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1 Terzo Millennio – periodico on line per l’organizzazione dei moderati www.terzomillennioabruzzo.it ; [email protected] ; ANNO XVI n.18 – on line – Domenica 1 novembre 2009 Ai lettori “Terzo Millennio”, quindicinale on line Il nostro giornale on line viene inviato a 5.315 contatti soprattutto di Pescara e della nostra Regione. Siamo coscienti che e-mail indesiderate sono oggetto di disturbo, quindi la preghiamo di accettare le nostre più sincere scuse se la presente Mail non è di Suo interesse. Gli indirizzi di posta elettronica presenti nel nostro archivio provengono da contatti personali o da elenchi e servizi di pubblico dominio o pubblicati o attraverso e-mail o adesioni da noi ricevute. In ottemperanza della Legge 675 del 31/12/96 così come modificata dal decreto legislativo 196 del 30/06/2003, per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali, in ogni momento è possibile modificare o cancellare i dati, rispondendo CANCELLAMI all'indirizzo: [email protected] ricordando di usare lo stesso nome e la stessa e-mail, con cui risulta aver ricevuto il nostro giornale on-line e non riceverà più alcun messaggio. Grazie della collaborazione.

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Terzo Millennio – periodico on line per l’organizzazione dei moderati

www.terzomillennioabruzzo.it; [email protected];

ANNO XVI n.18 – on line – Domenica 1 novembre 2009

______________

Ai lettori

“Terzo Millennio”, quindicinale on line Il nostro giornale on line viene inviato a 5.315 contatti soprattutto di Pescara e della nostra Regione. Siamo coscienti che e-mail indesiderate sono oggetto di disturbo, quindi la preghiamo di accettare le nostre più sincere scuse se la presente Mail non è di Suo interesse. Gli indirizzi di posta elettronica presenti nel nostro archivio provengono da contatti personali o da elenchi e servizi di pubblico dominio o pubblicati o attraverso e-mail o adesioni da noi ricevute. In ottemperanza della Legge 675 del 31/12/96 così come modificata dal decreto legislativo 196 del 30/06/2003, per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali, in ogni momento è possibile modificare o cancellare i dati, rispondendo CANCELLAMI all'indirizzo: [email protected] ricordando di usare lo stesso nome e la stessa e-mail, con cui risulta aver ricevuto il nostro giornale on-line e non riceverà più alcun messaggio. Grazie della collaborazione.

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Venerdì 6 novembre 2009

Ore 18:00 – 20:00

“Caffè Letterario” del museo delle genti d’Abruzzo

(Via della Caserme)

“Tra bipartitismo e bipolarismo, tra federalismo e secessione”.

Introduce: Francesco Ciattoni – Commissario “giovani UDC” Regione Abruzzo

Saluti: Enrico Di Giuseppantonio – Presidente Provincia di Chieti

Vincenzo Dogali – Capogruppo UDC Comune di Pescara

Interviene: Sen. Gianpiero D’Alia – Capogruppo UDC Senato

Conclude: Licio Di Biase – Direttore Istituto “G. Spataro”

Coordina: Giampiero Di Biase – Commissario “giovani UDC” Comune di Pescara

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Secondo incontro del corso di sensibilizzazione alla politica

“I Cattolici e la Politica”

di Rita Pagliara

Il secondo appuntamento del corso di sensibilizzazione ha avuto come tematica quella riguardante i cattolici e la politica, attraverso l’excursus sul Partito Popolare di Sturzo, la Democrazia Cristiana di De Gasperi e, infine, la conclusione circa l’Unione di Centro di Casini. Sono intervenuti durante l’incontro Francesco Ciattoni – Commissario “giovani UDC” Regione Abruzzo, Andrea Colalongo – Segretario comunale UDC Pescara, Prof. Stefano Trinchese – Preside Facoltà di Lettere Università D’Annunzio, Licio Di Biase – Direttore Istituto “G. Spataro”, l’On. Ugo Crescenzi – Presidente Istituto “G. Spataro” e Claudio Fasoli – Commissario “giovani UDC” Provincia di Pescara. “Ho l’onere e l’onore di recarvi i saluti anche dell’Udc”- così ha esordito Andrea Colalongo – “un partito giovane, sì, perché nato nel ’92, e tuttavia già in evoluzione poiché al suo interno è in atto un processo di evoluzione che condurrà al soggetto politico dell’Unione di Centro. La tematica che viene trattata in quest’incontro è importante e quanto mai attinente alla situazione attuale, dal momento che consente di riflettere su quelli che sono i valori stessi che devono necessariamente animare la politica; mi riferisco ai valori cattolici, ai principi di autonomia e libertà che rendono la politica propositiva, attiva e in grado di costruire «qualcosa di buono». E in tal senso, l’Udc, che crede possibile nonché fondamentale l’impegno e l’apporto delle forze cattoliche in politica, si segnala come una risorsa per la nazione”. Il Segretario comunale UDC di Pescara ha concluso il suo intervento sottolineando l’elevata qualità del corso che “fa riscontare, con certo sollievo, la presenza di un ancor diffuso interesse per la politica, per la buona politica”. Il contributo del relatore Prof. Stefano Trinchese, il quale, nella sua feconda attività di storico e ricercatore si è occupato proprio del partito cattolico con l’approfondimento sulla biografia della figura di Sturzo, ha catturato l’attenzione, destando l’interesse dei presenti e invitando alla riflessione: “Mi sembra doveroso, innanzitutto, illustrarvi il metodo espositivo che ho scelto di seguire nel mio intervento, in questo excursus sul Partito Popolare di Sturzo e la Democrazia Cristiana di De Gasperi; intendo parlare di questi due grandi personaggi partendo dall’analisi di alcuni documenti che meglio fanno entrare nel vivo della questione, conducendoci da subito in medias res”. Dopo la necessaria premessa sull’inesistente ruolo dei cattolici in politica all’indomani dell’unità d’Italia, a causa del “non expedit” della Santa Sede, il professor Trinchese ha delineato, con lucida analisi il contesto all’interno del quale si collocava l’agire del giovane Sturzo: “Il quadro che si staglia davanti a Sturzo è quello di una realtà cattolica totalmente intransigente, che non intende mescolarsi né trattare con l’empio stato liberale, quello stesso stato che aveva strappato Roma al Papa nel 1870. E tale tendenza intransigentista resta pressoché immutata fino ai primi anni del ‘900, quando vi si contrappone un movimento che fa auspicare ad un’apertura cattolica alla politica.

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È l’età giolittiana, lo stesso periodo ove si colloca il primo documento che ho scelto di sottoporre alla vostra attenzione, il documento relativo al discorso tenuto il 24 dicembre 1905 da Sturzo eletto pro sindaco a Caltagirone, nella sua Sicilia. Ebbene, emerge da tale discorso la sua chiara posizione: Sturzo non abbraccia la causa degli intransigenti contro ogni coinvolgimento in politica dei cattolici né quella del clerico moderatismo che, adottando il compromesso, conduceva allo svilimento degli stessi valori cristiani. Egli si rivolge ai notabili siciliani né con toni di condanna verso lo stato, né con parole che avrebbero condotto a posizioni chiare e definitive, ma sceglie di dare una lettura storica del proprio tempo. Il messaggio comunicato con chiarezza da Sturzo assume i connotati del programma politico, un programma che traccia una linea coraggiosa di apertura del partito alla modernità, ove ruolo fondamentale è affidato alla critica costruttiva, al dialogo e al confronto partecipe. In un bellissimo e significativa passaggio, Sturzo opta per uno svecchiamento dei partiti politici, tema di un’attualità disarmante…I partiti secondo il suo pensiero non devono porsi come unici depositari della religione o come un’armata permanente della chiesa, bensì essi hanno l’obbligo di tradursi interpreti della società, rinunciando alla mentalità della contesa per fede”. Trinchese ha posto in evidenza i caratteri fondamentali del partito sturziano, un partito più volte definito “autonomo, aconfessionale, libero, forte e con vocazione democratica”. “Un partito, ancora” – ha proseguito il Preside Facoltà di Lettere Università D’Annunzio – “operativo secondo le linee programmatiche che Sturzo delinea attraverso un altro discorso, questa volta tenuto a Milano nel 1918. Vi si fa riferimento a tutta una serie di problematiche importantissime, come ad esempio la necessità di decentramento amministrativo inteso come mezzo di vitalità nuova per lo sviluppo di nuove energie, la necessità di un’organizzazione di classe, di una autonomia comunale, ove all’espressione comune viene data accezione moderna di organismo vitale e dinamico. È possibile notare come l’analisi di questi documenti susciti un’ampia riflessione la cui eco giunge fino a noi e al nostro tempo; in tal senso non posso tralasciare di illustrarvi le ultime due testimonianze che, in questa sede, desidero proporre: il discorso dell’aprile 1923 tenuto a Londra dall’esiliato Sturzo, la fiaccola della cui esperienza politica sarà portata avanti in Italia dall’indimenticato Peppino Spataro e, infine, la lettera dall’America datata 1944 e indirizzata all’altro esponente del popolarismo Igino Giordani. Ebbene, tanto il discorso quanto la lettera di Sturzo, insieme alle altre sue testimonianze di cui ho parlato all’inizio del mio intervento, ne mostrano il grande insegnamento, ovvero la possibile apertura di una varco verso la moderna concezione di partito. Sturzo si fa promotore di un partito laico, democratico ed interclassista, contrario all’adesione acritica alla chiesa, individuando proprio nel trarre la chiesa all’interno della politica militante e nel trasformare il partito in una branca dell’azione cattolica i i due grandi scogli che i cattolici avrebbero dovuto ad ogni costo evitare”. Dopo questa bella e avvincente digressione sulla figura di Sturzo, il professor Trinchese ha dedicato ad un altro esponente importantissimo della scena politica italiana, De Gasperi, la conclusione del suo intervento: “Se Sturzo getta le basi per un partito orientato verso l’apertura democratica, è tuttavia con De Gasperi che si assiste al reale passaggio, in Italia, alla democrazia, grazie alla DC saldatrice tra l’Italia cattolica e quella laica. La novità rispetto al passato risiede nel tenere la chiesa se non al di fuori, quanto meno in un’ottica di cooperazione nell’ambito del quadro democratico, ove De Gasperi fa confluire l’intera presenza cattolica. E tutto ciò nell’intento di «Far fare all’Italia la voltata senza rovesciare il carro». Licio Di Biase ha preso la parola, avviandosi alla conclusione dell’incontro serale: “Ringrazio di cuore Stefano Trinchese per la brillante analisi, ricca di preziosi spunti di riflessione senz’altro attualissimi. C’è bisogno di riflettere e confrontarsi oggi più che mai, se pensiamo alla dispersione politica dei nostri giorni, o al rischio di caduta plebiscitoria della proposta politica democratica. Dopo la seconda guerra mondale, la DC accoglie e assume su di sé le esigenze della società, fornendo risposte in un frangente storico in cui tante domande restavano aperte.

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In tale prospettiva l’Udc oggi, che diviene Unione di Centro e fa sua la grande tradizione cattolica e democratica, intende proseguire, adottando una linea moderata che punti alla qualità delle risposte date alle esigenze della collettività dei cittadini”. “A me spetta concludere l’incontro di oggi” – queste le parole dell’On. Ugo Crescenzi – “e lo faccio attraverso una similitudine che mi sembra appropriata al caso: occorre che la politica torni alle radici, per rinvigorirsi dalle fondamenta ed irrorarsi di rinnovata energia, lavorando per cogliere i frutti del suo operato. Un buon disegno politico deve dotarsi di un progetto governativo su cui costruire le nuove alleanze, ma solo dopo aver riaggregato il partito intorno ad una visione di una realtà in movimento, definendo il quadro della storia vivente alla luce della storia passata, per scrivere il futuro”.

Foto del ponte sul mare

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Un nome per “il ponte del mare”

Al Direttore del quotidiano

“Il Centro”. Ill.mo Direttore,

intervengo a proposito del dibattito che si è aperto intorno alla denominazione del “ponte” cosiddetto “del mare”. Ritengo di grande interesse questo dibattito, perché ci offre lo spunto per capire gli interessi, le sensibilità, le attenzioni della città. Io da tempo vado sottolineando che Pescara mi pare molte volte distratta sul proprio passato, e questo ha prodotto gravi disattenzioni, con abbattimenti, deturpazioni, interventi poco attenti. Ma ciò è figlio della scarsa conoscenza che i pescaresi hanno della propria città. Nel 1998 ho pubblicato “Castellamare nel tempo”, la storia organica di metà dell’attuale territorio di Pescara e devo dire che da quel momento il nome “Castellamare”, messo nell’archivio degli oblii per decenni, è tornato ad essere usato e ricordato, come ad esempio per denominare una delle Circoscrizioni…magari era più corretto usare questa denominazione per la Circoscrizione “Colli”, però, meglio che niente. A questo proposito voglio solo ricordare che Castellamare ebbe un numero di abitanti sempre superiore a quello di Pescara come riportato nell’allegata pagina del “Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani a Sua Maestà Ferdinando IV Re di Napoli e di Sicilia” del 1804, e quindi era giusto ricordalo. Così come è giusto ricordare i personaggi della città. La famiglia “D’Avalos”, possessore di queste terre per tre secoli, è ricordata solo con una strada. La Pineta che, a mio avviso, doveva essere dedicata a questa famiglia, è stata intitolata a “d’Annunzio”, e per me è stato un errore. Ora c’è questo ponte da denominare e il nome più ovvio, naturale, storicamente corretto sarebbe “Aterno”. Non penso che in questa circostanza debba rifare la storia della città per sottolineare la bontà e la giustezza di questo nome. “Ostia Aterni”, “Aternum” ed altri termini simili sono indicati in tanti documenti di storici e di scrittori greci e latini, ed è stata la denominazione del fiume e del borgo, fino al 700/800 d.C. circa. E doveva essere il nome della nostra città, quando nel dicembre del 1926 ci fu la fusione tra Pescara e Castellamare. Penso che se vogliamo veramente utilizzare un nome che appartiene alla nostra memoria, ma oggi dimenticato, dobbiamo usare “Aterno”. Spero che, questa volta, pur travolti dalla “città veloce”, che ci abbaglia con le “luci della modernità”, riusciamo a perdere un attimo della nostra giornata per guardare con attenzione al nostro passato.

Pescara, 30 ottobre 2009 Licio Di Biase

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Dal “Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani a Sua Maestà Ferdinando IV Re di Napoli e di Sicilia” del 1804

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Pescara. Macrostruttura: tutti i dirigenti Cronache - Cronache da Pescara - DA: “abruzzoitalia.it” - Il quotidiano degli abruzzesi

Sabato 31 Ottobre 2009

Sono stati individuati i dirigenti e i responsabili di servizio che da lunedì, 2 novembre, assumeranno la guida dei settori strategici del Comune di Pescara divenendo il braccio operativo dell’amministrazione.

Firmati gli incarichi per i tre Direttori di Dipartimento, i 16 dirigenti di Settore e per 49 Responsabili dei Servizi. "Restano per ora scoperte tre caselle che andremo però a riempire già nelle prossime ore, riaccendo il ‘motore’ del governo cittadino per la realizzazione del nostro programma", ha detto il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia ufficializzando tutti i nomi che compongono il mosaico dei quadri direttivi.

I tre Direttori di Dipartimento sono:

Miriam Severini, responsabile del Dipartimento Servizi al cittadino e

Cosimo Macchiarola del Dipartimento Attività Amministrative e finanziarie, entrambi resteranno in carica sino al 31 ottobre 2012;

il terzo Direttore è Emilia Fino assegnata al Dipartimento Attività tecniche, quest’ultima resterà però in carica ad interim sino al prossimo 31 dicembre.

Sedici i Dirigenti di Settore che resteranno in carica sino al 31 ottobre 2012 salvo alcune eccezioni: tre per il Dipartimento dei Servizi al Cittadino, ossia Gaetano Silveri Dirigente al Settore Attività Produttive; Germano Marone Dirigente Settore Servizi scolastici e culturali – Decentramento; Miriam Severini Dirigente ad interim del Settore Politiche sociali.

Cinque sono i Dirigenti del Dipartimento Attività Amministrative e finanziarie: Giovanni D’Aquino Dirigente Settore Ragioneria Economato (scadenza 30 settembre 2010); Nicola Torelli Dirigente Settore Tributi; Maria Gabriella Pollio Dirigente Settore Risorse Umane (scadenza 30 settembre 2010); Luciana Di Nino Dirigente Settore Affari Generali e Contratti; Cosimo Macchiarola Dirigente ad interim del Settore Servizi Democrafici e Statistica.

Sei i Settori individuati per il Dipartimento Attività tecniche: Tommaso Vespasiano Dirigente del Settore Gestione del Patrimonio Immobiliare e Impiantistica sportiva; Alessandro Salvati Dirigente del Settore Manutenzioni; Antonio Biase Dirigente Settore Lavori pubblici; Emilia Fino Dirigente del Settore Programmazione del Territorio; Marco Pasqualini Dirigente del Settore Gestione del Territorio (scadenza 30 settembre 2010); Fabrizio Trisi Dirigente del Settore Politiche ambientali e mobilità (scadenza 30 settembre 2010).

“I Settori – ha ricordato il sindaco Albore Mascia – sono strutture di complessità rilevante di esercizio, dotate di autonomia finanziaria e risorse umane e strumentali.

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Infine sono stati individuati 49 dei 52 Responsabili di Servizio, figure intermedie tra la Dirigenza e la struttura operativa, e ogni Servizio sarà dotato di autonomia propositiva e organizzativa”.

I 49 Responsabili di Servizio sono Lanfranco Chiavaroli Servizio Sportello unico per le Attività produttive; Patrizia Graziani Servizio Demanio Marittimo e Occupazione suolo pubblico; Enrica Di Paolo Servizio Sistema educativo integrato; Paolo Di Crescenzo Servizio Ristorazione e Trasporti; Maddalena De Leonardis Servizio Attività Culturali e Turistiche; Aldo Fioretti Servizio Decentramento; Rosa Toritto Responsabile Servizio alla Persona; Roberto Cascella Servizio Volontariato, Politiche dell’Accoglienza, Politiche giovanili, Tutela del Mondo animale; Andrea Ruggieri Servizio Bilancio; Gina Agostinone Servizio Entrate e Spese; Francesco Giunchedi Servizio Aspetti Fiscali; Rita D’Agostino Servizio Provveditorato, Economato e Autoparco; Giancarlo Visini Servizio Ici; Elide Trabucco Servizio Tarsu e Tributi vari; Gerardo Maffei Servizio Contenzioso Tributario.

E ancora Franca Lozzi Servizio Programmazione, Selezione, Formazione del Personale; Gianfranco Libertini Servizio Gestione Economica e Pensionamenti; Nicola Vitullo Servizio Relazioni sindacali, disciplina del Personale, Salario Accessorio; Roberto Torricella Servizio Archivio, Protocollo, notifiche; Luigi Addario Responsabile Servizio Organi Istituzionali, Atti amministrativi; Mariella Cipollone Servizio Gare e contratti; Neva Allibardi Servizio Stato civile-Anagrafe; Aldo Di Prinzio Servizio Patrimonio Immobiliare; Paolo Di Silvestro Servizio Impianti Sportivi; Marco Polce Servizio Manutenzione Interna; Alessandra Di Zio Servizio Politiche della casa; Giovanni Natale Servizio Protezione civile, Pubblica incolumità.

E poi Dante Farchione Servizio Progettazione Esecuzione Collaudo – Gestione Verde pubblico e parchi; Gilda Di Luca Servizio amministrativo Contabile - Lavori pubblici; Alessandro Coppa Servizio Alienazioni ed Espropriazioni; Berardinella Di Berardino Servizio monitoraggio Pue – Accordi di programma; Piergiorgio D’Angelo Servizio Pianificazione Urbana; Paola De Rossi Servizio Programmi Complessi; Antonio Caso Servizio Sportello unico per l’Edilizia; Salvatore Giannitti Servizio Sportello unico anti abusivismo condono (Suac); Rosaria Tartaglia Servizio amministrativo Beni Ambientali; Emilia Michetti Servizio Parcheggi, infrastrutture dedicate alla mobilità; Bernardo Appignani Servizio Sportello Unico Ambiente; Gianfranco Gigante Servizio Arredo Urbano.

Attribuiti anche i ruoli nella Polizia municipale: il Tenente colonnello Giuseppe Chincoli è Responsabile del Servizio Comando; il maggiore Gianni Olivieri del Servizio Sicurezza della città e qualità urbana; il Tenente colonnello Mario Fioretti del Servizio Sicurezza stradale e circoscrizionale; il maggiore Luigi Iervese del Servizio Tutela del consumatore e del territorio.

Fanno capo al sindaco Albore Mascia il Direttore generale, con la nomina di Federica Mansueti Responsabile del Servizio Monitoraggio, Rispetto Patto rating; Marco Scorrano Responsabile del Servizio Informatica; Cristina Zambrini Servizio Controllo di Gestione. Dirigente del Settore Gabinetto è Marco Molisani; Elena Casalini Responsabile del Servizio Urp; Piera Antonioli Responsabile Servizio Politiche comunitarie.

Tutti i Responsabili di Servizio resteranno in carica sino al 30 giugno 2010. Le ultime tre figure che restano da individuare sono i Responsabili del Servizio Mercati e altre Attività di Rilevanza Economica, del Servizio Elettorale, Censimenti e Statistica; Servizio Manutenzione Esterna, la cui nomina avverrà nelle prossime ore.

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Una foto di Pescara degli anni ’30 con il Palazzo di Città.

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TRANS-ATLANTICO Domenica 25 Ottobre 2009 18:03

Ce lo insegna la storia: nella vita di un grande uomo c’è sempre una donna a determinarne la buona o la cattiva sorte. E siccome anche la storia si adegua ai mutamenti sociali, al costume, al contesto in cui si muovono comparse e protagonisti, niente da stupirsi se il ruolo della donna viene assunto qualche volta da un trans, brasiliano o alla matriciana che sia (per restare alle vicende capitoline). Ricordate il povero Sircana? Una sera l’ex portavoce di Romano Prodi decide di fare una breve “deviazione” mentre sta rincasando in auto verso casa, accosta un trans sulle strade romane e si ritrova nel tunnel del gossip da caserma grazie alla solerzia di un paparazzo che non si lascia scappare il ghiotto bocconcino. Anche lui, naturalmente, era lì solo di passaggio. Ora a cascarci è stato il governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo, la cui ingenuità ricorda più le lentiggini di un giovane boy-scout alle prime armi che un politico navigato e con tanti anni di giornalismo televisivo alle spalle. Davvero disarmante. Naturalmente il Berlusca se la ride mentre si aggira nella Dacia in motoslitta con l’amico Putin anche se per “solidarietà” aveva fatto sapere al governatore del video che girava nelle redazioni della Mondatori. Ma ora qualche domandina per quelli di “Repubblica” ce l’avrebbe anche lui. Mi chiedo: possibile che i politici di ieri non abbiano insegnato proprio nulla a questi dilettanti allo sbaraglio che ci governano abbagliandoci di giorno con bufale colossali e la sera con le luci rosse? Ma ve lo immaginate uno come Giulio Andreotti abboccare ad una battona di alto bordo trascinata nel suo studio di Palazzo Chigi, ai tempi della Prima Repubblica, per tendergli un bel trappolone? Immagino già la risposta del Divo Giulio: signora, lei ha un rossetto bellissimo ma come le avranno spiegato io sono allergico al rosso. Ed ecco spuntare sull’uscio due solerti segretari pronti a prendere sotto braccio la madame per accompagnarla con estrema grazia alla porta.

Da “abruzzoitalia.it” Il quotidiano degli abruzzesi

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Ufficio Stampa Gruppo Udc Senato della Repubblica 06.6706.4185 IMMIGRAZIONE: D'ALIA (UDC) NECESSARIO RIPENSAMENTO DELLA POLITICHE DEL GOVERNO Roma 28 ott. - "Le dichiarazioni del Presidente Fini di oggi sono molto importanti e sottolineano la necessità di modificare la legislazione vigente sul tema dell'immigrazione". E' quanto afferma in una nota il Presidente dei senatori Udc, Gianpiero D'Alia. "Ci deve essere un ripensamento da parte dell'esecutivo, aggiunge D'Alia, una politica non più rivolta alla repressione, ma costruita invece sui principi di integrazione e di accoglienza. Noi dell'Udc chiediamo da subito l'abolizione del reato di clandestinità, norma populista voluta dalla Lega, che viola, conclude D'Alia, il principio di uguaglianza garantito dalla Costituzione". SICUREZZA: D'ALIA(UDC),TAGLI PER LE FORZE DELL'ORDINE INAMMISSIBILI. Roma, 28 ott. - "Le nostre forze dell'ordine danno ogni giorno un contributo determinante per la sicurezza del paese. Il governo e qualche Ministro però, continuano a tagliare su organici e mezzi necessari, ritenendo la sicurezza soltanto un costo. Forse la maggioranza dimentica che queste sono le stesse persone che ogni giorno danno il loro contributo contro la mafia, il terrorismo e la criminalità organizzata. E' inammissibile che in un paese civile, le forze dell'ordine siano costrette a manifestare contro il proprio Governo". Lo dice in una nota il presidente dei senatori dell'Udc, Gianpiero D'Alia. GIUSTIZIA: D'ALIA (UDC) INACCETTABILE ACCELERAZIONE DI BERSELLI SU RIFORMA ORDINE FORENSE Roma 27 ott - E' inaccettabile quanto sta avvenendo in Commissione Giustizia al Senato e non capisco il comportamento del Presidente Berselli che si ostina a non rinviare la seduta di domani. Avevamo richiesto il rinvio perché occupati nella discussione degli emendamenti alla legge finanziaria nella commissione Bilancio. Ciò impedisce di essere contemporaneamente presenti in Commissione Giustizia dove è previsto l'esame della riforma dell'ordinamento forense, provvedimento che richiede un approfondito e costruttivo confronto tra maggioranza e opposizione. Non è giustificata tutta questa urgenza". E' quanto dichiara in una lettera indirizzata al Presidente del Senato Renato Schifani e al Presidente della Commissione Giustizia Filippo Berselli, il Presidente dei senatori Udc Gianpiero D'Alia. GOVERNO: D'ALIA (UDC), PONTE MESSINA COME IRAP, E' UN FLOP MASCHERATO DA BUGIA Roma 26 ott. - "Le dichiarazioni del ministro Brunetta sul ponte di Messina rasentano il surreale. Non ci sono i soldi, non c'è un vero progetto, non sarà apposta nessuna pietra: lo spostamento del binario che collega Cannitello a villa San Giovanni è un provvedimento previsto dal 2006 e prescinde dalla costruzione del ponte. Propongo a Brunetta di fare giro a Giampilieri e Scaletta per rendersi conto che la priorità non è il ponte, ma la messa in sicurezza del territorio". Lo afferma in una nota il presidente dei Senatori Udc, Gianpiero D'Alia, che conclude: siamo di fronte all'ennesimo annuncio di un governo allo sbando. Il ponte è come il taglio dell'Irap, è un flop mascherato da bugia".

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Udc: Casini, nuovo percorso

contro bipartitismo perdente

Tempo fino a fine legislatura; spallate?Rischio rompersi le ossa (ANSA) - ROMA, 31 OTT – 'Chiediamo un supplemento di coraggio e di dignita', c'e' da unire un Paese lacerato dai corporativismiterritoriali. Noi siamo stati i primi a denunciare un bipartitismo creato su un impasto di evocazioni carismatichee un assemblaggio confuso di politiche diverse. Dopo un anno e mezzo queste esperienze sono risultate perdenti'. Lo afferma il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, in un passaggio del suo intervento al convegno dellafondazione liberal-popolare a cui ha partecipato anche Francesco Rutelli che oggi ha ufficializzato l'addio alPartito Democratico. 'Il carisma - osserva l'ex presidente della Camera - ha prodotto un partito che e' vittima delle litigiosita' interne mentre, dall'altra parte, si e' prodotto solo un assemblaggio di culture diverse'. 'Noi -aggiunge - non abbiamo sbagliato a denunciare la finzione del bipartitismo e del bipolarismo in cui risultanovincenti le forze populiste, come Di Pietro e la Lega che ha una golden share nella politica italiana e che la utilizza con spregiudicatezza ed intelligenza'. 'Abbiamo tempo per avviare un percorso - e' il ragionamento di Casini - evitiamo di parlare di spallate perche' c'e' il rischio di rompersi le ossa. Dobbiamo lavorare perche' abbiamo tempo fino alla fine della legislatura perchiedere a Berlusconi conto delle cose non fatte. Come ho detto abbiamo tempo, non perdiamolo e andiamo alavorare'.

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Da Pescara in Francia, galà di beneficenza per L’Aquila

È stata presentata stamani presso la Presidenza del consiglio del comune di

Pescara la serata di beneficenza organizzata a Troyes, in Francia, dall’associazione “Les italiens de l’Aube” in collaborazione con il gruppo folk pescarese “Il Tratturo”. Il galà, in programma il 7 novembre presso l’Hotel de ville de St. André les Vergers con ingresso a 20 euro , è a beneficio della popolazione e del territorio aquilano colpiti dal sisma. “Il folklore dell’antico Abruzzo, con i valori della società agro-pastorale che espatria per porsi al servizio degli amici aquilani ci rende orgogliosi” – ha detto Licio Di Biase, presidente del Consiglio comunale, consegnando la targa dell’ente al presidente de “Il Tratturo” Antonio Passeri. L’associazione “Les italiens de L’Aube” non è nuova a queste iniziative benefiche in favore del territorio aquilano, alle quali si aggiunge la collaborazione dell’Arssa per il coinvolgimento di diciassette ditte abruzzesi che hanno collaborato per la buona riuscita della manifestazione in Francia. L’evento, diretto da Vincenzo Pasta, direttore artistico de “Il Tratturo”, è patrocinato dal Consolato italiano di Metz, dalla Camera di commercio italiana di Metz e dal Comitato degli italiani all’estero. Pescara, 28 ottobre 2009

Luciano Ciocchetti (Udc)

REGIONALI: PORTE APERTE A MODERATI DEL PD E DEL PDL

''Dopo le regionali vorremmo arrivare alla definizione del partito”

Roma 28 ott.Adnkronos) –

''Le Regionali non sono elezioni secondarie, noi apriamo le porte a tutti i moderati sia del Pd che del Pdl. Noi sceglieremo se correre soli in tutti i collegi o creare alleanze programmatiche di regione in regione. Sia la sinistra che la destra non ha ancora individuato il nome del candidato, significa che non hanno iniziato a riflettere sugli obbiettivi". E' quanto dichiara il segretario regionale del Lazio dell'Udc Luciano Ciocchetti ospite ad 'Amministratori e cittadini' su 'Rete Oro'. . "Noi portiamo avanti dei valori - prosegue - sui quali non siamo disposti a trattare ad esempio le coppie di fatto e le coppie dello stesso sesso non possono essere equiparate ai matrimoni, su questo non c'e' discussione, il Pd deve dire in maniera esplicita quali valori intende portare avanti''.

''Dopo le regionali vorremmo arrivare alla definizione del partito - aggiunge - La costituente e' iniziata gia' da un anno e mezzo. Cercheremo di attrarre tutti i moderati, anche quelli che rimarranno delusi dalla svolta che portera' Bersani nel Partito Democratico. Nonostante il nuovo segretario del Pd stia cercando di correggere il tiro con le ultime dichiarazioni, e' evidente come la sua intenzione sia quella di costituire un grande partito di sinistra di ispirazione socialista - conclude - Cio' che io ritengo del tutto legittimo e naturale, anzi e' quello che auspico, con la conseguente contrapposizione di un grande partito di centro e di una destra moderata''.

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Libreria Edison Pescara: invito alla Presentazione del Progetto "I quattro Mondi"

a cura di Tino Ferretti domenica 1.11. 2009 alle ore 18.00 presso la Libreria Edison di Pescara

in Via Carducci 102/104 (Palazzo Esplanade).

Interverranno:

Tino Ferretti (Estensore del progetto), Amedeo D'Addario (Architetto),

Filippo D'Agostino (Assessore alla Cultura Comune di Pineto), Dante Quaglietta (Poeta).

“'I quattro mondi' verrà illustrato attraverso la proiezione di un breve filmato. Finalità del progetto sono di preservare e accrescere il patrimonio litoraneo delle nostre pinete. Lavorando in sinergia al fine di costituire uno Parco tematico che possa "mettere in scena" - in una preziosa cornice di indubbio valore naturalistico - la Fiaba, il Mito, la Filosofia e la Parola. Le infinite connessioni di tali straordinari temi con l'insieme del nostro territorio daranno l'avvio a una serie di 'gemellaggi' che condurranno 'I QUATTRO MONDI' a funzionare da Laboratorio permanente per una nuova imprenditorialità turistica.” info: Paola Centorame Resposabile Eventi Edison BookStore Pescara 3281926348 [email protected]

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Il poeta Dante Quaglietta è stato premiato, sabato 31 ottobre, a Terni, in occasione della IV edizione del Concorso Letterario "La Clessidra" 2009. L'importante riconoscimento è stato ottenuto grazie alla poesia "La Scheggia", molto apprezzata dalla giuria. Ancora un importante riconoscimento per la scrittura poetica del pescarese Dante Quaglietta.

DANTE QUAGLIETTA Poesie

Concorso “La Clessidra” 2009.

Terni, sabato 31 ottobre sala Leonardo da Vinci, hotel Michelangelo

cerimonia di premiazione per la poesia “La Scheggia” di Dante Quaglietta

Tutto è pronto per la cerimonia della premiazione che si terrà sabato 31 ottobre presso la sala Leonardo da Vinci del hotel Michelangelo di Terni. Saranno presenti tutti i membri della giuria nazionale. Da Terni: Presidente dott. Marcello Ghione (noto scrittore, pittore e poeta ternano), prof. Renzo Segoloni (docente, attore, regista ternano). Da L’Aquila, la prof.ssa Liliana Biondi (docente cattedra di lettere Università dell’Aquila. Da Roma, la dott.ssa Antonietta Tafuri (docente,scrittrice, poetessa, critico letterario, la dott.ssa Livia Langiano, (scrittrice e critico letterario), il segretario del premio, prof. Pardo De Francesco (docente, dirigente scolastico). Quest’anno Egidio Lisci, l’organizzatore ed il creatore di questo premio, premierà 40 concorrenti provenienti da varie parti d’Italia, poiché è stata tanta l’affluenza delle iscrizioni. Per la sezione poesia, queste saranno lette con sottofondi musicali da Egidio Lisci e dall’attore Renzo Segoloni, creando così un ambiente all’abbandono di un piacevole relax dato dalle opere dei concorrenti e dalle musiche scelte da Roberto Filippini. Tra i premiati, c’è Dante Quaglietta con la sua poesia dal titolo “La Scheggia”. Dante Quaglietta, secondo la critica è un poeta “più vicino alla poesia pura con una spruzzatina di postermetismo”. E’ un poeta "calato fra la gente", antiaccademico, un poeta "popolare" - nel senso di società di massa contemporanea.

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Una carriera poetica che lo vede protagonista ora a Terni e prossimamente a Palermo, dove verrà premiato per la sua verve poetica, sempre profonda e appassionata…! Dante Quaglietta inizia la sua attività poetica partecipando al Premio Letterario “Nuova Dimensione” a Milano nel 1996 ed ottenendo la menzione “meritevole”. Da qui la necessità di portare a conoscenza del pubblico le sue opere attraverso una mostra dal titolo “poesie appese sui muri” Negli anni successivi ha conseguito altri riconoscimenti in campo nazionale: premio letterario”città di Firenze” nel 1996 segnalato, Premio letterario “città di Pomigliano” nel 1997 diploma. La passione per la poesia lo spinge in alcuni locali dove legge versi di famosi autori del 900 e non solo: da Baudelaire, Verlaine, Mallarme, Rimbaud ad Allan Poe con il suo famoso “corvo”, da Neruda, Prevert, Salinas, Montale fino al recente De Andrè, attraversando l’irrequieta Beat Generation americana. Nel 2002 è ospite del premio di fotografia del cinema “Gianni di Venanzo” a Teramo con una sua poesia dal titolo “la luce” Ottiene il Premio speciale della giuria al ”Premio nazionale di poesia emozioni e magie del natale” Piacenza dicembre 2007, ottiene la menzione d’onore al “Premio Nazionale di Poesia La Clessidra” Terni, maggio 2008. Pubblica nel mese di settembre 2008 il libro “I fiori del giardino segreto”, prefazione del professor Ugo Perolino, a cura della casa editrice Ianieri. Ottiene un altro riconoscimento poetico nel marzo 2009, con una poesia inedita da parte dell’Accademia Internazionale Partenopea Federico II, al premio di poesia Città di Napoli Memorial Libero Bovio. Ottiene l’ammissione in finale per la poesia edita nell’agosto 2009 al Premio letterario Internazionale Antiche Chiese Storiche 5° Edizione 2008 Palermo.

Ufficio Stampa Mauro Di Cola

+ 39 339.2335340 [email protected]

[email protected] La Scheggia Dentro di me Un’esplosione Intorno vengono proiettate Le schegge delle emozioni Il tuo cuore è colpito In profondità Ed un fiume di sensazioni Sgorga dalla ferita profonda Vorrei diluire In una cascata d’amore Il dolore che traspare dal tuo sorriso Ma il fragore dell’impatto Ha travolto Anche me Cosa rimarrà di tutto ciò Quando le ferite saranno rimarginate Forse Tracce D’una scheggia Infilata nel cuore.

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APPROFONDIMENTI

L’intervento dal Cardinale Angelo Scola

“Crisi, occasione per un nuovo welfare”

Riportiamo l’intervento tenuto dal Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, a Sarteano (Si), presso l’Abbazia di Spineto in occasione della riflessione di due giorni di formazione organizzata

dall’intergruppo parlamentare il 17 e 18 settembre dal tema:

“Crisi, occasione per un nuovo welfare”

…………………………………………………………………………………………………………….

1. Un cambio di paradigma

Anche ad un profano dell’economia e delle sue implicazioni socio-politiche non mancano informazioni sufficienti per affermare che, a partire dalla prima metà degli anni Novanta, tutti i sistemi di welfare europei hanno dovuto confrontarsi con la trasformazione, profonda e a volte tumultuosa, dei rispettivi contesti sociali. Ciò è avvenuto sotto la spinta di fenomeni complessi, di natura esogena (legati alla dinamica di globalizzazione economica e sociale, all’emergere dei problemi connessi al “meticciato di civiltà”) o endogena (legati soprattutto all’invecchiamento della popolazione e alla modificazione dei sistemi occupazionali).

La risposta è consistita in una azione di “ricalibratura” ma, in realtà, ora si vede bene che la situazione domanda un vero e proprio cambio di paradigma. È richiesta una modificazione profonda dell’assetto normativo che regola le politiche sociali per fare spazio a nuovi modelli, pur senza rimettere in discussione i principi di solidarietà ed eguaglianza che hanno caratterizzato l’avvento dei sistemi di welfare state.

In particolare non appare più pensabile la perfetta coincidenza tra politiche sociali e politiche pubbliche, dal momento che altri settori della società (gli attori di mercato, le famiglie, le organizzazioni del privato sociale) si stanno rivelando non di rado capaci di affrontare i nuovi bisogni in modo più efficace dello Stato.

Nell’alveo di questo ripensamento è nata l’idea di “welfare society” con le sue differenti modalità applicative orientate alla sussidiarietà. Le sue implicazioni sembrano investire, in modo differenziato, tutti i modelli di politiche sociali fin qui conosciuti, determinando un cambiamento che è già visibile in alcuni esperimenti soprattutto a livello regionale.

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All’origine della proposta di una welfare society è individuabile l’ipotesi di un cambiamento nel concepire lo stato sociale sulla base del necessario passaggio da una concezione individualistica della cittadinanza ad una visione personale-comunitaria di essa. Questa si fonda sul riconoscimento di un pluralismo sociale che si articola, a livello di sfera pubblica, attraverso il principio di sussidiarietà. Questa nuova modalità di cittadinanza nasce dall’associarsi dei cittadini mediante la creazione di corpi intermedi e di iniziative partecipate dal basso.

È evidente che tale ipotesi prende fisionomia da una svolta di tipo antropologico che comporta una decisiva conseguenza nella configurazione delle relazioni tra lo Stato e la società. Nell’orizzonte di questa antropologia adeguata si snoda la proposta di sviluppo integrale, inteso come percorso realistico e virtuoso, propria della Caritas in Veritate (soprattutto CV, 45).

2. Antropologia adeguata

L’odierna società post-secolare, tecnicamente plurale, ha sgombrato, senza volerlo, il terreno da due tenaci dogmi moderni. La cosiddetta morte del soggetto conseguente al proclama di Nietzsche circa la morte di Dio.

In che modo? Tutti percepiamo che l’esaltazione atomistica dell’individuo chiamato a relazionarsi con le sole sue forze ad uno Stato leviatano (Hobbes) cui ha previamente devoluto passioni e diritti, ha favorito oggi la nascita di un nuovo soggetto collettivo ad opera della tecnoscienza. In questo senso il soggetto non è affatto morto. Sulle ceneri del vecchio soggetto empirico è sorto un nuovo soggetto “tecnocratico” che rischia di rendere il primo (il soggetto empirico), ormai ridotto ad oggetto, una semplice protesi, una mera funzione di questo nuovo, inquietante soggetto collettivo. In questa prospettiva si è giunti a definire l’uomo, con enfasi faustiana, «come il suo proprio esperimento» (Jongen).

Tuttavia su questo suolo, come avviene a primavera sui terreni abbandonati e pieni di detriti di città, i fili d’erba dell’esperienza umana elementare non cessano di spuntare di nuovo. Cosa dice questa esperienza? Dice – come affermava Karol Wojtyla – che le relazioni, ed in modo particolare le relazioni primarie uomo/donna, individuo/comunità, sono imprescindibili per la crescita del soggetto e per l’insorgere della sua autocoscienza. L’io è relazionale, comunionale. E lo mostra molto bene il senso della nascita la cui insostituibile decisività è ben suggerita da Hölderlin nella poesia “Il Reno”: «Il più lo può la nascita ed il raggio di luce che al neonato va incontro».

La nascita, infatti, non è solo un fatto biologico ma, come genialmente affermava Giovanni Paolo II, è anzitutto genealogia. Quindi non è solo inizio ma è soprattutto origine. Pronunciando le sue prime parole il bambino non fa altro che dare testimonianza alla promessa contenuta nelle relazioni primarie con il padre e con la madre che indicano l’origine che lo precede e lo inoltra nella vita. Non si dà autogenerazione.

La genealogia di Gesù, con cui si apre il Vangelo di Matteo, esprime assai bene questo dinamismo che alla fine implica l’azione stessa del Dio creatore. Tra l’altro la dimenticanza del senso integrale della nascita come origine è alla radice del grave vuoto educativo che sta minando le odierne società multietniche. La catena delle generazioni rischia di spezzarsi per la fatica del “prendersi cura” attraverso la tradizione del significato del vivere.

3. Implicazione sociale del Mistero trinitario

La Caritas in Veritate ha di mira lo sviluppo integrale dell’uomo a partire da questa antropologia adeguata in cui la persona e la società sono viste a partire dall’origine, da ciò che precede il puro fare.

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Il fatto che la vita sia dono, affondi le radici in un’origine che la precede, finisce per investire tutte le attività umane compresa quella economica. Solo così si comprende il peso anche tecnico, riferito cioè alla “ragione economica” (CV, 32, 36), che viene dato alla gratuità. Senza di essa il «mercato non esplica la sua funzione» (CV, 35). La Caritas in Veritate guarda in questo senso al mistero della Trinità come paradigma . Romano Guardini affermava che, nella Trinità, l’Amore è comunanza di tutto fino all’identità dell’essenza e della vita ma, nello stesso tempo, è perfetta custodia di sé da parte della Persona. Questi elementi ci parlano di una perfezione di unità e di comunità in Dio cui corrisponde la sua fecondità. Da qui una decisiva implicazione per la vita sociale: «La Trinità insegna che tutto proprio tutto potrebbe essere, e al massimo grado, comune, dovrebbe essere comune. Una cosa sola non dovrebbe esserlo, e con ciò si contrappone alla dedizione il suo contrappeso: la personalità. Questa deve rimanere inviolata nella sua indipendenza. Il suo sacrificio non può essere né desiderato, né offerto, né accettato. Con questo l’atteggiamento (l’etica) essenziale di ogni comunità è chiaramente circoscritta. La dedizione deve essere permessa ed offerta nel modo e nella misura giusta, e imperfetta è quella comunità in cui uno nasconde se stesso e le sue cose all’altro. Ma il diritto alla personalità è sacro ed inviolabile e deve rimanere inviolato: non appena è varcato questo confine, una comunità diventa subito contro natura, immorale, di qualsiasi tipo essa sia» .

4. Una nuova cittadinanza

A partire da questa svolta antropologica e dalle sue implicazioni sociali, la nuova cittadinanza comporta un ripensamento della democrazia e, soprattutto, del ruolo dello Stato. Questo è chiamato a specializzarsi in compiti di sussidio rispetto alla società civile e di garante delle regole del gioco per individui e soggetti sociali.

Si apre esattamente a questo livello il tema della sussidiarietà, concettualmente sviluppatosi all’interno della dottrina sociale cattolica , a partire dalla sua originaria tematizzazione all’interno dell’enciclica “Quadragesimo Anno” (1931) per arrivare alla recentissima ripresa della Caritas in Veritate. Proprio in quest’ultima enciclica Benedetto XVI ne fornisce una definizione che aiuta a coglierne le caratteristiche basilari: «Sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perchè favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità» (CV, 56). Si tratta dunque di un paradigma applicabile sin negli aspetti più specifici dell’agire sociale ed economico e che può giungere a criteriare il dibattito sull’assetto istituzionale europeo .

In consonanza con questa visione il lessico della sussidiarietà fa perno sulla coppia persona/dono e fiducia/comunità. Una concezione che rifonda personalisticamente (in modo pertanto relazionale) l’idea di Stato. Non lo intende più come fattore unificante sovraordinato alla molteplicità di individui concepiti come atomi isolati, bensì come fattore al servizio sussidiario del libero gioco associativo di persone e comunità. Queste non sono tese anzitutto ad un utilitarismo interessato ma, e prima di tutto, alla generazione di un bene comune. Ciò è decisivo per elaborare una nuova concezione di giustizia assai diversa da quella sottostante allo Stato hobbesiano.

La novità di Caritas in Veritate sta nel porsi dall’interno della “ragione economica” (CV, 32, 36) per affermare che tale principio è applicabile anche al mercato: «Anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica» (CV, 58) . Diventa così evidente che il principio di sussidiarietà si presta ad essere interpretato come elemento imprescindibile per il superamento delle storture della modernità.

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Questa impostazione si traduce necessariamente in una profonda rilettura delle politiche sociali. Sono chiamate a sperimentare formule di partnership tra pubblico e privato in cui alla modalità regolativa di tipo gerarchico viene sostituita una regolazione reticolare capace di rispettare i differenti codici simbolici presenti nella società così come le diverse forme organizzative. In questa configurazione delle politiche sociali lo Stato e le pubbliche amministrazioni locali perdono il ruolo di gestori diretti dei servizi per acquisire uno specifico stile di governo.

5. Libertà di scelta e risorse

Elemento portante di un approccio sussidiario alle politiche sociali è la crescente libertà di scelta della persona. Questa può essere ottenuta attraverso il sostegno diretto della domanda con i cosiddetti “titoli sociali” (in particolare i voucher ), al fine di rendere accessibile una più adeguata disponibilità di risorse utilizzabili sui “quasi mercati” dei servizi accreditati. In ottica sussidiaria, per altro, la libera scelta non si configura all’interno di un quadro di riferimento atomistico e individualistico, ma al contrario diventa elemento fondamentale per restituire libertà e responsabilità alla persona vista nell’ambito delle sue relazioni costitutive. Prime tra tutte sono da considerare quelle familiari (CV, 44). Proprio la famiglia dovrebbe dunque essere il soggetto autenticamente centrale nel nuovo welfare, e ad essa debbono essere riconosciuti diritti ulteriori rispetto a quelli individuali, aprendo la strada innanzitutto ad una autentica sussidiarietà fiscale che tenga conto e valorizzi le concrete responsabilità famigliari assunte da ciascun nucleo.

6. Democrazia economica per uno sviluppo integrale

La carità nella verità è «un’esigenza della stessa ragione economica» (CV, 36), che in se stessa implica il «principio di gratuità» e di «logica del dono come espressione della fraternità». È importante allora notare che l’ambito proprio di una economia di gratuità e di fraternità deve andare dalla società civile al mercato e allo Stato: «Oggi possiamo dire che la vita economica deve essere compresa come una realtà a più dimensioni: in tutte, in diversa misura e con modalità specifiche, deve essere presente l’aspetto della reciprocità fraterna» (CV, 38).

I tre capisaldi della Dottrina Sociale – dignità della persona, principio di solidarietà e principio di sussidiarietà – sono così rivisitati a partire da una forma concreta di democrazia economica. La gratuità non è più intesa come pura cosmesi della giustizia e del bene comune, senza i quali, tuttavia, non si può parlare né di carità né di verità. Benedetto XVI non lascia scampo: «Oggi bisogna dire che senza la gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia» (CV, 38).

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APPROFONDIMENTI

Riportiamo l’ articolo pubblicato su “L'Osservatore Romano” del 30 ottobre 2009 a firma di mons. Timothy Verdon, storico dell'arte e Direttore dell’Ufficio per la Catechesi attraverso l'Arte della Diocesi di Firenze.

* * *

L'arte sacra serve al sacerdote sia nella sua vita d'uomo e cristiano, sia nel suo ministero presbiterale. All'uno e

all'altro contesto d'uso ha infatti accennato Benedetto xvi, nell'esortazione apostolica postsinodale

Sacramentum caritatis del 2007, indicando la bellezza artistica come una delle «modalità con cui la verità

dell'amore di Dio in Cristo ci raggiunge» (n. 35) e sottolineando il «legame profondo tra la bellezza e la

liturgia». In vista di tale legame, dice il Papa, «è indispensabile che nella formazione dei seminaristi e dei

sacerdoti sia inclusa, come disciplina importante, la storia dell'arte con speciale riferimento agli edifici di culto

alla luce delle norme liturgiche» (n. 41).

Queste parole fanno parte della millenaria tradizione cattolica, che ha sempre promosso, spiegato e

all'occorrenza difeso la funzione dell'arte nella crescita spirituale dei credenti e nella missione pastorale della

Chiesa. Già alla fine dell'era patristica, san Gregorio Magno riassumeva l'esperienza dei primi secoli cristiani in

termini che la tradizione ha sintetizzato con l'espressione Biblia pauperum («Bibbia dei poveri»). Scrivendo a un

vescovo iconoclasta, sottolineò la finalità propriamente spirituale delle immagini sacre. «Altro è adorare un

dipinto, altro imparare da una scena rappresentata in un dipinto che cosa adorare», diceva, aggiungendo che

«la fraternità dei presbiteri è tenuta ad ammonire i fedeli affinché questi provino ardente compunzione davanti

al dramma della scena raffigurata e così si prostrino umilmente in adorazione davanti alla sola onnipotente

Santissima Trinità» (Epistola Sereno episcopo massiliensi, 2, 10).

Nello stesso spirito, nel nostro tempo Papa Paolo vi, ha suggerito la stretta affinità tra il lavoro del sacerdote e

quello dell'artista: «Noi onoriamo grandemente l'artista» — diceva in un'udienza del 7 maggio 1964 — «perché

egli compie un ministero para-sacerdotale accanto al nostro. Il nostro ministero è quello dei misteri di Dio, il

suo è quello della collaborazione umana che rende questi misteri presenti e accessibili». E nel documento in

assoluto più importante in questo campo, la Lettera agli artisti di Giovanni Paolo ii del 1999, lo stesso tema

viene ribadito con l'affermazione che «per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno

dell'arte. Essa deve, infatti, rendere percettibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito,

dell'invisibile, di Dio» (n. 12).

Questi testi del magistero sono il retroterra della valutazione dell'allora cardinale prefetto della Congregazione

per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, nell'introduzione al Compendio del Catechismo della Chiesa

Cattolica per cui egli stesso aveva scelto un corredo d'immagini di varie epoche e culture. Il futuro Papa notava

che «gli artisti di ogni tempo hanno offerto alla contemplazione e allo stupore dei fedeli i fatti salienti del

mistero della salvezza, presentandoli nello splendore del colore e nella perfezione della bellezza», e conclude in

chiave pastorale, definendo il ruolo dell'arte nel passato «un indizio... di come oggi più che mai, nella civiltà

dell'immagine, l'immagine sacra possa esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è

oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico».

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Il sacerdote, la cui spiritualità personale e professionale è legata ai segni sacramentali che egli gestisce, coglie

facilmente il nesso tra l'arte visiva e fede cristiana. Sa che in Gesù Cristo il Verbo di Dio si è reso visibile

diventando egli stesso «immagine dell'invisibile Dio» (Colossesi, 1, 15), e capisce pertanto che il ruolo delle

immagini umane nella vita dei cristiani è in qualche modo analogo a quello dell'incarnato Verbo nella storia. «Un

tempo, non si poteva fare immagine alcuna di un Dio incorporeo e senza contorno fisico», ricordava san

Giovanni Damasceno, evocando il divieto veterotestamentario a ogni raffigurazione della Divinità. «Ma ora —

continuava — Dio è stato visto nella carne e si è mescolato alla vita degli uomini, così che è lecito fare

un'immagine di quanto è stato visto di Dio» (Discorso sulle immagini, 1, 16). Citando quest'opera del viii

secolo, nel 1987 Giovanni Paolo ii scrisse: «L'arte della Chiesa deve mirare a parlare il linguaggio

dell'Incarnazione ed esprimere con gli elementi della materia, Colui che si è degnato di abitare nella materia e

di operare la nostra salvezza attraverso la materia» (Duodecimum saeculum, n. 11).

Anche se usiamo ancora il termine «Bibbia dei poveri», non è cioè solo una questione d'immagini didattiche

che, in circostanze particolari, sostituiscono il testo scritto. Piuttosto, nella concezione cattolica, l'immagine può

toccare l'intima realtà morale e spirituale della persona. «La nostra tradizione più autentica, che condividiamo

pienamente con i fratelli ortodossi — diceva ancora Giovanni Paolo ii — c'insegna che il linguaggio della

bellezza, messo al servizio della fede, è capace di raggiungere il cuore degli uomini, di far loro conoscere dal di

dentro Colui che noi osiamo rappresentare nelle immagini, Gesù Cristo» (Ibidem, n. 11).

In un documento parallelo, ugualmente del 1987, il patriarca Dimitrios di Costantinopoli affermava che, nella

tradizione ortodossa, «l'immagine (...) diventa la forma più potente che prendono i dogmi e la predicazione»

(Encyclique sur la signification théologique de l'icone).

Nell'una e nell'altra tradizione infatti — nella Chiesa d'Oriente come in quella d'Occidente — l'uso di immagini

sacre nel contesto della liturgia è servito nei secoli a manifestare il particolare rapporto che, grazie

all'incarnazione di Cristo, sussiste tra «segno» e «realtà» all'interno dell'economia sacramentale.

Tale rapporto, invero, traspare in tutte le opere che l'uomo associa al culto divino: dai vasi sacri e tessuti alle più monumentali costruzioni architettoniche, perché l'uso delle «cose» nella liturgia della Chiesa rivela sempre e attualizza la vocazione del mondo infraumano, chiamato insieme all'uomo e per mezzo dell'uomo a rendere gloria a Dio.

Più ancora che delle «cose» però, l'arte parla degli uomini e delle donne che la creano, perché — come

affermano i vescovi toscani in una nota pastorale del 1997 — nel modo in cui «trasfigurano» la materia, «gli

artisti rivelano per analogia la struttura della creatività personale, il modo cioè in cui ogni uomo e donna

“progetta”, “modella” e “colora” la propria vita per meglio servire Dio e il prossimo» (La Vita si è fatta visibile.

La comunicazione della fede attraverso l'arte, n. 12). Giovanni Paolo II collocherà quest'osservazione

sull'orizzonte etico del singolo artista, affermando che «chi avverte in sé questa sorta di scintilla divina che è la

vocazione artistica... avverte al tempo stesso l'obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, per

metterlo al servizio del prossimo e di tutta l'umanità» (Lettera agli artisti, n. 3). Con toni argentei e tinte

luminose ricrea l'esperienza dell'artista, in cui «l'aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna

alla percezione della bellezza e della misteriosa unità delle cose». Ammette la frustrazione provata dagli artisti

di fronte al «divario incolmabile che esiste tra l'opera delle loro mani, per quanto riuscita che essa sia, e la

perfezione folgorante della bellezza percepita nel fervore del momento creativo», del cui splendore l'opera

realmente dipinta o scolpita non è che un barlume.

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Ma condivide anche il rapimento del credente davanti a un capolavoro d'arte, spiegando che «egli sa di essersi

affacciato per un attimo su quell'abisso di luce che ha in Dio la sua sorgente originaria» (n. 6).

Ecco perché già Paolo vi, parlando ai poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti, musicisti, alla gente di

teatro e del cinema alla conclusione del concilio Vaticano ii, aveva detto: «Da lungo tempo la Chiesa ha fatto

alleanza con voi. Voi avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia.

Voi l'avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere

sensibile il mondo invisibile. Oggi come ieri, la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la

nostra voce: non lasciate interrompere un'alleanza feconda fra tutte! Non rifiutate di mettere il vostro talento al

servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Divino! Questo mondo nel quale

noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia

nel cuore degli uomini ed è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa

comunicare nell'ammirazione...» (Messaggi del Concilio all'umanità, 8 dicembre 1965).

Consegue che il sacerdote deve cercare gli artisti, conoscerli e imparare da loro. A modo loro sono sempre uomini e donne «di fede» — anche quando si proclamano non-credenti — perché «fanno» cose. La fede, creativa, genera opere, e «se non ha le opere, è morta in se stessa» (Giacomo, 2, 17) come un'idea geniale che l'artista non traduce in un dipinto o in una statua. La fede poi è un terreno familiare agli artisti, i quali ogni giorno devono affrontare la fatica di tradurre intuizioni e idee, impressioni e osservazioni, concretizzandole in «opere». Sanno bene che l'unico modo di perfezionarsi è darsi da fare, buttarsi, rischiando il fallimento, lo spreco di tempo, di materiali, d'energia; rischiando addirittura il ridicolo. Meglio d'altri, capiscono come in Abramo «la fede cooperava con le opere» e «per le opere divenne perfetta» (Giacomo, 2, 21-22).

Ma gli artisti capiscono la dinamica della fede a un livello ancora più essenziale, identificandosi con il rischio e il

pathos dello stesso Artefice Dio. Sperimentano come intima speranza e necessità e sofferenza il desiderio

d'esternare un'idea che sfugge, un concetto «unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante» (Sapienza, 7, 22)

che magari sembra ricapitolare tutto ciò che l'artista sa d'avere dentro, e che egli vuole, anzi «deve»

condividere con altri, per farli vedere con i loro occhi e contemplare e toccare con le loro mani una cosa che, in

lui «c'era fin da principio» (1 Giovanni, 1, 1). Non v'è artista che non si identifichi col Creatore che rischiò tutto

pur di rendere la propria «vita... visibile» agli uomini (1 Giovanni, 1, 1-2).

Dagli artisti il sacerdote può imparare che la fede in sé è arte. Certo, in primo luogo è dono, ma è un dono che,

come il talento umano, chi lo riceve deve sviluppare. Non parlo qui della fede intesa come sistema, mirabile

compendio di credenze e tradizioni, ma dell'atto di fede, del «salto» di fede, del «rischio» per cui si passa da

un'esistenza «artigianale», fatta di cause ed effetti, alla vita sperimentata come «arte», vissuta come un'opera

«ispirata», aperta alla gratuità, informata dalla grazia. Le cause e gli effetti possono — ahimè — esigere

vendette e guerre, imprigionando l'uomo; la grazia, che è verità gratuitamente donata, perdona e rende liberi.

Queste cose il sacerdote deve sapere quando prega, quando celebra messa, quando riconcilia i peccatori con

Dio. E le può imparare, se Dio vuole, anche dall'arte e dagli artisti.

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