, 1953), risulta abbastanza chiaro che se il

ricevente percepisce nella fonte d’informazione un possibile intento

persuasivo, egli sarà più motivato al vaglio critico dei contenuti e alla

resistenza al cambiamento.

In base a quanto affermato, risulta perciò fondamentale, ai fini della

nostra ricerca, cercare di rispondere a un quesito così semplice ma allo

stesso tempo rilevante come quello precedentemente esposto: “Come

concepisce lo spettatore il binomio media – pubblico?”. Solamente

affrontando questo tema saremo in grado di definire quale potere di

influenza il singolo spettatore accredita ai mezzi di comunicazione di

massa e quale capacità critica riconosce a se stesso e al pubblico in

generale. Lo scopo, infatti, di questa nostra ricerca è quello di indagare

quel sistema di rappresentazione sociale che si viene a creare intorno alla

relazione triangolare tra audience, spettatore e mass-media. A differenza,

però, di quanto è stato fatto fin ora in letteratura, cercheremo di

approfondire questo rapporto in una nuova luce, utilizzando come

oggetto dei nostri studi uno spettatore non più adulto ma ancora

adolescente.

71

Page 74: Tesi Alberto Sabatini

4.1 Ipotesi

In linea con le ricerche di Cavazza e Palmonari (1999), abbiamo posto le

seguenti ipotesi di ricerca:

a) assumendo il punto di vista dello spettatore, dobbiamo considerare il

fatto che egli tenderà a formulare una rappresentazione del binomio

media – pubblico in relazione all’immagine che egli ha di se stesso come

fruitore del sistema di comunicazione mediale. Per questo motivo,

ipotizziamo che il sistema di rappresentazione del flusso di influenza fra

mass-media e spettatori si strutturi nella relazione fra tre vertici: media,

audience, se stessi, dove ciascun vertice sia in stretta correlazione con gli

altri due.

Audience

Io spettatore

Mass-media

b) Ci aspettiamo che il dibattito presente nella letteratura sugli effetti dei

media e sulla capacità dell’audience di contrastarli si rifletta anche nelle

rappresentazioni del senso comune. Dovremmo quindi rilevare un

legame molto forte fra la concezione della capacità da parte dei mezzi di

comunicazione di indurre atteggiamenti e comportamenti e la capacità da

parte dell’audience di contrastare questa tendenza. Inoltre, crediamo che la

percezione e la successiva elaborazione di una rappresentazione di tale

potere siano regolate da specifiche identificazioni di adolescenti in gruppi

sociali (differenti tipi di Istituti scolastici). Le rappresentazioni dei vertici

72

Page 75: Tesi Alberto Sabatini

relativi ai mass-media e all’audience dovrebbero quindi apparire

complementari tra loro (media forti/audience debole – media

deboli/audience forte) e moderate dalla relativa appartenenza dei ragazzi

a diversi gruppi di provenienza scolastica.

c) per quanto riguarda la rappresentazione di sé come fruitore di media,

ci aspettiamo che gli spettatori adolescenti, in linea con gli studi

sull’effetto della terza persona (Gibbon e Durkin, 1995), considerino la

propria vulnerabilità all’influenza mass-mediatica come caratteristica

socialmente indesiderabile, portatrice di un senso di inadeguatezza.

Inoltre, in linea con l’effetto di falso consenso, ogni individuo dovrebbe

considerare i propri comportamenti e i giudizi che elabora su di sé come

àncora per valutare i comportamenti e i giudizi degli altri. Per queste

ragioni, riteniamo che la concezione di sé come spettatore critico

dovrebbe produrre una maggiore distanza tra sé e gli altri nel caso di

concezione dell’audience come molto vulnerabile rispetto alla

considerazione dell’audience come difficilmente influenzabile.

Spettatore critico +

Audience poco vulnerabile

_

Audience molto

vulnerabile

73

Page 76: Tesi Alberto Sabatini

d) Ci aspettiamo, inoltre, che l’effetto di terza persona emerga anche in

riferimento al rapporto fra il proprio gruppo di appartenenza e altri

gruppi: in questo caso ipotizziamo che gli adolescenti tenderanno a

considerare se stessi e i membri del proprio gruppo di provenienza

sociale (ragazzi della stessa età e studenti del medesimo Istituto) come

categoria meno influenzabile rispetto ad altri gruppi ritenuti socialmente

distanti da questo (persone di ètà differenti e studenti appartenenti ad

altri Istituti). In linea con le ricerche di Duck e Mullin (1995), riteniamo,

più in generale, che la tendenza a differenziare se stessi dagli altri, in

relazione all’influenzabilità, aumenti proporzionalmente alla distanza

sociale fra sé e il target di confronto e che questa tendenza si prospetti

particolarmente rilevante nel caso in cui i contenuti dei media risultino

negativi, rispetto a quando questi mostrino una loro valenza positiva.

Influenzabilità dei

Mass-media

Ingroup

Outgroup

Se stessi

_ +

74

Page 77: Tesi Alberto Sabatini

4.2 Disegno Sperimentale

4.2.1 Soggetti

Hanno partecipato alla ricerca in forma volontaria 300 studenti (112

maschi e 188 femmine) di tre Istituti Superiori (Liceo Classico, Liceo

Scientifico, Istituto Tecnico Commerciale) di età compresa tra i 13 e i 20

anni (media = 15,91 ds = 1,50), contattati al mattino con la disponibilità

dei professori durante le singole ore di lezione. I questionari sono stati

somministrati nella città di Reggio Emilia nel mese di Aprile 2003. La

ricerca è stata presentata come un’indagine sulle opinioni che gli studenti

delle Scuole Superiori hanno a proposito della Televisione. La fase di

ricerca vera e propria è stata preceduta da una fase di pre-test, svolta nei

mesi di Gennaio, Febbraio, Marzo 2003. Per questa prima fase, sono

stati coinvolti 30 studenti di età variabile tra i 14 e i 18 anni, contattati in

vari momenti della giornata all’interno di centri sportivi o di specifiche

associazioni culturali. I pre-test sono stati presentati come ricerche

riguardanti il rapporto tra mass-media e ragazzi degli Istituti Superiori di

Reggio Emilia.

4.2.2 Strumenti

Nella fase di pre-test, è stato sottoposto ai ragazzi e alle ragazze un

semplice compito di tipo carta e penna che consisteva nell’elencare,

all’interno di appositi riquadri, tutte le trasmissioni televisive di vario

genere maggiormente seguite nel corso della giornata e tutte quelle meno

seguite. Come risultato dei pre-test, sono stati scelti i 10 programmi

televisivi più seguiti dai ragazzi:

1. Zelig (Italia 1)

2. Amici di Maria de Filippi (Canale 5)

3. Sarabanda (Italia 1)

75

Page 78: Tesi Alberto Sabatini

4. Mai dire Domenica (Italia 1)

5. Select (Mtv)

6. Passaparola (Canale 5)

7. Telegiornali (Rai/Mediaset)

8. Le iene (Italia 1)

9. Smallville (Italia 1)

10. I Simpson (Italia 1)

Queste trasmissioni sono state successivamente utilizzate come item del

nostro questionario di ricerca.

Durante la fase di ricerca vera e propria, è stato somministrato al

campione di riferimento un questionario costituito da indicatori di

comportamento di consumo televisivo, di opinioni sull’influenza dei

programmi televisivi e le sue cause, di stima di realtà (dei comportamenti

di consumo televisivo da parte di altri studenti adolescenti della

medesima età). Questi indicatori costituiscono le variabili dipendenti

della nostra ricerca. Nelle ultime pagine del questionario è stato chiesto a

ciascun soggetto di indicare le proprie caratteristiche anagrafiche (età e

sesso). Quest’ultime, invece, sono state utilizzate come variabili

indipendenti.

Opinioni sulla tendenza all’influenzabilità sé/altri

Nella prima batteria di item si richiedeva ai soggetti di giudicare il grado

di influenzabilità generica dalla Televisione di 12 categorie di persone, su

una scala a 7 punti, dove 1 = “per niente” e 7 = “moltissimo”. Le 12

categorie di confronto, includevano target ritenuti vicini al soggetto

(ragazzi e ragazze della propria età, studenti del proprio Istituto e di

scuole differenti), categorie più distanti (adulti, anziani, familiari,

insegnanti), target che richiamavano a caratteristiche più generali (persone

76

Page 79: Tesi Alberto Sabatini

molto istruite, persone poco istruite) e infine un item “te stesso”, il cui

ordine di presentazione è stato sistematicamente variato.

Nella quinta e sesta batteria di item, invece, si domandava ai partecipanti

di giudicare l’effetto di influenza dei telegiornali e di 9 specifici

programmi televisivi su se stessi e su ragazzi della medesima età. I vari

giudizi dovevano essere formulati su una scala a 7 punti, dove

rispettivamente 1 = “nessuno” e “per niente” e 7 = “moltissimi/o”.

Le ultime due domande del questionario, costruite secondo uno schema

a risposta multipla, richiedevano al nostro campione di riferimento

alcune opinioni relative alla causa di influenza della Televisione e

all’influenza dei mass-media ritenuta più dannosa per i cittadini. Ai

soggetti veniva specificato di scegliere una sola risposta tra le varie

soluzioni proposte.

Comportamenti di consumo televisivo proprio e altrui

La seconda e l’ottava batteria di item, contenevano domande relative alla

frequenza di visione di specifici programmi e alla stima della stessa

frequenza da parte degli altri. Ciò che veniva chiesto agli intervistati, era

di indicare con quale frequenza, secondo il loro parere, venivano seguiti i

telegiornali e 9 tra le più famose trasmissioni televisive da parte di se

stessi e dell’audience in generale. Il giudizio doveva sempre essere espresso

su una scala a 7 punti, dove rispettivamente 1 = “per niente” e “mai” e 7

= “moltissimo” e “sempre”.

Inoltre, nella quarta e settima batteria di item, presentate rispettivamente

come quinta e ottava domanda del questionario, si richiedeva agli

adolescenti di leggere una lista di motivi per guardare la Televisione e di

valutare, per ognuno di questi motivi, quanto se stessi e i loro coetanei

fossero interessati a seguire la Televisione. Le varie motivazioni

spaziavano da finalità di visione televisiva a carattere informativo,

culturale, ludico, a finalità di stampo commerciale e di aggregazione

77

Page 80: Tesi Alberto Sabatini

familiare. Le risposte dovevano essere formulate dai singoli soggetti

seguendo la solita scala a 7 punti, dove 1 = “per niente vero” e 7 = “del

tutto vero”.

Infine, nella terza batteria di item, abbiamo chiesto ai partecipanti di

valutare quantitativamente in generale il consumo televisivo di se stessi e

di altre 4 categorie di persone (bambini, adolescenti, adulti, anziani) su

una scala a 5 punti (da 1 = “fino ad un’ora al giorno” a 5 = “più di

quattro ore al giorno”).

4.3 Risultati e discussione

4.3.1 Opinioni

Abbiamo chiesto ai partecipanti di valutare il grado di influenzabilità

generica dalla Tv di se stessi e di 11 differenti categorie di persone. Dalle

analisi del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare questo

giudizio di influenzabilità televisiva relativo a se stessi con quello relativo

al resto del target considerato, emerge una generale tendenza da parte dei

singoli soggetti a ritenersi meno influenzati degli altri nei confronti del

mezzo televisivo, confermando in questo senso la presenza di un “effetto

di terza persona” come già evidenziato dalla letteratura (Gibbon e

Durkin, 1995) e dalle nostre ipotesi di ricerca (b – c – d). Infatti, le medie

di giudizio di vulnerabilità all’influenza televisiva delle varie categorie e di

se stessi (vedi tabella 1 e figura 1) risultano essere tra loro tutte

significativamente differenti con p≤.05. Solamente in due casi questa

tendenza alla percezione differenziata dell’influenzabilità non emerge: in

particolare nelle coppie “se stessi – familiari” [Media sé = 3,70, Media

familiari = 3,20; t (299) = 6,73 p<.05] e “se stessi – persone ad alta

scolarità” [Media sé = 3,70, Media persone ad alta scolarità = 3,00; t

(299) = 7,36 p<.05 ]. In questi due confronti, infatti, i ragazzi si

percepiscono come più influenzabili del target.

78

Page 81: Tesi Alberto Sabatini

Il primo caso (se stessi – familiari) potrebbe essere spiegato come un

effetto di assimilazione dovuto al sentimento di vicinanza al target di

confronto. Questo effetto, già rilevato dalle ricerche condotte sugli

adulti, può essere interpretato nel quadro di un “principio di

categorizzazione del sé” (Turner et al., 1987). In base a questa teoria, ci

sono situazioni in cui l’individuo tende a percepirsi principalmente in

termini di membro di un gruppo e in base a ciò definisce la propria

identità sociale. In questo modo, un processo di categorizzazione del sé

induce un procedimento di depersonalizzazione a causa del quale

vengono accentuate le somiglianze fra sé e i membri dell’ingroup (nel

nostro caso la famiglia di appartenenza) e le differenze fra i membri

dell’ingroup e quelli dell’outgroup (le altre persone). Nella misura in cui il

target che l’individuo giudica viene categorizzato come appartenente ad

un outgroup, esso sarà giudicato per contrasto rispetto all’identità del

soggetto, valutato negativamente e rappresentato in modo sfavorevole,

ovvero come maggiormente vulnerabile all’influenza dei media. Al

contrario, i target categorizzati all’interno del medesimo gruppo cui

l’individuo sente di appartenere verranno assimilati al soggetto stesso e

giudicati in modo più favorevole, ovvero come meno vulnerabili

all’influenza dei media. I nostri intervistati, quindi, secondo un principio

di categorizzazione sociale, tenderebbero ad estendere il proprio sé fino

all’identificazione con l’ingroup (la famiglia di provenienza) del quale essi

stessi si ritengono membri effettivi. Così facendo, i ragazzi sarebbero

motivati a riconoscere alla propria persona e in specifico al proprio

gruppo di appartenenza una capacità critica maggiore rispetto al resto

dell’audience.

Anche l’assenza dell’effetto terza persona nel caso della coppia se stessi –

persone ad alta scolarità può essere interpretato come un effetto di

identificazione col target di confronto, secondo un medesimo principio di

categorizzazione sociale. I nostri intervistati sono studenti e di

79

Page 82: Tesi Alberto Sabatini

conseguenza possono assimilarsi a persone molto istruite. Per questo

motivo essi tendono ad ammettere, in specifico al proprio ingroup di

appartenenza (individui ad alta scolarità), una maggiore conoscenza

culturale e di conseguenza una migliore capacità interpretativa dei

contenuti televisivi. In questo modo gli adolescenti stimano le capacità

intellettuali delle persone colte come maggiori rispetto a quelle degli altri

individui, arrivando persino a considerare queste stesse abilità

interpretative come migliori di quelle da loro stessi possedute (come

rilevato nel nostro caso).

Coppia sé/altri

Media

T (299)

Sig. (p)

Se stessi 3,70 19,206 ,000 Ragazzi 5,20 Se stessi 3,70 20,306 ,000 Ragazze 5,40 Se stessi 3,70 6,728 ,000

Familiari 3,20 Se stessi 3,70 -4,263 ,000 Adulti 4,10

Se stessi 3,70 -4,134 ,000 Anziani 4,24 Se stessi 3,70 -9,786 ,000

Studenti Scientifico 4,55 Se stessi 3,70 -7,430 ,000

Studenti Classico 4,35 Se stessi 3,70 -14,570 ,000

Studenti Tecnico 5,05 Se stessi 3,70 -2,229 ,027

Insegnanti 3,90 Se stessi 3,70 7,365 ,000

Molto Istruiti 3,00 Se stessi 3,70 -19,500 ,000

Poco Istruiti 5,80

tabella 1: medie di giudizio di vulnerabilità all’influenza televisiva sé/altri, con valori

di t e significatività.

80

Page 83: Tesi Alberto Sabatini

3,70

3,203

5,20 5,40

4,354,55

5,05

3,90 4,10 4,24

5,80

1,001,502,002,503,003,504,004,505,005,506,006,507,00

se stessi familiari altascolarità

ragazzi ragazze studenticlassico

studentiscientifico

studentitecnico

insegnanti adulti anziani bassascolarità

Influ

enza

bilit

à 12

targ

et

figura 1: distribuzione delle medie di giudizio di generica influenzabilità televisiva dei

rispettivi 12 target.

Fra le domande di opinioni, una in particolare aveva l’obiettivo di

indagare l’effetto di influenza dei telegiornali e di 9 specifici programmi

televisivi sui partecipanti e sui ragazzi della medesima età. Dai risultati del

t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare questo giudizio di

vulnerabilità all’influenza televisiva su se stessi e sugli altri, emerge in

maniera del tutto evidente la presenza di un “effetto della terza persona”:

in ogni confronto sé – adolescenti, infatti, i partecipanti tendono in

generale a considerarsi come spettatori meno influenzabili degli altri

rispetto ad ogni tipo di programma televisivo. Inoltre, le medie di

giudizio di vulnerabilità all’influenza televisiva relative a se stessi e ai

ragazzi della propria età (vedi tabella 2 e figura 2) risultano essere tra loro

tutte significativamente differenti con valori di p≤.05. Quest’ultimo

aspetto ci permette di confermare ancora una volta quanto la differenza

tra sé e gli altri sia in funzione di una ben definita distanza sociale del

target. In un solo caso questa tendenza alla percezione differenziata

d’influenzabilità televisiva non emerge: in particolare nel caso della

vulnerabilità all’influenza esercitata dai “Telegiornali” [Media sé = 4,70,

Media adolescenti = 4,44; t (299) = -2,57 p<.05]. In questo confronto, i

81

Page 84: Tesi Alberto Sabatini

partecipanti si ritengono più influenzati dei loro coetanei nei riguardi dei

contenuti dei Telegiornali. Questa particolare inversione di tendenza è in

linea con le nostre ipotesi di ricerca (c – d) e in base a quanto è emerso in

altre ricerche (Duck e Mullin, 1995). Secondo gli studi effettuati in

letteratura, infatti, la tendenza a differenziare se stessi dagli altri in

relazione all’influenzabilità risulterebbe essere particolarmente rilevante

nel caso di contenuti dei media negativi, rispetto a contenuti di valenza

positiva. Inoltre, nei casi di contenuti mediali ritenuti dal soggetto

socialmente desiderabili, questo stesso effetto tenderebbe a diminuire

fino a scomparire del tutto (Hoorens e Ruiter, 1996). Per queste ragioni,

crediamo che i nostri intervistati si siano definiti come più influenzabili

dei loro coetanei nei confronti di un’informazione giornalistica

probabilmente per il fatto che essi sono stati disposti a riconoscere alla

stessa informazione giornalistica una funzione socialmente desiderabile.

Anche questo effetto concorre a far percepire le proprie risposte ai

media come più appropriate di quelle delle altre persone.

Programmi Tv

Media sè

Media altri

T (299)

Sig. (p)

Zelig

4,60

5,93

13,064

,000

Amici

2,20

4,25

17,900

,000

Sarabanda

1,90

2,90

13,353

,000

Mai dire Domenica

3,60

5,00

13,862

,000

Select

3,10

4,34

12,327

,000

Passaparola

2,24

2,93

8,328

,000

Telegiornali

4,70

4,44

-2,568

,011

Le Iene

3,70

5,00

13,212

,000

Smallville

1,90

3,10

13,284

,000

I Simpson

3,13

4,53

12,920

,000

tabella 2: medie di giudizio di vulnerabilità all’influenza delle trasmissioni sé/altri,

con valori di t e significatività.

82

Page 85: Tesi Alberto Sabatini

1,001,502,002,503,003,504,004,505,005,506,006,507,00

ZeligAmici

Sarabanda

Mai dire Domenica

SelectPassaparola

Tg Le ieneSmallville

I simpson

Influ

enza

bilit

à sè

/ado

lesc

enti

se stessi

adolescenti

figura 2: distribuzione delle medie di giudizio di vulnerabilità all’influenza esercitata

da 10 trasmissioni su se stessi e su adolescenti della medesima età.

Per controllare se fossero presenti differenze significative fra gruppi di

studenti di diverse scuole (Liceo Classico, Liceo Scientifico, Istituto

Tecnico), abbiamo condotto le analisi della varianza (ANOVA) a una via

(tipo di scuola frequentata) su tutte le differenze d’influenzabilità

televisiva sé/altri. Dall’analisi dei risultati non emerge una differenza

significativa nelle medie dei gruppi (F<2) se non nel caso del programma

televisivo “Select”. In questo singolo caso, infatti, le medie risultano

essere tra loro significativamente differenti: in particolare, gli studenti del

Liceo Classico esprimono giudizi di influenzabilità propria e altrui

significativamente più elevati rispetto agli studenti degli altri due Istituti

[Media Liceo Classico = 1,63, Media Liceo Scientifico = 1,26, Media

Istituto Tecnico = 0,89, F (2,297) = 4,89 p<.05]. Nonostante ciò,

possiamo affermare che i nostri intervistati tendono in generale a

giudicare la propria vulnerabilità all’influenza televisiva in modo

indipendente dal tipo di scuola da essi frequentata.

Per verificare poi se vi fossero differenze relative al sesso degli

adolescenti, sono state condotte le analisi della varianza (ANOVA) a una

via (genere) su tutte le differenze di influenzabilità televisiva sé/altri.

83

Page 86: Tesi Alberto Sabatini

Dall’analisi dei risultati (vedi tabelle 3 e 4 e figura 3) emergono alcune

differenze significative e in particolare nel caso di cinque tipi di

trasmissioni televisive:

1. Zelig

2. Mai dire Domenica

3. Telegiornali

4. Le Iene

5. I Simpson

Nei confronti di tutte e cinque le trasmissioni, infatti, il genere femminile

tende a esprimere giudizi di vulnerabilità all’influenza televisiva propria e

altrui significativamente più elevati rispetto al genere maschile: [Zelig,

Media maschi = 0,94, Media femmine = 1,60, F (1,298) = 9,88 p<.05;

Mai dire Domenica, Media maschi = 0,93, Media femmine = 1,71, F

(1,298) = 14,19 p<.05; Telegiornali, Media maschi = -0,50, Media

femmine = -8,51, F (1,298) = 4,37 p<.05; Le Iene, Media maschi = 0,80,

Media femmine = 1,63, F (1,298) = 17,86 p<.05; I Simpson, Media

maschi = 0,62, Media femmine = 1,90, F (1,298) = 34,84 p<.05].

Differenza di influenzabilità

Sesso

Media

ZELIG Maschio 0,94 Femmina 1,60

MAI DIRE DOMENICA Maschio 0,93 Femmina 1,71

TG Maschio -0,50 Femmina -8,51E-02

LE IENE Maschio 0,80 Femmina 1,63

I SIMPSON Maschio 0,62 Femmina 1,90

tabella 3: medie di differenza di vulnerabilità all’influenza televisiva sé/altri per tipo

di genere.

84

Page 87: Tesi Alberto Sabatini

Differenza di influenzabilità

F

Sig. (p)

ZELIG 9,885 ,002

MAI DIRE DOMENICA 14,187 ,000

TG 4,368 ,037

LE IENE 17,863 ,000

I SIMPSON 34,841 ,000

tabella 4: differenza di vulnerabilità all’influenza televisiva sé/altri per tipo di

genere con valori di F e significatività.

I Simpson

SmallvilleLe Iene

PassaparolaSelect

Mai dire Domenica

Sarabanda

AmiciZelig

Tg

-9,00-8,00-7,00-6,00-5,00-4,00-3,00-2,00-1,000,001,002,003,004,005,006,00

Dis

tanz

a sè

/altr

i

maschio

femmina

figura 3: distribuzione delle medie di distanza sé/altri nell’esposizione alle

trasmissioni televisive.

differenze significative

85

Page 88: Tesi Alberto Sabatini

Abbiamo poi chiesto ai partecipanti quale fosse la causa di influenza della

Televisione nei confronti del proprio pubblico (vedi tabella 5). La

maggior parte dei partecipanti ha individuato la causa d’influenza nella

pigrizia intellettuale dei cittadini (“perché gli spettatori non cercano altre

fonti d’informazione” 31,7%) anche se a molti non è sembrato possibile

attribuire ai telespettatori tutta la responsabilità di tale pigrizia (“perché

gli spettatori non hanno la possibilità di verificare l’obiettività delle

informazioni” 27% e “gli argomenti vengono ripetuti moltissime volte”

24,7%). Ragioni che appaiono più marginali sono: (“gli spettatori non

prestano sufficiente attenzione a quello che viene detto in Tv” 11% e “le

informazioni che vengono comunicate sono spesso ambigue e difficili da

interpretare” 5,7%). I nostri intervistati, quindi, tendono in generale a

concepire lo spettatore televisivo come individuo attivo nel suo

complesso: ad egli, infatti, viene riconosciuta la capacità critica e

interpretativa per contrastare l’influenza televisiva ma, allo stesso tempo,

la sua ricerca verso altri fonti informative appare del tutto minima.

Questo sta a significare che, nonostante una certa “pigrizia intellettuale”,

iabile scuola. Il test del Chi –

egli è considerato comunque in grado di recepire e selezionare i

contenuti dei messaggi televisivi.

Per verificare l’esistenza di un possibile legame fra il tipo di scuola

frequentata dagli adolescenti e la loro opinione di causa d’influenza

televisiva, è stata creata una tabella di contingenza nella quale sono state

messe in relazione la variabile causa e la var

quadrato non ci ha permesso però di rilevare alcuna relazione

significativa tra le due variabili considerate.

Fra le domande di opinioni, una in particolare aveva l’obiettivo di

chiedere agli intervistati quale influenza dei mass-media fosse più

dannosa per il cittadino (vedi tabella 6). La maggior parte dei partecipanti

ha attribuito a quella dei consumi il primato di influenza più pericolosa

(41%), riconoscendo in questo modo alla pubblicità il potere di indurre

86

Page 89: Tesi Alberto Sabatini

acquisti troppo spesso superflui. Una buona parte degli adolescenti ha

ritenuto più opportuno considerare l’influenza dei comportamenti sociali

come primario pericolo per il singolo spettatore televisivo (40,3%).

cuola. Anche

questo caso, il test del Chi – quadrato non ci ha permesso però di

scontrare alcuna relazione significativa tra le due variabili.

t

Infine, solo pochi hanno scelto l’influenza politica come possibile

motivazione più dannosa (18,7%).

Per verificare poi l’esistenza di una possibile relazione fra il tipo di scuola

frequentata dai ragazzi e la loro opinione nei confronti di un’influenza

televisiva più dannosa, abbiamo creato una tabella di contingenza nella

quale sono state incrociate la variabile danno e la variabile s

in

ri

abella 5: insieme dei motivi di causa di influenza televisiva, con distribuzione della

frequenza e della percentuale di scelta individuale.

Causa influenza Tv

Frequenza

Percentuale

Non si ricercano altre fonti oltre la Tv 95 31,7%

Non si può verificare l'obiettività delle informazioni 81 27%

Gli argomenti vengono ripetuti molte volte 74 24,7%

Poca attenzione ai contenuti della Tv 33 11%

Le informazioni espresse sono ambigue 17 5,7%

Totale 300 100%

87

Page 90: Tesi Alberto Sabatini

Influenza più dannosa

Frequenza

Percentuale

Influenza dei consumi 123 41%

Influenza dei comportamenti sociali 121 40,3%

Influenza politica 56 18,7%

Totale 300 100%

tabella 6: differenti tipi di influenza televisiva, con distribuzione della frequenza e

della percentuale di scelta individuale.

4.3.2 Comportamenti

Abbiamo chiesto ai partecipanti di stimare la frequenza con cui loro

stessi e l’audience in generale guardano 10 specifici programmi televisivi.

Dall’analisi del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare

questa stima di frequenza relativa a se stessi con quella relativa al resto

del target considerato, emerge chiaramente quanto i partecipanti tendano

in generale a sovrastimare il consumo televisivo altrui rispetto al proprio

e in particolare le scelte simili alle proprie in una sorta di “effetto di falso

consenso”, come già evidenziato dalla letteratura (Ross, Green, House,

1977) e in linea con le nostre ipotesi di ricerca (c) (quest’effetto è ben

visibile nella figura 4 dove i profili risultano quasi del tutto paralleli).

Infatti, le medie di stima di consumo televisivo relative a se stessi e agli

altri (vedi tabella 7 e figura 4) risultano essere tra loro tutte

significativamente differenti con valori di p≤.05, ad eccezione del caso di

esposizione ai Telegiornali. In questo confronto, le medie si presentano

come statisticamente simili: [Media sé = 5,74, Media altri = 5,62; p =

n.s.].

88

Page 91: Tesi Alberto Sabatini

Programmi Tv

Media sè

Media altri

T (299)

Sig. (p)

Zelig

5,30

6,70

12,461

,000

Amici

2,70

5,00

20,618

,000

Sarabanda

2,62

4,41

17,469

,000

Mai dire Domenica

4,10

5,82

14,404

,000

Select

3,31

5,20

18,227

,000

Passaparola

2,73

4,62

18,608

,000

Telegiornali

5,74

5,62

-1,273

,204

Le Iene

4,00

5,61

15,073

,000

Smallville

2,15

4,24

21,720

,000

I Simpson

3,51

5,35

15,365

,000

tabella 7: medie di stima di frequenza di visione televisiva sé/altri, con valori di t e

significatività

1,001,502,002,503,003,504,004,505,005,506,006,507,00

ZeligAmici

Sarabanda

Mai dire Domenica

SelectPassaparola

Telegiornali

Le IeneSmallville

I Simpson

figura 4: distribuzione delle medie di stima di frequenza di visione di 10

trasmissioni televisive su se stessi e sull’audience in generale.

Freq

uenz

a vi

sion

Tv

s/

ial

trè

altri

e

89

Page 92: Tesi Alberto Sabatini

Abbiamo poi chiesto agli stessi intervistati di leggere una lista di motivi

per guardare la Televisione e di valutare, per ognuno di questi motivi,

quanto se stessi e i loro coetanei fossero interessati a seguire la Tv.

Dall’analisi del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare

questo giudizio di fruizione televisiva relativo a se stessi con quello

relativo al resto dei target considerati, emerge in maniera evidente quanto

i ragazzi tendano in generale a distanziare il proprio comportamento

televisivo da quello dei coetanei. In ogni confronto sé/adolescenti essi

attribuiscono a se stessi una maggiore capacità di utilizzo e comprensione

del mezzo televisivo nella sua globalità.

Infatti, se analizziamo le medie di motivazione di fruizione televisiva

relative a se stessi e ai ragazzi della medesima età (vedi tabella 8 e figura

5), possiamo di certo affermare che queste risultano essere tra loro tutte

significativamente differenti, con valori di p≤.05 ad eccezione della

coppia di motivazione di visione familiare (“Per stare insieme alla propria

famiglia”).

Motivo visione Tv

Media sè

Media altri

T (299)

Sig. (p)

Per informazione

5,22

4,10

-13,584

,000

Per capire i propri problemi

2,40

2,95

8,206

,000

Per conoscenza culturale

4,04

3,10

-11,040

,000

Per svago e divertimento personale

5,60

6,02

5,661

,000

Perché la guardano amici e conoscenti

1,92

3,40

14,506

,000

Per stare insieme alla propria famiglia

3,00

3,00

0,122

,903

Per decidere cosa comprare e come vestirsi

2,33

4,02

16,578

,000

Per capire come si affrontano situazioni nuove

2,43

2,92

5,899

,000

tabella 8: medie di motivazione di visione televisiva sé/altri, con valori di t e

significatività.

90

Page 93: Tesi Alberto Sabatini

1,001,502,002,503,003,504,004,505,005,506,006,507,00

per informarsi

per capire i propri problemi

per apprendere nuove conoscenze

per svago e divertimento

perché la guardano gli amici

per stare insieme alla famiglia

per decidere cosa comprare

per conoscere situazioni nuove

Mot

ivo

visi

one

Tv

sè/a

dole

scen

ti

se stessi

adolescenti

figura 5: distribuzione delle medie di motivazione di visione televisiva relative a se

stessi e agli adolescenti della medesima età.

In questo confronto, le medie si presentano come statisticamente simili

[Media sé = 3,00, Media adolescenti = 3,00; p = n.s.].

Per quanto riguarda i motivi della scelta di consumo televisivo, i nostri

intervistati ammettono di usare la Tv principalmente a scopo informativo

e per apprendimento culturale (M = 5,22 ds = 1,49; M = 4,04 ds = 1,60);

non dimenticano inoltre di riconoscere al mezzo televisivo la primaria

funzione di strumento a carattere ludico (M = 5,60 ds = 1,50); al

contrario, essi non riconoscono alla Televisione una funzione di mezzo

di supporto ai propri problemi (M = 2,40 ds = 1,55) e di guida di

comportamento morale (M = 2,43 ds = 1,63) ed economico (M = 2,33

ds = 1,75). Contrariamente a tutto ciò, gli adolescenti intervistati

ritengono che i propri coetanei attribuiscano una minore importanza

all’uso della Tv a scopo culturale – informativo (M = 3,10 ds = 1,38; M

= 4,10 ds = 1,33) e una maggiore importanza per quanto ne riguarda un

utilizzo il cui fine appare essere lo svago e il divertimento sociale (M =

6,02 ds = 1,07). Inoltre, essi tendono ad ammettere negli altri una

91

Page 94: Tesi Alberto Sabatini

maggiore propensione all’utilizzo della Televisione per l’acquisizione di

consigli di natura commerciale (M = 4,02 ds = 1,76) e comportamentale

(M = 2,95 ds = 1,39). Infine, i nostri partecipanti credono che i propri

coetanei abbiano una considerazione maggiore della propria nei

confronti di una Tv intesa come principale strumento di aggregazione

sociale (M = 3,40 ds = 1,71).

4.3.3 Stime di realtà

È stato chiesto ai partecipanti di valutare quantitativamente in generale il

consumo televisivo giornaliero di se stessi e di altre quattro categorie di

persone. Dall’analisi delle frequenze medie stimate (vedi tabella 9 e figura

6), emerge che:

i ragazzi intervistati dichiarano di guardare la televisione in media tra

le 2 e le 3 ore al giorno (M = 2,44 ds = 1,07).

essi tendono sempre in generale a stimare il consumo televisivo altrui

come superiore al proprio, facendo supporre che “l’effetto della terza

persona”, ovvero la tendenza da parte degli individui a sovrastimare gli

effetti dei messaggi persuasivi sulle altre persone e a sottostimare gli

stessi effetti su di sé (Gibbon e Durkin, 1995), derivi dalla

presupposizione di una maggiore esposizione alla Tv da parte degli altri

(M bambini = 3,50 ds = 0,97; M adolescenti = 3,30 ds = 0,97; M anziani

= 3,92 ds = 1,16).

Solamente nel caso della categoria “adulti” la stima del consumo

televisivo non è maggiore di quella attribuita a sé. Alle persone più

mature, infatti, i nostri intervistati riconoscono in media un

comportamento di fruizione televisiva compreso tra le 2 e le 3 ore al

giorno e comunque sempre minore di quello relativo a se stessi (M adulti

= 2,40 ds = 0,76).

92

Page 95: Tesi Alberto Sabatini

Categoria

Media

Deviazione standard

Bambini 3,50 0,97

Adolescenti 3,30 0,97

Adulti 2,40 0,76

Anziani 3,92 1,16

Se stessi 2,44 1,07

tabella 9: tavola riassuntiva dei dati di esposizione televisiva giornaliera stimata.

2,44

3,30

2,40

3,50

3,92

1

2

3

4

5

se stessi adolescenti adulti bambini anziani

Ore

vis

ione

Tv

sè/a

ltri

1 = Fino ad 1 ora algiorno2 = Fino a 2 ore algiorno3 = Fino a 3 ore algiorno4 = Fino a 4 ore algiorno5 = Più di 4 ore algiorno

figura 6: distribuzione delle medie di stima di frequenza di esposizione televisiva

giornaliera relative a se stessi e ad altre 4 categorie di spettatori.

93

Page 96: Tesi Alberto Sabatini

4.4 Conclusioni

Siamo partiti dall’idea che per studiare le rappresentazioni che gli

adolescenti si costruiscono circa il potere di influenza dei media occorra

considerare un sistema strutturato attorno a tre poli (media, pubblico, se

stessi in quanto spettatori). Tale struttura, infatti, ha guidato la

formulazione delle nostre ipotesi. I contenuti di questo sistema, così

come si sono delineati nella descrizione dei risultati della nostra ricerca,

ci hanno permesso di evidenziare relazioni significative e in complesso

abbastanza articolate. Avevamo ipotizzato che il potere di influenza della

televisione e la vulnerabilità del pubblico fossero tra loro complementari.

Le relazioni riscontrate fra gli indicatori dei giudizi di vulnerabilità

all’influenza propria e altrui e la capacità da parte delle trasmissioni

televisive di influenzare le opinioni, hanno confermato tale

complementarietà: più le trasmissioni televisive sono state considerate

potenti e più i telespettatori adolescenti sono stati giudicati influenzabili.

Avevamo anche ipotizzato che tale complementarietà fosse influenzata

dalla relativa appartenenza degli adolescenti a differenti gruppi sociali

(ragazzi della stessa età e studenti del medesimo Istituto scolastico). Tale

ipotesi, però, non è stata confermata. Infatti, l’appartenenza degli

studenti ad un determinato Istituto scolastico non ha influenzato il

giudizio di vulnerabilità all’influenza televisiva che essi hanno espresso

nei confronti di se stessi e degli studenti provenienti dagli altri Istituti.

Inoltre, come avevamo ipotizzato, la concezione di sé in quanto

individuo soggetto a possibile influenza televisiva è emersa in linea con

gli studi effettuati sugli effetti della “terza persona” e del “falso

consenso”: gli intervistati si sono stimati in generale meno suscettibili

all’influenza televisiva rispetto ai propri coetanei e alle persone di età

differenti, e di conseguenza socialmente distanti da essi. In questo modo,

i partecipanti hanno risposto al mantenimento di un’immagine di sé

94

Page 97: Tesi Alberto Sabatini

come spettatore dotato di capacità critiche e il loro comportamento di

consumo televisivo è stato utilizzato come àncora per valutare i

comportamenti e i giudizi degli altri. Come era stato ipotizzato, questa

tendenza a differenziare se stessi dagli altri, in relazione all’influenzabilità,

è risultata particolarmente rilevante nei confronti di contenuti televisivi

negativi, rispetto a contenuti di carattere positivo. Infine, i nostri

intervistati non hanno percepito in generale la Televisione come uno

strumento minaccioso e manipolatorio, anche se ne hanno riconosciuto i

tentativi in questo senso: essi hanno ammesso, infatti, l’esistenza di

un’influenza televisiva a carattere commerciale molto pericolosa ma, allo

stesso tempo, hanno riconosciuto allo spettatore la forza di poter

contrastare questo tipo di influenza. Inoltre, essi si sono definiti

abbastanza rassicurati dalla propria capacità critica e dalla propria

autonomia di opinione. La stessa capacità, però, non è stata riconosciuta

agli altri e questo quanto più tali altri si sono distanziati socialmente da

sé. L’immagine di sé come spettatore ha dunque ricoperto un ruolo di

rilievo, sia nell’ancorare la percezione del comportamento di consumo

televisivo altrui, sia nel porre un criterio rispetto al quale determinare la

distribuzione delle varie categorie sociali sulla dimensione della

vulnerabilità all’influenza televisiva.

95

Page 98: Tesi Alberto Sabatini

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108

Page 111: Tesi Alberto Sabatini

Appendice

Pre-test..................................................................................................pag.110

Questionario.......................................................................................pag.112

109

Page 112: Tesi Alberto Sabatini

Ragazzi e mass-media

Stiamo svolgendo un’indagine riguardante il rapporto tra Mass-Media e

ragazzi degli Istituti Superiori di Reggio Emilia. Ti chiediamo di dedicarci

solamente cinque minuti del tuo tempo per svolgere questo

semplicissimo lavoro:

Elenca qui di seguito nel riquadro, come in una lista, tutte quelle

trasmissioni o programmi televisivi (varietà, intrattenimento,

informazione, satira, musica etc….) che guardi quotidianamente a casa

tua per più di 10 minuti (ricorda: solo quei programmi sui quali il tuo

interesse si posa per più di 10 minuti nell’arco dell’intera giornata).

Nota tecnica: Inserisci il nome del programma televisivo e il canale (es:

Grande Fratello Canale 5). Non è importante l’ordine in cui trascrivi i

programmi televisivi nella lista (es: la casella 1 non è più importante della

casella 15) e non è obbligatorio completare tutte le caselle fino all’ultima.

Lista con nome e canale dei programmi più visti:

1)

9)

2)

10)

3)

11)

4)

12)

5)

13)

6)

14)

7)

15)

110

Page 113: Tesi Alberto Sabatini

Inoltre scrivi qui sotto, in quest’altra lista, quali trasmissioni o programmi

televisivi non guardi o non vorresti guardare mai (scrivendo sempre il

nome del programma e il canale televisivo)

Ti chiedo di essere il più sincero possibile (il tuo aiuto è molto

prezioso!!!!!)

Grazie per la collaborazione!!!

Lista con nome e canale dei programmi meno visti:

1)

2)

3)

4)

5)

6)

7)

8)

111

Page 114: Tesi Alberto Sabatini

U rr iitt ii tt ii iillii

tt ii

Unniivvee ss àà ddeeggll ss uuddii ddii MMooddeennaa ee RReegggg oo EEmm aa

FFaaccooll àà ddii SScciieennzzee ddeellllaa CCoommuunniiccaazz oonnee

Stiamo conducendo una ricerca di Psicologia Sociale sulle opinioni

che gli studenti delle Scuole Superiori di Reggio Emilia hanno a

proposito della Televisione

La tua collaborazione è molto importante ai fini della ricerca.

Per questo ti invitiamo a compilare il questionario rispondendo il

più precisamente possibile a tutte le domande. Considera che non

ci sono risposte giuste o sbagliate, quello che ci interessa è che tu

esprima liberamente il tuo parere.

Il questionario è rigorosamente anonimo e le informazioni in esso

contenute saranno utilizzate esclusivamente a scopo scientifico

nell’ambito dell’Università.

Grazie, fin da ora, per la tua collaborazione!

112

Page 115: Tesi Alberto Sabatini

ISTRUZIONI PER LA COMPILAZIONE DEL

QUESTIONARIO

1. Nella maggior parte delle domande è sufficiente segnare con una croce il numero corrispondente alla risposta scelta.

Esempio:

Domanda:

“Quanto è importante che i tuoi amici guardino la TV?” (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione)

Risposta:

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

• Se ritieni che la risposta sia “PER NIENTE……”, dovrai segnare il numero 1, come viene rappresentato qui sotto

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

• Se ritieni che la risposta sia “MOLTISSIMO……”, dovrai segnare il numero 7, come viene rappresentato qui sotto

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

• Se invece ritieni che la tua opinione sia rappresentata da un numero che si trova tra i due estremi, scegli il valore intermedio che descrive meglio il tuo giudizio

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

(ad esempio: 5; vuol dire che pensi che la cosa sia ABBASTANZA IMPORTANTE)

2. In altre domande è sufficiente scegliere una sola risposta mettendo una X

nel quadratino corrispondente.

Esempio:

Domanda:

“Secondo te, quante persone sono influenzate dalla TV?” (Scegli una sola risposta mettendo una X nel quadratino corrispondente)

Risposta: A………… B………… C………… D…………

vuol dire che hai scelto la risposta C

113

Page 116: Tesi Alberto Sabatini

QUESTIONARIO

1. Troverai di seguito un elenco di categorie di persone: per ogni categoria,

valuta quanto questa è influenzata in generale dalla TV. (Metti una

croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione)

I ragazzi della tua età

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le ragazze della tua età

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Te stesso

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I tuoi familiari

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone adulte

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone anziane

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli studenti del Liceo Scientifico

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli studenti del Liceo Classico

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli studenti degli Istituti Tecnico-Professionali

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli Insegnanti

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone molto istruite

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone poco istruite

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

114

Page 117: Tesi Alberto Sabatini

2. Secondo te, quanto sono visti i seguenti programmi televisivi? (Metti

una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione)

“Zelig” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Amici di Maria de Filippi” (Canale5)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Sarabanda” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Mai dire Domenica” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Select” (Mtv)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Passaparola” (Canale5)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I Telegiornali

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Le Iene” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Smallville” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“I Simpson” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

115

Page 118: Tesi Alberto Sabatini

3. Secondo te, quante ore al giorno guardano la TV in media le

seguenti categorie di persone? (Scegli una sola risposta mettendo una X nel

quadratino corrispondente)

BAMBINI

Fino ad 1 ora al giorno

Fino a 2 ore al giorno

Fino a 3 ore al giorno

Fino a 4 ore al giorno

Più di 4 ore al giorno

ADOLESCENTI

Fino ad 1 ora al giorno

Fino a 2 ore al giorno

Fino a 3 ore al giorno

Fino a 4 ore al giorno

Più di 4 ore al giorno

ADULTI

Fino ad 1 ora al giorno

Fino a 2 ore al giorno

Fino a 3 ore al giorno

Fino a 4 ore al giorno

Più di 4 ore al giorno

ANZIANI

Fino ad 1 ora al giorno

Fino a 2 ore al giorno

Fino a 3 ore al giorno

Fino a 4 ore al giorno

Più di 4 ore al giorno

116

Page 119: Tesi Alberto Sabatini

4. Quante ore al giorno guardi tu la TV in media? (Scegli una sola risposta

mettendo una X nel quadratino corrispondente)

Fino ad 1 ora al giorno

Fino a 2 ore al giorno

Fino a 3 ore al giorno

Fino a 4 ore al giorno

Più di 4 ore al giorno

5. Leggi qui di seguito questa lista di motivi per guardare la TV e, per

ognuno di questi motivi, valuta quanto gli adolescenti guardano la

televisione (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione)

La guardano per:

tenersi informati sugli eventi che accadono ogni giorno nel loro paese e nel mondo

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire meglio i loro problemi

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

imparare cose nuove, al fine di accrescere le loro conoscenze culturali

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

svago e divertimento personale

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

perché la guardano i loro amici o conoscenti

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

stare insieme alla loro famiglia

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

decidere cosa comprare e come vestirsi

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire come si affrontano situazioni nuove e difficili

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

altro (indicare qui di seguito)

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

117

Page 120: Tesi Alberto Sabatini

6. Secondo te, quanti ragazzi e ragazze della tua età vengono

influenzati dal contenuto di questi programmi televisivi? (Metti una

croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione)

“Zelig” (Italia1)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Amici di Maria de Filippi” (Canale5)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Sarabanda” (Italia1)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Mai dire Domenica” (Italia1)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Select” (Mtv)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Passaparola” (Canale5)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

I Telegiornali

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Le Iene” (Italia1)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“Smallville” (Italia1)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

“I Simpson” (Italia1)

NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

118

Page 121: Tesi Alberto Sabatini

7. Quanto ti ritieni personalmente influenzato dal contenuto di questi

programmi televisivi? (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la

tua opinione)

“Zelig” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Amici di Maria de Filippi” (Canale5)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Sarabanda” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Mai dire Domenica” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Select” (Mtv)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Passaparola” (Canale5)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I Telegiornali

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Le Iene” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“Smallville” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

“I Simpson” (Italia1)

PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

119

Page 122: Tesi Alberto Sabatini

8. Rileggi qui di seguito la lista dei motivi per guardare la TV e, per ognuno

di questi motivi, valuta quanto tu personalmente guardi la

televisione (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione)

La guardi per:

tenerti informato sugli eventi che accadono ogni giorno nel tuo paese e nel mondo

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire meglio i tuoi problemi

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

imparare cose nuove, al fine di accrescere le tue conoscenze culturali

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

svago e divertimento personale

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

perché la guardano i tuoi amici o conoscenti

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

stare insieme alla tua famiglia

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

decidere cosa comprare e come vestirti

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire come si affrontano situazioni nuove e difficili

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

altro (indicare qui di seguito)

PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

120

Page 123: Tesi Alberto Sabatini

9. Con quale frequenza ti è capitato di vedere i seguenti programmi

televisivi nell’ultimo mese? (Metti una croce sul numero che rappresenta

meglio la tua opinione)

“Zelig” (Italia1)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Amici di Maria de Filippi” (Canale5)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Sarabanda” (Italia1)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Mai dire Domenica” (Italia1)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Select” (Mtv)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Passaparola” (Canale5)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

I Telegiornali

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Le Iene” (Italia1)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“Smallville” (Italia1)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

“I Simpson” (Italia1)

MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

121

Page 124: Tesi Alberto Sabatini

10. Secondo te, a cosa è dovuta l’influenza della TV? (Scegli una sola risposta

mettendo una X nel quadratino corrispondente)

Gli spettatori non prestano sufficiente attenzione a quello che viene detto

in TV

Gli spettatori non cercano altre fonti di informazione

Le informazioni che vengono comunicate sono spesso ambigue e difficili da interpretare

Gli argomenti trattati vengono ripetuti moltissime volte

Gli spettatori non hanno la possibilità di verificare l’obiettività delle informazioni

11. Secondo te, quale influenza dei Mass – Media è più dannosa per il

cittadino? (Scegli una sola risposta mettendo una X nel quadratino

corrispondente)

L’influenza che si esercita nell’ambito della politica, attraverso la propaganda

L’influenza che si esercita nell’ambito dei consumi, attraverso la pubblicità

L’influenza che si esercita nell’ambito dei comportamenti sociali

attraverso le scene di violenza

122

Page 125: Tesi Alberto Sabatini

ETÀ

SESSO

M

F

Grazie per la tua preziosissima collaborazione!

123