TESI - 08 01 2012.2 parte 2

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2 - LA CONTABILITA’ AMBIENTALE D’IMPRESA Introduzione La contabilità ambientale o Environmental Accounting è uno strumento volontario, non ancora univocamente standardizzato, finalizzato all’analisi dell’interazione tra l’impresa e l’ambiente naturale. Quale aspetto della contabilità manageriale, la contabilità ambientale consente all’azienda di monitorare lo stato dell’ambiente e di valutare concretamente le implicazioni ambientali, positive o negative, delle sue attività produttive ed è un’utile base per i manager per prendere decisioni di capital budgeting, per la determinazione dei costi, per le decisioni di processo e di progettazione del prodotto, per la valutazione delle performance e per le decisioni strategiche nonché come fonte informativa per la comunicazione esterna. Permette inoltre di rileggere e interpretare le misure intraprese per limitare gli effetti negativi sull’ambiente e di procedere ad azioni di miglioramento delle sue politiche in direzione della sostenibilità. La contabilità ambientale nasce con l’esigenza delle imprese di integrare con ulteriori e diversificate informazioni i dati economici dei tradizionali sistemi contabili al fine di migliorare la

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2 - LA CONTABILITA’ AMBIENTALE D’IMPRESA

Introduzione

La contabilità ambientale o Environmental Accounting è uno strumento

volontario, non ancora univocamente standardizzato, finalizzato all’analisi

dell’interazione tra l’impresa e l’ambiente naturale.

Quale aspetto della contabilità manageriale, la contabilità ambientale

consente all’azienda di monitorare lo stato dell’ambiente e di valutare

concretamente le implicazioni ambientali, positive o negative, delle sue attività

produttive ed è un’utile base per i manager per prendere decisioni di capital

budgeting, per la determinazione dei costi, per le decisioni di processo e di

progettazione del prodotto, per la valutazione delle performance e per le decisioni

strategiche nonché come fonte informativa per la comunicazione esterna. Permette

inoltre di rileggere e interpretare le misure intraprese per limitare gli effetti

negativi sull’ambiente e di procedere ad azioni di miglioramento delle sue

politiche in direzione della sostenibilità.

La contabilità ambientale nasce con l’esigenza delle imprese di integrare

con ulteriori e diversificate informazioni i dati economici dei tradizionali sistemi

contabili al fine di migliorare la capacità di gestione della variabile ambientale e

di darne comunicazione appropriata.

Descrive le diverse interrelazioni tra economia e ambiente attraverso una

pluralità di conti che possono essere espressi in:

- termini fisici: cioè di flussi di risorse naturali, prodotti e residui e di stock

di risorse naturali presenti nell’ambiente;

- termini monetari: cioè che permettono di quantificare le transazioni

economiche connesse all’ambiente e valutare economicamente il danno

ambientale che consegue dall’uso quantitativo e qualitativo delle risorse

naturali.

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Normalmente le informazioni ambientali entro l’azienda possono essere

riscontrate:

- nella contabilità generale, e

- nella contabilità analitica.

La contabilità generale definisce i criteri per valutare opportunamente i

costi ambientali e gli investimenti, seguendo le logiche di costruzione del bilancio

di esercizio. Ha una rilevanza prevalentemente esterna, essendo finalizzata a

produrre il bilancio di esercizio che le imprese devono predisporre annualmente e

rendere accessibile ai soggetti esterni.

La contabilità analitica, invece, ha lo scopo di supportare l’elaborazione

dei dati di contabilità esterna e fornire una gamma di informazioni dettagliate (ai

fini decisionali e del controllo di gestione), non reperibili nei dati di contabilità

generale. Essa identifica i costi ambientali delle singole unità aziendali e quindi

possiamo definire la contabilità analitica come l’insieme di strumenti contabili a

supporto del management dell’impresa nelle fasi di programmazione e controllo.1

Queste informazioni così raccolte tuttavia non costituiscono la contabilità

ecologica, ma rappresentano lo sforzo compiuto dal management per misurare la

variabile ambientale attraverso gli strumenti previsti dalla normativa e

tradizionalmente in uso.2

Infatti la contabilità generale e quella analitica hanno il limite di

individuare i costi e gli investimenti ambientali, ma non riescono a fornire

elementi adeguati per poter agire sulla variabile ambiente in azienda.

All’interno della contabilità generale possiamo trovare le rilevazioni dei

costi ambientali, degli accantonamenti ai fondi rischi ambientali o degli

1 Bartolomeo M. (1997), La contabilità ambientale d'impresa : concetti ed

esperienze, il Mulino, Bologna.1997

2 Mio C. (2001), Il budget ambientale, Egea, Milano

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investimenti ambientali.

Mentre, nella contabilità analitica possiamo trovare i costi ambientali di

prodotto, di sito, di attività ambientali, intesi come specifici oggetti di rilevazione

e misurazione.

La contabilità ambientale, invece, vuole dare un peso più rilevante alla

variabile ambientale in senso strategico e organizzativo, ed è per questo che si

inserisce con rilevazioni proprie che misurano l’impatto sull’ecosistema delle

decisioni aziendali, in termini di consumi di risorse, di energia, di sprechi, di

emissioni e di rifiuti. Essa è in grado di dare un valore aggiunto informativo al

sistema di contabilità tradizionale tramite rilevazioni generate in uno specifico

sotto-sistema gestionale, inerenti l’impatto ambientale e le misure fisico-tecniche

delle perfomance ambientali dell’azienda.

Essa integra le informazioni economiche sull’azienda con informazioni di

tipo fisico riguardanti le pressioni e gli impatti generati sull’ambiente come

conseguenza dei processi produttivi, oltre che con informazioni economiche più

dettagliate sulle spese sostenute per ridurre quelle pressioni e quegli impatti.

E’ pertanto importante che il sistema di contabilità ambientale sia collegato

con il sistema di contabilità generale e analitica, e venga improntato

all’integrazione dei vari livelli decisionali attraverso un adeguato sistema

informativo, in modo che si possa garantire la coerenza del sistema contabile nella

sua totalità.

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Quadro di riferimento e linee guida

Non sono disponibili dati ufficiali che documentino il grado di diffusione

dello strumento di contabilità ambientale, in ogni caso si può affermare che la

contabilità ambientale è ancora scarsamente applicata, soprattutto nelle piccole e

medie imprese.

L’assenza di standard obbligatori ha sicuramente frenato la diffusione

dello strumento, specie tra quelle imprese che non hanno intravisto vantaggi nella

sua introduzione.3

La mancanza di uno standard di riferimento comune, è un fattore di

incertezza sia per le imprese, che non hanno a disposizione informazioni adeguate

per confrontarsi con i concorrenti, sia per l’utente/consumatore interessato alle

conseguenze delle attività produttive.

Gli ambiti in cui la contabilità ambientale è utilizzata sono essenzialmente

due: nazionale e d’impresa.

3 Falcitelli F., Falocco S.(2009), Contabilità ambientale, Il Mulino, Bologna

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A livello macroeconomico, la contabilità nazionale ha rappresentato il

primo passo verso l’inserimento degli aspetti ambientali all’interno degli schemi

contabili nazionali. Questo tipo di informazioni è di grande interesse perché

consente di valutare sia gli effetti delle politiche ambientali sulla comunità, le

pubbliche amministrazioni e le imprese, sia di capire quali settori stanno

allocando risorse per la protezione dell’ambiente. La finalità principale della

contabilità ambientale nazionale è quella di verificare il modello di sviluppo

complessivo della società e di indirizzarlo verso uno sviluppo sostenibile.

A livello d’impresa, invece, vengono affrontati gli stessi interrogativi ma

ovviamente in un’ottica più ridotta e quindi vengono considerate le informazioni

ambientali all’interno dei processi decisionali e nella comunicazione ai soggetti

esterni. In questo ambito prevalgono obiettivi di contabilizzazione per fini diversi,

come la valutazione delle alternative di investimento, l’attività di budget, il

controllo di efficienza dei processi produttivi, la comunicazione, fino alla

valutazione delle possibili responsabilità future.

La contabilità ambientale, sia a livello macro e microeconomico, si ispira a

principi che la comunità internazionale ha posto alla base del concetto stesso di

sviluppo sostenibile fin dall’approvazione dell’Agenda 21, nel corso dell’Earth

Summit di Rio de Janeiro del 1992. Gli stessi principi sono stati riaffermati a

Johannesburg nel 2002 al World Summit on Sustainable Development organizzato

dall'ONU, dove i governi locali sono stati invitati a "sviluppare strategie che

integrino le dimensioni economiche, sociali, ambientali e culturali dello sviluppo

e una governance locale trasparente ed efficace".

Ad oggi tuttavia la contabilità ambientale d’ impresa non è stata codificata

in modo standard, anche se si è assistito ad una progressiva intensificazioni di

iniziative e principi condivisi, che possiamo ricondurre a due tipologie principali:

La normativa comunitaria: la Commissione Europea ha più volte

sottolineato l'importanza dell'adozione di strumenti di contabilità

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ambientale, a tutti i livelli dell'amministrazione, per integrare le

informazioni contenute nei documenti tradizionali di programmazione

economico-finanziaria e di bilancio ed in tal modo supportare

adeguatamente il processo decisionale pubblico. In particolare con la

Raccomandazione 2001/453/Ce del 30 Maggio 2001, riguardante

l’integrazione degli aspetti ambientali nei conti annuali e nelle relazioni

sulla gestione delle società, sono stati definiti i criteri di rilevazione,

valutazione e divulgazione delle spese ambientali, degli oneri e dei rischi

ambientali, nonché delle attività connesse, che influiscono sulla situazione

dell’impresa interessata, e individua il tipo di informazioni che è

opportuno integrare. Tale raccomandazione è stata in parte recepita con la

Direttiva 2003/51/Ce relativa ai conti annuali e consolidati di alcuni tipi di

società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di

assicurazione. Nella direttiva si specifica quali sono le informazioni

necessarie alle realizzazione della relazione sulla gestione specificando

come questa debba contenere un resoconto dell’andamento degli affari

della società e una descrizione dei principali rischi e incertezze che essa

deve affrontare. Tale resoconto comporta, nella misura necessaria, sia degli

indicatori finanziari fondamentali, sia quelli non finanziari pertinenti

l’attività specifica della società, compresi quelli attinenti l’ambiente e il

personale. Essa lascia alla discrezionalità degli Stati membri di chiedere

alle imprese di presentare informazioni di carattere non solo finanziario. In

aggiunta, altra fonte importante è il Regolamento 2150/2002/Ce sui criteri

di valutazione della qualità e i contenuti delle relazioni sulla qualità delle

statistiche sui rifiuti. L’importanza del regolamento, anche ai fini futuri

dello sviluppo della contabilità ambientale d’impresa, risiede

nell’obbligatorietà per gli stati membri, di raccogliere dati sulla gestione

dei rifiuti delle imprese con più di dieci dipendenti.

Linee guida e manuali ad opera di organismi internazionali:

parallelamente si è assistito anche al diffondersi di una serie di manuali e

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linee guida per lo sviluppo di una contabilità ambientale d’impresa, tra i

quali a livello nazionale si ricorda la letteratura metodologica a cura della

Fondazione Eni Enrico Mattei. In ambito internazionale si sottolineano le

linee guida dell’Unep (United Nations Environment Programme) per la

realizzazione dei rapporti ambientali, le linee guida elaborate da Gri

(Global Reporting Initiative), sulle modalità di diffusione delle

informazioni ambientali che danno consigli utili per la redazione di

strumenti di reporting, le linee guida dell’Ocse, dell’Eurostat, e dell’Ifac

(International Federation of Accountants).

I costi ambientali

Il costo ambientale: definizione e classificazioni

Entro l’azienda, per costo ambientale si intende il valore delle risorse e

attività dedicate a migliorare l’impatto ambientale dei processi aziendali, ovvero

tese a prevenire, abbattere o eliminare l’inquinamento, nonché a controllare

l’impatto ambientale dei processi aziendali.4

Tuttavia, nonostante la sua centralità all’interno della contabilità

ambientale, non esiste una nozione standardizzata ed univoca di costo ambientale:

la sua definizione si presenta piuttosto incerta e confusa.

Tradizionalmente si sono considerati ambientali i soli costi sostenuti “end

of pipe”, come ad esempio i costi sostenuti per la bonifica di un sito produttivo o

la depurazione delle acque, ma questa logica si è dimostrata molto limitativa,

ovvero non in grado di cogliere la complessità del fenomeno.

Oggi una più ampia definizione prevede che essi abbiano le caratteristiche

di addizionalità ed identificabilità.5

4 Mio C., (2001), Il budget ambientale, Egea, Milano

5 Cfr. Ibidem

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Per addizionalità o specificità si intende che non debbono essere

considerati ambientali quei costi che hanno anche un’altra causa, ovvero che

derivano da una gestione diversa rispetto a quella ambientale. Ad esempio, un

costo relativo ad un intervento su un impianto, può avere una natura tecnologica e

una natura ambientale. Andrà dunque riconosciuto come costo ambientale la parte

riconducibile ad esso e non la parte relativa al miglioramento tecnologico

dell’impianto.

La caratteristica dell’identificabilità considera invece che possano essere

iscritti solo quei costi che sono riconosciuti rilevati e misurati nella loro

dimensione ed evoluzione. In quest’ottica i costi ambientali sono identificabili se

le attività svolte sono effettuate con la finalità esplicita di migliorare l’impatto

ambientale dei processi aziendali ed esiste un impegno ambientale, espresso nei

fattori produttivi, dedicato a conseguire un beneficio in questo campo.

In sostanza per definire un costo ambientale è necessario che esista la

possibilità di isolarne a monte la decisione di spesa rispetto ad altre motivazioni, e

vi sia la possibilità di delimitare l’effetto di tali attività rispetto a processi

sviluppati senza accorgimenti ambientali. Le caratteristiche di identificabilità e

addizionalità diventano le caratteristiche richieste dal manager per poter governare

la variabile ambientale facendogli corrispondere obiettivi, indicatori e target per la

loro organizzazione.

Pertanto, la nozione di costo ambientale risiede nella definizione della

strategia dell’azienda: potranno essere isolati i costi ambientali solo in quelle

aziende che perseguono consapevolmente una strategia attenta all’uso delle

risorse naturali, ovvero che attui politiche di interazione con l’ambiente basate

sulla ricerca di un equilibrio di lungo termine volto a tutelare l’ecosistema di

riferimento. L’attenzione verso l’ambiente è una filosofia generale. Migliorare il

rapporto azienda-ambiente implica migliorare il rapporto di efficienza aziendale

(input-output) poiché si ritiene che ai costi ambientali oggi sostenuti

corrisponderanno benefici futuri, anche se con la prospettiva di benefici diffusi e

ignoti.

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Per quanto riguarda la classificazione dei costi ambientali, il problema

principale sta nel fatto che all’interno dei sistemi contabili nessuna attività porta

con sé un’etichetta che ne consente una classificazione univoca. Esistono pertanto

molteplici classificazioni riferite ai costi ambientali, a seconda della tipologia alla

quale associare il calcolo del costo stesso e alle situazioni che si presentano di

volta in volta all’interno di un’impresa.

Una classificazione ampia e diffusa prevede la distinzione tra:

- Costi ambientali esterni (o sociali):ovvero quei costi determinati

dall’attività di un impresa e sopportati da soggetti esterni ad essa, come la

comunità o i soggetti pubblici;

- Costi ambientali interni (o privati): ovvero, invece, quei costi che

l’impresa sostiene per prevenire e limitare gli effetti ambientali collegati

con la propria attività produttiva.

Tuttavia la linea di separazione tra queste due tipologie di costi si sta

facendo sempre meno marcata: l’impresa è sempre più responsabile dei danni che

causa alla società e molti provvedimenti di legislazione ambientale costringono le

imprese ad internalizzare le voci di costo esterne.

Le crescenti pressioni esercitate dalle comunità locali, dai consumatori, dai

clienti, dagli organismi nazionali e internazionali, dalle organizzazioni

ambientaliste e dagli interessi in gioco tra le parti rendono le aziende sempre più

attente ai loro rapporti con l’esterno e ai temi ambientali con la conseguenza che i

costi ambientali sono sempre più fondamentali all’interno dei processi decisionali.

Pertanto il fabbisogno informativo dei manager continua a crescere in

merito ad una tutela dell’ambiente che sia in armonia con le attività dell’azienda e

per questo motivo in molti casi il controllo interno dei costi ambientali è diventato

sempre una competenza distintiva.6 In particolare questo accade per le aziende che

6 Fr. Vitali M. P. (2003), Strumenti per l’analisi dei costi Vol. III, Giappichelli

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operano in settori sensibili a questo tema quali la chimica, la siderurgia, la

produzione di energia elettrica, ecc.

Un’altra importante classificazione dei costi ambientali è legata alla loro origine

naturale e tali costi si possono distinguere in:

- costi legati all’inquinamento dell’aria;

- costi legati all’inquinamento delle acque;

- costi legati all’inquinamento del suolo;

- costi legati allo smaltimento e alla gestione dei rifiuti.

In base a questa classificazione si rilevano le grandezze oggetto di

misurazione e si costruisce un conto delle risorse naturali basato su grandezze

fisico-qualitative.

Questa classificazione ha una sua valenza perché riesce a cogliere le

criticità dell’impatto ambientale in azienda, identificando le risorse naturali che

vengono maggiormente coinvolte nei processi gestionali e individuando quelle

che sono sottoposte ad un uso improprio. Inoltre questa ripartizione per elementi

naturali risulta utile ai fini della stesura del bilancio ambientale in quanto ha una

stretta aderenza alla struttura usata per la sua costruzione.

Tuttavia, pur riuscendo a rilevare e quantificare la variabile ambientale,

questa classificazione da sola risulta poco utile nel processo di pianificazione e

controllo, non riuscendo a gestire in pieno questa variabile. Pertanto, andrebbe

affiancata da altre proposte di rilevazione in grado di definire e quantificare le

responsabilità nei vari ambiti decisionali.

Editore, Torino

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L ’ analisi dei costi ambientali

L’analisi dei costi ambientali consente di individuare e raggruppare gli

elementi di costo che si riferiscono alle risorse impiegate dall’azienda nelle

proprie attività produttive.

Le informazioni così raccolte ed elaborate possono essere utili per diverse

finalità:

- motivi legali: al fine di rispettare le norme imposte per la salvaguardia

dell’ambiente;

- motivi culturali e strategici: a seconda della sensibilità ambientale e

dell’orientamento che ogni azienda si prefigge (ad esempio per dotarsi di

un rapporto ambientale);

- motivi d’affari: il mercato potrebbe richiedere prodotti a basso impatto;

- ecc..

Una classificazione largamente condivisa è quella predisposta dall’Epa

(Environment Protection Agency, Usa) in cui vengono definite tre soglie di analisi

dei costi ambientali, secondo una scala crescente di difficoltà di rilevazione.

La prima soglia vede la valutazione dei costi convenzionalmente calcolati,

ovvero di quei costi ambientali che sono rilevati come stabilito dagli organismi

che definiscono i principi contabili nell’ambito della contabilità generale. Si

riferiscono principalmente ad attività end of pipe o ad interventi che sono integrati

ad altre attività dove le motivazioni di tipo ambientale prevalgono. I costi

convenzionali, quindi, sono rappresentati da costi in conto capitale (ad esempio

impianti e macchinari), o costi in conto esercizio (materie prime, lavoro, ecc..).

Spesso questi costi non sono classificati come ambientali poiché è difficile

stabilire la loro quota di carattere ambientale.

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La seconda soglia include, oltre ai costi convenzionalmente calcolati:

- i costi nascosti;

- i costi potenziali; e

- i costi d’immagine e comunicazione.

Tra i costi nascosti ci sono i “costi per l’avviamento di un progetto” (tra

cui le fasi di studio, scelta tra alternative o la ricerca e sviluppo); i “costi di

funzionamento” che possono essere “volontari”, ossia legati all’applicazione

volontaria di particolari gestioni ambientali, o i costi “regolatori”, riguardanti ad

esempio l’applicazione e il rispetto delle norme. Infine ci sono i “costi di

dismissione”, ancora più difficili da considerare, vista la loro stima futura e

l’incertezza legata all’evoluzione tecnologica e normativa.

Per costi contingenti o potenziali ci si riferisce ad attese di costo, ovvero di

costi legati a eventi futuri e incerti, la cui stima è principalmente legata ad un

calcolo probabilistico. Ad esempio vi rientrano i rischi legati a futuri risarcimenti

per danni prodotti dagli impianti aziendali, o multe per infrazioni varie. Si tratta

perciò di costi che misurano i rischi di eventi futuri, legati alle condizioni

produttive attuali. La loro determinazione può essere eccessivamente prudente o

può essere omessa, con il rischio di doversi gravare di un importo rilevante nel

caso l’evento si verifichi.

I costi d’immagine e comunicazione si trattano, invece dei “costi di

marketing ambientale”, ovvero di immagine che sono sostenuti per migliorare la

percezione esterna delle politiche ambientali aziendali. Ad esempio i costi per le

certificazioni ambientali o per il bilancio ambientale. Sono misurabili in modo

preciso, ma la loro efficacia e il ritorno apportato all’immagine aziendale è

difficile da valutare, soprattutto in termini quantitativi e monetari.

La terza soglia arriva a considerare i costi del non-ambiente, ovvero i costi

che l’impresa si trova a dover sostenere a seguito delle proprie inefficienze

ambientali.

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Fig pag. 152

Un altro livello di analisi è quello proposta dall’Ifac (International

Federation ofAccountants). Lo schema proposto molto completo ed esaustivo e

propone di suddividere i costi ambientali in specifiche categorie:

1.Costi per i prodotti: sono i costi d’acquisto delle risorse naturali come

acqua e altri materiali che vengono convertiti in prodotti finiti,

sottoprodotti e imballaggi. Questi dati di costo aiutano l’organizzazione a

gestire l’impatto ambientale dei materiali relativi ai suoi prodotti. Ad

esempio si può rimpiazzare un materiale con uno meno tossico,

considerandone il costo effettivo alternativo.

2. Costi per i non-prodotti: sono i costi d’acquisto, e a volte di processo,

che non diventano un prodotto dell’azienda ma sono output dei “non-

prodotti”. Sono quei costi convertiti in rifiuti ed emissioni che vengono

generati fuori dalle operazioni tipiche dell’azienda. Nelle attività dove non

ci sono prodotti fisici, tutti i materiali di input sono costi per non prodotti,

per definizione. Possono includere ad esempio costi l’acquisire tecnologie

produttive più efficienti che generano meno rifiuti per unità di prodotto.

3. Costi di controllo dei rifiuti e delle emissioni: includono i costi di

ammortamento degli impianti per il maneggio, il trattamento e

l’eliminazione dei rifiuti e delle emissioni, i rimedi e le compensazioni

relativi ai danni ambientali e ogni costo di controllo relativo. Ad esempio

per il trasporto degli scarti o i sistemi di pulizia delle acque, i costi per la

manutenzione, la movimentazione, il trattamento e lo smaltimento dei

materiali operativi, come containers o equipaggiamenti protettivi, costi per

la movimentazione dell’acqua e dell’energia, per il personale interno che si

occupa del trattamento dei rifiuti e delle emissioni, per servizi esterni vari

come la consulenza, per tasse e oneri, multe, sanzioni, assicurazioni e

ripristini e bonifiche.

4. Costi di prevenzione e altri costi di gestione ambientale: includono i

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costi di attività preventive di gestione ambientale, come i progetti di

acquisti verdi, il supply chain environmental management, produzioni più

pulite e responsabilità varie. Includono anche costi per altre attività di

gestione ambientale come sistemi di pianificazione, misure di protezione,

comunicazione e ogni altra attività rilevante. Ad esempio costi per sistemi

di gestione ambientali, auditing, reporting, supporti finanziari.

5. Costi di ricerca e sviluppo: includono i costi per i progetti di ricerca e

sviluppo relativi agli obiettivi ambientali. Esempi sono i costi di ricerca

sulla potenziale tossicità delle materie prime, sviluppo di prodotti a basso

consumo di energia, test su prodotti con materiali di più alta qualità ed

efficienza.

6. Costi poco tangibili: includono sia costi interni che esterni relative a

scopi meno tangibili, che tipicamente non sono rintracciabili nel sistema

informativo aziendale, ma possono essere potenzialmente significativi.

Questi costi si suddividono in liability, regolazioni future, produttività,

immagine aziendale, relazioni con gli stakeholders e esternalità varie.

Esempi possono essere costi legali futuri per danni ambientali, future

restrizioni sulle emissioni, assenteismo dei lavoratori per malattie dovute

all’inquinamento.

Conclusioni

I dati e le informazioni della contabilità ambientale che abbiamo visto fino

ad adesso costituiscono la base per valutare l’efficacia e l’efficienza della gestione

ambientale.

L’efficacia della gestione ambientale è misurata in relazione al

raggiungimento degli obbiettivi ambientali stabiliti in fase di programmazione.

L’efficienza della gestione ambientale invece è esprimibile nel confronto tra le

risorse assegnate, gli investimenti, le modifiche organizzative e tecnologiche

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effettuate e i risultati ottenuti in termini di salvaguardia dell’ambiente.7

La valutazione delle prestazioni ambientali è quindi parte integrante del

sistema di gestione ambientale ed è volta alla creazione di un sistema di

misurazione dei risultati ottenuti che possa garantire un monitoraggio continuo in

grado di valutare il raggiungimento e l’adeguatezza delle politiche, degli

obbiettivi e dei programmi definiti. La base di dati e informazioni è necessaria

anche per scopi comunicativi rivolti sia all’interno dell’azienda sia all’esterno per

i propri stakeholder.

2 – IL BUDGET AMBIENTALE

Introduzione

Il budget è uno degli strumenti fondamentali di programmazione e

7

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controllo all’interno dell’azienda, e costituisce una sorta di bilancio di previsione

delle attività aziendali. Predisporre un budget ambientale significa realizzare, a

livello di vertice aziendale, un prospetto di sintesi degli obiettivi e degli impegni

ambientali che l’azienda si prefigge, in base alla strategia da essa voluta.

Il budget ambientale è composto dalle componenti ambientali presenti nei

vari centri di responsabilità: sintetizza perciò l’ammontare delle risorse coinvolte

nella gestione ambientale, sia di tipo economico-finanziario che di origine

naturale.

Ha la funzione di rappresentare il rilievo che la gestione ambientale

assume all’interno dell’azienda.

Comprende8:

- i ricavi ambientali: sono costituiti dal corrispettivo dei flussi di materiali

scambiati all’esterno, materiali che in precedenza non erano considerati

come oggetto di vendita ma davano luogo a costi di smaltimento.

- i costi della gestione ambientale: sono ripartiti fra i costi per far fronte

alle responsabilità interne e i costi che derivano da danni o problemi creati

all’esterno. Vanno espressi in un trend per verificare che l’azienda si

muova nel lungo termine verso la loro sostituzione, passando dalla logica

della manutenzione e riparazione a quella della prevenzione.

- i costi ambientali: derivano dall’impegno profuso dall’azienda nei vari

ambiti. Comprendono i costi per l’utilizzo di materie prime eco-

compatibili, l’uso di energia pulita, la gestione del personale in ambito

ambientale e le politiche di manutenzione più ecologicamente improntate.

Sono espressi in valore monetario ma vanno anche tradotti nella loro

valenza tecnica, ossia espressi in termini di miglioramento dell’impatto

ambientale conseguito.

- gli investimenti ambientali: comprendono gli investimenti effettuati per

8 Mio C. (2001), Il budget ambientale, Egea, Milano

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la loro quota di competenza.

Nel budget ambientale viene calcolato il risultato intermedio della gestione

ambientale, dato dalla differenza tra i ricavi ambientali e i costi della gestione

ambientale. Questo risultato esprime in termini economici il peso del governo

della variabile ambientale nel profilo di economicità dall’azienda.

Questa grandezza viene confrontata anche con l’ammontare delle risorse

dedicate alla prevenzione e al miglioramento dell’impatto ambientale,

rappresentate dai costi ambientali e dal valore degli investimenti ambientali.

Questo ci dà il risultato della gestione ambientale, che manifesta l’equilibrio tra il

perseguimento dell’economicità e dell’eco-efficienza dall’azienda. Il risultato

della gestione ambientale è la grandezza sulla quale il vertice aziendale può agire

per ottimizzare il proprio rapporto con l’ambiente.

A livello aziendale diventa importante formare una visione ambientale che

possa essere condivisa da ciascun soggetto e nella quale ciascuno si senta

rappresentato. Il budget ambientale rende esplicita la responsabilizzazione del

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vertice sugli obiettivi ambientali, riassumendo in sé gli impegni presi e

proiettandoli verso un orizzonte di lungo termine. La rappresentazione della

strategia ambientale passa per due modalità distinte, ma complementari: quella nei

confronti dell’interno dell’azienda, attraverso la predisposizione del budget

ambientale, come attività previsionale, e del bilancio ambientale, come attività di

reporting; e quella nei confronti dell’esterno, attraverso l’attività di

comunicazione ambientale.

Poiché l’ambiente coinvolge tutte le aree aziendali e pertanto deve essere

oggetto di responsabilità e gestione diffusa, il budget ambientale viene costruito in

termini di obiettivo strategico, fissando il valore target del risultato della gestione

ambientale. Nel dettaglio esso può essere scomposto nei singoli budget funzionali

o centri di responsabilità ai quali vengono attribuite specifiche responsabilità e

correlati obiettivi ambientali. I principali budget funzionali ambientali all’interno

di un’impresa sono: quello del responsabili acquisti, del responsabile ricerca e

sviluppo, del responsabile della produzione e del responsabile marketing e

vendite. Possono essere predisposti poi ulteriori budget per centri di responsabilità

per le altre funzioni aziendali, come la finanza o l’area spese generali. Tali budget

sono importanti perché, ad esempio, il responsabile acquisti sarà colui che potrà

prevedere direttamente il ricorso a materie prime e materiali meno inquinanti,

oppure il responsabile ricerca e sviluppo sarà interessato a spostarsi verso logiche

di eco-design dei prodotti o preferire approcci del tipo Lca. Ancora il responsabile

della produzione può cercare nuove vie per il miglioramento dei processi

produttivi e la trasformazione fisico-tecnica dei materiali attraverso tecnologie più

pulite.

Come visto in precedenza, all’interno dell’azienda vi possono essere vari

stadi che contraddistinguono la situazione evolutiva della stessa rispetto alla

strategia ambientale perseguita. Ad esempio, l’azienda che perseguirà una

strategia pro attiva inserirà a pieno titolo le informazioni ambientali entro il

proprio sistema di pianificazione e controllo, integrandole con gli altri aspetti

gestionali e attribuendo alla dimensione ambientale una rilevanza paragonabile a

quella di altri elementi. Così sarà in grado, da un lato, di ottimizzare il peso della

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variabile ambientale con quella delle altre componenti, e, dall’altro, di diffondere

all’interno delle varie aree aziendali il proprio impegno creando una cultura

ambientale largamente condivisa.

3 – IL BILANCIO AMBIENTALE

.Il bilancio ambientale è uno strumento contabile che è in grado di offrire

un quadro organico delle interrelazioni dirette tra l’impresa e l’ambiente naturale

attraverso l’opportuna rappresentazione dei dati quantitative qualitativi relativi

all’impatto ambientale delle attività produttive e dello sforzo economico e

finanziario sostenuto dall’impresa.9

Nel bilancio ambientale vengono identificate, raccolte e analizzate le

informazioni relative ai dati fisici sull’uso e la destinazione di energia, acqua e

ogni altra materia prima, e i relativi flussi rilasciati sull’ambiente; i dati monetari

relativi ai costi per l’uso delle risorse naturali e connessi all’inquinamento; le

spese per le riduzioni dei consumi e i benefici e risparmi derivanti dalle misure di

salvaguardia ambientale. Il bilancio si presenta come un sistema strutturato ed

organizzato di dati fisici ed economici relativi all’interazione tra l’impresa e

l’ambiente evidenziando quali sono gli effetti della gestione ambientale, quali

variabili tenere sotto controllo e quali sono le leve manovrabili per influenzare la

gestione ambientale. Deve essere articolato in conformità alla distribuzione delle

responsabilità organizzative e strategiche, strutturato in base alle disponibilità

economiche e agli obiettivi ambientali predisposti, analitico e coordinato con il

report gestionale complessivo, in modo da poter evidenziare i collegamenti fra i

parametri obiettivo complessivi e quelli ambientali.

Esso, inoltre, presenta caratteristiche diverse nelle varie situazioni, in

funzione della strategia ambientale perseguita dall’azienda, del peso che tale

strategia riveste nel complesso della gestione aziendale, dell’organizzazione

9 Citterio A., (2009) Impresa e ambiente: un’intesa sostenibile, Cap.5, Libri Scheiwiller, Milano.

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aziendale, del grado di accentramento o decentramento della variabile ambientale,

del livello di cultura ambientale diffusa presso l’azienda e della sensibilità

ambientale manifestata dagli stakeholder. La scelta del contenuto viene fatta in

stretta connessione con questi fattori e va aggiunto che esso potrebbe essere

sovrapposto o derivato dall’informativa costituita per i sistemi di ottenimento di

certificazioni ambientali volontarie, come Emas, Iso 14000 o altre; anche se in

queste circostanze il report ambientale non ha necessariamente un orientamento

gestionale e sarebbe perciò opportuno integrarlo.

In un’ottica di gestione interna la contabilità ambientale e la redazione del

bilancio ambientale sono importanti strumenti conoscitivi di supporto ai processi

decisionali e forniscono informazioni utili per: verificare, certificare e comunicare

alle autorità competenti il rispetto del complesso delle norme ambientali e dei

relativi vincoli; valutare e controllare gli effetti ambientali delle attività

dell’impresa; razionalizzare l’impiego delle risorse naturali nel processo

produttivo; adottare processi produttivi a ridotto impatto ambientale; rispondere

agli obblighi in materia d’informazione statistica in campo ambientale; accedere a

contributi e finanziamenti per l’adozione di tecnologie pulite; promuovere una

maggiore consapevolezza nei dipendenti circa l’importanza di perseguire una

politica di salvaguardia ambientale.

La fase di costruzione del bilancio ambientale comporta essenzialmente

l’operazione di rilettura, riclassificazione e riorganizzazione del patrimonio

informativo esistente e l’operazione di raccolta e elaborazione di informazioni

aggiuntive. Secondo la metodologia proposta43 le informazioni che vengono

raccolte e rielaborate nel bilancio ambientale confluiscono in due distinti

conti:

Il conto dell’uso e del deterioramento delle risorse naturali: in cui vengono

rilevate e quantificati i flussi fisici di input e output dell’azienda. Si tratta

di

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informazioni non presenti negli usuali documenti contabili e normalmente

occorre mettere in piedi un nuovo sistema di raccolta delle informazioni

attraverso una ulteriore contabilità dei flussi di materia nella realtà

aziendale.

Occorre distinguere innanzitutto tra le materie prelevate direttamente dalla

natura e quella inglobata nei prodotti intermedi acquistati da altri

produttori, è

utile anche distinguere quale parte di materie resta incorporata nei prodotti